Dibattito sulla riforma Gelmini
apro questo topic per sentire le vostre opinioni in merito a questa scellerata "riforma" che porterà alla rovina le nostre università.
a voi la parola!
a voi la parola!
Risposte
Non esistono università grandi e piccole, ma solo virtuose e non virtuose: quello è il criterio per chiudere eventualmente gli atenei (cosa che andrebbe fatta).
Per virtuosa intendo che:
-fa ricerca di medio/alto livello
-ha il bilancio in attivo.
Per virtuosa intendo che:
-fa ricerca di medio/alto livello
-ha il bilancio in attivo.
Secondo me le piccole-medie università sono molto meglio di quelli enormi.
Io parlo solo da un lato istruttivo e di apprendimento, non economico.
L'università che frequento, a mio parere è di dimensione umana.
Il rapporto con i docenti, i professori, i tecnici, ecc ... è molto buono. C'è un rapporto diretto, non è come i grandi atenei che i docenti sono a distanza, le aule sono piene e stracolme.
Si può parlare schiettamente (non troppo, l'esame se no nn si passa
) al docente. Non ti perdi in farfuglii di gente che viene a chiccherare in fondo all'aula, che dorme, si studia insime (circa).
E' molto bello, poi ci sono i limiti, ma gli atenei enormi io non riuscirei a sopportarli. Così sono più casalinghi e c'è più profitto di apprendimento.
Io parlo solo da un lato istruttivo e di apprendimento, non economico.
L'università che frequento, a mio parere è di dimensione umana.
Il rapporto con i docenti, i professori, i tecnici, ecc ... è molto buono. C'è un rapporto diretto, non è come i grandi atenei che i docenti sono a distanza, le aule sono piene e stracolme.
Si può parlare schiettamente (non troppo, l'esame se no nn si passa

E' molto bello, poi ci sono i limiti, ma gli atenei enormi io non riuscirei a sopportarli. Così sono più casalinghi e c'è più profitto di apprendimento.
Rispondo a Luca, sperando di aver colto il suo pensiero. E in primo luogo dico che osservandolo dal mero aspetto della qualità e della quantità, la tua riflessione non è completamente errata. Ora cerco di spiegare perché vedo degli errori nel tuo ragionamento (ma in linea di massima è condivisibile, ma secondo me non è l'unica strada possibile).
E' indubbiamente vero che riducendo le università alle sole esistenti nelle grandi città (le più importanti università ovvero) alcuni handicap diminuirebbero. Questo però vale se vogliamo che tutto rimanga com'è. Ed è proprio questo che non va. Qui non c'è una falla nel sistema, è il sistema stesso che è fallimentare. Perché per farlo funzionare devi amputargli gli arti, e ciò non va bene.
Ora dico qualcosa di prettamente personale sull'argomento.
Secondo me è inutile discutere sul chiudere le sedi, questo e quello. Stiamo parlando di un sistema che è il riflesso della politica italiana e in cui dilagano corruzione, esami regalati, scandali e chissà quant'altro. Le baronie sono sotto gli occhi di tutti ed è inutile negare.
A cosa serve discutere su una riforma scellerata (come da titolo) ? Noi sappiamo benissimo cosa bisogna riformare. A cominciare dal valore legale del titolo di studio per finire con i sistemi burocratici medioevali e di potere baronale che hanno infettato e infettano l'università, la scuola e la ricerca.
Perché non si parla di questo ? I ricercatori protestano per sovraccarichi di lavoro (giustamente) dopo quanti anni? Perché proprio ora manifestare il dissenso ?
E quando inizieremo a manifestare e protestare per gli esami comprati, per i concorsi interni affetti da corruzione ? Insomma quando inizieremo a manifestare contro il ''modello all'italiana'' di società civile ? Nel 2050 ?
Perché sia chiaro a me questa sembra una manifestazione più politica che istituzionale e da studente non non ho nessun obbligo né dovere morale di manifestare per qualcosa che i ricercatori stessi hanno contribuito ad alimentare, ricoprendo ruoli che NON DOVEVANO ricoprire.
Ma del resto si sa, ci andremo di mezzo noi. Però come al solito, in Italia si guarda il proprio orticello. Ciò che manca in Italia non è una scuola e un'istruzione adeguata, ma gli scolari. Mancano i cittadini. E mancano i filosofi.
E' indubbiamente vero che riducendo le università alle sole esistenti nelle grandi città (le più importanti università ovvero) alcuni handicap diminuirebbero. Questo però vale se vogliamo che tutto rimanga com'è. Ed è proprio questo che non va. Qui non c'è una falla nel sistema, è il sistema stesso che è fallimentare. Perché per farlo funzionare devi amputargli gli arti, e ciò non va bene.
Ora dico qualcosa di prettamente personale sull'argomento.
