Matematica e Fisica

J.H.Poincarè
Il grande poincarè ha saputo analizzare in modo magistrale il nesso tra matematica e fisica...
Voi che ne pensate? La fisica è matematica? in parte o no?

Risposte
mariodic
citazione:


1) secondo me l'osservatore e chi ascolta

2) e 3) ogni messaggio musicale provoca reazioni nell'osservatore anzi l'Ascoltatore non può evitare di venire pervaso dalla musica

4) parlare di coerenza di una reazione sentimentale ed emotiva è perlomeno azzardato

5) la risposta che un brano musicale ottiene non è mai l'espressione fedele della sua essenza, giocano troppi fattori, anche se non accade mai che un bel brano non abbia successo una volta inserito nei canali di diffusione musicale.

Per reazione intendevo anche volontaria: se ascolti il brano settembre di carboni potrai cercare di resistere al coinvolgimento emotivo, le persone più nostalgiche vivranno un'emozione più intensa, ma anche la persona più dura di cuore sentirà qualcosa sciogliersi dentro: l'emozione trasmessa è una unica inequivocabile universalmente ed univocamente riconoscibile, è esiste così com'è e nè carboni nè tu nè io possiamo modificarla





Forse stiamo un po' liberamente allargando la tematica di discussione con l'esempio della musica, ma certe deviazioni sono inevitabili quando già esteso è il tema principale.

Consideriamo la tua osservazione sul punto (1) della citazione: tu dici che l'osservatore è chi ascolta, dici bene perchè l'osservatore, come ho sostenuto sin dal principio di queste discussioni, è solo ed esclusivamente "IO" gli "altri" non sono IO. Ma posso immaginare che "IO" talvolta sia l'esecutore della musica che "IO" stesso evidentemente ascolta, tal'altra "IO" è l'ascoltatore che deciso di "osservare" (leggi pure "ascoltare") un brano musicale in essere, cioè che sta provenendo da un suo intorno, tal'altra ancora "IO" è l'osservatore che ha deciso di "osservare" (o ascoltare) un brano musicale di cui conosce il nome o ne possiede il disco; in ogni caso è sempre "IO" l'unico osservatore, il "capo" dell'universo (che è l'insieme delle cose passibili di essere oggetti di osservazione), che si pone in osservazione di questa o quella parte del "suo" universo per assorbirlo in sé, cioè, per "conoscerlo": è questa l'essenza stessa della sua vita, cioè, della vita dell'intero universo. Quanto agli "altri" ascoltatori (che in altra parte della nostra discussione ho chiamato Oc, osservatori comuni), questi non sono che parti dell'universo, quindi possibili osservabili dell'"IO", ai quali, per, diciamo così, "comodità" di gestione del processo conoscitivo, "IO" assegna proprietà simili a se medesimo, diciamo, una "personalità". Per evitare di perderci nella complessità della questione, riassumerei questo punto in quanto segue: L'"IO" è, esecutore o ascoltatore che sia, sempre l'osservatore del brano musicale e delle reazioni intime e collettive indotte; in pratica ridurrei tutto a due casi piuttosto comuni: l'ascoltatore segue il brano assieme ad altri ballandolo con questi fisicamente o in forma solo accennata (p. es. muovendo le dita o la testa o commentndone i passaggi con gli altri), in tal caso l'osservabile non è solo la musica ma il sistema esecutore(se c'é)-musica-corpi danzanti (compreso il proprio)-reazioni del gruppo. Il secondo caso è quello dell'ascoltatore (IO) che ascolta un brano da solo auto osservandone il godimento intimo, il tal caso il sistema osservato da "IO" è il suono più le reazioni indotte in sé stesso come spirito e come corpo.

Niente da dire sulle considerazioni circa i punti (2) e (3).


Con "coerenza", di cui dico nel punto (4), ad altro non ho inteso riferirmi che alla sintonia reciproca del gruppo ("IO" stesso e gli "altri") che risponde (o si si muove) coerentemente, all'unisono nell'eventuale ballo, quasi come un corpo solo (in questo è il nucleo centrale del valore "conoscitivo" della musica: l'aggregazione di entità disperse, praticamente indipendenti, in una unità compatta). Non credo esistano altri mezzi per ottenere questo risultato sociale.

Suppongo di aver indirettamente già risposto al punto (5) con le considerazioni fin qui fatte.

In tutto cio che ho detto in questo forum, a proposito dell'argomento se la matematica possa o meno considerarsi un caso limite della fisica, è mancato un metodo adeguato che consentisse una esposizione ordinata dei vari passi delle mie considerazioni; era inevitabile dal momento che in un pubblico forum si risponde a domande, le più varie, così come capitano, e, per farlo, si cerca di adattarle al sistema logico che chi deve rispondere ha in mente, ma che chi ha fatto la domanda certamente non conosce.
Io stesso potrei perdere il filo del discorso se non avessi davanti agli occhi la struttura completa del sistema, che si basa su una unità sistemica di osservazione a struttura invariante e autosimile, che non dipende dal tipo di osservazione, a cui ho preferito dare il nome di sistema aleatorio.

mario1

Sk_Anonymous
citazione:

1) L'osservatore è chi trasmette o vuole che si trasmetta il messaggio musicale per parteciparne degli effetti;

2) Il messaggio musicale è valido quando ha conseguenze interattive;

3) La sua attesa interattività consiste semplicemente nella effettiva istantanea risposta dei destinatario del messaggio;

4) La sua validità sta nella coerenza della risposta al messaggio trasmesso;

5) la sua potenza sta nell'estensione del coinvolgimento, cioè nella dimensione della parte di universo, che avendo recepito il messaggio, vi risponde all'unisono in accordo con il desiderio dell'osservatore.

Il punto (5), applicato al tuo esempio, direbbe che quel messaggio musicale, visto che, come dici, non coinvolgerebbe, all'unisono tutti i destinatari, semplicemente è da considerarsi "debole", proprio come sostanzialmente "deboli" sono la maggior parte dei messaggi musicali effettivamente realizzati; pochissimi lo sono stati meno degli altri: quelli possono reputarsi, relativamente alle 5 regole elencate, validi esempi di buona musica o "assaggi" di quell'agognato e, forse, divino approccio spirituale alla Conoscenza!

mario1



1) secondo me l'osservatore e chi ascolta

2) e 3) ogni messaggio musicale provoca reazioni nell'osservatore anzi l'Ascoltatore non può evitare di venire pervaso dalla musica

4) parlare di coerenza di una reazione sentimentale ed emotiva è perlomeno azzardato

5) la risposta che un brano musicale ottiene non è mai l'espressione fedele della sua essenza, giocano troppi fattori, anche se non accade mai che un bel brano non abbia successo una volta inserito nei canali di diffusione musicale.

Per reazione intendevo anche volontaria: se ascolti il brano settembre di carboni potrai cercare di resistere al coinvolgimento emotivo, le persone più nostalgiche vivranno un'emozione più intensa, ma anche la persona più dura di cuore sentirà qualcosa sciogliersi dentro: l'emozione trasmessa è una unica inequivocabile universalmente ed univocamente riconoscibile, è esiste così com'è e nè carboni nè tu nè io possiamo modificarla

mariodic
CITAZIONE

Allora mi viene da chiedere se tale confine tra osservatore ed osservabile esista veramente o sia in qualche misura arbitrario. Ad esempio dove finisce la tua persona? Se ti tagli un dito ed il dito si stacca dal tuo corpo fa ancora parte della tua persona? Ed un arto artificiale fa parte di te? Oppure se ti trapiantano un organo di un altra persona quando è dentro di te è parte della tua persona o dell'altro? Secondo me tali distinzioni non esistono a priori ma sono in buona misura (ma non completamente) convenzionali.

