Faccio Matematica senza essere intelligente.
Sono ormai iscritto da tre anni a Matematica e continuo ad ottenere altissimi voti, sono il migliore del mio corso. Ma non sono intelligente. O forse i matematici sono troppo stupidi. Gli strumenti fondamentali del matematico, le dimostrazioni, non riesco ad accettarla. A parte l'evidentissima dimostrazione diretta, le due rimanenti le rigetto. Il principio d'induzione non lo ritengo vero. Spiegarlo affermando che ''se ho dimostrato per un certo n, mettiamo uno, e ho dimostrato la proposizioje generale che se vale per un certo n allora vale anche per n+1' allora vale anche per due, e poi stesso ragionamento per tre'' è ridicolo per chi ha un minimo di intelligenza e riesce a distinguere tra un infinito potenziale e un infinito attuale. Facendo così infatti non posso valutare in eterno, sará vero il percorso fino a quando voglio, ma fino a quando ci arrivo io, andando avanti. O al limite prendendo un computer potentissimo velocizzerò le cose, ma non riuscirò mai a ''vedere'' tutte le infinite proposizioni vere. Per quanto riguarda invece la dimostrazione per assurdo, una volta giunti alla contraddizione si dice ''perciò l'ipotesi non può essere vera, dev'essere vero il contrario'' senza però dire da dove arriva quel ''perciò''. Lo dite voi, perchè vi sembra ''strano'' e quindi aggiungete ''perciò'' ma una giustificazione a questo perciò non c'è.
Risposte
Onestamente, non capisco il senso di questo post. Mi verrebbe da risponderti : e quindi?
Beh, si è vero : una laurea in Matematica non ti rende un Matematico, così pure voti da lode non indicano il fatto che tu sia un genio; su questo ti do ragione.
Non capisco tuttavia come mai in questi tre anni tu non ti sia mai preso la briga di cercar di cercare di fare chiarezza su queste tue perplessità... basilari e necessarie per capire, almeno un po', quello che si studia in tre anni.
Beh, si è vero : una laurea in Matematica non ti rende un Matematico, così pure voti da lode non indicano il fatto che tu sia un genio; su questo ti do ragione.
Non capisco tuttavia come mai in questi tre anni tu non ti sia mai preso la briga di cercar di cercare di fare chiarezza su queste tue perplessità... basilari e necessarie per capire, almeno un po', quello che si studia in tre anni.
Senza perdersi nei meandri della risposta alla domanda "cos'è l'intelligenza" ci sono persone intelligentissime nemmeno diplomate o che non sanno usare un pc. Non è una laurea o uno studio a far acquisire una determinata intelligenza.
PS. Se non ricordo male, il principio di induzione è un assioma con cui si costruisce $\NN$.
PS. Se non ricordo male, il principio di induzione è un assioma con cui si costruisce $\NN$.

"Zero87":
Senza perdersi nei meandri della risposta alla domanda "cos'è l'intelligenza" ci sono persone intelligentissime nemmeno diplomate o che non sanno usare un pc. Non è una laurea o uno studio a far acquisire una determinata intelligenza.
PS. Se non ricordo male, il principio di induzione è un assioma con cui si costruisce $\NN$.
Infatti io per essere ''sereno'' prendo tutta la matematica come un gioco di simboli ma è evidente che le veritá matematiche abbiano valore di per sè, non è solo un gioco. O almeno, le hanno per i matematici, per me no in quanto ritengo falsi gli strumenti di dimostrazione. Per Kashaman: appunto perchè sono basilari sono più complessi. Evidentemente tu ti sei accontentato di non rifletterci a lungo e quindi hai preso le cose così a intuito.
@schiele
a mio parere,i tuoi voti alti sono ascrivibili alla categoria dei fenomeni paranormali

raramente ho letto in così poche righe un tale cumulo di sciocchezze
edit: il titolo del thread è ineccepibile
a mio parere,i tuoi voti alti sono ascrivibili alla categoria dei fenomeni paranormali



raramente ho letto in così poche righe un tale cumulo di sciocchezze
edit: il titolo del thread è ineccepibile
"stormy":
@schiele
a mio parere,i tuoi voti alti sono ascrivibili alla categoria dei fenomeni paranormali![]()
![]()
raramente ho letto in così poche righe un tale cumulo di sciocchezze
edit: il titolo del thread è ineccepibile
Hai una mentalitá poco filosofica amico mio. Volendo potrei andare oltre e chiederti perchè sei tanto convinto che le ipotesi abbiano valore nella realtá, sono solo dei pensieri in fondo, chi ti da l'autorizzazione di usarli come specchi della realtá? Es.
