Integrazione indefinita e differenziazione
Salve ragazzi,
sono uno studente di Ing. Meccanica e sto scrivendo una dispensa di Analisi I e II per conto del mio professore.
Mi sono posto come obiettivo di rendere semplice lo studio della materia, che risulta talvolta faticoso sia a causa della troppa astrazione dei libri di testo, sia della loro incompletezza.
A proposito di quest'ultimo aspetto, mi è sorto un forte dubbio scrivendo il capitolo del calcolo integrale (in una variabile):
cos'è quel maledetto $dx$ che compare nel simbolo di integrale indefinito??
Tutti i libri di testo che ho consultato, sia il mio stesso professore a lezione, attribuiscono al $dx$ il semplice ruolo di identificare la variabile d'integrazione. Questa cosa però "mi puzza".
A questo punto, ho cominciato a pensare che fosse errata, almeno in parte, l'affermazione (presente nella maggior parte dei testi, tutti universitari, che ho consultato) che integrazione indefinita e derivazione sono operazioni inverse. Ho supposto che quel $dx$ comincia a significare effettivamente qualcosa se si definisce l'integrazione come operazione inversa della differenziazione. Mi spiego.
Consideriamo la solita $ f:I rarr RR $ e una sua primitiva $F(x)$ su $I$. Allora
$int f(x) dx = F(x)+c$
Sostituendo ora $f(x) dx$ con $d[F(x)+c]$ ($c$ reale), scriviamo
$int d[F(x)+c]=F(x)+c$
Da questa relazione risulerebbe (a mio parere) che differenziazione e integrazione indefinita sono operazioni inverse. Inoltre, dal momento che
$D[F(x)+c]=f(x)$
e non $f(x) dx$, mi pare errato affermare che la derivazione sia l'inverso dell'integrazione.
Dato il conflitto tra queste mie osservazioni e quanto riportato nei testi, chiederei gentilmente A CHI DI COMPETENZA di illuminarmi. Grazie in anticipo!
PS. Prima di aprire questa discussione, ne ho cercate altre simili sul sito. Ne ho trovata una con lo stesso identico argomento, in cui, tuttavia, al povero diavolo che ha posto la domanda, hanno risposto parecchi "professori" che nè hanno risolto la questione, nè hanno dato delle risposte valide (ad esempio si è detto che il $dx$ è una "convenzione" che indica la variabile d'integrazione: chissà perchè allora tutto quel macello con i differenziali quando si opera l'integrazione per sostituzione...).
sono uno studente di Ing. Meccanica e sto scrivendo una dispensa di Analisi I e II per conto del mio professore.
Mi sono posto come obiettivo di rendere semplice lo studio della materia, che risulta talvolta faticoso sia a causa della troppa astrazione dei libri di testo, sia della loro incompletezza.
A proposito di quest'ultimo aspetto, mi è sorto un forte dubbio scrivendo il capitolo del calcolo integrale (in una variabile):
cos'è quel maledetto $dx$ che compare nel simbolo di integrale indefinito??
Tutti i libri di testo che ho consultato, sia il mio stesso professore a lezione, attribuiscono al $dx$ il semplice ruolo di identificare la variabile d'integrazione. Questa cosa però "mi puzza".
A questo punto, ho cominciato a pensare che fosse errata, almeno in parte, l'affermazione (presente nella maggior parte dei testi, tutti universitari, che ho consultato) che integrazione indefinita e derivazione sono operazioni inverse. Ho supposto che quel $dx$ comincia a significare effettivamente qualcosa se si definisce l'integrazione come operazione inversa della differenziazione. Mi spiego.
Consideriamo la solita $ f:I rarr RR $ e una sua primitiva $F(x)$ su $I$. Allora
$int f(x) dx = F(x)+c$
Sostituendo ora $f(x) dx$ con $d[F(x)+c]$ ($c$ reale), scriviamo
$int d[F(x)+c]=F(x)+c$
Da questa relazione risulerebbe (a mio parere) che differenziazione e integrazione indefinita sono operazioni inverse. Inoltre, dal momento che
$D[F(x)+c]=f(x)$
e non $f(x) dx$, mi pare errato affermare che la derivazione sia l'inverso dell'integrazione.
Dato il conflitto tra queste mie osservazioni e quanto riportato nei testi, chiederei gentilmente A CHI DI COMPETENZA di illuminarmi. Grazie in anticipo!
PS. Prima di aprire questa discussione, ne ho cercate altre simili sul sito. Ne ho trovata una con lo stesso identico argomento, in cui, tuttavia, al povero diavolo che ha posto la domanda, hanno risposto parecchi "professori" che nè hanno risolto la questione, nè hanno dato delle risposte valide (ad esempio si è detto che il $dx$ è una "convenzione" che indica la variabile d'integrazione: chissà perchè allora tutto quel macello con i differenziali quando si opera l'integrazione per sostituzione...).
Risposte
"Plepp":
Quanto alla superbia che mi attribuite, è anche quella frutto [...] della "rabbia" che alcune risposte fuori luogo mi suscitano.
Ma, più che altro, vorrei capire in base a quali parametri giudichi "fuori luogo" le risposte che hai ricevuto.
Può sembrare che tu ti sia già fatto un'idea della risposta che cerchi e, dunque, che qualunque altra cosa ti venga suggerita non ti vada bene.
"Plepp":
Quanto all'oggetto vero e proprio della nostra discussione, non mi è subito saltato in mente di fare la cosa più semplice e banale che si possa fare quando si hanno dei dubbi: cercare su Googlechi non è d'accordo con me, noterà che digitando "integrazione operazione inversa della differenziazione" escono fuori un bel po' di dispense, articoli e testi nei quali si conferma quel che dico...
Da quando in qua i risultati di Google sono fonte di attendibilità?
Una probabile risposta è: da quando uno cerca conferme alle proprie idee preconcette, piuttosto che il confronto con chi ne sa di più.
Ripeto: se vuoi scrivere qualcosa che abbia qualche senso, mettiti a studiare seriamente da testi seri.
Altrimenti lascia perdere o, se non vuoi, almeno lascia stare questo forum.
Buongiorno Gugo. A questo punto io direi di seppellire "l'ascia di guerra" e di lasciar perdere, dato che non arriviamo ad un punto d'incontro
Per quanto la vecchia questione su integrazione e differenziazione, ti riferisco solo quello che mi ha spiegato il mio Prof, cosi magari mi dici cosa ne pensi.
Alla mia domanda: "cos'è il $dx$ nell'integrale indefinito, blablabla" lui risponde che ha lo stesso identico significato che ha nell'integrale definito, in quanto, per il Teorema di Torricelli-Barrow,
\[\int f(x) dx =\int_{x_0}^{x}f(t)dt+\text{costante}\]
(e mi ritengo un ritardato per non averci pensato prima...l'avevo scritto anche nei miei appunti -.-)
Poi ho proposto il mio ragionamento (fatto nel primo post) per dimostrare che differenziazione e integrazione sono operazioni inverse. Lui risponde "Si, ma non è questo il ragionamento formalmente corretto. Puoi dimostrare quello che dici quando introduci il concetto generale di forma differenziale" (concetto che, purtroppo, non abbiamo approfondito molto nel corso e che manca o non è trattato in maniera generale in molti dei libri che ho consultato).
Cosa ne pensi?
Ciao

