Fisica e matematica: approcci a confronto

Studente Anonimo
Studente Anonimo
Trasferisco qui l'inizio di un cosiddetto "off-topic" (cf. qui) perché se ne possa parlare più liberamente.

Nel seguito quoterò gli interventi significativi che hanno innescato la discussione.

"maurer":
Ok, ho improvvisamente capito l'origine del mio problema:

[quote="apatriarca"]L'idea intuitiva e volendo "fisica" di orientazione ha preceduto questa definizione e ne ha guidato le scelte. Tutto il resto è venuto dopo, non prima.
Il punto è che io non ho per nulla intuizione fisica. Se mi dicessi che due palle da biliardo si scontrano e poi iniziano a volare verso lo spazio siderale, la mia intuizione fisica non mi avvertirebbe che c'è qualcosa di strano. Quindi non mi stupisco che la cosa non mi sia mai piaciuta. In particolare, ricordo un odio viscerale verso la regola della mano destra, perché non ha mai avuto un senso per me: è una convenzione, ma, come spiegavo prima, sono abbastanza contrario alle convenzioni in matematica, specie quando se ne può fare davvero a meno, magari pagando il prezzo della non semplicità.

"apartriarca":

Sinceramente credo che l'intuizione dietro ai diversi concetti e la loro storia siano importanti pere comprendere a pieno tali concetti e per apprezzare gli strumenti di indagine più moderni ed astratti.
Purtroppo, e parlo per dolorosa esperienza, l'intuizione fisica mi ha sempre portato fuori strada. A partire dalla loro idea malata di infinitesimo, il loro buffo modo di usare il calcolo tensoriale senza sapere che cos'è un tensore e la loro ostinazione nell'usare i multi-indici, la loro arroganza nel voler trattare la Quantum Field Theory senza avere le capacità - o quantomeno le conoscenze - per farlo (click, su gentile segnalazione di killing_buddha che è davvero bravo in questo settore a differenza del sottoscritto, che invece è molto ignorante in merito). In particolare, in cosa può essermi d'aiuto la visione fisica di un tensore? Io ritengo che abbia rallentato il mio apprendimento della matematica per almeno un anno. Se prima del corso di Fisica 2 avessi seguito un bel corso di algebra commutativa, mi sarei limitato a dare un'occhiata di superiorità alla parola tensore usata male in quel contesto: invece ho cercato per mesi di capire cosa passasse per la loro testa, e devo dire che è stato uno sforzo inutile.[/quote]

"dissonance":
@maurer: Sono al 100% in disaccordo con te. Questo tuo modo di vedere la matematica è secondo me deleterio. Nel mio piccolo sono invece perfettamente d'accordo con Arnol'd:

http://pauli.uni-muenster.de/~munsteg/arnold.html

Non si può snobbare la fisica così. Ragionando come te non ci si sarebbe dovuti occupare neanche di relatività generale, o di meccanica quantistica, perché matematicamente mal poste (agli inizi del secolo scorso era così). Per fortuna i matematici dell'epoca non hanno ragionato a tal modo, e nello sforzo di sistematizzare queste cose si sono sviluppate per bene anche teorie strettamente matematiche. E' un interplay che giova a tutti e due.


"maurer":
Premetto che non voglio accendere una polemica troppo grossa. Tuttavia, ho letto per intero il link che hai postato e ritengo di avere il diritto di sentirmi offeso da certe parole di Arnol'd.

[quote="Arnol'd"]
To the question "what is 2 + 3" a French primary school pupil replied: "3 + 2, since addition is commutative". He did not know what the sum was equal to and could not even understand what he was asked about!
Questa è una stupidaggine. Se è vero, la colpa è interamente del docente. Ma non perché non ha mosso dalla realtà; semplicemente perché non ha mostrato, dopo o durante un'opportuna trattazione teorica, cosa l'operazione fosse.

"Arnol'd":

For example, these students have never seen a paraboloid and a question on the form of the surface given by the equation xy = z2 puts the mathematicians studying at ENS into a stupor. Drawing a curve given by parametric equations (like x = t3 - 3t, y = t4 - 2t2) on a plane is a totally impossible problem for students (and, probably, even for most French professors of mathematics).
Di nuovo: è chiaro che non si può andare avanti a teorie. Ma non si può nemmeno andare avanti ad esempi. Il meglio è una sintesi tra le due cose, con una leggera tendenza verso la teoria.

"Arnol'd":

I shall open a few more such secrets (in the interest of poor students).

The determinant of a matrix is an (oriented) volume of the parallelepiped whose edges are its columns. If the students are told this secret (which is carefully hidden in the purified algebraic education), then the whole theory of determinants becomes a clear chapter of the theory of poly-linear forms. If determinants are defined otherwise, then any sensible person will forever hate all the determinants, Jacobians and the implicit function theorem.

Ecco, qui mi sento davvero offeso. Vorrei chiarire una cosa, a scapito di equivoci: io ho ben presente questo possibile significato del determinante. Ho seguito, oppure ho percorso in seguito - adesso non ricordo più - la strada indicata da lui. E, a posteriori, non ritengo che porti ad una semplificazione notevole. Per me non è stato così. Piuttosto, ho sempre avuto una difficoltà incredibile a ricordare il teorema di cambiamento di variabile. Fino a quando non ho scoperto una cosa che si chiama "pull-back di forme differenziali": a quel punto tutto è andato magicamente a posto. Credo di poterlo applicare nel sonno, in questo momento.
"Arnol'd":

What is a group? Algebraists teach that this is supposedly a set with two operations that satisfy a load of easily-forgettable axioms. This definition provokes a natural protest: why would any sensible person need such pairs of operations? "Oh, curse this maths" - concludes the student (who, possibly, becomes the Minister for Science in the future).

We get a totally different situation if we start off not with the group but with the concept of a transformation (a one-to-one mapping of a set onto itself) as it was historically. A collection of transformations of a set is called a group if along with any two transformations it contains the result of their consecutive application and an inverse transformation along with every transformation.

[...]
As Cayley proved, there are no "more abstract" groups in the world. So why do the algebraists keep on tormenting students with the abstract definition?
Un gruppo è quello che è. La bellezza della matematica io la trovo nell'abstract nonsense; partire dal generale e vedere che tutto torna e tutto si adatta alla nostra prima, brillante intuizione basata su nient'altro che una parola: armonia.
Per inciso, per me un gruppo è un gruppo di trasformazioni. Anche qui, ho seguito esattamente il percorso che ha delineato Arnol'd; e mi tuffo con gioia nei "more abstract groups".
Sono consapevole che ci sono studenti che non capiscono il legame tra l'algebra lineare e la geometria. Perché si insegna algebra lineare in geometria 1? Chiaramente, questo viene fatto alla luce del programma di Klein: la geometria è lo studio di proprietà invarianti sotto l'azione di un particolare gruppo. La geometria affine è studiare lo spazio euclideo sotto l'azione del gruppo affine, quella proiettiva sotto l'azione del gruppo proiettivo ecc. Trovo buffo che ci sia chi non ha chiaro questo concetto. Ma di chi è la colpa? Non di certo del taglio troppo astratto. Se dovessi tenere io un corso simile non rinuncerei al taglio astratto, cercherei di far capire cosa significa il taglio astratto. Ma partirei comunque dall'astrazione.

"Arnol'd":

An "abstract" smooth manifold is a smooth submanifold of a Euclidean space considered up to a diffeomorphism. There are no "more abstract" finite-dimensional smooth manifolds in the world (Whitney's theorem). Why do we keep on tormenting students with the abstract definition? Would it not be better to prove them the theorem about the explicit classification of closed two-dimensional manifolds (surfaces)?

Punto uno: ho studiato il teorema di classificazione. Punto due: ho studiato il concetto di "abstract smooth manifold". Punto tre: ho studiato il teorema di Whitney. Ora: ho iniziato lo studio delle varietà dalle sottovarietà di [tex]\mathbb R^n[/tex]; la mia forma mentis mi ha obbligato a cercare l'essenza matematica della questione (abstract manifold). Il buon senso mi ha fatto chiedere se esiste un teorema come quello di Whitney. E' vero, potrebbero non insegnarlo più a Matematica, tanto è stato dimostrato che c'è il teorema di Whitney. So che per me sarebbe andata esattamente così: avrei chiesto, mi sarei sentito rispondere "tanto c'è il teorema di Whitney" e sarei andato a perdere qualche settimana per studiarlo. La mia stessa educazione matematica mi impone di fare questo. Tendenzialmente mi attengo a due regole: i) non usare mai un teorema che non sai dimostrare; ii) se trovi un teorema che non sai dimostrare, imparane la dimostrazione.

"Arnol'd":

Attempts to create "pure" deductive-axiomatic mathematics have led to the rejection of the scheme used in physics (observation - model - investigation of the model - conclusions - testing by observations) and its substitution by the scheme: definition - theorem - proof. It is impossible to understand an unmotivated definition but this does not stop the criminal algebraists-axiomatisators. For example, they would readily define the product of natural numbers by means of the long multiplication rule. With this the commutativity of multiplication becomes difficult to prove but it is still possible to deduce it as a theorem from the axioms. It is then possible to force poor students to learn this theorem and its proof (with the aim of raising the standing of both the science and the persons teaching it). It is obvious that such definitions and such proofs can only harm the teaching and practical work.
C'è poco da fare. Posso dire di avere un'ostilità verso il metodo scientifico. Il punto è che non posso essere sicuro di avere ragione; non posso essere sicuro che quello che dico rimarrà vero non per cent'anni, ma per l'eternità. D'altra parte, è noto: dal mio punto di vista la Matematica non è una parte delle scienze naturali. E' incredibilmente più vicina alla Filosofia, o comunque ad una materia umanistica. Se non avessi potuto fare Matematica, avrei optato per Filosofia, probabilmente; se non fosse che in Filosofia, quando due persone sono in disaccordo, non è necessariamente vero che almeno una delle due ha torto.

"Arnol'd":

Mathematics is a part of physics. Physics is an experimental science, a part of natural science. Mathematics is the part of physics where experiments are cheap.
Potrei scrivere: la Fisica è una parte della Matematica. La Matematica non è una scienza, è un altro nome per Esattezza. La Fisica è la parte della Matematica che descrive le leggi secondo cui la realtà è costretta a comportarsi.

Infine:

"Arnol'd":

In the middle of the twentieth century it was attempted to divide physics and mathematics. The consequences turned out to be catastrophic. Whole generations of mathematicians grew up without knowing half of their science and, of course, in total ignorance of any other sciences. They first began teaching their ugly scholastic pseudo-mathematics to their students, then to schoolchildren (forgetting Hardy's warning that ugly mathematics has no permanent place under the Sun).
Questa citazione è decontestualizzata ed il suo significato è stravolto. Ricordiamo che Hardy andava fiero dei suoi lavori in teoria dei numeri perché erano inutili. Cito dall'Apologia di un Matematico:

"Hardy":

La migliore matematica non solo è bella ma è anche seria, importante, se preferite, ma il termine è molto ambiguo, mentre seria esprime meglio quello che voglio dire. Non mi riferisco alle applicazioni "pratiche" della matematica. [...] Adesso dirò soltanto che se un problema di scacchi è "inutile", nel senso letterale del termine, allora lo è anche la maggior parte della migliore matematica; che solo una piccola parte della matematica ha un'utilità pratica e che quella piccola parte è relativamente noiosa.
Questo è quello che pensava Hardy. Non mi sembra che ci sia molto spazio per le applicazioni, nel suo pensiero!

"Hardy":
[...]Il matematico [rispetto al poeta] non ha altro materiale con cui lavorare, se non le idee; quindi le forme che crea hanno qualche probabilità di durare più a lungo, perché le idee si usurano meno delle parole.
Le forme create dal matematico, come quelle create dal pittore o dal poeta, devono essere belle; le idee, come i colori o le parole, devono legarsi armoniosamente. La bellezza è il requisito fondamentale: al mondo non c'è un posto perenne per la matematica brutta.
Le idee della topologia sono belle in quanto incredibilmente naturali. La topologia (in particolare, il concetto di omotopia) potrebbe essere spiegata tranquillamente ai primi anni del liceo. Si tratta di deformare, è semplicissimo, tutti sanno cosa vuol dire, tutti hanno un'intuizione da cui partire, quindi non c'è bisogno che venga spiegata. Si può partire dall'astratto.
Le idee dell'algebra omologica, della teoria delle categorie sono belle, ma per motivi profondamente diversi. A dirla tutta, non mi aspetto che un fisico medio capirà mai la bellezza dell'algebra astratta. Lui ha fretta, vuole imparare ad usarla, non si sofferma sulla sottile poesia algebrica, è un violentatore della teoria. L'algebra astratta è bella in quanto assolutamente necessaria: quando faccio Geometria - e Dio solo sa quanto adoro fare Geometria - odio dovermi fermare per colpa di qualche concetto formale che non mi è chiaro. Prendiamo il teorema di Van Kampen, ad esempio: l'essenza topologica è ridicola, è facilmente comprensibile a tutti. Eppure non è chiaro il risultato a cui si arriva. Perché? Perché di solito non si è in grado di separare la forma dal contenuto. Il teorema di Van Kampen asserisce che un certo gruppo è il pushout di un certo diagramma. Se io so cos'è un pushout, posso concentrarmi esclusivamente sull'idea topologica.
Esempi del genere se ne possono fare a migliaia: la compattificazione di Stone - Cech, ad esempio, è un altro bell'esemplare. Cosa dice la compattificazione di Stone - Cech? Bah, essenzialmente che [tex]\mathbf{Regular} \subset \mathbf{CompHaus}[/tex] è una sottocategoria riflessiva. Se conosco le aggiunzioni, so già usare la compattificazione di Stone - Cech per risolvere problemi ancora prima di sapere come si fa a costruire. E, con animo incredibilmente sereno, mi dedico ad apprendere l'idea topologica che ci sta sotto.