Immaginiamo di fare un ragionamento matematico per dimostrare un teorema e che tu alla fine mi proponga la tua dimostrazione. Perchè dovrei fidarmi del tuo ragionamento, riferito solo ai tuoi pensieri? Effettivamente poi, andando a verificare scopro che è proprio come dici tu. Ma questa non è una cosa ovvia. Chi ti da la sicurezza che i tuoi ragionamenti alla fine valgano effettivamente nel mondo matematico? Mi spiego meglio: leggo la dimostrazione del teorema di Lagrange. Andando su una particolare funzione scopro che funziona proprio come dice il teorema. Ma la funzione che ho davanti è la realtá, è una cosa attuale. Il ragionamento invece che fa il libro o chi me lo dimostra sulla lavagna è un insieme di immagini mentali collegate logicamente. Chi mi assicura che di queste immagini mentali (idee) io possa servirmene per prevedere implicazioni nella realtá (nel nostro caso nel mondo matematico)?
Ragazzi, sapevo che il massimo dei vostri commenti sarebbe stato ''sono cose basilari'', ''stai dicendo delle sciocchezze''. Lo so che non sapete rispondere a queste domande, io sono impazzito fidatevi per dargli una risposta. Nessuno di voi ha provato a rispondere concretamente a quello che dico e me lo aspettavo, sinceramente.
Non sei (necessariamente) poco intelligente, sei un [neo]intuizionista. Non sei il solo. Certo, i matematici intuizionisti costituiscono una sparuta minoranza, in quanto generalmente i matematici sono (più o meno consapevolmente) formalisti o [neo]platonici. (Per esperienza sono portato a dire che quelli che non si pongono il problema sono in genere formalisti ignari.)
Puoi continuare tranquillamente la tua carriera da matematico (se è quel che vuoi fare) facendo matematica intuizionista, sono pochi i posti in cui la si porta avanti, ma ci sono. Banalizzando, chi opera in quel campo si occupa di riscoprire l'acqua calda, ma in maniera costruttiva, oppure di giocare con ipotesi ed enunciati per trovare il risultato costruttivo che più si avvicina alla versione non costruttiva. Il che è molto utile per le implementazioni di tipo informatico, ad esempio. Nella storia è capitato sia che dimostrazioni costruttive di fatti già dimostrati altrimenti abbiano portato ad una maggiore comprensione dell'argomento in questione, sia che una dimostrazione costruttiva abbia portato solo una valanga di contazzi poco significativi. È un lavoro ingrato fare matematica seria senza l'assioma della scelta, ma se senti di avere la vocazione ben venga. Mi viene in mente che c'è un utente di questo forum cui ho sentito dire più volte (a titolo d'esempio) che sarebbe curioso di vedere che apporto alla matematica potrebbe dare una dimostrazione costruttiva del teorema di Van Kampen.
I logici si pongono il problema molto più dei matematici, tanto è vero che la logica intuizionista si sviluppa parallelamente alle altre ed è un campo molto attivo. Probabilmente uno spirito come il tuo può essere utile per favorire una certa coesione di un lavoro propriamente matematico col lavoro dei logici. Se mastichi l'inglese puoi documentarti facilmente sullo stato dell'arte degli approcci costruttivi ai vari rami della matematica.
Detto ciò, è comunque evidente che sei il primo ad avere problemi a distinguere tra infinito potenziale e attuale. Il principio di induzione funziona con un infinito potenziale, infatti tu non ottieni un passaggio al limite applicandolo, ma solo la garanzia della validità per qualsiasi quantità finita. Con la comune costruzione/identificazione di \(\mathbb{N}\) con i cardinali finiti hai che \(\aleph_0 \not\in \mathbb{N}\), non ha proprio senso mettere in relazione il principio di induzione con un infinito attuale. Certo, le cardinalità finite sono infinite, ma non sta lì il punto delicato della questione, a meno che tu non sia anche un finitista/ultraintuizionista. Ad ogni modo quelli in cui vale il principio di induzione od il principio del terzo escluso sono modelli logici come tanti altri, la matematica è grande, c'è gente che lavora su teorie degli insiemi strutturali e gente che lavora su versioni costruttive di ZF, ognuno ha i suoi gusti e sceglie ciò per cui è portato, senza interferire col lavoro degli altri.
