Come si indica una funzione e sua definizione

Sk_Anonymous
Salve, volevo discutere non tanto del concetto di funzione, quanto piuttosto del modo con il quale si è soliti indicare una funzione, in quanto ho l'impressione che ci sia un pò di confusione a riguardo.
La definizione rigorosa di funzione che ho letto in giro, e che preferisco, è la seguente:
"Si definisce funzione $f$ un insieme di coppie ordinate $(x,y)$ di oggetti in cui non ve ne siano mai due con lo stesso primo elemento". Quindi, stando a questa definizione ed a quanto si legge da wikipedia, per funzione SI INTENDE UN INSIEME DI ELEMENTI CHE GODE DI CERTE PROPRIETA'.
Innanzitutto mi rivolgo a voi matematici chiedendovi: siete d'accordo con questa definizione, cioè siete d'accordo sul fatto di chiamare funzione un insieme di coppie ordinate?

P.S: mi sto riferendo in particolare a quello che c'è scritto qui.
http://unina.stidue.net/Analisi%20Matem ... izione.pdf

Risposte
gugo82
"lisdap":
Mah, secondo me questa definizione, così come il simbolismo, va rivisto in quanto è troppo confusionario..

Opinione maturata dopo anni di studio di Teoria degli Insiemi, suppongo...

Ti prego, non addentrarti in queste cose, non hai ancora gli strumenti per farlo.

"lisdap":
Quindi, ricapitolando, da quello che ci siamo detti LA DEFINIZIONE RIGOROSA DI FUNZIONE è quella di tripletta ordinata $(X,Y,f)$, dove l'insieme $X$ è detto di definizione, $Y$ è il codominio ed $f$ è un insieme di coppie ordinate, dove il primo elemento della coppia proviene da $X$ ed il secondo da $Y$.

No, questa non è una definizione rigorosa.
Piuttosto, è una definizione utile.

"lisdap":
Enuncio ora la definizione formale data da wikipedia in italiano, che è sostanzialmente uguale a quella sopra:
"Dati gli insiemi $X$ ed $Y$ non vuoti, si chiama funzione (o applicazione, o mappa, o trasformazione) da $X$ in $Y$ un sottoinsieme $f$ del prodotto cartesiano $X x Y$ tale che per ogni $x in X$, esiste uno ed un solo elemento $y in Y$ tale che $(x,y) in f$.
Il fatto che $f$ è una funzione da $X$ ad $Y$ si indica con il simbolo $X->Y$ mentre, presa la coppia ordinata $(x,y) in f$ si dice che $x->y$ o anche, essendo $y=f(x)$, che $x->f(x)$.
Sostanzialmente ciò coincide con quello detto prima.

Ora, dai vari testi che ho a disposizione, il concetto di funzione viene liquidato con due righe da questa definizione:
"Dati due insiemi $A$ e $B$, una funzione $f$ di dominio $A$ a valori in $B$ è una qualsiasi legge che ad ogni elemento di $A$ associa uno e un solo elemento di $B$.
Scriveremo: $f: A->B$. La scrittura $f:x->f(x)$ indica come la funzione $f$ agisce sugli elementi. Il pagani-salsa-bramanti aggiunge poi che il simbolo $f(x)$ indica il valore che la funzione $f$ associa ad $x$, E NON VA CONFUSO COL SIMBOLO $f$, che denota la funzione stessa." Nonostante ciò, gli stessi autori indicano la funzione con $f(x)$.
Ora. appare evidente come tale definizione lascia un sacco di dubbi:
1) quale sarebbe questa "legge" che compare in tale definizione? E' l'equazione di cui ho parlato nella definizione rigorosa o altro?
2) riferendomi alla definizione rigorosa, considero la funzione $({2,3},{5,6},{(2,5),(3,6)})$. Quale sarebbe la legge di cui parla la seconda definizione? A me sinceramente sembra un fantasma...;
Grazie mille per la collaborazione a questo post:-)

Quella della domanda 2 non è una funzione.

Per il resto, l'uso di \(f(x)\) per denotare la funzione \(f\) è abbastanza diffuso (anche se non corretto); quel simbolo serve a mettere in evidenza il nome della variabile da cui \(f\) dipende.
Ad esempio, se uno vuole dire che "la funzione di due variabili \((x,y)\) dipende in realtà dalla sola prima variabile \(x\)" può usare la scrittura sintetica \(f(x,y)=\phi(x)\).

Come al solito, ci sono contesti in cui la correttezza formale può (e deve) cedere il passo alla comodità della notazione ed alla semplicità nell'espressione dei concetti.

Sk_Anonymous
"gugo82":
[quote="lisdap"]Mah, secondo me questa definizione, così come il simbolismo, va rivisto in quanto è troppo confusionario..

Opinione maturata dopo anni di studio di Teoria degli Insiemi, suppongo...

Ti prego, non addentrarti in queste cose, non hai ancora gli strumenti per farlo.