Secondo me è inutile discutere sul chiudere le sedi, questo e quello. Stiamo parlando di un sistema che è il riflesso della politica italiana e in cui dilagano corruzione, esami regalati, scandali e chissà quant'altro. Le baronie sono sotto gli occhi di tutti ed è inutile negare.
A cosa serve discutere su una riforma scellerata (come da titolo) ? Noi sappiamo benissimo cosa bisogna riformare. A cominciare dal valore legale del titolo di studio per finire con i sistemi burocratici medioevali e di potere baronale che hanno infettato e infettano l'università, la scuola e la ricerca.
Perché non si parla di questo ? I ricercatori protestano per sovraccarichi di lavoro (giustamente) dopo quanti anni? Perché proprio ora manifestare il dissenso ?
E quando inizieremo a manifestare e protestare per gli esami comprati, per i concorsi interni affetti da corruzione ? Insomma quando inizieremo a manifestare contro il ''modello all'italiana'' di società civile ? Nel 2050 ?
Perché sia chiaro a me questa sembra una manifestazione più politica che istituzionale e da studente non non ho nessun obbligo né dovere morale di manifestare per qualcosa che i ricercatori stessi hanno contribuito ad alimentare, ricoprendo ruoli che NON DOVEVANO ricoprire.
Ma del resto si sa, ci andremo di mezzo noi. Però come al solito, in Italia si guarda il proprio orticello. Ciò che manca in Italia non è una scuola e un'istruzione adeguata, ma gli scolari. Mancano i cittadini. E mancano i filosofi.
Luca, potresti chiarire meglio la tua posizione ? In particolare vorrei capire se tu sei per la chiusura delle Università che hanno sede in piccoli centri o ti riferisci solamente alle cosidette "sedi staccate" di università più grandi, che effettivamente negli ultimi anni sono sorte come funghi.
Si tratta infatti di due casi profondamente diversi.
Sassari ad esempio con i suoi 130.000 abitanti non è certo una grande città e ha un'Università alla quale sono iscritti 15.000 studenti.
Non è presente la facoltà di ingegneria e nella facoltà di scienze sono assenti i corsi di laurea in matematica e in fisica. Tuttavia, essendo stata istituita nel 1562, vanta una storia di tutto rispetto e presenta facoltà come Agraria e Medicina Veterinaria che sono di ottimo livello, sia dal punto di vista della didattica che della ricerca scientifica.
E allora, cerchiamo di non cadere nella trappola che ci è stata tesa da un Ministro al quale non importa nulla nè del funzionamento delle università, ma che ha un solo grande interesse: contenere la spesa pubblica destinata all'istruzione e alla ricerca.
Il discorso delle esperienze di vita, ha anche un fondamento, ma non bisogna estremizzare. Ovviamente anche io sono convinto che un'università in videoconferenza o comunque in una sede staccata con professori che vengono solo per le lezioni e per gli appelli d'esame abbia poco senso di esistere.
Non sono d'accordo però sul fatto che per avere una buona formazione si debba per forza andare in una grande città o comunque occorra spostarsi a migliaia di Km di distanza. Anche perchè questa posizione porta a delle incongruenze, del tipo che il pugliese dovrebbe spostarsi a Milano, perchè altrimenti rimarrebbe chiuso nella sua piccola realtà provinciale, mentre un diciannovenne milanese rimane tranquillamente nella sua città, con la mamma che gli prepara il pranzo ogni giorno, e nessuno ha nulla da obiettare.
E allora una volta tanto diciamo la verità che tutti conoscono, ossia che molti ragazzi scelgono la sede universitaria lontana per fare si un' esperienza di vita, ma intesa in maniera particolare, ossia non pensando alle particolari qualità dell'ateneo al quale si sono iscritti, ma semplicemente con riferimento ai divertimenti che possono trovare in quella città.
Ho conosciuto studenti fuorisede che non seguivano mai le lezioni dei veri corsi. Però avevano la loro bella camera in affitto, a spese della famiglia. A quel punto non sarebbe stato preferibile studiare in paese e andare nella città universitaria solo per dare gli esami ? E invece no, ci tenevano a vivere nella città per respirare la vita universitaria (sopratutto la notte).
Fortunatamente non tutti la pensano così, tuttavia si tratta di fenomeni piuttosto diffusi che pertanto andrebbero analizzati meglio.
Quanto al problema del precariato nelle Università, cerchiamo di non confondere la causa con l'effetto. Se una persona va avanti per anni con contratti e assegni di ricerca, tutti ovviamente rigorosamente a termine, significa che la sua professionalità in qualche modo serve all'Università, perchè altrimenti quei contratti non gli verrebbero rinnovati. E allora il fatto che resti precaria per troppo tempo non è dovuto al fatto che gli aspiranti ad un posto sono troppi, ma semplicemente è dovuto ad una precisa volontà politica che pretende di coprire con contratti a termine i posti che invece andrebbero coperti con assunzioni a tempo indeterminato. E il tutto col solito intento di contenere la spesa pubblica.
Si tratta infatti di due casi profondamente diversi.