D'altro canto dovresti capire che l'impostazione filosofica non ha niente a che fare con la validità degli altri modelli, un sistema assiomatico è quel che è, punto, (così come un caso particolare di una teoria astratta non è qualcosa di più concreto) se non riesci a cogliere la separazione tra quel che tu chiami "realtà" e l'universo matematico (che nomini ma tratti in maniera piuttosto ambigua) o un qualsiasi sistema assiomatico devi lavorarci su, il realismo di Galileo è morto da un pezzo, ora sappiamo che abbiamo dei modelli e dei fenomeni e gente che si occupa di scegliere i modelli adatti per descrivere dei fenomeni, fine, il gap tra fenomeno e modello non è colmabile, il modello è una costruzione puramente astratta, se anche dovesse avere un suo peso ontologico (come io credo che sia) l'intersezione con ciò che riguarda i fenomeni nel senso classico è comunque vuota. Puoi rifiutarlo, ma questa visione è il punto più forte dell'approccio odierno alle scienze e dell'utilizzo dell'astrazione in generale. Io e te siamo agli antipodi, in quanto io sono platonico, e sebbene per me sembri assurdo non accettare l'assioma della scelta (e a dire il vero anche quello di Tarski) almeno quanto a te sembra assurdo il principio del terzo escluso, non mi sognerei mai di usarlo se sto lavorando in ZF duro e puro. La propria personale visione filosofica della matematica è una cosa bella e spesso stimolante, ma essere un matematico significa anche imparare a lavorare in un sistema di assiomi che non ci garba. Puoi trovare più naturale un mondo in cui valga l'ipotesi generalizzata del continuo rispetto ad uno in cui non vale, ma se per qualche motivo lavori ad una teoria in cui viene rifiutata non hai scelta. Se lavori in ambito tradizionale, allora vale il principio del terzo escluso, e devi saperlo usare, punto. Ovviamente quando potrai scegliere tu di cosa occuparti potrai liberartene serenamente. Forse.
Puoi continuare tranquillamente la tua carriera da matematico (se è quel che vuoi fare) facendo matematica intuizionista, sono pochi i posti in cui la si porta avanti, ma ci sono. Banalizzando, chi opera in quel campo si occupa di riscoprire l'acqua calda, ma in maniera costruttiva, oppure di giocare con ipotesi ed enunciati per trovare il risultato costruttivo che più si avvicina alla versione non costruttiva. Il che è molto utile per le implementazioni di tipo informatico, ad esempio. Nella storia è capitato sia che dimostrazioni costruttive di fatti già dimostrati altrimenti abbiano portato ad una maggiore comprensione dell'argomento in questione, sia che una dimostrazione costruttiva abbia portato solo una valanga di contazzi poco significativi. È un lavoro ingrato fare matematica seria senza l'assioma della scelta, ma se senti di avere la vocazione ben venga. Mi viene in mente che c'è un utente di questo forum cui ho sentito dire più volte (a titolo d'esempio) che sarebbe curioso di vedere che apporto alla matematica potrebbe dare una dimostrazione costruttiva del teorema di Van Kampen.
I logici si pongono il problema molto più dei matematici, tanto è vero che la logica intuizionista si sviluppa parallelamente alle altre ed è un campo molto attivo. Probabilmente uno spirito come il tuo può essere utile per favorire una certa coesione di un lavoro propriamente matematico col lavoro dei logici. Se mastichi l'inglese puoi documentarti facilmente sullo stato dell'arte degli approcci costruttivi ai vari rami della matematica.
Detto ciò, è comunque evidente che sei il primo ad avere problemi a distinguere tra infinito potenziale e attuale. Il principio di induzione funziona con un infinito potenziale, infatti tu non ottieni un passaggio al limite applicandolo, ma solo la garanzia della validità per qualsiasi quantità finita. Con la comune costruzione/identificazione di \(\mathbb{N}\) con i cardinali finiti hai che \(\aleph_0 \not\in \mathbb{N}\), non ha proprio senso mettere in relazione il principio di induzione con un infinito attuale. Certo, le cardinalità finite sono infinite, ma non sta lì il punto delicato della questione, a meno che tu non sia anche un finitista/ultraintuizionista. Ad ogni modo quelli in cui vale il principio di induzione od il principio del terzo escluso sono modelli logici come tanti altri, la matematica è grande, c'è gente che lavora su teorie degli insiemi strutturali e gente che lavora su versioni costruttive di ZF, ognuno ha i suoi gusti e sceglie ciò per cui è portato, senza interferire col lavoro degli altri.
D'altro canto dovresti capire che l'impostazione filosofica non ha niente a che fare con la validità degli altri modelli, un sistema assiomatico è quel che è, punto, (così come un caso particolare di una teoria astratta non è qualcosa di più concreto) se non riesci a cogliere la separazione tra quel che tu chiami "realtà" e l'universo matematico (che nomini ma tratti in maniera piuttosto ambigua) o un qualsiasi sistema assiomatico devi lavorarci su, il realismo di Galileo è morto da un pezzo, ora sappiamo che abbiamo dei modelli e dei fenomeni e gente che si occupa di scegliere i modelli adatti per descrivere dei fenomeni, fine, il gap tra fenomeno e modello non è colmabile, il modello è una costruzione puramente astratta, se anche dovesse avere un suo peso ontologico (come io credo che sia) l'intersezione con ciò che riguarda i fenomeni nel senso classico è comunque vuota. Puoi rifiutarlo, ma questa visione è il punto più forte dell'approccio odierno alle scienze e dell'utilizzo dell'astrazione in generale. Io e te siamo agli antipodi, in quanto io sono platonico, e sebbene per me sembri assurdo non accettare l'assioma della scelta (e a dire il vero anche quello di Tarski) almeno quanto a te sembra assurdo il principio del terzo escluso, non mi sognerei mai di usarlo se sto lavorando in ZF duro e puro. La propria personale visione filosofica della matematica è una cosa bella e spesso stimolante, ma essere un matematico significa anche imparare a lavorare in un sistema di assiomi che non ci garba. Puoi trovare più naturale un mondo in cui valga l'ipotesi generalizzata del continuo rispetto ad uno in cui non vale, ma se per qualche motivo lavori ad una teoria in cui viene rifiutata non hai scelta. Se lavori in ambito tradizionale, allora vale il principio del terzo escluso, e devi saperlo usare, punto. Ovviamente quando potrai scegliere tu di cosa occuparti potrai liberartene serenamente. Forse.
