Definizioni matematiche

Sk_Anonymous
Tutti i libri universitari di Matematica che ho avuto modo di consultare si limitano a presentare tale disciplina semplicemente enunciando definizioni, teoremi e relative dimostrazioni.
Tra tutti i libri che ho consultato, nessuno si "preoccupa" di spiegare in che modo i matematici sono giunti ad elaborare una certa definizione.
Mi spiego meglio. Non è che un matematico un giorno si è alzato dal letto è ha scritto all'improvviso una definizione; secondo me tutte le definizioni che compaiono sui libri hanno una "storia" dietro, che però non viene mai raccontata. Io credo che essere a conoscenza della storia di una definizione sia fondamentale, in quando tale conoscenza permetterebbe di essere più consapevoli della definizione stessa e della Matematica in generale. Voi che ne pensate? Siete d'accordo sul fatto che ogni definizione ha una storia dietro? E siete d'accordo sul fatto che, se uno studente conoscesse la storia che si porta dietro una definizione, riuscirebbe a vederla in modo più naturale?
Grazie per le risposte!

Risposte
gundamrx91-votailprof
Sono d'accordo con te e sarebbe molto utile per chi studia senza poter frequentare le lezioni all'università.
Il problema è che un testo del genere sarebbe enorme, anzi forse un solo libro non sarebbe sufficiente... :-D

ufo.rob
Come ha già risposto GundamRX91 un libro del genere sarebbe enorme, sarebbe come pretendere di mettere tutta la storia "normale" (insomma quella che parla delle guerre...) in un unico libro ovvio però che ci sono libri di storia della matematica su specifici argomenti e diverse informazioni sul Web. Ad esempio si potrebbe fare un libro d 2000 pagine solo sulla storia di "pi greco" (o esiste già): le costruzioni con riga e compasso legate al cerchio, l'evoluzione del concetto, tutte le idee e le formule per approssimarlo, la nascita dell'idea dei numeri irrazionali, perché hanno pensato che pi greco potesse essere irrazionale, la dimostrazione della sua irrazionalità, tutte le sue applicazioni, come "è entrato" nella formula di Eulero ecc.
Ogni tanto ho trovato qualche accenno alla nascita di un'idea, anche se a pensarci mi sembra una cosa più naturale nei libri di fisica per il fatto che bisogna sviluppare l'idea e verificarla mentre in matematica una volta dimostrato qualcosa quello rimane come "congelato" e in matematica conta più il risultato del metodo (in realtà sembra così... avevo letto una citazione di un matematico che diceva qualcosa simile a quello che dici tu che diceva più o meno che sembra che i risultati in matematica nascano dal nulla e non c'è un posto adeguato per descrivere come si è arrivati a un'idea e in particolare tutti i fallimenti ottenuti prima di arrivare al risultato bello e definitivo).
A volte si prende spunto dai paradossi per raccontare come si sono sviluppate le idee nella matematica, dato che spesso sono stati questi a dare spunto per nuove idee:
http://matematica-old.unibocconi.it/int ... adossi.htm

lucillina1
Ci sono dei corsi che si chiamano "storia della matematica" che si occupano di trattare alcuni argomenti dal punto di vista storico, per vedere come sono evoluti nel tempo...Almeno nella mia università qualche professore che si occupa di queste cose c'era! Sarebbe impossiible che in ogni corso di analisi, algebra, geometria... si possa fare uno studio del genere!

gugo82
@ tutti: In realtà non è affatto vero che "un libro del genere sarebbe enorme".
Ad esempio, i due testi di Giusti, Analisi Matematica I ed Analisi Matematica II, nell'edizione pre-riforma avevano appendici storiche "importanti" e non erano affatto più voluminosi di qualsiasi altro testo coevo di Analisi Matematica.