Sassari ad esempio con i suoi 130.000 abitanti non è certo una grande città e ha un'Università alla quale sono iscritti 15.000 studenti.
Non è presente la facoltà di ingegneria e nella facoltà di scienze sono assenti i corsi di laurea in matematica e in fisica. Tuttavia, essendo stata istituita nel 1562, vanta una storia di tutto rispetto e presenta facoltà come Agraria e Medicina Veterinaria che sono di ottimo livello, sia dal punto di vista della didattica che della ricerca scientifica.
E allora, cerchiamo di non cadere nella trappola che ci è stata tesa da un Ministro al quale non importa nulla nè del funzionamento delle università, ma che ha un solo grande interesse: contenere la spesa pubblica destinata all'istruzione e alla ricerca.
Il discorso delle esperienze di vita, ha anche un fondamento, ma non bisogna estremizzare. Ovviamente anche io sono convinto che un'università in videoconferenza o comunque in una sede staccata con professori che vengono solo per le lezioni e per gli appelli d'esame abbia poco senso di esistere.
Non sono d'accordo però sul fatto che per avere una buona formazione si debba per forza andare in una grande città o comunque occorra spostarsi a migliaia di Km di distanza. Anche perchè questa posizione porta a delle incongruenze, del tipo che il pugliese dovrebbe spostarsi a Milano, perchè altrimenti rimarrebbe chiuso nella sua piccola realtà provinciale, mentre un diciannovenne milanese rimane tranquillamente nella sua città, con la mamma che gli prepara il pranzo ogni giorno, e nessuno ha nulla da obiettare.
E allora una volta tanto diciamo la verità che tutti conoscono, ossia che molti ragazzi scelgono la sede universitaria lontana per fare si un' esperienza di vita, ma intesa in maniera particolare, ossia non pensando alle particolari qualità dell'ateneo al quale si sono iscritti, ma semplicemente con riferimento ai divertimenti che possono trovare in quella città.
Ho conosciuto studenti fuorisede che non seguivano mai le lezioni dei veri corsi. Però avevano la loro bella camera in affitto, a spese della famiglia. A quel punto non sarebbe stato preferibile studiare in paese e andare nella città universitaria solo per dare gli esami ? E invece no, ci tenevano a vivere nella città per respirare la vita universitaria (sopratutto la notte).
Fortunatamente non tutti la pensano così, tuttavia si tratta di fenomeni piuttosto diffusi che pertanto andrebbero analizzati meglio.
Quanto al problema del precariato nelle Università, cerchiamo di non confondere la causa con l'effetto. Se una persona va avanti per anni con contratti e assegni di ricerca, tutti ovviamente rigorosamente a termine, significa che la sua professionalità in qualche modo serve all'Università, perchè altrimenti quei contratti non gli verrebbero rinnovati. E allora il fatto che resti precaria per troppo tempo non è dovuto al fatto che gli aspiranti ad un posto sono troppi, ma semplicemente è dovuto ad una precisa volontà politica che pretende di coprire con contratti a termine i posti che invece andrebbero coperti con assunzioni a tempo indeterminato. E il tutto col solito intento di contenere la spesa pubblica.
Certo che se arrivassero più soldi si potrebbero finanziare tutte le università, è una soluzione abbastanza tautologica, ma non realisitica. Vi faccio per altro notare che i finanziamenti statali per le Università italiane sono più o meno in linea con quelli dei paesi esteri. Io non propongo nessuna soluzione, io credo solo che l'effetto della riforma sarà quello della chiusura delle sedi decentrate, e mi limito a osservare che il proliferare di tali sedi ha contribuito al precariato che c'è oggi.
ma se il problema per i ricercatori che ambiscono alla cattedra consiste nel numero troppo grande di dottorati ...... non è più semplice programmare un numero minore di dottorandi per ogni ciclo ?
andrebbe anche aggiunto che l'Università non è l'unico sbocco professionale per uno studente che ha completato il dottorato , lo Stato finanzia questi studi superiori anche a beneficio delle aziende , inutilmente perché qui in Italia poche realtà industriali fanno ricerca quindi molti fuggono all'estero . ma arrivare a decimare le università a causa di una mentalità retrograda mi sembra assurdo .
andrebbe anche aggiunto che l'Università non è l'unico sbocco professionale per uno studente che ha completato il dottorato , lo Stato finanzia questi studi superiori anche a beneficio delle aziende , inutilmente perché qui in Italia poche realtà industriali fanno ricerca quindi molti fuggono all'estero . ma arrivare a decimare le università a causa di una mentalità retrograda mi sembra assurdo .
