Qual è il significato fisico del differenziale
Dopo aver letto l'ultima dispensa preparata dal nostro Fioravante Patrone ovvero questa
http://www.diptem.unige.it/patrone/chi_ ... gativo.pdf
non so se ridere o piangere quando apro il libro di fisica. Inoltre, praticamente TUTTI i libri di fisica fanno uso del famigerato metodo dell'urang utang per impostare i problemi.
C'è un libro che non faccia uso di metodi sbagliati?
http://www.diptem.unige.it/patrone/chi_ ... gativo.pdf
non so se ridere o piangere quando apro il libro di fisica. Inoltre, praticamente TUTTI i libri di fisica fanno uso del famigerato metodo dell'urang utang per impostare i problemi.
C'è un libro che non faccia uso di metodi sbagliati?
Risposte
Sono d'accordissimo che un matematico non ha bisogno del senso pratico: fosse per me abolirei la Fisica dal piano di studi statutario per il CDL di Matematica!
Quanto alle modifiche, se queste sono lo spacciare gli infinitesimi per elementi di $RR$, oppure le derivate come rapporti di differenziali, oppure l'attributo piccolo e grande per concetti quantitativamente ben definiti, oppure per l'integrare alla I Love You senza preoccupari di chi siano gli integrandi... beh, io direi proprio che queste non sono modifiche, ma mazzate nei reni!
Quanto alle modifiche, se queste sono lo spacciare gli infinitesimi per elementi di $RR$, oppure le derivate come rapporti di differenziali, oppure l'attributo piccolo e grande per concetti quantitativamente ben definiti, oppure per l'integrare alla I Love You senza preoccupari di chi siano gli integrandi... beh, io direi proprio che queste non sono modifiche, ma mazzate nei reni!
su queste modifiche sono d'accordo. parlavo piu in generale. tuuavia riconosciamo che funzioni. il punto è che all'università si studia fisica mentre si fa analisi... il che i fa orrore, in un dipartimento di fisica si dovrebbe prima fare un intero semestre di analisi rigorosa e algebra lineare prima di cominciare la trattazione fisica. oppure chiamiamo le cose diversamente e creiamo nuovi concetti! di solito questi orrori si fanno per risparmiare tempo... ma... fisici... il bello è che ne faccio parte anche io...
Io studio Matematica, quindi sopporto per un semestre e poi non ci penso più.
"WiZaRd":
Io studio Matematica, quindi sopporto per un semestre e poi non ci penso più.
Io studio Ingegneria e di orrori ne vedo continuamente

L'argomento di questo topic è senz'altro interessante, purché venga trattato al di fuori di ogni sterile polemica (e mi rendo conto che non è facile, perché ciascuno ha sempre la forte tentazione di schierarsi da una parte della tifoseria).
Come ho già detto io sono un (vecchio) ingegnere per cui anche se a suo tempo ho studiato Analisi (e con grande soddisfazione), poi per almeno 35 anni non l'ho più guardata.
Adesso però mi avete incuriosito, e allora chiedo lumi ai matematici che hanno avuto la cortesia di partecipare a questa discussione.
Provo a dire io cosa non va a mio parere nel metodo urangutanesco, ma vorrei un loro conforto oppure una loro confutazione perché potrei dire delle corbellerie, o forse delle cose fin troppo ovvie per loro.
Prendiamo il concetto di derivata definito così:
$f'(x)=lim_(h->0)(f(x+h)-f(x))/h$
Ora se al posto di h noi scrivamo dx penso non sia qui l'eresia. E nemmeno se al posto di f(x+h)-f(x) scriviamo df. In fondo abbiamo solo cambiato dei simboli.
Probabilmente l'eresia esce quando sottintendiamo il concetto di limite, cioè scriviamo $dx$ intendendo $lim_(h->0)h$ e scriviamo $df$ sottintendendo $lim_(h->0)f(x+h)-f(x)$, scriviamo questi simboli come $(df)/(dx)$ e usiamo questa rappresentazione della derivata come fosse un rapporto di numeri, chamandoli differenziali e spostandoli a destra e a sinistra delle uguaglianze nelle equazioni proprio come si fa con numeri qualsiasi. Dimenticando insomma che il limite di un rapporto non si può scrivere come rapporto di limiti e trattare questi limiti separatamente nelle operazioni algebriche, e quindi non è matematicamente lecito fare tutto ciò che l'uragutang fa con tanta disinvoltura.
