Credete in Dio?
Ciao a tutti,
ho letto un pò i topic sulla religione e mi è venuto il sospetto (intuito, non verificato perchè lì si parla di altro) che la percentuale di credenti su questo forum sia diversa da quella che io mi aspetterei in media; se così fosse, o io ho una percezione in tal campo errata della media italiana o sono i matematici che la presentano diversa.
Ovviamente nella domanda non ci si riferisce ad alcuna religione.
ho letto un pò i topic sulla religione e mi è venuto il sospetto (intuito, non verificato perchè lì si parla di altro) che la percentuale di credenti su questo forum sia diversa da quella che io mi aspetterei in media; se così fosse, o io ho una percezione in tal campo errata della media italiana o sono i matematici che la presentano diversa.
Ovviamente nella domanda non ci si riferisce ad alcuna religione.
Risposte
Ognuna delle alternative "Credo in Dio - Non credo in Dio - Mi astengo, non faccio ipotesi" è ugualmente valida.Forse a livello astratto, ma chi crede in un dio (o in un concetto equivalente, come una singola volontà del popolo o la purezza della razza) in genere pretende anche di farsi interprete della sua volontà, in termini assai meno astratti, e l'equivalenza va persa.
"Cheguevilla":
Perché credi a Dio e non al "Flying Spaghetti Monster"?
La giustificazione ultima della fede non è la ragione. In ultima analisi non posso darti una giustificazione razionale del perché credo al Dio cristiano e non all'affascinante Flying Spaghetti Monster. La fede non può mai essere spiegata o motivata razionalmente fino in fondo, altrimenti non sarebbe piú fede.
Per un credente, la ragione, in fin dei conti, è uno strumento importantissimo per regolarsi nella vita ma non è l'ultima pietra di paragone.
Questo è motivo di travaglio profondo per il credente uso ad interrogarsi razionalmente sulla propria esistenza ma è parimenti un aspetto irrinunciabile.
Gli scritti di Kierkegaard sono fondamentali a questo proposito: il concetto dell'angoscia e la disperazione esistenziale che ne deriva (incarnata dalla figura di Abramo) sono un monito terribile per il credente cristiano.
Gli atei razionalisti prendono questo travaglio e questa lacerazione come un motivo per evidenziare l'assurdità della fede e sminuirne il valore, concludendo quindi che la fede va abbandonata. Tuttavia il fatto che la fede sia assurda era chiaro fin dai tempi di Tertulliano (lo stracitato "Credo quia absurdum") e anche Kierkegaard l'aveva piú che mai presente. Il fatto però che una posizione di pensiero vada rigettata perché assurda è diretta conseguenza del fatto che si ritiene la non assurdità (e quindi l'aderenza a dei canoni di razionalità o almeno di ragionevolezza) come un valore irrinunciabile. Questa è però un'assunzione di principio non razionalmente giustificabile, è un atto di fede verso la ragionevolezza. È un riporre la propria fiducia nella ragione umana.
È una scelta che l'ateo razionalista compie ma che il credente cristiano non può che rigettare
Ecco, il credente crede che la non assurdità non sia sempre la via migliore o la scelta corretta.
E su questo punto non credo ci sia modo di giungere ad una conciliazione tra un credente cristiano e un ateo razionalista.
P.S.: In ogni caso, se non fossi cristiano credo che non esiterei a diventare un adepto della Chiesa del Flying Spaghetti Monster, è davvero una divinità fantastica!

"gugo82":
Mi spiego meglio: paragoniamo per un momento la Matematica ad un edificio. Credere negli assiomi è come credere nelle fondamenta, mentre credere nelle regole che dirigono la formazione delle proposizioni e del ragionamento è come credere nel corretto dimensionamento e posizionamento degli elementi strutturali (e.g. pilastri, travi, solai). Un edificio costruito con gli elementi strutturali messi giù "a casaccio" prima o poi crolla, indipendentemente dalla bontà delle fondamenta; un edificio i cui elementi strutturali sono "calcolati" bene sulle fondamenta non crolla.
Riguardo a questo punto mi trovo maggiormente d'accordo con la posizione di Luca Lussardi. Secondo me si crede sia alle regole di deduzione sia al fatto che gli assiomi che prendo per buoni siano sufficienti a sostenere uno sviluppo adeguato della materia, altrimenti li dovrei modificare o aggiungerne degli altri.
La suggestiva metafora non è inoltre corretta. Quando vengono eseguiti i calcoli strutturali su un edificio l'ultima cosa ad essere dimensionata non è il tetto ma sono proprio le fondamenta!!!
Questo fatto apparentemente paradossale, ad una considerazione piú attenta è abbastanza naturale poiché solo dopo aver dimensionato tutto il telaio di travi e pilastri si sa quali forze devono sostenere le fondamenta e quindi se ne riesce a dare un dimensionamento corretto. Non si possono mettere lí delle fondamenta se prima non si sa in dettaglio che cosa si vuole costruire sopra.
Non a caso nella storia della matematica il problema dei fondamenti è stato affrontato in modo sistematico solo all'inizio del '900 quando una buona parte dell'edificio già era stata costruita...