se questi fantomatici(come dice mike bongiorno nell'imitazione di fiorello
) matematici(?) intuizionisti si esprimono in questo modo :
e
allora non ho problemi a dire che l'intuizionismo è una ***
[xdom="gugo82"]@stormy: Se cominciassi ad argomentare, invece che flammare gratuitamente, te ne saremmo infinitamente grati (ed eviteresti una sospensione).[/xdom]

"Schiele.":
Il principio d'induzione non lo ritengo vero
e
"Schiele.":
Per quanto riguarda invece la dimostrazione per assurdo, una volta giunti alla contraddizione si dice ''perciò l'ipotesi non può essere vera, dev'essere vero il contrario'' senza però dire da dove arriva quel ''perciò''. Lo dite voi, perchè vi sembra ''strano'' e quindi aggiungete ''perciò'' ma una giustificazione a questo perciò non c'è.
allora non ho problemi a dire che l'intuizionismo è una ***
[xdom="gugo82"]@stormy: Se cominciassi ad argomentare, invece che flammare gratuitamente, te ne saremmo infinitamente grati (ed eviteresti una sospensione).[/xdom]
"Epimenide93":
Non sei (necessariamente) poco intelligente, sei un [neo]intuizionista. Non sei il solo. Certo, i matematici intuizionisti costituiscono una sparuta minoranza, in quanto generalmente i matematici sono (più o meno consapevolmente) formalisti o [neo]platonici. (Per esperienza sono portato a dire che quelli che non si pongono il problema sono in genere formalisti ignari.)
Puoi continuare tranquillamente la tua carriera da matematico (se è quel che vuoi fare) facendo matematica intuizionista, sono pochi i posti in cui la si porta avanti, ma ci sono. Banalizzando, chi opera in quel campo si occupa di riscoprire l'acqua calda, ma in maniera costruttiva, oppure di giocare con ipotesi ed enunciati per trovare il risultato costruttivo che più si avvicina alla versione non costruttiva. Il che è molto utile per le implementazioni di tipo informatico, ad esempio. Nella storia è capitato sia che dimostrazioni costruttive di fatti già dimostrati altrimenti abbiano portato ad una maggiore comprensione dell'argomento in questione, sia che una dimostrazione costruttiva abbia portato solo una valanga di contazzi poco significativi. È un lavoro ingrato fare matematica seria senza l'assioma della scelta, ma se senti di avere la vocazione ben venga. Mi viene in mente che c'è un utente di questo forum cui ho sentito dire più volte (a titolo d'esempio) che sarebbe curioso di vedere che apporto alla matematica potrebbe dare una dimostrazione costruttiva del teorema di Van Kampen.
I logici si pongono il problema molto più dei matematici, tanto è vero che la logica intuizionista si sviluppa parallelamente alle altre ed è un campo molto attivo. Probabilmente uno spirito come il tuo può essere utile per favorire una certa coesione di un lavoro propriamente matematico col lavoro dei logici. Se mastichi l'inglese puoi documentarti facilmente sullo stato dell'arte degli approcci costruttivi ai vari rami della matematica.
Detto ciò, è comunque evidente che sei il primo ad avere problemi a distinguere tra infinito potenziale e attuale. Il principio di induzione funziona con un infinito potenziale, infatti tu non ottieni un passaggio al limite applicandolo, ma solo la garanzia della validità per qualsiasi quantità finita. Con la comune costruzione/identificazione di \(\mathbb{N}\) con i cardinali finiti hai che \(\aleph_0 \not\in \mathbb{N}\), non ha proprio senso mettere in relazione il principio di induzione con un infinito attuale. Certo, le cardinalità finite sono infinite, ma non sta lì il punto delicato della questione, a meno che tu non sia anche un finitista/ultraintuizionista. Ad ogni modo quelli in cui vale il principio di induzione od il principio del terzo escluso sono modelli logici come tanti altri, la matematica è grande, c'è gente che lavora su teorie degli insiemi strutturali e gente che lavora su versioni costruttive di ZF, ognuno ha i suoi gusti e sceglie ciò per cui è portato, senza interferire col lavoro degli altri.