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Forse non ho completato, nonostante la indiscutibile prolissità del mio primo intervento, la risposta a questa parte citata del tuo contro-intervento.

La direzione per individuare dove finisca il nostro (il mio?) corpo. Non è in quella del "tagliare" dita o gambe, ma, caso mai, in quella opposta: nell'aggiungere qualcosa al cosiddetto "corpo" (della "persona" dell'osservatore). Innanzitutto ci sarebbe da disquisire non poco per stabilire dove (e se) cominci da qualche parte questo "corpo"; se volessimo rispondere, usando l'unico linguaggio che ci è familiare, dovremmo dire: dall'IO (cartesiano?); sfortunatamente (o fortunatamente?) una delle caratteristiche di quest'ultima astrattissima entità è, come dicevo nel mio intervento, la sua "NON LOCALITA'", quindi, non ha senso pretendere di stabilire dove cominci il "corpo" avendo semplicemente presente l'ambito logico a noi familiare, entro cui si è andato forgiando il nostro linguaggio, cioè quello definito da "SPAZIO/TEMPO/MATERIA".
Dicevo che dovremmo aggiungere, non tagliare, qualcosa al corpo; cio che aggiungiamo sono gli strumenti (compresi quei famosi assistenti di laboratorio che dicevo nell'altro intervento), e con questi arrivare a quel confine pur vago dove inizierebbe l'"osservabile". Per risparmiar lungaggini mi si conceda un salto discorsivo onde giungere rapidamente alla considerazione finale, che il così detto "osservabile" è quella parte dell'universo, piccolissima, se trattasi di oggetti logici, grande se trattasi di oggetti fisici, scelta ed "isolata" dall' Os (osservatore strumentale) per sottoporla ad osservazione. L'"isolamento" di tale porzione di universo è indispensabile affinchè a turbare l'osservazione non vi siano influenze dal resto dell'universo CHE NON TRANSITINO E VENGANO CONTROLLATE DALL'OSSERVATORE. A proposito di quest'ultima considerazione, un caro vecchio amico, col quale mi trastullavo in queste discussioni, ebbe a dire, con una colorita immagine: "L'osservatore, che osserva cio che avviene un una scatola ben chiusa, tiene la testa ben infilata nell'unico foro della scatola e il culo esposto fuori ai venti e alle intemperie." Questa immagine sottoline che la turbativa, che dal resto dell'universo arriva all'osservato, transita (e si spera controllata al meglio) attraverso il "corpo" dell'osservatore.
La conclusione di questo intervento è che mentre il "corpo" dell'osservatore, nella sua estensione materiale, non ha un origine altrettanto materiale (il ché significa che esso occupa l'intero universo meno, per stessa definizione dell'osservatore, l'osservabile in gioco), l'osservabile è limitato, almeno negli obiettivi dell'osservatore.
Quanto agli oggetti piccoli (quelli logici), grandi (quelli fisici), le dimensioni devono essere intese in termini di metrica della "conoscenza", cioè la metrica di uno spazio fra le cui coordinate vi sono quelle legate alla probabilità o ad una funzione arbitraria di essa.


mario1

mariodic
citazione:

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Mario, quelle che ci sottoponi mi sembrano tue analisi originali, non ricavate da testi altrui; se così fosse mi congratulo ma ti suggerisco con assoluta deferenza di non soffermarti troppo sul problema dell'osservazione, pensa alla musica:

lo stesso brano musicale è in grado di trasmettere la stessa emozione ad un numero qualunque di Ascoltatori (il fatto che poi ogni ascoltatore possa reagire in modo diverso è irrilevante ai fini del mio discorso), quello trasmesso da quel brano è un valore assoluto non soggetto all'influenza di altre variabili se no la propria essenza stessa.
Dobbiamo cercare i valori assoluti delle cose e la matematica è lo strumento che può permetterci di trovare ciò che dovremmo cercare.

Ciao
Nicola






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Caro Nicola,

A proposito della tua prima osservazione devo dire che nel lontano giugno 1973, mentre ero al mare in un camping della Calabria jonica con la mia famiglia, cominciai col leggere un libriccino, trovato in una biblioteca, che era un riassunto del famoso libro di Werner Heisemberg: "Mutamenti delle basi della scienza", ne rimasi profondamente colpito e mi ripromisi di leggere quanto prima quel lavoro di Heisemberg.
Quel libretto fu solo il mio primo approccio alle problematiche cui mi sto tutt'ora interessando, ma solo dopo circa un decennio ho cominciato a cercare seriamente testi più o meno coerenti con l'argomento; nel lungo frattempo mi sono interessato di storia, in genere, e di storia della scienza in particolare traendone valido profitto formativo per il prosieguo della mia investigazione successiva.
I libri letti su questi argomenti non sono stati solo strettamente scientifici ma anche filosofici e addirittura teologici; quanto ai libri di contenuto matematico mi sono particolarmente interessato a quelli di filosofia della probabilità e di storia della matematica, per quelli di fisica, ai testi divulgativi prevalentemente post 1955, avendo cura di leggerli anche tra le righe.
E' stato inevitabile che, dopo oltre 20 anni pieni di tale immersione, mi sia formata una personale idea della questione, la quale non ha fatto che condividere e ricalcare i più recenti orientamenti del mondo scientifico su tutte le questioni sulla frontiera tra la scienza tradizionale e quella incipiente. Fra l'altro, nel corso degli anni tra il 1999 e il 2001, ho collaborato con uno scrittore turco a tradurre in quella lingua il dialogodo dei due massimi sistemi di Galilei approfondendo l'approccio scientifico di quello scienziato e della sua epoca; il mio ruolo era di consulente tecnico/scientifico e storico.

Quanto al tuo esempio della musica devo dire che la funzione di questa è un buon tentativo di simulare il soddisfacimento dello spirituale bisogno dell'uomo pregustare la Conoscenza, quella con la "c" maiuscola. Conoscenza significa accomunamento istantaneo, ai moti spirituali dell'IO, della più grande parte possibile di 'universo, infatti, ed in pratica, il valore della musica si misura proprio nel coinvolgimento all'unisono del maggior numero di persone possibile: quanti dirigenti di una grande organizzazione, per esempio, sognerebbero di veder realizzati istantaneamente, senza sfrangiamenti o deviazioni, i loro desiderata nello stesso istante che ne pronunciano l'ordine d'esecuzione? Peccato che questo rimane un sogno irrealizzabile! Però la musica è l'assaggio più prossimo di "Conoscenza" che ci è dato di sperimentare: un'azione che si trasmette istantaneamente nel mondo o, più realisticamente, in una piccola parte di questo.

Questa considerazione può effettivamente sembrare non rispondere agli scopi della tua osservazione: è in un certo senso vero, tuttavia la coerenza di fondo con gli argomenti in discussione c'è ed è in queste considerazioni:

1) L'osservatore è chi trasmette o vuole che si trasmetta il messaggio musicale per parteciparne degli effetti;

2) Il messaggio musicale è valido quando ha conseguenze interattive;

3) La sua attesa interattività consiste semplicemente nella effettiva istantanea risposta dei destinatario del messaggio;

4) La sua validità sta nella coerenza della risposta al messaggio trasmesso;

5) la sua potenza sta nell'estensione del coinvolgimento, cioè nella dimensione della parte di universo, che avendo recepito il messaggio, vi risponde all'unisono in accordo con il desiderio dell'osservatore.

