Grothendieck Alexander è morto!

j18eos
La geometria algebrica, un pò tutta la matematica ed anche il mondo, non saranno più gli stessi.

Il re è morto, lunga vita al re! :cry:

Grothendieck Alexander, 28/III/1928 - 13/XI/2014

Risposte
FE7
Mi sono completamente dimenticato...

jitter1
"jitter":
Seminario su Grothendieck alla statale di Milano, 23 marzo:

http://www.matematica.unimi.it/ecm/home ... DIRE-31354


E' domani. Io penso di andare, ma lo saprò con certezza domattina.

j18eos
Io no: troppo lontano! :)

FE7
Seminario su Grothendieck...

Chi va?

jitter1
Seminario su Grothendieck alla statale di Milano, 23 marzo:

http://www.matematica.unimi.it/ecm/home ... DIRE-31354

j18eos
Ogettivamente parlando, non so di cosa stia parlando PG.O.;

tra gli allievi di Grothendieck, ricordo che Verdier è coautore di SGA4 e Deligne si è dato (anche) alla teoria delle stringhe;

inoltre, Serre ha sempre sostenuto di essere rimasto in buoni contatti col defunto Alexander.

Se poi, il caro PG.O. si riferisce alla follia di Alexander di aver disconosciuto tutta la sua opera matematica: affermo che ha commesso un perfido omissis![ot]
"FE":
@ j18eos
...Dopotutto, per quanto ne so io, ..., PG. O. [NdR] era un matematico di livello internazionale!
Anch'io sapevo così, ma poi...[/ot]

FE7
@ j18eos
Sono tendenzialmente d'accordo con il tuo giudizio , o almeno tendo a non interessarmi di ciò che dice quando non parla di matematica. Tuttavia, pensavo di potergli attribuire una certa autorevolezza limitatamente a quando parla , come nell'articolo citato, di (storia della) matematica. Dopotutto, per quanto ne so io, quando ancora non impiegava il suo tempo a scrivere libri perculando i fedeli, era un matematico di livello internazionale!

j18eos
@FE Le parole si pesano dalla bocca da cui escono! E il caro PG. O. ha la bocca leggera e la lingua molto sciolta...

DavideGenova1

FE7
IL 13 novembre scorso è morto Alexander Grothendieck, considerato uno dei più importanti e influenti matematici della seconda metà del Novecento. I media si sono concentrati sugli aspetti folcloristici della sua vita, presentandolo come l’esempio archetipico del binomio “genio e sregolatezza”: anche perché sarebbe stato difficile descrivere in parole semplici le nozioni da lui introdotte. Grothendieck è stato infatti il campione dell’astrattezza e dell’astrazione, che pure la scuola francese aveva portato a livelli stratosferici. A partire dagli anni ’30 il fantomatico gruppo Bourbaki aveva infatti già prodotto i monumentali Elementi di matematica, che dispiegarono le ali dei professionisti, ma tarparono quelle degli studenti di mezzo mondo, imponendo la “nuova matematica” nelle scuole.
Fu così che ai ragazzi si ammannirono insiemi invece di numeri, e spazi vettoriali invece di geometria, generando più confusione che
comprensione. Perché l’astrazione, in matematica come in musica e pittura, dev’essere il punto d’arrivo, e non quello di partenza. Se ne accorse lo stesso Grothendieck, che dopo aver creduto di poter risolvere i grandi problemi generalizzandoli selvaggiamente, fu sorpassato dai propri allievi e scaricò su di essi la propria furia, per nulla astratta e molto concreta, in una sorta di tardivo ripensamento.

Riporto qui un articolo di Odifreddi su Grothendieck, scritto su Repubblica. In particolare, qualcuno mi spiega/dà qualche notizia in più su la parte in grassetto?

Epimenide93
"Leonardo89":

Guarda che moltissimi matematici rifiutano totalmente di pensare in termini di schemi, fasci e categorie modello! E non sto parlando solo di analisti ma anche di algebristi (i quali, di solito, vengono considerati più teorici)! Tra molti matematici la teoria della categorie viene ancora mal sopportata o ritenuta una mera incomprensibile riformulazione di risultati già noti.