D'altro canto dovresti capire che l'impostazione filosofica non ha niente a che fare con la validità degli altri modelli, un sistema assiomatico è quel che è, punto, (così come un caso particolare di una teoria astratta non è qualcosa di più concreto) se non riesci a cogliere la separazione tra quel che tu chiami "realtà" e l'universo matematico (che nomini ma tratti in maniera piuttosto ambigua) o un qualsiasi sistema assiomatico devi lavorarci su, il realismo di Galileo è morto da un pezzo, ora sappiamo che abbiamo dei modelli e dei fenomeni e gente che si occupa di scegliere i modelli adatti per descrivere dei fenomeni, fine, il gap tra fenomeno e modello non è colmabile, il modello è una costruzione puramente astratta, se anche dovesse avere un suo peso ontologico (come io credo che sia) l'intersezione con ciò che riguarda i fenomeni nel senso classico è comunque vuota. Puoi rifiutarlo, ma questa visione è il punto più forte dell'approccio odierno alle scienze e dell'utilizzo dell'astrazione in generale. Io e te siamo agli antipodi, in quanto io sono platonico, e sebbene per me sembri assurdo non accettare l'assioma della scelta (e a dire il vero anche quello di Tarski) almeno quanto a te sembra assurdo il principio del terzo escluso, non mi sognerei mai di usarlo se sto lavorando in ZF duro e puro. La propria personale visione filosofica della matematica è una cosa bella e spesso stimolante, ma essere un matematico significa anche imparare a lavorare in un sistema di assiomi che non ci garba. Puoi trovare più naturale un mondo in cui valga l'ipotesi generalizzata del continuo rispetto ad uno in cui non vale, ma se per qualche motivo lavori ad una teoria in cui viene rifiutata non hai scelta. Se lavori in ambito tradizionale, allora vale il principio del terzo escluso, e devi saperlo usare, punto. Ovviamente quando potrai scegliere tu di cosa occuparti potrai liberartene serenamente. Forse.
Si, esattamente, grazie mille. Il primo che risponde seriamente. Esatto, gli intuizionisti condividono in filosofia della matematica la mia stessa visione delle cose e infatti rigettano la dimostrazione per assurdo. Altra cosa verissima che hai detto è che bisogna accettare, a proprio mal grado, certi modelli quando si lavora a una teoria matematica e infatti, come ho scritto sopra, quando mi trovo a dover lavorare con teorie che cozzano con il mio sistema filosofico gioco ''a dare i simboli'', tratta tutto come un sistema di regole. Per quanto riguarda il principio di induzione, appunto, anche io dico ''è vero fino a quando ci arrivo, cioè è valido oer qualsiasi quantitá finita''. Ancora meglio: più il mio computer è potente più arrivo lontano e il principio di induzione mi garantisce che è vero comunque. Ma sai qual'è la storia? La storia è che mi sembra di essere l'unico pazzo a cui importino queste cose in facoltá, la gente mi da dello strano o dello stupido, mi sento incompreso. Meno male che hai risposto tu, mi sento un pò meno solo.
Cioè intendo dire che i miei compagni di corso non sanno nemmeno che significa infinito potenziale e attuale.
@stormy
mi auguro che il suo sia un difetto d'espressione e che non pensi davvero che il principio d'induzione sia assolutamente vero o falso. È tuttavia innegabile la soggettività del "gusto" matematico, qualcuno (come il sottoscritto) può trovarlo naturale, intuitivo e "idealmente giusto" e qualcuno (come mi pare di capire sia il caso di Schiele.) innaturale, controintuitivo e "idealmente sbagliato", de gustibus non disputandum est. Se una persona la pensa così e tuttavia ha ancora voglia di fare matematica, faccia come gli pare, esiste una quantità non nulla di intuizionisti estremamente competenti. Se mi sbaglio e il problema non è solo espressivo, ma concettuale, fatti suoi. Ma in quest'ultimo caso dubito voglia continuare a fare matematica. Sul terzo escluso la questione è decisamente più spinosa, e non ho le competenze per discuterla con proprietà, mi sono limitato a dire quel che potevo dire; conosco alcuni sbocchi cui porta la discussione della questione, ma non abbastanza da poterne parlare. Anche qui il problema che lui espone con un realismo anacronistico ha un principio di per sé interessante, poi se Schiele. il realismo lo abbia in testa e non solo fra le dita non lo so, mi auguro che almeno lui lo sappia.
@Schiele
come ho già detto "valido per qualsiasi quantità finita" è equivalente a "valido \(\forall x \in \mathbb{N}\)", anche se \(\lvert \mathbb{N} \rvert = \aleph_0\). L'effettiva computabilità a priori non è legata alla validità di una dimostrazione, il nodo lo hai stretto tu. D'altronde il calcolo combinatorio tira fuori risultati incomprensibili per un calcolatore. Qui non faccio un ragionamento ordinato, mi limito ad eruttare fatti. Sappi comunque che avere una visione filosofica precisa non ti autorizza a trattare la questione con ingenuità. Ti sei posto il problema? O lo affronti (professionalmente) o lo molli, l'alternativa è che lo affronti all'acqua di rose partorendo un pastone di idee scientificamente insensate e alla prima crisi di mezza età finisci ad elemosinare consensi e proseliti su un forum di matematica. L'unico consiglio che mi sento di darti è di studiare per bene un bel po' di logica, non sarà un lavoro da poco ma immagino che ripagherà. Più di tutto, stai attento a non trasformare la filosofia in pregiudizio.
