L'utilità del pensare equazioni fisico/geomet. come funzioni

Sk_Anonymous
Consideriamo una linea nello spazio e rappresentiamola tramite le tre equazioni $x=x(t), y=y(t), z=z(t)$ (1), $t in [a,b]$. Il sistema (1) di tre equazioni può essere pensato come una legge che associa ad ogni elemento di $[a,b]$ un'unica terna di numeri reali, cioè è una funzione $RR->RR^3$. Cosa ho ottenuto di concreto facendo questa osservazione? Che vantaggi ottengo introducendo in questo caso il concetto di funzione? Perchè si è sentita la necessità di vedere il sistema (1) come una funzione $RR->RR^3$? Se non si è capito, continuo a non comprendere l'utilità del concetto di funzione (se un'utilità la ha).
Grazie.

Risposte
Newton_1372
P.S. Hai a disposizione tutti gli strumenti e tutti i libri che vuoi da consultare per risolvere questo problema. quindi pretendiamo una risposta. se non viene data, sapremo pubblicamente che sei un troll...:D

Sk_Anonymous
Mi stai sfidando :-D ? Un modo ci sarà, e sarà quello del vecchio calcolo. Ti assicuro che avrai la tua risposta. Il problema da te proposto è molto stimolante! Quando ho tempo e voglia mi ci metto.
Come si dice dalle mie parti, "alla morte non c'è rimedio".

Newton_1372
se vuoi posso andare contro le regole, e darti uno spunto (ma magari ne troverai uno migliore). sicuramente conosci uno dei punti per cui passa la retta $(0,e)$ per l'appunto. Quindi puoi scrivere

$x = m(y-e)$ (1)

ci sarebbe da determinare m..in ogni caso, hai la tua equazione

$\log y+5x-4^(arctan x)=0$ (2)

innanzitutto puoi determinarti m dalla (1), dopodiche dovresti trovarti il "termine noto"

Sk_Anonymous
Ma $(0,e^5)$ non è un punto della curva, o sbaglio?
Provalo a metterlo nell'equazione e vedrai che non la soddisfa.

Newton_1372
si infatti poi mi sono corretto, il punto è (0,e)

Sk_Anonymous
"newton_1372":
si infatti poi mi sono corretto, il punto è (0,e)

Non la soddisfa lo stesso.

Ryukushi1
Io penso che tutta la Matematica, così come la Fisica, siano invenzioni dell'uomo atte a risolvere alcuni problemi che l'uomo stesso ha riscontrato nel corso dello sviluppo del suo modus vivendi e della tecnologia.

Per cui credo che il pensare equazioni fisiche come funzioni sia utile per la semplificazione dei conti, cioé per trovare delle leggi nel modo più generale possibile che possano valere, per l'appunto, nella maggior parte dei casi. Ma sono pur sempre approssimazioni; né la matematica né la fisica esistono di per sé: la prima è nata per esigenze di calcolo soprattutto geometrico, e poi si è sviluppata in altri versi grazie alla innata capacità dell'uomo di astrazione, la seconda come modellizzazione della realtà tramite strumenti matematici.

Quindi è, a mio avviso, assolutamente arbitrario pensare la velocità come lo spazio percorso nell'unità di tempo o come la derivata della legge oraria, anche se, sappiamo bene, esistono delle differenze. Il tutto deriva dalla comodità che ne traiamo nelle specifiche situazioni. A volte serve vedere le cose in un modo, a volte in altri, secondo il problema che abbiamo di fronte. E proprio l'ingegnere credo debba valutare tutte le possibilità per poi scegliere la più efficiente.