Sulla considerazione delle forze come modelli mentali sono invece del tutto d'accordo con gugo82.
Sul fatto che le leggi di Natura siano create dall'uomo e non scoperte ho una posizione piú agnostica: non credo che si possa stabilire se delle leggi di Natura esistono né se queste siano approssimate dalle leggi che si costruisce l'uomo. Credo sia una questione metafisica: il rapporto tra le leggi della fisica e quelle (eventuali) della natura non è un argomento di indagine della scienza per la sua stessa natura.
Se non altro si dovrebbe tener presente che durante lo sfaceloSe non altro, si dovrebbe tener conto che, durante lo sfacelo dell'oscurantismo e dell'inquisizione, scienziati importanti hanno proseguito i loro lavori, andando contro la religione, purtroppo rimettendoci la pelle.
delle invasioni barbariche la vita brulicava nei monasteri e nelle abbazie, luoghi in cui il lavoro e la
preghiera di tanti monaci ponevano (almeno il primo, sulla seconda ognuno è libero di pensarla come
vuole) le fondamenta per la rinascita dell'Europa.
Grazie a questi lavori scientifici ed ai loro sacrifici, siamo qui su internet e possiamo discutere liberamente. Credo sia in qualche senso più importante il lavoro di questi uomini di scienza, piuttosto che dei monaci che coltivavano l'orticello e pregavano il Signore.
inoltre rigetto anche la tesi sostenuta da molti a sostegno della non esistenza di Dio facendo leva sul fatto che Lui non sia mai intervenuto a fermare le guerre o la violenza: infatti, nella bibbia si dice chiaramente che dopo la cacciata dal paradiso terrestre Lui " lo lasciò in balia del suo proprio volere. Se vuoi osserverai i miei comandamenti;Ti ha posto davanti al fuoco e all'acqua; là dove vuoi stenderai la mano, Egli non ha comandato a nessuno di essere empio e non ha dato a nessuno il permesso di peccare"Perché credi a Dio e non al "Flying Spaghetti Monster"?
Dipende solo da noi quello che facciamo...Dio ci giudicherà solo quando avremo di nuovo la possibilità di ricongiungerci a Lui come eravamo prima del peccato originale...nonostante ciò,però, Lui comunque vuole mandarci dei segni della sua presenza e per farlo manda uomini come Giovanni Paolo II o Madre Teresa di Calcutta
segue...
4)
Il Principio di Conservazione dell'Energia è un assioma per i Fisici, non una conseguenza di qualcos'altro. Esso è la base per costruire una Teoria che "concordi" con quanto risulta dagli esperimenti, ma niente più di questo.
Le Leggi di Natura l'uomo le crea, non le scopre. Esse sono nient'altro che la rappresentazione di come noi vediamo "più o meno" il mondo che ci circonda, e la loro formulazione matematica serve per una sintesi dei risultati e per migliorare la comunicazione tra esseri umani.
Il rapporto causa-effetto non esite più almeno da 50 anni in Fisica.
I teoremi non creano nessun rapporto tra ipotesi e tesi. Semplificando al massimo, un teorema è un'implicazione tra due o più proposizioni con alcune variabili (e.g. $I(x)=>T(x)$) che consente di fare affermazioni circa la verità di proposizioni particolari attraverso l'uso di regole di inferenza (e.g. modus ponens) nell'ambito di una teoria formale.
Infine ricordo che le successioni non limitate né inferiormente né superiormente sono pensabilissime (e.g. $ZZ$): visto che la Matematica è interamente creazione umana (come fortunatamente abbiamo capito alla fine dell'800), secondo il tuo ragionamento l'aver pensato $ZZ$ fa di noi degli Dei. Sbaglio?
5) Qualcuno si è divertito a proporre una formalizzazione del giochetto di Pascal: vorrei chiedere in quale spazio di probabilità avete ambientato il problema? Potete fornire un modello?
Ragazzi mettetevelo bene in testa: con la formalizzazione non si scherza, soprattutto in un forum dedicato alla Matematica.
Quando avete un'idea almeno sforzatevi di specificare in che ambiente vi trovate: l'ambiente è tutto (e.g. $1+1=0$ è corretto in $ZZ_2$ ma non in altre aritmetiche)!
4)
"desko":
Ma il principio "Nulla si crea e nulla si distrugge", è solo un modo di dire, o è un qualcosa di scientificamente valido?
E le leggi che le Scienze naturali cercano di scoprire, quelle che regolano la natura intera: da dove saltano fuori?
Ogni legge scientifica, ogni esperimento è basato sul rapporto di causa-effetto (così come i teoremi creano un collegamento fra ipotesi e tesi) ma quindi se cercassimo di costruire tutta la catena, cosa succederebbe? o andremmo indietro all'infinito, oppure troveremo un punto di partenza che dev'essere un'eccezione alle leggi della natura e quindi al di fuori di essa. In entrambi i casi mi sembrano ipotesi molto vicine all'ipotesi di un dio creatore.
Il Principio di Conservazione dell'Energia è un assioma per i Fisici, non una conseguenza di qualcos'altro. Esso è la base per costruire una Teoria che "concordi" con quanto risulta dagli esperimenti, ma niente più di questo.
