Definizioni matematiche

Sk_Anonymous
Tutti i libri universitari di Matematica che ho avuto modo di consultare si limitano a presentare tale disciplina semplicemente enunciando definizioni, teoremi e relative dimostrazioni.
Tra tutti i libri che ho consultato, nessuno si "preoccupa" di spiegare in che modo i matematici sono giunti ad elaborare una certa definizione.
Mi spiego meglio. Non è che un matematico un giorno si è alzato dal letto è ha scritto all'improvviso una definizione; secondo me tutte le definizioni che compaiono sui libri hanno una "storia" dietro, che però non viene mai raccontata. Io credo che essere a conoscenza della storia di una definizione sia fondamentale, in quando tale conoscenza permetterebbe di essere più consapevoli della definizione stessa e della Matematica in generale. Voi che ne pensate? Siete d'accordo sul fatto che ogni definizione ha una storia dietro? E siete d'accordo sul fatto che, se uno studente conoscesse la storia che si porta dietro una definizione, riuscirebbe a vederla in modo più naturale?
Grazie per le risposte!

Risposte
Sk_Anonymous
"@melia":
La seconda che hai detto.

Ok grazie, quindi ad esempio la definizione "Sia A un insieme, sia B un insieme. Si definisce funzione da A a B una legge che associa ad ogni elemento di A un solo elemento di B" si può enunciare anche così: "Si definisce funzione da un insieme a un altro insieme una legge che associa ad ogni elemento del primo insieme un solo elemento del secondo insieme". Tuttavia, per evitare di ripetere sempre il termine "insieme", lo indico con una lettera, rendendo più comoda la definizione. Quindi possiamo dire che A è un abbreviazione di insieme. Giusto?
Grazie

Sk_Anonymous
"Zero87":
Domanda stupida già fatta: ora che esiste la sezione dedicata a didattica/storia/fondamenti della matematica, non conviene spostare il thread lì?

Ora lisdap l'ha richiamato e si trova in cima alla lista dei thread della sezione generale, ma questo thread contiene molti spunti interessanti e, oltre all'attinenza della sezione (magari mi sbaglio, però), un paio di settimane senza risposta e finisce sotterrato da tanti altri thread poiché la sezione generale è una di quelle più utilizzate. :)

Certo, in tutto questo l'ultima parola o quasi l'ultima, spetta a lisdap. :)

Direi che sono d'accordo con te e che è giusto spostare il topic nella sezione didattica:)

gugo82
"lisdap":
[quote="@melia"]La seconda che hai detto.

Ok grazie, quindi ad esempio la definizione "Sia A un insieme, sia B un insieme. Si definisce funzione da A a B una legge che associa ad ogni elemento di A un solo elemento di B" si può enunciare anche così: "Si definisce funzione da un insieme a un altro insieme una legge che associa ad ogni elemento del primo insieme un solo elemento del secondo insieme". Tuttavia, per evitare di ripetere sempre il termine "insieme", lo indico con una lettera, rendendo più comoda la definizione. Quindi possiamo dire che A è un abbreviazione di insieme. Giusto?[/quote]
Mmmm... Per come la vedo io, quelle premesse servono a farti capire il campo di applicabilità della definizione.
Insomma, se \(A\) è un gatto e \(B\) è un insieme, non puoi affatto parlare di funzione di \(A\) in \(B\).

Inoltre, \(A\) non è un'abbreviazione; \(A\) è un insieme, così come \(B\).

Sk_Anonymous
Ciao gugo, perdonami ma non ho compreso bene cosa vuoi dire. Se le cose stanno come ha detto @melia, e cioè che frasi del tipo "sia A un insieme, sia r una retta, sia P un punto" significano "indico il termine insieme con A, indico il termine retta con r, indico il termine punto con P" (per comodità di scrittura), come mai si usa il verbo essere? Non sarebbe più preciso dire come ho detto io, cioé "A indica il termine insieme " ecc...?
Infatti dire "sia A un insieme", che è la stessa cosa che dire "A è un insieme", è un pò fuorviante a mio avviso, perché "A è un insieme" può essere interpretata come un predicato, nel senso che A è una variabile al posto della quale va sostituito qualcosa che renda vera la frase. Non so se mi sono spiegato bene. Ciao:)

G.D.5
Tu la stai facendo troppo complicata. Stai sconfinando nella meta-matematica senza avere alcuna basa di logica matematica. È per questo che ti sembra tutto storto.