Condivido il fatto che separare la forma dal contenuto sia in qualche misura folle. Un algebrista che faccia algebra e basta, è davvero deforme ai miei occhi. Fortunatamente non ne conosco nessuno: tutti, sono attenti all'utilizzo dell'algebra negli altri settori della Matematica.

Questo, è il mio modo di vedere le cose. La fisica non ha posto nel mio sistema. Ritengo di avere un'intuizione sufficientemente sviluppata; quando studio, presto uguale attenzione all'idea generatrice, alla forma ed alla capacità tecnica di non essere spaventato dagli oggetti con cui mi accingo a lavorare (non ho paura di fare i conti, se necessario, ma ovviamente preferisco evitarlo). E ciò nonostante, rimane il fatto che [tex]7[/tex] è un numero primo non perché noi pensiamo così, ma perché lo è e basta. Noi siamo semplici constatatori di questa primordiale verità. La Matematica E', tutto il resto vi si adegua.

Fine dell'off-topic.

P.S. Paradossalmente, credo che al lato pratico ci accostiamo alla disciplina con lo stesso modo di fare e con gli stessi risultati finali. Semplicemente, cambia il modo di vivere la materia.
P.P.S. Non voglio dire che il mio modo è quello giusto. Semplicemente, mi sono sentito attaccato dalle parole di Arnol'd ed ho esposto le mie ragioni, che ritengo valide quanto le sue accuse. Questione di punti di vista, insomma.
P.P.P.S. Ho volutamente evitato ogni accenno alla Geometria Algebrica, taglio di Grothendieck. E' talmente tanto astratta da far venire il ribrezzo a chiunque non metta l'astrazione al centro della propria vita. Adoro questo taglio! :-D E non potete dirmi che le idee super-mega-astratte di stampo categoriale ed omologico di Grothendieck non abbiano portato a risultati concreti. La migliore matematica ha sempre applicazioni. Solo che le applicazioni sono da intendersi "nel resto della matematica".

Edit: aggiungo quest'ultima nota, a scanso di equivoci. Prima ho scritto che l'algebra è bella in quanto necessaria a separare il contenuto dalla forma. Poi, ho detto che è folle separare il contenuto dalla forma. Non mi sono espresso nel modo più felice possibile, quindi mi spiego. Una delle capacità fondamentali di essere matematici è di saper distinguere il contenuto dalla forma; ma non per questo bisogna fare l'uno indipendentemente dall'altro: essere capaci a scomporre un succo di frutta per ricavarne i costituenti chimici (ed immaginare per un secondo di farlo mentre si beve il succo, elencando questi costituenti nella propria mente), non significa che vada fatto esplicitamente. Il succo va bevuto per intero, altrimenti non se ne afferra la bontà! E in matematica, è la stessa cosa: dato un teorema, lo scompongo prontamente nelle sue parti, dividendo la forma (l'esoscheletro algebrico) ed il contenuto (l'idea geometrica che brilla all'interno dell'esoscheletro). Dopodiché lo studio, e apprezzo il modo in cui le due parti interagiscono dando luogo ad un'opera d'arte.[/quote]

"Zilpha":
@maurer: Sei molto convincente nelle cose che hai detto... certo un pò assolutista... ma su un punto:
[quote="maurer"]
Sono consapevole che ci sono studenti che non capiscono il legame tra l'algebra lineare e la geometria. Perché si insegna algebra lineare in geometria 1? Chiaramente, questo viene fatto alla luce del programma di Klein: la geometria è lo studio di proprietà invarianti sotto l'azione di un particolare gruppo. La geometria affine è studiare lo spazio euclideo sotto l'azione del gruppo affine, quella proiettiva sotto l'azione del gruppo proiettivo ecc. Trovo buffo che ci sia chi non ha chiaro questo concetto. Ma di chi è la colpa? Non di certo del taglio troppo astratto. Se dovessi tenere io un corso simile non rinuncerei al taglio astratto, cercherei di far capire cosa significa il taglio astratto. Ma partirei comunque dall'astrazione.

sono completamente d'accordo. Ci ho fatto la tesi su quest'argomento e in nessun corso di Geometria era mai stata quantomeno accennata la possibilità di abbandonare una trattazione di tipo assiomatico in favore di una descrizione in termini di azione di gruppo.. e dal mio punto di vista, la seconda è molto più digeribile della prima (una volta che si conosce il significato di quello che si va ad utilizzare). E ritengo scandaloso insegnare la Geometria mettendo in un angolo il programma di Klein (è quello che è stato fatto ai corsi che ho seguito).[/quote]

"maurer":
[quote="Zilpha"]un pò assolutista...

Non lo nego.

"Zilpha":
sono completamente d'accordo. Ci ho fatto la tesi su quest'argomento e in nessun corso di Geometria era mai stata quantomeno accennata la possibilità di abbandonare una trattazione di tipo assiomatico in favore di una descrizione in termini di azione di gruppo.. e dal mio punto di vista, la seconda è molto più digeribile della prima (una volta che si conosce il significato di quello che si va ad utilizzare). E ritengo scandaloso insegnare la Geometria mettendo in un angolo il programma di Klein (è quello che è stato fatto ai corsi che ho seguito).

Approvo. Ma non è vero che il programma di Klein viene messo in un angolo, altrimenti algebra lineare non si farebbe in Geometria 1. Semplicemente, ci si "dimentica" di dire la cosa fondamentale, ossia di spiegare perché algebra lineare fa parte di Geometria 1. I miei corsi sono stati come i tuoi; tieni presente che praticamente tutta la parte delle mie conoscenze antecedente alle parole "algebra commutativa", "algebra omologica", "teoria dei fasci" è stato imparato da autodidatta.[/quote]

"killing_buddha":
Mathematics is a part of physics. Physics is an experimental science, a part of natural science. Mathematics is the part of physics where experiments are cheap.

The Jacobi identity (which forces the heights of a triangle to cross at one point) is an experimental fact in the same way as that the Earth is round (that is, homeomorphic to a ball). But it can be discovered with less expense.

OT per OT, e' "scandaloso" che un fisico faccia queste affermazioni: la Terra e', come ogni altro ente fisico, un agglomerato di atomi, quindi non e' un corpo a geometria continua (lo spazio e' per lo piu' vuoto, e il numero di atomi in ogni porzione di esso e' finito: tanto piu' che non disponiamo di una nozione "fisica" di continua decomponibilita' dello spazio). Noi rappresentiamo la Terra come una palla perche' approssimiamo al continuo qualcosa di discreto (ma sicuramente non viviamo in un Universo che segue leggi topologiche, perche' strappare fogli e fare buchi e' possibile). Senza contare poi un problema epistemico essenziale: quale topologia dovrebbe avere il cosmo (limitiamoci all'universo osservabile)? Di certo non quella reale, per quanto appena detto. Ma dovrebbe essere una topologia che lo rende uno spazio paracompatto? Uno spazio di Alexandrov? Uno spazio T0, T1, T2, ... ? E se si', perche' proprio quella topologia, perche' proprio quelle ipotesi?


"apatriarca":
[quote="maurer"]Il punto è che io non ho per nulla intuizione fisica. Se mi dicessi che due palle da biliardo si scontrano e poi iniziano a volare verso lo spazio siderale, la mia intuizione fisica non mi avvertirebbe che c'è qualcosa di strano. Quindi non mi stupisco che la cosa non mi sia mai piaciuta. In particolare, ricordo un odio viscerale verso la regola della mano destra, perché non ha mai avuto un senso per me: è una convenzione, ma, come spiegavo prima, sono abbastanza contrario alle convenzioni in matematica, specie quando se ne può fare davvero a meno, magari pagando il prezzo della non semplicità.

Continuo a non comprendere la tua insofferenza per una definizione come tante altre. E' solo una definizione e come tale è necessariamente conseguenza di una qualche convenzione. Lo stesso vale anche per la tua definizione su varietà topologiche. Hai infatti scelto di prendere in considerazione il gruppo di omologia \(H_n(X, X-x_0;\mathbb Z)\), di definire quindi un fascio con quelle spighe e di chiamare orientazione una sezione di tale fascio... Ma per quale motivo dovresti chiamare orientazione proprio questo e non altro? Che cosa rappresenta questa orientazione localmente se non proprio la classe di equivalenza che non ti piace? Altre definizioni sono probabilmente possibili, ma questa è semplice e richiede poche conoscenze di base di algebra lineare. Non c'è alcuna necessità di definire concetti avanzati come l'omologia o i fasci per definirla e può essere insegnata e usata anche da persone non particolarmente portate o interessate alla matematica pura e astratta. E' quindi ovvio che questa è la definizione più comune di orientazione. Ci sono comunque parecchie ragioni per considerare il gruppo di trasformazioni che mantengono l'orientamento di uno spazio vettoriale e il fatto stesso che ne stiamo parlando ed esistono tutte queste generalizzazioni ne è la prova. Non credo che questa definizione abbia meno diritto di esistere delle altre.

Purtroppo, e parlo per dolorosa esperienza, l'intuizione fisica mi ha sempre portato fuori strada. A partire dalla loro idea malata di infinitesimo, il loro buffo modo di usare il calcolo tensoriale senza sapere che cos'è un tensore e la loro ostinazione nell'usare i multi-indici, la loro arroganza nel voler trattare la Quantum Field Theory senza avere le capacità - o quantomeno le conoscenze - per farlo (click, su gentile segnalazione di killing_buddha che è davvero bravo in questo settore a differenza del sottoscritto, che invece è molto ignorante in merito). In particolare, in cosa può essermi d'aiuto la visione fisica di un tensore? Io ritengo che abbia rallentato il mio apprendimento della matematica per almeno un anno. Se prima del corso di Fisica 2 avessi seguito un bel corso di algebra commutativa, mi sarei limitato a dare un'occhiata di superiorità alla parola tensore usata male in quel contesto: invece ho cercato per mesi di capire cosa passasse per la loro testa, e devo dire che è stato uno sforzo inutile.

Quando parlavo di intuizione non mi riferivo a questo e credo che l'uso delle coordinate sia spesso una limitazione alla capacità di visualizzazione e intuizione. Certamente non condivido poi l'uso poco formale dei concetti matematici visti spesso durante l'insegnamento della fisica. C'è ovviamente uno spazio per risultati non del tutto formalizzati o provati nella ricerca, ma il risultato finale non deve contenere tali mancanze. Nonostante debba mantenere l'aspetto intuitivo. Con intuizione intendo la capacità di "visualizzare" e comprendere un concetto, riuscendo a vederlo globalmente nelle sue diverse sfaccettature e significati. La capacità di visualizzare con la mente qualcosa non è limitata alla visione tridimensionale, si può riuscire a visualizzare anche spazi di dimensione infinita con un po' di immaginazione (per esempio come limite di qualcosa). Esistono poi diversi modi per visualizzare qualcosa. Prendi per esempio in considerazione un insieme di dati che rappresenta un grafo. Questo si può rappresentare come un insieme di nodi e archi, oppure come ad un insieme di valori o ancora in modo gerarchico o.. La capacità di visualizzare qualcosa è quindi per me la capacità di riuscire a dare una rappresentazione visiva di un concetto nei suoi diversi livelli e dai diversi punti di vista. Per me è importante, ma credo che dipenda dalle persone. Io per esempio odio fare i calcoli e non amo le dimostrazioni in cui una serie di calcoli non ben specificati, anche se corretti, porta ad un qualche risultato, ma so che alcuni preferiscono invece affidarsi ai calcoli. Per la cronaca, odio anche limitarmi ad una sola definizione e ad un solo punto di vista in matematica. Io credo che per comprendere fino in fondo l'idea di orientabilità e delle sue conseguenza è necessario padroneggiare tutte queste definizioni. La vera bellezza sta per me nel riuscire a vedere i collegamenti tra le varie definizioni e tra i diversi strumenti nel contempo apprezzare la semplicità del concetto che sta alla base di tutto questo.[/quote]

Risposte
fab_mar9093
"killing_buddha":
.....fisico, o di ingegnere, o di economo.... loro devono lavorare il doppio, da una parte apprendere i modelli (e non c'e' altro modo di apprenderli che non astrattamente, perche' e' il metodo, ancorche' lento, piu' efficace e duraturo), e dall'altra applicarli ad un mondo che non e' conoscibile se non attraverso i modelli con cui lo esperiamo e sollecitiamo. Un corso di laurea in fisica dovrebbe durare dieci anni, come minimo, perche' si fa delle domande talmente complicate e raffinate che non esiste un modo per imparare in fretta il linguaggio che le esprime. In fondo perche' medicina ne dura sei? Perche' e' difficile imparare a fare il medico, e la quantita' di cose che un individuo deve imparare e' talmente vasta e ramificata che non e' possibile ridurre il tempo speso ad educarlo senza sacrificare la sua pertinenza futura.