Le Leggi di Natura l'uomo le crea, non le scopre. Esse sono nient'altro che la rappresentazione di come noi vediamo "più o meno" il mondo che ci circonda, e la loro formulazione matematica serve per una sintesi dei risultati e per migliorare la comunicazione tra esseri umani.
Il rapporto causa-effetto non esite più almeno da 50 anni in Fisica.
I teoremi non creano nessun rapporto tra ipotesi e tesi. Semplificando al massimo, un teorema è un'implicazione tra due o più proposizioni con alcune variabili (e.g. $I(x)=>T(x)$) che consente di fare affermazioni circa la verità di proposizioni particolari attraverso l'uso di regole di inferenza (e.g. modus ponens) nell'ambito di una teoria formale.
Infine ricordo che le successioni non limitate né inferiormente né superiormente sono pensabilissime (e.g. $ZZ$): visto che la Matematica è interamente creazione umana (come fortunatamente abbiamo capito alla fine dell'800), secondo il tuo ragionamento l'aver pensato $ZZ$ fa di noi degli Dei. Sbaglio?
5) Qualcuno si è divertito a proporre una formalizzazione del giochetto di Pascal: vorrei chiedere in quale spazio di probabilità avete ambientato il problema? Potete fornire un modello?
Ragazzi mettetevelo bene in testa: con la formalizzazione non si scherza, soprattutto in un forum dedicato alla Matematica.
Quando avete un'idea almeno sforzatevi di specificare in che ambiente vi trovate: l'ambiente è tutto (e.g. $1+1=0$ è corretto in $ZZ_2$ ma non in altre aritmetiche)!
segue...
2)
Qui concordo con te, anche se ormai di percezione sensibile nella Fisica ce n'è ben poca (visto che le strumentazioni di misura sono in gran parte automatizzate).
Sul post mortem possiamo dire ben poco, unicamente perchè quando siamo morti non abbiamo più tutti gli strumenti che possediamo in vita (in primis non possediamo la possibilità di comunicare intellegibilmente con altri esseri umani, che è la base della Scienza).
3)
L'uso del verbo credere è, quanto meno, azzardato.
Negli assiomi non ci si crede; li si prende per base di una costruzione astratta. Al massimo potresti credere nelle regole di inferenza e di formazione delle frasi matematiche!
Mi spiego meglio: paragoniamo per un momento la Matematica ad un edificio. Credere negli assiomi è come credere nelle fondamenta, mentre credere nelle regole che dirigono la formazione delle proposizioni e del ragionamento è come credere nel corretto dimensionamento e posizionamento degli elementi strutturali (e.g. pilastri, travi, solai). Un edificio costruito con gli elementi strutturali messi giù "a casaccio" prima o poi crolla, indipendentemente dalla bontà delle fondamenta; un edificio i cui elementi strutturali sono "calcolati" bene sulle fondamenta non crolla.
continua...
2)
"Luca.Lussardi":
[...] ma la nostra sensibilità potrebbe non percepire tutto. Non [...] puoi applicare il metodo scientifico là dove la nostra sensibilità non arriva.
"Luca.Lussardi":
La cosa importante è capire che la vera Scienza, intesa come conoscenza razionale del mondo tangibile che ci circonda, non può applicarsi a ciò che non verifica i requisiti di applicazione: sarebbe come applicare il teorema degli zeri ad un insieme invece che ad una funzione, la cosa perde di significato.
Qui concordo con te, anche se ormai di percezione sensibile nella Fisica ce n'è ben poca (visto che le strumentazioni di misura sono in gran parte automatizzate).
Sul post mortem possiamo dire ben poco, unicamente perchè quando siamo morti non abbiamo più tutti gli strumenti che possediamo in vita (in primis non possediamo la possibilità di comunicare intellegibilmente con altri esseri umani, che è la base della Scienza).
3)
"Luca.Lussardi":
Resto solo nell'ambito della Matematica: gli assiomi della teoria degli insiemi nei quali io credo sono riposti in un mio atto di fede, e niente di più. Possono essere ragionevoli quanto voglio, ma ci devo credere se voglio ottenere qualche conseguenza utile, non crederci mi smonterebbe ogni possibile teoria. Credo che la stessa cosa sia la religione: uno ci crede oppure non ci crede, ed è liberissimo di fare l'una o l'altra cosa.
L'uso del verbo credere è, quanto meno, azzardato.
Negli assiomi non ci si crede; li si prende per base di una costruzione astratta. Al massimo potresti credere nelle regole di inferenza e di formazione delle frasi matematiche!
Mi spiego meglio: paragoniamo per un momento la Matematica ad un edificio. Credere negli assiomi è come credere nelle fondamenta, mentre credere nelle regole che dirigono la formazione delle proposizioni e del ragionamento è come credere nel corretto dimensionamento e posizionamento degli elementi strutturali (e.g. pilastri, travi, solai). Un edificio costruito con gli elementi strutturali messi giù "a casaccio" prima o poi crolla, indipendentemente dalla bontà delle fondamenta; un edificio i cui elementi strutturali sono "calcolati" bene sulle fondamenta non crolla.
continua...