Allora, correndo il rischio di essere considerato un sempliciotto (ma tanto credo di potermelo permettere) chiedo ai matematici: ho detto bene finora oppure no?
Purtroppo però (o per fortuna?) trattare così barbaramente le derivate spessissimo produce effetti corretti sul risultato, semplificando e sveltendo procedimenti che altrimenti, se svolti più rigorosamente, scoraggerebbero più di qualcuno.
Forse è questo che ha viziato fisici e ingegneri.
Allora siccome per quelli pragmatici conta soprattutto il risultato, vorrei sapere dai matematici in quanti e quali casi pratici il metodo scimmiesco produce risultati errati. Se i rischi di commettere errori grossolani fossero davvero tangibili (e non infinitesimi) probabilmente dovremmo darci tutti una regolata e imparare metodi matematicamente più rigorosi per risolvere i nostri problemi.
Come ho già detto io sono un (vecchio) ingegnere per cui anche se a suo tempo ho studiato Analisi (e con grande soddisfazione), poi per almeno 35 anni non l'ho più guardata.
Adesso però mi avete incuriosito, e allora chiedo lumi ai matematici che hanno avuto la cortesia di partecipare a questa discussione.
Provo a dire io cosa non va a mio parere nel metodo urangutanesco, ma vorrei un loro conforto oppure una loro confutazione perché potrei dire delle corbellerie, o forse delle cose fin troppo ovvie per loro.
Prendiamo il concetto di derivata definito così:
$f'(x)=lim_(h->0)(f(x+h)-f(x))/h$
Ora se al posto di h noi scrivamo dx penso non sia qui l'eresia. E nemmeno se al posto di f(x+h)-f(x) scriviamo df. In fondo abbiamo solo cambiato dei simboli.
Probabilmente l'eresia esce quando sottintendiamo il concetto di limite, cioè scriviamo $dx$ intendendo $lim_(h->0)h$ e scriviamo $df$ sottintendendo $lim_(h->0)f(x+h)-f(x)$, scriviamo questi simboli come $(df)/(dx)$ e usiamo questa rappresentazione della derivata come fosse un rapporto di numeri, chamandoli differenziali e spostandoli a destra e a sinistra delle uguaglianze nelle equazioni proprio come si fa con numeri qualsiasi. Dimenticando insomma che il limite di un rapporto non si può scrivere come rapporto di limiti e trattare questi limiti separatamente nelle operazioni algebriche, e quindi non è matematicamente lecito fare tutto ciò che l'uragutang fa con tanta disinvoltura.
Allora, correndo il rischio di essere considerato un sempliciotto (ma tanto credo di potermelo permettere) chiedo ai matematici: ho detto bene finora oppure no?
Purtroppo però (o per fortuna?) trattare così barbaramente le derivate spessissimo produce effetti corretti sul risultato, semplificando e sveltendo procedimenti che altrimenti, se svolti più rigorosamente, scoraggerebbero più di qualcuno.
Forse è questo che ha viziato fisici e ingegneri.
Allora siccome per quelli pragmatici conta soprattutto il risultato, vorrei sapere dai matematici in quanti e quali casi pratici il metodo scimmiesco produce risultati errati. Se i rischi di commettere errori grossolani fossero davvero tangibili (e non infinitesimi) probabilmente dovremmo darci tutti una regolata e imparare metodi matematicamente più rigorosi per risolvere i nostri problemi.
"Falco5x":
Prendiamo il concetto di derivata definito così:
$f'(x)=lim_(h->0)(f(x+h)-f(x))/h$
Ora se al posto di h noi scrivamo dx penso non sia qui l'eresia.
Bisogna intendersi, effettivamente.
La definizione di derivata che riporti è quella che accettiamo tutti. No comment.