mi auguro che il suo sia un difetto d'espressione e che non pensi davvero che il principio d'induzione sia assolutamente vero o falso. È tuttavia innegabile la soggettività del "gusto" matematico, qualcuno (come il sottoscritto) può trovarlo naturale, intuitivo e "idealmente giusto" e qualcuno (come mi pare di capire sia il caso di Schiele.) innaturale, controintuitivo e "idealmente sbagliato", de gustibus non disputandum est. Se una persona la pensa così e tuttavia ha ancora voglia di fare matematica, faccia come gli pare, esiste una quantità non nulla di intuizionisti estremamente competenti. Se mi sbaglio e il problema non è solo espressivo, ma concettuale, fatti suoi. Ma in quest'ultimo caso dubito voglia continuare a fare matematica. Sul terzo escluso la questione è decisamente più spinosa, e non ho le competenze per discuterla con proprietà, mi sono limitato a dire quel che potevo dire; conosco alcuni sbocchi cui porta la discussione della questione, ma non abbastanza da poterne parlare. Anche qui il problema che lui espone con un realismo anacronistico ha un principio di per sé interessante, poi se Schiele. il realismo lo abbia in testa e non solo fra le dita non lo so, mi auguro che almeno lui lo sappia.
@Schiele
come ho già detto "valido per qualsiasi quantità finita" è equivalente a "valido \(\forall x \in \mathbb{N}\)", anche se \(\lvert \mathbb{N} \rvert = \aleph_0\). L'effettiva computabilità a priori non è legata alla validità di una dimostrazione, il nodo lo hai stretto tu. D'altronde il calcolo combinatorio tira fuori risultati incomprensibili per un calcolatore. Qui non faccio un ragionamento ordinato, mi limito ad eruttare fatti. Sappi comunque che avere una visione filosofica precisa non ti autorizza a trattare la questione con ingenuità. Ti sei posto il problema? O lo affronti (professionalmente) o lo molli, l'alternativa è che lo affronti all'acqua di rose partorendo un pastone di idee scientificamente insensate e alla prima crisi di mezza età finisci ad elemosinare consensi e proseliti su un forum di matematica. L'unico consiglio che mi sento di darti è di studiare per bene un bel po' di logica, non sarà un lavoro da poco ma immagino che ripagherà. Più di tutto, stai attento a non trasformare la filosofia in pregiudizio.
"Schiele.":
Si, esattamente, grazie mille. Il primo che risponde seriamente.
Non siamo al caffè Florian, siamo su un forum. Lanci un post vago con poco senso ed è normale che aspetti un po' prima di rispondere una risposta accurata: non credi che magari abbiamo voluto farti uscire qualche altra parola?

La storia è che mi sembra di essere l'unico pazzo a cui importino queste cose in facoltá, la gente mi da dello strano o dello stupido, mi sento incompreso. Meno male che hai risposto tu, mi sento un pò meno solo.
Non importa solo a te. A me ormai importa meno perché il lavoro sta cancellando la matematica che ho nella testa ma al primo anno della magistrale certe cose non mi facevano dormire la notte. Passavo ore intere a pensare alla matematica dell'infinito, ad esempio...!
Sui ringraziamenti dell tesi - cito a occhio - avevo ringraziato la mia fidanzata anche per quella sera che non mi ha tirato il telefono in faccia perché sono stato minimo un ora a parlarle del fatto che $\NN$ e $\RR$ erano due infiniti di tipo diverso citando vari teoremi (tra tutti Cantor) e varie implicazioni.

"Epimenide93":
Più di tutto, stai attento a non trasformare la filosofia in pregiudizio.
Mi viene in mente questa discussione, anche per il contenuto, tra l'altro
viewtopic.php?f=26&t=127080
Vuoi sapere Epimenide quello che ho capito del principio d'induzione?
Allora, in questi anni ho dato due interpretazioni. La prima è assiomatica, lo prendo come un assioma e fine. E questa la accetto. Che N sia diverso da aleph-zero, o meglio che aleph-zero non appartenga a N è chiaro e non c'entra niente con quello che ti sto dicendo io. Vediamola dal punto di vista di un professore che deve spiegare il concetto alle matricole. Dopo averlo spiegato dirá: allora quindi se è valido per 1, grazie alla proposizione generale, posso dimostrarlo anche per due. Ora se è valido per due posso dimostrarlo anche per tre. E così via, e l'ho dimostrato per tutti gli N! No, non è possibile dare una dimostrazione costruttiva di tutte le infinite proposizioni, posso solo mettermi lì e partire da uno fino ad arrivare a chissá dove e finchè ci arrivo il principio mi garantisce che è vero ma siamo sempre nel finito, arriverò fino a un certo punto e basta. Per farla breve: se mi chiedono se è vero per 200000000000000000000000000000 dovrei mettermi lì, dal mio punto di vista, e apllicare il principio passo per passo fino ad arrivare a quel numero, cosa infattibile.