Semplificando al massimo: quando costruisci in modo formale una teoria hai bisogno di un alfabeto e di un insieme di regole di formazione, oltre che ovviamente di una serie di regole di inferenza. Ora: le regole di inferenza sono le regole di deduzione, ovvero le regole in base alle quali è possibile trarre in modo logicamente corretto determinate conclusioni partendo da determinate premesse; le regole di formazione sono le regole in base alle quali è possibile unire i simboli che fanno parte dell'alfabeto costruendo formule che abbiano senso (tali regole sono quelle che, in pratica, stabiliscono come si comportano i connettivi); l'alfabeto è invece l'insieme di tutti i simboli utilizzati nella costruzione formale del linguaggio che non sono connettivi, in altre parole le lettere. I quantificatori, se presenti, si applicano sugli elementi dell'alfabeto i quali devono spaziare, com'è ovvio, su di un insieme che contenga ciò che le lettere dell'alfabeto rappresentano. Se facciamo Teoria degli Insiemi, l'insieme sul quale spaziano i caratteri dell'alfabeto e sul quale quantificano i quantificatori è la classe degli insiemi. Quando si apre dicendo "Sia \(S\) un insieme..." si sta semplicemente informando chi legge che il simbolo \(S\) (quindi uno dei termini dell'alfabeto) assume come specificazione uno qualunque degli elementi della classe degli insiemi.

Che poi si voglia "vedere" questo fatto come fa @melia o come fa gugo82 è irrilevante perché nella pratica stanno facendo la stessa cosa.

Sk_Anonymous
A Gugo: quando dici "sia A un gatto" stai dicendo che "A sta per gatto", quindi dopo aver premesso cio` puoi sostituire se vuoi nella tua teoria la parola "gatto" con "A", corretto?

gugo82
@ lisdap: Sì.
Un altro modo di vederla è che \(A\) rappresenta un "generico" gatto.
Ma queste sono considerazioni linguistiche, che con la Matematica che stai studiando hanno poco a che fare.

vict85
@lisdap: non confondere la forma con la sostanza. Sinceramente mi sembra che ti stia perdendo in un bicchiere d'acqua e che tu dia più attenzione alla particolare parola usata che a ciò che l'autore voglia trasmetterti.

@gugo: le tue considerazioni mi hanno fatto pensare all'introduzione del primo volume dei libri di Godement. Tra l'altro mi sono sempre chiesto su come vengano considerati. Nel senso che da quel poco che ho visto non mi dispiacciono ma non li ho mai sentiti citare.

Sk_Anonymous
"gugo82":
@ lisdap: Sì.
Un altro modo di vederla è che \(A\) rappresenta un "generico" gatto.
Ma queste sono considerazioni linguistiche, che con la Matematica che stai studiando hanno poco a che fare.

Grazie Gugo.
Secondo me la maggior parte dei problemi che si incontrano nello studio della Matematica e in generale di qualunque altra disciplina scientifica derivano da una cattiva conoscenza del funzionamento del linguaggio con cui ci si esprime. Il linguaggio è una cosa che ci viene insegnata da bambini, in un certo senso noi veniamo programmati (dai nostri genitori, da chi ci sta intorno ecc...) e impariamo a parlare; tuttavia il fatto di saper parlare non significa che si è a conoscenza dei meccanismi del linguaggio, e ciò secondo me è una profonda lacuna che lo studente deve colmare al più presto. Un bambino non è in grado di ragionare, ma tutto si basa sulle sensazioni e sulle emozioni che egli prova. Il bambino imparerà a parlare e a conmunicare, imparerà a leggere e scrivere però non sarà CONSAPEVOLE del linguaggio di cui si serve. E' importante a un certo punto della propria formazione porsi domande sul funzionamento di una lingua, ragionare sul modo in cui ci si esprime ecc.., in quanto in questo modo si diventerà davvero consapevoli dell'oggetto dello studio. Da più di un anno le mie domande su questo forum riguardano questioni di linguistica. La matematica si esprime con la lingua (l'italiano in questo caso) e se non si conosce l'italiano non si può conoscere la matematica. Questioni di tale natura non sono affrontate nelle scuole; in esse l'unico obiettivo sembrerebbe essere quello di accumulare sapere in modo ossessivo, sapere che poi dopo qualche anno svanirà. Credo che nelle scuole sia molto più importante affrontare questioni di linguistica che insegnare la geografia, o studiare le poesie di ungaretti.....se io conosco i meccanismi del linguaggio posso studiare QUALUNQUE COSA, e credo che ciò debba essere il fine della scuola. Che ne pensi?