Ognuna delle alternative "Credo in Dio - Non credo in Dio - Mi astengo, non faccio ipotesi" è ugualmente valida.
Personalmente mi dichiaro inabile a rispondere, a decidere la verità della proposizione "Dio esiste", quindi mi iscrivo nella Lista degli Astenuti (alias Agnostici).
Il problema non è tanto sapere se qualcuno crede in Dio o meno, ma come realizza le sue convinzioni nella vita sociale.
Ad esempio, uno dei migliori complimenti che ho ricevuto è "Saresti un buon cristiano" (me lo disse una delle mie colleghe di università, molto cattolica, dopo aver visto con quale disponibilità aiutavo gli altri).
Approfitto dello spazio che rimane per chiarire la mia posizione riguardo alcuni "equivoci epistemologici" in cui mi sono imbattuto durante la lettura di queste cinque pagine.
1)
Luca, perdonami, ma questa è una baggianata.
Le forze non esistono: sono una nostro modello mentale che torna utile per rappresentare un fenomeno.
Esempio: la gravità. Non appena passi dalla teoria di Newton alla teoria einsteiniana dello spazio la forza di gravità scompare per lasciare posto ad una "deformazione" dello spazio.
Qui entra in gioco la Matematica: in questo orizzonte, in cui non abbiamo l'effettiva possibilità di discutere intorno all'esistente, possiamo solo confrontare i modelli che creiamo, solo enumerare i casi in cui conviene usare un certo tipo di Matematica, solo dare i pro ed i contro dei vari approcci al problema.
continua... (ho suddiviso il post per facilitare la lettura, spero che i mod non me ne vogliano)
Personalmente mi dichiaro inabile a rispondere, a decidere la verità della proposizione "Dio esiste", quindi mi iscrivo nella Lista degli Astenuti (alias Agnostici).
Il problema non è tanto sapere se qualcuno crede in Dio o meno, ma come realizza le sue convinzioni nella vita sociale.
Ad esempio, uno dei migliori complimenti che ho ricevuto è "Saresti un buon cristiano" (me lo disse una delle mie colleghe di università, molto cattolica, dopo aver visto con quale disponibilità aiutavo gli altri).
Approfitto dello spazio che rimane per chiarire la mia posizione riguardo alcuni "equivoci epistemologici" in cui mi sono imbattuto durante la lettura di queste cinque pagine.
1)
"Luca.Lussardi":
Tu credi nel fatto che esista la forza di gravità? credi nel fatto che esista la forza elettrica? Sì, perchè sono tangibili [...]
Luca, perdonami, ma questa è una baggianata.
Le forze non esistono: sono una nostro modello mentale che torna utile per rappresentare un fenomeno.
Esempio: la gravità. Non appena passi dalla teoria di Newton alla teoria einsteiniana dello spazio la forza di gravità scompare per lasciare posto ad una "deformazione" dello spazio.
Qui entra in gioco la Matematica: in questo orizzonte, in cui non abbiamo l'effettiva possibilità di discutere intorno all'esistente, possiamo solo confrontare i modelli che creiamo, solo enumerare i casi in cui conviene usare un certo tipo di Matematica, solo dare i pro ed i contro dei vari approcci al problema.
continua... (ho suddiviso il post per facilitare la lettura, spero che i mod non me ne vogliano)
Puoi anche non concordare con la mia frase, ma converrai con me che la scelta di fede
non è di certo equivalente a scaricare il barile, come altri sostengono.
non è di certo equivalente a scaricare il barile, come altri sostengono.
"elgiovo":
...tuttavia ritengo che vivere come se un senso non ci fosse sia una scelta molto più facile e meno combattuta da parte del singolo.
Non concordo né sul fatto che scienza e fede siano incompatibili, ma nemmeno su questa tua ultima affermazione: credere, non credere o sospendere il giudizio sono tre scelte valide ed "equivalenti" (nel senso letterale del termine: hanno lo stesso "valore"). Non credo che chi crede faccia una scelta più combattuta di uno che non crede. Fra l'altro, è possibile per una stessa persona passare da periodi in cui si crede ad altri in cui si è scettici o increduli.
Io credo in Dio e credo anche che sia stato Lui il creatore della Terra e di tutte le sue specie...mi spiego meglio: non voglio dire che Dio abbia creato la Terra in sei giorni e il settimo si sia riposato, ma credo che sia stato Lui a creare le condizioni affinchè il big bang si verificasse, affinchè la terra si trovasse ad una distanza tale dal sole da permettere la vita, affinchè cadesse un meteorite che facesse estinguere i dinosauri, affinchè l'uomo riuscisse a progredire e svilupparsi...