Questo lo so (anche se non pensavo fosse un problema esteso anche agli algebristi), e lo trovo ridicolo, così come trovo ridicolo che un programmatore haskell sappia cos'è una monade e molti matematici no. Ma la storia recente sta dimostrando piuttosto bene che certi rami della geometria e dell'algebra senza categorie non vanno da nessuna parte, e se forse noi non saremo ancora in vita per vederlo sono piuttosto convinto che prima o poi la matematica verrà insegnata fondandola sul concetto di topos (grazie ai logici e agli informatici, non certo grazie ai matematici), quindi i matematici in controtendenza sono un fenomeno contingente che lascia il tempo che trova, com'è già successo a chi andava contro la teoria della relatività o la meccanica quantistica.

"Leonardo89":
Riguardo alle applicazioni della matematica pura da te menzionate: non dico che non esistano e sono lieto che ci siano persone che se ne interessano.
Un conto, però, è se dalla biologia sorge un problema e un biologo o un matematico applicativo notano che un certo settore della matematica potrebbe aiutare, un altro conto è se un matematico puro decide improvvisamente che deve esistere un'applicazione della sua ricerca alla biologia. (...) alcune applicazioni non scaturiscono naturalmente da un certo programma di ricerca.

Su questo sono d'accordo con te, e trovo che non avrebbe neanche senso cercare di "divulgare" una teoria matematica in fase embrionale, mentre la ricerca è ancora in corso. Se noti, tutti gli esempi che ho fatto, dai numeri complessi all'omologia persistente, erano tutte teorie ben sedimentate quando hanno trovato applicazione. Ma il Cartan-Eilenberg è uscito quasi sessant'anni fa e da allora le basi dell'algebra omologica sono cambiate pochissimo, le basi della teoria delle categorie (parlo ovviamente degli argomenti che si possono trovare nel MacLane o nel primo volume del Borceux) sono giunte a saturazione almeno quanto la topologia generale e il primo lavoro di Quillen in cui si parla in forma compiuta di categoria modello è del 67, anno in cui venne pubblicato l'ultimo volume degli EGA. Siamo abbastanza lontani dalle frontiere della ricerca. Ma se un ipotetico chimico chiedesse ad un matematico cos'è una categoria e questi partisse attaccando una pippa sul paradosso di Russell, lo perderebbe in tre secondi netti. Se vogliamo sdoganare a chi si occupa di scienze applicate qualcosa che non sia solo l'algebra lineare e l'analisi in una variabile dovremmo cambiare prima di tutto l'approccio con cui vengono insegnati loro questi argomenti, visto che il più delle volte capiscono le ragioni per studiarli molto tempo dopo averlo fatto, e modernizzare le trattazioni inserendo in maniera soft argomenti più recenti (topologia, teoria della misura, categorie). Sarà idealismo spicciolo dovuto alla mia età, ma secondo me se intravedessero le applicazioni di queste cose sarebbero anche più disposti a studiarle. Ovviamente questo è un obiettivo riguardante l'insegnametno, non la ricerca, è chi prepara un corso per dei biologi che dovrebbe aprirsi alla biologia, va da sé che la matematica è troppo complessa perché chi lavora all'avanguardia della ricerca teorica possa preoccuparsi delle applicazioni, che non sia Lurie ad aprirsi ai biologi mi sembra una cosa comprensibile, se non ovvia. Chissà che un giorno non nasca un John Baez chimico o un John Baez biologo a spianare la strada ad una riappropriazione del linguaggio matematico da parte delle scienze applicate.

EDIT corretto un lapsus che stravolgeva il senso di una frase.

Leonardo891
"Epimenide93":
se i biologi o delle figure intermedie tra il matematico ed il biologo non imparano a pensare in termini di schemi, fasci e categorie modello, di certo le applicazioni non salteranno fuori dal nulla, e se i matematici non si interessano un minimo alle scienze applicate non saranno in grado di spiegar loro queste cose col giusto appeal.