Faccio ora una domanda più matematica.
"Si definisce derivata di $f$ in $x_0$ $lim_(h->0) (f(x_0+h)-f(x_0))/h$. La derivata di $f$ in $x_0$ si indica con $f'(x_0)$".
Poniamo l'attenzione sull'ultima frase, cioé "la derivata di f$$ in $x_0$ si indica con $f'(x_0)$". Questa frase mi sta dicendo che:
1) "derivata di $f$ in $x_0$ sta per $f'(x_0)$"?;
2) oppure che "$lim_(h->0) (f(x_0+h)-f(x_0))/h$ sta per $f'(x_0)"$?
Quale delle due? Io propendo per la 2. Tuttavia il linguaggio in questo caso è un pò ambiguo, e uno potrebbe intendere che $f'(x_0)$ sia un modo simbolico di dire a parole "derivata di $f$ in $x_0$". Spero che questo mio ultimo dubbio sia chiaro!
Grazie mille a tutti, siete fantastici!!!!!!!!!!!!!

vict85
Intende dire che quel particolare oggetto viene "chiamato" $f'(x)$. È un po' come quando affermi di voler usare una abbreviazione.

gugo82
"lisdap":
[quote="gugo82"]@ lisdap: Sì.
Un altro modo di vederla è che \(A\) rappresenta un "generico" gatto.
Ma queste sono considerazioni linguistiche, che con la Matematica che stai studiando hanno poco a che fare.

Grazie Gugo.
Secondo me la maggior parte dei problemi che si incontrano nello studio della Matematica e in generale di qualunque altra disciplina scientifica derivano da una cattiva conoscenza del funzionamento del linguaggio con cui ci si esprime. Il linguaggio è una cosa che ci viene insegnata da bambini, in un certo senso noi veniamo programmati (dai nostri genitori, da chi ci sta intorno ecc...) e impariamo a parlare; tuttavia il fatto di saper parlare non significa che si è a conoscenza dei meccanismi del linguaggio, e ciò secondo me è una profonda lacuna che lo studente deve colmare al più presto. Un bambino non è in grado di ragionare, ma tutto si basa sulle sensazioni e sulle emozioni che egli prova. Il bambino imparerà a parlare e a conmunicare, imparerà a leggere e scrivere però non sarà CONSAPEVOLE del linguaggio di cui si serve. E' importante a un certo punto della propria formazione porsi domande sul funzionamento di una lingua, ragionare sul modo in cui ci si esprime ecc.., in quanto in questo modo si diventerà davvero consapevoli dell'oggetto dello studio.[/quote]
Beh, vedi che allora insegnare l'analisi grammaticale/logica/del periodo ha un suo peso nella crescita dello studente, perché fornisce informazioni in più sullo strumento "lingua italiana".
Tradurre dal latino o dal greco consente di mettere a frutto queste conoscenze, perciò studiare il latino od il greco è importante quanto studiare l'inglese.

"lisdap":
Da più di un anno le mie domande su questo forum riguardano questioni di linguistica. La matematica si esprime con la lingua (l'italiano in questo caso) e se non si conosce l'italiano non si può conoscere la matematica.

Visione estrema, come al tuo solito... Infatti i cinesi, che l'italiano non lo conoscono di certo, sono comunque bravi in matametica. :lol:

Fuori dagli scherzi, lisdap, ascolta un consiglio (se non altro perché proviene da una persona più anziana). Per favore, levati dalla mente due cose: in primis, che tutto sia ordinato in una scala dal più importante al meno importante; in secundis, che tutto sia bianco o sia nero.

"lisdap":
Questioni di tale natura non sono affrontate nelle scuole; in esse l'unico obiettivo sembrerebbe essere quello di accumulare sapere in modo ossessivo, sapere che poi dopo qualche anno svanirà.

Falso, in generale.

