Dimostrazione algebrica semplicissima (tramite inverso del gruppo R)
Buongiorno, stavo leggendo una vecchia discussione https://www.matematicamente.it/forum/vi ... 6&t=230844 ma vorrei fare una domanda a riguardo sebbene davvero stupida ma che non capisco come risolvere.
è (quasi) intuitivo che: dato m parametro, quando assumo $mx=y$ so che:
- per ogni x nei reali ho un y nei reali che rende vera $mx=y$
- d'altro canto vale l'opposto: per ogni y nei reali ho un x nei reali che rende vera $mx=y$
Si dimostra facilmente sapendo che i reali sono un gruppo e in quanto tale si gioca con l'inverso di m: $m^-1$ che esiste.
C'è però una parte che mi lascia incuriosito: io dimostro che per ogni x c'è un y e per ogni y c'è un x. Ma non dimostro che dato un qualunque x nei reali "copro" tutti i reali con la y.
Graficamente per spiegarmi meglio direi che: (intuitivamente) fissato m, percorrendo le x nei reali (cioè coprendo ogni valore di x) trovo valori in y ma in aggiunta vorrei dimostrare che i valori di y coprono di nuovo tutta la retta dei reali, ma questo come lo faccio?
Io con la dimostrazione mostro che: per ogni x vi è un y ma questo non vuol dire che scegliendo x differenti troverò in y di nuovo tutti i reali.
Con l'altra dimostrazione faccio notare che scegliendo ogni y nei reali ho degli x ma di nuovo non vuol dire che scegliendo varie y troverò di nuovo tutti i reali.
E anche mettendo assieme queste due considerazioni noto che non posso concludere che scegliendo tutti gli x nei reali ritrovo con y tramite $mx=y$ tutti i reali (cioè che y coincide con la retta reale).
Come si fa quindi a dimostrare questa proprietà? Che l'insieme dei reali di x coincide con l'insieme delle y trovate tramite quell'equazione?
Essendo $R$ quello che ho scoperto chiamarsi gruppo vuol dire che ci sono elementi inversi per ogni elemento.
Quindi se io prendo
$ax=y$ posso dire:
- qualunque sia x che ho scelto ho una rispettiva y, questo mi pare ovvio (se assumo l'operazione ben definita, che poi sarebbe un po' il discorso) l'eq. ci dice che ogni x ha una y $ax=y$.
- prendo una y qulunque e considero di nuovo $ax=y$ poiché esiste $a^-1$ posso scrivere $a^-1ax=ay => x=ay$ quindi per ogni y ho una x!
Di questo secondo punto volevo porre due domande:
a) quanto ho detto può funzionare?
è (quasi) intuitivo che: dato m parametro, quando assumo $mx=y$ so che:
- per ogni x nei reali ho un y nei reali che rende vera $mx=y$
- d'altro canto vale l'opposto: per ogni y nei reali ho un x nei reali che rende vera $mx=y$
Si dimostra facilmente sapendo che i reali sono un gruppo e in quanto tale si gioca con l'inverso di m: $m^-1$ che esiste.
C'è però una parte che mi lascia incuriosito: io dimostro che per ogni x c'è un y e per ogni y c'è un x. Ma non dimostro che dato un qualunque x nei reali "copro" tutti i reali con la y.
Graficamente per spiegarmi meglio direi che: (intuitivamente) fissato m, percorrendo le x nei reali (cioè coprendo ogni valore di x) trovo valori in y ma in aggiunta vorrei dimostrare che i valori di y coprono di nuovo tutta la retta dei reali, ma questo come lo faccio?
Io con la dimostrazione mostro che: per ogni x vi è un y ma questo non vuol dire che scegliendo x differenti troverò in y di nuovo tutti i reali.
Con l'altra dimostrazione faccio notare che scegliendo ogni y nei reali ho degli x ma di nuovo non vuol dire che scegliendo varie y troverò di nuovo tutti i reali.
E anche mettendo assieme queste due considerazioni noto che non posso concludere che scegliendo tutti gli x nei reali ritrovo con y tramite $mx=y$ tutti i reali (cioè che y coincide con la retta reale).
Come si fa quindi a dimostrare questa proprietà? Che l'insieme dei reali di x coincide con l'insieme delle y trovate tramite quell'equazione?
Risposte
Perfetto, grazie mille. Almeno quel dubbio è 'andato'.
Lascio quindi aperto solo questo post per non perderlo in mezzo a mille altri:
Se come dicevi qualcuno avrà modo intervenire, qualunque sia il caso ci ragionerò in questi giorni.
Buon ferragosto a tutti!
Lascio quindi aperto solo questo post per non perderlo in mezzo a mille altri:
grazie mille, però facendo nel 'mio modo' non sorge un piccolo problemino?
*mostro che per ogni $x$ nei reali ho una $a$ reale
*mostro che per ogni $a:=r$ nei reali ho una $x$ nei reali
Unendo le due dimostrazioni non mi sembra dimostrare come invece risulta evidente nella dimostrazione di Martino che sostituendo in $x$ tutti i reali ritrovo con $a$ tutti i reali, posso solo dire che per ogni $x$ ho una $a$, ma non mi permette di concludere che tutti i risultati $a$ sono l'insieme reale (con a: $a=mx$ che trovo sostituendo tutte le $x$ reali).
Mi pare che unicamente sfruttare gli insiemi come fa Martino si dia risposta completa a questo, sbaglio?
Se come dicevi qualcuno avrà modo intervenire, qualunque sia il caso ci ragionerò in questi giorni.
Buon ferragosto a tutti!
"sisterioso":
... a me sembra l'insieme A sia ... Mentre io vorrei ...
E ti sembra male.
Tu pretendi di costruire l'insieme $A$ partendo dall'insieme $A$ che ancora non c'è!!!
Non devi volere, devi prendere atto che esiste un insieme creato da Martino secondo certe modalità. Punto.
Solo POI si dimostra che $A=RR$
Ok?
@gualtieroilvero
La modalità standard per dimostrare che due insiemi coincidono è quello della doppia inclusione (ognuno dei due insiemi è sottoinsieme dell'altro).
Anche a me sembra che col tuo ragionamento tu non riesca a dimostrare che i due insiemi coincidano.
Però ciò non implica che la tesi si possa raggiungere solo col metodo della doppia inclusione
La modalità standard per dimostrare che due insiemi coincidono è quello della doppia inclusione (ognuno dei due insiemi è sottoinsieme dell'altro).
Anche a me sembra che col tuo ragionamento tu non riesca a dimostrare che i due insiemi coincidano.
Però ciò non implica che la tesi si possa raggiungere solo col metodo della doppia inclusione

@axpgn
no, certo, sia chiaro: non volevo dire che non ci sono altri modi. Volevo solo chiedere se 'il mio' non fosse un buon modo.
Mi sembrava infatti avesse solo una idea embionalmente giusta, ma poi mancava di fatto il mostrare fosse tutto R proprio perché:
*mostro che per ogni x nei reali ho una a reale
*mostro che per ogni a:=r nei reali ho una x nei reali
mi diece solo per ogni x ho una a e per ogni a ho una x che sono nei reali. Ma non dice quello che volevamo:
' ' sostituire ogni x nei reali ci ridà con a=mx tutti i reali ' ', questo invece lo dimostra bene Martino.
Era solo questo che volevo dire!
Ti ringrazio per aver sconfessato la mia dimostrazione, mi fa sentire sereno. La doppia inclusione invece funziona!