Allora, in questi anni ho dato due interpretazioni. La prima è assiomatica, lo prendo come un assioma e fine. E questa la accetto. Che N sia diverso da aleph-zero, o meglio che aleph-zero non appartenga a N è chiaro e non c'entra niente con quello che ti sto dicendo io. Vediamola dal punto di vista di un professore che deve spiegare il concetto alle matricole. Dopo averlo spiegato dirá: allora quindi se è valido per 1, grazie alla proposizione generale, posso dimostrarlo anche per due. Ora se è valido per due posso dimostrarlo anche per tre. E così via, e l'ho dimostrato per tutti gli N! No, non è possibile dare una dimostrazione costruttiva di tutte le infinite proposizioni, posso solo mettermi lì e partire da uno fino ad arrivare a chissá dove e finchè ci arrivo il principio mi garantisce che è vero ma siamo sempre nel finito, arriverò fino a un certo punto e basta. Per farla breve: se mi chiedono se è vero per 200000000000000000000000000000 dovrei mettermi lì, dal mio punto di vista, e apllicare il principio passo per passo fino ad arrivare a quel numero, cosa infattibile.
"Che cos'è la Matematica? - Courant, Robbins":39e76qcf:
La possibilità di far ciò dipende da due condizioni: a) che esista un metodo generale per mostrare che, se una proposizione \(A_r\) è vera lo è anche \(A_{r+1}\) (...)
quando porti avanti una dimostrazione per induzione tu dimostri che la validità della proposizione in questione per un generico naturale implica la validità della proposizione per il naturale successivo, senza avere a priori alcuna informazione sulla validità della proposizione per tale successivo, né aver identificato il (per l'appunto) generico naturale. In tale ipotesi, dal momento che ogni numero naturale non nullo è successore di qualche altro numero, la validità di una proposizione per un naturale la garantisce per tutti i naturali che lo seguono, che si effettui o meno la verifica. La chiave non sta nell'applicazione dell'induzione, ma nella certezza di poterla applicare. Se rifiuti questo, rifiuti il sistema ipotetico-deduttivo.
"Schiele.":
Vuoi sapere Epimenide quello che ho capito del principio d'induzione?
Niente






altro che intuizionismo,hai esposto un ragionamento(?) da ragazzino delle scuole superiori, refrattario alla matematica
"Epimenide93":
[quote="Che cos'è la Matematica? - Courant, Robbins":15t4xy6n]
La possibilità di far ciò dipende da due condizioni: a) che esista un metodo generale per mostrare che, se una proposizione \(A_r\) è vera lo è anche \(A_{r+1}\) (...)
quando porti avanti una dimostrazione per induzione tu dimostri che la validità della proposizione in questione per un generico naturale implica la validità della proposizione per il naturale successivo, senza avere a priori alcuna informazione sulla validità della proposizione per tale successivo, né aver identificato il (per l'appunto) generico naturale. In tale ipotesi, dal momento che ogni numero naturale non nullo è successore di qualche altro numero, la validità di una proposizione per un naturale la garantisce per tutti i naturali che lo seguono, che si effettui o meno la verifica. La chiave non sta nell'applicazione dell'induzione, ma nella certezza di poterla applicare. Se rifiuti questo, rifiuti il sistema ipotetico-deduttivo.[/quote]
No, la garantisce per il successivo. E poi tu mi dirai ''ma allora è vero sempre per la proposizione generale anche per il successivo del successivo'' ma qui ci riportiamo al mio discorso. Comunque scusa, ho sbagliato a esprimermi, certo, è una implicazione logica non è che devo stare lì a verificare con carta e penna, intendo ''immaginarsi mentalmente il processo che da uno mi porta al numero voluto''. Mi fa strano non riuscire a immaginarmi tutta la catena a ''effetto domino'' come dice la Wikipedia che mi porta fino a quel numero.
"Schiele.":
la garantisce per il successivo
il successivo di cosa?
"Schiele.":
''ma allora è vero sempre per la proposizione generale anche per il successivo del successivo'' ma qui ci riportiamo al mio discorso.
No, perché il tuo discorso pretende di compiere anche una verifica, qui puoi andare avanti ad libitum sulla base della tua dimostrazione.
Quella che riporti dopo è un'informazione sul tuo modo di pensare che dal mio punto di vista ha poco da spartire coi problemi fondazionali. Comunque hai le idee confuse, non posso saperlo con certezza, ma da quel che scrivi io direi che sono cose che hai studiato in maniera un po' approssimativa e che hai iniziato ad usare prima di averle capite. Ti consiglio di tornarci su con un occhio più tecnico (ripeto, partendo dalla logica) prima di discuterle. Non è sbagliato metterle in discussione, ma bisognerebbe farlo solo una volta che si è certi di sapere di cosa si sta parlando, tanto più quando "danno fastidio".