Luca il tuo ragionamento non fa una grinza, e' vero, se i soldi son sempre gli stessi, meno atenei ci sono e piu' soldi questi avranno, piuttosto che essere suddivisi tra tanti. Ma il vero problema non sono il numero di atenei ma il governo che diminuisce anno dopo anno i finanziamenti alla ricerca scientifica e all'istruzione, finanziando invece campagne di pace (militari) che paghiamo tutti noi..... ma tanto sappiamo bene cosa fa il nostro caro governo con i nostri soldi (e purtroppo ci sono tante cose che ci vengono tenute nascoste, perche', son sicuro, ci sarebbe davvero da mettersi le mani tra i capelli se sapessimo tutto....).
Cosa fanno invece gli altri paesi? Investono proprio dove noi tiriamo la cinghia...
Cosa fanno invece gli altri paesi? Investono proprio dove noi tiriamo la cinghia...
Secondo me sarebbe un sacrificio vano!
Si dovrebbe discutere di investimenti, di stanziamenti per la ricerca, di riorganizzazione didattica prima di tutto. Credi davvero che con meno università la cifra investita rimarrebbe la stessa? Io credo proprio di no! Verrà tagliata assieme agli atenei e pertanto si avrà lo stesso tenore di oggi, tenuto conto però che gli studenti iscritti saranno decisamente di più e che, causa distanza, molti non vi andranno affatto all'università.
L'Italia è quella che spende meno nella ricerca, pur avendo a disposizione risorse economiche ed umane (la vera grande risorsa necessaria!). Perchè?
Io partirei da qui, non dallo smantellamento indiscriminato degli atenei sulla base del numero degli studenti iscritti. Più posti di ricerca vuol dire più assunzioni, vuol dire sviluppo. Più investimenti nelle infrastrutture (necessarie) e penso ai trasporti ad esempio, potrebbero mettere in moto davvero il paese.
Abbiamo bisogno di investimenti che sappiano valorizzare l'arte e la cultura che c'è nel paese. Io non credo nella politica dei tagli. Bisogna combattere gli sprechi (e penso alle miriadi di enti statali che son lì che lavorano su leggi deleghe), non depotenziare possibili veicoli sociali come le università, i conservatori, le industrie.
Secondo me l'Italia è un paese che osa poco e chi lo fa viene immediatamente bloccato e cacciato fuori, messo in condizione di non nuocere più! E' questo il modo di riformare un Paese?
Bishop il discorso che fai non va bene in assoluto. Spendere un tot al mese per andare a studiare fuori è gravoso sulle famiglia e le eccellenze non sempre premiano. Come fai a dire ad una famiglia monostipendiata, con più figli a carico, di mandare un figlio all'università e di far pesare l'economia familiare con una spesa di 500-1000 Euro? Parlo di costo della vita, non di tasse universitarie.
E come fai a spiegare al loro figlio, che si è impegnato tutto l'anno, che per l'EDISU sei meritevole di una borsa di studio, ma non ci son soldi e quindi tu quest'anno lì non ci puoi rimanere?
Queste sono storie che hanno nomi e cognomi e non favole. Purtroppo sono reali. E l'ignoranza, la disoccupazione, la povertà non fanno bene ad un Paese, non permettono il suo rilancio.
Si dovrebbe discutere di investimenti, di stanziamenti per la ricerca, di riorganizzazione didattica prima di tutto. Credi davvero che con meno università la cifra investita rimarrebbe la stessa? Io credo proprio di no! Verrà tagliata assieme agli atenei e pertanto si avrà lo stesso tenore di oggi, tenuto conto però che gli studenti iscritti saranno decisamente di più e che, causa distanza, molti non vi andranno affatto all'università.
L'Italia è quella che spende meno nella ricerca, pur avendo a disposizione risorse economiche ed umane (la vera grande risorsa necessaria!). Perchè?
Io partirei da qui, non dallo smantellamento indiscriminato degli atenei sulla base del numero degli studenti iscritti. Più posti di ricerca vuol dire più assunzioni, vuol dire sviluppo. Più investimenti nelle infrastrutture (necessarie) e penso ai trasporti ad esempio, potrebbero mettere in moto davvero il paese.
Abbiamo bisogno di investimenti che sappiano valorizzare l'arte e la cultura che c'è nel paese. Io non credo nella politica dei tagli. Bisogna combattere gli sprechi (e penso alle miriadi di enti statali che son lì che lavorano su leggi deleghe), non depotenziare possibili veicoli sociali come le università, i conservatori, le industrie.
Secondo me l'Italia è un paese che osa poco e chi lo fa viene immediatamente bloccato e cacciato fuori, messo in condizione di non nuocere più! E' questo il modo di riformare un Paese?
Bishop il discorso che fai non va bene in assoluto. Spendere un tot al mese per andare a studiare fuori è gravoso sulle famiglia e le eccellenze non sempre premiano. Come fai a dire ad una famiglia monostipendiata, con più figli a carico, di mandare un figlio all'università e di far pesare l'economia familiare con una spesa di 500-1000 Euro? Parlo di costo della vita, non di tasse universitarie.
E come fai a spiegare al loro figlio, che si è impegnato tutto l'anno, che per l'EDISU sei meritevole di una borsa di studio, ma non ci son soldi e quindi tu quest'anno lì non ci puoi rimanere?