"lisdap":
Quindi, ricapitolando, da quello che ci siamo detti LA DEFINIZIONE RIGOROSA DI FUNZIONE è quella di tripletta ordinata $(X,Y,f)$, dove l'insieme $X$ è detto di definizione, $Y$ è il codominio ed $f$ è un insieme di coppie ordinate, dove il primo elemento della coppia proviene da $X$ ed il secondo da $Y$.

No, questa non è una definizione rigorosa.
Piuttosto, è una definizione utile.

"lisdap":
Enuncio ora la definizione formale data da wikipedia in italiano, che è sostanzialmente uguale a quella sopra:
"Dati gli insiemi $X$ ed $Y$ non vuoti, si chiama funzione (o applicazione, o mappa, o trasformazione) da $X$ in $Y$ un sottoinsieme $f$ del prodotto cartesiano $X x Y$ tale che per ogni $x in X$, esiste uno ed un solo elemento $y in Y$ tale che $(x,y) in f$.
Il fatto che $f$ è una funzione da $X$ ad $Y$ si indica con il simbolo $X->Y$ mentre, presa la coppia ordinata $(x,y) in f$ si dice che $x->y$ o anche, essendo $y=f(x)$, che $x->f(x)$.
Sostanzialmente ciò coincide con quello detto prima.

Ora, dai vari testi che ho a disposizione, il concetto di funzione viene liquidato con due righe da questa definizione:
"Dati due insiemi $A$ e $B$, una funzione $f$ di dominio $A$ a valori in $B$ è una qualsiasi legge che ad ogni elemento di $A$ associa uno e un solo elemento di $B$.
Scriveremo: $f: A->B$. La scrittura $f:x->f(x)$ indica come la funzione $f$ agisce sugli elementi. Il pagani-salsa-bramanti aggiunge poi che il simbolo $f(x)$ indica il valore che la funzione $f$ associa ad $x$, E NON VA CONFUSO COL SIMBOLO $f$, che denota la funzione stessa." Nonostante ciò, gli stessi autori indicano la funzione con $f(x)$.
Ora. appare evidente come tale definizione lascia un sacco di dubbi:
1) quale sarebbe questa "legge" che compare in tale definizione? E' l'equazione di cui ho parlato nella definizione rigorosa o altro?
2) riferendomi alla definizione rigorosa, considero la funzione $({2,3},{5,6},{(2,5),(3,6)})$. Quale sarebbe la legge di cui parla la seconda definizione? A me sinceramente sembra un fantasma...;
Grazie mille per la collaborazione a questo post:-)

Quella della domanda 2 non è una funzione.

Per il resto, l'uso di \(f(x)\) per denotare la funzione \(f\) è abbastanza diffuso (anche se non corretto); quel simbolo serve a mettere in evidenza il nome della variabile da cui \(f\) dipende.
Ad esempio, se uno vuole dire che "la funzione di due variabili \((x,y)\) dipende in realtà dalla sola prima variabile \(x\)" può usare la scrittura sintetica \(f(x,y)=\phi(x)\).

Come al solito, ci sono contesti in cui la correttezza formale può (e deve) cedere il passo alla comodità della notazione ed alla semplicità nell'espressione dei concetti.[/quote]

Riporto innanzitutto dei passi tratti da wikipedia in inglese.
1) A common way to define a function is as the triple (domain, codomain, graph), that is as the input set, the possible outputs and the mapping for each input to its output;
2) One precise definition of a function is an ordered triple of sets, written (X, Y, F), where X is the domain, Y is the codomain, and F is a set of ordered pairs (a, b). In each of the ordered pairs, the first element a is from the domain, the second element b is from the codomain, and a necessary condition is that every element in the domain is the first element in exactly one ordered pair.

Gugo, stando alla definizione di funzione come tripletta ordinata non capisco perchè quella che ho scritto non è una funzione allora.

gugo82
@lidsdap: Semplicemente non avevo visto le parentesi al posto giusto... Avevo letto \(\{ (2,3), (5,6), (2,5), (3,6)\}\) e pensavo fosse una relazione (che non è una funzione, perché ci sono due coppie ordinate con prima coordinata \(2\)).
Scusa per l'incomprensione. :wink:

Sk_Anonymous
"gugo82":
@lidsdap: Semplicemente non avevo visto le parentesi al posto giusto... Avevo letto \(\{ (2,3), (5,6), (2,5), (3,6)\}\) e pensavo fosse una relazione (che non è una funzione, perché ci sono due coppie ordinate con prima coordinata \(2\)).
Scusa per l'incomprensione. :wink:

Ok :-)

G.D.5
Veramente il definire un'applicazione come una terna non è una cosa molto precisa perché c'è il problema di definire una terna.

