Discussione sulla bibbia e sulla religione
Apro questo post per dar la possibiltà di continuare il discorso iniziato qui
veridicita-affermazione-su-zichichi-t98730-70.html
Personalmente ritengo che la più interessante discussione sulla religione può essere vista qui:
http://www.youtube.com/watch?v=9N900U_W0PU
http://www.youtube.com/watch?v=tIdWKjo0 ... ure=relmfu
veridicita-affermazione-su-zichichi-t98730-70.html
Personalmente ritengo che la più interessante discussione sulla religione può essere vista qui:
http://www.youtube.com/watch?v=9N900U_W0PU
http://www.youtube.com/watch?v=tIdWKjo0 ... ure=relmfu
Risposte
"retrocomputer":
[quote="giuliofis"]
A me sì. Che si dichiarino genericamente cristiani e si sbattezzino se non credono nei dogmi della confessione cattolica. Ci sono tante altre confessioni cristiane, e chissà che tra queste ve ne sia qualcuno più vicina al loro credo personale.
E se poi diventano testimoni di geova?[/quote]
E quale sarebbe il problema?

Se non sono cattolici, continuare a dichiararsi tali (ed esserlo formalmente e legalmente) non ha senso.
"Sergio":
Non barare![]()

"giuliofis":
A me sì. Che si dichiarino genericamente cristiani e si sbattezzino se non credono nei dogmi della confessione cattolica. Ci sono tante altre confessioni cristiane, e chissà che tra queste ve ne sia qualcuno più vicina al loro credo personale.
E se poi diventano testimoni di geova?
"Sergio":
Purtroppo questi discorsi risentono molto del fatto che viviamo in Italia, un paese in cui la religione ha un peso abnorme.
Aspetta, credere e religione non sono la stessa cosa. Mi pare che il link di wikipedia si riferisca agli irreligiosi, di cui gli atei sono un piccolo sottoinsieme, e anche gli agnostici. Ma la maggior parte degli irreligiosi crede, solo che non si riconosce in nessuna religione e spesso ne è anche ostile. Ma crede in qualcosa. Non so, gli spiritisti o i panteisti sono spesso irreligiosi, fanno probabilmente parte del 20%, ma io non mi sento di appartenere al loro stesso insieme perché io sono non credente, loro no.
"retrocomputer":
E comunque non mi dispiace che tanti cattolici si discostino dai loro dogmi ogni tanto, eh?
A me sì. Che si dichiarino genericamente cristiani e si sbattezzino se non credono nei dogmi della confessione cattolica. Ci sono tante altre confessioni cristiane, e chissà che tra queste ve ne sia qualcuno più vicina al loro credo personale.
Magari, così, si toglierebbe potere alla chiesa cattolica, che comincerebbe a pagare le tasse e a non monopolizzare la RAI. Chissà.
"giuliofis":
Tu una persona del genere, che non prega mai e non pensa mai ad una divinità se non quando gli viene chiesto: "Sei cattolico, vero?" e risponde: "Eccerto che sì!" lo consideri un credente?
Sì. Credere è un bisogno, non praticare. Un po' come mangiare è un bisogno, non lo è invece mangiare in un certo modo.
E comunque non mi dispiace che tanti cattolici si discostino dai loro dogmi ogni tanto, eh?
"retrocomputer":
Per certi versi il discorso di Sergio mi sembra più valido se rivolto alla vasta e variegata massa di credenti
Andiamoci piano, non la definirei così "stretta". Ci sono moltissime persone che si dichiarano "cattoliche" quando non vanno a messa e non condivido praticamente nessun dogma della chiesa cattolica e non riconoscono l'autorità del papa come dovrebbero fare. Sono, di fatto, atei (ateismo pratico), che continuano a dichiararsi cattolici perché così hanno sempre fatto ma che verso questa questione sono dei totali menefreghisti.