Se al posto di $h$ metti $dx$ non è tanto grave, purché si sia data prima la definizione di differenziale e si specifichi che $dx$ denota il differenziale della funzione identità $id(x)=x$
Infatti, per definizione di differenziale: $df(x)=f'(x)*h$, e quindi $d(id(x))=dx=1*h=h$ (possiamo perdonare l'abuso di linguaggio che si commette scrivendo $dx$ invece che $d(id(x))$, una volta che ci siamo intesi)
Da qui consegue che il rapporto dei differenziali di $f(x)$ e di $id(x)$ è uguale alla derivata di $f(x)$, e cioè
$(df(x))/(dx)=(f'(x)*h)/h=f'(x)$
Senza il concetto di differenziale, la notazione $(df)/(dx)$ può essere accettata solo come un simbolo alternativo a $f'(x)$ oppure a $Df(x)$, ma nulla di più.
"Falco5x":
E nemmeno se al posto di f(x+h)-f(x) scriviamo df. In fondo abbiamo solo cambiato dei simboli.
Qui è un po’ diverso.
Conveniamo sempre di indicare con $df$ il differenziale di $f$.
Allora puoi scrivere $df=f(x+h)-f(x)=\Deltaf$ solo se f è un polinomio di 1° grado o una costante.
Per esempio, se $f(x)=3x-7$, allora $df=3*h$ e $f(x+h)-f(x)=3(x+h)-7-3x+7=3*h$, e quindi è vero che $df=\Deltaf$
Se invece prendi $g(x)=x^2$, allora $dg=2x*h$ e $\Deltag=g(x+h)-g(x)=2x*h+h^2$, e quindi
$dg!=\Deltag$.
Come è ben noto, in generale si ottiene $\Deltag=dg+o(h)$, se $g$ è differenziabile.
"Falco5x":
Probabilmente l'eresia esce quando sottintendiamo il concetto di limite, cioè scriviamo $dx$ intendendo $lim_(h->0)h$ e scriviamo $df$ sottintendendo $lim_(h->0)f(x+h)-f(x)$....
Più che un’eresia, è una vera contraddizione.
Infatti, $lim_(h->0)h=0$, per cui se $dx$ denotasse quel limite dovremmo concludere che $dx=0$.
Similmente, se fosse $lim_(h->0)f(x+h)-f(x)=df$ allora $df=0$.
Invece dovremmo dire che $df(x)=f'(x)*h$ è una funzione infinitesima rispetto alla variabile $h$. Ciò vuol dire che può assumere valori arbitrariamente piccoli ma non nulli (proprio come $h$), e per di più è lineare, il che la rende più semplice e vantaggiosa di $\Deltaf=f(x+h)-f(x)$

Ti ringrazio per la risposta, Sidereus.
Ma allora se la derivata è davvero un rapporto tra differenziali, mi vuoi spiegare cosa c'è di sbagliato nell'impostare così la risoluzione della seguente equazione differenziale?
$y'(x)=xy$
$(dy(x))/(dx)=xy$
$(dy)/y=xdx$
da cui integrando esce fuori a sinistra un logaritmo naturale in y e a destra un polinomio di secondo grado in x.
Se $dy$ è davvero un differenziale corrispondente a $y'(x)dx$, allora l'integrazione a primo membro non è altro che l'applicazione del metodo di integrazione per sostituzione di variabile, mi sembra; vengono solo saltati alcuni passaggi formali per giungere prima alle conclusioni... o almeno così mi pare. Dove sta l'errore? Perché questo modo di procedere viene tanto vituperato dai matematici? Non lo chiedo per spirito di polemica, ma per capire davvero.
Ma allora se la derivata è davvero un rapporto tra differenziali, mi vuoi spiegare cosa c'è di sbagliato nell'impostare così la risoluzione della seguente equazione differenziale?
$y'(x)=xy$
$(dy(x))/(dx)=xy$
$(dy)/y=xdx$
da cui integrando esce fuori a sinistra un logaritmo naturale in y e a destra un polinomio di secondo grado in x.
Se $dy$ è davvero un differenziale corrispondente a $y'(x)dx$, allora l'integrazione a primo membro non è altro che l'applicazione del metodo di integrazione per sostituzione di variabile, mi sembra; vengono solo saltati alcuni passaggi formali per giungere prima alle conclusioni... o almeno così mi pare. Dove sta l'errore? Perché questo modo di procedere viene tanto vituperato dai matematici? Non lo chiedo per spirito di polemica, ma per capire davvero.

