Faccio Matematica senza essere intelligente.
Sono ormai iscritto da tre anni a Matematica e continuo ad ottenere altissimi voti, sono il migliore del mio corso. Ma non sono intelligente. O forse i matematici sono troppo stupidi. Gli strumenti fondamentali del matematico, le dimostrazioni, non riesco ad accettarla. A parte l'evidentissima dimostrazione diretta, le due rimanenti le rigetto. Il principio d'induzione non lo ritengo vero. Spiegarlo affermando che ''se ho dimostrato per un certo n, mettiamo uno, e ho dimostrato la proposizioje generale che se vale per un certo n allora vale anche per n+1' allora vale anche per due, e poi stesso ragionamento per tre'' è ridicolo per chi ha un minimo di intelligenza e riesce a distinguere tra un infinito potenziale e un infinito attuale. Facendo così infatti non posso valutare in eterno, sará vero il percorso fino a quando voglio, ma fino a quando ci arrivo io, andando avanti. O al limite prendendo un computer potentissimo velocizzerò le cose, ma non riuscirò mai a ''vedere'' tutte le infinite proposizioni vere. Per quanto riguarda invece la dimostrazione per assurdo, una volta giunti alla contraddizione si dice ''perciò l'ipotesi non può essere vera, dev'essere vero il contrario'' senza però dire da dove arriva quel ''perciò''. Lo dite voi, perchè vi sembra ''strano'' e quindi aggiungete ''perciò'' ma una giustificazione a questo perciò non c'è.
Risposte
"Schiele.":
Evidentemente tu ti sei accontentato di non rifletterci a lungo e quindi hai preso le cose così a intuito.
Pensala come ti pare, qui ad avere problemi sei tu non io. Cordialmente.
"vict85":Sul rifiuto del principio di contraddizione posso darti ragione ma che io sappia la logica intuizionistica non rifiuta l'induzione nel numerabile. Il rifiuto dell'induzione transfinita e dell'assioma della scelta sono cose più comuni e non entro nel merito.
[quote="Epimenide93"]Non sei (necessariamente) poco intelligente, sei un [neo]intuizionista. Non sei il solo. Certo, i matematici intuizionisti costituiscono una sparuta minoranza, in quanto generalmente i matematici sono (più o meno consapevolmente) formalisti o [neo]platonici. (Per esperienza sono portato a dire che quelli che non si pongono il problema sono in genere formalisti ignari.)
Rimane comunque il fatto che l'autore fa considerazioni sulla dimostrazione per induzione che dimostrano una lacuna nella comprensione di \(\forall\) collegandolo a concetti che non c'entrano nulla (i PC). Il principio di induzione asserisce che, sotto le sue ipotesi, dato qualsiasi elemento dell'insieme al più numerabile che consideri puoi dimostrare meccanicamente che possiede quella caratteristica in un tempo finito arbitrariamente grande. Non si sta davvero lavorando nell'infinito. Rifiutarla è ridicolo e, sostanzialmente, è equivalente a rifiutare l'intera aritmetica elementare. E le motivazioni usate contro di essa mostrano solo una certa confusione a riguardo. Vorrei far notare che non si può usare l'induzione su insiemi non numerabili. Si può usare quella transfinita ma è più complicata.
@tutti: Confondere ignoranza con stupidità e mancanza di intelligenza è comune ma sostanzialmente sbagliato. Prendere in giro i propri compagni per la loro ignoranza riguardo Aristotele è meschino e maleducato. Inoltre è un segno di bassa maturità intellettuale.[/quote]
Per me dimostrare meccanicamente in un tempo finito arbitrariarmente grande significa andare passaggio per passaggio come ho scritto io sin dall'inizio.
essendo evidente che "il prendere in giro" era rivolto a me,io ho un'altra idea del cosa sia prendere in giro
io ho contestato con ironia le stupidaggini che sono state dette da una persona che si è presentata in maniera provocatoria,il che è tutta un'altra cosa
il moderatore ha letto con attenzione il primo post ?
essendomi espresso in maniera non volgare,rivendico il mio diritto di mettere a posto un presuntuoso
io ho contestato con ironia le stupidaggini che sono state dette da una persona che si è presentata in maniera provocatoria,il che è tutta un'altra cosa
il moderatore ha letto con attenzione il primo post ?