Inoltre, noto che lo studente universitario (ma in realtà lo studente di ogni ordine e grado) non è affatto obbligato a studiare solo ciò che è presentato sul/i testo/i consigliato/i dal docente; può, anzi, deve sempre approfondire per conto suo gli argomenti che più lo stuzzicano, leggendo ciò che gli pare opportuno...
Ad esempio: se lo studente è interessato la Storia della Matematica, si vada a recuperare libri che ne parlino (di Giusti ho già detto; poi c'è il Boyer, il Kline, etc...) e li legga; se è interessato agli sviluppi dell'Analisi o dell'Algebra, piuttosto che della Geometria Moderna, si vada a prendere un libro di Analisi, o Algebra ovvero Geometria avanzata e lo legga.

D'altra parte, devo ammettere che sono pochini* i docenti che si preoccupano di raccontare (anche per sommi capi) durante le lezioni la storia di una definizione o lo sviluppo storico di un concetto astratto; ciò, secondo me, è una gravissima carenza dovuta in parte alla riduzione dei vecchi corsi annuali a corsi semestrali, in parte ad un'ignoranza un po' diffusa della Storia della Matematica ed in parte al modo sbagliato con cui docenti e studenti "vivono" i corsi semestrali dei nuovi ordinamenti (ancora, a dieci anni dalla riforma).

@ lucillina:
"lucillina":
Sarebbe impossibile che in ogni corso di analisi, algebra, geometria... si possa fare uno studio del genere!

Non sarebbe impossibile.
Ci vogliono cinque minuti per affiancare alla dimostrazione della regola di derivazione del prodotto (ad esempio) un bell'aneddoto sul fatto che anche Leibniz, uno dei padri del Calcolo, all'inizio sbagliava a derivare i prodotti scrivendo \((f\ g)^\prime =f^\prime\ g^\prime\) anziché \((f\ g)^\prime =f^\prime\ g+f\ g^\prime\)...
Una cosa del genere stimola e diverte gli studenti (facendo loro capire che 1 la Matematica non nasce così bella e pulita come si presenta nei corsi universitari, e che 2 anche i "grandi" commettono errori banali) ed aiuta loro a fargli entrare in testa la regola del prodotto.


__________
* Secondo la mia esperienza, ovviamente.

gundamrx91-votailprof
Per quanto mi riguarda non è solo una questione storica (contesto di nascita di una certa definizione, teorema, teoria...), ma anche di conseguenze, cioè dato un certo teorema (come ad esempio il teorema fondamentale dell'Algebra), spesso viene solo enunciato (la dimostrazione poi viene "data" all'Analisi) ma non si indicano le conseguenze "matematiche" di tale teorema, quali cose implica e quali no, gli eventuali collegamenti con altri "fatti", ecc. ecc. Se ci fosse anche questo nei libri, allora sarebbe più semplice capire le nude e crude definizioni/teoremi.

gugo82
"GundamRX91":
dato un certo teorema (come ad esempio il teorema fondamentale dell'Algebra), spesso viene solo enunciato (la dimostrazione poi viene "data" all'Analisi) ma non si indicano le conseguenze "matematiche" di tale teorema, quali cose implica e quali no, gli eventuali collegamenti con altri "fatti", ecc. ecc. Se ci fosse anche questo nei libri, allora sarebbe più semplice capire le nude e crude definizioni/teoremi.

Un'affermazione del genere mi lascia quanto meno stupito...
Mi pare strano che sui libri non ci sia detto (esplicitamente od implicitamente*) che dal TFA, più o meno direttamente, discendono gli studi sui campi algebricamente chiusi, sulle estensioni, e la Teoria di Galois.

Affermazioni del genere mi fanno pensare sempre più che questo sia più un problema legato allo spirito acritico con il quale gli studenti leggono i testi che non alla composizione dei testi (i quali, il più delle volte, non fanno proprio "schifo", soprattutto quelli più diffusi)... Insomma, se uno studente non riesce a vedere la big picture nemmeno dopo un paio di letture, un problema di (voglia di) comprensione del testo c'è.


__________
* Con "implicitamente" intendo tante cose: ad esempio, anche l'ordine dei capitoli e dei paragrafi di un libro, o i richiami tra le nozioni spiegate in diversi paragrafi, molte volte danno un'idea dello sviluppo teorico di una nozione.

gundamrx91-votailprof
Purtroppo alcuni testi/dispense che ho consultato sono solo "enunciativi" (ovviamente non su tutti gli argomenti)...

gugo82
"GundamRX91":
Purtroppo alcuni testi/dispense che ho consultato sono solo "enunciativi" (ovviamente non su tutti gli argomenti)...