Guarda che moltissimi matematici rifiutano totalmente di pensare in termini di schemi, fasci e categorie modello! E non sto parlando solo di analisti ma anche di algebristi (i quali, di solito, vengono considerati più teorici)! Tra molti matematici la teoria della categorie viene ancora mal sopportata o ritenuta una mera incomprensibile riformulazione di risultati già noti.
E tu parli di insegnare le categorie modello ai biologi! Tanti auguri! :lol:
Capiamoci: sarei contentissimo se tu ci riuscissi ma sono scettico.

Riguardo alle applicazioni della matematica pura da te menzionate: non dico che non esistano e sono lieto che ci siano persone che se ne interessano.
Un conto, però, è se dalla biologia sorge un problema e un biologo o un matematico applicativo notano che un certo settore della matematica potrebbe aiutare, un altro conto è se un matematico puro decide improvvisamente che deve esistere un'applicazione della sua ricerca alla biologia.
Per esempio, secondo te, mentre Andrew Wiles stava lavorando sull'ultimo teorema di Fermat doveva studiare biologia o chimica o cercare di applicare la sua ricerca alla computer grafica?
Altro esempio: Shinichi Mochizuki ha dimostrato, forse, e ripeto forse, la congettura abc. Secondo te la sua ricerca vale di meno perché non si è interessato (per quanto ne so) di biologia?
Questi sono solo due esempi a titolo esemplificativo ma non esaustivo per mostrare che, certe volte, alcune applicazioni non scaturiscono naturalmente da un certo programma di ricerca.

Considera, inoltre, che un ricercatore che deve ancora ottenere un posto a tempo indeterminato ha come suo obiettivo quello di pubblicare a livello più alto possibile nel suo settore! Non ha materialmente tempo di interessarsi di altre questioni diverse dal suo settore. Se sta lavorando su un problema di pura teoria dei gruppi da cui non scaturiscono naturalmente applicazioni cosa dovrebbe fare? Non scrivere gli articoli che gli servono per la carriera e a cui è interessato perché deve per forza colmare il divario tra i matematici e i biologi?

Epimenide93
"Leonardo89":
Il problema, comunque, è che bisogna specializzarsi o non si riesce a concludere niente in nessun ambito.
Sicuramente alcune aree della matematica possono dialogare con la biologia ma altre temo proprio di no. Non esistono, per esempio, applicazioni della teoria degli anelli (non necessariamente commutativi) in biologia (almeno per quanto ne so).
Di conseguenza un matematico potrebbe essere interessato a livello divulgativo dalla biologia ma non vedo come possa andare oltre.


Non condivido affatto questa visione. Un professore (topologo, si occupa di applicazioni della geometria alla robotica e alla visione artificiale) di cui ho avuto la fortuna di seguire un corso ebbe modo più volte di dire che "l'unica matematica che non si potrà mai applicare è quella che non si conosce", a volte provando a spiegarci come la geometria proiettiva trova applicazioni nei bracci robotici, a volte illustrandoci come l'omologia trovi applicazione nell'analisi delle immagini. Tempo fa ho avuto la fortuna di assistere ad un seminario su questa ricerca tenuto dal prof. Vaccarino, in pratica hanno utilizzato l'omologia persistente per studiare il comportamento del cervello di persone sotto l'effetto di sostanze psichedeliche, studio che con mezzi puramente statistici è impossibile, in quanto la rete neurale è "troppo connessa". In generale il fatto che esistano cose come questa dimostrano che (per fortuna) ti sbagli. Un altro esempio: la teoria dei nodi trova applicazioni in farmacologia. Qui puoi trovare un'applicazione alla biologia molecolare di un teorema sui rational tangle, qui alcuni metodi dello studio del DNA attraverso la teoria dei nodi.

Seguono considerazioni personali e forse immature, nate dalle mie limitate esperienze.