Alla mia domanda: "cos'è il $dx$ nell'integrale indefinito, blablabla" lui risponde che ha lo stesso identico significato che ha nell'integrale definito, in quanto, per il Teorema di Torricelli-Barrow,
\[\int f(x) dx =\int_{x_0}^{x}f(t)dt+\text{costante}\]
(e mi ritengo un ritardato per non averci pensato prima...l'avevo scritto anche nei miei appunti -.-)
Poi ho proposto il mio ragionamento (fatto nel primo post) per dimostrare che differenziazione e integrazione sono operazioni inverse. Lui risponde "Si, ma non è questo il ragionamento formalmente corretto. Puoi dimostrare quello che dici quando introduci il concetto generale di forma differenziale" (concetto che, purtroppo, non abbiamo approfondito molto nel corso e che manca o non è trattato in maniera generale in molti dei libri che ho consultato).
Cosa ne pensi?
Ciao
"Plepp":
Buongiorno Gugo. A questo punto io direi di seppellire "l'ascia di guerra" e di lasciar perdere, dato che non arriviamo ad un punto d'incontroPer quanto la vecchia questione su integrazione e differenziazione, ti riferisco solo quello che mi ha spiegato il mio Prof, cosi magari mi dici cosa ne pensi.
Alla mia domanda: "cos'è il $dx$ nell'integrale indefinito, blablabla" lui risponde che ha lo stesso identico significato che ha nell'integrale definito, in quanto, per il Teorema di Torricelli-Barrow,
\[\int f(x) dx =\int_{x_0}^{x}f(t)dt+\text{costante}\]
(e mi ritengo un ritardato per non averci pensato prima...l'avevo scritto anche nei miei appunti -.-)
Dicendoti quelle cose ha solo spostato il problema, poiché nasce spontanea la domanda: "che significato ha il \(\text{d} x\) nell'integrazione definita"?
Quindi non la vedo come vera e propria soluzione del problema...
"Plepp":
Poi ho proposto il mio ragionamento (fatto nel primo post) per dimostrare che differenziazione e integrazione sono operazioni inverse. Lui risponde "Si, ma non è questo il ragionamento formalmente corretto. Puoi dimostrare quello che dici quando introduci il concetto generale di forma differenziale" (concetto che, purtroppo, non abbiamo approfondito molto nel corso e che manca o non è trattato in maniera generale in molti dei libri che ho consultato).
In proposito alle forme differenziali, mi pare che ci fosse un paragrafo apposito sul vecchio Fusco-Marcellini-Sbordone.
Ad ogni modo, sono concetti astratti derivanti dalla Geometria Differenziale che non vale la pena tirare in ballo in appuntini per gente del primo anno.
Ripeto: la posizione più comoda è quella di considerare \(\text{d} x\) come un trucco per tenere d'occhio la variabile rispetto la quale si integra.
Saremo pur ingegneri e non matematici, ma almeno un'idea di cosa sia il $dx$ nell'integrale definito ce l'abbiamo
almeno lo studente medio!
Si infatti, ma non era poi cosi completa...si tratta pur sempre (suppongo) di un testo per Ingegneria!
Su questo sono totalmente d'accordo con te. Però a me personalmente piacerebbe approfondire la cosa (quindi non parliamo piu del lavoro che sto facendo per il mio prof), per cui se sai consigliarmi un testo che tratti l'argomento in maniera esaustiva (e magari allo stesso tempo "potabile" per uno studente che ha nozioni solo di analisi 1, analisi 2, analisi 2.5, geometria ed algebra lineare), te ne sarei grato
E anche qui siamo d'accordo. Quello che a me interessava (sempre per curiosità mia, non parliamo più degli appunti che sto scrivendo) era capire COSA SIGNIFICASSE, non quale fosse la posizione piu comoda per interpretare il $dx$ per uno studente d'ingegneria del primo anno (se fosse stato questo l'oggetto del mio interesse, mi sarebbe bastato aprire uno a caso dei miei libri
).
Ciao
PS. Il mio prof. mi ha dato questi testi:
$\circ$ Marsden J.E.,Tromba A.J.Vector calculus
$\circ$ Intro. to Real Analysis-Bartle & Sherbert
non ho avuto modo di dargli un'occhiata, e lui non mi ha nemmeno precisato di che livello siano. Tu li conosci? In caso affermativo, li ritieni validi? Grazie!