Sk_Anonymous
"WiZaRd":

• nelle applicazioni non si alcun interesse a studiare delle applicazioni ad minchiam, ma si ha interesse a studiare applicazioni in cui tra la prima e la seconda coordinata di ciascuna coppia ordinata esiste una qualche connessione di tipo matematico, esprimibile attraverso un predicato aperto \(p(x,y)\), eventualmente riconducibile ad una espressione matematica, che viene dunque ad essere la nostra legge di assegnazione.

Quindi, diciamo che ci sono due modi per definire il concetto di funzione:
1) Modo rigoroso: una funzione è un sottoinsieme $f$ del prodotto cartesiano ecc...
Notiamo che non è richiesta l'esistenza di una proposizione aperta $p(x,y)$ che mi permette di stabilire quali coppie appartengono a $f$, tant'è che io posso mettere nell'insieme $f$ coppie assolutamente arbitrarie, ma che ovviamente rispettino certe condizioni;
2) Definizione poco rigorosa. Tale definizione è quella secondo la quale una funzione (che è sempre un sottoinsieme di coppie ordinate) è definita da tre oggetti matematici:
un dominio, un codominio e una "legge che associa ad ogni elemento del dominio uno ed un solo elemento del codominio" (e che quindi mi permette di stabilire quali coppie ordinate appartengono al sottoinsieme che ho chiamato funzione).
Notiamo dunque che, qualora non esista tale legge (legge che sarebbe la famosa "scatola nera"), appellandomi solo alla definizione 2) non ha senso parlare di funzione.

La legge di cui si parla nella definizione 2) è un'equazione matematica giusto?

Dunque, ricapitolando, l'unica differenza tra le due definizioni è che nella prima non si richiede che esista necessariamente tale legge, mentre nella seconda il concetto di funzione "vive" grazie all'esistenza di tale legge: qualora quest'ultima manchi, non avrebbe senso parlare di funzione.

Detto questo faccio un'altra domanda: quando si parla di funzioni, è sbagliato dire: "considero la funzione $y=4x$, infatti questa è solo la legge che mi permette di definire la funzione, MA NON E' LA FUNZIONE giusto?

P.S: faccio una piccola aggiunta, in base a quanto detto in giro nel post. Siccome, sulla base della definizione 2) ( quindi nelle scienze applicate), si deduce che ha senso parlare di funzione solo se è ben specificata la legge di assegnazione (l'equazione matematica), possiamo lecitamente "confondere" la funzione vera e propria, cioè il sottoinsieme del prodotto cartesiano, con la legge che la definisce. Quindi, sulla base di queste considerazioni, è corretto dire: "considero la funzione $y=7^x$, così come è corretto dare la definizione
3) "Dati due insiemi $A$, $B$ qualsiasi, una funzione $f$ di dominio $A$ a valori in $B$ (o anche "di codominio $B$") è una qualsiasi legge che ad ogni elemento di $A$ associa uno e un solo elemento di $B$.
Siamo d'accordo?

Grazie.

G.D.5
Premessa: questo mio intervento non vuole assolutamente essere una "lavata di capo". Non ho né l'autorità, né l'esperienza né le conoscenze per farlo.

Ho seguito gran parte dei tuoi topic e devo dire che rilevo sempre lo stesso errore: mosso dall'ansia di avere a disposizione degli strumenti matematici definiti in modo rigoroso, ti addentri nel non facile campo dei fondamenti senza avere una conoscenza di base che ti permetta di capire il perché ed il come nasca il problema dei fondamenti, arrivando al risultato ultimo di non servirti dei fondamenti della Matematica per strutturare rigorosamente lo stesso edificio matematico quanto, piuttosto, arrivando al punto di costruire l'edificio matematico utilizzando lo stile e gli schemi che vengono usati per indagare dal di fuori il mondo matematico stesso nell'ambito del problema dei fondamenti.

Cerco di essere più chiaro.

La Teoria degli Insiemi può essere attaccata in due modi:
• il primo modo prevede di attaccarla da un punto di vista strettamente logico inserendola come una teoria da sviluppare con una teoria logica complessa e completa rendendola di fatto una teoria logica sulla base della quale edificare in un linguaggio unitario l'intera Matematica;
• il secondo prevede di attaccarla da un punto di vista matematico servendosi della logica formale per formalizzare questa teoria di modo da renderla coerente, non contraddittoria e poterla quindi utilizzare per costruire una Matematica che si fondi interamente su un unico concetto: quello di insieme.

Tu usi i metodi del primo per portare avanti il secondo. Mi spiego.

Quando parli delle applicazioni poni il problema della proposizione aperta \(p\left( x,y \right)\) chiedendo se debba o meno esistere a priori per selezionare le coppie ordinate; quando parlavamo della relazione d'ordine facevi la stessa cosa. Tu parti dalla logica per fare la Matematica; vuoi fare la Matematica usando come strumento fondazionale la logica, non la Teoria degli Insiemi; quando hai da attaccare un problema di Teoria degli Insiemi parti col chiederti se esista o debba esistere una certa proposizione aperta che ti permetta di fare una certa cosa. Quello che tu fai è, per certi aspetti, una Meta-Matematica: attenzione, non sto dicendo che fai Met-Matematica, la Meta-Matematica esiste, è una cosa seria e complicata, molto complicata, tu fai una specie di Meta-Matematica.