Mi trovo d'accordo sul fatto, almeno per la mia persona, che per apprendere bene un concetto l'unico modo sia sviscerarlo completamente e saper rispondere ad ogni obiezione. Il problema forse, studio ingegneria,
sarebbe chiedere troppo a una grossa fetta di studenti, ma almeno in passato si cercava di fare il più possibile in questo senso.Dopo tutto l'ingegnere e il fisico non devono conoscere tutta la matematica che viene proposta in un corso di
matematica, ma devono applicare lo stesso rigore a quella che studiano.Per rigore intendo aver piena padronanza dell'argomento e non avere lacune, anche banali, nella piramide teorica -cercando di costruirne una autocontenuta anche se un matematico la erigerebbe partendo da un più ricco insieme di nozioni e concetti e potrebbe darle diverse forme, ovvero attingendo anche da altri campi della matematica-. Adesso anche io considero deprecabile l'introdurre un metodo che funziona, ma che non viene giustificato e di cui non si espongono i limiti della validità e le sue 'deficienze' teoriche. Tornando agli infinitesimi, è incredibile la mancanza di coerenza nei corsi di studio -eccetto quello in matematica-: prima ti fanno studiare per bene la teoria di limiti e derivate per poi dirti implicitamente
<>. Non avendo le conoscenze necessarie per rispondermi, vorrei chiedere a voi asperti: l'analisi non standard può giustificare l'uso degli infinitesimi così come si fa in fisica?

killing_buddha
"gugo82":
@k_b: Sì, certo, tutto è Algebra...
A questo punto mi ritiro dalla discussione; ho di meglio da fare, rispetto a continuare a dare testate ad un muro. Byes.

[quote="killing_buddha"][quote="gugo82"]Tra parentesi, mi pare che io sia l'unico ad avere la cortesia di rispondere, dato che la mia domanda è stata evasa con un'altra domanda o, nel migliore dei casi, da considerazioni che non avevano a che fare con essa.

A me non sembra, ma evidentemente non ho visto le domande che hai fatto...[/quote]
E meno male che ho rinunciato a scrivere post chilometrici... :twisted:[/quote]
Non capisco perche' ti nascondi dietro un sofisma. Ti propongo la mia opinione, se non hai voglia di provare a capirla cosa dovrei risponderti? Hai aperto i link che ho cercato? Sai cosa sono quelle cose?
Tu ti lamenti del fatto che ho scritto parecchio, io mi aspettavo una risposta.

Per quanto riguarda le tue domande, intendevo dire che forse non ho risposto citandole in modo ordinato, ma se semplicemente guardassi quel che ho tentato di offrire alla discussione vedresti che ti ho risposto. Non so, questa situazione mi da' la stessa sensazione disagevole dell'aneddoto di Galileo e dei cardinali che si rifiutavano di guardare nel cannocchiale: e' sufficiente osservare, caspita! Oppure se davvero ho torto, dovrebbe essere facile trovare un fatto (non una opinione) che mi contraddica, no? Eppure sei tu che ti ostini a non farlo, mi pare.
0) Potresti sintetizzare tutto in poche frasi?
1) Quanta Matematica "inutile" si produce al giorno d'oggi?
2) perché credi che de Giorgi abbia dimostrato la disuguaglianza isoperimetrica usando la sua definizione di perimetro? Per compiacersi?
3) Oppure, perché Cantor ha inventato la teoria della cardinalità? Per puro diletto?

queste sono le uniche domande che ho trovato: le risposte che ti darei cosi' su due piedi sono
0) Ci ho provato ma non ce l'ho fatta, dato che ho trascritto parole su cui ho ponderato a lungo;
1) la matematica e' anche matematica inutile, nel senso che Hardy dava alla parola. C'e' qualcosa di intrinsecamente vergognoso in questo?
2) Non so cosa sia quella dimostrazione: o mi indichi un luogo dove possa impararla, oppure cambi esempio, decidi tu. Ma non credo che la risposta cambierebbe: a una domanda del tipo "perche' a un certo punto si e' dimostrato che [...]" anche subito ti posso dire che risponderei "beh, di converso dammi una buona ragione per non farlo." La dimostrazione della trascendenza di e ha qualche conseguenza sulla vita delle persone o sull'economia del pianeta? Non credo, a meno di inquietanti effetti farfalla. D'altra parte perche' ci si e' cosi' lungamente impegnati in essa? E per quale motivo stuoli di individui che se canalizzassero le proprie forze probabilmente scoprirebbero la cura per il cancro cercano risposte a domande come "e' davvero possibile scrivere ogni numero come somma di primi?" Semplicemente per onanismo, perche' e' bello e appagante ai limiti del sessuale sapere qualcosa che ieri ignoravi. E' la natura umana, non puoi sfuggire al fatto che tutti gli individui tendono alla speculazione fine a se' stessa, chi con strumenti ingenui, chi con strumenti sofisticati.
3) Credo che maurer abbia gia' risposto: a latere di tutte le altre cose, serviva una teoria che permettesse di dare un senso alla locuzione "questo insieme e' piu grande di quest'altro".

gugo82
@k_b: Sì, certo, tutto è Algebra...
A questo punto mi ritiro dalla discussione; ho di meglio da fare, rispetto a continuare a dare testate ad un muro. Byes.

"killing_buddha":
[quote="gugo82"]Tra parentesi, mi pare che io sia l'unico ad avere la cortesia di rispondere, dato che la mia domanda è stata evasa con un'altra domanda o, nel migliore dei casi, da considerazioni che non avevano a che fare con essa.

A me non sembra, ma evidentemente non ho visto le domande che hai fatto...[/quote]
E meno male che ho rinunciato a scrivere post chilometrici... :twisted:

killing_buddha
"gugo82":
Se non sbaglio, voi due siete Algebristi; io faccio PDE.

Anche lui. Non credere che siano poi cose cosi' diverse, l'algebra e l'analisi. Anzi, Kashiwara e' stato proprio un pioniere della filosofia per cui l'analisi e' nient'altro che algebra fatta da matematici che non sanno l'algebra (ma sanno altre cose, eh, non e' che non sappiano niente: non sanno l'algebra). Completare alla Cauchy uno spazio metrico e' algebra. Fare una derivata, anche (per non parlare di quelle esterne). Uno sviluppo di Taylor, anche. Risolvere una PDE su una varieta', anche. La teoria della misura, anche. L'analisi funzionale, non parliamone, non mi serve nemmeno trovare dei link. Quindi qual e' il tuo punto? Conosci questo libro?

Questa piccola prolusione per dire quanto segue: ci sono cose dell'Analisi che si capiscono meglio e si sanno manipolare meglio se "si ragiona come i fisici", cioè a colpi di infinitesimi e differenziali, rispetto a quando "si ragiona come matematici".

Ce ne sono anche molte di piu' che non e' semplicemente pensabile ridurre a "piccole quantita' manipolate in modo del tutto arbitrario". Finche' uno fa l'ingegnere puo' certo permettersi di ignorare i crismi della sua materia, ma ci sono un sacco di fisici che lavorano con le C*-algebre senza sapere cos'e' una varieta'.

Un fisico (soprattutto uno sperimentale), un ingegnere, un economista devono sapere innanzitutto come manipolare le cose, poi devono sapere la teoria che c'è dietro

Appunto, deve fare TUTTE E DUE le cose! Davvero, non capisco cosa non ti va del mio discorso.

Tra parentesi, mi pare che io sia l'unico ad avere la cortesia di rispondere, dato che la mia domanda è stata evasa con un'altra domanda o, nel migliore dei casi, da considerazioni che non avevano a che fare con essa.

A me non sembra, ma evidentemente non ho visto le domande che hai fatto...

maurer
"gugo82":

Però tra una grande idea/intuizione ed un probabile banco di collaudo, permettetemi di apprezzare di più la prima.

... e credo che non si possa essere che d'accordo con te. Ma il banco di collaudo è necessario, ovviamente, anche alle grandi idee/intuizioni. E serve a mantenere vivo l'interesse per la ricerca. Intendo, a mantenere vivo il fuoco che arde nei giovani matematici: da qualche parte dovrà pur nascere la prossima grande idea/intuizione!

"gugo82":

Tra parentesi, mi pare che io sia l'unico ad avere la cortesia di rispondere, dato che la mia domanda è stata evasa con un'altra domanda o, nel migliore dei casi, da considerazioni che non avevano a che fare con essa.

A quale ti riferisci in particolare?
"gugo82":

Oppure, perché Cantor ha inventato la teoria della cardinalità? Per puro diletto?

Non credo che Cantor volesse risolvere un problema concreto nel senso stretto del termine. Piuttosto, il suo lavoro si colloca nel pieno della crisi dei fondamenti, si accompagna ai tentativi di Frege di fondare sistematicamente l'aritmetica. Il bisogno, in questo caso, mi sembra puramente filosofico e di interesse teorico. Quindi, la mia risposta è "sì", per puro diletto.

Per quanto riguarda la disuguaglianza isoperimetrica, non conosco la definizione di de Giorgi di perimetro (o non l'ho mai chiamata così), quindi non mi esprimo in proposito.

"gugo82":

Date a quest'uomo dei soldi... (cit., che sono sicuro saprai completare).

Il vantaggio incommensurabile di esserti liberato di molti pregiudizi sulle altre persone (che non sanno la Matematica).

Credo non ce ne sia bisogno, di completare. Ho capito perfettamente. E, da dove dedurresti che ho pregiudizi sulle persone che non sanno la Matematica? Alcune delle persone che mi stanno più a cuore e con cui ho condiviso il tetto per tre anni, e con cui continuo a condividere la (parte non matematica della) mia vita, di Matematica non sanno praticamente nulla. Certo che se poi ci spostiamo sul punto di vista professionale, allora non posso far altro che tornare a sottoscrivere quanto ho già detto e ridetto (e che non era una condanna di professioni diverse da quella del matematico puro, ma del modo in cui avviene l'approccio alla materia).

gugo82
Forse proveniamo da campi di ricerca troppo diversi per avere idee simili.
Se non sbaglio, voi due siete Algebristi; io faccio PDE. E non quelle PDE "masturbatorie", su varietà che non si sa bene cosa rappresentino, etc... Ma proprio le vecchie care PDE negli aperti di \(\mathbb{R}^N\), di quelle che vengono fuori da problemi di Fisica Matematica.
Tra l'altro, non uso quasi mai nel mio lavoro tecniche astratte (tipo Analisi Funzionale, o "soft Analysis" che dire si voglia), ma tecniche geometriche.
Quindi per formazione ho dovuto imparare ad avere una ben precisa visione geometrica di quello che faccio (fortunatamente, giacché Calculus replaces thinking; Geometry stimulates it come diceva Steiner).
Tra l'altro, credo sia anche una struttura mentale derivante dalla storia del posto in cui lavoro: non dimentico Caccioppoli, che non curava mai la parte formale dei suoi scritti, in favore di una fruttuosa visione geometrica (che però non fu vista di buon occhio dagli Americani).

Questa piccola prolusione per dire quanto segue: ci sono cose dell'Analisi che si capiscono meglio e si sanno manipolare meglio se "si ragiona come i fisici", cioè a colpi di infinitesimi e differenziali, rispetto a quando "si ragiona come matematici".
Ed è per questo che la Fisica viene ancora insegnata così com'è insegnata e la Matematica è insegnata in modo diverso: questo risponde alla domanda di Leo e di lisdap.
Per essere più preciso, sì è da estremisti ciò che voi volete, perchè non tiene conto della specificità del sapere Fisico/Ingegneristico/Economico rispetto al sapere Matematico. Un fisico (soprattutto uno sperimentale), un ingegnere, un economista devono sapere innanzitutto come manipolare le cose, poi devono sapere la teoria che c'è dietro; per un Matematico il discorso va quasi nel senso opposto (il "quasi" tiene presente quanto ho detto più sopra circa il mio lavoro).