Appunto... La parola chiave qui è "alcuni".
Se lo studente non è soddisfatto dei testi consigliati (siano essi dispense o libri) è liberissimo di cercare altro materiale che incontri le sue esigenze.

Sk_Anonymous
Grazie a tutti per le risposte. Con piacere, vedo che tutti concordate sulla questione da me sollevata. Ora ho un'altra domanda da farvi, alla quale mi preme avere una risposta (forse per uno studente di matematica tale domanda sarà stupida visto che egli avrà sicuramente seguito corsi di Logica in cui tali faccende sono sicuramente spiegate).
La domanda è: le definizioni matematiche sono un elenco di ordini o imperativi o comandi?
Leggendo le varie definizioni che il libro di Analisi mi presenta, ho l'impressione (ma non ne sono sicuro, per questo ve lo chiedo), che esse sono strutturate come un elenco di comandi. Ad esempio, prendiamo la definizione di differenziabilità (di cui sarebbe interessante conoscerne anche la "storia"). Essa, sul mio libro, è scritta in questo modo:
"Sia $f:A sube RR^n->RR$, con $A$ aperto e sia $x_0 in A$. Diremo che $f$ è differenziabile in $x_0$ se esiste un vettore $a in RR^n$ tale che $lim_(h->0) (f(x_0+h)-f(x_0)-ah)/|h|=0$".
Ecco, mi sembra evidente che questa definizione, come tutte le altre, abbia una struttura che io chiamo "a comandi", cioè del tipo:
IMPERATIVO 1: Si consideri una funzione $f:A sube RR^n->RR$, con $A$ aperto e un punto $x_0 in A$;
IMPERATIVO 2: Si verifichi se esiste un vettore $a in RR^n$ tale che $lim_(h->0) (f(x_0+h)-f(x_0)-ah)/|h|=0$;
IMPERATIVO 3: Se si, si dica che $f$ è differenziabile in $x_0$.
Che ne pensate?
Grazie!

gio73
Ciao Lis, io non sono uno studente di matematica e di corsi sulla materia ne ho fatti meno di te, spero di essere il tuo intelocutore ideale.
Anche a me il concetto di differenziabilità interessa perchè anche se leggo la definizione mi sembra che qualcosa ancora mi sfugga. Non vedo però "comandi" ma "descrizioni".
Per fare l'esempio con funzioni in due variabili, che mi è più simpatico, tutta la definizione mi sembra che descriva la situazione per cui intorno ad un determinato punto il grafico non fa "salti", "piegature", repentini cambiamenti... e così per sintetizzare un po' dico che è differenziabile. (@gugo: ti pare sensato?)

ufo.rob
Anch'io ho appreso proprio oggi dell'esistenza del Boyer e de "La Rivoluzione Dimenticata” di Russo. Comunque essendo libri di storia della matematica credo che presuppongano la conoscenza degli argomenti trattati mentre l'utente si riferiva all'utilità di un approccio storico nelle spiegazioni. Ammetto che un libro "normale" potrebbe includere un approccio più storico nel senso chiesto dall'utente cioè aiutando la spiegazione senza pretendere di fare un'adeguata "storia della matematica".
Anch'io avrei voluto accennare al vecchio ordinamento però ho iniziato con il nuovo, avevo avuto l'impressione che fosse stato "sacrificato" un approccio più storico dai programmi e dai libri e ora me l'avete confermato.
Credo che per sapere se la definizione è un ordine o qualcos'altro si vada a toccare la linguistica sconfinando nella psicologia e nella filosofia. Credo che i matematici abbiano una concezione più utilitaristica della definizione, nel senso che serve a precisare il discorso per evitare ambiguità nel testo, nella costruzione della teoria, nelle dimostrazioni, in un discorso tra diverse persone ecc.