La Matematica, anche nell'analisi dei Fondamenti, usa la logica, non sviluppa sé stessa all'interno della logica. Tu ti ostini a porre come principio di tutto l'esistenza di una certa proposizione aperta: le corrispondenze per te sono proposizioni aperte, le applicazioni sono proposizioni aperte, gli ordini portano a delle proposizioni aperte... Io mi chiedo: perché?

Vogliamo fare una Matematica con le proposizioni aperte? Bene. Allora stabiliamo un alfabeto, dei simboli logici, dei simboli funzionali, dei simboli per variabili, delle regole di inferenza, delle regole di formazione, degli schemi di separazione e tutto il seguito, quindi partiamo in quarta per costruire questa Matematica.

Staccati dalla necessità che debba esserci una proposizione aperta scritta in una qualche specie di linguaggio naturale che ti permetta di costruire gli insiemi, le relazioni, le applicazioni, gli ordini...

Tornando nel merito delle ultime domande: la legge di assegnazione non deve essere per forza una equazione matematica. Dati \(S=\{a,b,c\}\) e \(T=\{1,2,3\}\) la parte \(f=\{\left(a,1\right),\left(b,2\right),\left(c,3\right)\}\) di \(S \times T\) è a tutti gli effetti un'applicazione di \(S\) in \(T\) e non c'è alcuna equazione matematica che leghi gli elementi di \(S\) a quelli di \(T\). Tu mi parli di scienze applicate ed io penso all'analisi statistica di determinati fenomeni: tu credi che chi si occupa di questo abbia a propri un'equazione matematica? E la domanda la faccio perché tu dici che si deduce che ha senso parlare di funzione solo se è ben specificata la legge di assegnazione (l'equazione matematica): se questa tua affermazione fosse corretta allora o non dovremmo parlare di funzioni in statistica oppure dovremmo convenire che l'analisi statistica è tutta una pagliacciata tanto l'equazione l'abbiamo già prima.

Sk_Anonymous
"WiZaRd":

E la domanda la faccio perché tu dici che si deduce che ha senso parlare di funzione solo se è ben specificata la legge di assegnazione (l'equazione matematica): se questa tua affermazione fosse corretta allora o non dovremmo parlare di funzioni in statistica oppure dovremmo convenire che l'analisi statistica è tutta una pagliacciata tanto l'equazione l'abbiamo già prima.

Ciao Wizard, ho l'impressione che abbiamo un pò tutti perso di vista il tema di questa discussione.
La domanda che mi ha spinto ad aprire questo post è stata:
Come è possibile che esistano due definizioni così diverse di uno stesso concetto, una che definisce una funzione come una legge di assegnazione ed una come un insieme? Le due cose, ad una prima analisi, non sono affatto equivalenti.
Io mi baso sulle informazioni che raccolgo dalle varie fonti dalle quali studio, e, sul pagani salsa bramanti leggo questa definizione di funzione:
1) "Dati due insiemi A, B qualsiasi, una funzione f di dominio A a valori in B (o anche "di codominio B") è una qualsiasi legge che ad ogni elemento di A associa uno e un solo elemento di B.
La definizione parla chiaro: una funzione è una qualsiasi LEGGE.
Poi, da altre parti, leggo che la funzione è definita come un INSIEME.
Ora, legge ed insieme sono due cose nettamente diverse. Punto.
Quindi due sono le cose:
O la definizione 1) data dal libro è sbagliata (il che è assurdo visto che un libro non dice cose errate), o le due definizioni sono equivalenti.
Il buon senso mi fa pensare che queste definizioni devono essere equivalenti, dal momento che chi le ha coniate sicuramente non era uno stupido. Inoltre, se come hai detto tu è da secoli che si usano queste notazioni, non posso ritenere che tali definizioni siano incoerenti e misteriose.
Il mio obiettivo è dunque stato quello di capire perchè queste due definizioni sono equivalenti.
Ciao.

G.D.5
Le due definizioni non sono equivalenti semplicemente perché quella che fa uso del termine legge non è una definizione (e lo abbiamo detto più o meno tutti nei nostri interventi).

Vediamo se riesco a farmi capire.

Definizione di parallelogramma. Si dice parallelogramma un quadrilatero convesso con i lati a due a due paralleli.

Per dare questa definizione mi occorrono (oltre alla lingua italiana e la sua grammatica) i concetti di:
• quadrilatero;
• figura convessa;
• lato;
• parallelismo.

Prendiamo ora il concetto di figura convessa.

Definizione di figura convessa. Una figura piana si dice convessa se comunque presi due suoi punti il segmento che li congiunge appartiene interamente alla figura.

