Come si indica una funzione e sua definizione
Salve, volevo discutere non tanto del concetto di funzione, quanto piuttosto del modo con il quale si è soliti indicare una funzione, in quanto ho l'impressione che ci sia un pò di confusione a riguardo.
La definizione rigorosa di funzione che ho letto in giro, e che preferisco, è la seguente:
"Si definisce funzione $f$ un insieme di coppie ordinate $(x,y)$ di oggetti in cui non ve ne siano mai due con lo stesso primo elemento". Quindi, stando a questa definizione ed a quanto si legge da wikipedia, per funzione SI INTENDE UN INSIEME DI ELEMENTI CHE GODE DI CERTE PROPRIETA'.
Innanzitutto mi rivolgo a voi matematici chiedendovi: siete d'accordo con questa definizione, cioè siete d'accordo sul fatto di chiamare funzione un insieme di coppie ordinate?
P.S: mi sto riferendo in particolare a quello che c'è scritto qui.
http://unina.stidue.net/Analisi%20Matem ... izione.pdf
La definizione rigorosa di funzione che ho letto in giro, e che preferisco, è la seguente:
"Si definisce funzione $f$ un insieme di coppie ordinate $(x,y)$ di oggetti in cui non ve ne siano mai due con lo stesso primo elemento". Quindi, stando a questa definizione ed a quanto si legge da wikipedia, per funzione SI INTENDE UN INSIEME DI ELEMENTI CHE GODE DI CERTE PROPRIETA'.
Innanzitutto mi rivolgo a voi matematici chiedendovi: siete d'accordo con questa definizione, cioè siete d'accordo sul fatto di chiamare funzione un insieme di coppie ordinate?
P.S: mi sto riferendo in particolare a quello che c'è scritto qui.
http://unina.stidue.net/Analisi%20Matem ... izione.pdf
Risposte
Visto che parli da tempo di relazioni, dovresti sapere che (formalmente) una funzione \(f\) tra due insiemi non vuoti \(X\) e \(Y\) è una particolare relazione tra \(X\) e \(Y\); per essere precisi è una relazione (i.e. un sottoinsieme di \(X\times Y\)) che gode della seguente proprietà:
\[
\forall (x_1,y_1),(x_2, y_2)\in f,\quad x_1=x_2 \ \Rightarrow \ y_1=y_2 \; .
\]
Questa definizione (seppure formalmente ineccepibile) ha due grosse pecche: 1 è totalmente inutile a chi non sappia nulla di Algebra Astratta e 2 non è applicabile in alcuni interessantissimi "casi concreti".
Mentre il punto 1 è evidente (se uno non ha mai sentito parlare di relazioni, la definizione di funzione non la può capire), il punto 2 rimane oscuro finché non si affronta l'Analisi Complessa...
Ad esempio, è comune, in Analisi Complessa, avere a che fare con "funzioni" che ad uno stesso punto assegnano più valori diversi: tali "funzioni" si chiamano funzioni multivoche o polidrome e si presentano necessariamente quando si elabora la teoria della variabile complessa (nel senso che esse non possono "essere evitate"), pur non essendo funzioni del tipo definito sopra.
Tanto per fare un esempio, il logaritmo e la radice sono funzioni polidrome nel campo complesso \(\mathbb{C}\).
Per ovviare a queste due pecche, si definisce di solito una funzione come una tripletta ordinata \((X,Y,f(x))\) costituita da due insiemi non vuoti \(X\) (il dominio) ed \(Y\) (il codominio) e da una legge di assegnazione \(x\mapsto f(x)\) che consente di assegnare ad \(x\in X\) un valore \(f(x)\in Y\) (nel caso usuale, o più valori nel caso polidromo).
Questa definizione più sbrigativa è più intuitiva della precedente e perciò è più usata da chi si sente soffocato dall'eccessiva rigidità degli oggetti con cui si ha a che fare nell'Algebra Astratta, come ad esempio alcuni Analisti (specialmente che fa PDE o CdV).
Infatti, al di là dell'approccio formale, il matematico che si occupa di problemi concreti non può perdere di vista il fatto che una funzione è la descrizione di un oggetto che ha un certo grado d'aderenza con la realtà.
Ad esempio una funzione \(u:\Omega \to \mathbb{R}\) di classe \(C(\overline{\Omega})\cap C^1(\Omega)\) (qui \(\Omega \subseteq \mathbb{R}^2\) è un aperto limitato, mettiamo pure connesso) che risolve il seguente problema di minimo:
\[
\min \left\{ \int_\Omega \sqrt{1+|\nabla u(x)|^2}\ \text{d} x,\ u=u_0 \text{ su } \partial \Omega\right\}
\]
ove \(u_0:\partial \Omega \to \mathbb{R}\) è una funzione continua assegnata (questo è il cosiddetto problema dell'area minima in forma non parametrica, o problema di Plateau) rappresenta la forma che assume una pellicola di acqua e sapone che si forma quando si trae dall'acqua e sapone un filo di ferro piegato in modo da seguire il grafico di \(u_0\).