È la storia che si ripete, dubito che quando Gauss portava avanti i suoi studi sui numeri complessi stesse pensando agli elettrotecnici, e dubito che all'epoca potessero sembrare meno astratti di quanto lo sembri oggi uno stack. La matematica fornisce modelli, e non è raro che i matematici li portino avanti spinti dal puro senso estetico. I modelli più potenti trovano spesso applicazioni da parte di chi riesce a comprenderne i risultati finali, anche senza che costoro capiscano cosa c'è dietro (pensa ai tensori, o alle trasformate varie). I matematici dovrebbero rimanere coloro che dicono "tranquilli che in questi casi vale il teorema di Schwartz" e il resto degli scienziati quelli che lo applicano senza pensarci, se la scienza smette di parlare il linguaggio matematico il ciclo si interrompe.

Forse non esistono ancora applicazioni di alcuni rami della geometria algebrica o della topologia algebrica alla biologia, ma se i biologi o delle figure intermedie tra il matematico ed il biologo non imparano a pensare in termini di schemi, fasci e categorie modello, di certo le applicazioni non salteranno fuori dal nulla, e se i matematici non si interessano un minimo alle scienze applicate non saranno in grado di spiegar loro queste cose col giusto appeal. I matematici dovrebbero capire che svolgono un ruolo simile a quello dei linguisti, se si può insegnare l'italiano a qualcuno senza prima insegnargli il latino, il greco e chissà quante altre lingue morte si può anche spiegare ad un chimico il teorema di Van Kampen senza dimostrarglielo o senza sommergerlo di informazioni sulle presentazioni dei gruppi. Il problema sta tutto nell'approccio. Certo se il chimico non verrà mai a conoscenza del teorema difficilmente riconoscerà una sua istanza come possibile modello per un suo studio. Se pensi che esistono addirittura matematici che non conoscono un risultato tanto elementare (relativamente alla teoria in cui si sviluppa) ti rendi conto quanto la situazione sia tragica. Il divario che si è creato, secondo me si è creato perché chi è appassionato a certi aspetti astratti della matematica, la insegue e prova spesso repulsione non appena si parla di applicazioni (io sono ancora uno studente, e lo noto sulla mia pelle) e chi è interessato alle applicazioni prova repulsione per la matematica più concettuale o complessa, bollandola a priori come inapplicabile. Il problema sorge già tra i matematici in quanto solitamente un analista numerico ha la stessa voglia di studiare geometria algebrica di quella che un geometra ha di studiare i metodi numerici implementati in matlab (e alcuni professori lo fanno trasparire in maniera neanche troppo velata). La conseguenza è che la gente che insegna la matematica "più astratta", dà il proprio taglio alla trattazione attirando persone già predisposte, idem chi si occupa di insegnare la matematica "applicata". Il divario si allarga e la gente che si occupa di computational homotopy è rara come le mosche bianche. Se il ciclo si è rotto già tra i matematici si capisce che le altre scienze certe cose le vedranno col binocolo.

Per fortuna esistono delle eccezioni in tutti i versi. Ma mi pare di capire che siano poche. Gugo si meraviglia che i fruitori di un articolo di Nature possano non sapere cosa sia uno spazio complesso, e in effetti è una cosa tristissima, ma se un biologo termina la sua esperienza con la matematica già alla triennale non c'è da sorprendersi poi tanto. I biologi dovrebbero fare più matematica? Dal mio punto di vista sì, ma al contempo, sono proprio i matematici che devono rimboccarsi le maniche piantarla con l'esoterismo, e fornire delle motivazioni più vivide per chi non è interessato alla math for math's sake. Sono il primo a riconoscere che quello che faccio (e che spero di fare in futuro) lo faccio per il solo gusto di farlo, ed è evidente che sia così praticamente per qualunque matematico che si occupa di fare ricerca (dubito che Conway stesse pensando alla ricombinazione del DNA quando dimostrava il teorema dell'articolo che ho riportato su), ma secondo me si dovrebbe mostrare una maggiore apertura a chi vuole capire i risultati senza necessariamente padroneggiare la teoria. Se a più livelli chi lavora nelle applicazioni e chi lavora nella teoria (tra matematici stessi e tra matematici e altri scienziati) si aprissero a vicenda forse si potrebbe spezzare il trend in corso. È inutile aver paura di sporcarsi le mani, vale il solito esempio che si fa con gli ingegneri, un matematico che sa un po' di ingegneria non diventa improvvisamente meno rigoroso né un ingegnere che conosce la matematica meglio degli altri perde improvvisamente il suo pragmatismo. Però il tutto agevola la comunicazione, e vista l'estrema settorializzazione cui sono giunte le scienze, matematiche e non, è una cosa che può fare solo bene. Ma questo è solo il punto di vista di uno studente della triennale, che tra l'altro è il primo a razzolare male in tal merito (la mia visione della matematica è diametralmente opposta a quella che servirebbe per fare in maniera spontanea e naturale quanto dico).