gundamrx91-votailprof
"lisdap":
Grazie a tutti per le risposte. Con piacere, vedo che tutti concordate sulla questione da me sollevata. Ora ho un'altra domanda da farvi, alla quale mi preme avere una risposta (forse per uno studente di matematica tale domanda sarà stupida visto che egli avrà sicuramente seguito corsi di Logica in cui tali faccende sono sicuramente spiegate).
La domanda è: le definizioni matematiche sono un elenco di ordini o imperativi o comandi?
Leggendo le varie definizioni che il libro di Analisi mi presenta, ho l'impressione (ma non ne sono sicuro, per questo ve lo chiedo), che esse sono strutturate come un elenco di comandi. Ad esempio, prendiamo la definizione di differenziabilità (di cui sarebbe interessante conoscerne anche la "storia"). Essa, sul mio libro, è scritta in questo modo:
"Sia $f:A sube RR^n->RR$, con $A$ aperto e sia $x_0 in A$. Diremo che $f$ è differenziabile in $x_0$ se esiste un vettore $a in RR^n$ tale che $lim_(h->0) (f(x_0+h)-f(x_0)-ah)/|h|=0$".
Ecco, mi sembra evidente che questa definizione, come tutte le altre, abbia una struttura che io chiamo "a comandi", cioè del tipo:
IMPERATIVO 1: Si consideri una funzione $f:A sube RR^n->RR$, con $A$ aperto e un punto $x_0 in A$;
IMPERATIVO 2: Si verifichi se esiste un vettore $a in RR^n$ tale che $lim_(h->0) (f(x_0+h)-f(x_0)-ah)/|h|=0$;
IMPERATIVO 3: Se si, si dica che $f$ è differenziabile in $x_0$.
Che ne pensate?
Grazie!


Credo che questa problematica sia da assoggettare nel metodo assiomatico usato in matematica, metodo che deriva se non sbaglio da Euclide, con i suoi Elementi. Detto alla buona si parte da quelle nozioni di base (punto, retta, piano nel caso della geometria euclidea), poi ci sono gli assiomi che sono generati in modo logico a partire dalle nozioni di base, poi le definizioni che derivano dagli assiomi e dalle nozioni di base, e infine abbiamo i teoremi che derivano dai punti precedenti.
Sempre che abbia capito realmente il tuo dubbio.... :D

gugo82
@ lisdap: Io non credo che dare delle istruzioni sia il punto focale di una definizione come quella riportata.
La definizione è, di solito, un fatto puramente linguistico: si introduce una terminologia che consente di non essere inutilmente prolissi.

Che poi ogni definizione sia, quasi nel senso dei Fisici, anche una "definizione operativa" è necessario nell'economia del discorso matematico come in quello di qualsiasi altra scienza... Insomma, se una definizione matematica (o fisica, o ingegneristica) non serve a capire cosa definisce, è del tutto inutile. E questo marca anche la differenza sostanziale tra definizione matematica e letteraria.

Per capire la differenza tra una definizione matematica ed una letteraria (passatemi il termine, col quale intendo la comunissima "definizione da dizionario"), basta confrontare la prima con le seconda.
Le definizioni letterarie si basano sulla sinonimia e sono quasi sempre "circolari" (e.g., se si parte dalla definizione del verbo andare e si cerca di approfondirla, è molto probabile che dopo un certo numero di lemmi ci si trovi nuovamente a leggere la definizione di andare).
Le definizioni matematiche, invece, servono semplicemente ad introdurre nuova terminologia e lo fanno o basandosi su un risultato già dimostrato (cfr. esempio 1), oppure sugli assiomi (cfr. esempio 2), ovvero su una proprietà da verificare (cfr. esempio di lisdap). In tal senso esse non possono mai essere "circolari", perchè una volta arrivati al livello più basso (quello degli assiomi) non si può scavare oltre.

Ad ogni modo, la questione della definizione (e di definire cosa sia una definizione) è spinosa... Si possono dare esempi di cosa si debba intendere come definizione (in Matematica ed in generale), ma una definizione "precisa" di definizione è fuori discussione.