Grazie ancora a tutti
"axpgn":
Anche a me sembra che col tuo ragionamento tu non riesca a dimostrare che i due insiemi coincidano.
no, certo, sia chiaro: non volevo dire che non ci sono altri modi. Volevo solo chiedere se 'il mio' non fosse un buon modo.
Mi sembrava infatti avesse solo una idea embionalmente giusta, ma poi mancava di fatto il mostrare fosse tutto R proprio perché:
*mostro che per ogni x nei reali ho una a reale
*mostro che per ogni a:=r nei reali ho una x nei reali
mi diece solo per ogni x ho una a e per ogni a ho una x che sono nei reali. Ma non dice quello che volevamo:
' ' sostituire ogni x nei reali ci ridà con a=mx tutti i reali ' ', questo invece lo dimostra bene Martino.
Era solo questo che volevo dire!
Ti ringrazio per aver sconfessato la mia dimostrazione, mi fa sentire sereno. La doppia inclusione invece funziona!
Grazie ancora a tutti

"Martino":[/quote]
[quote="sisterioso"]A ingegneria queste cose non vengono viste nemmeno da lontano, la matematica la userai come strumento e non come oggetto di studio (un po' come la logica è strumento per capire la matematica).
E' proprio la sensazione che ho avuto.
Già, solo che quando ti iscrivi non lo sai: il luogo comune è che l'ingengere SA bene la matematica, fine. E uno finisce per crederci. Poi, vivendolo sulla tua pelle, ti accorgi che non è così perché i corsi non affrontalo le cose come vorresti

"axpgn":
[quote="sisterioso"]... a me sembra l'insieme A sia ... Mentre io vorrei ...
E ti sembra male.
Tu pretendi di costruire l'insieme $A$ partendo dall'insieme $A$ che ancora non c'è!!!
Non devi volere, devi prendere atto che esiste un insieme creato da Martino secondo certe modalità. Punto.
Solo POI si dimostra che $A=RR$
Ok?[/quote]
Ok, però scusa. Come dice Martino:
Scrivere $A={mx : x in RR}$ è equivalente a scrivere le seguenti due cose.
1) Per ogni $a in A$ esiste $x in RR$ tale che $a=mx$.
2) Per ogni $x in RR$ si ha $mx in A$.
Equivalentemente,
$a in A$ se e solo se esiste $x in RR$ tale che $a=mx$.
La 1) non dice proprio quello che dicevo io?

Mi sembra proprio quello che hai quotato del mio discorso questo. Se sbaglio non capisco perché?
Sono considerazioni vere ma fatte DOPO la costruzione di $A$ non durante!
Tu dici "prendo un elemento $a$ di $A$" ma se $A$ non lo hai ancora costruito che cavolo prendi?
Prima costruisci l'insieme $A$, comprendi bene come è e poi ci fai sopra tutte le elucubrazioni che vuoi.
Tu dici "prendo un elemento $a$ di $A$" ma se $A$ non lo hai ancora costruito che cavolo prendi?
Prima costruisci l'insieme $A$, comprendi bene come è e poi ci fai sopra tutte le elucubrazioni che vuoi.
@axpgn: Ok così sono d'accordo in effetti. Resta quindi però da capire come si definisce quell'insieme da cui pesco gli elementi per la dimostrazione nel quote qui sotto.
Ricapitoliamo quello che ho capito dal tuo discorso.
Inizialmente io avevo capito che scrivere $A={mx:x∈R}$ inteso come:
1) Per ogni a∈A esiste x∈R tale che a=mx.
2) Per ogni x∈R si ha mx∈A.
Fosse la DEFINIZIONE di A. Mentre ora col tuo appunto mi rendo conto che forse è da leggersi come doppia inclusione e quindi uguaglianza tra due insiemi A e quello degli mx:
1) $A⊆{mx:x∈R}$
2) ${mx:x∈R}⊆A$
E quindi 1+2 ci dicono $A={mx:x∈R}$
Detto questo risolverei così il problema della definizione dell'insieme "{mx}" che voglio definire è l'insieme dei prodotti di tuttle x in R per m fisso reale: ${mx:x∈R}$ appunto.
la prima domanda che volevo porre è: è giusto questo discorso di doppia inclusione, oppure 1+2 sono da intendersi come DEFINIZIONE di A, cioè: $A:={mx:x∈R}$
Quando Martino voleva dimostrare $A⊆RR$
Lui prendeva un elemento $a$ di $A$ e quindi in virtù della: "$a∈A$ se e solo se esiste $x∈R$ tale che $a=mx$" la quale ci garantisce che $A={mx:x∈R}$ procedeva dimostrando che $A=RR$ PERO' dato che $A={mx:x∈R}$ allora ha in definitiva mostrato che ${mx:x∈R}=RR$ (per transitività).
A questo punto mi chiedo, seconda domanda che volevo porre: ma invece di prendere un elemento $A$ e far tutto questo giro, non potevo semplicemente dire:
Prima inclusione: ${mx:x∈R} subseteq RR$. Per dimostrarla dobbiamo prendere un qualsiasi $a in {mx:x∈R}$ e dimostrare che $a in RR$. Siccome $a in {mx:x∈R}$, sono gli elementi t.c per ogni $x in RR$ vale $a=mx$. Essendo quindi $a$ un prodotto tra due numeri reali (perché anche $m in RR$), deduciamo che $a$ è un numero reale, cioè $a in RR$.
Tutto questo discorso ti torna? Non so se intendevi queste cose e vorrei capire
Ricapitoliamo quello che ho capito dal tuo discorso.
Inizialmente io avevo capito che scrivere $A={mx:x∈R}$ inteso come:
1) Per ogni a∈A esiste x∈R tale che a=mx.
2) Per ogni x∈R si ha mx∈A.
Fosse la DEFINIZIONE di A. Mentre ora col tuo appunto mi rendo conto che forse è da leggersi come doppia inclusione e quindi uguaglianza tra due insiemi A e quello degli mx:
1) $A⊆{mx:x∈R}$
2) ${mx:x∈R}⊆A$
E quindi 1+2 ci dicono $A={mx:x∈R}$
Detto questo risolverei così il problema della definizione dell'insieme "{mx}" che voglio definire è l'insieme dei prodotti di tuttle x in R per m fisso reale: ${mx:x∈R}$ appunto.
la prima domanda che volevo porre è: è giusto questo discorso di doppia inclusione, oppure 1+2 sono da intendersi come DEFINIZIONE di A, cioè: $A:={mx:x∈R}$
Quando Martino voleva dimostrare $A⊆RR$
Prima inclusione: $A subseteq RR$. Per dimostrarla dobbiamo prendere un qualsiasi $a in A$ e dimostrare che $a in RR$. Siccome $a in A$, esiste $x in RR$ tale che $a=mx$ (perché gli elementi di $A$ sono di questo tipo). Essendo quindi $a$ un prodotto tra due numeri reali (perché anche $m in RR$), deduciamo che $a$ è un numero reale, cioè $a in RR$.
Lui prendeva un elemento $a$ di $A$ e quindi in virtù della: "$a∈A$ se e solo se esiste $x∈R$ tale che $a=mx$" la quale ci garantisce che $A={mx:x∈R}$ procedeva dimostrando che $A=RR$ PERO' dato che $A={mx:x∈R}$ allora ha in definitiva mostrato che ${mx:x∈R}=RR$ (per transitività).