In proposito alle forme differenziali, mi pare che ci fosse un paragrafo apposito sul vecchio Fusco-Marcellini-Sbordone.
Si infatti, ma non era poi cosi completa...si tratta pur sempre (suppongo) di un testo per Ingegneria!
Ad ogni modo, sono concetti astratti derivanti dalla Geometria Differenziale che non vale la pena tirare in ballo in appuntini per gente del primo anno.
Su questo sono totalmente d'accordo con te. Però a me personalmente piacerebbe approfondire la cosa (quindi non parliamo piu del lavoro che sto facendo per il mio prof), per cui se sai consigliarmi un testo che tratti l'argomento in maniera esaustiva (e magari allo stesso tempo "potabile" per uno studente che ha nozioni solo di analisi 1, analisi 2, analisi 2.5, geometria ed algebra lineare), te ne sarei grato

Ripeto: la posizione più comoda è quella di considerare $dx$ come un trucco per tenere d'occhio la variabile rispetto la quale si integra.
E anche qui siamo d'accordo. Quello che a me interessava (sempre per curiosità mia, non parliamo più degli appunti che sto scrivendo) era capire COSA SIGNIFICASSE, non quale fosse la posizione piu comoda per interpretare il $dx$ per uno studente d'ingegneria del primo anno (se fosse stato questo l'oggetto del mio interesse, mi sarebbe bastato aprire uno a caso dei miei libri