@ gio73:
"gio73":
Anche a me il concetto di differenziabilità interessa perchè anche se leggo la definizione mi sembra che qualcosa ancora mi sfugga. Non vedo però "comandi" ma "descrizioni".
Per fare l'esempio con funzioni in due variabili, che mi è più simpatico, tutta la definizione mi sembra che descriva la situazione per cui intorno ad un determinato punto il grafico non fa "salti", "piegature", repentini cambiamenti... e così per sintetizzare un po' dico che è differenziabile. (@gugo: ti pare sensato?)

E cosa ti fa pensare che la definizione dica ciò?
Non è che potrebbe essere viceversa, cioè che il fatto che "intorno ad un determinato punto il grafico non fa "salti", "piegature", repentini cambiamenti" sia una conseguenza della proprietà di differenzibilità?

ufo.rob
Gugo ha spiegato chiaramente quello che intendevo io, è partito da "fatto puramente linguistico" (chi aveva parlato di linguistica?), poi ha parlato di "definizioni operative", economia del discorso, definizioni circolari poi ha fatto diversi esempi e poi ha concluso che non si sa...
Credo che l'idea migliore del discorso di Gugo sia l'economia del discorso che in pratica è sempre vera tranne in un caso: gli assiomi. Anche nel caso che ho riportato io di evitare le ambiguità, in pratica si definiscono gli oggetti trattati con un solo nome senza ripetere ogni volta come è fatta una funzione differenziabile, per usare il tuo esempio.
La cose delle definizioni circolari è vera, i dizionari tentano di nasconderlo il più possibile
Storiella sui dizionari: http://www.columbia.edu/~av72/dialogues/2002_d.pdf
ed è vero: non molti giorni fa ho verificato questa cosa delle definizioni circolari: su "acqua" si dice che una sostanza liquida composta da idrogeno e ossigeno (uno dovrebbe capire cos'è? era un dizionario, non un'enciclopedia!) che si trova in laghi, fiumi, mare ecc. poi se cerchi mare (magari non sai cos'è e ci vuoi andare per trovare l'acqua che stai cercando di capire) c'è "grande massa d'acqua"... Forse anche a te avranno insegnato alle medie che per definire una cosa non puoi usare la parola stessa nella definizione ma forse c'è sempre, è solo nascosta... la prof. insisteva perché in realtà a molti veniva da dirla, per usare un esempio stupido chi potrebbe obiettare a "un cane è un cane" ? Wittgenstein diceva che l'unico modo per dare significato a un concetto sono gli esempi, non si può dare significato a un concetto senza fornire un esempio, per il linguaggio naturale credo che il punto di partenza sia per forza questo (anche gugo ha finito per portarti degli esempi di definizione...).
Altra storiella: la cosa più difficile forse è "destra" soprattutto se si vuole evitare il riferimento al cuore che è un organo interno, su diversi dizionari è una delle poche definizioni in cui si viola la regola che dicevo prima e si riusa "destra", su uno che ho a casa c'è 1) la mano destra 2) che è dalla parte della mano destra; chiarissimo, la destra è dalla sua parte... e poi guarda la prima definizione qui (che non c'è sul mio dizionario)...
http://dizionari.corriere.it/dizionario ... stra.shtml
i punti cardinali! io devo trovare il sud (non so disinguere la destra dalla sinistra, che è anche un modo di dire per indicare le persone stupide, ma so ovviamente cosa sono i punti cardinali...) e poi aspettare che tramonti il sole! e poi le altre due definizioni usano "destra", è sato chiarissimo dalla prima...
Quasi torna a essere sensato "dalla parte opposta a quella del cuore" anche se il cuore non si vede si può sentirne il battito... però se ci pensi tu probabilmente l'hai imparato da esempi e non rispetto a dove è il cuore...
I migliori sono i dizionari che dicono che la destra è opposta alla sinistra e viceversa...
Storiella sulla destra: http://www.columbia.edu/~av72/dialogues/2001_b.pdf
Un'altra definizione che mi fa ridere è "qui" come "in questo luogo" ma per spiegare "questo" devo sapere cosa significa "qui" o al limite "indicare lì" ma "lì" è "non qui"...
Scusa se sono andato off-topic ma non mi sono riuscito a trattenermi...

gio73
"gugo82":

@ gio73:
[quote="gio73"]Anche a me il concetto di differenziabilità interessa perchè anche se leggo la definizione mi sembra che qualcosa ancora mi sfugga. Non vedo però "comandi" ma "descrizioni".
Per fare l'esempio con funzioni in due variabili, che mi è più simpatico, tutta la definizione mi sembra che descriva la situazione per cui intorno ad un determinato punto il grafico non fa "salti", "piegature", repentini cambiamenti... e così per sintetizzare un po' dico che è differenziabile. (@gugo: ti pare sensato?)