Che in realtà \(u\) sia una relazione così e così, in questo contesto non serve a nulla (nel senso che è una informazione priva di senso rispetto al problema).
Quindi, come al solito, alcune definizioni sono appropriate in certi contesti, altre in altri... Dipende da cosa cerchi di far capire a chi ti ascolta/legge ovvero da ciò che stai studiando come ricercatore.
\[
\forall (x_1,y_1),(x_2, y_2)\in f,\quad x_1=x_2 \ \Rightarrow \ y_1=y_2 \; .
\]
Questa definizione (seppure formalmente ineccepibile) ha due grosse pecche: 1 è totalmente inutile a chi non sappia nulla di Algebra Astratta e 2 non è applicabile in alcuni interessantissimi "casi concreti".
Mentre il punto 1 è evidente (se uno non ha mai sentito parlare di relazioni, la definizione di funzione non la può capire), il punto 2 rimane oscuro finché non si affronta l'Analisi Complessa...
Ad esempio, è comune, in Analisi Complessa, avere a che fare con "funzioni" che ad uno stesso punto assegnano più valori diversi: tali "funzioni" si chiamano funzioni multivoche o polidrome e si presentano necessariamente quando si elabora la teoria della variabile complessa (nel senso che esse non possono "essere evitate"), pur non essendo funzioni del tipo definito sopra.
Tanto per fare un esempio, il logaritmo e la radice sono funzioni polidrome nel campo complesso \(\mathbb{C}\).
Per ovviare a queste due pecche, si definisce di solito una funzione come una tripletta ordinata \((X,Y,f(x))\) costituita da due insiemi non vuoti \(X\) (il dominio) ed \(Y\) (il codominio) e da una legge di assegnazione \(x\mapsto f(x)\) che consente di assegnare ad \(x\in X\) un valore \(f(x)\in Y\) (nel caso usuale, o più valori nel caso polidromo).
Questa definizione più sbrigativa è più intuitiva della precedente e perciò è più usata da chi si sente soffocato dall'eccessiva rigidità degli oggetti con cui si ha a che fare nell'Algebra Astratta, come ad esempio alcuni Analisti (specialmente che fa PDE o CdV).

Infatti, al di là dell'approccio formale, il matematico che si occupa di problemi concreti non può perdere di vista il fatto che una funzione è la descrizione di un oggetto che ha un certo grado d'aderenza con la realtà.
Ad esempio una funzione \(u:\Omega \to \mathbb{R}\) di classe \(C(\overline{\Omega})\cap C^1(\Omega)\) (qui \(\Omega \subseteq \mathbb{R}^2\) è un aperto limitato, mettiamo pure connesso) che risolve il seguente problema di minimo:
\[
\min \left\{ \int_\Omega \sqrt{1+|\nabla u(x)|^2}\ \text{d} x,\ u=u_0 \text{ su } \partial \Omega\right\}
\]
ove \(u_0:\partial \Omega \to \mathbb{R}\) è una funzione continua assegnata (questo è il cosiddetto problema dell'area minima in forma non parametrica, o problema di Plateau) rappresenta la forma che assume una pellicola di acqua e sapone che si forma quando si trae dall'acqua e sapone un filo di ferro piegato in modo da seguire il grafico di \(u_0\).
Che in realtà \(u\) sia una relazione così e così, in questo contesto non serve a nulla (nel senso che è una informazione priva di senso rispetto al problema).
Quindi, come al solito, alcune definizioni sono appropriate in certi contesti, altre in altri... Dipende da cosa cerchi di far capire a chi ti ascolta/legge ovvero da ciò che stai studiando come ricercatore.
Per definizione, dati due insiemi $X$ e $Y$, si dice funzione un sottoinsieme $f\subset X\times Y$ del loro prodotto cartesiano con la proprietà da te enunciata, cioè
\( (x,y)\in f\) e \((x,z)\in f \Longrightarrow y=z\).
Edit: nel frattempo ha risposto gugo.
\( (x,y)\in f\) e \((x,z)\in f \Longrightarrow y=z\).
Edit: nel frattempo ha risposto gugo.
"Rigel":
Per definizione, dati due insiemi $X$ e $Y$, si dice funzione un sottoinsieme $f\subset X\times Y$ del loro prodotto cartesiano con la proprietà da te enunciata, cioè
\( (x,y)\in f\) e \((x,z)\in f \Longrightarrow y=z\).
Edit: nel frattempo ha risposto gugo.
Quindi siamo d'accordo sul fatto che una funzione sia un insieme?
Salve lisdap,
ma certo, è una particolare relazione, questa a sua volta è sottoinsieme improprio di un prodotto cartesiano tra due insiemi.