essendomi espresso in maniera non volgare,rivendico il mio diritto di mettere a posto un presuntuoso
"stormy":
essendo evidente che "il prendere in giro" era rivolto a me,io ho un'altra idea del cosa sia prendere in giro
io ho contestato con ironia le stupidaggini che sono state dette da una persona che si è presentata in maniera provocatoria,il che è tutta un'altra cosa
il moderatore ha letto con attenzione il primo post ?
essendomi espresso in maniera non volgare,rivendico il mio diritto di mettere a posto un presuntuoso
Ma presuntuoso cosa? Ho offeso qualcuno? Non mi pare. Casomai il presuntuoso sei tu che mi vuoi far passare per deficiente.
@moderatore
e chi ti ha detto che io ho confuso ignoranza con stupidità?la mia era una battuta che approfittava dell'infelice titolo scelto dall'utente
in ogni caso ,sei pregato di moderare le parole perchè,come indica il mio nickname, non ci metto niente a risponderti
e chi ti ha detto che io ho confuso ignoranza con stupidità?la mia era una battuta che approfittava dell'infelice titolo scelto dall'utente
in ogni caso ,sei pregato di moderare le parole perchè,come indica il mio nickname, non ci metto niente a risponderti
premesso che non mi ritengo un matematico,ma un semplice laureato in matematica
nel primo post hai detto, tra le righe,che i matematici sono stupidi
poi,il titolo del thread l'hai scelto tu
"schiele"":
Ho offeso qualcuno?
nel primo post hai detto, tra le righe,che i matematici sono stupidi
poi,il titolo del thread l'hai scelto tu
@Epidemide: allora mi sa che diciamo la stessa cosa.
il moderatore è pregato di moderare le parole perchè,come indica il mio nickname,io non ci metto niente a rispondergli[/quote]
Considerando che chi ha dato implicitamente degli stupidi ai suoi compagni in piu occasioni è Schiele, e che quindi non mi riferivo neanche a te direi che dovresti rilassarti un po'. La mia frase era legata al fatto che mi dà fastidio quando le persone danno agli altri degli stupidi solo perché non hanno le stesse opinioni e danno per ovvie e logiche cose che sostanzialmente sono basate su opinioni e punti di vista. In questo caso, come ha ben spiegato Epidermide, state discutendo su opinioni. Detto questo non sono sicuro che Schiele sia pienamente consapevole delle conseguenze dell'usare la logica finitista se non addirittura ultrafinitista. Ovviamente lo invito ad informarsi. Potrebbe forse apprezzare la teoria dell'informazione di Shannon.
"stormy":
[quote="vict85"] Inoltre è un segno di bassa maturità intellettuale.
il moderatore è pregato di moderare le parole perchè,come indica il mio nickname,io non ci metto niente a rispondergli[/quote]
Considerando che chi ha dato implicitamente degli stupidi ai suoi compagni in piu occasioni è Schiele, e che quindi non mi riferivo neanche a te direi che dovresti rilassarti un po'. La mia frase era legata al fatto che mi dà fastidio quando le persone danno agli altri degli stupidi solo perché non hanno le stesse opinioni e danno per ovvie e logiche cose che sostanzialmente sono basate su opinioni e punti di vista. In questo caso, come ha ben spiegato Epidermide, state discutendo su opinioni. Detto questo non sono sicuro che Schiele sia pienamente consapevole delle conseguenze dell'usare la logica finitista se non addirittura ultrafinitista. Ovviamente lo invito ad informarsi. Potrebbe forse apprezzare la teoria dell'informazione di Shannon.