"Epimenide93":
[quote="Schiele."]la garantisce per il successivo
il successivo di cosa?
"Schiele.":
''ma allora è vero sempre per la proposizione generale anche per il successivo del successivo'' ma qui ci riportiamo al mio discorso.
No, perché il tuo discorso pretende di compiere anche una verifica, qui puoi andare avanti ad libitum sulla base della tua dimostrazione.
Quella che riporti dopo è un'informazione sul tuo modo di pensare che dal mio punto di vista ha poco da spartire coi problemi fondazionali. Comunque hai le idee confuse, non posso saperlo con certezza, ma da quel che scrivi io direi che sono cose che hai studiato in maniera un po' approssimativa e che hai iniziato ad usare prima di averle capite. Ti consiglio di tornarci su con un occhio più tecnico (ripeto, partendo dalla logica) prima di discuterle. Non è sbagliato metterle in discussione, ma bisognerebbe farlo solo una volta che si è certi di sapere di cosa si sta parlando, tanto più quando "danno fastidio".[/quote]
Dici che la proposizione generale garantisce la validitá del teorema anche per il successivo di un certo n, una volta vero per n. E poi? Come fai ad andare avanti senza compiere passaggi finiti? Devi prendere il successivo di n e dire ''ma allora è vero anche per questo, quindi riprendendo la proposizione generale è vero anche per il successivo di quest'ultimo'' e così via e qui ci riportiamo al discorso che devo andare avanti io e non posso farlo all'infinito.
"Epimenide93":Sul rifiuto del principio di contraddizione posso darti ragione ma che io sappia la logica intuizionistica non rifiuta l'induzione nel numerabile. Il rifiuto dell'induzione transfinita e dell'assioma della scelta sono cose più comuni e non entro nel merito.
Non sei (necessariamente) poco intelligente, sei un [neo]intuizionista. Non sei il solo. Certo, i matematici intuizionisti costituiscono una sparuta minoranza, in quanto generalmente i matematici sono (più o meno consapevolmente) formalisti o [neo]platonici. (Per esperienza sono portato a dire che quelli che non si pongono il problema sono in genere formalisti ignari.)
Rimane comunque il fatto che l'autore fa considerazioni sulla dimostrazione per induzione che dimostrano una lacuna nella comprensione di \(\forall\) collegandolo a concetti che non c'entrano nulla (i PC). Il principio di induzione asserisce che, sotto le sue ipotesi, dato qualsiasi elemento dell'insieme al più numerabile che consideri puoi dimostrare meccanicamente che possiede quella caratteristica in un tempo finito arbitrariamente grande. Non si sta davvero lavorando nell'infinito. Rifiutarla è ridicolo e, sostanzialmente, è equivalente a rifiutare l'intera aritmetica elementare. E le motivazioni usate contro di essa mostrano solo una certa confusione a riguardo. Vorrei far notare che non si può usare l'induzione su insiemi non numerabili. Si può usare quella transfinita ma è più complicata.
@tutti: Confondere ignoranza con stupidità e mancanza di intelligenza è comune ma sostanzialmente sbagliato. Prendere in giro i propri compagni per la loro ignoranza riguardo Aristotele è meschino e maleducato. Inoltre è un segno di bassa maturità intellettuale.
"vict85":
Sul rifiuto del principio di contraddizione posso darti ragione ma che io sappia la logica intuizionistica non rifiuta l'induzione nel numerabile. Il rifiuto dell'induzione transfinita e dell'assioma della scelta sono cose più comuni e non entro nel merito.
"Proofs by contradiction and proofs by induction are rejected."
"vict85":
Rimane comunque il fatto che l'autore fa considerazioni sulla dimostrazione per induzione che dimostrano una lacuna nella comprensione di \(\forall\) collegandolo a concetti che non c'entrano nulla (i PC). Il principio di induzione asserisce che, sotto le sue ipotesi, dato qualsiasi elemento dell'insieme al più numerabile che consideri puoi dimostrare meccanicamente che possiede quella caratteristica in un tempo finito arbitrariamente grande. Non si sta davvero lavorando nell'infinito. Rifiutarla è ridicolo e, sostanzialmente, è equivalente a rifiutare l'intera aritmetica elementare. E le motivazioni usate contro di essa mostrano solo una certa confusione a riguardo.
Sostanzialmente è quello che sto cercando di dire dal mio primo intervento.
"vict85":
@tutti: Confondere ignoranza con stupidità e mancanza di intelligenza
In tutta sincerità non mi sento chiamato in causa.
@Schiele.
Ho capito le tue obiezioni, e ho detto la mia, puoi essere d'accordo o meno, ma non ho altro da aggiungere, finirei solo col ripetermi.