Queste sono storie che hanno nomi e cognomi e non favole. Purtroppo sono reali. E l'ignoranza, la disoccupazione, la povertà non fanno bene ad un Paese, non permettono il suo rilancio.
Scusa Luca, io ho la testa dura e a volte non capisco, per chiarire ho bisogno di un esempio su cose che conosco.
Situazione del Veneto
Ci sono 3 Univerisità, 2 a Venezia e una a Padova. Poi ci sono sedi universitarie sparse per la regione, che fanno capo alle tre università centrali. Alcuni corsi di laurea dell'Università di Padova hanno sede a Verona e Vicenza, alcuni corsi triennali dello IUAV di Venezia sono a Treviso,...
La tua proposta sarebbe di riportare tutti i corsi nelle sedi centrali? O solo quella di evitare la nascita di Università separate nelle diverse provincie?
Situazione del Veneto
Ci sono 3 Univerisità, 2 a Venezia e una a Padova. Poi ci sono sedi universitarie sparse per la regione, che fanno capo alle tre università centrali. Alcuni corsi di laurea dell'Università di Padova hanno sede a Verona e Vicenza, alcuni corsi triennali dello IUAV di Venezia sono a Treviso,...
La tua proposta sarebbe di riportare tutti i corsi nelle sedi centrali? O solo quella di evitare la nascita di Università separate nelle diverse provincie?
Posso capire che sia doloroso, ma credo che per salvare la situazione bisogna anzitutto tornare alle vecchie sedi nelle grandi città, anche se questo vuol dire tagliare intere realtà locali. Non si può sperare di riparare al danno senza sacrificio.
Un'università di eccellenza in una piccola realtà non è "utile" solo a chi ci va o ai professori (che in quanto eccellenti non faranno fatica a farsi strada anche altrove), ma anche ad un territorio che senza questa "piccola" spinta sarebbe morto.
Quando si parla di piano per lo sviluppo del sud, ad esempio, è su questo che bisogna puntare non sul ponto sullo stretto o sulla Salerno-Reggio Calabria.
A me interessa che ogni anno nella mia regione vengano fior fior di studiosi a fare scavi e conferenze perchè oltre alla mera questione accademica portano turismo (e la mia regione vive di turismo) e quindi risorse anche da reinvestire in altri ambiti (viabilità, sanità, sviluppo economico).
Se ci chiudi, la seppur piccola università, le cose si mettono proprio male.
A fronte di una riorganizzazione dell'università (che da parte mia son sicuro ci vuole!) siamo disposti a tagliare intere realtà locali? O bisogna solo pensare agli effetti si una sola classe (quella dei docenti e/o ricercatori)?
PS Poi non so perché, ma ho come l'impressione che una buona riforma universitaria, parta da un'ottima riforma delle scuole medie superiori ed inferiori.
Quando si parla di piano per lo sviluppo del sud, ad esempio, è su questo che bisogna puntare non sul ponto sullo stretto o sulla Salerno-Reggio Calabria.
A me interessa che ogni anno nella mia regione vengano fior fior di studiosi a fare scavi e conferenze perchè oltre alla mera questione accademica portano turismo (e la mia regione vive di turismo) e quindi risorse anche da reinvestire in altri ambiti (viabilità, sanità, sviluppo economico).
Se ci chiudi, la seppur piccola università, le cose si mettono proprio male.
A fronte di una riorganizzazione dell'università (che da parte mia son sicuro ci vuole!) siamo disposti a tagliare intere realtà locali? O bisogna solo pensare agli effetti si una sola classe (quella dei docenti e/o ricercatori)?
PS Poi non so perché, ma ho come l'impressione che una buona riforma universitaria, parta da un'ottima riforma delle scuole medie superiori ed inferiori.
Anzitutto credo che il problema precari/reclutamento sia il problema principale per l'università: sono i giovani che verranno assunti a dare il futuro alle nostre università, non sono i prof che già ci stanno. Io non ho mai detto che il sistema di meno atenei è la soluzione al problema dei precari; ho solo detto che il proliferare di troppe sedi è stato ciò che ha creato il problema dei precari: se lo Stato dava x all'università quando di atenei ce n'erano pochi, e adesso continua a dare x ad un numero spropositato di sedi, è chiaro che i soldi non bastano per assorbire tutti i dottori di ricerca. Il problema dei precari purtroppo io penso che sia senza soluzione, cioè fino a che le cose non si aggiusteranno, e non so in che modo, credo che molti dovranno cercare un altro lavoro, o andare all'estero. Però ritengo positivo l'effetto, se mai ci sarà, di diminuzione del numero di sedi universitarie: lo so bene che ci sono centri di eccellenza piccoli, ma i centri di eccellenza sono fatti da persone di eccellenza, che di certo non avranno problemi a farsi strada in altri atenei più grandi.