Tu una persona del genere, che non prega mai e non pensa mai ad una divinità se non quando gli viene chiesto: "Sei cattolico, vero?" e risponde: "Eccerto che sì!" lo consideri un credente?
"giuliofis":
Non credo sia il caso dell'ateismo. Anche un cattolico è ateo verso Zeus, Ra, Mitra, Amaterasu eccetera.
Non mi pare... Un cattolico è un credente, come sono credenti gli adoratori di Zeus. Semplicemente credono in divinità diverse (e neanche poi tanto diverse...). I secondi è più corretto chiamarli pagani, invece che non-credenti.
Per certi versi il discorso di Sergio mi sembra più valido se rivolto alla vasta e variegata massa di credenti, invece che alla stretta minoranza dei non credenti, stretta minoranza alla quale io appartengo, solo che mi rendo conto di essere un'eccezione e che l'essere umano ha bisogno di credere in qualcosa di soprannaturale, salvo, appunto, rare eccezioni...
"retrocomputer":
Esistono i non-vedenti, i non-udenti... A volte un "non" davanti dice molto...
"Sergio":
Potresti tranquillamente dire che esistono i ciechi e i sordi. Prova a farlo con gli atei
Non-vedente = cieco
Non-credente = ateo

"retrocomputer":
Esistono i non-vedenti, i non-udenti... A volte un "non" davanti dice molto...
Non credo sia il caso dell'ateismo. Anche un cattolico è ateo verso Zeus, Ra, Mitra, Amaterasu eccetera.
"Sergio":
Non sono un esperto di quelle discipline, ma mi viene in mente un possibile paragone geometrico. Se si considera l'insieme delle figure che è possibile disegnare su un piano, i triangoli sono tra queste. È possibile definire costruttivamente l'insieme dei triangoli, non mi pare possibile una definizione costruttiva dell'insieme dei non-triangoli. DIre che una figura non è un triangolo dice ben poco su cosa quella figura sia: si dice solo cosa quella figura non è, non si dice nulla su cosa è.
Esistono i non-vedenti, i non-udenti... A volte un "non" davanti dice molto...
"Sergio":
@hamming_burst: cos'è, avevo dimenticato una faccina?
A me non pare proprio che si possa parlare dell'"ateismo" come di un qualcosa che abbia libri sacri o paramenti. Tutto qui. E detta così è ovviamente solo una battuta.
Rimane il pensiero di fondo, già espresso: non riesco a vedere un "ateismo" come una sorta di corrente di pensiero organica e coordinata. Non vedo ovviamente libri sacri, ma nemmeno "sacri" in senso molto lato. Non mi risulta esista una "bibbia" (con tutte le virgolette del caso) dell'"ateismo". Sono esistiti ed esistono atei. Alcuni teorizzano in vario modo, altri si raccolgono in una "unione degli atei e degli agnostici razionalisti" (affari loro) ecc., ma credo proprio che i più siano atei e basta. Per quanto mi riguarda, non sento alcun bisogno di raccogliermi o confrontarmi con una/la "comunità spirituale" (con tutte le virgolette del caso - diciamo che si può anche togliere "spirituale") di seguaci dell'"ateismo".
Ne segue chiaramente, tra l'altro, che non ho né posso avere "materiale che definisca cosa sia l'ateismo". Così come vedrei difficile definire il "non-tifosismo" (quelli che non tifano per una squadra di calcio) o il "non-cocainismo" (quelli che non si fanno di cocaina): non tifano, non si fanno. Punto.
È per questo che da un lato mi fanno un po' sorridere paragoni stiracchiati tra "ateismo" e religione, dall'altra mi fa sorridere meno il tentativo di costringere gli atei, quindi anche me, in una categoria di comodo.
Qual è lo scopo? Sostenere che l'uomo non può vivere senza una qualche religione? Se è questo, dissento profondamente.