La derivata non è un rapporto di differenziali.
"Sidereus":
Da qui consegue che il rapporto dei differenziali di $f(x)$ e di $id(x)$ è uguale alla derivata di $f(x)$, e cioè
$(df(x))/(dx)=(f'(x)*h)/h=f'(x)$
"WiZaRd":
La derivata non è un rapporto di differenziali.
Ohibò!
se siete due matematici dovreste almeno essere d'accordo su questo...

"Falco5x":
[quote="Sidereus"]Da qui consegue che il rapporto dei differenziali di $f(x)$ e di $id(x)$ è uguale alla derivata di $f(x)$, e cioè
$(df(x))/(dx)=(f'(x)*h)/h=f'(x)$
"WiZaRd":
La derivata non è un rapporto di differenziali.
Ohibò!
se siete due matematici dovreste almeno essere d'accordo su questo...

Sottoscrivo...
Riassumendo e semplificando, si è arrivati a dire che:
$dy=f'(x)h$ con $y=f(x)$; scegliendo $y=x$ si ha $dy=dx=h$, da cui $dy=f'(x)dx$ e quindi $(dy)/(dx)=f'(x).
Questo procedimento c'era sul mio libro del liceo.
A parte la presunta rottura di una qualche eleganza e/o bellezza insita nella definizione ortodossa di derivata, dov'è l'errore?
"Falco5x":
Ti ringrazio per la risposta, Sidereus.
Ma allora se la derivata è davvero un rapporto tra differenziali, mi vuoi spiegare cosa c'è di sbagliato nell'impostare così la risoluzione della seguente equazione differenziale?
$y'(x)=xy$
$(dy(x))/(dx)=xy$
$(dy)/y=xdx$
da cui integrando esce fuori a sinistra un logaritmo naturale in y e a destra un polinomio di secondo grado in x.
Se $dy$ è davvero un differenziale corrispondente a $y'(x)dx$, allora l'integrazione a primo membro non è altro che l'applicazione del metodo di integrazione per sostituzione di variabile, mi sembra; vengono solo saltati alcuni passaggi formali per giungere prima alle conclusioni... o almeno così mi pare. Dove sta l'errore? Perché questo modo di procedere viene tanto vituperato dai matematici? Non lo chiedo per spirito di polemica, ma per capire davvero.
ok allora come risolvereste voi questa equazione differenziale in maniera corretta? cosi ne abbiamo un esempio e sono pronto per imparare. anche il mio prof dice che cosi non è rigorosa.
"nefherret":
[quote="Falco5x"]
$y'(x)=xy$
ok allora come risolvereste voi questa equazione differenziale in maniera corretta? cosi ne abbiamo un esempio e sono pronto per imparare. anche il mio prof dice che cosi non è rigorosa.[/quote]
Innanzitutto le equazioni differenziali non si risolvono "da sole"; bisogna sempre accoppiare all'equazione un po' di condizioni aggiuntive (ad esempio una "condizione iniziale", del tipo $y(x_0)=y_0$, oppure delle "condizioni al bordo", tipo $y(x_0)=y_0, y(x_1)=y_1$, ove $[x_0,x_1]$ è l'intervallo in cui l'equazione è definita...).
Per l'equazione del primo ordine è cosa buona e giusta imporre una condizione iniziale del tipo $y(x_0)=y_0$: in tal modo si ottiene un problema di Cauchy:
$\{(y'(x)=x*y(x)),(y(x_0)=y_0):}$
che, per noti risultati, ammette un'unica soluzione.
Se $y_0=0$, allora $y(x)=0$ è la nostra unica soluzione; l'unicità implica che una soluzione $y(x)$ del problema o è identicamente nulla o non si annulla in nessun punto $x_1 \in RR$ (infatti se $y(x)$ non fosse identicamente nulla epperò si annullasse in $x_1$, essa risolverebbe il p.d.C. anche con condizione iniziale $y(x_1)=0$, quindi sarebbe ovunque nulla contro l'ipotesi).