"vict85":
Considerando che chi ha dato implicitamente degli stupidi ai suoi compagni in piu occasioni è Schiele, e che quindi non mi riferivo neanche a te direi che dovresti rilassarti un po'
ti chiedo scusa per l'equivoco in cui sono incorso
"vict85":
in questo caso, come ha ben spiegato Epidermide, state discutendo su opinioni.
ecco ,su questo bisogna chiarirsi :io con opinione intendo un'affermazione che magari risulterà falsa ,o magari vera oppure vera solo in un certo ambito,ma che comunque richiede una seria discussione per esprimere su di essa un giudizio finale
altra cosa sono ,ad esempio,le considerazioni fatte dall'utente sul principio di induzione:per me la "sentenza" in questo caso si può dare subito
[ot]
Immagino sia stato il correttore automatico di android, ma giuro che son tre minuti che rido come un idiota, ho persino le lacrime agli occhi[/ot]
"vict85":
@Epidemide
(...)
come ha ben spiegato Epidermide

Immagino sia stato il correttore automatico di android, ma giuro che son tre minuti che rido come un idiota, ho persino le lacrime agli occhi[/ot]
"stormy":
ecco ,su questo bisogna chiarirsi :io con opinione intendo un'affermazione che magari risulterà falsa ,o magari vera oppure vera solo in un certo ambito,ma che comunque richiede una seria discussione per esprimere su di essa un giudizio finale
altra cosa sono ,ad esempio,le considerazioni fatte dall'utente sul principio di induzione:per me la "sentenza" in questo caso si può dare subito
Ci può essere vera discussione solo in presenza di premesse condivise, ma se si discute sulle premesse si può solo convenire nell'essere d'accordo oppure nel non esserlo. In questo caso non vi è accordo.
Stormy, se ti fa più felice posso tranquillamente ammettere di non capire l'induzione e la dimostrazione per assurdo. Non ho nessun motivo per fare il saccente su questo forum, sono venuto qui proprio per discutere dei miei dubbi. Ho solo azzardato l'ipotesi che forse sono quei concetti in sè ad essere problematici e non il mio quoziente intellettivo ma se ciò ti offende mi dichiarato ritardato solo per farti felice.
[xdom="gugo82"]Le provocazioni inutili finiscono qui.
Ora, o si parla seriamente, o cominciano a fioccare sospensioni... A voi la scelta.[/xdom]
Ora, o si parla seriamente, o cominciano a fioccare sospensioni... A voi la scelta.[/xdom]
Schiele, vediamo un po' se ti piace questo punto di vista:
Tu hai detto prima che: No, non è possibile dare una dimostrazione costruttiva di tutte le infinite proposizioni.
( Riguardo all'induzione )
Se ti riferisci a farlo "effettivamente", cioè nel nostro mondo fisico, allora l'infinito non esiste per la storia dell'entropia.
Quindi scrivere un numero con un calcolatore che impiega più tempo di quello che ha a disposizione l'universo adesso mi sa che è impossibile. Però non sono un fisico, e il nostro universo è cattivo quindi non credere a quello che ho detto, non ne sono sicuro xD.
Tu hai detto prima che: No, non è possibile dare una dimostrazione costruttiva di tutte le infinite proposizioni.
( Riguardo all'induzione )
Se ti riferisci a farlo "effettivamente", cioè nel nostro mondo fisico, allora l'infinito non esiste per la storia dell'entropia.
Quindi scrivere un numero con un calcolatore che impiega più tempo di quello che ha a disposizione l'universo adesso mi sa che è impossibile. Però non sono un fisico, e il nostro universo è cattivo quindi non credere a quello che ho detto, non ne sono sicuro xD.
"franciman":
Schiele, vediamo un po' se ti piace questo punto di vista:
Tu hai detto prima che: No, non è possibile dare una dimostrazione costruttiva di tutte le infinite proposizioni.
( Riguardo all'induzione )
Se ti riferisci a farlo "effettivamente", cioè nel nostro mondo fisico, allora l'infinito non esiste per la storia dell'entropia.
Quindi scrivere un numero con un calcolatore che impiega più tempo di quello che ha a disposizione l'universo adesso mi sa che è impossibile. Però non sono un fisico, e il nostro universo è cattivo quindi non credere a quello che ho detto, non ne sono sicuro xD.
Interessante questa cosa, cavolo! Mi stai dando praticamente l'opportunitá di avere un tempo infinito, o di farlo solo perchè ho la volontá di farlo!