Ciao
PS. Il mio prof. mi ha dato questi testi:
$\circ$ Marsden J.E.,Tromba A.J.Vector calculus
$\circ$ Intro. to Real Analysis-Bartle & Sherbert
non ho avuto modo di dargli un'occhiata, e lui non mi ha nemmeno precisato di che livello siano. Tu li conosci? In caso affermativo, li ritieni validi? Grazie!
Il dx non significa niente, solo chi non è matematico fa di tutto per dargli un significato che non ha, e poi certo che fa fatica a trovarlo. E' solo comodo per tutte le ragioni che ha illustrato gugo. Spero che queste domande sterili sul dx in analisi prima o poi abbiano fine.
"gugo82":
Ma qualcuno mi spiega perché gli ingegneri meccanici sono quelli più ossessionati dal \(\text{d} x\)?
[/OT]
Perchè agli ingegneri meccanici la matematica la si insegna "a ****"...
E poi perchè gli ingegneri sono quelli che di più usano la fisica, oltre ai fisici, e sappiamo tutti i ragionamenti scorretti dal punto di vista matematico che si fanno in Fisica: ciò quindi contribuisce a creare gran confusione. C'è gente che se ne frega e che ragiona secondo l'ottica del "basta che funziona" e c'è gente, come me, che cerca di trovare il bandolo della matassa relativamente a tale questione tanto discussa su questo forum.
Io continuo ad essere dell'idea che l'Analisi ancora deve essere leggermente modificata. C'è troppo casino su alcune questioni.
"Luca.Lussardi":
Spero che queste domande sterili sul dx in analisi prima o poi abbiano fine.
Sottoscrivo pienamente. Anche se non ce ne libereremo mai, per la legge dei grandi numeri.
Per lisdap: l'analisi va bene, e i docenti pure; sono gli studenti che però, volendo accontentarsi del "mi basta che funzioni" fanno di tutto per dare un senso a qualcosa che un senso non ce l'ha. Se tutti ragionassimo così allora tanto vale fare i conti come faceva Newton, e buttare 400 anni di analisi.
Buonasera a tutti!
A me quella proposta in questo thread sembra una di quelle questioni di lana caprina che,per essere districate,
richiedono solo di mettersi d'accordo sul significato dei termini in essa presente,
e non sul loro significante
(altrimenti si corre il rischio d'una "guerra di religione" evitabilissima,inutile e,
mi si passi il termine che non vuol essere offensivo per nessuno se non per quel tipo di dispute,"stupida" come ogni altra..);
d'altronde l'estetica,ovvero nel caso specifico il simbolo $dx$,è "solo" l'immagine che percepiamo delle ns realtà,
ma spesso non ne è esaustiva per l'Essenza di quest'ultima:
forse è il caso di coltivare il dubbio che questo è uno dei tanti casi in cui non lo è..
Facciamo allora un pò d'ordine sulle basi e diciamo intanto che,come ben esposto da altri utenti in passato,
l'ncremento subito dalla variabile indipendente nel passaggio da un fissato valore x ad un valore $x_0nex$ è pacificamente
(ma non sottovaluterrei l'ovvietà..)
pari alla quantità $x-x_0$ che,per comodità di notazione,indicheremo con h;
poco importa se h è positivo o negativo,
perchè l'essenza del discorso che c'accingiamo a fare su tale numero è che esso è certamente non nullo
(ma per ricchezza di linguaggio potremmo convenire di chiamarlo decremento se h<0,
e taglieremmo anche questa polemica potenziale sul nascere..):
se si vuole può dirsi equivalentemente che,
quando la variabile indipendente "subisce" un incremento h partendo da un suo fissato valore $x_0$,
assumerà alla fine il valore $x_0+h$..
Io preferisco quest'ultimo modo di dire,
perchè mi sembra lessicalmente più propedeutico alla comprensione d'un fatto pacifico
(vale lo stesso consiglio di prima..):
quando,data una $y=f(x):X->RR$ con $x_0$ interno a X,
la variabile indipendente x parte dal valore $x_0$ e subisce un incremento h che non la faccia uscire da X,
la variabile dipendente subirà conseguentemente un incremento(o decremento..)pari a $Deltaf=f(x_0+h)-f(x_0)$.
Il succo del discorso,a questo punto delle cose,è che,una volta fissato $x_0$,il rapporto tra gli incrementi di tali variabili
(si sceglie l'ordine $(Deltaf)/h$ perchè,così facendo,
salta all'occhio una nota formula di
è la funzione del solo h$ne$0 la cui legge di definizione è $g(h)=(f(x_0+h)-f(x_0))/h$;
essa ha per dominio un intervallo che non contiene lo 0 ma lo ha per punto d'accumulazione:
è allora lecito chiedersi dell'esistenza di $lim_(h->0)g(h)$ e,come noto,se tale limite converge ad un certo $l$$inRR$ si porrà per definizione$f'(x_0)=l$..
In tal caso la $epsilon(h)=f(x_0+h)-f(x_0)-lh$ sarebbe infinitesima,per $h->0$,e se $l$$ne0$ sarebbe possibile dedurre analiticamente che l'ordine dell'infinitesimo $epsilon(h)$ è superiore a quello della k(h)=lh;
dato allora che,dalla def. di $epsilon(h)$,
è facile dedurre che l'incremento subito dalla variabile dipendente y è pari a $epsilon(h)+k(h)$,
è legittima la stima $f(x_0+h)-f(x_0)simlh$:
fissati tutti gli infiniti valori di x interni ad X e ripetendo tale ragionamento per ognuno d'essi,
potremo dire che è lecito scrivere $f(x+h)-f(x)simhf'(x)$$AAx$$indomf'$
(a meno d'un infinitesimo d'ordine superiore al primo..),
e questo credo sia la ragione etimologica della denominazione "differenziale delle variabile dipendente" per la funzione infinitesima d(h)=hf'(x),che differisce dall'incremento della y per un infinitesimo d'ordine ad essa superiore.
Ciò ricordato,
ed osservato che considerata la funzione identica avremo $dy=dx=1*h=h$ e dunque $dy=d(h)=f'(x)dx$,
posso chiedere all'autore del thread cosa secondo lui cambi,sostanzialmente,nella risposta a queste domande:
1)"Qual'è l'insieme delle primitive di cosx"?
2)"Qual'è l'insieme delle funzioni il cui differenziale è $cosxdx$?
La risposta è la stessa,direi,
e s'è scelto di porla nel secondo modo solo perchè quel tizio che cambiava la storia del mondo ogni volta che cadeva una mela
(non sò perchè spesso poco amato dai Matematici,ancor più se bravi,
pur essendo il precursore d'una scoperta tra le più pure e fruttuose di quella Disciplina..)
arrivò in contemporanea al concetto di derivata col grande Filosofo tedesco,
e dunque entrambi andavan omaggiati;
per Newton il tributo è stato la notazione di derivata f'(x),
e per Liebnitz quella che,tanto t'infastidisce,usata nel concetto ad essa "imparentato"(non inverso..) d'integrale:
ma entrambe son solo convenzioni estetiche,ancorchè comode quando le si accetta
(lo sarebbero pure altre,ne convengo..è solo questione d'abitudine!!),
mica l'essenza del discorso.
Saluti dal web.
A me quella proposta in questo thread sembra una di quelle questioni di lana caprina che,per essere districate,
richiedono solo di mettersi d'accordo sul significato dei termini in essa presente,
e non sul loro significante
(altrimenti si corre il rischio d'una "guerra di religione" evitabilissima,inutile e,
mi si passi il termine che non vuol essere offensivo per nessuno se non per quel tipo di dispute,"stupida" come ogni altra..);
d'altronde l'estetica,ovvero nel caso specifico il simbolo $dx$,è "solo" l'immagine che percepiamo delle ns realtà,
ma spesso non ne è esaustiva per l'Essenza di quest'ultima:
forse è il caso di coltivare il dubbio che questo è uno dei tanti casi in cui non lo è..
Facciamo allora un pò d'ordine sulle basi e diciamo intanto che,come ben esposto da altri utenti in passato,
l'ncremento subito dalla variabile indipendente nel passaggio da un fissato valore x ad un valore $x_0nex$ è pacificamente
(ma non sottovaluterrei l'ovvietà..)
pari alla quantità $x-x_0$ che,per comodità di notazione,indicheremo con h;
poco importa se h è positivo o negativo,
perchè l'essenza del discorso che c'accingiamo a fare su tale numero è che esso è certamente non nullo
(ma per ricchezza di linguaggio potremmo convenire di chiamarlo decremento se h<0,
e taglieremmo anche questa polemica potenziale sul nascere..):
se si vuole può dirsi equivalentemente che,
quando la variabile indipendente "subisce" un incremento h partendo da un suo fissato valore $x_0$,
assumerà alla fine il valore $x_0+h$..
Io preferisco quest'ultimo modo di dire,
perchè mi sembra lessicalmente più propedeutico alla comprensione d'un fatto pacifico
(vale lo stesso consiglio di prima..):
quando,data una $y=f(x):X->RR$ con $x_0$ interno a X,
la variabile indipendente x parte dal valore $x_0$ e subisce un incremento h che non la faccia uscire da X,
la variabile dipendente subirà conseguentemente un incremento(o decremento..)pari a $Deltaf=f(x_0+h)-f(x_0)$.
Il succo del discorso,a questo punto delle cose,è che,una volta fissato $x_0$,il rapporto tra gli incrementi di tali variabili
(si sceglie l'ordine $(Deltaf)/h$ perchè,così facendo,
salta all'occhio una nota formula di
essa ha per dominio un intervallo che non contiene lo 0 ma lo ha per punto d'accumulazione:
è allora lecito chiedersi dell'esistenza di $lim_(h->0)g(h)$ e,come noto,se tale limite converge ad un certo $l$$inRR$ si porrà per definizione$f'(x_0)=l$..
In tal caso la $epsilon(h)=f(x_0+h)-f(x_0)-lh$ sarebbe infinitesima,per $h->0$,e se $l$$ne0$ sarebbe possibile dedurre analiticamente che l'ordine dell'infinitesimo $epsilon(h)$ è superiore a quello della k(h)=lh;
dato allora che,dalla def. di $epsilon(h)$,
è facile dedurre che l'incremento subito dalla variabile dipendente y è pari a $epsilon(h)+k(h)$,
è legittima la stima $f(x_0+h)-f(x_0)simlh$:
fissati tutti gli infiniti valori di x interni ad X e ripetendo tale ragionamento per ognuno d'essi,
potremo dire che è lecito scrivere $f(x+h)-f(x)simhf'(x)$$AAx$$indomf'$
(a meno d'un infinitesimo d'ordine superiore al primo..),
e questo credo sia la ragione etimologica della denominazione "differenziale delle variabile dipendente" per la funzione infinitesima d(h)=hf'(x),che differisce dall'incremento della y per un infinitesimo d'ordine ad essa superiore.
Ciò ricordato,
ed osservato che considerata la funzione identica avremo $dy=dx=1*h=h$ e dunque $dy=d(h)=f'(x)dx$,
posso chiedere all'autore del thread cosa secondo lui cambi,sostanzialmente,nella risposta a queste domande:
1)"Qual'è l'insieme delle primitive di cosx"?
2)"Qual'è l'insieme delle funzioni il cui differenziale è $cosxdx$?
La risposta è la stessa,direi,
e s'è scelto di porla nel secondo modo solo perchè quel tizio che cambiava la storia del mondo ogni volta che cadeva una mela
(non sò perchè spesso poco amato dai Matematici,ancor più se bravi,
pur essendo il precursore d'una scoperta tra le più pure e fruttuose di quella Disciplina..)
arrivò in contemporanea al concetto di derivata col grande Filosofo tedesco,
e dunque entrambi andavan omaggiati;
per Newton il tributo è stato la notazione di derivata f'(x),
e per Liebnitz quella che,tanto t'infastidisce,usata nel concetto ad essa "imparentato"(non inverso..) d'integrale:
ma entrambe son solo convenzioni estetiche,ancorchè comode quando le si accetta
(lo sarebbero pure altre,ne convengo..è solo questione d'abitudine!!),
mica l'essenza del discorso.
Saluti dal web.
"Luca.Lussardi":