Ed, ad ogni modo, ogni sapere (come ogni cosa umana) è destinato all'oblio quando non lo si coltiva con costanza. Prendi me: sono anni che non pratico la chimica (tanto per fare un esempio), ed è abbastana ovvio che se ora tu mi chiedessi di bilanciare una reazione, pur semplice, non lo saprei fare.
Tuttavia so che ciò si può fare e so come e dove andare a recuperare le informazioni che mi servono per risolvere il prolema.
Questo è l'obiettivo della formazione scientifica in ambito scolastico: fornire a tutti delle conoscenze di base, le più vaste possibili, in modo che, quand'anche si siano del tutto dimenticate le tecniche (cosa che si dimentica subito!), si sappia "istintivamente" che un certo problema si può risolvere e si abbiano gli strumenti culturali minimi per rintracciare e comprendere la soluzione.

"lisdap":
Credo che nelle scuole sia molto più importante affrontare questioni di linguistica che insegnare la geografia, o studiare le poesie di ungaretti.....se io conosco i meccanismi del linguaggio posso studiare QUALUNQUE COSA, e credo che ciò debba essere il fine della scuola. Che ne pensi?

Circa il fine della scuola, ti ho risposto sopra per l'ambito scientifico.
Per quel che concerne il linguaggio, c'è un'unica cosa su cui la scuola dovrebbe veramente spingere molto (e non finirò mai di ringraziare il mio professore di Italiano per aver fatto ciò): far leggere agli studenti i libri e non solamente gli estratti bignameschi delle opere riportati sui testi di letteratura.
Leggere è l'unico modo in cui si è portati ad interrogarsi pesantemente sui limiti e sulle forme del linguaggio.


"lisdap":
Faccio ora una domanda più matematica.
"Si definisce derivata di $f$ in $x_0$ $lim_(h->0) (f(x_0+h)-f(x_0))/h$. La derivata di $f$ in $x_0$ si indica con $f'(x_0)$".
Poniamo l'attenzione sull'ultima frase, cioé "la derivata di f$$ in $x_0$ si indica con $f'(x_0)$". Questa frase mi sta dicendo che:
1) "derivata di $f$ in $x_0$ sta per $f'(x_0)$"?;
2) oppure che "$lim_(h->0) (f(x_0+h)-f(x_0))/h$ sta per $f'(x_0)"$?
Quale delle due? Io propendo per la 2. Tuttavia il linguaggio in questo caso è un pò ambiguo, e uno potrebbe intendere che $f'(x_0)$ sia un modo simbolico di dire a parole "derivata di $f$ in $x_0$". Spero che questo mio ultimo dubbio sia chiaro!

Innanzitutto, e non è una minuzia, la definizione che hai riportato è sbagliata.
Di seguito riporto una definizione corretta e l'analizzo punto per punto:
Siano \(X\subseteq \mathbb{R}\) non vuoto, \(f:X\to \mathbb{R}\) ed \(x_0\in X\) un punto interno ad \(X\).
Se il limite:
\[
\tag{D}
\lim_{h\to 0} \frac{f(x_0+h)-f(x_0)}{h}
\]
esiste finito, si dice che la funzione \(f\) è derivabile (una volta) in \(x_0\).
Se \(f\) è derivabile in \(x_0\), il valore del limite (D) si chiama derivata prima di \(f\) in \(x_0\) e si denota indifferentemente con uno dei seguenti simboli:
\[
f^\prime (x_0),\ \frac{\text{d} f}{\text{d} x}(x_0),\ \dot{f}(x_0),\ f^{(1)}(x_0).
\]

Il primo capoverso, come ho già detto sopra, definisce in un certo senso quello che è il "campo di applicabilità" della definizione: per essere più concreti, la definizione riportata ti consente di dare un senso all'affermazione:

    "la derivata prima della funzione \(f:[0,2]\ni x\mapsto e^{3x} \in \mathbb{R}\) in \(1\) è \(3e^3\)"[/list:u:1794n76f]

    ma non ti consente di dar senso alla frase:

      "la derivata prima della funzione \(f:[0,2]\ni x\mapsto e^{3x} \in \mathbb{R}\) in \(2\) è \(3e^6\)"[/list:u:1794n76f]

      (perché \(2\) non è un punto interno al dominio della funzione).