j18eos
Leggo che esistono applicazioni della geometria algebrica tropicale alla biomatematica: click!

Leonardo891
"gugo82":
@Leo: Non ho capito il tuo commento.

Cerco di spiegarmi meglio.
Qui
"gugo82":
Una faccenda che, in qualche modo, getta una luce strana su ciò che è diventato il mondo della scienza e sulla distanza che ormai separa scienziati "sperimentali" e matematici.

tu hai parlato del divario tra scienziati sperimentali e matematici come di una cosa strana.
Io intendevo semplicemente dire che tanto strana non è, in quanto matematica e biologia sono discipline distinte e separate.
Certo, alcuni matematici, che fanno ricerca in alcuni particolari settori, possono applicare la loro ricerca alla biologia ma non vedo perché stupirsi tanto se c'è un divario enorme tra un biologo e un matematico che si occupa di geometria aritmetica o di anelli non commutativi. Non conosco modi per applicare la geometria aritmetica alla biologia.

Naturalmente ciò non toglie che scienziati, matematici e ingegneri dovrebbero avere un solida conoscenza di base tecnico-scientifica comune almeno al livello di una scuola superiore "avanzata" o dei primi anni di università (a seconda del sistema scolastico vigente nello stato in questione).
Non mi stupisco, però, del divario a livello di argomenti di ricerca o di divulgazione più o meno spinta.

"gugo82":
Ed infatti, si dirà, io e i miei colleghi mica pubblichiamo su Nature (impact factor 42.317), al massimo su Annals of Mathematics (I.F. 3) oppure su Journal of A.M.S. (I.F. 3.5), ma più probabilmente su riviste con I.F. compreso tra 2.5 e 1.2. :smt012

E tu sei un analista! Pensa agli algebristi, allora! Almeno i lavori sulle PDE potrebbero venir citati da fisici e ingegneri...

Ad ogni modo non so quanto senso abbia fare certi confronti: se un matematico si occupa di geometria aritmetica, per esempio, l'importante è che sia capito e citato dai suoi colleghi e che i numeri riguardanti le sue pubblicazioni siano almeno pari o, meglio, superiori, ai numeri riguardanti le pubblicazioni dei suoi colleghi che si occupano di geometria aritmetica.
È ovvio che uno che si occupa di matematica applicata avrà un maggior numero di pubblicazioni o che un biologo potrà pubblicare su riviste con IF maggiore.

Non so se sono riuscito a spiegarmi. :-k

gugo82
@Leo: Non ho capito il tuo commento.

Il fatto è che una rivista di biologia ha chiesto un necrologio su uno dei matematici più importanti degli ultimi 60 anni a dei matematici (perché erano gli unici che, per background, potessero cercare di spiegare semplicemente il lavoro di Grothendieck), ma la stessa rivista ha rifiutato l'articolo perché "troppo tecnico", adducendo come motivo il fatto che:
‘higher degree polynomials’, ‘infinitesimal vectors’ and ‘complex space’ (even complex numbers) were things at least half their readership had never come across.