Per lisdap: l'analisi va bene, e i docenti pure; sono gli studenti che però, volendo accontentarsi del "mi basta che funzioni" fanno di tutto per dare un senso a qualcosa che un senso non ce l'ha. Se tutti ragionassimo così allora tanto vale fare i conti come faceva Newton, e buttare 400 anni di analisi.
I professori di fisica non vanno mica tanto bene. Se loro ragionassero matematicamente come si deve queste domande sul forum non ci sarebbero.
@Plepp:
E a questo punto sono curioso... Qual è l'idea che hai?
Non è quello il problema.
Il F-M-S è pensato per tutti i cdl scientifici in cui la Matematica si studia ad un livello decente (i.e. Ingegneria, Fisica e Matematica per lo più), quindi quello che c'è lì dentro è una buona esposizione dell'Analisi di base.
Il problema è quest'altro, secondo me.
I Matematici, per loro struttura mentale, non si fanno troppe pippe mentali sulla "notazione" perché sanno che è convenzionale e serve solo per rendere in modo comodo concetti che altrimenti sarebbero scomodissimi da manipolare... Tanto è vero che notazioni uguali possono essere usate per denotare cose distinte e molto diverse!
Ad esempio, già il simbolo \(1\) denota molte cose diverse tra loro, come:
"Plepp":
Saremo pur ingegneri e non matematici, ma almeno un'idea di cosa sia il $dx$ nell'integrale definito ce l'abbiamoalmeno lo studente medio!
E a questo punto sono curioso... Qual è l'idea che hai?
"Plepp":In proposito alle forme differenziali, mi pare che ci fosse un paragrafo apposito sul vecchio Fusco-Marcellini-Sbordone.
Si infatti, ma non era poi cosi completa...si tratta pur sempre (suppongo) di un testo per Ingegneria!
Non è quello il problema.
Il F-M-S è pensato per tutti i cdl scientifici in cui la Matematica si studia ad un livello decente (i.e. Ingegneria, Fisica e Matematica per lo più), quindi quello che c'è lì dentro è una buona esposizione dell'Analisi di base.
Il problema è quest'altro, secondo me.
I Matematici, per loro struttura mentale, non si fanno troppe pippe mentali sulla "notazione" perché sanno che è convenzionale e serve solo per rendere in modo comodo concetti che altrimenti sarebbero scomodissimi da manipolare... Tanto è vero che notazioni uguali possono essere usate per denotare cose distinte e molto diverse!
Ad esempio, già il simbolo \(1\) denota molte cose diverse tra loro, come:
[*:2h11v6rl] l'elemento neutro di \(\mathbb{N}\) rispetto al prodotto,
[/*:m:2h11v6rl]
[*:2h11v6rl] l'elemento neutro di \(\mathbb{Z}\) rispetto al prodotto,
[/*:m:2h11v6rl]
[*:2h11v6rl] l'elemento neutro di \(\mathbb{Q}\) rispetto al prodotto,
[/*:m:2h11v6rl]
[*:2h11v6rl] l'elemento neutro di \(\mathbb{R}\) rispetto al prodotto,
[/*:m:2h11v6rl]
[*:2h11v6rl] l'elemento neutro di \(\mathbb{C}\) rispetto al prodotto,
[/*:m:2h11v6rl]
[*:2h11v6rl] una funzione indicatrice,
[/*:m:2h11v6rl]
[*:2h11v6rl] uno degli elementi di un'algebra di Boole...[/*:m:2h11v6rl][/list:u:2h11v6rl]
D'altra parte, chi si occupa di Scienze Applicate, vede nella notazione un qualcosa che debba essere usato per ricordare certi percorsi mentali a chi la usa. Da qui il problema di dare un "significato" ad un simbolo che, matematicamente parlando, non ne ha alcuno (o, se pure ne ha qualcuno in qualche contesto, esso è troppo avanzato per essere liquidato in due/tre righe).
"Plepp":Ad ogni modo, sono concetti astratti derivanti dalla Geometria Differenziale che non vale la pena tirare in ballo in appuntini per gente del primo anno.
Su questo sono totalmente d'accordo con te. Però a me personalmente piacerebbe approfondire la cosa (quindi non parliamo piu del lavoro che sto facendo per il mio prof), per cui se sai consigliarmi un testo che tratti l'argomento in maniera esaustiva (e magari allo stesso tempo "potabile" per uno studente che ha nozioni solo di analisi 1, analisi 2, analisi 2.5, geometria ed algebra lineare), te ne sarei grato
Probabilmente sul libro di Fleming, Functions of Several Variables, dovresti trovare qualcosa (capitolo 6, se non ricordo male).
Per quanto riguarda testi di Analisi seri, di italiani ce ne sono tanti (il Prodi o il Cecconi-Stampacchia ad esempio); in inglese, invece, al momento mi vengono in mente solo il Folland, Real Analysis: Modern Techniques and Their Applications (Second ed.) (che dovrebbe discutere anche le forme differenziali nell'ultimo capitolo) oppure il baby-Rudin, ossia Rudin, Principles of Mathematical Analysis (questo è serissimo).
"Plepp":Ripeto: la posizione più comoda è quella di considerare $dx$ come un trucco per tenere d'occhio la variabile rispetto la quale si integra.
E anche qui siamo d'accordo. Quello che a me interessava (sempre per curiosità mia, non parliamo più degli appunti che sto scrivendo) era capire COSA SIGNIFICASSE, non quale fosse la posizione piu comoda per interpretare il $dx$ per uno studente d'ingegneria del primo anno (se fosse stato questo l'oggetto del mio interesse, mi sarebbe bastato aprire uno a caso dei miei libri).
Come ho detto, queste domande non ricevono risposta quando sono fatte ad un matematico, perché un matematico "usa" una notazione senza "esserne schiavo".
"Plepp":
PS. Il mio prof. mi ha dato questi testi:
$\circ$ Marsden J.E.,Tromba A.J.Vector calculus
$\circ$ Intro. to Real Analysis-Bartle & Sherbert
non ho avuto modo di dargli un'occhiata, e lui non mi ha nemmeno precisato di che livello siano. Tu li conosci? In caso affermativo, li ritieni validi? Grazie!
Non li conosco (forse ho sfogliato il Bartle, una mezza volta, e mi sembrava decente).
@lisdap:
"lisdap":
[quote="Luca.Lussardi"]Per lisdap: l'analisi va bene, e i docenti pure; sono gli studenti che però, volendo accontentarsi del "mi basta che funzioni" fanno di tutto per dare un senso a qualcosa che un senso non ce l'ha. Se tutti ragionassimo così allora tanto vale fare i conti come faceva Newton, e buttare 400 anni di analisi.
I professori di fisica non vanno mica tanto bene. Se loro ragionassero matematicamente come si deve queste domande sul forum non ci sarebbero.[/quote]
Ma non farebbero Fisica, allora... Insegnerebbero, minimo, Meccanica Razionale o, massimo, Geometria Differenziale (a studenti del primo anno che, mediamente, già non capiscono una ceppa di Analisi I).
"gugo82":
Ma non farebbero Fisica, allora...
Quindi mi stai dicendo che devo rassegnarmi di fronte agli "abusi" che si fanno in Fisica?
"lisdap":
[quote="gugo82"]
Ma non farebbero Fisica, allora...
Quindi mi stai dicendo che devo rassegnarmi di fronte agli "abusi" che si fanno in Fisica?[/quote]
Non è la prima volta che lo dico... Quindi mi chiedo che senso abbia continuare a dirlo, dato che gli interessati poi non lo leggono.
"gugo82":
Non è la prima volta che lo dico... Quindi mi chiedo che senso abbia continuare a dirlo, dato che gli interessati poi non lo leggono.
penso che il problema vada risolto, più che messo da parte...
Forse il problema lo vediamo solo noi aspiranti ingegneri, mah
[xdom="gugo82"]Non andiamo OT.
Se vuoi continuare a discutere di questa faccenda, hai aperto un thread tu stesso tempo fa: riesumalo.[/xdom]
"lisdap":
Perchè agli ingegneri meccanici la matematica la si insegna "a ****"...
E poi perchè gli ingegneri sono quelli che di più usano la fisica, oltre ai fisici, e sappiamo tutti i ragionamenti scorretti dal punto di vista matematico che si fanno in Fisica: ciò quindi contribuisce a creare gran confusione. C'è gente che se ne frega e che ragiona secondo l'ottica del "basta che funziona" e c'è gente, come me, che cerca di trovare il bandolo della matassa relativamente a tale questione tanto discussa su questo forum.
Io continuo ad essere dell'idea che l'Analisi ancora deve essere leggermente modificata. C'è troppo casino su alcune questioni.
Qualcuno che mi capisce...allelujah...
@Gugo: Grazie infinite per le risposte circa i libri. E anche per l'illuminante discorso sul fatto che notazioni uguali possono indicare cose differenti...
D'altra parte, chi si occupa di Scienze Applicate, vede nella notazione un qualcosa che debba essere usato per ricordare certi percorsi mentali a chi la usa. Da qui il problema di dare un "significato" ad un simbolo che, matematicamente parlando, non ne ha alcuno (o, se pure ne ha qualcuno in qualche contesto, esso è troppo avanzato per essere liquidato in due/tre righe).
Abbiamo (FINALMENTE) convenuto che, in questo caso, un significato c'è. Che poi sia "troppo avanzato per essere liquidato in due righe" è un altro paio di maniche. Dovete comprendere, voi gente preparata, che a qualcuno come me o lisdap, non basta il "contentino" (il cosiddetto "basta che funzioni") che è sufficiente alla maggior parte degli studenti. E non vediamo la notazione come un qualcosa atto a "ricordare certi percorsi mentali": e.g. se vedo la derivata
indicata "alla Newton" o "alla Leibniz" fa lo stesso, l'importante è sapere cosa sia la derivata e che quel simbolo la stia a denotare.
Detto questo, se qualcuno di voi esseri superiori (non lo dico in senso ironico) è cosi volenteroso (e preparato, naturalmente) da rispondere a domande del genere (cosa che non è accaduta), amen.
Altrimenti, invece di continuare a disprezzare la nostra legittima curiosità, la cosa più adeguata da fare sarebbe, grossomodo, dare la seguente risposta:
<<è qualcosa di troppo grosso per te, piccolo ingegnere. Quando sarai "grande", forse, lo capirai>>.
@Plepp: Come al solito, non ci siamo capiti... Ma avendo a che fare con gli ingegneri uno ci fa il callo. 
Come detto, un simbolo non ha un unico significato; m il più delle volte il suo significato dipende dal contesto (proprio come accade col simbolo \(1\)).
Nell'ambito dell'Integrazione Elementare il simbolo \(\text{d} x\) non ha un significato, né è utile fornirgliene alcuno.
Questa è la risposta alla domanda originaria che hai formulato nello OP.
In ambiti superiori, tipo Geometria Differenziale o Teoria della Misura, il simbolo \(\text{d} x\) ha qualche significato, ma tale significato non è accessibile facilmente da chi non conosce le nozioni di base delle suddette teorie.
Ad esempio, se ti dicessi: "Bene, se hai una varietà differenziabile di dimensione \(n\), allora i simboli \(\text{d}x_1,\ldots, \text{d}x_n\) costituiscono una base del fibrato cotangente alla varietà", oppure "Bene, la misura di Lebesgue in \(\mathbb{R}^N\) la puoi denotare col simbolo \(\text{d} x=\text{d}x_1\cdots \text{d} x_N\)"; sarebbero queste spiegazioni?
Io credo di no.
Una spiegazione, per essere tale, ha bisogno di fornire a chi legge/ascolta delle informazioni che può elaborare sulla base delle proprie conoscenze.
E, d'altra parte, su un forum è del tutto inutile scrivere un trattatello di Geometria Differenziale o di Teoria della Misura, perché non è questo il modo in cui si usa un forum (se gli utenti volessero scrivere dei libri, lo farebbero).
Proprio per questo, non per pigrizia, ti ho rimandato alla lettura dei libri: lì trovi tutte le risposte che cerchi.