inoltre rigetto anche la tesi sostenuta da molti a sostegno della non esistenza di Dio facendo leva sul fatto che Lui non sia mai intervenuto a fermare le guerre o la violenza: infatti, nella bibbia si dice chiaramente che dopo la cacciata dal paradiso terrestre Lui " lo lasciò in balia del suo proprio volere. Se vuoi osserverai i miei comandamenti;Ti ha posto davanti al fuoco e all'acqua; là dove vuoi stenderai la mano, Egli non ha comandato a nessuno di essere empio e non ha dato a nessuno il permesso di peccare"
Dipende solo da noi quello che facciamo...Dio ci giudicherà solo quando avremo di nuovo la possibilità di ricongiungerci a Lui come eravamo prima del peccato originale...nonostante ciò,però, Lui comunque vuole mandarci dei segni della sua presenza e per farlo manda uomini come Giovanni Paolo II o Madre Teresa di Calcutta
Questo è il mio pensiero...
inoltre rigetto anche la tesi sostenuta da molti a sostegno della non esistenza di Dio facendo leva sul fatto che Lui non sia mai intervenuto a fermare le guerre o la violenza: infatti, nella bibbia si dice chiaramente che dopo la cacciata dal paradiso terrestre Lui " lo lasciò in balia del suo proprio volere. Se vuoi osserverai i miei comandamenti;Ti ha posto davanti al fuoco e all'acqua; là dove vuoi stenderai la mano, Egli non ha comandato a nessuno di essere empio e non ha dato a nessuno il permesso di peccare"
Dipende solo da noi quello che facciamo...Dio ci giudicherà solo quando avremo di nuovo la possibilità di ricongiungerci a Lui come eravamo prima del peccato originale...nonostante ciò,però, Lui comunque vuole mandarci dei segni della sua presenza e per farlo manda uomini come Giovanni Paolo II o Madre Teresa di Calcutta
Questo è il mio pensiero...
"Cheguevilla":
[quote="Sergio"][quote="elgiovo"]su questo penso che siamo tutti sulla stessa barca: chi ha capito veramente e inequivocabilmente
il senso della storia e del tempo?
Ritengo pragmaticamente più interessante l'atteggiamento di chi prova a capire qualcosa del senso della storia, piuttosto che quello di chi rinuncia perché... tanto discende tutto da una volontà "superiore".
E direi anche che il "senso della scienza" sta tutto qui: cercare di capire, piuttosto che accettare un "credo". Non è forse questo il "senso" della vicenda di Galileo?[/quote]Questo è ciò che sostengo da tempo. Questa è la ragione principale per cui sostengo che le religioni abbiano un impatto negativo sulla società.
È facile dire che "le cose stanno così perché l'ha voluto Dio".
Fortuna che esiste la scienza e che esistono gli atei, altrimenti adesso saremmo ancora a portare pietre sulla schiena per costruire l'ennesima piramide.[/quote]
Ti ringrazio, cheguevilla, perchè con la tua scienza e il tuo ateismo mi eviti di trascinare pietre.
Scherzi a parte, non mi risulta che la fede come risposta alla domanda di senso sia una comodità.
Almeno non è così per me, come non lo è per tanti credenti. Non nego che nella Chiesa esistano i
"bigotti", tuttavia ritengo che vivere come se un senso non ci fosse sia una scelta molto più facile
e meno combattuta da parte del singolo.
Inoltre non capisco quest'ostinazione a considerare la fede e la scienza incompatibili. A mio avviso
la tua affermazione denota ignoranza. Se non altro si dovrebbe tener presente che durante lo sfacelo
delle invasioni barbariche la vita brulicava nei monasteri e nelle abbazie, luoghi in cui il lavoro e la
preghiera di tanti monaci ponevano (almeno il primo, sulla seconda ognuno è libero di pensarla come
vuole) le fondamenta per la rinascita dell'Europa. Il solo pensiero che qualche monaco abbia ricopiato
con anni di fatica le commedie oscene di Plauto mi riempe di gratitudine. Suvvia, altro che "portare pietre"...
Giunto alla fine, subito dopo l'ultima parola, mi viene voglia di tornare all'inizio e chiedere scusa
. Quello che ho scritto è verboso e trasuda filosofia ad ogni frase. Avevo pensato di cancellarlo, ma ormai...
Per elgiovo: più che il comportare un allargamento della fede, la prova ontologica mi pare una manifestazione razionale della fede stessa. Mi spiego: la priorità del credere sull'intendere, il celebre credo ut intelligam agostiniano, guida tutta la ricerca di Anselmo e il motto viene rinnovato nella sua risposta a Gaunilone nel Liber Apologeticus, laddove ammette che il presupposto della prova è proprio la fede. Solo chi non manca di questa potrà realmente pensare l'essere maggiore di tutti.
E' un procedere tipico di certa scolastica (non tutta a dire il vero, si pensi ad esempio ad Abelardo) porre nelle premesse della ricerca il suo scopo. In questo modo l'indagine filosofica ne esce se non inutile perlomeno ridondante e soprattutto sterile per chi manca di quella fede che giustifica le fondamenta dell'argomentare. L'uso dell'aggettivo "stolto" segue da questi presupposti e si richiama al salmo XIII, lo stolto è colui "che disse in cuor suo: non c'è Dio." Non si tratta quindi solo di presunzione gnoseologica, la richiesta anselmiana implica un passo ulteriore. Dopo aver ammesso l'insufficienza dell'umano per la comprensione totale del cosmo, bisogna riconoscere un principio divino. Il salto logico non è da poco, ma non è facile esserne del tutto immuni. Per gli atei la tentazione più pericolosa è soggiacere ad una confusa mescolanza tra positivismo e ultimo Nietzsche, un'abberazione filosofica, e risolvere tutto il problema predicando un'assoluta fiducia nel potere dell'uomo e della sua volontà. Più modestamente ritengo (in linea con il pensiero empirista inglese) che l'uomo sia limitato per natura ma questa limitatezza non vedo come possa giustificare l'esistenza di qualcosa. Pretenderlo fa cadere in una versione della fallacia naturalistica, confondere essere, poter essere e dover essere.
