Definizioni matematiche

Sk_Anonymous
Tutti i libri universitari di Matematica che ho avuto modo di consultare si limitano a presentare tale disciplina semplicemente enunciando definizioni, teoremi e relative dimostrazioni.
Tra tutti i libri che ho consultato, nessuno si "preoccupa" di spiegare in che modo i matematici sono giunti ad elaborare una certa definizione.
Mi spiego meglio. Non è che un matematico un giorno si è alzato dal letto è ha scritto all'improvviso una definizione; secondo me tutte le definizioni che compaiono sui libri hanno una "storia" dietro, che però non viene mai raccontata. Io credo che essere a conoscenza della storia di una definizione sia fondamentale, in quando tale conoscenza permetterebbe di essere più consapevoli della definizione stessa e della Matematica in generale. Voi che ne pensate? Siete d'accordo sul fatto che ogni definizione ha una storia dietro? E siete d'accordo sul fatto che, se uno studente conoscesse la storia che si porta dietro una definizione, riuscirebbe a vederla in modo più naturale?
Grazie per le risposte!

Risposte
Sk_Anonymous
Mi è venuto un brutto dubbio sul "funzionamento" dei teoremi, dubbio che è correlato anche alla discussione che sto seguendo nella sezione di analisi. La maggior parte dei teoremi sono fatti da ipotesi che esprimono delle condizioni sufficienti per il verificarsi della tesi. Fino ad ora ho pensato cche questi teoremi funzionassero nel seguente modo:
1) l'oggetto gode della proprietà espressa dall'ipotesi, allora posso concludere che gode anche della proprietà espressa dalla tesi;
2) se l'oggetto non gode della proprietà espressa dalla tesi, allora non gode anche della proprietà espressa dall'ipotesi;
3) se l'oggetto non gode della proprietà espressa dall'ipotesi, non si può concludere nulla. Ora mi è venuto il dubbio che bisogni sostituire alla frase "l'oggetto non gode della proprietà P", la frase "l'oggetto gode della proprietà P1, con P1=negazione di P". Notiamo che c'è grande differenza tra dire che un oggetto non gode della proprietà P e dire che gode della proprietà P': non sono la stessa cosa! Un n oggetto infatti può non godere di P, e neanche di P', cioè della negazione di P. Se tutto ciò fosse vero, allora i teoremi le cui ipotesi esprimono condizioni sufficienti (come la maggior parte), dovrebbero funzionare così:
1) se un oggetto soddisfa l'ipotesi, posso immediatamemte concludere che soddisfa anche la tesi;
2) se un oggetto soddisfa l'ipotesi negata, nulla si può concludere;
3) se l'oggetto soddisfa la tesi negata, allora soddisfa anche l'ipotesi negata.
Spero di aver espresso il mio dubbio in modo chiaro!

gugo82
"lisdap":
Ora mi è venuto il dubbio che bisogni sostituire alla frase "l'oggetto non gode della proprietà P", la frase "l'oggetto gode della proprietà P1, con P1=negazione di P". Notiamo che c'è grande differenza tra dire che un oggetto non gode della proprietà P e dire che gode della proprietà P1: non sono la stessa cosa! Un n oggetto infatti può non godere di P, e neanche di P1, cioè della negazione di P.

Ah... Quindi, ad esempio, c'è differenza tra l'affermazione "il garofano \(G\) non è rosso" e l'affermazione "non è vero che il garofano \(G\) è rosso".
Illuminami su questa faccenda, te ne prego.

Sk_Anonymous
Si, in effetti il mio discorso non fila molto...ho scritto queste cavolate solo perché il caso del limite di $sqrtx$ aveva messo in dubbio il mio modo di interpretare i teoremi. Per concludere, quindi, quando un oggetto non soddisfa una certa proprietà, come mi hai detto ieri vale il principio del terzo escluso, e si associa all'oggetto la proprietà opposta (con il non davanti), che è la PROPRIETA' NEGATA, ok?

gugo82
Sì.

Sk_Anonymous
"gugo82":

Questa definizione non ha senso... O meglio, è posta male, perché fa credere al lettore che esista un legame di qualche tipo tra l'insieme di definizione della funzione e la proprietà di derivabilità.
Ciò, evidentemente, non è vero, o meglio non è completamente vero.

Una definizione corretta è la seguente.

Indovina da dove ho preso la definizione che ho postato? Dal tanto bistrattato bramanti-pagani-salsa? No, ma dal "sublime" pagani-salsa. Il problema che sollevo circa la definizione di derivata è questo. E cioè si definisce la derivata attraverso una definizione che ha come ipotesi $f:(a,b)->RR$, e poi, senza dire altro, si calcola la derivata di funzioni che non rispettano questa condizione, cioè il cui dominio non è un intervallo aperto, ad esempio $1/x$, $sqrtx$ ecc...Si dà forse per scontato un "ampliamento" della definizione? (ampliamento di cui parla molto bene il marcellini sbordone a proposito della derivata parziale).