Cordiali saluti
"lisdap":
Quindi siamo d'accordo sul fatto che una funzione sia un insieme?
ma certo, è una particolare relazione, questa a sua volta è sottoinsieme improprio di un prodotto cartesiano tra due insiemi.
Cordiali saluti
"garnak.olegovitc":
ma certo, è una particolare relazione, questa a sua volta è sottoinsieme improprio di un prodotto cartesiano tra due insiemi.
Cordiali saluti
Però il sottoinsieme è proprio.
Per inciso: la definizione di applicazione che a me piace è quella che vede un'applicazione tra due insiemi \(S\) e \(T\) come una coppia ordinata \(\left(S\times T, G\right)\) con \(G\subseteq S\times T\) tale da avere la proprietà espressa da gugo82 all'inizio del suo post.
Non mi piace quella che usa il concetto di terna ordinata perché per definire questo concetto occorre o fare ricorso alle definizioni per induzione che sfruttano una ben precisa applicazione sui naturali, oppure occorre fare ricorso alle applicazioni sulle famiglie indicizzate di elementi di un insieme: insomma in entrambi i casi ci si ritrova in un circolo vizioso. A meno, ovviamente, di definire la terna ordinata con la teoria assiomatica degli insiemi.
"garnak.olegovitc":
Salve lisdap,
[quote="lisdap"]
Quindi siamo d'accordo sul fatto che una funzione sia un insieme?
ma certo, è una particolare relazione, questa a sua volta è sottoinsieme improprio di un prodotto cartesiano tra due insiemi.
Cordiali saluti[/quote]
Ok, bene, fin qui ci siamo. Poi, il primo elemento della coppia è indicato con $x$ ed il secondo elemento con $y$; inoltre, siccome il secondo elemento della coppia si indica anche con il simbolo $f(x)$, possiamo scrivere, a proposito del secondo elemento della coppia, $y=f(x)$ giusto?
Ora, se quello che ho scritto finora è corretto, non capisco perchè spesso si indicano le funzioni con la scritta $f(x)$. Tale scritta, infatti, dovrebbe indicare i generici secondi elementi delle varie coppie ordinate e non tutta la funzione; tuttavia ho pensato che, se indico con $x$ il primo elemento della coppia e con $f(x)$ il secondo, indicando solo quest'ultimo resta automaticamente individuato anche il primo, cioè $x$ giusto?
La risposta all'ultimo punto interrogativo è: no. Se l'applicazione non è iniettiva, allora possono esserci più elementi del dominio ad avere come immagine un certo elemento del codominio.
"WiZaRd":
La risposta all'ultimo punto interrogativo è: no. Se l'applicazione non è iniettiva, allora possono esserci più elementi del dominio ad avere come immagine un certo elemento del codominio.
Si, hai ragione.
Allora perchè le funzioni si indicano anche con il simbolo $f(x)$ se questo rappresenta il secondo elemento della coppia?
Proprio perché rappresenta il secondo elemento della coppia: se pensi alle funzioni alla maniera degli Analisti, la funzione è legge di assegnazione che manda un elemento \(x\) di un certo dominio in un elemento \(y\) di un certo codominio che, essendo l'immagine tramite la funzione \(f\) di \(x\), è allora denotato con \(f\left(x\right)\); allora, con abuso di notazione, se io indico l'intera funzione con \(f\left(x\right)\) sto dicendo che ho una legge di assegnazione (\(f\)) che agisce su degli elementi (le variabili indipendenti \(x\)) dandomi degli altri elementi (le variabili dipendenti \(f\left(x\right)\)) a questi ultimi legati.
Per quanto mi riguarda, una funzione $f$ tra due insiemi non vuoti $X$,$Y$ è una relazione (cioè un sottoinsieme del prodotto cartesiano $X times Y$) che gode delle proprietà ovunque definita e funzionale.
La seconda proprietà è quella di Gugo; la prima, che mi pare nessuno abbia ancora citato, corrisponde a chiedere che per ogni $x \in X$ esista $y \in Y$ tale che $(x,y) \in f$.
Insomma, la classica $1/x$ non è una funzione da $RR$ in $RR$, ma è una funzione da $RR setminus {0}$ in $RR$.
La seconda proprietà è quella di Gugo; la prima, che mi pare nessuno abbia ancora citato, corrisponde a chiedere che per ogni $x \in X$ esista $y \in Y$ tale che $(x,y) \in f$.
Insomma, la classica $1/x$ non è una funzione da $RR$ in $RR$, ma è una funzione da $RR setminus {0}$ in $RR$.

salve WiZaRD,
Però il sottoinsieme è proprio.
[/quote]
perchè? (http://books.google.it/books?id=pLxq0my ... &q&f=false)
Cordiali saluti
"WiZaRd":
[quote="garnak.olegovitc"]
ma certo, è una particolare relazione, questa a sua volta è sottoinsieme improprio di un prodotto cartesiano tra due insiemi.