Per quanto riguarda la questione sollevata da Leo sulla matematica inutile, dico quanto segue.
Prova a mettere il tuo naso fuori dai libri, in cui ti viene presentata la teoria "cristallizzata" nel suo stato attuale; prova ad aprire un giornale di ricerca in qualsiasi campo, e vedi cosa c'è scritto. Vedrai che il 75% della roba è assolutamente "inutile" (nel senso che non sopravviverà più di 5-7 anni dalla pubblicazione; come i miei articoli eh...), perché non c'è nessuna idea che può essere il seme per un importante sviluppo futuro e tutto si riduce ad un fatto tecnico abbastanza insulso.
Ciò non toglie che anche il fatto tecnico sia importante per la Matematica, perché può mostrare che alcuni risultati sono possibili e fornire così dei banchi di prova per la Matematica futura...
Però tra una grande idea/intuizione ed un probabile banco di collaudo, permettetemi di apprezzare di più la prima.

Tra parentesi, mi pare che io sia l'unico ad avere la cortesia di rispondere, dato che la mia domanda è stata evasa con un'altra domanda o, nel migliore dei casi, da considerazioni che non avevano a che fare con essa.

"maurer":
E poi, dimmi, che vantaggi avrò tra 10 anni dal fatto di aver provato a spiegare a mia nonna che cosa studio?

Date a quest'uomo dei soldi... (cit., che sono sicuro saprai completare).

Il vantaggio incommensurabile di esserti liberato di molti pregiudizi sulle altre persone (che non sanno la Matematica).

maurer
"killing_buddha":
Ussignur, :D avere un amico nietzschiano e non saperlo...

:-D Trovo alcune parti in particolare di quella filosofia particolarmente adatta a me! In particolare, lo Zarathustra è fonte di costante ispirazione...

"killing_buddha":
Gia' mi aspetto che mauro commentI: "un algoritmo per risolvere il problema della fame nel mondo che ha una falla logica andrebbe rifiutato!" :D io non arrivo a questo.

Non dipingermi come un mostro! :D Non direi di non usarlo, se funziona. Ma non avrebbe certo piena dignità ai miei occhi fintanto che non sia sicuro che non cessi di funzionare.

"killing_buddha":
E' come se con le quattro note in croce che io so suonare pretendessi di interpretare Rachmaninov: non e' solo per evitare figuracce che evito di millantare conoscenze che non possiedo, quanto piu per una innata tendenza a non parlare MAI di qualcosa che non so: alla luce di questo, quando vedo gente arrivata ai massimi livelli dell'insegnamento e della ricerca, che chiama "topologia banale" la topologia euclidea di R (e che ha difficolta' a concepire che esistano molte topologie diverse su uno stesso insieme) semplicemente mi in****: adesso, senza falsa modestia, vi rendete conto? Dove pretendete di andare? Quale mondo pretendete di descrivere finche' vi manca questo?

Approvo e sottoscrivo due volte. Il problema non sono gli applicati in sé (ci mancherebbe), il problema sono gli applicati che usano strumenti che non padroneggiano, gli applicati che insegnano ad altri applicati gli stessi strumenti che non padroneggiano e gli studenti che non si rendono conto di questo e che non hanno la forza di ribellarvisi.

killing_buddha
Ussignur, :D avere un amico nietzschiano e non saperlo...

Le cose sono un po' piu' complicate, personalmente concordo nella forma ma e' innegabile che le cose vadano un po' diversamente nei fatti.
Ma non divaghiamo: Molti fisici vogliono parlare di pannelli solari invece che di varieta' di Calabi Yau, e personalmente li lascio fare. Al mondo mica servono solo i matematici puri. Quel di cui mi preoccupo io sono quei fisici che pretendono di parlare di varieta' di Calabi-Yau, senza sapere che una varieta' di dimensione pari non e' per forza dotata di una struttura complessa. Sono piu di quanti immaginate.

E per il resto, non pretendo che un fisico padroneggi i misteri della teoria delle categorie o della geometria algebrica; a molti queste cose non interessano. Ma perlomeno se fai teoria delle stringhe, dato che piu passa il tempo piu' diventa evidente che e' quella la matematica che serve, potente e generale com'e', abbi la presenza di spirito di ammettere che va studiata, non si puo' pretendere di arrivare sulla scena, leggere quattro cazzatine scritte male da un fisico che a sua volta le conosce di seconda, o terza, o quarta mano, e pretendere di poterle usare criticamente.
Ex falso quodlibet, anche in Fisica, non e' che solo perche' riusciamo a sparare neutrini su Giove o curare il raffreddore possiamo smettere di opinare sulla correttezza formale delle deduzioni che ci hanno portato a queste conquiste intellettuali. (Gia' mi aspetto che mauro commentI: "un algoritmo per risolvere il problema della fame nel mondo che ha una falla logica andrebbe rifiutato!" :D io non arrivo a questo. Mi limito a dire che quando non abbiamo alle spalle gli esperimenti -e da molto tempo, e' un fatto che non li abbiamo!- bisogna appellarsi all'unico principio per cui la matematica funziona, altrimenti cade tutta la baracca. Una "dimostrazione" per i fisici consiste nel fare conti noiosi, o nel notare una particolarita' del modello che nessuno aveva ancora visto. Per un matematico e' diverso, egli deve creare dal nulla qualcosa che prima non c'era; sulla base di questo egli deve appellarsi al principio di coerenza logica, soprattuttoperche' come ho gia' detto ex falso quodlibet: se si dimostra qualcosa con delle inferenze sbagliate, semplicemente non si puo' affermare nulla sulla verita' della tesi.)
E' come se con le quattro note in croce che io so suonare pretendessi di interpretare Rachmaninov: non e' solo per evitare figuracce che evito di millantare conoscenze che non possiedo, quanto piu per una innata tendenza a non parlare MAI di qualcosa che non so: alla luce di questo, quando vedo gente arrivata ai massimi livelli dell'insegnamento e della ricerca, che chiama "topologia banale" la topologia euclidea di R (e che ha difficolta' a concepire che esistano molte topologie diverse su uno stesso insieme) semplicemente mi in****: adesso, senza falsa modestia, vi rendete conto? Dove pretendete di andare? Quale mondo pretendete di descrivere finche' vi manca questo?

maurer
"apatriarca":
Nonostante sia in generale d'accordo che nell'insegnamento della fisica si potrebbe fare uso di concetti matematici più rigorosi e meglio definiti, ci si scontra contro un'organizzazione dei corsi universitari infelice, in cui il primo corso di fisica spesso precede o è contemporaneo, all'insegnamento dell'analisi. Lo scopo del corso di fisica è quello di insegnare la fisica e non può permettersi di spiegare anche l'analisi. I concetti intuitivi come quello di infinitesimo sono quindi forse poco rigorosi, ma sono utili in mancanza di una sufficiente maturità matematica. E non dobbiamo dimenticarci che questi concetti sono stati alla base dell'analisi matematica e sono stati usati per dimostrare teoremi e risolvere problemi abbastanza importanti e difficili per almeno un paio di secoli. Esiste inoltre un'analisi non standard basata su una definizione rigorosa di tali concetti. Sarebbe certamente meglio se si potesse studiare la fisica dopo i primi corsi di analisi (e se i professori dei corsi di fisica ne sfruttassero i risultati) e se si facesse uso di concetti matematici e ragionamenti più rigorosi, ma non credo che questi concetti intuitivi siano da demonizzare del tutto.

Scusa, ma tu stai dicendo forse che "siccome non possiamo avere il meglio, possiamo accontentarci del meno peggio"???! Ecco, questo è per me un atteggiamento da demonizzare. Come il fatto di prendere un 25 ad un esame ed accettare. Io personalmente rifiuto per principio ogni voto inferiore a 30 (con un'unica eccezione, che è il mio 29 di Fisica 2; e le motivazioni sono molteplici; prima fra tutte è che se avessi dovuto ristudiarlo seriamente, mi ci sarebbero voluti 4 anni per sistemare la matematica sottostante; e non avevo interesse a ritardare la mia laurea per questo motivo, tanto più che sapevo che la matematica necessaria l'avrei studiata comunque). E' una questione di orgoglio intellettuale e trovo profondamente ed assolutamente sbagliato insegnare ad "accontentarsi di quel che si ha". L'arroganza e la sete inesauribile di conoscenza di nuove cose sono due dei tratti più caratteristici del mio profilo intellettuale. Non potrei mai accontentarmi del mio stato attuale, qualunque esso sia. Il mio maestro, da questo punto di vista, è stato il grande Faust di Goethe. La lotta contro la mediocrità, la battaglia per innalzare il livello medio, è un compito a cui tutti siamo chiamati a partecipare. Non possiamo di certo lasciare che l'umanità perseveri nei propri errori! Noi abbiamo l'obbligo morale a cambiare lo status quo delle cose, questo è un imperativo categorico nel senso kantiano. L'umanità deve trascendere se stessa, proprio come insegna Zarathustra e noi, la generazione attuale, abbiamo il compito di aiutarla in questa grande impresa (@Leonardo89: questa è la grande impresa della nostra generazione, in contrapposizione alla mia piccola impresa su questo forum).

"apatriarca":
E' comunque importante ricordare che è la matematica ad essere al servizio della fisica e non il contrario. Una certa legge fisica è vera non perché sia coerente con un qualche modello, ma perché è vera e basta. E' il modello che si deve adattare alla realtà e non il contrario. Se il nostro modello prevedesse una qualche legge e se ne dimostrasse la falsità, il modello sarebbe sbagliato (ma non vuol dire che non possa essere utilizzato in alcuni casi come buona approssimazione) e non avrebbero alcuna importanza il rigore e la correttezza con la quale quel risultato era stato dimostrato (a patto che si trattasse effettivamente di una dimostrazione). Quando studiamo la fisica non dobbiamo mai dimenticarci che il modello ha il solo scopo di permetterci di ragionare sulla realtà e fino ad un certo punto di prevederla, non è l'oggetto dello studio.

La prima frase è vera solo dal punto di vista di chi studia fisica, ovviamente. Dal mio punto di vista la matematica è indipendente, ha solo qualche piccolo debito di riconoscenza nei confronti dell'esperienza sensibile che ha dato il primissimo input, dopodiché si è sviluppata ed auto-sostenuta. Io non percepisco la matematica come uno strumento, la studio e mi piace in quanto astratta e ci dedico del tempo per il mio diletto personale: provo un perverso piacere a vedere come costruzioni complicate si aggreghino insieme con un'eleganza incredibile dando luogo ad una vera opera d'arte.
L'ho già scritto: dal mio punto di vista la matematica è molto più vicina ad una materia umanistica che non ad una materia scientifica. Non la reputo una scienza; la colloco, in realtà, esattamente al confine tra scientifico ed umanistico. Dalla scienza prende una caratteristica particolarmente piacevole: se due matematici non sono d'accordo, almeno uno dei due sta sbagliando. Dalla sfera umanistica prende la meraviglia della libertà di creazione: non siamo vincolati a descrivere un mondo, non siamo obbligati a dover fare qualcosa per un rendiconto; possiamo dimenticarci di tutto e provare il piacere di dire una cosa e poterne sostenere la validità su basi puramente estetiche.

Infine, rivolgendomi in particolare a Gugo:

"gugo82":

[quote="maurer"]E' chiaro che io (e credo anche killing_buddha) propongo una visione della matematica assoluta ed avulsa dalla realtà. Come ho già scritto, "la Matematica E', tutto il resto vi si adegua". E questo non è solo il nocciolo della mia visione della Matematica, ma è al fondo del mio modo stesso di rapportarmi con il mondo reale.


Ma questa è una visione aberrante della Matematica, e non sta né in cielo né in terra.
[/quote]
Intanto, ti chiederei di rispettare la mia opinione. Non mi sembra di aver cercato di denigrare le opinioni altrui; ho solo esposto il mio modo di vedere le cose e, siccome si tratta di una posizione raggiunta con anni di meditazioni, ho cercato di esporre anche le principali motivazioni a supporto delle mie idee. Ma non ho condannato le opinioni altrui.

Vorrei sentire la tua risposta alle domande di Leonardo89 e di killing_buddha

"Leonardo89":

Quindi secondo te non esistono parti della matematica che si sono sviluppate unicamente con motivazioni teoriche, solo per migliorare l'infrastruttura teorica della materia?
E se esistono, secondo te sono inutili? Non contribuiscono, invece, al progresso generale dell'intera Matematica?

"killing_buddha":

[quote="gugo82"]Anche la parte più astratta della Matematica nasce da problemi concreti, ed ha sempre a che fare, e si deve misurare sempre con quei problemi.


Io penso sia piu' corretto dire che la matematica nasce sempre da problemi concreti, ma la matematica pura nasce da problemi posti dalla matematica stessa, e quella applicata da problemi posti dal mondo sensibile. Questa semplificazione ovviamente contiene delle imprecisioni epistemologiche piuttosto ingenue, ma per il momento non preoccupiamocene. Il punto e': a cosa "serve" nel senso stretto del termine UTF?[/quote]
E, tra parentesi, sottoscrivo quanto detto da killing_buddha, anche se mi sembra di aver già espresso questo mio pensiero prima (ossia che la matematica ha un input dall'esperibile, ma che poi se ne rende completamente autonoma).

E ti chiedo io: perché Gauss faceva teoria dei numeri?