Sk_Anonymous
Ma scusa, una funzione definita in $(-oo,o) U (0,+oo)$ è definita anche in $(0,+oo)$, ad esempio. Tanto quando fai la derivata ti interessa solo un intorno del punto dove vuoi calcolare la derivata...
Giusto, gugo?

gugo82
"lisdap":
[quote="gugo82"]
Questa definizione non ha senso... O meglio, è posta male, perché fa credere al lettore che esista un legame di qualche tipo tra l'insieme di definizione della funzione e la proprietà di derivabilità.
Ciò, evidentemente, non è vero, o meglio non è completamente vero.

Indovina da dove ho preso la definizione che ho postato? Dal tanto bistrattato bramanti-pagani-salsa? No, ma dal "sublime" pagani-salsa. Il problema che sollevo circa la definizione di derivata è questo. E cioè si definisce la derivata attraverso una definizione che ha come ipotesi $f:(a,b)->RR$, e poi, senza dire altro, si calcola la derivata di funzioni che non rispettano questa condizione, cioè il cui dominio non è un intervallo aperto, ad esempio $1/x$, $sqrtx$ ecc...Si dà forse per scontato un "ampliamento" della definizione? (ampliamento di cui parla molto bene il marcellini sbordone a proposito della derivata parziale).[/quote]
Innanzitutto, permettimi di farti notare che nessuno ha mai detto qui né altrove che esistono libri tanto "sublimi" da essere scevri da errori o da omissioni. Quindi, piuttosto che scaldarti su questa faccenda, prova a metterci una pezza da solo.

Per quanto riguarda la domanda in sé, la risposta è sì e no...
La proprietà di derivabilità è una proprietà puntuale, dunque si può definire anche solo negli intervalli, a patto di estenderla opportunamente ad insiemi che intervalli non sono.
Ad esempio, la definizione del P-S potrebbe essere completata come segue:
Se la funzione \(f\) non è definita in un intervallo aperto, ma in un insieme \(X\) avente interno non vuoto, si può dire che \(f\) è derivabile in un punto \(x_0\) interno ad \(X\) se esiste un intorno \(I=]a,b[\) di \(x_0\) completamente contenuto in \(X\) tale che la restrizione \(f|_I\) sia derivabile in \(x_0\) a norma della definizione precedente.

A questo punto, però, servirebbe un teoremino che ti assicuri che la derivata di \(f\) in \(x_0\) non dipende in alcun modo dalla scelta dell'intorno \(I\).
Riesci a farlo da solo?

Sk_Anonymous
"giuliofis":
Ma scusa, una funzione definita in $(-oo,0) U (0,+oo)$ è definita anche in $(0,+oo)$, ad esempio. Tanto quando fai la derivata ti interessa solo un intorno del punto dove vuoi calcolare la derivata...
Giusto, gugo?

Io credo che il termine "definita" sia sinonimo di "ha come dominio". Dunque una funzione definita in $[2,5]$, cioè che ha come dominio $[2,5]$ non è anche definita in $(2,5)$.

gugo82
@ lisdap: Ma dai, sii buono... L'ultima affermazione non sta né in cielo né in terra.

Sk_Anonymous
"gugo82":
@ lisdap: Ma dai, sii buono... L'ultima affermazione non sta né in cielo né in terra.

La funzione $logx$ ha come dominio l'insieme $x>0$. Ha come dominio anche l'insieme $[2,5]$? Secondo me no.
Io sapevo che il dominio di una funzione era l'insieme di tutti i valori che essa poteva accettare. Forse non è questa la definizione di dominio?

theras
Lis siamo alle solite,eh?
Per scelta di studi,modo di fare,domande con uno sfondo tutto sommato interessante e testardaggine nel volervi rispondere senza spostarsi una virgola dai tuoi attuali convincimenti,
tu mi ricordi un "amico" di gioventù che,a quel tempo,credevo non virgolettato;
come tale ritengo valga la pena,ogni tanto ed a piccole dosi
(almeno che non s'è Gugo,che ha una pazienza sconosciuta ai più ed evidentemente ha fatto della tua formazione una questione di principio..),
provare a farti notare che è inessenziale questo tuo furore nella ricerca d'un fantomatico rigore linguistico che,in realtà,
si riduce a mera questione di gusti:
per questo ti dico,prima d'eclissarmi
(mi son bastate le ore col tuo ormai vetusto omologo,confesso,ed ancora devo riprendermi,
anche se a distanza di anni ha accettato ed apprezzato l'uso di $epsilon$ come significante d'una quantità piccola ad arbitrio ma positiva,ed anche una definizione,a suo avviso insensata perchè "distruttiva",
come quella di connessione.. :lol: ),
che basta mettersi d'accordo sui termini e sul loro significato e chiamare $RR^+$ dominio massimo di quella $f$
(i.e. il sottoinsieme di $RR$ che contiene tutti quelli in cui essa è ben definita come funzione reale di variabile reale..)!
Saluti dal web.