Supposto che $y_0!=0$, la $y(x)$ è sicuramente di segno costante ove è definita, cosicché se $y_0>0$ [risp. $y_0<0$] allora $y(x)>0$ [risp. $y(x)<0$].
Per fissare le idee, supponiamo $y_0>0$ e quindi $y(x)>0$: in tali ipotesi si può dividere m.a.m. nell'EDO per $y(x)$ (che non si annulla!) ed ottenere:
$(y'(x))/(y(x)) =x\quad $.
La precedente uguaglianza è una uguaglianza tra funzioni continue, la quale si conserva (per i teoremi sull'integrale di Riemann) se si integrano ambo i membri sullo stesso intervallo: scelto $x$ intorno a $x_0$, possiamo integrare sull'intervallo $[min\{x,x_0\} ,max\{ x,x_0\}]$ ed ottenere:
$\int_(x_0)^x (y'(t))/(y(t))" d"t =\int_(x_0)^x t" d"t \quad => \quad \int_(x_0)^x (y'(t))/(y(t))" d"t =1/2(x^2-x_0^2) \quad$.
La funzione $y(x)$ è di classe $C^1$ e strettamente monotona*, quindi si può fare la sostituzione $tau=y(t)$ ottenendo:
$\int_(y_0)^(y(x)) 1/tau" d"tau =1/2(x^2-x_0^2) $
da cui si trae:
$ln((y(x))/y_0)=1/2(x^2-x_0^2) \quad => \quad y(x)=y_0*"e"^(1/2(x^2-x_0^2))$
che è la soluzione cercata intorno ad $x_0$; tuttavia si vede benissimo che essa si prolunga senza difficoltà su tutto $RR$.
Si vede che il procedimento risolutivo formalmente corretto ora esposto è molto più lungo ed elaborato di quello urang-utang©; tuttavia, oltre a non far uso di passaggi "scorretti", non è nemmeno molto difficile: quello che si usa è uno studio qualitativo di massima ed il teorema di sostituzione negli integrali semplici.
N.B.: L'urang-utang© restituisce (in un paio di passaggi) per l'integrale generale dell'equazione assegnata l'espressione $y(x)=c*"e"^(1/2x^2)$; ovviamente questa è quella che si ottiene anche col procedimento corretto: per rendersene conto basta scrivere $y(x)=[y_0"e"^(-1/2x_0^2)]*"e"^(1/2x^2)$ e porre $c=y_0"e"^(-1/2x_0^2)$.
__________
* Visto che $y(x)>0$, il segno di $y'$ dipende dal segno di $x$: se $x_0>0$ [risp. $x_0<0$] allora $y'(x)>0$ [risp. $y'(x)<0$] in un intorno completo di $x_0$; se $x_0=0$, avremo crescenza a destra e decrescenza a sinistra e si deve fare un po' d'attenzione in più.
C'è qualche MATEMATICO di buona volontà che gentilmente mi fa vedere qual è il metodo corretto per impostare e risolvere in maniera rigorosa questo "problema"
http://img411.imageshack.us/img411/1416/immagineswg.jpg
Il libro mio fa uso dell'urang utang ma ho una sorta di ""rifiuto psicologico"" e sapendo che è sbagliato non lo posso accettare
http://img411.imageshack.us/img411/1416/immagineswg.jpg
Il libro mio fa uso dell'urang utang ma ho una sorta di ""rifiuto psicologico"" e sapendo che è sbagliato non lo posso accettare
"Gugo82":
...
$\int_(y_0)^(y(x)) 1/tau" d"tau =1/2(x^2-x_0^2) $
da cui si trae:
$ln((y(x))/y_0)=1/2(x^2-x_0^2) \quad => \quad y(x)=y_0*"e"^(1/2(x^2-x_0^2))$
che è la soluzione cercata intorno ad $x_0$; tuttavia si vede benissimo che essa si prolunga senza difficoltà su tutto $RR$.
Ok, grazie, è molto chiaro e completo, però...
anch'io ero arrivato a scrivere una cosa che mi pare piuttosto simile alla tua integranda:
"Falco5x":
$(dy)/y=xdx$
da cui integrando esce fuori a sinistra un logaritmo naturale in y e a destra un polinomio di secondo grado in x.