Per quanto riguarda il medioevo penso che sia sbagliato riternerlo un periodo oscuro, così come un'epoca illuminata. In generale è arbitrario giudicare un periodo storico come felice o infelice. Si cela sotto enunciati di questo tipo una filosofia della storia che vuole attribuire la nozione di significato al naturale accumularsi degli eventi nel tempo, emblematica in questa direzione è la domanda: "qual è il senso della storia?". Su questo argomento è illuminante la lezione di Jacob Burckhardt, Felicità e fortuna, infelicità e sfortuna nella storia universale.
Detto questo non posso fare a meno di aggiungere che, da ateo, sono contento di essere nato in un'epoca nella quale mi posso così definire.

Per elgiovo: più che il comportare un allargamento della fede, la prova ontologica mi pare una manifestazione razionale della fede stessa. Mi spiego: la priorità del credere sull'intendere, il celebre credo ut intelligam agostiniano, guida tutta la ricerca di Anselmo e il motto viene rinnovato nella sua risposta a Gaunilone nel Liber Apologeticus, laddove ammette che il presupposto della prova è proprio la fede. Solo chi non manca di questa potrà realmente pensare l'essere maggiore di tutti.
E' un procedere tipico di certa scolastica (non tutta a dire il vero, si pensi ad esempio ad Abelardo) porre nelle premesse della ricerca il suo scopo. In questo modo l'indagine filosofica ne esce se non inutile perlomeno ridondante e soprattutto sterile per chi manca di quella fede che giustifica le fondamenta dell'argomentare. L'uso dell'aggettivo "stolto" segue da questi presupposti e si richiama al salmo XIII, lo stolto è colui "che disse in cuor suo: non c'è Dio." Non si tratta quindi solo di presunzione gnoseologica, la richiesta anselmiana implica un passo ulteriore. Dopo aver ammesso l'insufficienza dell'umano per la comprensione totale del cosmo, bisogna riconoscere un principio divino. Il salto logico non è da poco, ma non è facile esserne del tutto immuni. Per gli atei la tentazione più pericolosa è soggiacere ad una confusa mescolanza tra positivismo e ultimo Nietzsche, un'abberazione filosofica, e risolvere tutto il problema predicando un'assoluta fiducia nel potere dell'uomo e della sua volontà. Più modestamente ritengo (in linea con il pensiero empirista inglese) che l'uomo sia limitato per natura ma questa limitatezza non vedo come possa giustificare l'esistenza di qualcosa. Pretenderlo fa cadere in una versione della fallacia naturalistica, confondere essere, poter essere e dover essere.
Per quanto riguarda il medioevo penso che sia sbagliato riternerlo un periodo oscuro, così come un'epoca illuminata. In generale è arbitrario giudicare un periodo storico come felice o infelice. Si cela sotto enunciati di questo tipo una filosofia della storia che vuole attribuire la nozione di significato al naturale accumularsi degli eventi nel tempo, emblematica in questa direzione è la domanda: "qual è il senso della storia?". Su questo argomento è illuminante la lezione di Jacob Burckhardt, Felicità e fortuna, infelicità e sfortuna nella storia universale.
Detto questo non posso fare a meno di aggiungere che, da ateo, sono contento di essere nato in un'epoca nella quale mi posso così definire.
"Sergio":
[quote="elgiovo"]su questo penso che siamo tutti sulla stessa barca: chi ha capito veramente e inequivocabilmente
il senso della storia e del tempo?
Ritengo pragmaticamente più interessante l'atteggiamento di chi prova a capire qualcosa del senso della storia, piuttosto che quello di chi rinuncia perché... tanto discende tutto da una volontà "superiore".
E direi anche che il "senso della scienza" sta tutto qui: cercare di capire, piuttosto che accettare un "credo". Non è forse questo il "senso" della vicenda di Galileo?[/quote]Questo è ciò che sostengo da tempo. Questa è la ragione principale per cui sostengo che le religioni abbiano un impatto negativo sulla società.
È facile dire che "le cose stanno così perché l'ha voluto Dio".
Fortuna che esiste la scienza e che esistono gli atei, altrimenti adesso saremmo ancora a portare pietre sulla schiena per costruire l'ennesima piramide.