Infine un appunto sull'estero, e sugli USA: è vero che ci sono università in ogni angolo, ma si tenga anche conto del fatto che in USA le università dove davvero vieni preparato sono quelle più costose, e queste non ci sono ad ogni angolo. Il nostro sistema universitario non è di questo tipo; da noi l'idea è che ogni ateneo possa fornire la stessa preparazione, che è ancora di alto livello.
Infine un appunto sull'estero, e sugli USA: è vero che ci sono università in ogni angolo, ma si tenga anche conto del fatto che in USA le università dove davvero vieni preparato sono quelle più costose, e queste non ci sono ad ogni angolo. Il nostro sistema universitario non è di questo tipo; da noi l'idea è che ogni ateneo possa fornire la stessa preparazione, che è ancora di alto livello.
Ragazzi non prendetevela tra di voi, si discute su un argomento che, purtroppo ci tocca da vicino e che, ancora purtroppo, interessa tutto il paese, anche per il futuro. Al momento questa riforma sembra sia solo incentrata sul risparmio, come del resto le altre riforme, invece di cercare di migliorare...ma e' il solito "male italiano" dove si fa di tutto tranne che trovare soluzioni ai problemi. E' anche vero che non e' di certo facile governare un paese e, a parte le solite magagne tra politici che si mangiano i nostri soldi, penso che bisognerebbe trovarsi nei panni di un politico onesto (ce ne sono ancora???) che vuole (se glielo consentono....) dirigere/migliorare il nostro stato, per poter realmente capire come funziona.... il resto sono solo discorsi tra amici 
Riguardo l'andare via da casa per "maturare", in altri paesi europei, soprattutto quelli del nord, spesso questa prassi e' incentivata, proprio per rendere i ragazzi autonomi e responsabili. E' anche vero che ci sono altre realta' che li supportano, al contrario dell'Italia dove si pagano tante tasse ma che non sono "restituite" da altrettanti servizi ben funzionanti.
Studiare secondo me e' un diritto di tutti e, nonostante tutto, non e' neppure cosi' costoso se consideriamo le eventuali borse di studio (qui in Sardegna l'ERSU fa davvero tanto per gli studenti, credetemi) e che comunque le tasse sono commisurate al reddito (a Cagliari chiedono il CUD o il 730, niente ISEE/ISEU come si faceva prima). Certo e' che molti dovrebbero andare a zappare la terra piuttosto che stare alle spalle dei genitori, da quello che vedo spesso..... pero' la colpa in quei casi e' dei genitori stessi, non della societa', ma questo e' un altro problema....
Sempre sulla riforma Gelmini, secondo voi cosa bisognerebbe fare per migliorare l'istruzione in Italia?

Riguardo l'andare via da casa per "maturare", in altri paesi europei, soprattutto quelli del nord, spesso questa prassi e' incentivata, proprio per rendere i ragazzi autonomi e responsabili. E' anche vero che ci sono altre realta' che li supportano, al contrario dell'Italia dove si pagano tante tasse ma che non sono "restituite" da altrettanti servizi ben funzionanti.
Studiare secondo me e' un diritto di tutti e, nonostante tutto, non e' neppure cosi' costoso se consideriamo le eventuali borse di studio (qui in Sardegna l'ERSU fa davvero tanto per gli studenti, credetemi) e che comunque le tasse sono commisurate al reddito (a Cagliari chiedono il CUD o il 730, niente ISEE/ISEU come si faceva prima). Certo e' che molti dovrebbero andare a zappare la terra piuttosto che stare alle spalle dei genitori, da quello che vedo spesso..... pero' la colpa in quei casi e' dei genitori stessi, non della societa', ma questo e' un altro problema....
Sempre sulla riforma Gelmini, secondo voi cosa bisognerebbe fare per migliorare l'istruzione in Italia?
"Luca.Lussardi":
Resto dell'idea che poche grandi univeristà siano la soluzione migliore. Il grande problema dei precari che fanno fatica ad entrare in univeristà è proprio dovuto al proliferare di sedi piccole; troppi dottorati, troppi dottori di ricerca, e troppo pochi posti.
E' questo il motivo per il quale sarebbe "meglio" un sistema con meno atenei, ma più grandi e concentrati? Mi sembra idiota: oltre a identificare un solo problema (quello dei precari), indichi questo sistema come sua soluzione. Peccato che il modello di altri paesi (anche europei, ma penso principalmente agli Stati Uniti) sia invece l'opposto, che hanno università ad ogni angolo - anche se ovviamente le più quotate e (forse) migliori sono molte meno.
Poiché però non ti ritengo un idiota, ci deve essere dell'altro nelle tue considerazioni. Ti chiedo quindi di cercare di spiegarmi im maniera più approfondita perché secondo te il modello sarebbe migliore.
Resto dell'idea che poche grandi univeristà siano la soluzione migliore. Il grande problema dei precari che fanno fatica ad entrare in univeristà è proprio dovuto al proliferare di sedi piccole; troppi dottorati, troppi dottori di ricerca, e troppo pochi posti.