A questo punto mi chiedo, seconda domanda che volevo porre: ma invece di prendere un elemento $A$ e far tutto questo giro, non potevo semplicemente dire:
Prima inclusione: ${mx:x∈R} subseteq RR$. Per dimostrarla dobbiamo prendere un qualsiasi $a in {mx:x∈R}$ e dimostrare che $a in RR$. Siccome $a in {mx:x∈R}$, sono gli elementi t.c per ogni $x in RR$ vale $a=mx$. Essendo quindi $a$ un prodotto tra due numeri reali (perché anche $m in RR$), deduciamo che $a$ è un numero reale, cioè $a in RR$.
Tutto questo discorso ti torna? Non so se intendevi queste cose e vorrei capire

Oddio che confusione: quando si scrive $A={mx : x in RR}$ questa è la definizione di $A$, si usa questa definizione per non dover scrivere ${mx : x in RR}$ mille volte. Quello che dice Alex è che nel momento in cui si scrive $A={mx : x in RR}$ questo insieme è definito e non cambia, è quello che è. Poi ti chiedi "ma non è che per caso $A=RR$?" e ti rispondi di sì e lo dimostri con le due inclusioni.
Desisto.
Probabilmente ha ragione Martino quando ti ha suggerito di rileggere la teoria degli insiemi su qualche buon libro.
Cosa c'entra la doppia inclusione quando si sta definendo un insieme? Non è che ogni insieme che definisci deve coincidere per forza con un altro o addirittura con i reali.
La notazione che si usa per definire gli insiemi sta a significare che gli elementi dell'insieme che stiamo costruendo sono quelli e solo quelli che rispettano le condizioni date. Nient'altro.
Nel caso in questione gli elementi di $A$ son tutti i prodotti risultanti dalla moltiplicazione di un numero reale fissato diverso da zero ($m$) con un qualsiasi numero reale ($x$). Finish.
Per la costruzione di un insieme non serve altro.
È ovvio che le condizioni date devono essere chiare e precise in modo da stabilire se un elemento appartiene o meno all'insieme che si sta costruendo.

Probabilmente ha ragione Martino quando ti ha suggerito di rileggere la teoria degli insiemi su qualche buon libro.
Cosa c'entra la doppia inclusione quando si sta definendo un insieme? Non è che ogni insieme che definisci deve coincidere per forza con un altro o addirittura con i reali.
La notazione che si usa per definire gli insiemi sta a significare che gli elementi dell'insieme che stiamo costruendo sono quelli e solo quelli che rispettano le condizioni date. Nient'altro.
Nel caso in questione gli elementi di $A$ son tutti i prodotti risultanti dalla moltiplicazione di un numero reale fissato diverso da zero ($m$) con un qualsiasi numero reale ($x$). Finish.
Per la costruzione di un insieme non serve altro.
È ovvio che le condizioni date devono essere chiare e precise in modo da stabilire se un elemento appartiene o meno all'insieme che si sta costruendo.
@Martino
Sì, allora non credo di aver semplicemente capito l'appunto di Alex. Mi sembrava stesse sindacando sulla 1 delle:
Io dicevo (in precedenza) che il mio problema era semplicemente l'essermi accorto che nella dimostrazione A⊆R si "sceglieva un elemento di A e si notava che esisteva una x e quindi bla bla..." il mio dubbio era che così facendo non era detto che per ogni x mi garantisse che mx fosse un elemento di A.
Con la parte nel quote mi hai fatto vedere che questo è garantito dal punto 2) (che appunto inizialmente non consideravo) della DEFINIZIONE di A. Fine.
Non vedo perché Alex non fosse d'accordo su questo, mi sembra lineare come ragionamento
.
Avevo creato tutto l'impianto mentale del mio ultimo post per cercare di rispondere al suo appunto, e accorgendomi che 1) e 2) potevano anche essere viste come doppia inclusione. Maquel discorso è del tutto inutile se appunto come dici è una DEFINIZIONE. Quindi lasciamolo perdere!
Sì, allora non credo di aver semplicemente capito l'appunto di Alex. Mi sembrava stesse sindacando sulla 1 delle:
Scrivere $A={mx : x in RR}$ è equivalente a scrivere le seguenti due cose.
1) Per ogni $a in A$ esiste $x in RR$ tale che $a=mx$.
2) Per ogni $x in RR$ si ha $mx in A$.
Io dicevo (in precedenza) che il mio problema era semplicemente l'essermi accorto che nella dimostrazione A⊆R si "sceglieva un elemento di A e si notava che esisteva una x e quindi bla bla..." il mio dubbio era che così facendo non era detto che per ogni x mi garantisse che mx fosse un elemento di A.
Con la parte nel quote mi hai fatto vedere che questo è garantito dal punto 2) (che appunto inizialmente non consideravo) della DEFINIZIONE di A. Fine.
Non vedo perché Alex non fosse d'accordo su questo, mi sembra lineare come ragionamento

Avevo creato tutto l'impianto mentale del mio ultimo post per cercare di rispondere al suo appunto, e accorgendomi che 1) e 2) potevano anche essere viste come doppia inclusione. Maquel discorso è del tutto inutile se appunto come dici è una DEFINIZIONE. Quindi lasciamolo perdere!
L'appunto che ti faccio non è tanto su quell'enunciato in sé ma sul tuo approccio, nel quale hai mescolato varie cose e nell'insistenza nel seguire quello che avevi in mente senza riflettere a sufficienza (a parer mio) su quello che ti veniva detto.
Tutto qui.
Tutto qui.
Ho capito ora, ti ringrazio.
Beh ma in realtà eran due giorni che ci riflettevo, un po' mi pareva di averci messo del mio, solo non ci arrivavo
.
Ad ogni modo, a livello intuitivo avevo capito, era nella gestione delle formule che non mi ci trovavo per nulla per quello volevo andare a fondo.
Beh ma in realtà eran due giorni che ci riflettevo, un po' mi pareva di averci messo del mio, solo non ci arrivavo

Ad ogni modo, a livello intuitivo avevo capito, era nella gestione delle formule che non mi ci trovavo per nulla per quello volevo andare a fondo.
Non sono sicuro di far bene a scrivere qui perché non vorrei sia considerato OT, però avevo un dubbio che settimana scorsa mi attanagliava e forse ho trovato una soluzione qui proprio adesso. Però vorrei chiedere se qualcuno potesse dirmi se ho compreso correttamente.
Mi ero fissato a non capire una dimostrazione onestamente banale ma non mi ritrovavo con i quantificatori e la definizione insiemistica.
Nel mio caso ho l'insieme "complemento ortogonale" dell'algebra lineare a il professore considerava l'immagine tramite f di tal sottoinsieme:
$f(W^⊥):={f(x)|x in W^⊥}$ dove con f ho un endomorfismo simmetrico.
Quello che voleva dimostrare è che se ho un endomorfismo simmetrico per cui W sottospazio di V è invariante (ossia per definizione $f(W)$ è ancora sottospazio di $W$) allora anche $W^⊥$ è invariante per f.
DIM:
il prof dice che per farlo ci basta mostrare che, se $x in W^⊥$ allora $f(x) in W^⊥$
Il mio problema era simile a quello del topic perché dicevo
MA, io voglio dimostrare che se $y in {f(x)|x in W^⊥}$ allora $y=f(x) in W^⊥$?. Quindi perché posso prendere la x, cosa c'entra? La x mi dà solo alcune f(x) dell'insieme mica tutte.