Il punto (5), applicato al tuo esempio, direbbe che quel messaggio musicale, visto che, come dici, non coinvolgerebbe, all'unisono tutti i destinatari, semplicemente è da considerarsi "debole", proprio come sostanzialmente "deboli" sono la maggior parte dei messaggi musicali effettivamente realizzati; pochissimi lo sono stati meno degli altri: quelli possono reputarsi, relativamente alle 5 regole elencate, validi esempi di buona musica o "assaggi" di quell'agognato e, forse, divino approccio spirituale alla Conoscenza!



mario1

Sk_Anonymous
(pensavo che in questo forum ci fosse un caso limite ma vedo con piacere che Mario lo raggiunge e lo supera in surplesse)

Mario, quelle che ci sottoponi mi sembrano tue analisi originali, non ricavate da testi altrui; se così fosse mi congratulo ma ti suggerisco con assoluta deferenza di non soffermarti troppo sul problema dell'osservazione, pensa alla musica:

lo stesso brano musicale è in grado di trasmettere la stessa emozione ad un numero qualunque di Ascoltatori (il fatto che poi ogni ascoltatore possa reagire in modo diverso è irrilevante ai fini del mio discorso), quello trasmesso da quel brano è un valore assoluto non soggetto all'influenza di altre variabili se no la propria essenza stessa.
Dobbiamo cercare i valori assoluti delle cose e la matematica è lo strumento che può permetterci di trovare ciò che dovremmo cercare.

Ciao
Nicola

mariodic
CITO TUTTO IL TUO INTERVENTO, PER ALTRO BREVE:
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Pur partendo da premesse simili alle tue però sono restio ad accomunare eccessivamente la matematica alla fisica.


citazione:
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Il problema cruciale in quest'analisi sta nello stabilire dove comincia il sistema dell'osservatore e dove finisce perchè lì inizia il sistema dell'osservabile, anche questo tutto da definire

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Allora mi viene da chiedere se tale confine tra osservatore ed osservabile esista veramente o sia in qualche misura arbitrario. Ad esempio dove finisce la tua persona? Se ti tagli un dito ed il dito si stacca dal tuo corpo fa ancora parte della tua persona? Ed un arto artificiale fa parte di te? Oppure se ti trapiantano un organo di un altra persona quando è dentro di te è parte della tua persona o dell'altro? Secondo me tali distinzioni non esistono a priori ma sono in buona misura (ma non completamente) convenzionali.


citazione:
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"LA MATEMATICA è un aspetto limite della FISICA?"

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Scusami ma continuo a faticare a capire da come riesci a giungere dai discorsi sull'osservatore a questa "congettura".
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Caro amico,

Mi riferisco alla prima tua osservazione dove tu ben cogli, con sana perplessità, un punto importantissimo di tutta la questione: ti domadi, infatti, se un confine tra l'osservatore (che, quando lo scrivo con la lettera minuscola intendo l'insieme costituito dall'Osservatore più l'intera catena strumentale, mentre quando lo scrivo con la lettera maiuscola, come ho appena fatto, intendo solo quella "singolarità" costituita, almeno in astratto, dall'osservatore al netto di tutto l'apparato strumentale che lo compone, quindi anche del cervello dell'uomo che osserva) e l'osservabile (o osservato), ebbene ti confermo che tale confine, se pur esiste, è indefinito oppure, assumendo che lo si voglia farlo esistere, è semplicemente stabilito dall'Osservatore o dall'osservatore, credo che, a proposito di questo specifico punto, l'aver posto il dilemma tra l'Oss. e l'oss., non cambi nulla.
Appare allora necessario che, per proseguire nel mio discorso, bisogna che faccia un minimo di chiarezza a proposito dell'osservatore (con la o sia maiuscola che minuscola):

***osservatore (secondo l'accezione comune):
è una persona che osserva un qualchessia fenomeno per trarne conseguenze e produrre decisioni, lo indicheremo, d'ora in poi, con la sigla "Oc", Un tale osservatore è una persona o un qualsiasi essere vivente, per esempio, una formica, che avendo scorto un ostacolo sul suo percorso, devii la sua traiettoria di marcia per evitarlo operando secondo la universale sequenza: osservazione, valutazione, decisione (= ovd).

***osservatore strumentale:
trattasi dell'osservatore (con la o minuscola), su cui mi sono poco fa soffermato, che si prolunga fino al "confine" con l'osservabile; lo indicheremo con la sigla Os. Anche l'Os opera secondo la regola ovd = osservazione/valutazione/decisione, proprio come l'Oc;

***osservatore universale (Ou):
trattasi della "singolarità" che rimane dopo aver ripulito idealmente il precedente Os di tutto ciò che è strumento, cioè di tutto cio che serve per giungere fino al supposto confine con l'osservabile ed operarvi. Che cosa rimanga di questo Os così denudato lo lascio alla intelligente fantasia di chi mi stesse benevolmente seguendo; per quanto mi riguarda dico che ciò che rimane è il mio "IO" (cartesiano?), infatti non ho mai sperimentato un "IO" "degli altri", (spero che nessuno, dopo quel che ho appena detto, si offenda o mi giudichi un megalomane presuntuoso: chiunque ritenga di essere il "proprietario" di quell'IO, ebbene, si serva pure tranquillamente). Stiamo parlando di una entità assolutamente astratta, priva di localizzazione spazio-temporale, di materialità e di dimensionalità, nel senso che queste proprietà "materiali" semplicemente non hanno, in questo caso, senso: per esempio, la proprietà di "non località" implica che ogni luogo spazio-temporale "contiene" l'Ou, se ci fa comodo supporlo; tale arbitrarietà sottintende semplicemente che la cosa è del tutto irrilevante ai fini delle finalità di ricerca o delle conclusioni di questa discussione.

La precedente sommaria definizione di ciò che dobbiamo intendere per "OSSERVATORE" getta, credo, luce sulla crucialità di questa entità protagonista dell'universo, protagonismo che esplode violentemente in crescita risalendo dall' Oc all'Ou passando per l'Os. Trascurerei di interessarmi dell'Oc, l'osservatore comune, che altro non può considerarsi che un'entità strumentale (o di comodo) su cui l'Ou, tramite l'Os opera un'"assegnazione" di personalità conferendogli, così, una individualità di comodo; abbiamo infatti visto nel precedente mio intervento, precisamente nell'esempio del funzionamento di un laboratorio di ricerca, che le persone addette al rilevamento delle risultanze parziali degli effetti dagli scontri fra le particelle accelerate, persone che comunemente chiameremmo Oc, non sono che meri anelli della lunghissima catena strumentale che compone l'Os.