"Luca.Lussardi":
Invece secondo me sarà positiva: se davvero si avranno gli effetti giusti, le piccole università chiuderanno e si tornerà a pochi atenei nelle grandi città, come dovrebbe essere.
Non sono d'accordo.
Ci sono università situate in piccoli centri che hanno una grande tradizione di ricerca e di didattica.
Il vero problema piuttosto è costituito dalle sedi staccate, con insegnamenti in videoconferenza o con professori che fanno i pendolari per tenere i corsi. In tal caso ti do ragione, perchè un ambiente così ristretto rischia inevitabilmente di essere un limite per la formazione dello studente.
La discussione che si sta sviluppando in questo topic è piuttosto interessante. Stiamo però perdendo di vista la realtà dei fatti, che è invece ben delineata. Voglio dire che al ministro Gelmini poco importa che il ricercatore produca o non produca o che l'offerta formativa delle Università sia buona o pessima. A lei e al suo capo Tremonti interessa contenere la spesa pubblica. Stop. E' inutile disquisire sui possibili effetti positivi di una riforma che invece si pone come unico obiettivo quello di risparmiare soldi, sottraendoli alla cultura, per destinarli magari all'acquisto di nuovi cacciabombardieri.
E allora, se queste sono le premesse, è perfettamente inutile discutere degli eventuali benefici di una "riforma" che di tutto si preoccupa, fuorchè di migliorare l'Università italiana.
Possiamo ovviamente affrontare i problemi del funzionamento dell'università in Italia, proponendo anche delle possibili soluzioni. Ma per favore, facciamolo senza avere come punto di riferimento una riforma che risponde a ben altri fini.
"blackbishop13":
@ mork_1
ok a volte ci sono motivi seri per restare a casa, situazioni particolari. ma la norma secondo me dovrebbe essere che un ragazzo a 20 anni ha la possibilitià ed il dovere di farsi una vita sua, e andare in una città diversa...
Magari.
E' il mio sogno. Ma non posso. Il nocciolo della questione verte sulla ''possibilità''. E dov'è questa santa possibilità ? Tanti giovani italiani se lo chiedono. Ma infondo all'oceano delle diatribe telematiche, oso scrivere questa nefasta e insulsa domanda-osservazione, che coglie una delle tante sfaccettature su cui può andare analizzato questo off-topic:
ma se nemmeno padri di famiglia e laureati a pieni voti riescono a portare a casa un soldo, come si può chiedere ad uno studente di lavorare ?
E sinceramente tra me studente e X padre di famiglia, un eventuale lavoro dovrebbe spettare a X per ovvi motivi e non a me.
Ma con questo non voglio assolutamente dire che lo studente che abbia possibilità di mantenersi non debba farlo.
Sono andato abbondantemente fuori argomento ?

Su cosa dovrei informarmi? Le tasse universitarie? Sì, ne ho sentito parlare. L'ISEE ? Eheh, ma tu sai cos'è? E come si calcola ? Magari scopriresti che esistono casi paradossali in cui l'indicatore non dice assolutamente nulla di vero.
Ma a parte questo, che come è evidente può comprendere una ristretta cerchia di casi. Vorrei rinvitarti a riflettere sulla questione che quello che tu affermi è anch'esso un fenomeno attribuibile ad una ristretta cerchia di persone fisiche, e talvolta immaginarie, che lavorano, studiano e fanno anche tanto e tanto altro.
Ed è fuori discussione che io creda al fatto che tu abbia amici così in gamba, che stimo molto. Ma invece di dirmi di informarmi, perché non provi a rileggere quello che ho scritto nel primo intervento ?
Generalizzare è un po' come pretendere di avere la verità in tasca, non ti pare ?
Io non penso che siano poche le persone che approvino quello che ho scritto, sicuramente non tutte, ma se tu pretendi di avere la verità in tasca e ti rifiuti persino di leggere quello che ho scritto..
Magari a volte ci rifiutiamo di immedesimarci in alcuni casi e/o pensiamo che a fare certe cose sia davvero facile. Ma non è così.
Appunto, tu conosci la realtà di Pisa. Chi ti dice che altrove sia ESATTAMENTE uguale ?
Sei entrato nelle case di tutti noi e ti sei accertato che ognuno di noi che rimane in casa è uno studente indegno e pigro ?
Poi, per piacere, non mettetemi in bocca cose che non ho mai detto. Non ho mai sottinteso che andare all'università sia una inutile spesa di soldi. Secondo me hai letto male il mio messaggio, tutto qui, ci siamo fraintesi.
Ciao.
Ma a parte questo, che come è evidente può comprendere una ristretta cerchia di casi. Vorrei rinvitarti a riflettere sulla questione che quello che tu affermi è anch'esso un fenomeno attribuibile ad una ristretta cerchia di persone fisiche, e talvolta immaginarie, che lavorano, studiano e fanno anche tanto e tanto altro.