Sk_Anonymous
Ripesco il topic per avere conferma su un fatto. Nelle lettere che formano le ipotesi di un teorema o una definizione, si sostituisce l'oggetto?
Ad esempio, "sia $A$ un insieme". Dentro $A$ ci devo mettere "un qualcosa" a cui è possibile associare la parola insieme, ad esempio ${2,3}$?
Grazie

gugo82
Che vuol dire?

Sk_Anonymous
Ad esempio,
"Sia $A$ un insieme, $B$ un insieme.
Si definisce funzione da $A$ a $B$ (in simboli, $f:A->B$) una legge che associa ad ogni elemento di $A$ un solo elemento di $B$".

Le ipotesi iniziali sono "Sia $A$ un insieme, $B$ un insieme.
Innanzitutto soddisfo le ipotesi, quindi dentro $A$ ci metto una roba che è un insieme, ad esempio ${1,2,3}$ e dentro $B$ ci metto ${4,5,7}$.
Quindi ottengo la definizione che io chiamo "particolare": "Si definisce funzione da ${1,2,3}$ a ${4,5,7}$ una legge che associa ad ogni elemento di ${1,2,3}$ un solo elemento di ${4,5,7}$. Non funzionano così le cose?

gio73
"lisdap":


Le ipotesi iniziali sono "Sia $A$ un insieme, $B$ un insieme.
Innanzitutto soddisfo le ipotesi, quindi dentro $A$ ci metto una roba che è un insieme

Non ti stai esprimendo molto bene.
In I media viene data la seguente definizione:
Una collezione di elementi distinti* costituisce un insieme in senso matematico se è possibile stabilire con certezza se un elemento appartiene o no all'insieme stesso
ti soddisfa?

*concreti o astratti

Sk_Anonymous
Ciao, ma io non stavo ragionando sulla definizione di insieme, che poi è un concetto primitivo, ma sull'uso di una definizione e sulla sua struttura.

Sk_Anonymous
A distanza di 7 mesi riprendo questa discussione per avere una risposta alla domanda fatta nel post poco sopra. Ho preso il libro di Analisi di Giovanni Prodi e, sfogfliando le prime pagine del capitolo dedicato alla logica, leggo dell'esistenza dei predicati, cioè di frasi che contengono delle variabili e che non sono proposizioni, ma che lo diventano una volta che si assegna alla variabile un valore. Ad esempio, "New York è la capitale della Francia" è una proposizione (falsa). "$x$ è un uomo onesto" è un predicato, e assegnando alla $x$ un valore il predicato può diventa una propisizione (che può essere vera o falsa). Ora nelle definizioni di matematica (ma anche in altre), si leggono spesso, prima della definizione vera e propria, una specie di premesse. Ad esempio, nella definizione di funzione, si trova scritto: "sia $A$ un insieme". La mia domanda è: "sia $A$ un insieme è un predicato, e $A$ è la variabile? E per usare la definizione io devo trasformare innanzitutto queste premesse in proposizioni vere sostituendo al posto delle variabili delle costanti che la rendano vera? (in questo caso devo sostituire al posto della $A$ una cosa che verifichi "$A$ è un insieme", che puòessere ad esempio ${1,2,4}$ ma anche "i libri che ho letto negli ultimi 7 mesi" ecc...).

L'altra alternativa è che con "sia A un insieme" si voglia semplicemente dire che si sta indicando il termine insieme con la lettera A, probabilmente per questioni di comodità di scrittura. Voi che dite?

Sk_Anonymous
uppppp

@melia
La seconda che hai detto.

Zero87
Domanda stupida già fatta: ora che esiste la sezione dedicata a didattica/storia/fondamenti della matematica, non conviene spostare il thread lì?

Ora lisdap l'ha richiamato e si trova in cima alla lista dei thread della sezione generale, ma questo thread contiene molti spunti interessanti e, oltre all'attinenza della sezione (magari mi sbaglio, però), un paio di settimane senza risposta e finisce sotterrato da tanti altri thread poiché la sezione generale è una di quelle più utilizzate. :)

Certo, in tutto questo l'ultima parola o quasi l'ultima, spetta a lisdap. :)

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