Se invece si tratta di una sorta di riflessione antropologica o sociologica, dubito che possa portare da qualche parte. Non sono un esperto di quelle discipline, ma mi viene in mente un possibile paragone geometrico. Se si considera l'insieme delle figure che è possibile disegnare su un piano, i triangoli sono tra queste. È possibile definire costruttivamente l'insieme dei triangoli, non mi pare possibile una definizione costruttiva dell'insieme dei non-triangoli. DIre che una figura non è un triangolo dice ben poco su cosa quella figura sia: si dice solo cosa quella figura non è, non si dice nulla su cosa è.
Condivido apPieno la tua ultima considerazione
"Sergio":
Alcuni teorizzano in vario modo, altri si raccolgono in una "unione degli atei e degli agnostici razionalisti" (affari loro)
A mio parere l'UAAR ha semplicemente sbagliato nome. Non c'entra nulla con l'ateismo e l'agnosticismo.
"Sergio":
[quote="hamming_burst"]Certamente è religione se possiede strumenti di diffusione (libri sacri, arte, immagini, edifici, ...) e una propria comunità spirituale (chiesa, stato, scuola, setta...) dove, se unite, possano creare una via, un cammino da seguire.
Prendo atto: hai appena detto che l'"ateismo" (comunque lo si voglia intendere) non è una religione.[/quote]
avevo scritto che mi riservavo di rifletterci meglio su quanto scrissi, tenendo conto del tuo commento, ma non vuol dire aver cambiato opinione ed ho ben pensato prima di proporre tal risposta. Ed altrettanto è proprio quel "comunque lo si voglia intendere" che fa la differenza da un'opinione personale, la mia come la tua (la tua è basata sulla tua vita a cui non mi permetterei di introdurre o confrontare), al coinvolgimento di reali movimenti o gruppi, tali che si definiscono atei, su cui ci si può basare perché: esistono tanti ateismi quanto atei (cit.).
Bene, visto che non mi piace molto come si è messa la discussione tra noi due, i disappunti possono starci ma una collera muta su tali tematiche non mi aggrada, se hai materiale che definisce cosa sia allora l'ateismo (come lo definisci te, che sia religione o meno) od un ateo, sono più che disponibile a leggerlo, e riflettere poi su quanto ho scritto. Sai bene, tenendo conto che non è la prima volta che scambi messaggi con me, che lo farò.
"Sergio":
E mi pare che neanche tu abbia una definizione di religione.
più o meno è così. Ma lo ritengo accettabile, come ogni questione per lo più astratta, anche considerando la tua riflessione che trovo interessante e che condivido in varie parti.
Si potrebbe dividere tale questione religiosa, in modo molto forumesco, nella categoria religioni e in religioni figurate.
Se ritengo religioni (denominate tali) che hanno dalla loro la prova del tempo e dello spazio, cioè riescono a superare più generazioni e luoghi, allora posso studiarle e tentare di descrivere la loro struttura comune (non le analogie e le differenze, ma il loro possibile modello). Tra questi potrei quindi definire ora religione come quell'insieme di riti, miti, verità e senso del sacro. Se te togli, io includerei; perché nel primo caso è certo che non avrai molto materiale su cui basarsi...
Tale definizione dovrebbe essere seguita da una applicazione che dia significato in modo più esaustivo possibile ai vari termini. Certamente è religione se possiede strumenti di diffusione (libri sacri, arte, immagini, edifici, ...) e una propria comunità spirituale (chiesa, stato, scuola, setta...) dove, se unite, possano creare una via, un cammino da seguire.
Con questo, voglio dire che non si possono separare gli elementi di etnografia, di architettura, da quelli misterici e mistici nella più ampia definizione. Come es. nel cristianesimo cattolico il Cristo elevato al Cielo, che esce dalla Bibbia (cristiana cattolica), non si può separare dalla Liturgia fatta da calice, ostie ed al centro l'altare[nota]cambiando confessione cristiana, si avrebbe una modifica quasi radicale, già nella disposizione del centro, es. in un protestantesimo si avrebbe il pulpito[/nota]; altro elemento importante che non si può separare è il luogo di riunione, come le cattedrali che sono esse stesse richiamo al Cristo elevato, attraverso la luce con le vetrate ed i rosoni; questi sono elementi essenziali che dimostrano una continuità temporale della religione stessa.