Ed è fuori discussione che io creda al fatto che tu abbia amici così in gamba, che stimo molto. Ma invece di dirmi di informarmi, perché non provi a rileggere quello che ho scritto nel primo intervento ?
Generalizzare è un po' come pretendere di avere la verità in tasca, non ti pare ?
Io non penso che siano poche le persone che approvino quello che ho scritto, sicuramente non tutte, ma se tu pretendi di avere la verità in tasca e ti rifiuti persino di leggere quello che ho scritto..
Magari a volte ci rifiutiamo di immedesimarci in alcuni casi e/o pensiamo che a fare certe cose sia davvero facile. Ma non è così.
Appunto, tu conosci la realtà di Pisa. Chi ti dice che altrove sia ESATTAMENTE uguale ?
Sei entrato nelle case di tutti noi e ti sei accertato che ognuno di noi che rimane in casa è uno studente indegno e pigro ?
Poi, per piacere, non mettetemi in bocca cose che non ho mai detto. Non ho mai sottinteso che andare all'università sia una inutile spesa di soldi. Secondo me hai letto male il mio messaggio, tutto qui, ci siamo fraintesi.
Ciao.
@ mork_1
ma tu sai come funzionano le tasse universitarie? lo sai cos'è un ISEE?
ovviamente l'unica realtà che conosco bene è quella di Pisa, dove frequento io l'università: ti assicuro che le tasse sono fatte in modo che chiunque possa sostenerle, poichè sono 0 fino ad un livello abbastanza alto, e sono molto simili in altre università: è vero che a scienze le tasse sono particolarmente basse perchè non ci sono particolari laboratori o cose varie.
poi ripeto, se sei davvero un così bravo studente di premi per la maturità o borse di studio ne trovi.
o comunque anche studiare lavorando si può fare se uno ci tiene davvero, come detto lo fanno in tanti, ho amici che pur di studiare fanno anche due lavori visto che devono aiutare la famiglia ad andare avanti.
a me pare che parli con poca cognizione di causa, e quindi prima di invitare chi ha più esperienza di te a riflettere, informati.
inoltre da come parli tu sembra che andare all' università sia solo una inutile spesa di soldi, senza alcun vantaggio, cosa quanto mai lontana dalla realtà.
@ gli altri:
ok a volte ci sono motivi seri per restare a casa, situazioni particolari. ma la norma secondo me dovrebbe essere che un ragazzo a 20 anni ha la possibilitià ed il dovere di farsi una vita sua, e andare in una città diversa, magari non la cittadina di provincia dove ha sempre vissuto è una grande opportunità, soprattutto per cambiare punto di vista e non rimanere sempre con le stesse persone e la stessa mentalità.
ma tu sai come funzionano le tasse universitarie? lo sai cos'è un ISEE?
ovviamente l'unica realtà che conosco bene è quella di Pisa, dove frequento io l'università: ti assicuro che le tasse sono fatte in modo che chiunque possa sostenerle, poichè sono 0 fino ad un livello abbastanza alto, e sono molto simili in altre università: è vero che a scienze le tasse sono particolarmente basse perchè non ci sono particolari laboratori o cose varie.
poi ripeto, se sei davvero un così bravo studente di premi per la maturità o borse di studio ne trovi.
o comunque anche studiare lavorando si può fare se uno ci tiene davvero, come detto lo fanno in tanti, ho amici che pur di studiare fanno anche due lavori visto che devono aiutare la famiglia ad andare avanti.
a me pare che parli con poca cognizione di causa, e quindi prima di invitare chi ha più esperienza di te a riflettere, informati.
inoltre da come parli tu sembra che andare all' università sia solo una inutile spesa di soldi, senza alcun vantaggio, cosa quanto mai lontana dalla realtà.
@ gli altri:
ok a volte ci sono motivi seri per restare a casa, situazioni particolari. ma la norma secondo me dovrebbe essere che un ragazzo a 20 anni ha la possibilitià ed il dovere di farsi una vita sua, e andare in una città diversa, magari non la cittadina di provincia dove ha sempre vissuto è una grande opportunità, soprattutto per cambiare punto di vista e non rimanere sempre con le stesse persone e la stessa mentalità.
"Paolo90":
[OT]
La maggioranza potrà anche essere pigra e incapace di arrangiarsi, ma ti posso garantire che c'è anche qualcuno che resta "a vivere con mamma e papà" per aiutare e dare una mano in casa, dove magari non ci sono sempre condizioni rosee. E coniugare esigenze così diverse (l'aiuto domestico e lo studio) non è così semplice come può sembrare. Anzi.
[/OT]

altro (stupido) motivo: semplicemente perchè l'università potrebbe essere nella stessa città dove vivi o comunque in provincia...quindi non c'è motivo di andarsene di casa per aggiungere spese inutili. (il mio caso)