Per poter parlare del "confine" tra osservatore e osservabile è necessario far luce sulla complessità della questione; ritorniamo perciò alla catena strumentale dominata da Ou, cioè all'Osservatore strumentale Os: sappiamo che la presenza di questa entità nell'osservazione non è neutrale, come si supponeva ai tempi della fisica classica (prima del 1901), e come si augurerebbe ancora oggi uno studioso ingenuo; questa influenza va, a seconda dei casi, da una piccolissima intensità ad una enorme (in tal caso l'organizzazione del processo di osservazione sarebbe stato completamente sbagliato). Va da sé che più è tenue il "disturbo" arrecato al sistema in osservazione più preciso e meno incerto è il risultato della misurazione (si pensi ad un minuscolo termometro in una grande vasca da bagno ed un enorme termometro in una minuscola tazzina d'acqua). Questo tipo di considerazione di buon senso la sapevano fare anche gli antichi, i quali, però, fino alla fine dell'800, forti delle basi della fisica newtoniana (fisica classica), si tranquillizzavano imputando questa turbativa ad un mero accidente strumentale (quindi ad una comune grossolanità dello strumento di rilevazione) che pertanto poteva sempre pensarsi riducibile a zero grazie alla sicura e futura evoluzione tecnologica nella costruzione di sistemi di rilevazione e/o misura; in altre parole ci si accontentava di poter dire "se avessimo (O conoscessimo esattamente) xxxxxx allora conosceremmo esattamente la grandezza semi occulta yyyyyy". Se nonchè nel 1901, dopo le contradittorie risultanze degli esperimenti sul "corpo nero" e le conseguenti apparentemente strampalate conclusioni che si senti costretto a dover trarre con malavoglia il povero Planck, esplose quella che potremmo chiamare "bomba quantistica", sto parlando del "quanto" di energia. A partire da tale scoperta le sue conseguenze portarono ad ammettere che la turbativa introdotta dall'osservazione non lasciasse intatta, pur rilevandola in modo errata, la grandezza yyyyyy, come si supponeva prima, ma che, in qualche senso, la trasformava in una grandezza diversa yzyzyy, non già solo nell'apparenza, ma nella sostanza. Tutto potrebbe sembrare una questione di lana caprina, visto che tanto prima quanto dopo non avremmo mai potuto pervenire ad un risultato limite "stabile" qualsiasi, per esempio, yyyyyy. Dopo l'avvento della fisica quantistica non ha più alcun senso credere nella esistenza di una grandezza yyyyyy inamovibilmente esistente da qualche parte, che, per colpa di una strumentazione grossolana, si cammufferebbe dietro imprecise letture del tipo yzyzyy; neppure è più sensato parlare di letture fallaci in quanto il sistema in osservazione è semplicemente descrivibile da quanto appare all'osservatore in una particolare misurazione, tutt'al più, se a lui conviene, una qualche media di diverse apparenze o letture.
Il principio di indeterminazione Heisemberg ci dimostra che la migliore misurazione possibile di una grandezza fisica non può avere una grado di precisione migliore del minimo finito, da lui calcolato, che dipende dal quanto energetico di Planck h. Ciò che a questo punto conviene chiedersi è: al di là delle considerazioni tecniche del fisico, che ci portano, fra l'altro, al calcolo della grandezza limite del miglior grado di precisione sperabile con la più perfetta misurazione, cosa c'è, in fondo, dietro la costante universale del valore di h (=6,6234*10^(-20) Joule/sec) ed all'annesso principio di indeterminazione? Allo stato dell'arte la risposta non può che essere data su base filosofica, non potendosi, forse in assoluto, costruirsi un percorso fisico che conduca ad essa, tale risposta va trovata almeno nel fatto che l'universo è un sistema autoreferente e, come tale, conduce prima o poi a delle contraddizioni. Non mi meraviglierei che questa risposta lasciasse un qualche senso di delusione in chi ha avuto la costanza di seguirmi; meglio sarebbe che affrontassi l'argomento in modo meno generico ripartendo dal concetto di Os (osservatore strumentale), questo è una catena di strumenti con a capo, diciamo così, l'Ou che però è un'entità astratta, una "singolarità" logica assolutamente autoreferente. Questa entità è l'"elemento" in assoluto più "elementare" dell'universo, forse il vero e unico mattone dell'universo: l'aggettivo "elementare" sta per "massimamente conosciuto". Nelle "Confessioni" S. Agostino dice pressappoco questo: "se nessuno mi chiede cosa sia il tempo, lo so, ma se mi chiedono di spiegarlo, allora non lo so più". Agostino si dovette rendere ben conto che qualsiasi tentativo di "spiegare" il tempo si chiudeva in una ciclicità, tuttavia un inizio di spiegazione poteva anche abbozzarsi ma ben presto il discorso richiedeva di richiamarsi proprio al concetto di tempo per poter proseguire ed ecco la ciclicità lamentata. Altri concetti sono ancora più elementari del tempo, al punto che per tentare una loro spiegazione non rimane che pronunziare, subito all'aprir di bocca, nient'altro che lo stesso termine che il cui concetto si vorrebbe spiegare. Sono queste entità che i matematici assumono come assiomi. La cosa importante in quest'ultima considerazione è che le cose che non riusciamo a spiegare fino in fondo senza ritornare in circolo al punto di partenza, sono quelle più "conosciute" dall'Ou: il grado di conosenza è tanto maggiore quanto più piccolo è il percorso circolare che si chiude in se stesso. Nel caso dell'"IO" non potendo far altro che pronunciare "IO" per spiegare a me stesso e all'universo tale entità, vuol dire che è l'elemento più "CONOSCIUTO" dell'universo (se ne accorse bene Cartesio).
La "CONOSCENZA" è una grandezza misurabile in termini di una funzione della probabilità che un evento complesso si presenti all'osservazione con un certo aspetto piuttosto che con un altro. Il valore della conoscenza misura il grado di aggregazione logica (cioè in forma di sistema) di parti o entità dell'universo che prima dell'osservazione si presentavano come un sistema meno logicamente aggregato; in altre parole,il fine di una operazione di osservazione è quello di pervenire ad un nuovo ordinamento dei diversi elementi in modo che l'Os possa descriverli con un numero di dati (o elementi) minore di quanto occorresse per la vecchia e meno "compatta" configurazione. Un sistema abbastanza compatto richiede, dunque, meno "lavoro" per essere descritto. Per poter compattare (in senso conoscitivo) un sistema di elementi occorre creare dei legami logici tra loro, quasi come un filo che passasse attraverso il baricentro (diciamo così) degli elementi da aggregare. La metafora del filo è utile perchè, seguendola, ci consente di capire che l'oggetto logico, appunto il filo, deve avere un grossezza ben inferiore al diametro (sempre proseguendo nella figurazione metaforica) degli oggetti da legare. Questa operazione metaforica di legare corrisponde al processo di OSSERVAZIONE. Ecco perchè gli oggetti logici (i concetti elementari, quindi, più "conosciuti" dall'Ou) sono gli strumenti più "acuminati" o "raffinati" che, per questo, consentono di "penetrare" e "aggregare", secondo un sistema opportuno, altri elementi appena un po' piu grossolani, e con questo nuovo elemento/sistema incidere ed aggregare elementi ancora più "grossolani", e così di seguito. Questa sequenza di sistemi, di passo in passo costruiti, non è altro che la catena strumentale che caratterizza l'Os! il cui primissimo germe di aggregazione è l'Ou ovverosia l'"IO".
Questa sera mi manca il tempo per completare la risposta alle tue osservazioni, ma mi impegno a farlo al più presto; tuttavia credo che una parte di quei chiarimenti che hai chiesto li abbia dati ed abbia in qualche modo aperto la strada per far luce alla seconda domanda che mi hai posto. Resta ancora da soffermarsi sul significato dell'osservabile: dove comincia e dove finisce (se finisce).
Spero di "risentirci".



mario1

cyberman
citazione:

mi sarebbe piaciuto di più se tu avessi dato maggior peso al punto in cui si fa notare che il debole delle dimostrazioni complesse è la minaccia, sempre incombente, di introdurre occultamente, seppure involontariamente e in tutta buona fede, elementi non definiti o non dimostrati nel corpo di esse, oppure di basare il teorema su principi o teoremi occultamente inficiati dallo stesso rischio


Riconosco che il problema di capire quando una dimostrazione è veramente corretta è una questione molto seria, e forse neanche sucettibile di una risposta definitiva. Secondo i nostri criteri attuali le dimostrazioni di molti matematici famosi di qualche secolo fa sono sbagliate anche se pervengono a risultati giusti. Magari un giorno la matematica sarà ancora diversa da quello che è oggi e ciò che chiamiamo rigore adesso un giorno sarà chiamato "ragionamento intuitivo". Secondo me non è possibile trovare un criterio ultimo che ci assicuri che una dimostrazione sia corretta per il semplice fatto che anche questo criterio andrebbe fondato su un altro criterio e si genrerebbe un regresso all'infinito. Oppure tale criterio potrebbe essere fondato sul "buon senso" ma può darsi che il buon senso del nostro secolo non sarà quello dei secoli futuri.