Newton_1372
la soddisfa. log e +4*0 - 4^(arctan 0) fa 0

Sk_Anonymous
"newton_1372":
la soddisfa. log e +4*0 - 4^(arctan 0) fa 0

Deve fare $1$, non $0$, visto che al secondo membro della tua equazione c'è $1$.

gugo82
"lisdap":
[quote="gugo82"]Quello che stupisce è che tu ancora non capisca quanto questo "marchingegno" sia importante (nonostante tutti i tuoi studi universitari siano rivolti a questo) e che per te non sia ancora diventato "naturale" e "spontaneo".
Ad esempio, già hai avuto a che fare con la cinematica e la dinamica del punto e del corpo rigido, nonché con la termodinamica e la trasmissione del calore; presto o tardi avrai a che fare con la meccanica delle vibrazioni, le costruzioni, etc... Tutta roba in cui regna incontrastata l'applicazione della Matematica, e soprattutto del concetto di funzione, alla descrizione dei fenomeni fisici ed alla previsione del loro svolgersi nel tempo!
Quindi, a questo punto dei tuoi studi, non mi puoi venire a chiedere: "Ma a cosa servono le funzioni?"... A meno che tu non voglia farmi credere che davvero non hai capito nulla di ciò che hai studiato finora.

Hai mai sentito parlare di "funzioni cardinali del corpo rigido"? Hai mai sentito parlare di "funzione di stato dei gas perfetti"? Io no. Se prendi un qualunque libro di Fisica, la parola "funzione" la troverai soltanto nella cinematica (che per come viene presentata secondo me è analisi, non fisica). Tutti i fenomeni sperimentali sono espressi in termini di equazioni.[/quote]
Ti sei mai posto il problema che per spiegare la Meccanica del corpo rigido serve possedere strumenti matematici che al primo semestre del primo anno non si posseggono ancora (i.e., quelli di Analisi II)?

E che è probabilmente per questo che la trattazione dei problemi sui testi di Fisica I diventi meno rigorosa dopo la Cinematica?

[N.B.: Lo stesso accade anche in testi matematicamente più tosti, come il vecchio Mencuccini-Silvestrini.]

"lisdap":
Quindi la mia domanda: a che mi servono le funzioni?, non è banale o insensata.
Se io fossi nei tuoi panni e nella tua mente lo sai cosa farei? Farei di tutto per far capire a lisdap l'importanza del concetto di funzione e la differenza con quello di equazione. Tu ora penserai: è da 4 mesi che vengo dietro le tue discussioni spiegandoti come stanno le cose, ma tu non vuoi capire.
Quando lo studente non capisce, due sono le cose:
1) Lo studente non è in grado di capire data la sua stupidità;
2) Sono le risorse alle quali lo studente attinge ad essere imprecise.
Ora, modestia a parte, non credo di rientrare nella categoria 1. Quindi non posso fare altro che concludere che sia tu a spiegarti in maniera imprecisa.

Qui, molto signorilmente, alzo le mani e lascio che siano il confronto tra i miei post ed i tuoi a parlare per me.


Ma andiamo avanti.

"lisdap":
Non mi puoi spiegare l'utilità del concetto di funzione parlandomi di derivata, di equazioni differenziali ecc...E' normale che poi non capisco. E' come se, ad un bambino che vuole imparare l'alfabeto, gli dici: "vattelo a LEGGERE sul libro di grammatica". Il bambino non sa ancora leggere.

Lisdap, non so se ne sei al corrente, ma tu le elementari le hai finite da un pezzo.

Dovresti essere un uomo ed uno studente maturo, ormai, con una capacità di ragionare sulle cose che leggi un po' superiore rispetto ad un bambino di prima elementare.

"lisdap":
ATTENZIONE: sono consapevole dell'importanza del concetto di funzione in generale, e del fatto che quello di funzione è un concetto PRELIMINARE a quello di equazione.
Mi spiego. Se io scrivo la semplice equazione $4=2x$, quel $2x$ è una funzione. Le 4 operazioni sono funzioni. Su questo non ci sono dubbi. I dubbi stanno nel momento in cui, data l'equazione $y=2x+4$, io vado ad interpretare $y=2x+4$ come funzione.