Personalmente, mi ritrovo nelle parole di Aner Shalev:

"Aner Shalev":

Mi piace [...] la libertà della matematica. Se studi fisica o chimica devi descrivere il mondo reale. Ma in matematica puoi costruire le tue strutture. Puoi camminare in mondi creati dall'immaginazione delle persone. Non sei legato al mondo reale. È come essere Dio in un certo senso. Puoi creare mondi, e studiarli. Credo sia per una combinazione della bellezza, dell'immaginazione e della libertà.

Per concludere:
"gugo82":

Permettimi di notare lo iato tra le due frasi il rigore è al primo posto. Soprattutto se il mio interlocutore non è matematico e io non provo nemmeno a spiegare cosa studio a mia nonna. Non sono minimamente interessato a sprecare il mio tempo con chi non può e non vuole capire.
Denotano un tuo limite che si riflette nel modo in cui pensi la Matematica.
Faresti meglio a parlare un po' con altri di quello che fai, anche coi tuoi nonni (tu che ancora puoi): ti aprirà di più la mente di quanto non lo faccia la lettura dei librazzi sulla QMT citati in precedenza.

Ho volutamente esagerato quanto ho scritto, come killing_buddha ha osservato:
"killing_buddha":

Io che ti conosco non ce lo vedrei mai, ma rischi di venire attaccato per questa affermazione. ;)

Tuttavia, non ho intenzione di rimangiarmi completamente quello che ho scritto. Non trovo giusto perdere del tempo a volgarizzare quello che faccio, perché finirei comunque per privarlo del suo vero significato. E' come se per spiegare ad una persona le regole del calcio, tu dicessi "si gioca su un campo rettangolare". Non c'è dubbio che questa parte verrebbe compresa, ma quanti altri giochi si fanno su un campo rettangolare?

E poi, dimmi, che vantaggi avrò tra 10 anni dal fatto di aver provato a spiegare a mia nonna che cosa studio? Secondo me nessuno, mentre se impiego quel tempo a fare esercizi di algebra commutativa, probabilmente me ne sarò grato.

apatriarca
Nonostante sia in generale d'accordo che nell'insegnamento della fisica si potrebbe fare uso di concetti matematici più rigorosi e meglio definiti, ci si scontra contro un'organizzazione dei corsi universitari infelice, in cui il primo corso di fisica spesso precede o è contemporaneo, all'insegnamento dell'analisi. Lo scopo del corso di fisica è quello di insegnare la fisica e non può permettersi di spiegare anche l'analisi. I concetti intuitivi come quello di infinitesimo sono quindi forse poco rigorosi, ma sono utili in mancanza di una sufficiente maturità matematica. E non dobbiamo dimenticarci che questi concetti sono stati alla base dell'analisi matematica e sono stati usati per dimostrare teoremi e risolvere problemi abbastanza importanti e difficili per almeno un paio di secoli. Esiste inoltre un'analisi non standard basata su una definizione rigorosa di tali concetti. Sarebbe certamente meglio se si potesse studiare la fisica dopo i primi corsi di analisi (e se i professori dei corsi di fisica ne sfruttassero i risultati) e se si facesse uso di concetti matematici e ragionamenti più rigorosi, ma non credo che questi concetti intuitivi siano da demonizzare del tutto.

E' comunque importante ricordare che è la matematica ad essere al servizio della fisica e non il contrario. Una certa legge fisica è vera non perché sia coerente con un qualche modello, ma perché è vera e basta. E' il modello che si deve adattare alla realtà e non il contrario. Se il nostro modello prevedesse una qualche legge e se ne dimostrasse la falsità, il modello sarebbe sbagliato (ma non vuol dire che non possa essere utilizzato in alcuni casi come buona approssimazione) e non avrebbero alcuna importanza il rigore e la correttezza con la quale quel risultato era stato dimostrato (a patto che si trattasse effettivamente di una dimostrazione). Quando studiamo la fisica non dobbiamo mai dimenticarci che il modello ha il solo scopo di permetterci di ragionare sulla realtà e fino ad un certo punto di prevederla, non è l'oggetto dello studio.

killing_buddha
"anonymous_af8479":
Dico la mia. Non ho letto tutto. Ma questa affermazione mi ha colpito :

"La matematica per un fisico e' fatta di attrezzi, mentre per un matematico e' fatta di concetti (anzi, con Poincare', di legami logici tra concetti); col che, quando un fisico deve pensare ad una varieta' differenziabile astratta, fa fatica a slegarsi dalla nozione di un lenzuolo immerso in R3 , e quando deve pensare a uno spazio vettoriale fa fatica a pensare a qualcosa di diverso da frecce inchiodate all'origine di una terna di assi cartesiani. Questi due handicap gli impediscono di cogliere nella loro vera natura i due concetti di maggior peso nascosti nella Geometria Differenziale, l'idea di spazio tangente e l'idea stessa di varieta'."

Beh, che dire, quasi quasi mi verrebbe voglia di sfidare killing_buddha a singolar tenzone ... :D

:) Non parlo in generale. Soprattutto non della tua generazione. Ci sono persone che sicuramente smentiscono questa affermazione, e ce ne sono certamente anche senza andare a cercare una Fields. D'altra parte per far capire cosa intendo devo essere leggermente politically uncorrect; e non voleva nemmeno essere una provocazione, a me dispiace profondamente l'ignoranza che vedo, mi rivedo in tutte le facce spaesate che vorrebbero solo avere la definizione corretta di tensore. Quel che mi fa strano e' che non si sia capito che io non parlo a tutti, gente che non soffre pur sguazzando nell'ignoranza popola il mondo da millenni, e gente che semplicemente non prova piacere nella Mathematics for mathematics' sake ne esiste e ne esistera' sempre, per fortuna. Quello che provo a denunciare e' il fatto che chi vuole di piu' non puo' averlo perche' deve adeguarsi a) ad essere educato da fisici che non sanno la matematica b) alle peregrine richieste mondane cui ogni fisico e' soggetto, in una percentuale che e' vergognosamente a favore della pratica sulla teoria.
Trovo che sia oltraggioso verso l'intelligenza degli studenti piu versati e dotati, costringerli ad adeguarsi allo status quo che pretende che non ci sia tempo per insegnare bene la Matematica, tutto qui. E' un punto di vista forse poco condivisibile, ma non potete trovarlo oltremondano: la matematica necessita di tempo e di metodo per essere appresa, altrimenti si impara il russo senza saper leggere il cirillico.

Non insisto, ma vi chiedo di prendervi del tempo per leggere tutto quel che ho scritto; e' la summa sia delle mie opinioni sulla faccenda, sia delle domande esistenziali che mi porto dietro in merito, e giocoforza continuerei a dire le stesse cose, sia nel tono che nella quantita' di parole...

Anche la parte più astratta della Matematica nasce da problemi concreti, ed ha sempre a che fare, e si deve misurare sempre con quei problemi.

Io penso sia piu' corretto dire che la matematica nasce sempre da problemi concreti, ma la matematica pura nasce da problemi posti dalla matematica stessa, e quella applicata da problemi posti dal mondo sensibile. Questa semplificazione ovviamente contiene delle imprecisioni epistemologiche piuttosto ingenue, ma per il momento non preoccupiamocene. Il punto e': a cosa "serve" nel senso stretto del termine UTF?
a due ragazzi (quali credo che maurer e k_b siano)

Beh, oddio, avro' al massimo tre anni meno di te; e non capisco quale sia il punto, anche se tu hai scritto meno... Il mio semplicemente e': quelli che si possono permettere di ciarlare a vanvera su argomenti che ignorano nella loro intima essenza solitamente sono i filosofi. I matematici anche quando divulgano devono avere una profondissima pertinenza tecnica e una visione interiore delle cose che si rifa' ad un rigore assoluto. Altrimenti spiegami perche' le truppe dei migliori divulgatori non sono fatte da quel sostrato di studenti mediocri che hanno arrancato verso la laurea, ma da quella che e' l'elite anche tra noi. Spiegami perche' la migliore esposizione divulgativa di una teoria e' figlia della persona che l'ha inventata, e non dell'ultimo dei pivelli che l'ha sentita ripetere in treno mentre tornava dal lavoro.
La mia opinione personale e' che la divulgazione sia affetta (come del resto tutti gli altri atti comunicativi) dal problema che non e' possibile dire tutto; bisogna scegliere cosa vale la pena di dire, e su cosa vale la pena di sorvolare, per evitare di perdersi in dettagli inutili, o per evitare di far perdere l'idea di fondo all'interlocutore; e d'altra parte questa maneggevolezz artistica e' possibile averla solo se si possiede fino alle parti piu' intime e segrete il nocciolo duro, assiomatico, della materia che si va ad esporre. Questo nocciolo non deve (non puo') essere comunicato all'interlocutore semplicemente perche' e' la parte ineffabile del processo conoscitivo. Ma una persona che non ce l'ha, una persona che non sa dire a se' stessa "io in ogni momento so cosa sto facendo", semplicemente non ha i requisiti minimi per divulgare.

Sara' una visione cinica della cosa, ma certo non piu' della tua che vedi il rigore come un modo per difendere il proprio spazio vitale (e non hai nemmeno torto, eh!), ma io credo che a fianco di questo problema ci sia anche quello della divulgazione "coatta". Certa matematica (quasi tutta, in effetti) semplicemente non puo, e soprattutto non dovrebbe essere divulgata, perche' e' strutturalmente complicata, e semplificarla troppo la snaturerebbe a tal punto che alla fine staremmo raccontando altro, magari (e questo e' pericolosissimo) senza nemmeno accorgerci che abbiamo cambiato le virgole sbagliate. Ecco: divulgare consiste nel cambiare le virgole giuste, il minimo indispensabile a non esordire gia' dalla prima frase con parole che per l'interlocutore non significano niente. Un libro divulgativo davvero onesto dovrebbe dire: state attenti, queste sono le idee di partenza, poi l'unico modo sensato di imparare e' mettersi a leggere un libro che parla davvero di queste cose, partendo dall'inizio e raccontando cose leggermente piu' profonde della storia della formica sul tubo di gomma. D'altra parte chi comprerebbe un libro che dice, sostanzialmente: "io ho provato a spiegarti delle cose difficili, ma tu non sai una sega. Se vuoi ovviare a questo problema c'e' da faticare."? Nessuno vuole ne' essere chiamato ignorante ne' (mai sia in cielo e in terra!) messo davanti all'evidenza che non esiste un modo facile di imparare una cosa difficile.

Mettendo le cose giù dure come proponete tu e k_b, la Fisica passerebbe in secondo piano, l'Ingegneria in terzo piano e l'Economia sul tetto... Insomma, non si arriverebbe mai a toccare nulla di concreto.

questo e' il punto! Secondo me la professione di fisico, o di ingegnere, o di economo, e' decisamente piu' difficile di quella del matematico. Proprio perche' loro devono lavorare il doppio, da una parte apprendere i modelli (e non c'e' altro modo di apprenderli che non astrattamente, perche' e' il metodo, ancorche' lento, piu' efficace e duraturo), e dall'altra applicarli ad un mondo che non e' conoscibile se non attraverso i modelli con cui lo esperiamo e sollecitiamo. Un corso di laurea in fisica dovrebbe durare dieci anni, come minimo, perche' si fa delle domande talmente complicate e raffinate che non esiste un modo per imparare in fretta il linguaggio che le esprime. In fondo perche' medicina ne dura sei? Perche' e' difficile imparare a fare il medico, e la quantita' di cose che un individuo deve imparare e' talmente vasta e ramificata che non e' possibile ridurre il tempo speso ad educarlo senza sacrificare la sua pertinenza futura.

Sk_Anonymous
"Leonardo89":

E' da estremisti chiedere una riorganizzazione dei programmi degli esami di fisica 1 e 2, anche per gli ingegneri, al fine di eliminare il concetto errato di infinitesimo e di spiegare tutto come andrebbe spiegato? Anche a costo di non dimostrare molte cose agli aspiranti ingegneri e fisici, se necessario, e lasciando le dimostrazioni complete, in caso, per i matematici.


Ci ho pensato anch'io mille volte. Mi fa piacere leggere che ci sono altre persone che pensano ciò.

Leonardo891
"gugo82":
Quanta Matematica "inutile" si produce al giorno d'oggi?
Troppa.
Ed in parte ciò è colpa di com'è strutturata la valutazione del mondo accademico.

Non riesco a capire esattamente cosa intendi: potresti fare degli esempi concreti di matematica che ritieni inutile?

"gugo82":
E c'è chi approfitta di questo per far credere agli altri che il rigore assoluto sia l'unico valore della Matematica e l'unico modo in cui la Matematica si comunica.
Beh, non è così. E non lo dico io, ma un burbakista come J.-P. Serre (cfr. qui, pag. 13 -6 del pdf-, seconda colonna in alto; ma tutta l'intervista offre spunti oltremodo interessanti).

Il rigore estremo serve solo a delimitare il "proprio territorio", un po' come la pipì per i cani.
Detto altrimenti, il linguaggio eccessivamente formalizzato è per iniziati, è oscuro a chi non lo conosce, e perciò serve a comunicare cose solo ad una cerchia ristrettissima di persone.