Cordiali saluti
Però il sottoinsieme è proprio.
[/quote]
perchè? (http://books.google.it/books?id=pLxq0my ... &q&f=false)
Cordiali saluti
@garnak.olegtovic
Dato un insieme \(S\), per me, i suoi sottoinsiemi impropri sono \(\varnothing\) e \(S\). Ecco perché dico che un'applicazione di un insieme \(S\) in un insieme \(T\) è una parte propria del loro prodotto cartesiano.
Anche il Jech da te citato concorda: ho la penultima edizione a portata di mano e a pag. 9 dice:
Dato un insieme \(S\), per me, i suoi sottoinsiemi impropri sono \(\varnothing\) e \(S\). Ecco perché dico che un'applicazione di un insieme \(S\) in un insieme \(T\) è una parte propria del loro prodotto cartesiano.
Anche il Jech da te citato concorda: ho la penultima edizione a portata di mano e a pag. 9 dice:
"T. Jech - Set Theory":
If \(U \subset X\) and \(U \neq X\) then \(U\) is a proper subset of \(X\).
Salve WiZaRd,
condivido, infatti la cosa sussiste solo nell'interpretazione della def.
Cordiali saluti
"WiZaRd":[/quote]
@garnak.olegtovic
Dato un insieme \(S\), per me, i suoi sottoinsiemi impropri sono \(\varnothing\) e \(S\). Ecco perché dico che un'applicazione di un insieme \(S\) in un insieme \(T\) è una parte propria del loro prodotto cartesiano.
Anche il Jech da te citato concorda: ho la penultima edizione a portata di mano e a pag. 9 dice:
[quote="T. Jech - Set Theory"]
If \(U \subset X\) and \(U \neq X\) then \(U\) is a proper subset of \(X\).
condivido, infatti la cosa sussiste solo nell'interpretazione della def.
Cordiali saluti
"WiZaRd":
Proprio perché rappresenta il secondo elemento della coppia: se pensi alle funzioni alla maniera degli Analisti, la funzione è legge di assegnazione che manda un elemento \(x\) di un certo dominio in un elemento \(y\) di un certo codominio che, essendo l'immagine tramite la funzione \(f\) di \(x\), è allora denotato con \(f\left(x\right)\); allora, con abuso di notazione, se io indico l'intera funzione con \(f\left(x\right)\) sto dicendo che ho una legge di assegnazione (\(f\)) che agisce su degli elementi (le variabili indipendenti \(x\)) dandomi degli altri elementi (le variabili dipendenti \(f\left(x\right)\)) a questi ultimi legati.
Quindi da quel che mi è sembrato di capire, ci sono due definizioni di funzione: una come insieme di particolari coppie ordinate, ed una come una "scatola nera" che trasforma un numero in un altro?
Tuttavia, la cosa mi sembra alquanto incoerente perchè un insieme è una cosa, una scatola nera un'altra e le due cose non mi sembrano uguali.
Alcuni definiscono una funzione come insieme, altri come una legge...
No.
La sola ed unica definizione di applicazione è quella per la quale dati due insiemi \(S\) e \(T\), un'applicazione di \(S\) in \(T\) è una relazione (o corrispondenza) tra \(S\) e \(T\) tale che per ogni \(x \in S\) esista uno ed un solo \(y \in S\) tale che la coppia ordinata \(\left(x,y\right)\) appartenga alla relazione.
Dopo possiamo discutere diverse cose, tra cui:
• se e quanto sia opportuno includere anche insiemi \(S\) e \(T\) eventualmente vuoti in questa definizione;
• se pensare a questa particolare relazione in un modo globale (cioè definire una corrispondenza come una coppia ordinata del tipo \(\left(S \times T, G\right)\) - o come una terna ordinata \(\left(S,T,G\right)\) ed andarci anche a porre il problema di come definire il concetto di terna ordinata -, chiamare \(G\) grafico ed imporre che la proprietà particolare di cui deve godere una corrispondenza per potersi chiamare applicazione, debba essere una proprietà del grafico e, quindi, dire che l'applicazione è una coppia ordinata \(\left(S \times T, G\right)\) - on una terna ordinata \(\left(S,T,G\right)\) - fatta in un certo modo) o in un modo individuale (e quindi definirla come il solo sottoinsieme \(G\) del prodotto cartesiano \(S \times T\));
• se dare nomi precisi alle singole proprietà di cui deve godere questa relazione (i nomi dati nella definizione proposta da Paolo90) o non darli;
• indicare un'applicazione con la sola lettera \(f\) o con \(f\left(x\right)\) e dove e quando dette notazioni introducono ambiguità o non le introducono;
e varie altre cose che, ad onor del vero, in questo momento non mi vengono in mente.