Difatti leggevo la come: $y in {f(x)|x in W^⊥} <=> ∃ x | x in W^⊥$, cioè a parole: "quando ho un elemento y dell'insieme => esiste una x" dalla definizione (però ho alcune x non per ogni x!), mentre il prof prendeva tutte le $x$ e sembrava che questo mi desse tutte le f(x) di quell'insieme e non capivo proprio perché funzionasse.
Leggendo il messaggio di Martino mi sono però reso conto che forse posso trovare soluzione al mio problema così, e sono qui per chiedervi se è corretta come idea:
$f(W^⊥):={f(x)|x in W^⊥}$ è per definizione
1) Per ogni $y in f(W^⊥)$ => esiste $x in W^⊥$.
2) Per ogni $x in W^⊥$ => $y:=f(x) in f(W^⊥)$.
Equivalentemente,
$y in {f(x)|x in W^⊥} <=> ∃ x | x in W^⊥$.
Tornando a noi, quando scrivo: se $x in W^⊥$ allora $f(x) in W^⊥$ il "se $x in W^⊥$" per la (2) ci garantisce che $f(x)in f(W^⊥)$, pero così facendo (contrariamente a quanto pensavo) in realtà assumo tutti gli elementi di ${f(x)|x in W^⊥}$ e questo solo grazie alla (1) infatti ho che per ogni elemento di y esiste una x: $y in f(W^⊥)$ => esiste $x in W^⊥$. Quindi se assumendo un qualunque insieme y ho una x, dal punto (2) quando assumo tutte le x sto assumendo tutte le y=f(x).
E' proprio per questo motivo che assumete $x in W^⊥$ mi garantisce di star prendendo con y=f(x) tutti gli elementi di quel sistema.
Però volevo capire se ho ben compreso.
C'è però una cosa che non capisco, e mi riallaccio al discorso della dimostrazione vostra
Questo perché preso un elemento di ${mx : x∈R}$ so che esiste una x, benissimo, però questo ragionamento sembra solo dire che "esiste una x", ma non che assumo tutti i numeri reali.
perché non si esplicita anche questo ragionamento? "siccome ogni elemento di A si ottiene (per le due definizioni di insieme) scegliendo una qualsiasi $x∈R$ tramite $a=mx∈A$, allora ogni a in A è dato da tutti i reali come a=mx". O comunque qualcosa del genere; invece solitamente si salta come hai fatto tu, però, da definizione di quantificatore essitenziale, a me non sembra così ovvio che "Siccome a∈A, esiste x∈R tale che a=mx" garantisca che questo valga per ogni $x in R$ anche se poi è così proprio per via della (2) Per ogni x∈R si ha mx∈A.
Ammetto che questa cosa mi lascia un poco confuso.
Mi ero fissato a non capire una dimostrazione onestamente banale ma non mi ritrovavo con i quantificatori e la definizione insiemistica.
Nel mio caso ho l'insieme "complemento ortogonale" dell'algebra lineare a il professore considerava l'immagine tramite f di tal sottoinsieme:
$f(W^⊥):={f(x)|x in W^⊥}$ dove con f ho un endomorfismo simmetrico.
Quello che voleva dimostrare è che se ho un endomorfismo simmetrico per cui W sottospazio di V è invariante (ossia per definizione $f(W)$ è ancora sottospazio di $W$) allora anche $W^⊥$ è invariante per f.
DIM:
il prof dice che per farlo ci basta mostrare che, se $x in W^⊥$ allora $f(x) in W^⊥$
Il mio problema era simile a quello del topic perché dicevo
MA, io voglio dimostrare che se $y in {f(x)|x in W^⊥}$
Difatti leggevo la
Leggendo il messaggio di Martino mi sono però reso conto che forse posso trovare soluzione al mio problema così, e sono qui per chiedervi se è corretta come idea:
$f(W^⊥):={f(x)|x in W^⊥}$ è per definizione
1) Per ogni $y in f(W^⊥)$ => esiste $x in W^⊥$.
2) Per ogni $x in W^⊥$ => $y:=f(x) in f(W^⊥)$.
Equivalentemente,
$y in {f(x)|x in W^⊥} <=> ∃ x | x in W^⊥$.
Tornando a noi, quando scrivo: se $x in W^⊥$ allora $f(x) in W^⊥$ il "se $x in W^⊥$" per la (2) ci garantisce che $f(x)in f(W^⊥)$, pero così facendo (contrariamente a quanto pensavo) in realtà assumo tutti gli elementi di ${f(x)|x in W^⊥}$ e questo solo grazie alla (1) infatti ho che per ogni elemento di y esiste una x: $y in f(W^⊥)$ => esiste $x in W^⊥$. Quindi se assumendo un qualunque insieme y ho una x, dal punto (2) quando assumo tutte le x sto assumendo tutte le y=f(x).
E' proprio per questo motivo che assumete $x in W^⊥$ mi garantisce di star prendendo con y=f(x) tutti gli elementi di quel sistema.
Però volevo capire se ho ben compreso.
C'è però una cosa che non capisco, e mi riallaccio al discorso della dimostrazione vostra
Siccome a∈A, esiste x∈R tale che a=mx (perché gli elementi di A sono di questo tipo). Essendo quindi a un prodotto tra due numeri reali (perché anche m∈R), deduciamo che a è un numero reale, cioè a∈R.
Questo perché preso un elemento di ${mx : x∈R}$ so che esiste una x, benissimo, però questo ragionamento sembra solo dire che "esiste una x", ma non che assumo tutti i numeri reali.
perché non si esplicita anche questo ragionamento? "siccome ogni elemento di A si ottiene (per le due definizioni di insieme) scegliendo una qualsiasi $x∈R$ tramite $a=mx∈A$, allora ogni a in A è dato da tutti i reali come a=mx". O comunque qualcosa del genere; invece solitamente si salta come hai fatto tu, però, da definizione di quantificatore essitenziale, a me non sembra così ovvio che "Siccome a∈A, esiste x∈R tale che a=mx" garantisca che questo valga per ogni $x in R$ anche se poi è così proprio per via della (2) Per ogni x∈R si ha mx∈A.
Ammetto che questa cosa mi lascia un poco confuso.
"pistacios":La frase tra parentesi è sbagliata. $W$ è detto invariante se $f(W)=W$.
Quello che voleva dimostrare è che se ho un endomorfismo simmetrico per cui W sottospazio di V è invariante (ossia per definizione $f(W)$ è ancora sottospazio di $W$) allora anche $W^⊥$ è invariante per f.
Di tutto quello che segue purtroppo non capisco niente. Però mi sembra che ti sei chiarito alla fine.
[quote]Siccome a∈A, esiste x∈R tale che a=mx (perché gli elementi di A sono di questo tipo). Essendo quindi a un prodotto tra due numeri reali (perché anche m∈R), deduciamo che a è un numero reale, cioè a∈R.
Questo perché preso un elemento di ${mx : x∈R}$ so che esiste una x, benissimo, però questo ragionamento sembra solo dire che "esiste una x", ma non che assumo tutti i numeri reali.
perché non si esplicita anche questo ragionamento? "siccome ogni elemento di A si ottiene (per le due definizioni di insieme) scegliendo una qualsiasi $x∈R$ tramite $a=mx∈A$, allora ogni a in A è dato da tutti i reali come a=mx". O comunque qualcosa del genere; invece solitamente si salta come hai fatto tu, però, da definizione di quantificatore essitenziale, a me non sembra così ovvio che "Siccome a∈A, esiste x∈R tale che a=mx" garantisca che questo valga per ogni $x in R$ anche se poi è così proprio per via della (2) Per ogni x∈R si ha mx∈A.