Sarebbe bello, però poi uno si annoia magari. Boh
@ Schiele.: Nella dimostrazione per induzione non si fa altro che usare gli assiomi dei numeri naturali per verificare che un sottoinsieme \(T\) di \(\mathbb{N}\) coincide con tutto \(\mathbb{N}\). L'ho spiegato (con sufficiente dovizia di particolari) qui.
Il resto è fuffa.
Per quel che riguarda la dimostrazione per assurdo, posso consigliare QED - Fenomenologia della Dimostrazione di G. Lolli (o, in alternativa, un buon testo di Logica di base).
Il resto è fuffa.
Per quel che riguarda la dimostrazione per assurdo, posso consigliare QED - Fenomenologia della Dimostrazione di G. Lolli (o, in alternativa, un buon testo di Logica di base).
Mi viene in mente che c'è un utente di questo forum cui ho sentito dire più volte (a titolo d'esempio) che sarebbe curioso di vedere che apporto alla matematica potrebbe dare una dimostrazione costruttiva del teorema di Van Kampen.
Ero io, eccomi qua: ne parlavo con Maarten McKubre-Jordens in una conversazione molto interessante successiva a un talk in cui ha presentato una dimostrazione costruttiva della compattezza di [0,1]; il resto del talk verteva su una formulazione di alcuni problemi dell'analisi (il senso in cui interpretare le soluzioni del problema di Laplace, se non ricordo male) in una logica paraconsistente.
E' stato molto interessante ascoltarlo. La mia domanda partiva dalla osservazione che una dimostrazione costruttiva della compattezza di [0,1] e' un pezzo fondamentale per il teorema di Van Kampen, passando per il lemma dei numeri di Lebesgue: riporto la conversazione continuata via email
my final aim would be to give a proof of the Van Kampen theorem (maybe in its groupoidal version) using your method. Maybe my question is trivial... Has anybody (maybe you!) already done it or adressed the problem?
More generally, is Van Kampen theorem already constructive? The proof stated in categorical jargon, which uses the fundamental groupoid of X seems to work explicitly (he shows the universal property of a colimit). Again, I'm more on CT and Algebraic Topology than constructivism, so my question should be blatantly false or trivial. If it is so, be patient.
=========
First, you should know (if you do not already) that Bishop-style constructive mathematics (BISH) is a kind of minimal approach (though not in the Sambin-Maietti sense) to constructive mathematics more generally, in the following sense. Often, a proof in BISH is also a proof in some other constructive theory. There is much more to the story than this, but in a (tiny) nutshell:
* Classical mathematics (CLASS) is BISH + excluded middle (or the axiom of choice)
* (Russian) recursive mathematics (RUSS) is BISH + Church's thesis + Markov's unbounded search principle, and
* Brouwer's intuitionistic mathematics (INT) is BISH + bar induction + continuous choice axiom
So, coming to the issue of compactness: it is known that the classical interpretation of Heine-Borel compactness for arbitrary closed bounded sets of reals is *not* constructively provable in BISH, because there are counterexamples to it in RUSS.
The right notion of "compactness" that Bishop/Bridges uses is that of complete, totally bounded sets. (This definition is classically equivalent---that is, using classical logic---to the usual notion, but has the advantage of providing much more computational information.) For this you still cannot prove the Heine-Borel theorem (similar counterexamples apply) but you get most of the *usefulness* of that theorem for free in the definition.
The proof I presented is a proof that LLPO (an omniscience principle, which is consistent with BISH, but not with either RUSS or INT) implies Heine-Borel compactness. Your intuition that you could use a similar argument to prove the Lebesgue covering lemma is, I think, right in essence---but this is only a hunch and not a proof---and there are a few obstacles to overcome so the extension of the proof is probably not trivial.
I am not aware that anyone has attempted the Seifert-van Kampen Theorem constructively. Part of the issue is one of definition: in order to have any chance of proving a theorem like it, we would have to get the right definition of all the terms and notions involved. Likely this will be more challenging than in the classical case. And you would definitely need some non-constructive omniscience principle to prove the classical version in BISH, likely one that is stronger than LLPO (since we are now dealing with arbitrary topological spaces, where things become a lot hairier constructively).
I hope this helps - let me know your thoughts!