Ora, non è mia intenzione sindacare la presunta ignoranza della Matematica da parte di "specializzati" in altri settori; quello che mi spaventa è il retro-pensiero dell'editor di Nature che ha rigettato un articolo scritto da un Field medalist, cioè che più della metà dei lettori della rivista non avesse alcuna intenzione di aprire una pagina di WIKIpedia per cercare di capire, non dico il lavoro di Grothendieck, ma almeno che cos'è un "polinomio di grado più grande" [di 2, ovviamente] o uno "spazio complesso".
Mah... Sarò scemo io, che quando mi capita di leggere qualche articolo scientifico o sfizioso scritto da Fisici, Ingegneri o anche Matematici Applicativi, mi vado a leggere almeno la letteratura di base sull'argomento; saranno scemi i miei colleghi che studiano modelli epidemiologici, che se eleborano un modello per la diffusione del colera (ad esempio), si vanno a spulciare le enciclopedie mediche e le statistiche.
Ed infatti, si dirà, io e i miei colleghi mica pubblichiamo su Nature (impact factor 42.317), al massimo su Annals of Mathematics (I.F. 3) oppure su Journal of A.M.S. (I.F. 3.5), ma più probabilmente su riviste con I.F. compreso tra 2.5 e 1.2. :smt012

jitter1
"Camillo":
Sabato prossimo 6/12 Il Corriere della Sera pubblicherà un libro dal titolo :
Matematica ribelle. Le due vite di Alexander Grothendieck


E’ davvero una bella biografia, molto ben scritta e vivacemente contestualizzata nella storia del pensiero.
Ho apprezzato il fatto che il ritratto di Grothendieck delineato nel testo riesca, a mio avviso, ad andare oltre la mera curiosità biografica e non scada mai in una presentazione caricaturale e stereotipata delle eccentricità del genio.
Forse mi sarei aspettata di ricavare, dalla lettura, un barlume di comprensione delle idee di Grothendieck, mentre viene dedicato poco spazio al contenuto matematico. Non so gli autori abbiano preferito semplicemente dedicarsi solo all’aspetto storico e biografico, oppure se la loro scelta sia dovuta al fatto che le nozioni della geometria algebrica sono troppo avanzate per essere presentate in modo divulgativo. In ogni caso, è meglio una biografia ben fatta, come questa, che un miscuglio malriuscito tra la “cronologia di una vita” e l’impossibile (?) trattazione divulgativa di concetti complessi.

j18eos
Schiettamente e con tutto rispetto ed ammirazione per Mumford[nota]Che sa scrivere, sia articoli che libri di testo di geometria algebrica.[/nota] e per gli altri utenti qui intervenuti: l'unica novità che apprendo è che Tate è ancora vivo!

Leonardo891
Se ne parla anche qui.
"gugo82":
Una faccenda che, in qualche modo, getta una luce strana su ciò che è diventato il mondo della scienza e sulla distanza che ormai separa scienziati "sperimentali" e matematici.

Il problema, comunque, è che bisogna specializzarsi o non si riesce a concludere niente in nessun ambito.
Sicuramente alcune aree della matematica possono dialogare con la biologia ma altre temo proprio di no. Non esistono, per esempio, applicazioni della teoria degli anelli (non necessariamente commutativi) in biologia (almeno per quanto ne so).
Di conseguenza un matematico potrebbe essere interessato a livello divulgativo dalla biologia ma non vedo come possa andare oltre.

gugo82
Una curiosa faccenda che convolge David Mumford (Field medalist nel 1974 per ricerche nel campo della Geometria Algebrica, ora è docente di Matematica Applicata e svolge ricerche sui modelli matematici per la visione), la rivista Nature (una delle più importanti riviste scientifiche del pianeta) e Grothendieck è raccontata dal Mumford stesso in questo post del suo blog... Una faccenda che, in qualche modo, getta una luce strana su ciò che è diventato il mondo della scienza e sulla distanza che ormai separa scienziati "sperimentali" e matematici.

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