Pur partendo da premesse simili alle tue però sono restio ad accomunare eccessivamente la matematica alla fisica.

citazione:

Il problema cruciale in quest'analisi sta nello stabilire dove comincia il sistema dell'osservatore e dove finisce perchè lì inizia il sistema dell'osservabile, anche questo tutto da definire


Allora mi viene da chiedere se tale confine tra osservatore ed osservabile esista veramente o sia in qualche misura arbitrario. Ad esempio dove finisce la tua persona? Se ti tagli un dito ed il dito si stacca dal tuo corpo fa ancora parte della tua persona? Ed un arto artificiale fa parte di te? Oppure se ti trapiantano un organo di un altra persona quando è dentro di te è parte della tua persona o dell'altro? Secondo me tali distinzioni non esistono a priori ma sono in buona misura (ma non completamente) convenzionali.

citazione:

"LA MATEMATICA è un aspetto limite della FISICA?"



Scusami ma continuo a faticare a capire da come riesci a giungere dai discorsi sull'osservatore a questa "congettura".

mariodic
CITAZIONE
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Non c'è bisogno che duplichi i tuoi messaggi per farti rispondere!

Se non ho capito male stai dicendo che la logica (ma la tua argomentazione è applicabile anche alla matematica) e la fisica sono accomunate dal bisogno di una verifica. L'unica differenza è che la verfica fisica è di natura sperimentale e quella logica è di natura teorica. Ho capito bene?

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Chiedo innanzitutto scusa per la (o le) duplicazioni; esse sono causate da un banale accidente: nel cliccare l'invio del messaggi può accadere che un lieve tremore del dito oppure perchè è mancata la certezza di aver effettivamente cliccato, si clicchi due volte.
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Veniamo alla questione centrale delle tue citazioni.
Effettivamente hai ragione quando sottolinei il fatto che io abbia detto che anche per confermare la validità dei teoremi matematici ci sia necessità di una verifica, diciamo così, sperimentale. In effetti il mio lungo intervento non ha chiarito esattamente e completamente il nucleo centrale del mio pensiero. Per esempio, mi sarebbe piaciuto di più se tu avessi dato maggior peso al punto in cui si fa notare che il debole delle dimostrazioni complesse è la minaccia, sempre incombente, di introdurre occultamente, seppure involontariamente e in tutta buona fede, elementi non definiti o non dimostrati nel corpo di esse, oppure di basare il teorema su principi o teoremi occultamente inficiati dallo stesso rischio; aggiungo che il problema è serio perchè si possono dare casi limiti in cui è impossibile rintracciare errori di tale specie, basti pensare che quando si postulano i principi di partenza di un teorema bisogna aver accertato, su basi rigorose, che, prima di tutto, esse siano assolutamente indipendenti tra loro. Sfortunatamente rigorose dimostrazioni in questo caso sono tanto difficili da considerarsi impossibili, dobbiamo accontentarci del fatto di non aver trovato controesempi o contraddizioni nell'intera storia dei teoremi che in passato hanno fatto uso degli stessi postulati (ricordiamoci lo storico caso del famoso postulato delle parallele, solo a sentimento ritenuto indipendente dagli altri posti a fondamento della geometria euclidea; fortunatamente finora non vi sono controesempi di dipendenza dagli altri assiomi). Questo fatto di rifarsi alla storia dei teoremi non è altro che il ricorso a quella prova sperimentale, a cui alludevo, che è perciò presente anche nella matematica. Mi rendo conto che, di primo acchito, quello che dico possa apparire una pignoleria fuori dal buon senso; si può, infatti, senz'altro eccepire, e lo si fa effettivamente, che contro questo argomento è solo il rigore formale della dimostrazione che esaurisce la validità del teorema e non anche il giudizio di validità dei suoi postulati, che, pertanto, divengono assiomi, per i quali può bastare, e non può darsi diversamente, una validità solo sperimentale (o di sentimento, trattandosi di astrazioni mentali). Queste ultime considerazioni senz'altro assolvono il teorema, quale lo accettiamo, ma non ci assicura di essere al riparo da contraddizioni o da antinomie, l'apparir delle quali costringerebbe a riconsiderare l'intera struttura della matematica sulla base di modifiche dei suoi assiomi. Abbiamo qualche caso del genere nella storia della matematica? Certamente, anche se in una forma apparentemente piuttosto indiretta e diversa da quella della palese falsificazione di un teorema: fu un fulmine a ciel sereno quello provocato da Godel col suo famoso teorema sulla indecidibilità.Il fatto che David Hilbert, prima di questo teorema, ritenesse sensato assegnare ai matematici del suo tempo il compitino di dimostrare la coerenza dell'intera struttura matematica su base assiomatica, mostra chiaramente come non passasse per la mente di nessuno che la matematica potesse non essere ridotta ad un sistema chiuso. La dimostrazione di Godel mostrò al mondo matematico di inizio '900 cosa significa trovarsi al centro di una fortezza che, all'improvviso, ci crolla attorno. Oggi, col senno del poi, è sufficiente appena un certo grado di buon senso sicchè anche chi non è un matematico capisca la debolezza della credenza di quei nostri nient'affatto remoti predecessori!
Tuttavia, per sostenere quel che ho detto non mi sono affidato alle constatazioni che ho qui riportato quasi che fossero la sola prova della "fisicità" della matematica, le riflessioni risalgono molto più a monte e precisamente alla relazione "osservatore/osservabile"; qui il discorso sarebbe troppo lungo per poterlo esaurire nelle pagine di un forum. Dirò tuttavia qualche cosa per dare lumi sull'argomento.
Tutto può farsi risalire all'analisi'accoppiata "osservatore/osservabile". Quest'accoppiata non l'ho di certo scoperta io ma fu una sorpresa quando, all'inizio del 900, la scienza dovette riconoscere che l'osservatore non era uno spettatore neutrale nell'esperimento ma un attore comprimario con l'oggetto osservato; dunque il risultato dell'osservazione era, almeno nei casi limiti, più o meno incontrollabile perciò incerto a causa dell'interferenza strumentale dell'osservatore. Questo fatto fu, nel mondo dei fisici di inizio 900, un fulmine a ciel sereno non meno impressionante dell'altro prodotto dal lavoro di Godel nel mondo dei matematici. Rimane tuttavia ancora aperta la questione di come definire l'osservatore: quali sono le sue proprietà fisiche con cui entra in quel sistema semichiuso che è la misurazione (o osservazione). Secondo la comune accezione del termine, l'osservatore è una "persona" che, assieme ai necessari strumenti, e tramite questi, accede all'osservabile. Il "disturbo" che arreca alla misurazione evidentemente è dovuto al rapporto tra qualcosa che potremmo informalmente chiamare "delicatezza" dell'osservabile e qualcosa d'altro che è la "delicatezza" del sistema strumentale, in altri termini, il sistema strumentale dovrebbe "sentire" ciò che interessa dell'osservabile mentre quest'ultimo dovrebbe essere del tutto insensibile all'approccio col sistema osservante. Un bel dire!
Il problema cruciale in quest'analisi sta nello stabilire dove comincia il sistema dell'osservatore e dove finisce perchè lì inizia il sistema dell'osservabile, anche questo tutto da definire; a fianco a questa prima questione ne esiste un'altra di tutto rispetto: cosa viene osservato: l'osservabile o il messaggio che transita per la strumentazione perchè sia recepito dall'osservatore? Voglio ignorare questo secondo problema solo perchè è miore rispetto al primo. Per rendersi conto delle dimensoni del primo problema basti far notare che:
a) tra gli strumenti del sistema dell'osservatore (diciamo così: contrapposto al sistema dell'osservabile), va annoverato pure l'intero corpo della persona dell'osservatore, non escluso il suo cervello; ma se anche il cervello e solo una parte, sia pure importantissima della catena strumentale, dove e cosa sarebbe l'osservatore vero e proprio?