Ammetto che questa cosa mi lascia un poco confuso.[/quote]
Non "si salta" niente, cosa intendi con "ogni a in A è dato da tutti i reali come a=mx"? Cosa significa "è dato da tutti i reali"?
Quello che non hai capito riguarda la notazione. Come ho già detto, quando si scrive
(*) $A = {mx : x in RR}$
questo significa le seguenti DUE cose.
1) Per ogni $x in RR$ si ha $mx in A$.
2) Per ogni $a in A$ esiste $x in RR$ tale che $a=mx$.
Il fatto che (*) significhi (1) e (2) è una notazione, quando si scrive (*) si intende (1)+(2). A quanto capisco, la tua confusione nasce dal fatto che per te (*) significa solo uno tra (1) e (2), invece significa entrambi.
Ciao, rispondo alle tue gentilissime repliche.
Ok ho capito, forse questa è la definizione più corretta, però di fatto si tratta di definizioni e il mio Prof chiama invariante la situazione da me esposta. Vabbé poco male, basta sapersi raccapezzare all'occrrenza.
(nel prosieguo chiamerò invariante il caso del Prof. Ti prego di accettarlo, solo per non dover riscrivere tutto)
Quello che voleva dimostrare il Prof. è che se ho un endomorfismo simmetrico per cui W sottospazio di V è "invariante" (ossia per definizione $f(W)$ è ancora sottospazio di $W$) allora anche $W^⊥$ è invariante per f.
DIM:
E il problema è molto simile a quello che identifichi con la notazione. Perché scrivere: $f(W^⊥)⊆W^⊥$ tecnicamente vuole dire dimostrare che se $y in {f(x)|x in W^⊥}$ allora $y=f(x) in W^⊥$.
Bene, qui iniziava il problema perché la notazione $f(W^⊥):={f(x)|x in W^⊥}$ vuol dire similmente al vostro caso:
1) Per ogni $y in f(W^⊥)$ => esiste $x in W^⊥$.
(+)
2) Per ogni $x in W^⊥$ => $y:=f(x) in f(W^⊥)$.
Però il prof dice che per dimostrare quella inclusione (per avere un invariante) ci basta mostrare che, se $x in W^⊥$ allora $f(x) in W^⊥$, e quello che mi lascia un poco perplesso da questa dimostrazione è che io sto usando solo la 2) così facendo, ma non la 1).
Infatti prendo un qualunque x in $W^⊥$ e per la 2) so che $f(x)$ è elemento di $ f(W^⊥)$ però così facendo NON sto prendendo tutti gli elementi di $ f(W^⊥)$, per averli tutti dovrei applicare anche la 1) cosa che non faccio nella DIM.
Similmente
Qui il problema è molto simile e notazionale come dici tu probabilmente, grazie al vostro discorso sono riuscito a fissarmi in mente che (*) vuol dire 1)+2) però, quando vado a dimostrare, seguendo la tua strada
A me sembra che si stia prendendo una qualsiasi a in A, e questo per la 2) ci dice che esiste x in R, benissimo, però non sto usando la 1) (quella che mi garantisce che ogni x in R tramite mx mi dà un elemento di A), non dovrei parimenti mostrare che per ogni x in R avendo una a in A allora bla bla...
Con questa dimostrazione (spolier!) infatti non mi pare di garantire che otni x dei reali mi dia un elemento di A, perché non uso 1)
La frase tra parentesi è sbagliata. W è detto invariante se f(W)=W.
Ok ho capito, forse questa è la definizione più corretta, però di fatto si tratta di definizioni e il mio Prof chiama invariante la situazione da me esposta. Vabbé poco male, basta sapersi raccapezzare all'occrrenza.
(nel prosieguo chiamerò invariante il caso del Prof. Ti prego di accettarlo, solo per non dover riscrivere tutto)
Quello che voleva dimostrare il Prof. è che se ho un endomorfismo simmetrico per cui W sottospazio di V è "invariante" (ossia per definizione $f(W)$ è ancora sottospazio di $W$) allora anche $W^⊥$ è invariante per f.
DIM:
E il problema è molto simile a quello che identifichi con la notazione. Perché scrivere: $f(W^⊥)⊆W^⊥$ tecnicamente vuole dire dimostrare che se $y in {f(x)|x in W^⊥}$
Bene, qui iniziava il problema perché la notazione $f(W^⊥):={f(x)|x in W^⊥}$ vuol dire similmente al vostro caso:
1) Per ogni $y in f(W^⊥)$ => esiste $x in W^⊥$.
(+)
2) Per ogni $x in W^⊥$ => $y:=f(x) in f(W^⊥)$.
Però il prof dice che per dimostrare quella inclusione (per avere un invariante) ci basta mostrare che, se $x in W^⊥$ allora $f(x) in W^⊥$, e quello che mi lascia un poco perplesso da questa dimostrazione è che io sto usando solo la 2) così facendo, ma non la 1).
Infatti prendo un qualunque x in $W^⊥$ e per la 2) so che $f(x)$ è elemento di $ f(W^⊥)$ però così facendo NON sto prendendo tutti gli elementi di $ f(W^⊥)$, per averli tutti dovrei applicare anche la 1) cosa che non faccio nella DIM.
Similmente
Quello che non hai capito riguarda la notazione. Come ho già detto, quando si scrive
(*) $A = {mx : x in RR}$
questo significa le seguenti DUE cose.
1) Per ogni $x in RR$ si ha $mx in A$.
2) Per ogni $a in A$ esiste $x in RR$ tale che $a=mx$.
Il fatto che (*) significhi (1) e (2) è una notazione, quando si scrive (*) si intende (1)+(2). A quanto capisco, la tua confusione nasce dal fatto che per te (*) significa solo uno tra (1) e (2), invece significa entrambi.
Qui il problema è molto simile e notazionale come dici tu probabilmente, grazie al vostro discorso sono riuscito a fissarmi in mente che (*) vuol dire 1)+2) però, quando vado a dimostrare, seguendo la tua strada
A me sembra che si stia prendendo una qualsiasi a in A, e questo per la 2) ci dice che esiste x in R, benissimo, però non sto usando la 1) (quella che mi garantisce che ogni x in R tramite mx mi dà un elemento di A), non dovrei parimenti mostrare che per ogni x in R avendo una a in A allora bla bla...
Con questa dimostrazione (spolier!) infatti non mi pare di garantire che otni x dei reali mi dia un elemento di A, perché non uso 1)
Devo correggermi su quanto ho scritto sopra, di solito quando si dice che $W$ è invariante per $f$ si intende che $f(W)$ è contenuto in $W$ (non necessariamente uguale), cioè $f(W) subseteq W$. Questo significa che, per ogni $w in W$, si ha $f(w) in W$. Vedi per esempio qui (clic). Detto questo, in alcuni testi si dice che $W$ è invariante se (**) $f(W)=W$, e ho l'impressione che sia proprio quest'ultima la definizione data dal tuo professore, anche perché per dimostrare che $W$ invariante implica $W^(bot)$ invariante si deve usare la (**). In ogni caso, per favore vai alla fonte, rileggi la definizione di sottospazio invariante nel tuo testo.