Trovo molto interessanti questi input, dal punto di vista di matematica puramente applicata ancor prima che dal punto di vista fondativo, se non altro per il solito vecchio adagio, sintetizzato in una sorta di teorema del ritorno di Poincare': dato un tempo abbastanza lungo, ogni analista si fara' una domanda di logica.
Ora, lasciando perdere le tecnicaglie (e le diatribe che ho visto durare queste 4 pagine) vorrei venire a quello che mi pare il punto focale.
Ma sai qual'è la storia? La storia è che mi sembra di essere l'unico pazzo a cui importino queste cose in facoltá, la gente mi da dello strano o dello stupido, mi sento incompreso.
Credo di poter parlare con una certa cognizione di causa della sindrome dell'impostore e della frustrazione conseguente all'oscillare tra i due opposti estremismi di reputare se stessi, o l'interno universo, degli idioti patentati. A giorni alterni entrambe queste sensazioni hanno un fondo di verita': la maggior parte dei matematici purtroppo non sono Matematici, ma acusmatici che hanno vinto un concorso, e se hai iniziato (come me) a studiare questa materia pensando che essa avrebbe avuto il piacevole byproduct di farti relazionare con individui di levatura maggiore della media, uscire dall'universita' sara' una pessima esperienza. C'e' un insieme di misura zero di individui con una spiccata tendenza alla speculazione e alla messa in discussione dei principi primi del loro lavoro, e ogni sponda di questo arcipelago frastagliato e' circondata da acque pericolose. L'opinione che ho mutuata da un certo numero di conversazioni avvenute nel corso degli anni, e' che la maggior parte delle persone pensa che
"avere un interesse per i fondamenti va benissimo, anche se, in modo probabilmente inevitabile in una comunità piccola come la nostra, ciò porta a un certo isolamento, dato che la maggior parte delle persone che fanno
il nostro mestiere ha probabilmente una motivazione diversa, cioè il piacere, sostanzialmente ludico, che si prova nel risolvere problemi. I problemi sono difficili e la loro soluzione richiede un armamentario tecnico non banale, e il tempo che uno ha se ne va nel cercare di diventare ragionevolmente competente nel proprio campo."
Traduco: i "fondamenti" sono per alcuni attivita' di autogratificazione al pari della masturbazione (e a questi mi viene da rispondere come Woody Allen), e moralmente sullo stesso piano. Sarai sempre solo e insoddisfatto, e temo che la situazione peggiorera' con gli anni, se gia' adesso mostri le piaghe tipiche di questo morbo. Nelle parole di un'altra persona con cui ho avuto modo di discutere:
Capisco bene la sensazione di frustrazione e solitudine di cui mi parli; purtroppo i matematici che amano veramente l’astrazione sono veramente pochi (a livello mondiale), ed e’ ancora piu’ raro trovare persone che siano sufficientemente umili da non scagliarsi con arroganza e ostilita’ contro cio’ che non sanno o non capiscono. Personalmente potrei scrivere un libro su tutte le esperienze negative che ho avuto - quando ci incontreremo ti raccontero’ con calma cosi’ vedrai che questi problemi non capitano soltanto a te!
Fortunatamente quello che i "nemici" non riescono a togliere e’ l’amore che si ha per la verita’ e per il proprio lavoro; conviene quindi concentrarsi su questi e tirar dritto senza troppo curarsi troppo delle opinioni altrui.
Traduco, anche qui: le persone con una spiccata tendenza alla speculazione vengono spesso osteggiate dalla comunita' circostante. Parliamo della tendenza all'astrazione e alla generalita', in Matematica, come di un telescopio che mi consente di osservare le stelle meglio che a occhio nudo. Alcune persone se gliene regalassero uno lo userebbero per quello. Un altro invece lo prenderebbe e lo smonterebbe, per vedere come e' fatto e come funziona il telescopio, e se gli chiedessi perche' non lo usa per guardare le stelle mi risponderebbe che per guardare stelle ancora piu' lontane c'e' bisogno di un telescopio piu' potente, e per costruire telescopi piu' potenti non bisogna studiare le stelle ma i telescopi.