Il problema nasce perchè effettivamente sai davvero poco di Analisi.

Un'equazione non è la funzione che ne descrive le soluzioni (in qualunque modo si voglia intendere questa locuzione), né viceversa: sono due cose separate.

A volte i termini (soprattutto "equazione") sono usati in maniera impropria, ma si tratta di tolleratissimi (per ragioni storiche e di praticità) abus de langage che non vanno presi alla lettera e, anzi, sono riconducibili a termini corretti con un piccolissimo sforzo.

I due concetti di "equazione" e di "funzione che descrive le soluzioni dell'equazione" sono legati tra loro (anche se in maniera imperfetta, i.e. un po' asimmetrica) da un teorema molto profondo che si chiama Teorema della Funzione Implicita (o del Dini, che dir si voglia).
Te lo enuncio nel caso semplice, cioè per equazioni di tre incognite definite in aperto:

Siano \(\Omega \subseteq \mathbb{R}^3\) un aperto non vuoto, \(F:\Omega \to \mathbb{R}\) una funzione di classe \(C^1(\Omega)\) ed \((x_0,y_0,z_0) \in \Omega\).
Se risulta:

[list=1]
[*:1sqfz0wm] \(F(x_0,y_0,z_0)=0\),
[/*:m:1sqfz0wm]
[*:1sqfz0wm] \(\frac{\partial F}{\partial z} (x_0,y_0,z_0) \neq 0\),[/*:m:1sqfz0wm][/list:o:1sqfz0wm]

allora esistono un intorno \(I\) di \((x_0,y_0)\) ed un'unica funzione \(f:I\to \mathbb{R}\) che godono delle seguenti proprietà:

[list=i]

[*:1sqfz0wm] \(I\times f(I) \subseteq \Omega\);
[/*:m:1sqfz0wm]
[*:1sqfz0wm] \(f(x_0,y_0)=z_0\);
[/*:m:1sqfz0wm]
[*:1sqfz0wm] per ogni \((x,y)\in I\) risulta \(F(x,y,f(x,y))=0\).[/*:m:1sqfz0wm][/list:o:1sqfz0wm]

Inoltre l'intorno \(I\) può essere scelto in modo che \(f\) sia una funzione \(C^1(I)\) e che si abbia:
\[
\begin{split}
\frac{\partial f}{\partial x} (x,y) &= - \frac{1}{\frac{\partial F}{\partial z}(x,y,f(x,y))}\ \frac{\partial F}{\partial x}(x,y,f(x,y))\\

\frac{\partial f}{\partial y} (x,y) &= - \frac{1}{\frac{\partial F}{\partial z}(x,y,f(x,y))}\ \frac{\partial F}{\partial y}(x,y,f(x,y))
\end{split}
\]
per ogni \((x,y)\in I\).

In soldoni, il teorema ti sta dicendo che se hai un'equazione \(F(x,y,z)=0\)* e se sai che essa ammette almeno una soluzione \((x_0,y_0,z_0)\) (ipotesi 1) e che nel punto \((x_0,y_0,z_0)\) la tua equazione "non degenera" (ipotesi 2), allora esiste un'unica funzione \(f(x,y)\) definita intorno a \((x_0,y_0)\) il cui grafico è costituito da punti che sono soluzioni della medesima equazione (tesi i e iii) la quale soddisfa la condizione \(f(x_0,y_0)=z_0\) (tesi ii).

Detto in linguaggio geometrico, la superficie di equazione (abus de langage tollerato!) \(z=f(x,y)\), che sarebbe il grafico di \(f\), è formata tutta da soluzioni dell'equazione \(F(x,y,z)=0\) e passa per \((x_0,y_0,z_0)\).