La definizione cara ai non algebristi (ovvero la legge o la regola che trasforma certi oggetti in certi altri oggetti) in verità non è una definizione: che cos'è una legge che trasforma degli oggetti in altri? È una regola di assegnazione. Bene: cos'è una regola di assegnazione? È una legge che associa elementi ad altri elementi. Bene: siamo tornati al punto di partenza. Dovremmo allora assumere che la legge di assegnazione sia un concetto primitivo, ma nella Teoria degli Insiemi si chiede che sia solo il concetto di insieme ad essere un concetto primitivo.
Tuttavia il concetto astratto di applicazione ed il concetto pratico di applicazione hanno una forte affinità: se è vero che in astratto non esiste alcuna legge di assegnazione e che, in virtù di questo fatto, le coppie ordinate che costituiscono (il grafico di) un'applicazione possono, a rigor di logica, essere anche prese ad minchiam (nell'ambito del rispetto delle più volte citate proprietà di totale definizione e di funzionalità - Paolo90), in pratica accadono due cose molto interessanti:
• l'applicazione stessa, nella sua astrazione, definisce quella che nella pratica chiamiamo legge di assegnazione, giacché andando a guardare le coppie ordinate (del grafico) di un'applicazione posso allora prendere queste stesse coppie ordinate come regola di associazione;
• nelle applicazioni non si alcun interesse a studiare delle applicazioni ad minchiam, ma si ha interesse a studiare applicazioni in cui tra la prima e la seconda coordinata di ciascuna coppia ordinata esiste una qualche connessione di tipo matematico, esprimibile attraverso un predicato aperto \(p(x,y)\), eventualmente riconducibile ad una espressione matematica, che viene dunque ad essere la nostra legge di assegnazione.
La sola ed unica definizione di applicazione è quella per la quale dati due insiemi \(S\) e \(T\), un'applicazione di \(S\) in \(T\) è una relazione (o corrispondenza) tra \(S\) e \(T\) tale che per ogni \(x \in S\) esista uno ed un solo \(y \in S\) tale che la coppia ordinata \(\left(x,y\right)\) appartenga alla relazione.
Dopo possiamo discutere diverse cose, tra cui:
• se e quanto sia opportuno includere anche insiemi \(S\) e \(T\) eventualmente vuoti in questa definizione;
• se pensare a questa particolare relazione in un modo globale (cioè definire una corrispondenza come una coppia ordinata del tipo \(\left(S \times T, G\right)\) - o come una terna ordinata \(\left(S,T,G\right)\) ed andarci anche a porre il problema di come definire il concetto di terna ordinata -, chiamare \(G\) grafico ed imporre che la proprietà particolare di cui deve godere una corrispondenza per potersi chiamare applicazione, debba essere una proprietà del grafico e, quindi, dire che l'applicazione è una coppia ordinata \(\left(S \times T, G\right)\) - on una terna ordinata \(\left(S,T,G\right)\) - fatta in un certo modo) o in un modo individuale (e quindi definirla come il solo sottoinsieme \(G\) del prodotto cartesiano \(S \times T\));
• se dare nomi precisi alle singole proprietà di cui deve godere questa relazione (i nomi dati nella definizione proposta da Paolo90) o non darli;
• indicare un'applicazione con la sola lettera \(f\) o con \(f\left(x\right)\) e dove e quando dette notazioni introducono ambiguità o non le introducono;
e varie altre cose che, ad onor del vero, in questo momento non mi vengono in mente.
La definizione cara ai non algebristi (ovvero la legge o la regola che trasforma certi oggetti in certi altri oggetti) in verità non è una definizione: che cos'è una legge che trasforma degli oggetti in altri? È una regola di assegnazione. Bene: cos'è una regola di assegnazione? È una legge che associa elementi ad altri elementi. Bene: siamo tornati al punto di partenza. Dovremmo allora assumere che la legge di assegnazione sia un concetto primitivo, ma nella Teoria degli Insiemi si chiede che sia solo il concetto di insieme ad essere un concetto primitivo.
Tuttavia il concetto astratto di applicazione ed il concetto pratico di applicazione hanno una forte affinità: se è vero che in astratto non esiste alcuna legge di assegnazione e che, in virtù di questo fatto, le coppie ordinate che costituiscono (il grafico di) un'applicazione possono, a rigor di logica, essere anche prese ad minchiam (nell'ambito del rispetto delle più volte citate proprietà di totale definizione e di funzionalità - Paolo90), in pratica accadono due cose molto interessanti:
• l'applicazione stessa, nella sua astrazione, definisce quella che nella pratica chiamiamo legge di assegnazione, giacché andando a guardare le coppie ordinate (del grafico) di un'applicazione posso allora prendere queste stesse coppie ordinate come regola di associazione;
• nelle applicazioni non si alcun interesse a studiare delle applicazioni ad minchiam, ma si ha interesse a studiare applicazioni in cui tra la prima e la seconda coordinata di ciascuna coppia ordinata esiste una qualche connessione di tipo matematico, esprimibile attraverso un predicato aperto \(p(x,y)\), eventualmente riconducibile ad una espressione matematica, che viene dunque ad essere la nostra legge di assegnazione.