Come detto, un simbolo non ha un unico significato; m il più delle volte il suo significato dipende dal contesto (proprio come accade col simbolo \(1\)).
Nell'ambito dell'Integrazione Elementare il simbolo \(\text{d} x\) non ha un significato, né è utile fornirgliene alcuno.
Questa è la risposta alla domanda originaria che hai formulato nello OP.
In ambiti superiori, tipo Geometria Differenziale o Teoria della Misura, il simbolo \(\text{d} x\) ha qualche significato, ma tale significato non è accessibile facilmente da chi non conosce le nozioni di base delle suddette teorie.
Ad esempio, se ti dicessi: "Bene, se hai una varietà differenziabile di dimensione \(n\), allora i simboli \(\text{d}x_1,\ldots, \text{d}x_n\) costituiscono una base del fibrato cotangente alla varietà", oppure "Bene, la misura di Lebesgue in \(\mathbb{R}^N\) la puoi denotare col simbolo \(\text{d} x=\text{d}x_1\cdots \text{d} x_N\)"; sarebbero queste spiegazioni?
Io credo di no.
Una spiegazione, per essere tale, ha bisogno di fornire a chi legge/ascolta delle informazioni che può elaborare sulla base delle proprie conoscenze.
E, d'altra parte, su un forum è del tutto inutile scrivere un trattatello di Geometria Differenziale o di Teoria della Misura, perché non è questo il modo in cui si usa un forum (se gli utenti volessero scrivere dei libri, lo farebbero).
Proprio per questo, non per pigrizia, ti ho rimandato alla lettura dei libri: lì trovi tutte le risposte che cerchi.
"gugo82":
Ad esempio, se ti dicessi: "Bene, se hai una varietà differenziabile di dimensione \(n\), allora i simboli \(\text{d}x_1,\ldots, \text{d}x_n\) costituiscono una base del fibrato cotangente alla varietà"
Forse è meglio lasciar perdere