A questo punto pero' la conversazione potrebbe prendere una brutta piega se il primo sostenesse: non ci sono stelle piu' lontane, solo ammassi informi di gas e polvere, non c'e niente da vedere li'. Il costruttore di telescopi potrebbe rispondere, allora, che a guardarli bene anche gli ammassi informi sarebbero interessanti, al che potrei replicare con un'alzata di spalle con tutto quel che sottende. Oppure ancora potrebbe sfidarlo con una provocazione dificile da sopportare: potrebbero esserci anche altre stelle, e finche' non guardiamo laggiu' con un telescopio piu' potente non lo sapremo mai.
Su una metafora come questa, forse, Gian Carlo Rota ha costruito la sua dicotomia tra theory builders e problem solvers:
I matematici possono essere ripartiti in due classi. Infatti ci sono i risolutori di problemi e ci sono i teorici. Va subito detto che, in generale, i matematici sono un miscuglio di questi due tipi. Eppure non è difficile trovare i casi estremi di ciascuna delle due classi. Ognuno di noi può individuare il suo rappresentante favorito.
a) I risolutori di problemi
Per il matematico di questo tipo, il massimo della vita è la risoluzione di un problema che era stato dichiarato senza via d'uscita. Poco importa se la sua soluzione sarà complicata. Ciò che conta è essere il primo, e poi che la soluzione sia esatta.
Appena ha trovato la soluzione, questo matematico perde interesse all'argomento e darà ascolto alle successive e (spesso più semplici) soluzioni con una malcelata aria di accondiscendenza e noia. In fondo al suo cuore, il risolutore di problemi è un conservatore che considera la matematica come una successione di sfide da vincere, un po' come una corsa ad ostacoli. Per lui i concetti attraverso cui i problemi matematici vengono presentati devono essere eterni ed immutabili; la descrizione dei concetti matematici è un'attività di secondo piano; e le nuove teorie meritano il più vivo... sospetto. Ad esempio, prima di prendere in considerazione una nuova teoria, questa deve essere in grado di porre dei grandi interrogativi. Il risolutore di problemi disprezza le generalizzazioni: soprattutto quelle che rendono banali le sue soluzioni!
Il risolutore di problemi è l'idolo dei giovani matematici che vogliono dimostrare il loro valore seguendo un'intrepida guida. D'altra parte, ognuno di noi, nel momento di descrivere le conquiste della matematica al vasto pubblico, finisce per fare riferimento a queste luminose figure.
b) I teorici
Per i teorici, invece, la più grande soddisfazione matematica è... una teoria. Per questa persona, il successo matematico non risiede nella soluzione di un problema, bensì nella sua... banalizzazione.
Per questi matematici, la gloria arriva mettendo a punto una nuova, splendida teoria che svuota della loro importanza i vecchi problemi e li trasforma in annose questioni sul gioco degli scacchi. In fondo al suo cuore, il teorico è un rivoluzionario. Agli occhi del teorico, i concetti matematici del passato devono essere considerati con circospezione come parti di una verità più generale non ancora scoperta. Di conseguenza, la presentazione della matematica è considerata impresa ancora più difficile della ricerca stessa. Il teorico crede profondamente che le definizioni matematiche avranno vita eterna. Ecco: il grande contributo della matematica alla cultura umana è costituito da solide definizioni. I teoremi sono... un male necessario, sono degli accessori che aiutano a capire le definizioni. Qualche teorico potrebbe addirittura arrivare a dire (ma controvoglia) che i teoremi sono indispensabili per capirle. Non è insolito che un teorico venga accettato a stento nella comunità matematica. Di fronte a questo spiacevole atteggiamento il teorico si consola con la convinzione che le proprie teorie saranno ancora vitali quando i problemi "alla moda" saranno bellamente dimenticati. La mia conclusione è semplice. Se io fossi un ingegnere spaziale e dovessi assumere un matematico in un programma per l'invio di una navicella nel cosmo, sceglierei, senza dubbio, un risolutore di problemi. Ma se io fossi un padre di famiglia alla ricerca di un matematico in grado di dare una buona educazione ai miei figli, sceglierei senza esitazioni un teorico.