Lisdap, tutto in matematica è un insieme. Le relazioni sono insiemi, le funzioni sono insiemi, le operazioni sono insiemi, i numeri sono insiemi, e così via.
Ma quando si usa una cosa ci si dimentica che cos'è.
Per lo stesso motivo uno che si chiama Mario Gregorio Alfonso Quarto Senior io lo chiamo semplicemente Mario. So che il suo nome è molto più complicato di come lo chiamo io, ma sono sicuro che se gli dico "Mario" lui si gira, e questo mi basta. Sarebbe inverosimile che il fratello di questo Mario venisse a rimproverarmi perché per chiamarlo non ho usato il suo nome proprio dall'inizio alla fine.
Se ci si riferisse ogni volta alle funzioni usando il formalismo corretto la matematica diventerebbe illeggibile. Una volta che sappiamo cosa sono gli oggetti, per richiamarli è sufficiente usare una convenzione di scrittura possibilmente condivisa.
In altre parole quando si dice che una funzione è una "legge" è per non dover dire con la massima esattezza la definizione formale di funzione, e fermarsi all'idea intuitiva. Questo potrà forse apparirti blasfemo, ma ti assicuro che a chi inizia a studiare matematica è molto più formativo e didatticamente valido dare l'idea intuitiva. O meglio, magari si può accennare al fatto che esiste una definizione formale, ma è meglio suggerire caldamente allo studente di fermarsi all'idea intuitiva, all'inizio. Questo è quello che è stato sempre fatto per esempio coi numeri: per molto tempo non esistevano definizioni soddisfacenti dei numeri, eppure le persone li usavano correttamente. In matematica tipicamente i processi avvengono per generalizzazione successiva, ed è quindi sbagliato tentare di generalizzare tutto subito.
Poi, non è proprio vero che tutto in matematica è un insieme, per esempio la "famiglia" di tutti gli insiemi non è un insieme, ok, ma vorrei evitare almeno per ora le sottigliezze fondazionali.
Ma quando si usa una cosa ci si dimentica che cos'è.
Per lo stesso motivo uno che si chiama Mario Gregorio Alfonso Quarto Senior io lo chiamo semplicemente Mario. So che il suo nome è molto più complicato di come lo chiamo io, ma sono sicuro che se gli dico "Mario" lui si gira, e questo mi basta. Sarebbe inverosimile che il fratello di questo Mario venisse a rimproverarmi perché per chiamarlo non ho usato il suo nome proprio dall'inizio alla fine.
Se ci si riferisse ogni volta alle funzioni usando il formalismo corretto la matematica diventerebbe illeggibile. Una volta che sappiamo cosa sono gli oggetti, per richiamarli è sufficiente usare una convenzione di scrittura possibilmente condivisa.
In altre parole quando si dice che una funzione è una "legge" è per non dover dire con la massima esattezza la definizione formale di funzione, e fermarsi all'idea intuitiva. Questo potrà forse apparirti blasfemo, ma ti assicuro che a chi inizia a studiare matematica è molto più formativo e didatticamente valido dare l'idea intuitiva. O meglio, magari si può accennare al fatto che esiste una definizione formale, ma è meglio suggerire caldamente allo studente di fermarsi all'idea intuitiva, all'inizio. Questo è quello che è stato sempre fatto per esempio coi numeri: per molto tempo non esistevano definizioni soddisfacenti dei numeri, eppure le persone li usavano correttamente. In matematica tipicamente i processi avvengono per generalizzazione successiva, ed è quindi sbagliato tentare di generalizzare tutto subito.
Poi, non è proprio vero che tutto in matematica è un insieme, per esempio la "famiglia" di tutti gli insiemi non è un insieme, ok, ma vorrei evitare almeno per ora le sottigliezze fondazionali.
Mah, secondo me questa definizione, così come il simbolismo, va rivisto in quanto è troppo confusionario..
Quale definizione? Quella operativa o quella astratta?
Ad ogni modo la vedo difficile: sono secoli che si usano queste definizioni e queste notazioni.
Ad ogni modo la vedo difficile: sono secoli che si usano queste definizioni e queste notazioni.
http://en.wikipedia.org/wiki/Function_(mathematics)#Development_of_the_set-theoretic_definition_of_.22function.22
http://en.wikipedia.org/wiki/Function_(mathematics)#Since_1950
http://en.wikipedia.org/wiki/Function_(mathematics)#Since_1950
Allora, innanzitutto ringrazio garnak.olegovitc che ha postato quell'articolo tratto da wikipedia inglese e che è stato molto interessante.