Lasciamo un attimo da parte il rigore estremo e consideriamo come viene spiegata la fisica ai matematica e non solo: si fa un ricorso costante agli infinitesimi, nozione che si è ormai dimostrata errata, sbagliata, senza alcun senso logico.
E' da estremisti chiedere una riorganizzazione dei programmi degli esami di fisica 1 e 2, anche per gli ingegneri, al fine di eliminare il concetto errato di infinitesimo e di spiegare tutto come andrebbe spiegato? Anche a costo di non dimostrare molte cose agli aspiranti ingegneri e fisici, se necessario, e lasciando le dimostrazioni complete, in caso, per i matematici.

"gugo82":
La Matematica la facciamo solo perché ci serve a qualcosa di concreto; è da sempre così, e sarà sempre così.
Se prima la Matematica serviva unicamente per sapere come misurare e dividere le cose/il tempo, oggi serve a spiegare altri tipi di fenomeni oppure a divertire gli animi curiosi.
Anche la parte più astratta della Matematica nasce da problemi concreti, ed ha sempre a che fare, e si deve misurare sempre con quei problemi.
Ad esempio, perché credi che de Giorgi abbia dimostrato la disuguaglianza isoperimetrica usando la sua definizione di perimetro? Per compiacersi?
Oppure, perché Cantor ha inventato la teoria della cardinalità? Per puro diletto?

Quindi secondo te non esistono parti della matematica che si sono sviluppate unicamente con motivazioni teoriche, solo per migliorare l'infrastruttura teorica della materia?
E se esistono, secondo te sono inutili? Non contribuiscono, invece, al progresso generale dell'intera Matematica?
Anche io concordo sul fatto che il fine ultimo della matematica è quello di risolvere problemi concreti, ma è un fine molto ultimo, talmente ultimo che quasi non si vede o, almeno, non si vede adesso.

Inoltre, Gugo, sei sicuro di avere una visione bilanciata della matematica? Tu stesso hai ammesso, riguardo la parte algebrica, di conoscere unicamente il contenuto del corso di algebra del primo anno...
Obiettivamente (e senza alcuna offesa, in pura tranquillità) ogni laureato in matematica ha, di conseguenza, una conoscenza dell'analisi superiore a quella che tu hai dell'algebra, stando ai programmi attuali.

Studente Anonimo
Studente Anonimo
Dico la mia. Non ho letto tutto. Ma questa affermazione mi ha colpito :

"La matematica per un fisico e' fatta di attrezzi, mentre per un matematico e' fatta di concetti (anzi, con Poincare', di legami logici tra concetti); col che, quando un fisico deve pensare ad una varieta' differenziabile astratta, fa fatica a slegarsi dalla nozione di un lenzuolo immerso in R3 , e quando deve pensare a uno spazio vettoriale fa fatica a pensare a qualcosa di diverso da frecce inchiodate all'origine di una terna di assi cartesiani. Questi due handicap gli impediscono di cogliere nella loro vera natura i due concetti di maggior peso nascosti nella Geometria Differenziale, l'idea di spazio tangente e l'idea stessa di varieta'."

Beh, che dire, quasi quasi mi verrebbe voglia di sfidare killing_buddha a singolar tenzone ... :D

apatriarca
Vorrei principalmente aggiungere la mia voce a quella di gugo in questo post. Nella scienza, la matematica è principalmente uno strumento e non deve essere confusa con l'oggetto di studio. Per questo motivo, l'uso che se ne fa deve essere necessariamente diverso. L'importanza stessa di alcune definizioni e alcuni teoremi cambia.

Lo scopo di un modello matematico nelle scienze è, a mio parere, quello di spiegare in modo semplice, elegante e sintetico un qualche fenomeno reale. Un buon modello deve permettere di dare un senso ai dati che si possiedono e contemporaneamente permettere allo scienziato di fare ipotesi ulteriori su quella che potrebbe essere la realtà fisica. Dovrebbe inoltre permettere di calcolare il risultato di un esperimento prima di metterlo in pratica. Ovviamente non tutte i modelli scientifici hanno tutte queste proprietà, ma credo che questo sia un buon ideale a cui tendere.

E' quindi evidente come l'intuizione dietro ai diversi concetti matematici sia molto più importante del rigore e della correttezza formale in questo caso. Come potrebbe fare uno scienziato a prevedere nuovi risultati se non è in grado di comprendere fino in fondo le implicazioni di una qualche formula o di un qualche oggetto matematico? Che senso avrebbe spiegare ad un fisico che l'orientamento può essere definito usando l'omologia su varietà topologiche più generali quando quasi tutte le funzioni (e quindi le varietà) incontrate in pratica sono \(C^\infty\) e/o immerse in \(\mathbb R^3\)?

Teorie come quelle elencate in questa discussione sono più che altro esercizi logici, non avendo in pratica nessuna delle proprietà che ho elencato per un buon modello matematico. Si tratta infatti di teorie incredibilmente complicate, completamente formali e prive di qualsiasi aspetto intuitivo. Non forniscono alcun nuovo strumento di calcolo (complicando solo quelli già esistenti) e non forniscono grosse opportunità di manipolazione. Non è decisamente questa la strada da seguire per arrivare ad una proficua collaborazione tra le discipline.

Passando poi all'altro discorso, quello della presentazione della matematica, credo che nonostante il rigore sia imprescindibile nella presentazione di una dimostrazione o di un qualche risultato teorico, l'intuizione non è meno importante. Se c'è una cosa che mi annoia, insieme ad una serie di calcoli, è proprio una dimostrazione puramente formale, senza alcuna spiegazione ulteriore sulle motivazioni che hanno portato l'autore a seguire una certa strada o a dimostrare un qualche lemma o definire un qualche oggetto. E' come un romanzo in cui vengono solo descritti gli avvenimenti, uno dopo l'altro, senza sentimento o emozioni. Senza spiegazioni o descrizioni ulteriori. La storia in esso contenuta potrebbe essere interessante, ma la sua lettura non credo sarebbe molto piacevole. E ancor più importante è secondo me l'aspetto intuitivo nella didattica della matematica. Uno studente ha secondo me il diritto di comprendere le motivazioni, la storia e le idee intuitive che hanno portato a certi concetti astratti.

gugo82
@killing_buddha: Perdonami, ma fatico a leggere post eccessivamente lunghi. Ci si perde e non si capisce dove vuoi andare a parare.
Potresti sintetizzare tutto in poche frasi?

Inoltre:
"killing_buddha":
Forse Dirac e Heisenberg si sono seduti alla loro scrivania e hanno detto, vabbe', dai, si vede, se io metto una massa qui, l'atomo fa cosi', se io ne metto una li', fa cosa'? Faccio fatica a pensarla "sperimentale", la meccanica quantistica; faccio molta meno fatica a credere che la materia sia stata compresa solo grazie al fatto che alle sue spalle esistevano, da circa un secolo, l'analisi funzionale e la teoria delle distribuzioni, l'algebra lineare in dimensione infinita, la geometria proiettiva affrontata da un punto di vista algebrico e una visione nuova e piu' potente della branca della Matematica che importa alla Fisica, ossia l'Algebra e la Geometria.

Probabilmente, anzi quasi certamente, sì hanno fatto proprio così.

Mi preme notare che anche la ricostruzione storica della faccenda è un po' distorta.
Infatti, l'Analisi Funzionale è nata (formalmente) nel primo '900.
Per farla breve, i contributi fondamentali per la nascita dell'A.F. sono quelli di tre scuole: quella tedesca (facente capo a D. Hilbert), quella francese (facente capo a G. Frechét) e quella italiana (G. Ascoli, C. Arzelà, L. Tonelli); altri contributi, non meno importanti, vennero da studiosi non organici a questi gruppi, ma in contatto con essi (penso a F. Riesz, E. H. Moore, I. Fredholm e la scuola polacca). Però ognuna di queste tre scuole lavorava su argomenti propri e con metodi propri; tali metodi vennero fusi in quel grosso calderone che è la moderna Analisi Funzionale, grossomodo, da Banach nel suo trattato Théorie des opérations linéaires nel 1932.

Invece, il Principles of Quantum Mechanics di Dirac è del 1930.

Infine, il Théorie des distributions di Schwarz è del 1950.

@maurer:
"maurer":
[quote="killing_buddha"]
[quote="gugo82"]Spiegare qualcosa in termini comprensibili non è facile, affatto.

Sottoscrivo col sangue! Non c'e' niente di piu' difficile e sottovalutato della divulgazione. Ma qui non si parla di questo; qui stiamo discutendo (spero amichevolmente) a proposito di questo fatto: puo' la fisica pretendere di fare delle affermazioni sensate senza avere dalla sua una conoscenza della Matematica almeno pari a quella che ha un Matematico? [/quote]

"speculor":

@killing_buddha
Immagino che tu non stia divulgando. Altrimenti, non si comprenderebbe l'assenza di sintesi. Ma allora, se intendi rivolgerti agli "addetti ai lavori", molto di ciò che dici non risulta affatto originale. Al di là del contenuto, che si può anche condividere, perchè tutte quelle parole inutili? La mia non vuole essere una provocazione. Il fatto è che, arrivato a leggere la metà del tuo ultimo messaggio, non ne potevo veramente più. Scusami ma, questa è stata la mia esperienza.


Credo si stia dimenticando un punto fondamentale: non si può semplificare con l'espressione "addetti ai lavori" quello di cui stiamo discutendo. Stiamo parlando di come i fisici debbano conoscere la matematica e, conseguentemente, come deve essere insegnata loro. L'espressione "addetti ai lavori" è riservata, dal mio punto di vista, ad una discussione completamente alla pari, tra persone dello stesso livello. Qui si sta confondendo, dal mio punto di vista, l'atto divulgativo con l'atto didattico.
[/quote]
Secondo me perdete di vista un punto importante della faccenda: chi vuole studiare Fisica/Ingegneria/Economia, vuole studiare Fisica/Ingegneria/Economia (appunto!) e non Matematica.
Mettendo le cose giù dure come proponete tu e k_b, la Fisica passerebbe in secondo piano, l'Ingegneria in terzo piano e l'Economia sul tetto... Insomma, non si arriverebbe mai a toccare nulla di concreto.

"maurer":
[quote="gugo82"]
Per difendere il proprio spazio di pubblicazione, vorrai dire...

Non mi è chiaro cosa intendi dire e vorrei chiarimenti.[/quote]
Quanta Matematica "inutile" si produce al giorno d'oggi?
Troppa.
Ed in parte ciò è colpa di com'è strutturata la valutazione del mondo accademico.

E c'è chi approfitta di questo per far credere agli altri che il rigore assoluto sia l'unico valore della Matematica e l'unico modo in cui la Matematica si comunica.
Beh, non è così. E non lo dico io, ma un burbakista come J.-P. Serre (cfr. qui, pag. 13 -6 del pdf-, seconda colonna in alto; ma tutta l'intervista offre spunti oltremodo interessanti).

Il rigore estremo serve solo a delimitare il "proprio territorio", un po' come la pipì per i cani.
Detto altrimenti, il linguaggio eccessivamente formalizzato è per iniziati, è oscuro a chi non lo conosce, e perciò serve a comunicare cose solo ad una cerchia ristrettissima di persone.

"maurer":
E' chiaro che io (e credo anche killing_buddha) propongo una visione della matematica assoluta ed avulsa dalla realtà. Come ho già scritto, "la Matematica E', tutto il resto vi si adegua". E questo non è solo il nocciolo della mia visione della Matematica, ma è al fondo del mio modo stesso di rapportarmi con il mondo reale.

Ma questa è una visione aberrante della Matematica, e non sta né in cielo né in terra.

La Matematica la facciamo solo perché ci serve a qualcosa di concreto; è da sempre così, e sarà sempre così.
Se prima la Matematica serviva unicamente per sapere come misurare e dividere le cose/il tempo, oggi serve a spiegare altri tipi di fenomeni oppure a divertire gli animi curiosi.
Anche la parte più astratta della Matematica nasce da problemi concreti, ed ha sempre a che fare, e si deve misurare sempre con quei problemi.
Ad esempio, perché credi che de Giorgi abbia dimostrato la disuguaglianza isoperimetrica usando la sua definizione di perimetro? Per compiacersi?
Oppure, perché Cantor ha inventato la teoria della cardinalità? Per puro diletto?

"maurer":
Infine:
[quote="gugo82"]
Quando si vuole parlare di Matematica con altri, il rigore serve quanto il due di briscola.