Detto ciò, continuo a non capire la questione di base del thread.
Suppongo che tu non abbia capito che il termine "equazione" sia usato in Fisica in modo diverso che in Matematica, ma non so se il problema sia davvero quello...
Se fosse così, stiamo buttando tutti il sangue su una questione che non sussiste, all'atto pratico: infatti non ci vuole nulla a ricondurre la terminologia Fisica ad una terminologia Matematica appropriata (è pur sempre un semplice abus de langage).

Se, invece, così non fosse, ti prego di chiarire una volta e per tutte quale sia il problema sostanziale della faccenda... Dopo 11 pagine sarebbe ora di finirla questa chiacchierata.


P.S.: Ah, inoltre è chiaro che la frase nella firma di lisdap meriti d'essere completata come segue:
È più bello un 25, un 23, un 18 tirato sul mio libretto che un 30 e lode su quello di un altro




__________
* Che è un'equazione nel senso rigoroso che ti ho spiegato mesi fa, non nel senso fumoso che vuoi attribuire tu al termine (e che ancora non si sa bene quale sia)...

Newton_1372
PARDON. Trovami la tangente alla curva di "equazione"

$\log y - 4x -2^(\arctan x)=0$

senza far uso delle derivate...:D

passante per (0,e)

Sk_Anonymous
"gugo82":

Se, invece, così non fosse, ti prego di chiarire una volta e per tutte quale sia il problema sostanziale della faccenda... Dopo 11 pagine sarebbe ora di finirla questa chiacchierata.


La tua risposta me la devo studiare per bene.
Quanto a ciò che ho quotato, la mia domanda, santo iddio, è questa:
Consideriamo il sistema di EQUAZIONI $x=x(u,v), y=y(u,v), z=z(u,v)$. Se faccio variare $u,v$ in modo opportuno, quel sistema mi descrive una superficie nello spazio. Ti trovi? Sì? No?
Suppongo che la risposta sia "Sì".
Premesso questo, il Bramanti-Pagani-Salsa, a pag 202, mi scrive testuali parole: l'oggetto matematico che otteniamo, detto superficie in forma parametrica, è quindi una funzione: $vec r:A sube RR^2 -> RR^3$
Se ho capito bene, il libro mi sta dicendo che quel sistema di tre equazioni che ho scritto è una legge che associa blablabla, cioè è una funzione. Giusto?
La domanda che mi pongo, e che ho scritto 20 volte, è: cosa me ne faccio dell'osservazione che le tre equazioni $x=x(u,v), y=y(u,v), z=z(u,v)$ definiscono una funzione $A sube RR^2 -> RR^3$?
Se qualcuno mi risponde a questa domanda elencandomi tutti i vari benefici, la questione è risolta.
Se la risposta è: "non ci sono benefici, è solo un capriccio matematico", beh, io delle funzioni non so proprio che farmene.
Se anche stavolta la domanda non è chiara, vi prego, chiudete questa discussione e bannatemi dalla sezione Analisi (se si può fare).
Grazie.

Newton_1372
a questo punto chiediti di cosa se ne fa IL LIBRO salsa pagani di questa affermazione. L'ho scaricato, ora dò un occhiata a pag. 202

Newton_1372
Lisdap, nn lo trovo. Dimmi IL NUMERO DEL CAPITOLO E IL NUMERO DEL PARAGRAFO, please

Sk_Anonymous
è il bramanti pagani salsa pag 202 analisi matematica 2

gugo82
"lisdap":
[quote="gugo82"]
Se, invece, così non fosse, ti prego di chiarire una volta e per tutte quale sia il problema sostanziale della faccenda... Dopo 11 pagine sarebbe ora di finirla questa chiacchierata.