Allora, da quest'articolo si legge che una precisa definizione di funzione, che peraltro è stata già citata qui sul forum, è:
"Una definizione precisa di funzione è quella di una terna ordinata $(X,Y,f)$, dove $X$ è il dominio, $Y$ il codominio ed $f$ (wikipedia italiano considera l'insieme $f$ come funzione) è un insieme di coppie ordinate $(x,y)$. In ognuna delle coppie ordinate $(x,y)$ il primo elemento proviene dal dominio, il secondo dal codominio, ed una condizione necessaria affinchè la terna $(X,Y,Z)$ sia una funzione è che, prese due qualsiasi coppie ordinate tali che i loro secondi elementi sono diversi, anche i primi dovranno esserlo."
Bene, fin qui va tutto bene e non ho nulla da dire, in quanto tale definizione mi sembra davvero ben fatta e completa.
Inoltre, presa una qualsiasi coppia ordinata appartenente all'insieme $F$, il secondo elemento della coppia, che chiamiamo $y$ è detto "immagine del primo elemento", che chiamiamo $x$; similmente, il primo elemento $x$ della coppia che ha per immagine l'elemento $y$ è detto sua controimmagine.
Poi, da wikipedia italiano il discorso prosegue dicendo che il secondo elemento della generica coppia $(x,y) in f$ si denota tradizionalmente con il simbolo $f(x)$ e dunque si può scrivere $y=f(x)$: questo modo di dire risulta utile, in quanto, anzichè dire che la coppia $(2,3) in f$ posso semplicemente dire $3=f(2)$.
Tutto bene. A questo punto mi ricollego a quanto detto molte volte da Wizard, e cioè al fatto che, basandoci esclusivamente su queste definizioni, per creare una funzione non ho bisogno di una proposizione aperta, in quanto posso benissimo definire da me un insieme di coppie ordinate che soddisfano le definizioni date sopra. Per esempio, potrei benissimo definire la funzione $({2,3},{5,6},{(2,5),(3,6)})$, anche senza "appoggiarmi" a nessuna proposizione aperta. D'altro canto, però, nulla mi vieta di definire una funzione non elencando "ad minchiam" le coppie dell'insieme $f$, ma per esempio, prendendo esclusivamente le coppie che soddisfano una certa proposizione aperta, per esempio un'equazione matematica ($y=3+5x$, oppure $z=3x+7^y$ ecc...). Naturalmente, dal punto di vista pratico, come già sottolineato da Wizard, sono interessanti solo quelle funzioni definite da certe proposizioni aperte, e non "ad minchiam".
Quindi, ricapitolando, da quello che ci siamo detti LA DEFINIZIONE RIGOROSA DI FUNZIONE è quella di tripletta ordinata $(X,Y,f)$, dove l'insieme $X$ è detto di definizione, $Y$ è il codominio ed $f$ è un insieme di coppie ordinate, dove il primo elemento della coppia proviene da $X$ ed il secondo da $Y$.
Enuncio ora la definizione formale data da wikipedia in italiano, che è sostanzialmente uguale a quella sopra:
"Dati gli insiemi $X$ ed $Y$ non vuoti, si chiama funzione (o applicazione, o mappa, o trasformazione) da $X$ in $Y$ un sottoinsieme $f$ del prodotto cartesiano $X x Y$ tale che per ogni $x in X$, esiste uno ed un solo elemento $y in Y$ tale che $(x,y) in f$.
Il fatto che $f$ è una funzione da $X$ ad $Y$ si indica con il simbolo $X->Y$ mentre, presa la coppia ordinata $(x,y) in f$ si dice che $x->y$ o anche, essendo $y=f(x)$, che $x->f(x)$.
Sostanzialmente ciò coincide con quello detto prima.
Ora, dai vari testi che ho a disposizione, il concetto di funzione viene liquidato con due righe da questa definizione:
"Dati due insiemi $A$ e $B$, una funzione $f$ di dominio $A$ a valori in $B$ è una qualsiasi legge che ad ogni elemento di $A$ associa uno e un solo elemento di $B$.
Scriveremo: $f: A->B$. La scrittura $f:x->f(x)$ indica come la funzione $f$ agisce sugli elementi. Il pagani-salsa-bramanti aggiunge poi che il simbolo $f(x)$ indica il valore che la funzione $f$ associa ad $x$, E NON VA CONFUSO COL SIMBOLO $f$, che denota la funzione stessa." Nonostante ciò, gli stessi autori indicano la funzione con $f(x)$.
Ora, appare evidente come tale definizione lasci spazio ad un sacco di dubbi, almeno per me:
1) quale sarebbe questa "legge" che compare in tale definizione? E' l'equazione di cui ho parlato nella definizione rigorosa o altro?