b) Per complicare ulteriormente le cose pensiamo ad un importante laboratorio di ricerca che stia facendo un'esperimento mediante accelerazione di particelle sub atomiche, per verificare gli effetti di certi urti fra loro che generano altre particelle; oltre all'acceleratore e agli apparati di lettura, ciascuno dei quali fornisce dati parziali da confrontarsi o combinarsi con gli altri, ci sono, accanto a tali apparati, altrettanti assistenti e/o operatori, tali persone, a fine esperimento, stilano una relazione di sintesi da trasmettere al direttore dell'esperimento e da questo, eventualmente, al committente dell'esperimento stesso. Chi è tra costoro l'osservatore? La risposta corretta è, forse, l'"Io" cartesiano del committente mentre, a discendere, includendo il cervello e il corpo della persona stessa del committente, via via, le persone dei vari operatori di laboratorio, le macchine, gli altri strumenti, ecc. costituenti l'insieme della catena strumentale. Anche qui si ripropone la domanda: ma se anche il cervello della persona del committente è solo un pesso della catena strumentale, chi e dov'è l'OSSERVATORE? Naturalmente io ho le mie personali idee al riguardo, le mie analisi continuo a farmele per almeno autorispondermi; ed è proprio in queste analisi che si fanno più chiari i termini del nostro iniziale problema: "LA MATEMATICA è un aspetto limite della FISICA?"


mario1

cyberman
Non c'è bisogno che duplichi i tuoi messaggi per farti rispondere!

Se non ho capito male stai dicendo che la logica (ma la tua argomentazione è applicabile anche alla matematica) e la fisica sono accomunate dal bisogno di una verifica. L'unica differenza è che la verfica fisica è di natura sperimentale e quella logica è di natura teorica. Ho capito bene?

Secondo me stai semplificando eccessivamente le cose. Nel caso della fisica la verifica sperimentale delle ipotesi è un momento ESSENZIALE dello sviluppo di una teoria. In altre parole se anche avessimo una teoria struttualmente perfetta non sarebbe una teoria fisica se non corrispondesse a quello che succede veramente. In questo caso faccio notare che ci sono due cose in gioco: la teoria e la sua corrispondennza con il mondo.

Nel caso della matematica la verifica dei risultati, o forse sarebbe meglio dire la ricerca di possibili controesempi, non è un momento strutturalmente necessario. Un buon matematico dovrebbe fare delle dimostrazioni giuste punto e basta. Può anche succedere, ed è sucesso anche con matematici bravi, che si fossero sbagliati da qualche parte nelle loro dimostrazioni. Tuttavia questo tipo di errore di solito non sono è considerato come parte della matematica, così come ad esempio l'apprendimento della matematica non è considerato parte della matematica stessa. Che ciò sia lecito o meno sta a voi giudicarlo. (In effetti è curioso che non si tenga conto che la matematica è sempre accompagnata da un processo di apprendimento e quindi legata ad un soggetto mentre invece di solito è considerata come qualcosa di oggettivo e "statico").

C'è un'altra differenza tra la ricerca di controesempi in fisica ed in matematica. In fisica un controesempio riguarda il nesso tra teoria e mondo e ha l'effetto di invalidare una teoria. Ciò non vuol dire che non sia coerente, ma che non descrive il mondo reale e che quindi (in linea di principio) completamente rifiutata.
In matematica il controesempio riguarda la struttura di una dimostrazione, ossia sempre solo la teoria. Ha l'effetto di esigere delle modifiche strutturali nella teoria stessa.

mariodic
Caro Ludovico,
ti fornisco il chiarimento che mi hai richiesto.

La domanda è: cosa sono gli oggetti fisici e logici? (tu hai scritto: matematici, in luogo di logici, non è un errore, ma ci siamo capiti lo stesso).

---Gli oggetti fisici sono tutto ciò che in fisica si da il nome generico di "OSSERVABILI", vale a dire, cose come atomo, pianeta, moto dei corpi, effetti del calore, oggetti sociali, come la popolazione di un'area, fenomeni chimici, ecc.,tuttu suscettibili di essere percepiti, direttamente o indirettamente, dall'osservatore. Si tratta di oggetti che gli studiosi dei rispettivi ambiti (fisici, economisti, chimici, ecc) legano tra loro con relazioni logiche (fra le quali ci sono anche le relazioni matematiche che sono la parte più raffinata delle relazioni logiche). Queste relazioni accrescono la quantità di conoscenza complessiva del sistema fisico in osservazione da parte dell'osservatore, ma vengono accettate definitivamente come buone solo dopo che la verifica sperimentale effettivamente confermi sufficientemente le risultanze delle osservazioni. E' opportuno tener presente che nelle equazioni applicate ai fenomeni fisici che interessano oggetti come quelli sopra elencati, questi vengono rappresentati da simboli, per esempio: lettere, ai quali vengono associate alcune quantità o entità caratteristiche dei corrispondenti oggetti con l'intento, da parte dello studioso, di sintetizzare l'intera informazione contenuta nell'oggetto stesso, per esempio, la massa di un corpo o la posizione del suo baricentro nello spazio, ecc. Dunque le lettere in una equazione sono simboli rappresentativi di un oggetto, non l'oggetto fisico stesso.La mente manipola questi simboli, che sono astrazioni, con estrema disinvoltura e li lega ad altri simboli mediante i così detti simboli operazionali, come + (piu') x (per), ecc, che hanno un livello di astrazione superiore ai simboli rappresentativi degli oggetti (lettere); si simulano in tal modo quei legami che l'osservatore crede si instaurino fra gli oggetti fisici nel sistema in osservazione.
Anche se la relazione logica, stabilita sui simboli, è logicamente corretta, non è detto che, se verificata con l'esperienza sugli oggetti che la hanno ispirata, si dimostri valida, ecco perchè questa verifica sperimentale è fondamentale per la scienza.
Veniamo ora agli oggetti logici.