      Il secondo capoverso definisce il concetto di funzione derivabile mediante il verificarsi di una certa eventualità (cioé il caso in cui il limite del rapporto incrementale esiste finito).

      Il terzo capoverso definisce il termine "derivata prima" per le funzioni derivabili (usando, di fatto, la definizione precedente) e, nel contempo, istituisce una notazione (cioé ti fornisce un simbolo, un modo stenografico, per denotare un oggetto matematico).

Sk_Anonymous
Grazie vict, quindi mi stai dicendo che la risposta esatta è la 2.
Come dice gugo, $f'(x_0)$ è una stenografia, cioé abbrevia la scrittura lim.......

A gugo:
Quando ho scritto che se non conosci l'italiano non puoi capire la matematica, era sottinteso "la matematica scritta in italiano". Mi chiedo comunque come facciano i cinesi, i giapponesi, i coreani, gli arabi, i greci, a sopravvivere con quella strana scrittura!
Non condivido il fatto che sia importante insegnare nelle scuole l'analisi grammaticale, logica ecc...Sapere che nella frase "lisdap mangia la mela" "lisdap" è il soggetto, "mangia" è il verbo e "la mela" è il complemento oggetto non credo serva a molto. Cioé, mi sembra abbastanza inutile. La cosa importante, invece, è presentare allo studente uno sviluppo storico-logico del linguaggio, cioé fargli ripercorrere in modo "accelerato" i passi che l'uomo primitivo analfabeta ha compiuto per sviluppare il linguaggio. Insegnare il passato emoto, il passto prossimo di un verbo, insegnare a coniugarlo, insegnare qual è la differenza tra un articolo, un pronome ecc...sono secondo me tutte cose secondarie e non prioritarie. La priorità della scuola deve essere quella di far capire allo studente come egli sia arrivato ad esprimersi in un certo modo e perché. Tuttavia non mi pare che si insista su quest'obiettivo. Io ho fatto il liceo classico, e per 5 anni ho fatto traduzioni dal latino e dal greco; nonostante ciò sono uscito dalle superiori in condizioni pietose (e tu lo sai visto che hai partecipato a molte mie discussioni), pensa che non sapevo nemmeno cosa fosse una definizione (e infatti ho creato questo topic). E aggiungo che sono uscito con 97 e per 5 anni ho sempre avuto voti alti. Che sia stato fortunato per 5 anni? Troppo strano direi, semplicemente credo che sia il sistema scolastico ad essere inadeguato (e aggiungo, anche certi professori).

Detto questo, ritorniamo a parlare di matematica. La maggior parete delle definizioni matematiche sono definizioni generali. Esse presentano delle variabili, quello che tu chiami il "campo di applicabilità", e sostituendo alle variabili certi oggetti si ottiene la definizione particolare, che è quella effettivamente utilizzabile.
Ad esempio, riprendiamo la def. "si definisce funzione da un insieme A a un insieme B una legge che associa ad ogni elemento di A un solo elemento di B". Questa è una definizione generale, e fin quando non sostituisco al posto di A e di B certi oggetti, non me ne faccio nulla, cioé non ha molto senso applicarla. Ora se al posto di A sostituisco "insieme dei cittadini italiani" e al posto di B sostituisco "insieme dei comuni italiani", ottengo la definizione particolare che posso applicare e su cui posso ragionare. Ovviamente, come già è stato detto, se al posto di A ci metto ad esempio gatto, non ha senso perché gatto non è un insieme.


Ultima cosa: sul libro di geometria del liceo, leggo: indicheremo un punto con P, una retta con r, ecc..In questo caso ovviamente si sta dicendo che P sta per punto, che r sta per retta, e non che l'oggetto rappresentato dalla parola retta sta per r (che senso avrebbe identificare _____________________ con r?) Invece ha senso identificare "retta" con r.


A gugo: semplice curiosità, ma a che ora vai a dormire (considerando gli orari in cui posti) :-D ?

Sk_Anonymous
Mi chiedevo se una definizione poteva essere vista anche come un'equazione. Secondo me si, perché nella definizione abbiamo delle variabili, e, assegnando a ogni variabile un suo valore, otteniamo una proposizione. In questo caso, poiché si tratta di una definizione, si ottengono proposizioni vere per ogni valore delle variabili, e quindi possiamo dire che una definizione è anche un'identità. Che ne dite?