Per dare questa definizione mi occorrono i seguenti concetti:
• appartenenza;
• figura piana;
• punto;
• segmento.

Se il concetto di segmento e di figura piana sono definibili a partire dal concetto di punto, il concetto di punto lo definisco a partire da cosa? Da niente! Il concetto di punto è primitivo.

Tornando ora al concetto di applicazione, se mi viene detto che un'applicazione è una legge che fa una certa cosa, allora per poter definire il concetto di applicazione mi occorre (oltre al concetto di insieme) anche il concetto di legge. Ma qual è la definizione di legge? Non c'è. Non esiste. Allora dovremmo assumere come primitivo il concetto di legge, ma nella teoria degli insiemi (sia essa assiomatica o ingenua) gli unici concetti primitivi sono:
• il concetto di insieme;
• il concetto di appartenenza di un certo oggetto ad un dato insieme.

Ergo la definizione di applicazione che fa uso del concetto di legge semplicemente non è una definizione. Questa "definizione" è, per dirla con i fisici, una definizione operativa del concetto di funzione che viene fuori nel momento in cui si dicono sul concetto di applicazione tutte le cose che sono state a più riprese dette nei vari interventi dei vari utenti.

E allora perché viene data prima la "definizione operativa" e poi la definizione vera? Perché per poter cogliere il senso della vera definizione serve una certa familiarità con la capacità di astrarre i concetti, con la capacità di vedere i concetti scollegati dalle applicazioni e dai loro modelli nel mondo reale; si fornisce prima la "definizione operativa" perché le funzioni nascono prima operativamente e poi successivamente diventano concetti astratti; perché nelle discipline diverse dall'Algebra si ha poco interesse nel vedere le applicazioni per quella che è la loro natura e si ha più interesse nel vedere le applicazioni come si comportano.

A questo va poi aggiunto il fatto che ogni volta che tu formalizzi, parti dalla preposizione aperta \(p\left( x,y \right)\): questo denota che usi la logica formale nel modo sbagliato, donde il mio precedente intervento.

"WiZaRd":
se mi viene detto che un'applicazione è una legge che fa una certa cosa, allora per poter definire il concetto di applicazione mi occorre (oltre al concetto di insieme) anche il concetto di legge. Ma qual è la definizione di legge? Non c'è. Non esiste. Allora dovremmo assumere come primitivo il concetto di legge, ma nella teoria degli insiemi (sia essa assiomatica o ingenua) gli unici concetti primitivi sono:
• il concetto di insieme;
• il concetto di appartenenza di un certo oggetto ad un dato insieme.
Quoto.

Sk_Anonymous
E allora perchè il libro, come tutti i libri che esistono in circolazione, presentano quella come definizione di funzione?

"lisdap":
E allora perchè il libro, come tutti i libri che esistono in circolazione, presentano quella come definizione di funzione?
Perché a uno che inizia a studiare matematica non è consigliabile dire che una funzione è un sottoinsieme del prodotto cartesiano tale che bla bla bla. Definire il concetto di funzione nasce da esigenze che vengono relativamente tardi nello studio della matematica. Tu ora sei arrivato a un livello di indipendenza tale che senti l'esigenza di una definizione precisa di funzione, e puoi capire benissimo che delle due definizioni che hai scritto l'unica che è realmente una definizione è quella che dice "una funzione è un sottoinsieme del prodotto cartesiano tale che [bla bla bla]". Il motivo è che l'altra fa uso di un concetto intuitivo quale la "legge", che, ripeto di nuovo quanto detto da WiZaRd, non significa niente. Se ci pensi non serve nemmeno che ti spieghiamo che usare un concetto non ancora definito è una cosa vuota di significato. Ma viene fatto lo stesso per motivi didattici. Per farti un esempio, tu diresti mai a un bambino di prima elementare che un numero per definizione è una classe di equipotenza? Il bambino che fa le tabelline si domanderà più tardi nella sua vita come si possono realmente definire i numeri, ed è giusto che sia così. E' giusto che al bambino i numeri appaiano concetti primitivi. L'apprendimento è tutto fatto di costruzione e demolizione di certezze.

A proposito di questo, tempo fa avevo scritto quanto segue, sembrandomi abbastanza significativo.