"gugo82":
Nell'ambito dell'Integrazione Elementare il simbolo \(\text{d} x\) non ha un significato, né è utile fornirgliene alcuno.
[...]
In ambiti superiori, tipo Geometria Differenziale o Teoria della Misura, il simbolo \(\text{d} x\) ha qualche significato, ma tale significato non è accessibile facilmente da chi non conosce le nozioni di base delle suddette teorie.
Ad esempio, se ti dicessi: "Bene, se hai una varietà differenziabile di dimensione \(n\), allora i simboli \(\text{d}x_1,\ldots, \text{d}x_n\) costituiscono una base del fibrato cotangente alla varietà", oppure "Bene, la misura di Lebesgue in \(\mathbb{R}^N\) la puoi denotare col simbolo \(\text{d} x=\text{d}x_1\cdots \text{d} x_N\)"
[...]
E, d'altra parte, su un forum è del tutto inutile scrivere un trattatello di Geometria Differenziale o di Teoria della Misura, perché non è questo il modo in cui si usa un forum (se gli utenti volessero scrivere dei libri, lo farebbero).
Proprio per questo, non per pigrizia, ti ho rimandato alla lettura dei libri: lì trovi tutte le risposte che cerchi.
Questa era la risposta che tanto attendevo!

Forse comunque ci avrei capito pure qualcosina (ina, ina) se avessi seguito l'approfondimento -non previsto dal programma- sull'integrale di Lebesgue che ha fatto il mio Prof...purtroppo, proprio in quei giorni, non ho potuto seguire