2) riferendomi alla definizione rigorosa, considero la funzione $({2,3},{5,6},{(2,5),(3,6)})$. Quale sarebbe la legge di cui parla la seconda definizione? A me sinceramente sembra un fantasma...;
Grazie mille per la collaborazione a questo post:-)
Allora, da quest'articolo si legge che una precisa definizione di funzione, che peraltro è stata già citata qui sul forum, è:
"Una definizione precisa di funzione è quella di una terna ordinata $(X,Y,f)$, dove $X$ è il dominio, $Y$ il codominio ed $f$ (wikipedia italiano considera l'insieme $f$ come funzione) è un insieme di coppie ordinate $(x,y)$. In ognuna delle coppie ordinate $(x,y)$ il primo elemento proviene dal dominio, il secondo dal codominio, ed una condizione necessaria affinchè la terna $(X,Y,Z)$ sia una funzione è che, prese due qualsiasi coppie ordinate tali che i loro secondi elementi sono diversi, anche i primi dovranno esserlo."
Bene, fin qui va tutto bene e non ho nulla da dire, in quanto tale definizione mi sembra davvero ben fatta e completa.
Inoltre, presa una qualsiasi coppia ordinata appartenente all'insieme $F$, il secondo elemento della coppia, che chiamiamo $y$ è detto "immagine del primo elemento", che chiamiamo $x$; similmente, il primo elemento $x$ della coppia che ha per immagine l'elemento $y$ è detto sua controimmagine.
Poi, da wikipedia italiano il discorso prosegue dicendo che il secondo elemento della generica coppia $(x,y) in f$ si denota tradizionalmente con il simbolo $f(x)$ e dunque si può scrivere $y=f(x)$: questo modo di dire risulta utile, in quanto, anzichè dire che la coppia $(2,3) in f$ posso semplicemente dire $3=f(2)$.
Tutto bene. A questo punto mi ricollego a quanto detto molte volte da Wizard, e cioè al fatto che, basandoci esclusivamente su queste definizioni, per creare una funzione non ho bisogno di una proposizione aperta, in quanto posso benissimo definire da me un insieme di coppie ordinate che soddisfano le definizioni date sopra. Per esempio, potrei benissimo definire la funzione $({2,3},{5,6},{(2,5),(3,6)})$, anche senza "appoggiarmi" a nessuna proposizione aperta. D'altro canto, però, nulla mi vieta di definire una funzione non elencando "ad minchiam" le coppie dell'insieme $f$, ma per esempio, prendendo esclusivamente le coppie che soddisfano una certa proposizione aperta, per esempio un'equazione matematica ($y=3+5x$, oppure $z=3x+7^y$ ecc...). Naturalmente, dal punto di vista pratico, come già sottolineato da Wizard, sono interessanti solo quelle funzioni definite da certe proposizioni aperte, e non "ad minchiam".
Quindi, ricapitolando, da quello che ci siamo detti LA DEFINIZIONE RIGOROSA DI FUNZIONE è quella di tripletta ordinata $(X,Y,f)$, dove l'insieme $X$ è detto di definizione, $Y$ è il codominio ed $f$ è un insieme di coppie ordinate, dove il primo elemento della coppia proviene da $X$ ed il secondo da $Y$.
Enuncio ora la definizione formale data da wikipedia in italiano, che è sostanzialmente uguale a quella sopra:
"Dati gli insiemi $X$ ed $Y$ non vuoti, si chiama funzione (o applicazione, o mappa, o trasformazione) da $X$ in $Y$ un sottoinsieme $f$ del prodotto cartesiano $X x Y$ tale che per ogni $x in X$, esiste uno ed un solo elemento $y in Y$ tale che $(x,y) in f$.
Il fatto che $f$ è una funzione da $X$ ad $Y$ si indica con il simbolo $X->Y$ mentre, presa la coppia ordinata $(x,y) in f$ si dice che $x->y$ o anche, essendo $y=f(x)$, che $x->f(x)$.
Sostanzialmente ciò coincide con quello detto prima.
Ora, dai vari testi che ho a disposizione, il concetto di funzione viene liquidato con due righe da questa definizione:
"Dati due insiemi $A$ e $B$, una funzione $f$ di dominio $A$ a valori in $B$ è una qualsiasi legge che ad ogni elemento di $A$ associa uno e un solo elemento di $B$.
Scriveremo: $f: A->B$. La scrittura $f:x->f(x)$ indica come la funzione $f$ agisce sugli elementi. Il pagani-salsa-bramanti aggiunge poi che il simbolo $f(x)$ indica il valore che la funzione $f$ associa ad $x$, E NON VA CONFUSO COL SIMBOLO $f$, che denota la funzione stessa." Nonostante ciò, gli stessi autori indicano la funzione con $f(x)$.
Ora, appare evidente come tale definizione lasci spazio ad un sacco di dubbi, almeno per me:
1) quale sarebbe questa "legge" che compare in tale definizione? E' l'equazione di cui ho parlato nella definizione rigorosa o altro?
2) riferendomi alla definizione rigorosa, considero la funzione $({2,3},{5,6},{(2,5),(3,6)})$. Quale sarebbe la legge di cui parla la seconda definizione? A me sinceramente sembra un fantasma...;
Grazie mille per la collaborazione a questo post:-)