...l'integrazione a primo membro non è altro che l'applicazione del metodo di integrazione per sostituzione di variabile, mi sembra; vengono solo saltati alcuni passaggi formali per giungere prima alle conclusioni...
Capisco che mancano le garanzie formali che invece dà il procedimento completo, però andando alla sostanza delle cose se il metodo diciamo semplificato produce risultati comunque esatti non vedo perché demonizzarlo, visto che semplificando i formalismi lascia la mente (e la carta) più liberi per accogliere e sviscerare le cosiderazioni fisiche inerenti il problema.
Il metodo uragutanesco non direi però mai che deve sostituire il metodo rigoroso; lo vedo però come un metodo mnemonico utile, che lavorando con certi simboli in un certo modo simula il procedimento corretto giungendo al termine a permettere di calcolare il risultato esatto. Non mi sembra cosa da poco, anche se capisco bene le ragioni per cui nessun matematico lo può accettare.
Dirò di più: da un punto di vista strettamente pragmatico anche se funzionasse solo nel 98% dei casi lo riterrei comunque un metodo utile (salvo verifica della soluzione a posteriori).
Tanto per fare un altro esempio, sono certo che nessun matematico sosterrrebbe che la cosiddetta "prova del 9" sia un metodo accettabile per garantire assenza di errori in un'operazione. Però si usa, e trova gli errori con ottima probabilità.
Con tutto ciò non intendo difendere l'indifendibile opponendo l'approssimazione al rigore, eh sia chiaro.
Ho già detto e ribadisco che il rigore matematico va almeno imparato una volta, se non altro per poterlo utilizzare quando si abbia il sospetto che nella soluzione trovata "non torni qualcosa".
"Falco5x":
Capisco che mancano le garanzie formali che invece dà il procedimento completo, però andando alla sostanza delle cose se il metodo diciamo semplificato produce risultati comunque esatti non vedo perché demonizzarlo, visto che semplificando i formalismi lascia la mente (e la carta) più liberi per accogliere e sviscerare le cosiderazioni fisiche inerenti il problema.
Il metodo uragutanesco non direi però mai che deve sostituire il metodo rigoroso; lo vedo però come un metodo mnemonico utile, che lavorando con certi simboli in un certo modo simula il procedimento corretto giungendo al termine a permettere di calcolare il risultato esatto. Non mi sembra cosa da poco, anche se capisco bene le ragioni per cui nessun matematico lo può accettare.
Dirò di più: da un punto di vista strettamente pragmatico anche se funzionasse solo nel 98% dei casi lo riterrei comunque un metodo utile (salvo verifica della soluzione a posteriori).
Tanto per fare un altro esempio, sono certo che nessun matematico sosterrrebbe che la cosiddetta "prova del 9" sia un metodo accettabile per garantire assenza di errori in un'operazione. Però si usa, e trova gli errori con ottima probabilità.
Con tutto ciò non intendo difendere l'indifendibile opponendo l'approssimazione al rigore, eh sia chiaro.
Ho già detto e ribadisco che il rigore matematico va almeno imparato una volta, se non altro per poterlo utilizzare quando si abbia il sospetto che nella soluzione trovata "non torni qualcosa".
Potrei sottoscrivere quanto dici.
Come ho avuto occasione di dire più volte, per quanto mi riguarda uno può tranquillamente usare il metodo urang-utang©. Onestamente non ne vedo i grandi vantaggi in termini mnemonici etc., ma questa può benissimo essere una valutazione personale.
D'alto canto, se mia nonna in sogno mi dice quale è la soluzione di una equadiff, appena sveglio faccio la verifica, dopo di che la ringrazio!
Per me ci sono tuttavia due elementi importanti da tenere in considerazione:
- molti hanno la convinzione la convinzione che il metodo sia "rigoroso", mente non lo è (o, forse, non si sono mia posti il problema). Questa convinzione va sradicata senza pietà. Anche chirurgicamente, se necessario
- i possibili errori che questo metodo si porta dietro, non inevitabilmente, ma con elevata probabilità. Tanto per fare un esempio, se cercate: equazioni differenziali a variabili separabili con Google, trovate al "terzo posto":
http://www.ripmat.it/mate/c/cl/clca.html
e al "quinto posto":
http://scienze.zanichelli.it/esperto-ma ... eparabili/
che fanno semplicemente accapponare la pelle.