Sk_Anonymous
Le visite a questo topic aumentano di giorno in giorno, a quanto pare ho fatto una cosa utile.

Spero che sia altrettanto utile l'invito a riflettere sulla differenza tra una definizione matematica e una definizione comune.

Facciamo un esempio. Una semplice definizione comune potrebbe essere questa: si definisce angolo la parte di piano compresa fra due semirette aventi origine in comune.
Come posso usare questa definizione? Posso prendere un oggetto, e verificare se può essere individuato dall'insieme di parole "parte di piano compresa ecc....". Se si, lo chiamo angolo.

Prendiamo ora una definizione matematica.
Ad esempio, una molto rozza e semplice, forse anche scorretta (però è solo per capire) potrebbe essere:
siano $a$, $b$ numeri naturali. Si chiama somma di $a$ con $b$ quel numero che si ottiene contando $b$ volte a partire da $a$.

Essa non viene mai utilizzata nel modo in cui è stata posta. Cioè, mai viene chiesto di verificare se un certo ente possa essere detto somma di $a$ con $b$. Essa viene invece usata così: si sostituiscono al posto delle lettere $a$ e $b$ ciò che esse rappresentano, ad esempio $4$ e $5$. E quindi si ottiene la definizione "si chiama somma di $4$ con $5$ quel numero che si ottiene contanto $5$ volte a partire da $4$. E dunque si usa quest'ultima def. chiedendosi se un certo ente possa essere detto somma di $4$ con $5$.
Questo è un modo di procedere generale in matematica. In altre parole non viene quasi mai usata la definizione che un libro di matematica riporta, ma la definizione particolare che si ottiene partendo da quella generale e andando a sostituire alle variabili i loro significati.

Questa quindi secondo me è la differenza tra una definizione comune e una matematica.

Voi che dite?

gio73
"lisdap":
Una semplice definizione comune potrebbe essere questa: si definisce angolo la parte di piano compresa fra due semirette aventi origine in comune.
Come posso usare questa definizione? Posso prendere un oggetto, e verificare se può essere individuato dall'insieme di parole "parte di piano compresa ecc....". Se si, lo chiamo angolo.

Due semirette consecutive dividono il piano in due parti, ciascuna delle quali prende il nome di angolo.
Se disegni due semirette consecutive sul foglio di angoli dovresti vederne 2, isn't it?

Newton_1372
Piu un quesito filosofico che pratico.
Io non colgo questa struttura a "istruzioni" che mi citi.
Una definizione è un oggetto del tipo

"Questo oggetto si chiama Pippo se rispetta una certa proprietà $$P(x)$$". Il valore di verita di P applicato al tuo oggetto determina se puoi chiamarlo Pippo o no...

Sk_Anonymous
sono d accordo...se leggi il topic ti accorgerai che per fortuna ho fatto progressi ;)

Sk_Anonymous
a gio: si, ne vedo due, giusto. Ma cosa c`entra questo con la mia domanda?

Sk_Anonymous
Riformulo una domanda che ho fatto mesi fa ma alla quale nessuno ha risposto.
Supponiamo di dare la seguente definizione (inventata):
Siano x,y due numeri reali.
/x,y/=

Ogni definizione matematica è costituita da delle variabili, in questo caso x e y, al posto delle quali si sostituiscono i loro valori. Ad esempio, potrò scrivere che /2,3/=<2,3>. Ogni definizione matematica, inoltre, risulta essere un predicato, e, nel momento in cui si sostituiscono alle variabili i loro valori questo predicato risulta essere una proposizione vera, proprio perché si tratta di una definizione. Dunque, una definizione è anche un'equazione, e poiché è vera qualunque sia il valore assegnato alle variabili, è un'identità.

Ma non era questa la mia domanda.
Io prima, nello scrivere /2,3/=<2,3>, ho sostituito ad ogni sua variabile un valore. Tuttavia, mi pare che in matematica sia abitudine usare una definizione senza necessariamente assegnare un valore a tutte le sue variabili, ma solo AD ALCUNE. Ad esempio, potrò mettere al posto della x, 3, e non toccare la y, per cui potrò scrivere /3,y/=<3,y>.

Spero di essere stato chiaro questa volta.

Sk_Anonymous
quasi 8000 visite, wwwooowww!

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