1. Se $f:V to V$ è un endomorfismo dello spazio vettoriale $V$ e $W$ è un sottospazio vettoriale di $V$ allora $f(W)$ è un sottospazio vettoriale di $V$ (facile esercizio, prova a farlo). Quindi se davvero per te dire che $W$ è invariante significa dire che $f(W)$ è sottospazio di $V$ allora ogni sottospazio di $V$ è invariante e quindi la nozione di "invariante" perde totalmente di significato.
2. Se leggi quello che tu stesso scrivi in seguito per dimostrare che $W^(bot)$ è invariante, ti accorgerai che quello che cerchi di dimostrare non è che $f(W^(bot))$ è sottospazio di $V$, è invece che $f(W^(bot)) subseteq W^(bot)$ (cioè stai seguendo la definizione di invariante che ti ho dato io, e che ti ha dato anche il prof, e che tu hai probabilmente frainteso).
Prima di rispondere per favore pensa un po' a quanto ti ho scritto.
"pistacios":Ti sbagli, e ti dò 2 argomenti per dimostrarti che ti sbagli (spero che siano sufficienti).
il mio Prof chiama invariante la situazione da me esposta.
1. Se $f:V to V$ è un endomorfismo dello spazio vettoriale $V$ e $W$ è un sottospazio vettoriale di $V$ allora $f(W)$ è un sottospazio vettoriale di $V$ (facile esercizio, prova a farlo). Quindi se davvero per te dire che $W$ è invariante significa dire che $f(W)$ è sottospazio di $V$ allora ogni sottospazio di $V$ è invariante e quindi la nozione di "invariante" perde totalmente di significato.
2. Se leggi quello che tu stesso scrivi in seguito per dimostrare che $W^(bot)$ è invariante, ti accorgerai che quello che cerchi di dimostrare non è che $f(W^(bot))$ è sottospazio di $V$, è invece che $f(W^(bot)) subseteq W^(bot)$ (cioè stai seguendo la definizione di invariante che ti ho dato io, e che ti ha dato anche il prof, e che tu hai probabilmente frainteso).
1) Per ogni $y in f(W^⊥)$ => esiste $x in W^⊥$.Ok, ma il punto (1) non significa niente. Devi dire "per ogni $y in f(W^(bot))$ esiste $x in W^(bot)$ tale che $y=f(x)$.
(+)
2) Per ogni $x in W^⊥$ => $y:=f(x) in f(W^⊥)$.
ci basta mostrare che, se $x in W^⊥$ allora $f(x) in W^⊥$, e quello che mi lascia un poco perplesso da questa dimostrazione è che io sto usando solo la 2) così facendo, ma non la 1).Fermati qui. Quello che stai dicendo nella parte sottolineata è che basta mostrare che $f(W^(bot))$ è contenuto in $W^(bot)$. Domanda: perché ti interessa mostrare che $f(W^(bot)) subseteq W^(bot)$? Risposta: perché questa è la definizione di sottospazio invariante (pensaci!).
per averli tutti dovrei applicare anche la 1) cosa che non faccio nella DIM.Ma infatti il ragionamento per esteso è: dobbiamo dimostrare che $f(W^(bot)) subseteq W^(bot)$, prendiamo quindi un qualsiasi $y in f(W^(bot))$ e mostriamo che $y in W^(bot)$. Per (1) esiste $x in W^(bot)$ tale che $y=f(x)$, e ora si prosegue normalmente.
A me sembra che si stia prendendo una qualsiasi a in A, e questo per la 2) ci dice che esiste x in R, benissimo, però non sto usando la 1) (quella che mi garantisce che ogni x in R tramite mx mi dà un elemento di A), non dovrei parimenti mostrare che per ogni x in R avendo una a in A allora bla bla...Di nuovo, faccio moltissima fatica a capire di cosa stai parlando. Per dimostrare che $A$ è contenuto in $RR$ si prende un qualsiasi $a in A$ e si dimostra che $a in RR$. Tu dici "eh ma così non sto usando (1)", e quindi? Non sei obbligato a usare (1), non sei obbligato a usare niente, devi solo dimostrare un fatto usando delle cose di cui sei a conoscenza. Se riesci a dimostrarlo senza usare (1) tanto meglio.
Con questa dimostrazione (spolier!) infatti non mi pare di garantire che otni x dei reali mi dia un elemento di A, perché non uso 1)
Prima di rispondere per favore pensa un po' a quanto ti ho scritto.
"Martino":Ti sbagli, e ti dò 2 argomenti per dimostrarti che ti sbagli (spero che siano sufficienti).
Devo correggermi su quanto ho scritto sopra, di solito quando si dice che $W$ è invariante per $f$ si intende che $f(W)$ è contenuto in $W$ (non necessariamente uguale), cioè $f(W) subseteq W$. Questo significa che, per ogni $w in W$, si ha $f(w) in W$. Vedi per esempio qui (clic). Detto questo, in alcuni testi si dice che $W$ è invariante se (**) $f(W)=W$, e ho l'impressione che sia proprio quest'ultima la definizione data dal tuo professore, anche perché per dimostrare che $W$ invariante implica $W^(bot)$ invariante si deve usare la (**). In ogni caso, per favore vai alla fonte, rileggi la definizione di sottospazio invariante nel tuo testo.
[quote="pistacios"]il mio Prof chiama invariante la situazione da me esposta.
1. Se $f:V to V$ è un endomorfismo dello spazio vettoriale $V$ e $W$ è un sottospazio vettoriale di $V$ allora $f(W)$ è un sottospazio vettoriale di $V$ (facile esercizio, prova a farlo). Quindi se davvero per te dire che $W$ è invariante significa dire che $f(W)$ è sottospazio di $V$ allora ogni sottospazio di $V$ è invariante e quindi la nozione di "invariante" perde totalmente di significato.[/quote]
Sai che non ho capito bene perché dici questo, non ho capito dal mio discorso dove hai dedotto quelle considerazioni, a me sembrava di aver detto fin dall'inizio che $f(W)⊆W$ è la definizione di sottospazio invariante, in particolare f(W) è sottospazio di W

Ok, ma il punto (1) non significa niente. Devi dire "per ogni $y in f(W^(bot))$ esiste $x in W^(bot)$ tale che $y=f(x)$.
Sì, qui mi sono mangiato delle parti, forse più correttamente era (e questo intendevo):
1) Per ogni $y$, $y$ in $f(W^⊥)$ => esiste $x in W^⊥$ t.c. $y=f(x)$
Fermati qui. Quello che stai dicendo nella parte sottolineata è che basta mostrare che $f(W^(bot))$ è contenuto in $W^(bot)$. Domanda: perché ti interessa mostrare che $f(W^(bot)) subseteq W^(bot)$? Risposta: perché questa è la definizione di sottospazio invariante (pensaci!).
Sì, esatto, al di fuori della incomprensione che dicevo qui a inizio messaggio è proprio quel che ho detto, devo dimostrare quello perché è la definizione di sottospazio invariante. perfetto!
Esplicitamente cioè devo dimostrare che per ogni $y in {f(x)|x in W^⊥}$ allora $f(x)=y in W^⊥$.
a) La dimostrazione del prof invece parte da per ogni $x∈W^⊥$ e giunge a $f(x)∈W^⊥$.
che dici essere uguale a
b) prendiamo quindi un qualsiasi $y in f(W^(bot))$ e mostriamo che $y in W^(bot)$. Per (1) esiste $x in W^(bot)$ tale che $y=f(x)$, e ora si prosegue normalmente.
E non riesco a capire bene perché sono uguali a e b.