"magliocurioso":
C'è qualche MATEMATICO di buona volontà che gentilmente mi fa vedere qual è il metodo corretto per impostare e risolvere in maniera rigorosa questo "problema". Il libro mio fa uso dell'urang utang ma ho una sorta di ""rifiuto psicologico"" e sapendo che è sbagliato non lo posso accettare
Non essendo un matematico non penso di riuscire a tranquillizzarti però... un minimo in più lo voglio dire ugualmente.
Il punto più scimmiesco della "dimostrazione " riportata sul tuo libro mi pare questo:
$a=v(dv)/(dx)$
$adx=vdv$
e quindi integrando ne esce quello che ne esce.
Io riscriverei così:
$a(x)=v(x)v'(x)$
Integrando in x sui medesimi intervalli di integrazione ottengo:
$\int_(x_1)^(x_2)a(x)dx=\int_(x_1)^(x_2)v(x)v'(x)dx
Il secondo membro può essere integrato per sostituzione di variabile ponendo y=v(x):
$\int_(x_1)^(x_2)a(x)dx=\int_(v(x_1))^(v(x_2))ydy
eccetera eccetera.
(almeno la buona volontà ce l'ho messa

"Fioravante Patrone":
Come ho avuto occasione di dire più volte, per quanto mi riguarda uno può tranquillamente usare il metodo urang-utang©. Onestamente non ne vedo i grandi vantaggi in termini mnemonici etc., ma questa può benissimo essere una valutazione personale.
Mi costringi allora a svelare un mio pietoso segreto che tentavo di nascondere: esistono problemi di fisica che io con metodi rigorosi non sarei proprio capace di risolvere...

Da qualche parte ne devo avere giusto uno di esempio, inventato da me medesimo, che se avrò tempo e voglia prima o poi posterò.
"Falco5x":You are warmly welcome!
...
esistono problemi di fisica che io con metodi rigorosi non sarei proprio capace di risolvere...(o forse si tratta solo di pigrizia mentale?)
Da qualche parte ne devo avere giusto uno di esempio, inventato da me medesimo, che se avrò tempo e voglia prima o poi posterò.
Mi è venuta in mente una cosa...
Se si vuole calcolare un integrale di superficie o di volume, allora anche i metodi che di solito vengono riportati sono formalmente errati?
Esempio banale: per calcolare l'area di un cerchio, immagino di suddividere tale area in tante "striscioline" infinitesime di spessore $dr$;
l'area di una strisciolina è quindi $2pi r dr$, con $r$ distanza dal centro della circonferenza.
Integrando fra $0$ ed $R$ (raggio della circonferenza) si ottiene $2 pi (R^2)/2$, cioè $piR^2$.
Questo metodo è del tutto analogo a quello utilizzato quotidianamente da un fisico, pechè considera $dr$ come una lunghezza infinitesima.
Quale sarebbe il procedimento corretto?
Se si vuole calcolare un integrale di superficie o di volume, allora anche i metodi che di solito vengono riportati sono formalmente errati?
Esempio banale: per calcolare l'area di un cerchio, immagino di suddividere tale area in tante "striscioline" infinitesime di spessore $dr$;
l'area di una strisciolina è quindi $2pi r dr$, con $r$ distanza dal centro della circonferenza.
Integrando fra $0$ ed $R$ (raggio della circonferenza) si ottiene $2 pi (R^2)/2$, cioè $piR^2$.
Questo metodo è del tutto analogo a quello utilizzato quotidianamente da un fisico, pechè considera $dr$ come una lunghezza infinitesima.
Quale sarebbe il procedimento corretto?
"magliocurioso":
C'è qualche MATEMATICO di buona volontà che gentilmente mi fa vedere qual è il metodo corretto per impostare e risolvere in maniera rigorosa questo "problema"
http://img411.imageshack.us/img411/1416/immagineswg.jpg
Il libro mio fa uso dell'urang utang ma ho una sorta di ""rifiuto psicologico"" e sapendo che è sbagliato non lo posso accettare
Insomma hai un'equazione del tipo:
$x''(t)=a(t)$
(qui $a(t)$ è l'accelerazione è $x(t)$ è la legge oraria del moto; supponiamo per comodità che $a$ sia continua).