A questo punto è necessario contestualizzare ancora:
per "stolto" Anselmo intende uno con le ali tappate, ovvero incapace di usare la ragione fino
ad affermare che la ragione stessa non può comprendere il senso delle cose e dei fatti del mondo,
(su questo penso che siamo tutti sulla stessa barca: chi ha capito veramente e inequivocabilmente
il senso della storia e del tempo?). Nel MedioEvo erano tutti (o quasi) credenti, perciò la risposta alla
domanda di senso dell'uomo era immediata; non scontata, ma immediata. Da questo punto di vista
per il cristiano il MedioEvo non è un'epoca buia, in quanto coloro che ne facevano parte avevano
una visione molto più illuminata, pur nell'ignoranza, di tanti cristiani del nostro tempo. Oggi non è
così: non è più immediato che la risposta di uno risieda in Dio. Perciò, per quanto detto prima,
non mi sentirei offeso leggendo lo "stolto" di Anselmo.
per "stolto" Anselmo intende uno con le ali tappate, ovvero incapace di usare la ragione fino
ad affermare che la ragione stessa non può comprendere il senso delle cose e dei fatti del mondo,
(su questo penso che siamo tutti sulla stessa barca: chi ha capito veramente e inequivocabilmente
il senso della storia e del tempo?). Nel MedioEvo erano tutti (o quasi) credenti, perciò la risposta alla
domanda di senso dell'uomo era immediata; non scontata, ma immediata. Da questo punto di vista
per il cristiano il MedioEvo non è un'epoca buia, in quanto coloro che ne facevano parte avevano
una visione molto più illuminata, pur nell'ignoranza, di tanti cristiani del nostro tempo. Oggi non è
così: non è più immediato che la risposta di uno risieda in Dio. Perciò, per quanto detto prima,
non mi sentirei offeso leggendo lo "stolto" di Anselmo.
"elgiovo":
Per Lorenzo Pantieri: come ho già detto in precedenza, la mia opinione è che nè San Tommaso nè Sant'Anselmo abbiano voluto dimostrare l'esistenza di Dio, ma piuttosto si siano accorti...
Personalmente apprezzo molto questa tua visione "liberale" e "aperta" delle cose. Tuttavia, quando S. Anselmo dà dell'«insipiente» e dello «stolto» a chi non condivide le sue idee (errate, per inciso: quella "dimostrazione" è sbagliata), beh, questo non mi pare esattamente in linea con la tua visione.
"Anselmo":
Non si può pensare che Egli non esista [...] Perché dunque disse lo stolto in cuor suo: Dio non esiste, quando è così evidente alla mente razionale che tu sei più di ogni altra cosa? Perché, se non perché è stolto e insipiente?
"elgiovo":
Tra l'altro, mi dispiace che nelle scuole (almeno nella mia era così) tale "prova" venga resa avulsa dal suo contesto naturale.
Attenzione però a non cadere nell'errore uguale e contrario (e classico): rispondere a una citazione obiettando che è "fuori contesto", citando a propria volta un passo anch'esso fuori contesto! Di certo, il Medioevo non è stato l'epoca del "politicamente corretto"...

Ciao,
L.
Per Lorenzo Pantieri: come ho già detto in precedenza, la mia opinione è che nè San Tommaso nè
Sant'Anselmo abbiano voluto dimostrare l'esistenza di Dio, ma piuttosto si siano accorti di come la
realtà che li circondava li rimandasse a qualcosa che eccedeva la loro ragione, e per la comprensione
del quale era necessario un "allargamento" della stessa, la fede.
Vorrei postare perciò un frammento di Sant'Anselmo, tratto dal Proslogion:
Segue la "prova" ontologica:
Tra l'altro, mi dispiace che nelle scuole (almeno nella mia era così) tale "prova" venga resa avulsa dal
suo contesto naturale. Conservo questo mio giudizio anche su Tommaso.
Sant'Anselmo abbiano voluto dimostrare l'esistenza di Dio, ma piuttosto si siano accorti di come la
realtà che li circondava li rimandasse a qualcosa che eccedeva la loro ragione, e per la comprensione
del quale era necessario un "allargamento" della stessa, la fede.
Vorrei postare perciò un frammento di Sant'Anselmo, tratto dal Proslogion:
"Anselmo d'Aosta":
Volgendo spesso e con impegno il mio pensiero a questo problema, a volte mi sembrava di poter ormai afferrare ciò che cercavo, altre volte invece sfuggiva completamente al mio pensiero; finché finalmente, disperando di poterlo trovare, volli smettere di ricercare qualcosa che era impossibile trovare. Ma quando volli scacciare da me quel pensiero perché, occupando la mia mente, non mi distogliesse da altri problemi dai quali potevo ricavare qualche profitto, allora cominciò a presentarsi con sempre maggior importunità [...]. Ma povero me, uno dei poveri figli di Eva, lontani da Dio, che cosa ho cominciato a fare e a che cosa sono riuscito? A che cosa tendevo e a che cosa sono giunto? A che cosa aspiravo e di che sospiro?
Segue la "prova" ontologica:
"Anselmo d'Aosta":
O Signore, tu non solo sei ciò di cui non si può pensare nulla di più grande (non solum es quo maius cogitari nequit), ma sei più grande di tutto ciò che si possa pensare (quiddam maius quam cogitari possit) [...]. Se tu non fossi tale, si potrebbe pensare qualcosa più grande di te, ma questo è impossibile.