E cosa ti fa pensare che la definizione dica ciò?
Non è che potrebbe essere viceversa, cioè che il fatto che "intorno ad un determinato punto il grafico non fa "salti", "piegature", repentini cambiamenti" sia una conseguenza della proprietà di differenzibilità?[/quote]
@gugo: ci riprovo (attendo correzioni)
Abbiamo una funzione in due variabili definita in un punto $P(x_0;y_0)$, provo a vedere cosa succede intorno a quel punto, in particolare vado a vedere quanto vale la differenza tra il valore della funzione in corrispondenza del punto P e il valore che la funzione assume nei punti che ci stanno vicino, facciamo un intorno circolare, poi se avvicinandomi tanto, tantissimo a P (da qualsiasi direzione) noto che questa differenza tende a 0, dico che la funzione non fa salti, poi mi devo anche assicurare che non ci siano piegature, ed ecco che devo tener presente le derivate parziali.

Sk_Anonymous
@gio73: io credo che le definizioni di derivata e di differenziabilità siano strettamente collegate al problema di approssimare in un punto una funzione con funzioni lineari, non lineari e così via...
I libri di Analisi introducono questi concetti facendo un discorso geometrico (retta tangente ecc...) che io però non condivido (che significa retta tangenteal grafico di una funzione?). Secondo me i concetti di derivata e di differenziabilità sono venuti fuori nel momento in cui qualcuno (che suppongo sia Colin McLaurin o Brooke Taylor) agli inizi del Settecento si è posto il seguente problema:
"Consideriamo la funzione seno (tanto per fare un esempio), e il punto $0$ del dominio. Fra le infinite funzioni lineari che in $0$ valgono quanto $sin$, trovare quella che in un certo intorno approssima $sin$ meglio di ogni altra funzione lineare.
La funzione in questione è l'identità $x$, e per arrivare a capire che è proprio questa bisogna andare a calcolare limiti di rapporti incrementali ecc...Insomma secondo me questo problema ha dato lo spunto per i concetti di derivata e di differenziabilità.
Spero che la mia ricostruzione dei fatti sia parzialmente corretta.

Luca.Lussardi
Per niente... mai sentito parlare di Newton e Leibniz? altro che funzione seno... siamo ancora nel 1600 e non c'era nemmeno il concetto di funzione.

Sk_Anonymous
Forse non era ancora stata data una definizione di funzione, però credo che in testa i matematici un'idea di funzione già ce l'avessero. Stento a credere che fino all'800 non si avesse idea di funzione, visto che già le 4 operazioni che si usavano da tantissimo tempo altro non sono che funzioni. O no?

Luca.Lussardi
No non c'era nessuna idea di funzione, i primi a parlare di dipendenza da variabili come la intendiamo oggi sono stati Eulero e Bernoulli, quindi ben dopo i primi analisti del Settecento. Newton e Leibniz hanno sviluppato il calcolo differenziale e integrale ma senza sapere cosa fosse una funzione, e quindi non hanno mai parlato di derivate, di limite e niente di tutto ciò. La definizione di limite arriva solo nell'Ottocento con Cauchy.

ufo.rob
La storia di Newton e Leibniz la condivido, è risaputo che siano stati loro i pionieri però "non c'era nessuna idea di funzione" mi sembra un'affermazione un po' forte, forse si potrebbe dire (o magari volevi dire tu) che non c'era una definizione precisa, come hai detto per il limite che è arrivata dopo.
Newton ha sviluppato il calcolo differenziale e integrale per la sua fisica, Leibniz per quale motivo?

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