Qui si ricorre ad un'integrazione iterata una volta che si siano assegnate due condizioni iniziali:
$\{(x(t_0)=x_0),(x'(t_0)=v_0):}$
che appaiono piuttosto naturali (si assegnano posizione e velocità in un istante fissato) e che garantiscono l'unicità della soluzione (almeno localmente).
Scelto $t$ intorno a $t_0$, integrando su $[min\{t,t_0\},max\{t,t_0\}]$ troviamo:
$\int_(t_0)^t x''(tau)" d"tau=\int_(t_0)^t a(tau)" d"tau \quad => $
$\quad => \quad x'(t)-v_0=x'(t)-x'(t_0)=\int_(t_0)^t a(tau)" d"tau \quad=>$
$\quad => \quad x'(t)=v_0+\int_(t_0)^t a(tau)" d"tau$;
integrando di nuovo sullo stesso intervallo troviamo:
$\int_(t_0)^t x'(eta)" d"eta = \int_(t_0)^t \{v_0+\int_(t_0)^eta a(tau)" d"tau\} " d"eta \quad =>$
$\quad => \quad x(t)-x_0=x(t)-x(t_0)=\int_(t_0)^t \{v_0+\int_(t_0)^eta a(tau)" d"tau\} " d"eta=v_0(t-t_0)+\int_(t_0)^t \{\int_(t_0)^eta a (tau) " d"tau\} " d"eta$
quindi:
$x(t)=x_0+v_0(t-t_0)+\int_(t_0)^t \{\int_(t_0)^eta a (tau) " d"tau\} " d"eta \quad$.
Volendo semplificare un po' l'integrale iterato al secondo membro, possiamo pensare di integrare per parti con fattore differenziale $1$ (che dà la primitiva $\int_(t_0)^eta "d"tau =eta-t_0$) e fattore finito $\int_(t_0)^eta a(tau)" d"tau$: in tal modo otteniamo:
$\int_(t_0)^t \{\int_(t_0)^eta a (tau) " d"tau\} " d"eta=[(eta-t_0) \int_(t_0)^eta a(tau) " d"tau]_(t_0)^t-\int_(t_0)^t (eta-t_0) a(eta)" d"eta = \int_(t_0)^t (t-eta)a(eta)" d"eta \quad$,
quindi otteniamo infine:
$x(t)=x_0+v_0(t-t_0)+\int_(t_0)^t (t-eta)a(eta)" d"eta \quad$.
In particolare, se l'accelerazione è costante, ossia $a(t)=a_0$, ritroviamo:
$x(t)=x_0+v_0(t-t_0)+a_0 \int_(t_0)^t (t-eta)" d"eta=x(t)=x_0+v_0(t-t_0)+a_0[-1/2(t-eta)^2]_(t_0)^t =$
$\quad =x_0+v_0(t-t_0)+1/2 a_0(t-t_0)^2$
che è la nota formula per la legge oraria del moto uniformemente accelerato.
Serve solo un po' di Analisi I, nulla più...

"VINX89":
Se si vuole calcolare un integrale di superficie o di volume, allora anche i metodi che di solito vengono riportati sono formalmente errati?
Esempio banale: per calcolare l'area di un cerchio, immagino di suddividere tale area in tante "striscioline" infinitesime di spessore $dr$;
l'area di una strisciolina è quindi $2pi r dr$, con $r$ distanza dal centro della circonferenza.
Integrando fra $0$ ed $R$ (raggio della circonferenza) si ottiene $2 pi (R^2)/2$, cioè $piR^2$.
Questo metodo è del tutto analogo a quello utilizzato quotidianamente da un fisico, pechè considera $dr$ come una lunghezza infinitesima.
Quale sarebbe il procedimento corretto?
Integrale doppio e coordinate polari (che, ovviamente, formalizzano correttamente il procedimento intuitivo e non si discostano molto da esso).