La tua risposta me la devo studiare per bene.
Quanto a ciò che ho quotato, la mia domanda, santo iddio, è questa:
Consideriamo il sistema di EQUAZIONI $x=x(u,v), y=y(u,v), z=z(u,v)$. Se faccio variare $u,v$ in modo opportuno, quel sistema mi descrive una superficie nello spazio. Ti trovi? Sì? No?
Suppongo che la risposta sia "Sì".
Premesso questo, il Bramanti-Pagani-Salsa, a pag 202, mi scrive testuali parole: l'oggetto matematico che otteniamo, detto superficie in forma parametrica, è quindi una funzione: $vec r:A sube RR^2 -> RR^3$
Se ho capito bene, il libro mi sta dicendo che quel sistema di tre equazioni che ho scritto è una legge che associa blablabla, cioè è una funzione. Giusto?[/quote]
Non proprio, ma in prima approssimazione sì (almeno dal punto di vista dell'Analista; un Geometra non sarebbe tanto soddisfatto di quella definizione lì né tantomeno da quella che do sotto).

In realtà una superficie parametrizzata (o in forma parametrica) è una coppia \((U, \vec{r})\), ove \(U\) è un'aperto di \(\mathbb{R}^2\) (detto dominio base) e \(\vec{r}:U\to \mathbb{R}^3\) è una funzione continua (detta parametrizzazione); inoltre l'immagine del dominio base tramite la parametrizzazione, cioè l'insieme \(S:=\vec{r}(U) \subseteq \mathbb{R}^3\), è detto sostegno della superficie.
Tuttavia, con abuso, di solito si parla di superficie parametrizzata riferendosi unicamente alla parametrizzazione \(\vec{r}\) o, addirittura, al sostegno \(S\) (dipende dai casi).

Chiaramente hai che un punto \(\vec{p}\) sta in \(S\) se e solo se esiste un punto \((u,v)\in U\) tale che \(\vec{p}=\vec{r}(u,v)\) e viceversa; per questo motivo l'equazione vettoriale \(\vec{p}=\vec{r}(u,v)\) è chiamata equazione vettoriale della superficie.
Qualora in \(\mathbb{R}^3\) si introduca un sistema di riferimento, l'equazione vettoriale si può riscrivere componente per componente: in particolare se \(\vec{p}=(x,y,z)\) e \(\vec{r}(u,v)=(r_1 (u,v),r_2(u,v),r_3(u,v))\), allora l'equazione vettoriale si può equivalentemente riscrivere come sistema di tre equazioni:
\[
\begin{cases}
x=r_1(u,v)\\
y=r_2(u,v)\\
z=r_3(u,v)
\end{cases}
\]
che viene anche detto sistema di equazioni scalari della superficie.

"lisdap":
La domanda che mi pongo, e che ho scritto 20 volte, è: cosa me ne faccio dell'osservazione che le tre equazioni $x=x(u,v), y=y(u,v), z=z(u,v)$ definiscono una funzione $A sube RR^2 -> RR^3$?
Se qualcuno mi risponde a questa domanda elencandomi tutti i vari benefici, la questione è risolta.

Detto in maniera semplice, ci fai Calcolo Differenziale (come cercavo di spiegarti prima) il che non è cosa da poco.

Newton_1372
non c'è ...ti ho chiesto
NUMERO DEL CAPITOLO
titolo

Sk_Anonymous
Capitolo 4 "calcolo differenziale per funzioni di più variabili a valori vettoriali".

Non che voglia immischiarmi, volevo dire un paio di cose.
"lisdap":
Certo che è strano, siamo nella sezione Analisi del forum di matematica più frequentato d'Italia, questo post ha ricevuto 620 visite e nessuno è stato in grado di spiegarmi in maniera chiara come stanno le cose.
Questo mi stupisce, perchè mi sembra ovvio che un analista, che ha studiato per tanto tempo l'analisi debba saper dare in ogni caso una risposta esauriente. E invece in questo caso no. Pensate a un commerciante che non sa quello che vende: vi sembra un buon commerciante?
Te ne esci spesso con dichiarazioni di questo tipo, secondo me dimentichi un punto fondamentale: tu ti spieghi con parole tue, spesso e volentieri sacrificando il formalismo all'enfasi, quindi per capire quello che dici uno è costretto a entrare prima nella tua testa. Ora, tu nella tua testa ci sei già, noi invece ancora no :)

Ed è incredibilmente difficile entrare nella tua testa, credimi.