All'inizio dello studio di qualcosa, è buona cosa avere delle certezze assolute. Naturalmente il progredire della conoscenza consisterà poi nello smantellare tali certezze, ma non si possono "inculcare" allo studente moltissimi dubbi fin da subito. Faccio un esempio: ad un ragazzo che ha appena cominciato le scuole medie cosa è meglio dire delle seguenti frasi che lo introducono al mondo dei numeri?

a) I numeri sono zero, uno, due, tre, quattro, cinque, eccetera. Ti servono per contare. Due più due fa quattro, due meno cinque non si può fare, ed eccoti il foglio delle tabelline.

b) I numeri naturali sono zero, uno, due, tre, quattro, cinque, eccetera. Ma non credere che sia tutto ridotto a questo! Esistono anche i numeri negativi: meno uno, meno due, meno tre... E c'è dell'altro! Puoi prendere le frazioni a/b e formare i numeri razionali. Ma non è finita! Puoi prendere gli elementi separatori di classi contigue e formare i numeri reali non razionali, tipo radice di due. E non fidarti di chi ti dice che non si può fare la radice di un numero negativo! Per questo ci sono i numeri complessi...

c) I numeri. Beh, partiamo dall'inizio. Una relazione di equivalenza è ...

G.D.5
Il perché di questo modus operandi è stato esposto in più o meno tutti gli interventi di tutti coloro che hanno preso parte a questa discussione.

Diamo la seguente definizione di applicazione.

Definizione. Dati gli insiemi \(S\) e \(T\) entrambi non vuoti, si dice applicazione di \(S\) in \(T\) ogni corrispondenza tra \(S\) e \(T\) tale che per ogni \(x \in S\) esiste uno ed un solo \(y \in T\) tale che la coppia ordinata \(\left(x,y\right)\) appartenga al grafico \(G\) della corrispondenza.

Per potere definire un'applicazione in questo modo mi occorrono i concetti di corrispondenza ed il concetto di grafico di una corrispondenza (oltre che una decina di minuti post-definizione per spiegare per quali ragioni ho chiesto che gli insiemi \(S\) e \(T\) siano non vuoti, giacché alcuni accettano anche insiemi vuoti).

Do quindi la seguente definizione.

Definizione. Dati due insiemi \(S\) e \(T\) entrambi non vuoti, si dice corrispondenza tra \(S\) e \(T\) ogni coppia ordinata del tipo \(\left( S \times T, G \right)\) con \(G \subseteq S \times T\).

Per poter dare questa definizione mi occorrono i concetti di prodotto cartesiano, di coppia ordinata e di sottoinsieme, oltre che il concetto di insieme che abbiamo detto essere primitivo. Oltretutto il concetto di coppia ordinata è a sua volta necessario per definire il concetto di prodotto cartesiano e se volessimo definire il concetto di prodotto cartesiano in modo estremamente rigoroso, pur senza chiedere gli assiomi della Teoria Assiomatica degli Insiemi ZF, mi servirebbero anche i concetti di insieme potenza e di insieme unione. E allora giù a dare tutte queste definizioni.

C'è però un primo problema di ordine tipografico, per così dire. Quando si scrive un libro lo si fa per esporre una certa teoria e con precisi scopi didattici sicché, a meno che non si stia scrivendo o leggendo un testo di storia della Matematica, il modus operandi del libro sarà esattamente l'opposto: cioè prima mi presenta il concetto di insieme come primitivo, quindi mi presenta i concetti di insieme unione, insieme potenza, di coppia ordinata e via fino al concetto di applicazione.

Se si scrive un libro di Analisi o di Geometria o di Statistica o di quello che ti pare purché non abbia come obiettivo sviluppare l'Algebra astratta o la Teoria degli Insiemi, quanto credi che sia calata dal cielo un'esposizione come la precedente? E quanto credi che possa essere interessante o utile per un geometra o per un analista o per uno statistico pensare alle funzioni con cui lavora come a delle corrispondenze?

Credi che sarebbe agevole definire il concetto di limite o di derivata pensando ai punti del dominio come alle prime coordinate delle coppie ordinate del grafico che è la seconda coordinata della coppia ordinata che definisce il concetto di corrispondenza che in questo caso ha la proprietà di essere una funzione? E stiamo parlando di Analisi 1. Pensa quando gli analisti iniziano ad occuparsi di Analisi Convessa (l'esempio di gugo82) o di Geometria Differenziale! O quando i geometri iniziano ad occuparsi di Topologia.

Ecco allora che un analista o un geometra danno il concetto di applicazione in questo modo. Un algebrista già non lo fa o almeno sono pochi quello che lo fanno: difatti tutti i libri a cui tu fai riferimento sono libri di analisti che poi si tratta di un solo libro e già giorni fa ti avevo detto che se proprio ci tenevi dovevi iniziare a studiarti un libro di Algebra.

P.S.
Non avevo visto l'intervento di Martino: condivido appieno anche le sue considerazioni, soprattutto quelle sul carattere didattico della questione.

Sk_Anonymous
"WiZaRd":
E quanto credi che possa essere interessante o utile per un geometra o per un analista o per uno statistico pensare alle funzioni con cui lavora come a delle corrispondenze?

Credi che sarebbe agevole definire il concetto di limite o di derivata pensando ai punti del dominio come alle prime coordinate delle coppie ordinate del grafico che è la seconda coordinata della coppia ordinata che definisce il concetto di corrispondenza che in questo caso ha la proprietà di essere una funzione? E stiamo parlando di Analisi 1. Pensa quando gli analisti iniziano ad occuparsi di Analisi Convessa (l'esempio di gugo82) o di Geometria Differenziale! O quando i geometri iniziano ad occuparsi di Topologia.