Invece, ritengo, una religione figurata o fittizia quello che può uscire dai racconti di Tolkien (come accennava vict ironicamente) o quello che può uscire dalle storielle sull'Invisibile Unicorno Rosa o del Prodigioso Spaghetto Volante, perché mancando gli elementi principali, rimangono religioni vuote (e senza fede). Se tale religione figurata, è comunque oggetto delle scienze religiose[nota]tutto ciò che riguarda lo studio delle religioni, dall'esterno all'interno, dall'antropologia alla metafisica[/nota] allora possiamo dire che utilizza gli strumenti della religione per imitarne la struttura; come utilizzare solo singole particolarità per costruirne a tavolino di nuove (culto della persona o degli animali, superstizioni, folklore, ...)[nota]la famosa frase, presa nel senso comune, "[la religione] è l'oppio dei popoli" l'applicherei in questo caso[/nota], di applicarla alla comunicazione per vender prodotti o di descriverne una nuova per riflettere sullo stesso concetto di religione (es. il pastafarianesimo, senza però i perditempo).
Questo non è comunque distante da quello che intendi te sul fatto che, a seconda di chi è interpellato, il significato di religione cambia, muta, si specializza o diventa ricorsiva.
"Sergio":
Una varietà già sufficiente, per quanto mi riguarda, a dimostrare che coloro che sostengono di essere in possesso dell'unica verità rivelata sono troppi per poterli prendere sul serio. Il vero problema è che sono loro a prendersi troppo sul serio.
qua ci starebbe un "e che cos'è la verità?" detta dal Pilato di Rossellini.

Sulle motivazioni del prendere sul serio una religione, è difficile dirlo. Come ha scritto qualcuno nei post precedenti (Epimenide93 mi pare) non esiste una ricetta generale, dipende da troppi fattori: dall'esperienza di vita, dal luogo in cui si vive, dal tipo di cultura, dalle motivazioni profonde (es. dai perché) o spicciole (avere i numeri del lotto), che ognuno possiede.
Personalmente potrei posporre il mio forma mentis e prendere sul serio una della molte religioni (senza relativismo) nel caso di avere una persona vicina che vi appartiene, ma senza abbracciarla, per lo più per comprendere in modo adeguato il suo modo di vedere la realtà. Oppure anche, in generale, per comprendere cose più complicate come la storia e la geografia del mondo.
Si può anche seguire una religione in senso lato, cioè non nel totale ma personale (anche se poco ortodosso e molto comune al giorno d'oggi); tenere conto solo di alcuni dettami/insegnamenti (etici, civil vivere, ...) che si incastrino bene nel tuo modo di vivere e che ti aiuti in qualcosa, dall'avere risposte nel più ampio spettro della realtà (dall'alto o dal basso)[nota]motivazioni che per alcuni sono anche motivi molto seri come: "giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta" e non sono pochi[/nota], per una scelta (come la considero nel post precedente), e via dicendo.
"Sergio":
Aspetto pratico: l'unica sede in cui tanti presunti possessori di verità assolute possono coesistere senza ammazzarsi è una società laica, che non li prenda sul serio, che consideri pragmaticamente la religione come uno dei tanti usi e costumi popolari. Da rispettare e tutelare, ma senza tollerare tentativi di prevaricazione e di condizionamento.
Premettendo che con società laica io lo interpreto come stato laico, società è qualcosa che ritengo differente.