Riprendo i due punti
$f(W^⊥):={f(x)|x in W^⊥}$ è per definizione
1)per ogni $y in f(W^(bot))$ esiste $x in W^(bot)$ tale che $y=f(x)$.
(+)
2) Per ogni $x in W^⊥$ => $y:=f(x) in f(W^⊥)$.
La differenza mi sembra di poterla individuare tra a) e b) per via dell'ipotesi di partenza:
a) dimostra come HP: per ogni x in $W^⊥$ valga $f(x)=y in W^⊥$, mentre la b) ci dice che HP: per ogni y esiste (un qualche) $x in W^(bot)$ (per la 1 del quote)
Inoltre tornando al punto a) se noti noi diciamo solo che assumiamo per ipotesi che ogni $x in W^(bot)$ ma questa messa così non ci garantisce che abbiamo preso tutti gli elementi di $f(W^⊥)$, possiamo dire di averli presi Tutti solo se consideriamo la 2 (del quote).
Quindi mi verrebbe da scrivere in modo completo: per ogni $x in W^⊥$ so per la 2. che $y:=f(x) in f(W^⊥)$, inoltre per la 1. per ogni elemento di $f(W^⊥)$ ho una $x in W^⊥$ tale che y=f(x) (solo a questo punto ho equiparato a) e b)) quindi è vero a questo punto che assumendo una x qualsiasi so che è collegato biunivocamente un elemento y di $f(W^⊥)$, e quell'elemento di y dimostro che appartiene a sua volta a $W^⊥$ (che è l'inclusione). Solo così ho mostrato che per ogni $y in {f(x)|x in W^⊥}$ => $y in W^⊥$, procedere unicamente come fa in a) che per HP assume tutte le x in W ortogonale, non mi sembra dimostrare una appartenenza di $y$ a $W^⊥$, perché a priori mica so che ho preso tutte le $y in {f(x)|x in W^⊥}$ con la scelta di tutte le x in W ortogonale. Non so se mi spiego.
In questo il dubbio è davvero simile:
Di nuovo, faccio moltissima fatica a capire di cosa stai parlando. Per dimostrare che $A$ è contenuto in $RR$ si prende un qualsiasi $a in A$ e si dimostra che $a in RR$. Tu dici "eh ma così non sto usando (1)", e quindi? Non sei obbligato a usare (1), non sei obbligato a usare niente, devi solo dimostrare un fatto usando delle cose di cui sei a conoscenza. Se riesci a dimostrarlo senza usare (1) tanto meglio.
Qui noi abbiamo ={mx : x∈R}:
1) Per ogni a∈A esiste x∈R tale che a=mx.
2) Per ogni x∈R si ha mx∈A.
Il punto che mi confonde è questo: come dicevate all'inizio si vuole dimostrare che assumendo $a=mx$ ponendo al posto di x tutti gli elementi nei reali trovo varie a che sono nuovamente dei reali, ma non solo sono alcuni reali, sostituendo tutti i numeri reali in x trovo tutti i reali come "output" su a. Questo è il concetto di retta passante per l'origine: sostituendo in x l'insieme reale (le ascisse) trovo con mx l'insieme "retta passante per l'origine", che è ancora tutto l'insieme reale. (la retta delle ascisse e la retta a=mx sono l'insieme reale entrambe).
Come si dimostra questo? Per farlo suggerivi che si deve mostrare che assunto $A={mx : x∈R}$ si conclude che $A=R$.
Si comincia con A⊆R.
Però come io ho anticipato vorrei che OGNI x nei reali per cui scrivo $mx$ ho un elemento di A.
Mentre nella dimostrazione proposta per A⊆R noi sfruttiamo 1) e diciamo: prendiamo ogni $a∈A$, da cui esiste $x∈R$ tale che $a=mx$, ecco, noi sfruttiamo l'"esiste un x", ma facendo così potrei obiettare che per trovare ogni elemento a, ossia la retta a=mx, mi bastano solo alcune x reali (non tutti i reali, ho detto che esistono alcuni reali per tutte le $a$) mentre so che servono tutti i reali che andrò a sostituire nella x di $mx$ per avere tutta la retta $a=mx$. Ci inserisco tutte le x reali! Se io invece per ipotesi prendo tutti gli elementi a di A e sfrutto 1) io asserisco che per ogni elemento di A trovo alcuni reali x per cui vale bla bla... ma così facendo mostro solo che bastano alcune ascisse x per avere tutte le a(=mx).
In definitiva col tuo metodo mostro che A⊆R, e questo è sacrosanto, però con questa dimostrazione non so se ogni $x$ sostituita in $mx$ mi darà un $a$ elemento di A, questo in realtà sappiamo che è vero solo e unicamente per via del punto 2) che ci garantisce che per ogni x∈R si ha mx∈A. E a me sembra giusto dover specificare questo passaggio logico, perché io voglio provare che non solo c'è quell'appartenenza di ogni elemento a di A che sta anche in R, bensì vorrei altresì che quell'inclusione sia data assumendo che per ogni x nei reali allora mx sarà elemento di A. E questo si può sapere solo dal punto 2)
Ho ripetuto più volte lo stesso concetto in modi diversi sperando che uno sia più comprensibile dell'altro.
Sulla definizione di invariante hai ragione, ho letto male io. Avevo capito che per te $W$ si dice invariante se $f(W)$ è sottospazio di $V$. Invece avevi scritto che $W$ si dice invariante se $f(W)$ è sottospazio di $W$, che è equivalente alla mia definizione.
Quindi adesso mi sono capito
Riguardo il resto di cui parli, non ti so aiutare. Per me è ovvio che per dimostrare che $A subseteq RR$ si prende un qualsiasi $a in A$, d'ora in poi fissato, ora esiste $x in RR$ tale che $a=mx$ (ovviamente $x$ dipende da $a$) ed è chiaro che $a=mx in RR$ essendo un prodotto di numeri reali. Fine.
Quindi adesso mi sono capito

Riguardo il resto di cui parli, non ti so aiutare. Per me è ovvio che per dimostrare che $A subseteq RR$ si prende un qualsiasi $a in A$, d'ora in poi fissato, ora esiste $x in RR$ tale che $a=mx$ (ovviamente $x$ dipende da $a$) ed è chiaro che $a=mx in RR$ essendo un prodotto di numeri reali. Fine.
Ok allora per la prima parte mi rassereno
.
Per la seconda volevo invece provare a riassumere perché temo che cercando di spiegare nel minimo dettaglio il mio pensiero logico ho finito per fare un discorso ipermegaautoconvolvente: ho aspettato un giorno a riprenderlo in mano apposta per far sedimentare le mie certezze e mi accorgo che la chiarezza che pensavo di aver avuto è tutt'altro che "chara".
Credo il mio dubbio sia nei due casi semplicemente riassumibile così:
1)
Partiamo dalle certezze:
Definizione:
$f(W^⊥):={f(x)|x in W^⊥}$ è per definizione
1)per ogni $y in f(W^(bot))$ esiste $x in W^(bot)$ tale che $y=f(x)$.
(+)
2) Per ogni $x in W^⊥$ => $y:=f(x) in f(W^⊥)$.
Inclusione:
Dimostrare che due insiemi sono uno sottoinsieme dell'altro $f(W)⊆W$, vuol dire mostrare che se un elemento appartiene a uno allora appartiene all'altro $y in {f(x)|x in W^⊥}$ allora $f(x)=y in W^⊥$.
Ora, l'ultima scrittura vuol dire che assunto ogni y in ${f(x)|x in W^⊥}$ allora $y in W^⊥$. Ogni y, quindi, e mi soffermo su questo.