Ecco allora che un analista o un geometra danno il concetto di applicazione in questo modo. Un algebrista già non lo fa o almeno sono pochi quello che lo fanno: difatti tutti i libri a cui tu fai riferimento sono libri di analisti che poi si tratta di un solo libro e già giorni fa ti avevo detto che se proprio ci tenevi dovevi iniziare a studiarti un libro di Algebra.


Innanzitutto ringrazio Martino per il suo intervento, nel quale mi rispecchio moltissimo.

@Wizard. Condivido appieno. Infatti ho provato a pensare alla definizione di limite o di derivata sulla base della definizione rigorosa di funzione ed è molto difficile elaborare tali concetti.
Quindi ti chiedo: visto che non sono un algebrista, e penso non lo sarò mai, d'ora in poi mi immaginerò una funzione come un "macchingegno" tale che, fornitogli un elemento del dominio, mi restituisce un elemento del codominio?

G.D.5
Beh la maggior parte degli studenti pensano alle applicazioni come a delle leggi che fanno qualche cosa con gli elementi di un certo dominio in relazione a degli elementi di un codominio. La cosa importante è che uno sia consapevole che questa non è una vera definizione. Poi ovviamente è un dato oggettivo che non sia il massimo della comodità pensare alle applicazioni come a delle corrispondenze.

Sk_Anonymous
Salve a tutti, facendo riferimento anche a quello che ho detto qui (considerazioni-sulle-equazioni-e-sulle-funzioni-t93011.html), penso ormai di aver capito parecchio sul concetto di funzione.

In Fisica esistono due tipi di grandezze:
1) costanti, cioè che possono essere descritte sempre da uno stesso valore, che può essere uno scalare o un vettore;
2) variabili, cioè che possono assumere un qualsiasi valore entro un certo insieme. Ad esempio, la posizione di un punto materiale che si muove nello spazio è variabile, in quanto assume certi valori all'interno di un determinato insieme, la temperatura è una grandezza variabile, in quanto può assumere a seconda delle circostanze dei valori entro un certo insieme, e cosi via.
Una grandezza variabile si indica con una lettera dell'alfabeto e precisando l'insieme in cui essa può variare. Supponiamo ora di avere una certa grandezza variabile, quale la posizione $P$ di un punto materiale. Supponiamo che $P$ possa assumere dei valori in un insieme $A$. Ora, nello stesso momento in cui misuro un certo valore della grandezza posizione, posso misurare contemporaneamente il valore che assume un'altra grandezza variabile, per esempio il tempo.
Definisco quindi un insieme che ha per elementi questi due valori, ad esempio definisco ${t_0,P_0}$. Ora però c'è un problema. Nell'insieme che ho appena scritto, non potendosi distinguere un primo elemento da un secondo elemento, si ha che non so se $t_0$ è un tempo o una posizione, e stessa cosa per $P_0$. Questo problema può essere però risolto scrivendo la coppia ordinata $(t_0,P_0)$ e precisando che il primo elemento della coppia (ora infatti posso distinguere un primo elemento da un secondo elemento) è il tempo, mentre il secondo è la posizione. Calcolo quindi un nuovo valore di posizione del punto, e misuro contemporaneamente un altro valore del tempo. Terminata l'osservazione del fenomeno, avrò un insieme molto vasto di coppie ordinate dove il primo elemento è un tempo ed il secondo è una posizione. La prossima domanda è: come posso fare per indicare sinteticamente questo insieme? Questo insieme di coppie ordinate può essere indicato sinteticamente tramite un'equazione (in due variabili in questo caso) le cui soluzioni coincidono con il mio insieme di coppie ordinate.
Fatto questo, l'insieme di coppie ordinate che abbiamo creato può essere caratterizzato da certe proprietà. Per esempio, può accadere che non esistono due coppie ordinate con uguale primo elemento e diverso secondo elemento, qualsiasi sia la coppia scelta. Il verificarsi di questo fatto equivale a dire che ad ogni istante di tempo risulta associata una ed una sola posizione e dico per definizione che l'insieme di coppie ordinate che ho ottenuto è una FUNZIONE. Come ho già detto, questo insieme può essere rappresentato sinteticamente da un'equazione nelle incognite $vec r$ e $t$, cioè dall'equazione vettoriale $vec r=vec r(t)$. Osserviamo infine che un modo ancora più sintetico per indicare il nostro insieme di coppie ordinate consiste nel dire: "l'insieme di coppie ordinate che sto considerando coincide con il grafico della quantità che dipende da $t$ $vec r(t)$" (specificando preliminarmente però cosa si intenda per grafico di $vec r(t)$).
Il fatto che un certo insieme di coppie ordinate con primo elemento appartenente ad $A$ e secondo a $B$ gode della proprietà di essere una funzione da $A$ a $B$ ha un significato fisico importantissimo; e cioè, evidenzia che la grandezza variabile all'interno di $B$ varia perchè varia un'altra grandezza in $A$. In altre parole, la variazione della grandezza variabile in $B$ è provocata dalla variazione di una certa grandezza in $A$.
Che ne pensate? Può andare bene?
Grazie!