Contesto, e contesto a piena voce. Quando parlo di Matematica, ovunque io sia, il rigore è al primo posto. Soprattutto se il mio interlocutore non è matematico. Credo che killing_buddha possa confermare quanto dico: nel nostro ormai congruo numero di discussioni private, credo che non ci siamo mai messi a discutere senza aver preventivamente sistemato tutto il quadro assiomatico circostante.
Ovviamente io non provo nemmeno a spiegare cosa studio a mia nonna. Non sono minimamente interessato a sprecare il mio tempo con chi non può e non vuole capire. Se parlo di Matematica facendo sul serio, lo faccio solo se posso avere una risposta dall'altra parte. I miei amici forse non sarebbero d'accordo, su questo punto, ma c'è da dire che se parlo con loro di matematica, lo faccio a livello scherzoso e non lo considero veramente parlare di matematica. Piuttosto, lo definirei un "trastullarsi con concetti propri del mio settore di studio".[/quote]
Permettimi di notare lo iato tra le due frasi il rigore è al primo posto. Soprattutto se il mio interlocutore non è matematico e io non provo nemmeno a spiegare cosa studio a mia nonna. Non sono minimamente interessato a sprecare il mio tempo con chi non può e non vuole capire.
Denotano un tuo limite che si riflette nel modo in cui pensi la Matematica.
Faresti meglio a parlare un po' con altri di quello che fai, anche coi tuoi nonni (tu che ancora puoi): ti aprirà di più la mente di quanto non lo faccia la lettura dei librazzi sulla QMT citati in precedenza.


P.S.: Ovviamente, con queste poche considerazioni sparse (che non ho più la voglia di scrivere post chilometrici come facevo un tempo) non voglio affatto sostenere che il rigore non sia importante e necessario nella Matematica.
Voglio solo far rilevare a due ragazzi (quali credo che maurer e k_b siano) che esso non costituisce la più immediata forma di presentazione della materia, né la più corretta.

killing_buddha
Ho cominciato a scrivere sperando di concludere in poche parole. Non ce l'ho fatta; scusatemi.

La fisica ha bisogno della Matematica; benche' dimostrare di essere eclettici sia un'ottima dote per un uomo di scienza (e benche' solitamente il buono scienziato trovi l'eclettismo la conditio sine qua non per lavorare bene) il viceversa e' falso.
Alla luce di questa dipendenza (badate, non e' una accezione negativa: e' un dato di fatto, allo stesso modo neutro in cui si intende la nozione di dipendenza logica tra concetti), i Fisici dovrebbero mettere in conto di acquisire una pertinenza matematica almeno pari a quella dei matematici: altro modo di penetrare i segreti della propria materia e' una "via regia alla Geometria", quindi crea false pertinenze.
Personalmente, trovo che sia un esercizio di rispetto padroneggiare almeno le basi della fisica, mi piacerebbe, se avessi piu' tempo, studiare qualcosa di biologia e chimica, magari alla luce delle mie conoscenze; mi piacciono in un modo viscerale, collateralmente, la pittura e la musica, per la persona che sono io cerco ovunque riesca a trovarla la Matematica che tanto amo. La cerco perche', essenzialmente, uno dei motivi per cui la studio e' la convinzione infantile che essa sia, se non proprio alla base della struttura del mondo, l'unico modo sincero di cui disponiamo per conoscerlo. E mi riconosco nei precetti del bourbakismo, anche se il mio primo e incontrastato amore e' stato la "Fisica" (o meglio, quella che a suo tempo credevo fosse la Fisica). Come risolvere questo paradosso? Partiamo dalle domande che animano la fisica; "Cosa e' il mondo? Qual e' la natura del tempo e dello spazio? Quali strumenti descrivono gli enti fisici dando ragione di una loro cogenza, quale teoria (se e' lecito supporne l'esistenza) dona a questa cogenza una coerenza? Qual e' la natura dell'informazione, un concetto che sembra leggero, ma che e' talmente pesante da doversi adattare a viaggiare molto lento? A quali presupposti irrinunciabili la percezione di enti ha luogo? E quale geometria (spazio), quale algebra (tempo), quale logica (booleana, sfumata, o ancora altro) la guida?"
Queste domande pesano sull'umanita' come un fardello da secoli, forse da millenni. E io dovrei abbandonarmi al lassismo, come se l'Everest si scalasse con una passeggiata rilassante? L'intransigenza e' un atto normale, l'unico che garantisca la sopravvivenza intellettuale in un cammino che porti alla Gnosi!

La matematica per un fisico e' fatta di attrezzi, mentre per un matematico e' fatta di concetti (anzi, con Poincare', di legami logici tra concetti); col che, quando un fisico deve pensare ad una varieta' differenziabile astratta, fa fatica a slegarsi dalla nozione di un lenzuolo immerso in [tex]\mathbb{R}^3[/tex], e quando deve pensare a uno spazio vettoriale fa fatica a pensare a qualcosa di diverso da frecce inchiodate all'origine di una terna di assi cartesiani. Questi due handicap gli impediscono di cogliere nella loro vera natura i due concetti di maggior peso nascosti nella Geometria Differenziale, l'idea di spazio tangente e l'idea stessa di varieta'.
Non contiamo poi il numero di Fisici che non capiscono l'Algebra Lineare (considero l'argomento non qualcosa di facile, ma qualcosa che e' scientificamente maturo da almeno due secoli, e percio' insofferente a varieta' di interpretazione che lo rendano difficile dal punto di vista notazionale), considerato che almeno in dimensione finita essa si riassume in un numero di teoremi che si contano sulle dita di una mano (il teorema di Rouche'-Capelli, il teorema spettrale, l'algoritmo per ortonormalizzare basi e poco altro), o che sono convinti che data una successione indicizzata da coppie di interi le operazioni di limite sui due indici commutino, oppure che non hanno ancora capito bene cosa sono un campo vettoriale o un tensore. Per non parlare dell'assenza totale di nozioni di algebra, persino elementare, dal curriculum di un Fisico, anche laureato a grandi numeri... che se poi viene messo alle strette non sa cos'e' un sottogruppo normale. Faccio davvero molta fatica a pensare che a un certo punto alla Magistrale, passi la fatina dei coset e cancelli con un tocco tutta l'ignoranza: come e' possibile capire la coomologia delle algebre di Lie (qualcosa che spero qualunque fisico teorico conosca) senza avere una conoscenza quantomeno accettabile di tutto il resto? Non dico che io sono stato educato a farlo, il tempo e' lo stesso (=poco) per tutti. Dico piuttosto che, quando penso alla figura di un Fisico, odierno, magari mio compagno di citta' (padovano), e di inclinazioni teoriche, che vuole colmare i buchi che i corsi gli hanno lasciato, la metafora che mi viene in mente e' quella di un uomo che voglia scalare un monte armato solo di un cucchiaio. La determinazione e' indispensabile, ma la padronanza delle giuste idee, nel loro giusto grado di generalita', e' condizione necessaria quanto la determinazione.

Questo ultimo punto e' in effetti interessante. Vorrei cercare di essere piu' preciso nell'esprimerlo. Il processo creativo nell'arte (e quindi nella scienza, ma per qualcuno e' cosi' anche l'aikido) avviene in tre momenti distinti, apprendimento, interiorizzazione e creazione. Il processo di apprendimento non ha bisogno di presentazioni, e il processo di interiorizzazione si puo' significare senza difficolta' con l'atto dell'esercizio quotidiano. Il processo di creazione di un oggetto nuovo invece e' intrinsecamente distinto, sul piano ontologico e su quello della sua attuazione, dai precedenti. Necessita di una padronanza perfetta degli strumenti, unita a un istinto innovatore, all'intuito per l'idea giusta e ad un certo gusto per la plasticita' mentale. Tutte e tre queste caratteristiche mancano, se manca una conoscenza precisa degli enti nella loro manifestazione piu' pura, e mi avvalgo di un esempio per farlo capire. Prendiamo Maxwell alle prese con le equazioni di campo, e in particolare con la quarta, che coinvolge il rotore del campo magnetico e la derivata temporale di quello elettrico. Saprete perfettamente che Maxwell non aveva evidenze sperimentali della validita' di quella legge, che e' stata poi potuta verificare solo quando strumenti piu precisi hanno consentito di apprezzare anche sollecitazioni smorzate tanto quanto quel fattore molto piccolo richiede. Bene, cosi' come Maxwell e' stato guidato, nell'enunciazione di questa legge, nella creazione di un ente nuovo, da categorie nient'altro che estetiche ("sarebbe bello se le cose funzionassero cosi', sarebbe bello se l'Universo (che altri chiama la Biblioteca) rispondesse ad una simmetria, per quanto profonda") allo stesso modo e' evidente che non avrebbe potuto imbrigliare la fantasia nella giusta rete se non avesse avuto una conoscenza puntuale, precisa, impeccabile e cristallina degli enti che manipolava.
Allo stesso modo faccio fatica a pensare che il fisico moderno come si deve si metta a pastrugnare sul foglio vedendo cosa succede se si cambia un segno o se si mette una lagrangiana qui e un'hamiltoniana li'. Cosi' come faccio davvero molta fatica a pensare che lo studente medio capisca la meccanica quantistica (che mi ha stupito veder trattata in un solo corso, alla fine della triennale) con in mano quel poco di analisi fatta il primo anno e la massa informe di fatti sull'integrazione alla Lebesgue, gli spazi di Hilbert e via dicendo. Forse Dirac e Heisenberg si sono seduti alla loro scrivania e hanno detto, vabbe', dai, si vede, se io metto una massa qui, l'atomo fa cosi', se io ne metto una li', fa cosa'? Faccio fatica a pensarla "sperimentale", la meccanica quantistica; faccio molta meno fatica a credere che la materia sia stata compresa solo grazie al fatto che alle sue spalle esistevano, da circa un secolo, l'analisi funzionale e la teoria delle distribuzioni, l'algebra lineare in dimensione infinita, la geometria proiettiva affrontata da un punto di vista algebrico e una visione nuova e piu' potente della branca della Matematica che importa alla Fisica, ossia l'Algebra e la Geometria. Ricordo ancora le parole di un mio vecchio compagno di corso fisico, affrontando il corso di Marchetti: "qui si vede tutta la Matematica che non abbiamo imparato".
Se allora il processo creativo deve avvenire solo previa acquisizione degli strumenti atti a portarlo avanti, come e' possibile che da una conoscenza raffazzonata di concetti ancora basilari possa davvero venire la creazione di un ente coerente?

Non ricordo chi si lamentava, forse Gauss, del fatto che l'ultimo teorema di Fermat fosse poco interessante, perche' "avrei potuto mettermi alla scrivania e riempire fogli interi di enunciati parimenti concisi e allo stesso tempo impossibili da provare". Ecco: io spesso mi trovo a pensare che e' troppo comodo "fare Matematica" come pretendono di farla i Fisici teorici, che si prendono il meglio dei due mondi. Sono capace anche io, che grandi titoli non ne ho, di mettermi a ciarlare completamente a rota a proposito di teorie che non ho modo di verificare sperimentalmente (ma questo e' irrilevante) e che non sono in grado di formalizzare correttamente (e questo e' vergognoso fino a far meritare il Cocito a chi si macchia di questa colpa: badate alla differenza, non parlo del non voler formalizzare, parlo del non esserne capaci, e tuttavia parlare: non si da altro che aria alle labbra).

Voi fisici la Matematica non la capite, non perche' siate tardi o indolenti, ma perche' nessuno ve la insegna. E non vedete che se e' vero che da un lato essa e' certamente molto piu facile della Fisica, dove le leggi non sono decise a tavolino, essa e' anche incredibilmente piu' profonda. E questo accade perche' la vedete come prodotto finito e non come cammino concettuale, usandola ciechi della sua bellezza (ma questo e' il meno) e pervicacemente ignari del fatto che la padronanza della forma pura e' prerequisito essenziale ad un suo corretto utilizzo. E a chi sia convinto del contrario, chiedo una cosa e ne preciso un'altra. La prima: che cos'e' un integrale? Che cos'e' un tensore? Che cosa significa il teorema fondamentale del calcolo integrale? La seconda: nemmeno io capisco un tubo; forse nemmeno io so davvero cosa siano le cose, e mi illudo di averlo compreso. Cio' di cui sono sicuro e' che non sto vendendo la mia Sapienza come vaccino alla vostra supposta ignoranza. Anzi, sto esibendo un mio limite, una mia ignoranza. E mi sono allontanato dal vostro ambiente proprio perche' vivevo una profonda inadeguatezza rispetto ai vostri metodi ermeneutici. L'unica coerenza cui le mie idee devono rispondere e' quella interna, non devo curarmi di un mondo esterno (che anche qualora dimostrato esistente, va provato avere intersezione non banale con quello interno). Voi no, voi avete un mondo da descrivere, governato da leggi disumane e da folli e incomprensibili obblighi. E' per questo, e non per altro, che mi stupisco cediate alla mollezza del non capire, del tralasciare alcune lettere dell'alfabeto in cui e' stato scritto l'Universo ("la M non ho tempo di insegnarvela, leggetevela da soli"). "trovar un vero [nel mondo], benché di cosa leggiera" impone un'ascesi molto piu' decisa di quella cui mi sono votato io, che posso (e devo) immaginare mondi possibili senza doverli giustificare davanti a nessuno.