Per parte mia, la risposta che do alla diatriba dei telescopi e' una terza via:
La "vera domanda" non e' come si usa il telescopio, ma cosa esso sia, e cosa sia l'atto dell'osservazione con il quale esso si impone al nostro uso. Perche' il problema pratico poggia le gambe su questo, perche' [ok, forse qui il paragone coi telescopi si fa meno forte] in matematica non e' un oggetto fisico il fine del tuo studio, ma qualcosa che abita totalmente l'interno della tua mente. E siccome ex falso quodlibet, tutto l'olio di gomito del mondo dovrebbe convergere a dare una fondazione ferma alla pratica, a dare la ragionevole (perche' il linguaggio stesso stesso ha dei limiti) certezza di non asserire qualcosa di falso. Prendi il calcolo differenziale ad "esempio" della perniciosa visione arnoldiana della matematica: facevamo gli integrali anche prima di una fondazione semiseria dell'analisi ad opera del solito tripode di mostri sacri. I volumi dei solidi curvi li sapevamo gia' calcolare, i ponti li abbiamo costruiti, sapevamo fare l'esercizio della cantina di Fourier. E allora che bisogno c'era di fare quella fatica?
Il bisogno, rispondo io, e' nascosto in qualcosa che Arnol'd non vede, o non vuole vedere: la vittoria di Cauchy e' totale perche' lui, con la sua definizione, libera l'analisi dal giogo dell'ingegneria spiccia, che relega gli integrali a mezzucci per costruire ponti e salvare vite umane. Possiamo fare analisi p-adica, possiamo esportare il "paradigma" di Cauchy praticamente dove si possa completare uno spazio metrico in maniera universale. E quando hai una nozione di limite,hai costruito l'Analisi. Puoi fare le le derivate, gli integrali. Hai scoperto che l'analisi era algebra camuffata.
E ancora: e' bello costruire i telescopi. D'altra parte credo che ci stiamo inutilmente limitando a studiare le stelle del solo universo visibile, e sento che questa limitazione soffoca le mie potenzialita': come si dice, "ci sono molte piu' cose nelle filosofie, Orazio, di quante ne possano sognare il cielo e la terra". Cerchiamo percio' di dare una definizione formale di "universo", in modo da capire cosa un universo puo' avere e cosa invece esso sia obbligato ad avere. Ne puo' esistere uno privo di stelle? ne puo' esistere uno privo di esseri capaci di osservarle? Dato un universo, puo' esistere un universo che e' punto per punto "duale" a quello dato? E questo processo di dualizzazione e' involutivo? O c'e' una qualche struttura di tipo piu' raffinato dentro l'universo che studio? Dato un universo diverso dal mio, posso costruire una teoria degli invarianti che mi dica se quello che sto guardando e' il mio, solo un po' deformato? Mettiamo tutti gli universi in una scatola: cos'e' questa scatola? Come si comporta se la scuoto? E se gli universi li metto in una pentola, e faccio bollire per un po', come si ridispone il reticolo delle relazioni tra gli universi?
A me la matematica piace perche' e' questo atteggiamento "tlonista" a piacere: il mondo e' un labirinto inestricabile, e non voglio studiarlo ciecamente: preferisco creare da zero un mondo che mi appartenga ("e forse, creare anche la vita", diceva il dr. Manhattan); nella creazione di un universo scorrelato da quello contingente, che vive unicamente nei recessi della mia mente, ma che tuttavia e' tanto (se non piu') urgente di quello sensibile, che in qualche modo lo implica (perche' per creare devi padroneggiare la semantica e abitare la metasemantica) trovo la massima espressione della capacita' dell'uomo di pensare; anche perche' e' notorio (chiunque abbia visto un ur, o abbia assistito ai cicli duodecimali della riproduzione di uno hron puo' confermarlo) che la realta' e' fortemente influenzata dalla mente che ne vuole avere intelligenza.
Per cui questo interesse non e' peregrino: l'esercizio della mia osservazione influenza l'oggetto osservato (ci voleva davvero un esperimento per capire una tale banalita', nota a qualsiasi mistico?), ed e' tanto importante guardare nella lente quanto fare qualcosa che implica tale osservazione, ovvero la classificazione tassonomica di tutti gli enti star-like, alla ricerca di una teoria generale di tutte le stelle, a loro volta elementi della collezione di tutti gli universi, a loro volta elementi della collezione di tutti i meta-universi...