Grazie ancora.
Salve a tutti,
per alcune ragioni, vorrei "riesumare" la vecchia questione del $dx$
Sfogliando il "Baby-Rudin" sono giunto ad una (mia) conclusione, che mi pare essere più sensata di quella che avevo tratto all'inizio dell'altro thread. Mi è parso di capire che la risposta non andava cercata poi cosi "lontano", nè tra i concetti della Teoria della Misura, nè altrove...cerco dunque una conferma di quanto sto per dire.
Innanzitutto ho studiato bene la definizione dell'integrale di Stieltjes (e le sue proprietà), di cui conoscevo solo il nome
questo primo studio ha dato senso ad un sacco di espressioni incontrate nel corso degli studi, come
\[\int f\,d(\cos x)\]
Inoltre mi sono convinto di quanto diceva più di qualcuno: il $dx$ è un simbolo. O meglio, non è un differenziale. L'integrale avrebbe (o meglio dovrebbe avere: è quel che mi parso di capire) lo stesso significato se al posto della lettera $d$ si utilizzasse qualsiasi altro simbolo; potremmo scrivere ad esempio
\[\int f\ \bigstar x\]
(
) o anche
\[\int_x f\]
senza che cambi nulla: la notazione del differenziale, quindi la lettera $d$, non è altro che una convenzione. Convenzione che probabilmente avrà le sue "antiche" motivazioni: ad esempio Leibniz, a quanto ne so, indicava la derivata di $f$ rispetto ad $x$ con
\[\dfrac{df}{dx}\]
proprio perchè la definiva come un rapporto tra quantità infinitesime.
Detto questo (e supponendolo vero), ritengo tuttavia di aver avuto ragione (o meglio, di aver fatto una considerazione sensata, molto) nel momento in cui parlavo di "macelli coi differenziali" nell'integrazione per sostituzione: se il $dx$ è un simbolo, come mai, nel momento di cambiare la variabile, assurge allo status di oggetto matematico vero e proprio?
La risposta l'ho trovata nel teorema 6.17 del Baby-Rudin, per il quale, sotto determinate ipotesi,
\[\int f\ dg=\int f(x)\ g'(x)\,dx\]
che viene dimostrato, al contrario di come viene fatto nei miei libri, senza tirare in ballo i differenziali, nè la regola di derivazione di funzione composta, che a mio parere "funzionano", ma che non hanno nulla a che fare con la definizione dell'integrale di Riemann! (e per quel poco che ho letto ultimamente, nemmeno con quello di Lebesgue).
Questo teorema (che tra l'altro ho scoperto essere un caso particolare di un altro, quello del cambio di variabili 6.19, di cui non c'è traccia sui miei testi
) mi ha fatto aprire gli occhi, e mi ha fatto trarre le mie conclusioni, che potrei riassumere dicendo
Il simbolo $dx$ non è un differenziale (nell'itegrale di Riemann-Stieltjes), ma un simbolo che indica la variabile (o più precisamente, la funzione) rispetto alla quale si sta integrando su $[a,b]$.
La contraddizione tra la precedente affermazione e l'utilizzo che si fa del $dx$ nella formula d'integrazione per sostituzione nasce dall'esigenza di chi la insegna (la formula) di dare una giustificazione che convinca chi la apprende, dal momento che questo ignora l'esistenza dell'integrale di Stieltjes (ovviamente, parliamo di ingegneria
).
Che ne pensate?
Ciao
PS: tutti gli integrali che ho scritto fin'ora sono da intendersi definiti, anche se ho omesso gli estremi d'integrazione, pardon
per alcune ragioni, vorrei "riesumare" la vecchia questione del $dx$

Sfogliando il "Baby-Rudin" sono giunto ad una (mia) conclusione, che mi pare essere più sensata di quella che avevo tratto all'inizio dell'altro thread. Mi è parso di capire che la risposta non andava cercata poi cosi "lontano", nè tra i concetti della Teoria della Misura, nè altrove...cerco dunque una conferma di quanto sto per dire.
Innanzitutto ho studiato bene la definizione dell'integrale di Stieltjes (e le sue proprietà), di cui conoscevo solo il nome

\[\int f\,d(\cos x)\]
Inoltre mi sono convinto di quanto diceva più di qualcuno: il $dx$ è un simbolo. O meglio, non è un differenziale. L'integrale avrebbe (o meglio dovrebbe avere: è quel che mi parso di capire) lo stesso significato se al posto della lettera $d$ si utilizzasse qualsiasi altro simbolo; potremmo scrivere ad esempio
\[\int f\ \bigstar x\]
(

\[\int_x f\]
senza che cambi nulla: la notazione del differenziale, quindi la lettera $d$, non è altro che una convenzione. Convenzione che probabilmente avrà le sue "antiche" motivazioni: ad esempio Leibniz, a quanto ne so, indicava la derivata di $f$ rispetto ad $x$ con
\[\dfrac{df}{dx}\]
proprio perchè la definiva come un rapporto tra quantità infinitesime.
Detto questo (e supponendolo vero), ritengo tuttavia di aver avuto ragione (o meglio, di aver fatto una considerazione sensata, molto) nel momento in cui parlavo di "macelli coi differenziali" nell'integrazione per sostituzione: se il $dx$ è un simbolo, come mai, nel momento di cambiare la variabile, assurge allo status di oggetto matematico vero e proprio?
La risposta l'ho trovata nel teorema 6.17 del Baby-Rudin, per il quale, sotto determinate ipotesi,
\[\int f\ dg=\int f(x)\ g'(x)\,dx\]
che viene dimostrato, al contrario di come viene fatto nei miei libri, senza tirare in ballo i differenziali, nè la regola di derivazione di funzione composta, che a mio parere "funzionano", ma che non hanno nulla a che fare con la definizione dell'integrale di Riemann! (e per quel poco che ho letto ultimamente, nemmeno con quello di Lebesgue).
Questo teorema (che tra l'altro ho scoperto essere un caso particolare di un altro, quello del cambio di variabili 6.19, di cui non c'è traccia sui miei testi

Il simbolo $dx$ non è un differenziale (nell'itegrale di Riemann-Stieltjes), ma un simbolo che indica la variabile (o più precisamente, la funzione) rispetto alla quale si sta integrando su $[a,b]$.
La contraddizione tra la precedente affermazione e l'utilizzo che si fa del $dx$ nella formula d'integrazione per sostituzione nasce dall'esigenza di chi la insegna (la formula) di dare una giustificazione che convinca chi la apprende, dal momento che questo ignora l'esistenza dell'integrale di Stieltjes (ovviamente, parliamo di ingegneria

Che ne pensate?

PS: tutti gli integrali che ho scritto fin'ora sono da intendersi definiti, anche se ho omesso gli estremi d'integrazione, pardon

Qualche anno fa pure io avevo gli stessi dubbi, e mi hai fatto ricordare di avere trovato un po' di pace interiore proprio leggendo quel capitolo di Principi di analisi matematica, giungendo alle tue stesse conclusioni. Ecco qua un mio post risalente proprio a quel periodo:
post233301.html#p233301
post233301.html#p233301