Tra l'altro, mi dispiace che nelle scuole (almeno nella mia era così) tale "prova" venga resa avulsa dal
suo contesto naturale. Conservo questo mio giudizio anche su Tommaso.
"Volvox":
Io sono credente (Cattolico).
Come può l'uomo voler dimostare l'esistenza di qualcosa di più grande di se stesso?
Se poi uno sente la necessità di azzardare una dimostrazione logica dell'esistenza di Dio, vuol dire che non ha nemmeno la fede, e questo lo si può dire già a priori.
Se poi "disgraziatamente" arriverebbe ad una conclusione per cui secondo i suoi ragionamenti Dio esiste o non esiste, buon per lui, e che buon pro gli faccia!, comunque credo che la sua credenza non abbia nulla di spirituale...
Eh, quanta sicurezza che hanno i giovani!

che, giustamente, san Tommaso è sempre stato proposto dalla Chiesa come maestro di pensiero e modello del retto modo di fare teologia.
Quel "sempre" (testuale) non è forse irreprensibile, logicamente parlando...

Io sono credente (Cattolico), ma credo che non abbia nessun valore un approccio "intelligente" alla questione relogiosa. La credenza nell'esistenza di Dio, è noto, si fonda sulla fede. Non sulla logica, non sulla convenienza, non sulla scientificità. Mi chiedo, come si può avere la superbia, l'arroganza, di cercare di spiegare e dimostrare l'esistenza di Dio attraverso la logica, partendo dall'esperienza sensibile, quando lo stesso oggetto di indagine non appartiene alla realtà sensibile, bensì ad un piano sovrasensibile?
Come può l'uomo voler dimostare l'esistenza di qualcosa di più grande di se stesso? Cioè il presupposto basilare che ci consente di dire qualcosa sull'oggetto esaminato manca: l'uomo non può, a mio modestissimo parere, suppore di poter contemplare e pretendere di conoscere, con tanto di arroganza, qualcosa che già lui prevede essere infinito e intangibile (Dio).
Il grande Kant affermava, giustamente, a mio avviso, che la metafisica non è una scienza in quanto non possiamo formulare dei giudizi universali e costruttivi su di essa, non esistendo la possibilità di farne esperienza. Se poi uno sente la necessità di azzardare una dimostrazione logica dell'esistenza di Dio, vuol dire che non ha nemmeno la fede, e questo lo si può dire già a priori. Se poi "disgraziatamente" arriverebbe ad una conclusione per cui secondo i suoi ragionamenti Dio esiste o non esiste, buon per lui, e che buon pro gli faccia!, comunque credo che la sua credenza non abbia nulla di spirituale...
Come può l'uomo voler dimostare l'esistenza di qualcosa di più grande di se stesso? Cioè il presupposto basilare che ci consente di dire qualcosa sull'oggetto esaminato manca: l'uomo non può, a mio modestissimo parere, suppore di poter contemplare e pretendere di conoscere, con tanto di arroganza, qualcosa che già lui prevede essere infinito e intangibile (Dio).
Il grande Kant affermava, giustamente, a mio avviso, che la metafisica non è una scienza in quanto non possiamo formulare dei giudizi universali e costruttivi su di essa, non esistendo la possibilità di farne esperienza. Se poi uno sente la necessità di azzardare una dimostrazione logica dell'esistenza di Dio, vuol dire che non ha nemmeno la fede, e questo lo si può dire già a priori. Se poi "disgraziatamente" arriverebbe ad una conclusione per cui secondo i suoi ragionamenti Dio esiste o non esiste, buon per lui, e che buon pro gli faccia!, comunque credo che la sua credenza non abbia nulla di spirituale...
"Non prendetelo troppo seriamente... lascia veramente il tempo che trova, come la dimostrazione dell'esistenza debole di Babbo Natale."
Io credevo di essere stato duro con Pascal, così come mi capita di esserlo con chi ha grandi possibilità intellettuali e se ne dimentica, ma non avrei osato arrivare a tanto.
Sì, lo so che david_e si sta riferendo alla propria dimostrazione, non all'argomento di Pascal. Ma tant'è...
Io credevo di essere stato duro con Pascal, così come mi capita di esserlo con chi ha grandi possibilità intellettuali e se ne dimentica, ma non avrei osato arrivare a tanto.

Sì, lo so che david_e si sta riferendo alla propria dimostrazione, non all'argomento di Pascal. Ma tant'è...
Sono interessanti le costruzioni logiche e i tentativi di una dimostrazione matematica dell'esistenza di Dio...però come ben si sa le ipotesi di partenza possono essere anche diverse così si cambia il risultato finale. I tentativi filosofici di dimostrare Dio, possono essere ben costruiti...però anche qui partiamo da alcune ipotesi per arrivare ad un risultato o all'opposto. La mia osservazione, postata precedentemente, non da una risposta è solo una riflessione. Per quelli che non credono in un Essere Primo come possono spiegare questa mia osservazione? Io ho messo come punto di partenza il big-bang.... però sicuramente leggi per portare la materia ad aggregarsi erano già esistenti prima del big.bang.
A.B.
A.B.