Se seguo invece la via del prof egli dice: basta dimostrare che per ogni $x∈W^⊥$ si ha $f(x)∈W^⊥$
Il dubbio: (sull'ipotesi del prof.)
se io prendo qualsiasi $x$ in $W^⊥$ posso esser sicuro che ho un elemento di ${f(x)|x in W^⊥}=f(W^⊥)$, ma posso dire di averli tutti? In realtà mi pare di no!
Con il metodo del prof mi sembra solo di dimostrare che: prendo tutte le x, quindi così facendo ho a sua volta quegli elementi y=f(x) per cui esiste una x e che sono elementi di $f(W^⊥)$ e dimostro che sono anche elementi di $W^⊥$. Ma non ho preso tutti gli elementi di $f(W^⊥)$, a priori no, ho solo preso tutti gli elementi che discendono da una certa x ma potrei avere degli elementi di $f(W^⊥)$ che non hanno alcuna x.
Devo per forza sfruttare il punto 1) della definizione per poter dire che 1+2 mi garantiscono che scelta ogni x ho OGNI elemento di $f(W^⊥)$. mentre a me non sembra di farlo/esplicitarlo dicendo assumo tutte le x in $W^⊥$ .
2)
Il secondo dubbio è molto simile perché gioca sempre su per ogni ed esiste.
Definizione:
Qui noi abbiamo A={mx : x∈R}:
1) Per ogni a∈A esiste x∈R tale che a=mx.
2) Per ogni x∈R si ha mx∈A.
Cosa vorrei dimostrare:
Vorrei mostrare l'intuizione grafica per cui quando io prendo ogni x nelle ascisse, trovo tramite mx una a che è sicuramente reale, questo sì. Però vorrei dimostrare anche qualcosa di più ovvero che mettendo uno alla volta tutti i numeri reali nelle x ritrovo con a tutti i reali (uno a uno diciamo).
Quindi di cosa avrei bisogno, avrei bisogno di mostrare che l'insieme degli mx, con x tutti i reali, sono ancora tutti i reali.
Bene, se io parto da: "per ogni $a∈A$, (per 1) esiste $x∈R$" posso esser certo che per tutti gli $a$ trovo alcuni $x$ in R, graficamente la retta data dall'insieme dei punti $A$ è piena mentre vista così ho solo alcuni x della retta $R$ (per via di esiste: per tutti gli elementi/punti di A ho alcuni/esistono degli elementi in R). Ora dimostro che $mx=a$ è un numero reale. Così facendo ho mostrato che l'insieme dei punti a è sicuremante l'insieme reale (e sono d'accordo) però io ho mostrato che mi bastano solo alcuni (esistono alcuni) punti delle ascisse per averlo (non di tutte), mentre l'intuizione ci dice che dovrei scegliere tutte le x, tutta la retta delle ascisse va sostituita in mx per avere tutte le a di A.
Questo è vero solo se considero il punto 2) della definzione, perché è il punto due che ci garantisce che ogni elemento x ci dà degli elementi a in A. Ma questo nella dimostrazione non lo metto in mostra, invece mi pare importante.

Per la seconda volevo invece provare a riassumere perché temo che cercando di spiegare nel minimo dettaglio il mio pensiero logico ho finito per fare un discorso ipermegaautoconvolvente: ho aspettato un giorno a riprenderlo in mano apposta per far sedimentare le mie certezze e mi accorgo che la chiarezza che pensavo di aver avuto è tutt'altro che "chara".
Credo il mio dubbio sia nei due casi semplicemente riassumibile così:
1)
Partiamo dalle certezze:
Definizione:
$f(W^⊥):={f(x)|x in W^⊥}$ è per definizione
1)per ogni $y in f(W^(bot))$ esiste $x in W^(bot)$ tale che $y=f(x)$.
(+)
2) Per ogni $x in W^⊥$ => $y:=f(x) in f(W^⊥)$.
Inclusione:
Dimostrare che due insiemi sono uno sottoinsieme dell'altro $f(W)⊆W$, vuol dire mostrare che se un elemento appartiene a uno allora appartiene all'altro $y in {f(x)|x in W^⊥}$ allora $f(x)=y in W^⊥$.
Ora, l'ultima scrittura vuol dire che assunto ogni y in ${f(x)|x in W^⊥}$ allora $y in W^⊥$. Ogni y, quindi, e mi soffermo su questo.
Se seguo invece la via del prof egli dice: basta dimostrare che per ogni $x∈W^⊥$ si ha $f(x)∈W^⊥$
Il dubbio: (sull'ipotesi del prof.)
se io prendo qualsiasi $x$ in $W^⊥$ posso esser sicuro che ho un elemento di ${f(x)|x in W^⊥}=f(W^⊥)$, ma posso dire di averli tutti? In realtà mi pare di no!
Con il metodo del prof mi sembra solo di dimostrare che: prendo tutte le x, quindi così facendo ho a sua volta quegli elementi y=f(x) per cui esiste una x e che sono elementi di $f(W^⊥)$ e dimostro che sono anche elementi di $W^⊥$. Ma non ho preso tutti gli elementi di $f(W^⊥)$, a priori no, ho solo preso tutti gli elementi che discendono da una certa x ma potrei avere degli elementi di $f(W^⊥)$ che non hanno alcuna x.
Devo per forza sfruttare il punto 1) della definizione per poter dire che 1+2 mi garantiscono che scelta ogni x ho OGNI elemento di $f(W^⊥)$. mentre a me non sembra di farlo/esplicitarlo dicendo assumo tutte le x in $W^⊥$ .
2)
Il secondo dubbio è molto simile perché gioca sempre su per ogni ed esiste.
Definizione:
Qui noi abbiamo A={mx : x∈R}:
1) Per ogni a∈A esiste x∈R tale che a=mx.
2) Per ogni x∈R si ha mx∈A.
Cosa vorrei dimostrare:
Vorrei mostrare l'intuizione grafica per cui quando io prendo ogni x nelle ascisse, trovo tramite mx una a che è sicuramente reale, questo sì. Però vorrei dimostrare anche qualcosa di più ovvero che mettendo uno alla volta tutti i numeri reali nelle x ritrovo con a tutti i reali (uno a uno diciamo).
Quindi di cosa avrei bisogno, avrei bisogno di mostrare che l'insieme degli mx, con x tutti i reali, sono ancora tutti i reali.
Bene, se io parto da: "per ogni $a∈A$, (per 1) esiste $x∈R$" posso esser certo che per tutti gli $a$ trovo alcuni $x$ in R, graficamente la retta data dall'insieme dei punti $A$ è piena mentre vista così ho solo alcuni x della retta $R$ (per via di esiste: per tutti gli elementi/punti di A ho alcuni/esistono degli elementi in R). Ora dimostro che $mx=a$ è un numero reale. Così facendo ho mostrato che l'insieme dei punti a è sicuremante l'insieme reale (e sono d'accordo) però io ho mostrato che mi bastano solo alcuni (esistono alcuni) punti delle ascisse per averlo (non di tutte), mentre l'intuizione ci dice che dovrei scegliere tutte le x, tutta la retta delle ascisse va sostituita in mx per avere tutte le a di A.
Questo è vero solo se considero il punto 2) della definzione, perché è il punto due che ci garantisce che ogni elemento x ci dà degli elementi a in A. Ma questo nella dimostrazione non lo metto in mostra, invece mi pare importante.