Tuttavia qualcosa credo di aver capito. Credo che l'origine della tua confusione sia la scrittura $y=f(x)$ (e tutto quello che ci va dietro). Non ti è molto chiaro se questa sia una equazione o una funzione. Dico bene? Rispondo a questo dubbio, non si sa mai. Quella scrittura uno la interpreta come equazione o come funzione a seconda di quello che vuole fare. Se la interpreta come funzione allora $y$ è solo un simbolo ausiliario.

Ma se vuoi tutto è un simbolo ausiliario. Si potrebbe fare matematica senza simboli, senza parole, solo a mente. Sarebbe un esercizio divino quello di immergersi in riflessioni e comporre una teoria matematica solo col pensiero. Ma è difficile. Quindi cosa si fa? Si scrivono le idee usando simboli ausiliari. Simboli che "ci siamo capiti" cosa indicano. Mi sembra che tu sia bloccato tra il manifestarsi di questi simboli e l'idea che "ci siamo capiti". Tu sostieni che non ci siamo ancora capiti.

Il concetto di funzione non ha importanza "ontologica", è solo un termine che contribuisce ad organizzare il sapere come un ipertesto, a ricordarsi le cose. Posso pure dimenticarmi che cosa sono le funzioni, mi basta non perderci confidenza. La parola "funzione" è un termine ausiliario.

Mi sembra che si crei una confusione terribile nella tua testa nel momento in cui uno prende l'utile simbolo/termine ausiliario che tanto l'ha aiutato a generalizzare e ricordare i suoi ragionamenti (perché a questo, tra le altre cose, servono i termini ausiliari) e decide di trattarlo come oggetto a se stante. E' arrivato quindi un momento in cui qualcuno ha deciso di dare una definizione precisa del concetto di "funzione" (mi riferisco alla solita definizione: sottoinsieme del prodotto cartesiano tale che bla bla bla). Ma questa definizione precisa è così più cervellotica dell'utilizzo "alla buona" che si faceva prima dell'oggetto che definisce (la funzione) che può capitare a qualcuno di domandarsi a cosa serva complicare un concetto semplice (per la cronaca, le definizioni servono ad avere basi teoriche solide). Ma non credo che sia questo ad essere capitato a te. Tu hai accettato dopo molta fatica la definizione cervellotica (argomenti passati su questo forum possono confermarlo), poi sei andato a guardarti gli utilizzi "alla buona" delle funzioni e sei rimasto stranito: che bisogno c'è (e forse è questa la domanda che ti continui a fare) di una definizione così cervellotica in un ambito (come la formulazione di problemi fisici) dove l'utilizzo delle funzioni è "allegro", tanto allegro che a volte si potrebbe perfino evitare di usarle? (Questa domanda è esemplificativa, sto sempre cercando di entrare nella tua testa). In altre parole, ti stai chiedendo la cosa inversa, cioè perché semplificare un concetto difficile, o meglio, perché usare un concetto così difficile in un ambito così facile come la formulazione di problemi fisici.

La risposta a questa domanda non è facile da formulare, ma ci provo. Il punto è che è fuorviante attribuire significati filosofici ai concetti matematici, e pensare che siano facili, o difficili. Sono utili (la facilità e la difficoltà non esistono fuori dalla testa delle persone), e la loro utilità non si dimostra col rigore matematico, la loro utilità è dimostrata dalla pratica. Quindi riconoscere una funzione quando appare non è un vuoto divertimento morboso, serve ad attivare (nella propria testa) tutto l'insieme delle proprietà delle funzioni che potrebbero tornare utili. Serve a collegare quello che si spera di fare con quello che si sa già fare.

Newton_1372
dopo circa quante pagine dall'inizio? dopo il paragrafo 1.6?

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