E all'interno della matematica, la teoria delle categorie (che e' quel che faccio) mi piace sia perche' e' l'unico linguaggio in cui sia pensabile realizzare questa visione, sia perche' sono in fortissimo imbarazzo quando mi trovo a dover dissezionare i saperi umani, ed essa, a suo modo, mi permette di glissare abilmente su questa pratica innaturale che pero' alla gente piace molto: come se uno studiasse medicina e dicesse "ci sono troppi organi nel torace, facciamo che il fegato lo buttiamo, i reni li approssimiamo a puntiformi e fingiamo che la milza non esista."
Cosa puoi fare tu, allora? Che consiglio ti posso dare? Difficile dirlo adesso. Anzitutto dove studi? Pensi di fare il logico, in futuro, come sembra trasparire dalle tue considerazioni e dalla tua pulsione verso i fondamenti della Matematica? Cos'e', per te, la Matematica, e cos'e' la matematica, se gia' adesso percepisci questa dicotomia cosi' dolorosa? Cosa trovi in essa di piacevole e cosa insopportabile?
Ciao Killing,
Della Matematica, trovi piacevole (ma è un avverbio piuttosto riduttivo, sarebbe meglio dire ''incredibilmente affascinante'') costruire mondi alternativi, sistemi di assiomi con delle regoole. Vedo la Matematica come un gioco ''tutto mio'', un gioco in una dimensione alternativa. Mi piace il formalismo, mi piacciono i simboli, le stringhe, mi piace indebolire o rinforzare le teoria, mi piace l'algebra avanzata (o astratta, se vogliamo). Ecco, l'algebra superiore è il mio paese balocchi. ''Rido come fa un clown'' dentro le strutture. Questo è sostanzialmente ciò che amo della Matematica e il motivo per il quale mi sono iscritto. Ciò che non amo sono i miei professori e la loro riluttanza a mettere in discussione certi aspetti a livello filosofico, per non parlare dei miei compagni di corso. Non amo i libri di Filosofia della Matematica che ripetono sempre le stesse cose senza mai fornire una risposta alle mie domande (come quelle di questo thread), non amo dover risolvere esercizi che non siano puramente dimostrativi e poi basta credo. Non amo sentirmi stupido di fronte alla Matematica e di fronte alle cose che non capisco/accetto.
Della Matematica, trovi piacevole (ma è un avverbio piuttosto riduttivo, sarebbe meglio dire ''incredibilmente affascinante'') costruire mondi alternativi, sistemi di assiomi con delle regoole. Vedo la Matematica come un gioco ''tutto mio'', un gioco in una dimensione alternativa. Mi piace il formalismo, mi piacciono i simboli, le stringhe, mi piace indebolire o rinforzare le teoria, mi piace l'algebra avanzata (o astratta, se vogliamo). Ecco, l'algebra superiore è il mio paese balocchi. ''Rido come fa un clown'' dentro le strutture. Questo è sostanzialmente ciò che amo della Matematica e il motivo per il quale mi sono iscritto. Ciò che non amo sono i miei professori e la loro riluttanza a mettere in discussione certi aspetti a livello filosofico, per non parlare dei miei compagni di corso. Non amo i libri di Filosofia della Matematica che ripetono sempre le stesse cose senza mai fornire una risposta alle mie domande (come quelle di questo thread), non amo dover risolvere esercizi che non siano puramente dimostrativi e poi basta credo. Non amo sentirmi stupido di fronte alla Matematica e di fronte alle cose che non capisco/accetto.
Posso riassumere quello che ho scritto dicendoti che della Matematica amo il fatto che sia un mondo immaginario.
Continui a non dire da dove vieni; forse e' un modo per preservare la tua privacy o quella delle persone che potrebbero riconoscersi nelle tue critiche? In ogni caso puoi rispondermi in privato, se vuoi. Senza delle cognizioni di tipo geografico e' difficile darti una risposta che non sia mera opinione filosofica.