La liberta' espressiva dell'artista (la mia) completa e arricchisce il dovere professionale di rimanere fedeli all'Universo (il vostro), ed e' con cordoglio, con delusione, che leggo gli articoli di fisici non poco navigati che trattano l'analisi p-adica per problemi di Meccanica o altro, sentendo che, "hey, posso fare le stesse cose che facevo in [tex]\mathbb R[/tex] nel campo che ottengo frazionando il localizzato di [tex]\mathbb Z[/tex] rispetto al complemento di un ideale primo!"
Questi ed altri dimenticano che il concetto di convergenza in questi spazi (ultra)metrici e' decisamente diverso da quello usuale, e contrario a qualunque intuizione fisica (in quegli spazi una serie di potenze converge se e solo se ha termine generale infinitesimo, e, orrore (o fortuna?)! tutti i triangoli sono isosceli). E' inutile dire che un fisico e' abituato a pensare che tutte le funzioni siano integrabili, che non ci siano funzioni iniettive dalla retta al piano, e che uno spazio topologico debba sempre essere in grado di separare i punti con aperti distinti: per questi studiosi (che nonostante questo sono sicuramente piu istruiti di me in qualsiasi ordinamento sensato) e' quindi naturale aspettarsi che una serie formale possa essere manipolata allo stesso modo, e che una proprieta' degli enti, valida in un certo frame assiomatico, sia valida anche in tutti gli altri ("tanto, e' matematica! Vuoi che non sia vero, visto che quando metto dentro i numeri viene fuori un altro numero? e soprattutto, se le cose non funzionano, posso sempre supporre che i cavalli siano sferici, o integrare numericamente!").
Senza sapere che le cose non stanno esattamente cosi', senza conoscere l'algebra, che identifica le strutture nel loro scheletro assiomatico, la geometria, che localizza spazialmente le strutture incarnandole, la logica, che educa a cosa sia una dimostrazione, e' davvero possibile comprendere?

killing_buddha
I punti 1,2,3 potrei averli scritti io: non li ricopio perche' ho pieta' :D
Per il resto:
molto di ciò che dici non risulta affatto originale

Ti spiego, effettivamente messa giu' senza un preambolo sembra che sia un logorroico da curare :P
Quella che non hai avuto la pazienza di finire e', modulo qualche adattamento minimo, lo stralcio di una conversazione privata che sto avendo un "un fisico". E' un documento cui lavoro da molto (molto!) tempo quindi e' prolisso fino alla nausea, perche' e' la somma di milioni di elucubrazioni..

Non sono minimamente interessato a sprecare il mio tempo con chi non può e non vuole capire.

Io che ti conosco non ce lo vedrei mai, ma rischi di venire attaccato per questa affermazione. ;) penso tu voglia dire (e in questa accezione, lo condivido) che e' sciocco pensare che si possa semplificare ad libitum un argomento fino a renderlo davvero accessibile a tutti: la maggior parte della matematica semplicemente non puo' essere apprezzata dal profano, allo stesso modo in cui il profano non distingue la ghironda dalla mandola. E in questo non c'e' classismo, semplicemente ognuno parla di quel (poco) che sa, e se ognuno parlasse solo di quel che sa, avremmo risolto in un colpo solo tutti i problemi del sistema educativo. Io trovo offensivo che la matematica nei licei sia insegnata dagli ingegneri e dai biologi non perche' creda che siano dei fessi, ma perche' un semplice precetto di onesta' intellettuale porterebbe me a non cercare nemmeno di provare a enunciare i fondamenti di una disciplina che ignoro. Cito, ancora da quel carteggio:


    Trovo strano che si indulga a far insegnare l'Analisi di base a un matematico (persino un ingegnere sa fare una derivata) e quando si deve invece toccare un argomento delicato, profondo e sofisticato che e' al crocicchio di due dei pilastri della matematica contemporanea (l'Algebra Astratta e la Geometria Differenziale), e le cui applicazioni alla Fisica fanno eco costante a qualsiasi concetto promanato dopo il 1872, si scelga di farlo fare a un Fisico. Voglio che sia chiaro: non e' che manchi la competenza (almeno, non in generale: in questo caso non credo sia un problema di competenza quanto piuttosto di pertinenza - intesa qui, per l'ultima volta, in una accezione etimologica). Ma gli utenti di un linguaggio ne sono appunto solo utenti, e non lo padroneggiano se non a livello manuale.
    [...]
    Ogni pretesa di avere “vie regie alla Geometria”, come rispose Euclide al re Tolomeo, che gli chiedeva quanto si dovesse faticare per conoscere gli Elementi, porta alla sconfitta, a verita' parziali, o quel che e' peggio a credere di sapere quello di cui si parla, e il problema -se vogliamo allontanarci da una descrizione dei problemi di questo corso e mirare piu' in grande, con pretese idealiste/rivoluzionarie- trasversale all'intero establishment dell'istruzione superiore e' forse proprio questo: spesso non insegna chi sa ma chi crede di sapere. Questo stato di cose pero' e' decisamente evitabile, al minimo costo di un po' di proprieta' di linguaggio, un po' di attenzione ai dettagli; soprattutto serve ammettere che per imparare come si deve qualsiasi cosa (dalla teoria dei gruppi alla manutenzione di una motocicletta) servono tempo e metodo. Tempo e metodo che devono essere dati agli studenti, tempo e metodo che devono essere impartiti fin dall'inizio, senza titubare e senza perdersi nell'ignavia del “niente sesso (=dimostrazioni), siamo Fisici”. Se il tempo e' poco (ed e' pochissimo!), non mettete un basto alle persone che avete davanti: insegnate loro a pensare, insegnate loro a criticare, a possedere le idee che ascoltano.
    [/list:u:1zqstiwv]

maurer
Esprimo anch'io il mio parere: benché mi trovi d'accordo con tutto quello che ha già detto killing_buddha, ci sono alcuni punti che vorrei ulteriormente sottolineare.

"killing_buddha":

[quote="gugo82"]Spiegare qualcosa in termini comprensibili non è facile, affatto.

Sottoscrivo col sangue! Non c'e' niente di piu' difficile e sottovalutato della divulgazione. Ma qui non si parla di questo; qui stiamo discutendo (spero amichevolmente) a proposito di questo fatto: puo' la fisica pretendere di fare delle affermazioni sensate senza avere dalla sua una conoscenza della Matematica almeno pari a quella che ha un Matematico? [/quote]

"speculor":

@killing_buddha
Immagino che tu non stia divulgando. Altrimenti, non si comprenderebbe l'assenza di sintesi. Ma allora, se intendi rivolgerti agli "addetti ai lavori", molto di ciò che dici non risulta affatto originale. Al di là del contenuto, che si può anche condividere, perchè tutte quelle parole inutili? La mia non vuole essere una provocazione. Il fatto è che, arrivato a leggere la metà del tuo ultimo messaggio, non ne potevo veramente più. Scusami ma, questa è stata la mia esperienza.


Credo si stia dimenticando un punto fondamentale: non si può semplificare con l'espressione "addetti ai lavori" quello di cui stiamo discutendo. Stiamo parlando di come i fisici debbano conoscere la matematica e, conseguentemente, come deve essere insegnata loro. L'espressione "addetti ai lavori" è riservata, dal mio punto di vista, ad una discussione completamente alla pari, tra persone dello stesso livello. Qui si sta confondendo, dal mio punto di vista, l'atto divulgativo con l'atto didattico. Espongo le principali differenze che vi vedo io:

1) L'atto divulgativo è contenuto nel tempo: esso si svolge in un arco temporale molto circoscritto, in cui si cerca di dare ad una persona completamente digiuna dell'argomento trattato, una panoramica globale ed il più possibile completa dello stesso.
All'opposto, l'atto didattico è prolungato nel tempo: l'arco temporale in cui si svolge è amplificato e gli scopi sono diversi. In questo caso chi riceve l'atto didattico sta entrando progressivamente nella dinamica della materia e ne apprende progressivamente i meccanismi di fondo. La somministrazione dei concetti non è più su scala intuitiva, bensì su scala completamente formale; d'altra parte la somministrazione avviene molto più lentamente, ed il soggetto dell'apprendimento ha il tempo materiale per assimilare ogni singolo concetto. Personalmente, ritengo che l'apporto intuitivo debba essere molto ridotto da parte del docente in questa fase; può dare eventualmente alcune dritte, ma l'intuizione è qualcosa che può essere formata solo a livello individuale, non si può davvero apprendere da qualcun altro.

2) La portata dell'atto divulgativo è molto superiore alla portata dell'atto didattico. Con questo, intendo dire che, per forza di cose, la mole degli argomenti trattati durante la divulgazione è e deve essere superiore a quella trattata durante un insegnamento. Il motivo è che l'atto divulgativo ha come scopo descrivere tutto l'argomento trattato, seppur in maniera sommaria (che, torno a ripetere, non significa non rigorosa). Al contrario, l'atto didattico è e deve essere minuzioso: all'intuizione va sostituita quasi completamente la forma; per forza di cose, la portata dell'insegnamento deve essere ridotta: il suo scopo è di fornire le capacità tecniche e gli strumenti fondamentali per rendere lo studente autosufficiente e perfettamente in grado di proseguire da solo lo studio della materia.

3) Infine, un atto di divulgazione è caratterizzato da una totale asimmetria. Colui che impartisce la conoscenza è in uno stato di assoluta superiorità rispetto a colui che la riceve; egli non solo deve avere una grande dimestichezza con le tecniche proposte, ma deve avere una visione globale e completa dell'argomento trattato, visione che si concretizza in un'intuizione forte. Dal suo canto, colui che riceve, potremmo dire subisce, l'atto divulgativo è totalmente inerte: non ha né le conoscenze né tanto meno gli strumenti tecnici per poter verificare ciò che viene detto. Ovviamente, questo non significa che sia un idiota che non è in grado di seguire un ragionamento rigoroso e formale. Per fare un esempio concreto, un target tipico di un atto di divulgazione in, diciamo Analisi Funzionale, potrei essere io stesso: il fatto che non conosca le basi di questa affascinante disciplina non implica affatto che io non sia abituato al ragionamento formale; con il dovuto tempo ed il materiale adeguato sarei perfettamente in grado di trovare tutte le falle in una serie di deduzioni logiche in questo settore. Solo, ci metterò molto più tempo di chi ci lavora tutti i giorni.
Ancora una volta, l'atto didattico è all'opposto: in esso, lo studente è tutt'altro che inerte. Egli ha la facoltà ed il dovere di esercitare la sua arma più forte: l'obiezione. Egli sta imparando e pertanto è chiamato a dipanare ogni singolo angolo buio della materia; lo studente deve essere, in un certo qual modo aggressivo nei confronti del docente e pronto a puntualizzare ogni singola affermazione. Questo è il suo dovere morale, così com'è dovere morale del docente saper rispondere esaustivamente ed a fugare ogni dubbio dell'allievo.

"gugo82":

Per difendere il proprio spazio di pubblicazione, vorrai dire...


Non mi è chiaro cosa intendi dire e vorrei chiarimenti.
E' chiaro che io (e credo anche killing_buddha) propongo una visione della matematica assoluta ed avulsa dalla realtà. Come ho già scritto, "la Matematica E', tutto il resto vi si adegua". E questo non è solo il nocciolo della mia visione della Matematica, ma è al fondo del mio modo stesso di rapportarmi con il mondo reale.

Infine:

"gugo82":

Quando si vuole parlare di Matematica con altri, il rigore serve quanto il due di briscola.


Contesto, e contesto a piena voce. Quando parlo di Matematica, ovunque io sia, il rigore è al primo posto. Soprattutto se il mio interlocutore non è matematico. Credo che killing_buddha possa confermare quanto dico: nel nostro ormai congruo numero di discussioni private, credo che non ci siamo mai messi a discutere senza aver preventivamente sistemato tutto il quadro assiomatico circostante.
Ovviamente io non provo nemmeno a spiegare cosa studio a mia nonna. Non sono minimamente interessato a sprecare il mio tempo con chi non può e non vuole capire. Se parlo di Matematica facendo sul serio, lo faccio solo se posso avere una risposta dall'altra parte. I miei amici forse non sarebbero d'accordo, su questo punto, ma c'è da dire che se parlo con loro di matematica, lo faccio a livello scherzoso e non lo considero veramente parlare di matematica. Piuttosto, lo definirei un "trastullarsi con concetti propri del mio settore di studio".

Sk_Anonymous
"gugo82":

Spiegare qualcosa in termini comprensibili non è facile, affatto.

"killing_buddha":

Sottoscrivo col sangue! Non c'e' niente di piu' difficile e sottovalutato della divulgazione.

@killing_buddha
Immagino che tu non stia divulgando. Altrimenti, non si comprenderebbe l'assenza di sintesi. Ma allora, se intendi rivolgerti agli "addetti ai lavori", molto di ciò che dici non risulta affatto originale. Al di là del contenuto, che si può anche condividere, perchè tutte quelle parole inutili? La mia non vuole essere una provocazione. Il fatto è che, arrivato a leggere la metà del tuo ultimo messaggio, non ne potevo veramente più. Scusami ma, questa è stata la mia esperienza.

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