G.D.5
"lisdap":

Che ne pensate? Può andare bene?


Non me ne volere ma credo che tu stia facendo non poca confusione.

Sk_Anonymous
Bene, allora dimmi in quali punti del mio discorso ho fatto confusione, ho detto cose poco chiare o addirittura errate, per favore :smt023

G.D.5
"lisdap":
Bene, allora dimmi in quali punti del mio discorso ho fatto confusione, ho detto cose poco chiare o addirittura errate, per favore :smt023


Il problema è che non so nemmeno io da dove partire!
Non è che quello che hai scritto sia del tutto errato: il problema è che non è del tutto errato per un fisico!

Non so: forse è un problema del tutto mio, ma "avverto" (proprio nel senso metafisico del termine) un certo contorsionismo mentale in questo tuo ragionamento.

Già l'incipit non mi piace. Scrivi...

"lisdap":

In Fisica esistono due tipi di grandezze:
1) costanti, cioè che possono essere descritte sempre da uno stesso valore, che può essere uno scalare o un vettore;
2) variabili, cioè che possono assumere un qualsiasi valore entro un certo insieme. Ad esempio, la posizione di un punto materiale che si muove nello spazio è variabile, in quanto assume certi valori all'interno di un determinato insieme, la temperatura è una grandezza variabile, in quanto può assumere a seconda delle circostanze dei valori entro un certo insieme, e cosi via.


... ed io mi ricordo del primo principio della dinamica: un corpo permane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme se la risultante delle forze esterne ad esso applicate è nulla. Mettiamo ora che un punto mobile si trovi in un sistema inerziale, nel quale, per definizione, vale il suddetto principio; mettiamo anche che sia in quiete e che la risultate delle forze esterne sia nulla. La posizione è costante. Tu scrivi che è variabile...

P.S.
Ora devo andare. A seconda degli sviluppi della discussione, più tardi aggiungo qualche altra opinione.

Sk_Anonymous
Io intendo questo: prendo una videocamera e faccio un video a un uccello (schematizzabile come un punto) che si muove nello spazio. Limitatamente alla situazione che ho descritto, la posizione del punto materiale rispetto ad un certo sistema di riferimento fisso sul terreno è una grandezza variabile. E' chiaro che se mi riferisco ad un'altra situazione reale, la posizione può essere una grandezza costante. Se proprio vogliamo essere precisi, dovremmo parlare di "posizione dell'uccello di nome $x$ in data $y$ e all'istante $z$".
Poi, nello stesso momento in cui faccio il video all'uccello, faccio un video alla lancetta del contagiri di una certa macchina che si muove sulla strada (perdona la fantasia :-D ).
A questo punto premo il tasto rewind sulle due camere, prendo una penna e un pezzo di carta e, nello stesso istante in cui registro un certo valore di posizione, registro un certo valore di giri/min. Scrivo dunque l'insieme formato da questi due valori, ${a,b}$, $a,b in RR$. Ora, se io faccio leggere ad un amico l'insieme che ho scritto, lui mi dirà: "scusa Giuseppe, ma $a$ è il valore della posizione o dei giri/min? E $b$? Allora io correggo l'insieme ${a,b}$ in $(a,b)$ e dico:"il primo elemento della coppia ordinata fa riferimento alla posizione, mentre il secondo al numero dei giri dell'auto che transitava in quel momento". Il mio amico, quindi, non avrò ora più nulla da obiettare. Mando avanti i video e ripeto questo lavoro, ottenendo un numero elevato di coppie. Infine metto queste coppie in un insieme, e vedo se godono di una certa proprietà. Se è il caso, chiamo tale insieme funzione.
Per ultimo, mi adopero per trovare un'equazione le cui soluzioni coincidano con il mio insieme di coppie ordinate: in questo modo, potrò descrivere il fenomeno che ho studiato semplicemente per mezzo di pochi simboli, e qui sta la potenza della Matematica!
Perdona la fantasia, però era per evidenziare la generalità del concetto di funzione e più in generale di relazione.
Io sono dell'idea che il matematico, il fisico e l'ingegnere debbano lavorare insieme in virtù dello stesso obiettivo. Il fisico e l'ingegnere si preoccupano di osservare la realtà e di capirla, poi il matematico li aiuta nel processo di astrazione e di elaborazione della teoria.

P.S=E' evidente che la corrispondenza giri-posizione, che non per forza deve essere una funzione, non ha alcun interesse fisico, ma puramente matematico.

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