---Gli oggetti logici sono tutte le entità astratte elaborate dalla mente come detto al punto precedente. Una equazione matematica è costituita da lettere e numeri (oggetti logici di primo livello) messi in relazione tra loro da simboli o operatori relazionali (oggetti logoci di secondo livello). Lettere, numeri ed operatori sono oggetti logici perchè entità elaborate dalla mente senza nessun obbligo di essere associati ad entità materiali.
Prendiamo in considerazione il caso di un qualsiasi teorema matematico: si parte da una premessa che è una relazione tra certi simboli di secondo livello mediante simboli di primo livello per pervenire ad una relazione di aspetto diverso tra i simboli e gli operatori.
Perchè il teorema sia vero bisogna dimostrarlo con una serie di passaggi logici; se troviamo effettivamente questi passaggi allora il teorema è vero altrimenti è solo una congettura.
Ora bisogna osservare che il processo di dimostrazione è la verifica di una congettura (teorema lo sarà dopo il successo della dimostrazione) oppure è un percorso iniziato con altre finalità ma che conduce l'osservatore (in questo caso il matematico) ad un fatto interessante da annoverare fra i teoremi.
Se la dimostrazione di un teorema è lunga e complessa la verifica è importante perchè, al di là dei meri errori materiali nella scrittura dei passaggi, se ne introducono altri ben più gravi: l'immissione in corso di dimostrazione di principi nascosti non dimostrati come validi. Per essere certi di non aver contrabbandato involontariamente inquinamenti di questo genere occorrono pesanti verifiche sui passaggi della dimostrazion ma anche sperimentali (che in matematica significa fare il conto della serva: provare alcuni casi per vedere se ci sono controprove invalidanti le conclusioni del teorema).

Quest'ultima considerazione dimostra che anche la matematica è una speciale fisica: la fisica degli oggetti logici.

Mario1



mario1

mariodic
Caro Ludovico,
ti fornisco il chiarimento che mi hai richiesto.

La domanda è: cosa sono gli oggetti fisici e logici? (tu hai scritto: matematici, in luogo di logici, non è un errore, ma ci siamo capiti lo stesso).

---Gli oggetti fisici sono tutto ciò che in fisica si da il nome generico di "OSSERVABILI", vale a dire, cose come atomo, pianeta, moto dei corpi, effetti del calore, oggetti sociali, come la popolazione di un'area, fenomeni chimici, ecc.,tuttu suscettibili di essere percepiti, direttamente o indirettamente, dall'osservatore. Si tratta di oggetti che gli studiosi dei rispettivi ambiti (fisici, economisti, chimici, ecc) legano tra loro con relazioni logiche (fra le quali ci sono anche le relazioni matematiche che sono la parte più raffinata delle relazioni logiche). Queste relazioni accrescono la quantità di conoscenza complessiva del sistema fisico in osservazione da parte dell'osservatore, ma vengono accettate definitivamente come buone solo dopo che la verifica sperimentale effettivamente confermi sufficientemente le risultanze delle osservazioni. E' opportuno tener presente che nelle equazioni applicate ai fenomeni fisici che interessano oggetti come quelli sopra elencati, questi vengono rappresentati da simboli, per esempio: lettere, ai quali vengono associate alcune quantità o entità caratteristiche dei corrispondenti oggetti con l'intento, da parte dello studioso, di sintetizzare l'intera informazione contenuta nell'oggetto stesso, per esempio, la massa di un corpo o la posizione del suo baricentro nello spazio, ecc. Dunque le lettere in una equazione sono simboli rappresentativi di un oggetto, non l'oggetto fisico stesso.La mente manipola questi simboli, che sono astrazioni, con estrema disinvoltura e li lega ad altri simboli mediante i così detti simboli operazionali, come + (piu') x (per), ecc, che hanno un livello di astrazione superiore ai simboli rappresentativi degli oggetti (lettere); si simulano in tal modo quei legami che l'osservatore crede si instaurino fra gli oggetti fisici nel sistema in osservazione.
Anche se la relazione logica, stabilita sui simboli, è logicamente corretta, non è detto che, se verificata con l'esperienza sugli oggetti che la hanno ispirata, si dimostri valida, ecco perchè questa verifica sperimentale è fondamentale per la scienza.
Veniamo ora agli oggetti logici.

---Gli oggetti logici sono tutte le entità astratte elaborate dalla mente come detto al punto precedente. Una equazione matematica è costituita da lettere e numeri (oggetti logici di primo livello) messi in relazione tra loro da simboli o operatori relazionali (oggetti logoci di secondo livello). Lettere, numeri ed operatori sono oggetti logici perchè entità elaborate dalla mente senza nessun obbligo di essere associati ad entità materiali.
Prendiamo in considerazione il caso di un qualsiasi teorema matematico: si parte da una premessa che è una relazione tra certi simboli di secondo livello mediante simboli di primo livello per pervenire ad una relazione di aspetto diverso tra i simboli e gli operatori.
Perchè il teorema sia vero bisogna dimostrarlo con una serie di passaggi logici; se troviamo effettivamente questi passaggi allora il teorema è vero altrimenti è solo una congettura.
Ora bisogna osservare che il processo di dimostrazione è la verifica di una congettura (teorema lo sarà dopo il successo della dimostrazione) oppure è un percorso iniziato con altre finalità ma che conduce l'osservatore (in questo caso il matematico) ad un fatto interessante da annoverare fra i teoremi.
Se la dimostrazione di un teorema è lunga e complessa la verifica è importante perchè, al di là dei meri errori materiali nella scrittura dei passaggi, se ne introducono altri ben più gravi: l'immissione in corso di dimostrazione di principi nascosti non dimostrati come validi. Per essere certi di non aver contrabbandato involontariamente inquinamenti di questo genere occorrono pesanti verifiche sui passaggi della dimostrazion ma anche sperimentali (che in matematica significa fare il conto della serva: provare alcuni casi per vedere se ci sono controprove invalidanti le conclusioni del teorema).

Quest'ultima considerazione dimostra che anche la matematica è una speciale fisica: la fisica degli oggetti logici.

Mario1



mario1

mariodic
La matematica applicata agli oggetti fisici (cioè che fa fisica) cerca di legare logicamente, appunto, gli oggetti fisici in una struttura conoscitiva; la matematica fine a se stessa, invece, si pensa non faccia fisica perchè non tratta oggetti fisici (i così detti OSSERVABILI) ma oggetti logici, cioè astratti e immateriali in quanto elaborazioni del nostro pensiero; ma io dico che anche questa matematica "fa fisica" in quanto,secondo me, tra oggetti fisici e oggetti logici c'è solo una differenza quantitativa e non, come si sarebbe portati a credere, qualitativa. In parole diverse , anche gli oggetti logici dell'astrazione sono degli osservabili nel senso della fisica, la differenza sta nel rispettivo livello conoscitivo, cioè dal grado di conoscenza che l'Osservatore ha dei due tipi di oggetti: massimo per gli oggetti logici,via via più basso per gli altri. L'Osservatore è l'origine del sistema conoscitivo, ma cos'è l'Osservatore? La fisica moderna lo ha finalmente riconosciuto come influente, suo malgrado, negli esperimenti e, quindi, come turbatore della misurazione fisica, ma non ne ha fornito una definizione esatta. Perchè un oggetto logico (o astratto) per esempio, il significato logico del simbolo operazionale + (più), possa essere assimilato o, meglio, identificato come un oggetto fisico, per esempio, un pianeta o un atomo, bisogna, prima di tutto definire cos'è l'Osservatore, poi a quale livello conoscitivo questo debba essere collocato quale origine delle misurazioni nelle coordinate dello spazio "conoscitivo", vale a dire quello spazio la cui metrica è una funzione della grandezza "probabilità"; faccio un esempio: se Io dico fra me stesso: "fra un anno al massimo avrò una nuova automobile col 90% di probabilità", esprimo un mio grado di conoscenza del futuro da qui ad un anno per la parte che riguarda l'acquisto i una nuova auto; si tratta di una quasi certezza, visto che la mia fiducia è del 90%. Per la misurazione di questo grado conoscitivo posso scegliere una certa funzione della probabilità "p", per esempio d=(1-p)/p, con questa funzione la distanza "d" a cui si colloca il mio nuovo acquisto a partire dall'origine delle coordinate di questo spazio conoscitivo sarebbe 0,1/0,9 = 0.011111, distanza che tende a zero col crescere di p.
Ritorniamo alla questione cruciale di come debba essere definito l'Osservatore. E' chiaro che il corpo di un addetto di laboratorio, prolungato fino all'osservabile grazie all'insieme degli strumenti di misurazione, "disturba" la misurazione in un esperimento; possiamo sempre immaginare di ridurre questa catena a livelli sempre più essenziali e meno "pesanti" per l'esperimento, grazie alla invenzione di nuove tecniche più raffinate di misurazione, ma dove si va a finire regredendo con una specie di "passaggio a limite" (e solo con questo)? Convergeremmo certamente verso una singolarità; non sarà forse, questa, identificabile nell'essenza dell'IO cartesiano? A voi sbizzarrirvi..

mario1



mario1

cyberman
citazione:

Scusami Cyberman, ma secondo te perchè la meccanica newtoniana si insegna ancora, anche se non è una teoria corretta? Perchè è un caso limite della meccanica relativistica. Così, lo stesso avviene per le geometrie riemanniane, ad esempio, e la geometria di euclide. Non voglio dire che se la geometria euclidea è empirica è automaticamente errata, ma può sussistere con delle approssimazioni, non trovi?



La differenza sta nel fatto che i fisici dicono la meccanica newtoniana è corretta sotto certe approssimazioni mentre i matematici dicono una cosa diversa: che il caso limite della geometria riemanniana è quella euclidea. C'è una differenza tra le due cose.

Nel caso della meccanica è doveroso dire che la meccanica Newtoniana è sbagliata, ma può essere utilizzata a meno di errori trascurabili se ci troviamo in determinate situazioni.

Nel caso della geomertia non ho mai sentito nessun matematico dire che i triangoli di cui parla euclide in realtà sono curvi, ma non ce ne accorgiamo perché hanno i lati molto corti. Anzi, non credo che nessuno lo direbbe benché sarebbe coerente dirlo se si pensasse che la geometria euclidea è una teoria empirica.

J.H.Poincarè
Scusami Cyberman, ma secondo te perchè la meccanica newtoniana si insegna ancora, anche se non è una teoria corretta? Perchè è un caso limite della meccanica relativistica. Così, lo stesso avviene per le geometrie riemanniane, ad esempio, e la geometria di euclide. Non voglio dire che se la geometria euclidea è empirica è automaticamente errata, ma può sussistere con delle approssimazioni, non trovi?

cyberman
citazione:

E c'è chi osa di più: Penrose dice addirittura che la Geometria Euclidea è una teoria empirica: una teoria fisica.



Se la geometria euclidea fosse una teoria emprica allora dovrebbe essere sbagliata dal momento che:

1. Se ti riferisci alla geometria piana fatta sul globo terrestre allora le cose non tornano perché la terra è rotonda (e non un piano euclideo)

2. Se ti riferisci allo spazio allora le teorie fisiche più recenti dicono che lo spazio è curvo, e non piatto (euclideo).

Allora come tante teorie empriche che si sono rivelate sbagliate (es. teoria del flogisto) bisognerebbe smetterla di insegnare la geometria euclidea e dire che in realtà tutti i suoi teoremi sono delle menzogne.

cyberman
citazione:

La fisica non ha la pretesa di fornire la spiegazione dei fenomeni naturali, ne propone dei modelli, avvalendosi + spesso di altre discipline del linguaggio matematico.


É vero, ma tale modelli sono espressi in linguaggio matematico. Se tale modello consiste in delle equazioni matematicamente molto complesse allora mi chiedo se il loro studio fa parte della matematica (in quanto un studiamo l'equazione stessa) o della fisica.
Secondo me non bisogna dividere così nettamente la matematica dalla fisica in quanto una volta espresso un modello (inevitabilmente in linguaggio matematico) per capire se il modello è appropriato bisogna trarne le conseguenze (matematicamente) e poi verificare se fisicamente hanno senso. Un approccio solo sperimentale (fisico) o teorico (matematico) non può portare da nessuna parte.

citazione:

La differenza fondamentale è che la matematica è l'unica scienza ( a proposito, per voi cos'è una scienza?)



Dovresti dirmi tu cos'è la scienza visto che usi tale parola. Credo che sia legittimo dire che una scienza è ciò che si avvale del metodo scientifico esposto da Galilei. Tale metodo ha come momento fondamentale la verifica sperimentale, che non credo possa fare parte della matematica.

mariodic
citazione:

secondo me c'è un confine tra la fisica e la matematica, molto + marcato di quello che c'è tra la fisica e la chimica o la biologia.
La fisica non ha la pretesa di fornire la spiegazione dei fenomeni naturali, ne propone dei modelli, avvalendosi + spesso di altre discipline del linguaggio matematico.
La matematica è semplicemente altro. Si occupa di oggetti che forse sono atrazioni di processi biologici, forse oggetti di un mondo delle idee matematico... La differenza fondamentale è che la matematica è l'unica scienza ( a proposito, per voi cos'è una scienza?) che studi gli oggetti creati da se stessa e non altri oggetti.
La fisica non è matematica. Forse la fisica matematica lo è, ma non so bene cosa sia.





mario1

mariodic
citazione:

La matematica è il linguaggio con cui si esprime la fisica. É un linguaggio in evoluzione alla cui formazione contribuiscono anche i fisici, i quali con il loro inutito formano dei concetti che più tardi vengono formalizzati da matematici.

Ci sono dei casi dove la distinzione tra fisici e matematici è poco chiara: ad esempio il caso di Newton. Per questo mi viene il dubbio che fare una distinzione tra le due cose possa talvolta essere artificioso.





mario1

Sk_Anonymous
Forse si', la Matematica in fondo in fondo ha una base che e' sperimentale; ed e' anche giusto che sia cosi'. Ma la fantasia del matematico non deve avere limiti, altrimenti non si e' un vero matematico.

La Matematica ha pero' un enorme pregio rispetto alla Fisica: ammette i propri limiti, ovvero dichiara fino a dove puo' arrivare. Infatti, in base ai Teoremi di Godel, si sa che non e' possibile dimostrare la coerenza di una teoria assiomatica dalla quale si deducono le proprieta' dell'aritmetica, restando all'interno della teoria. Questo, se uno vuole, dice che i computer non potranno mai sostituire la mente umana: il computer non puo' lavorare con una teoria contradditoria, per cui ci saranno sempre proposizioni indecidibili!

Luca.

J.H.Poincarè
Tento di spiegarmi meglio: un conto sono materie dove la matematica è l'ausilio, come l'economia. Per la fisica si tratta di leggere "un libro nella lingua della matematica" secondo Galileo. Quel libro è la Natura.
E c'è chi osa di più: Penrose dice addirittura che la Geometria Euclidea è una teoria empirica: una teoria fisica. La matematica, per quanto la fantasia sia libera, non potrà mai staccarsi dall'ausilio di una rappresentazione reale, di tutti i suoi concetti (analitici, geometrici).

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