Certamente è una questione complessa, rispetto a quanto già detto nel post precedente e da te ora, aggiungo solo un incisivo sulla parte sottolineata: tale stato dovrebbe riflettere cosa sia importante e darle il giusto peso; in nome di un perverso gioco di rispetto e di tolleranza non dovrebbe implicare la negazione della propria stessa storia, come quella di una nazione (un tempo chiamato patria), dei suoi cittadini (un tempo popolo) con i propri usi e costumi (dal folklore alla religione). Non dovrebbe quindi far finta di non conoscere, questo porterebbe all'effetto contrario di accentuare le stesse confessioni (in ogni situazione) ad urlare di più; ma comprendo che è relativamente difficile conciliare tutto.
Altresì, i tentativi di prevaricazione e condizionamento, ritengo che sia solo responsabilità diretta di tale stato accettarli (ascoltarli) o meno.
Con questo ho detto tutto e detto nulla, cerco di chiuderla qui comunque, sono andato ben oltre con questi pensieri sparsi. Non era mia intenzione interrompere il filone principale della discussione, qualunque esso sia stato.
Ti ringrazio Sergio per aver esposto il tuo pensiero in modo più approfondito. Sull'ateismo in particolare mi riservo di rifletterci meglio.
Per il resto, quel stiracchiare, generalizzare, che mi adduci di fare non è un metodo che mi sono inventato dopo una cena di panzerotti e peperonata; potrei solo ammettere che c'ho un po' giocato.
Il concetto di religione è applicabile a svariati campi/argomenti (inglobandolo, descrivendolo oppure solo utilizzandolo; a livelli diversi), e lo considero un tassello base per valutare la realtà umana ed altrettanto è un metro base che l'uomo utilizza quotidianamente, sia inconsapevolmente che volutamente. Per tassello intendo facente parte ad esempio di una scala di valori e bisogni, come in una particolare piramide di Maslow.
Tale concetto di religione, non lo ritengo imprescindibile[nota]aggiungo, per legarmi a quanto dici sulla società laica e definisco religione con significato tradizionale: il punto di vista religioso non lo ritengo imprescindibile, ma non sempre in questo caso. Non è applicabile su di una collettività con identità differenti, come può esserlo uno stato democratico. Anche considerando la non possibilità di conciliare mentalità differenti (meglio: è difficile farlo), mi auspico ci siano meno prevaricazioni possibili e che la dialettica sia il mezzo di conciliazione principale. Ma altrettanto se valutiamo i singoli, gli individui non vedo problemi nel ritenere le idee i valori di una religione (etica, leggi, ...) come più importanti di altri. Questo teoricamente è accettabile se una persona è coerente con il suo credo, dal culto a valori particolari (sarebbe paraculaggine in contrario); sempre considerando il punto di vista della collettività ma anche la libertà dei singoli. Poi ovviamente ci sono le istituzioni religiose, che non sono individui; qui avevo scritto qualcosa a riguardo per il loro punto di vista.[/nota] cioè non è l'unico metro alto e inviolabile, ma è uno singolo che fa media pesata per una qualche scelta (a tua discrezione la definizione di tal parola), c'è chi gli da più importanza chi meno, di certo non è una legge universale del comportamento umano, ma è presente in una sua parte.
Un esempio in due righe: se è applicato al mondo pubblicitario e la comunicazione di massa, si può utilizzare il concetto religioso di credulità. Ti vendo qualcosa utilizzando uno dei tuoi bisogni, come la cura del corpo, la bellezza.
Il venditore utilizzerà un linguaggio pseudo-scientifico (se vuole) come contiene destrutturanti della bruttezza, proteine iperforti, ...., è un prodotto biologico fatto con biodinamica. Per il consumatore della strada, dove la scienza è alle volte qualcosa di opaco, riterrà quasi magico tal prodotto. Entrambi venditore/consumatore consciamente ed inconsciamente potranno fare leva anche sulla credulità: sul concetto di ricerca dell'immortalità, della bellezza perfetta; concetto arcaico e disponibile nelle più svariate religioni (per analogie, le differenze sono palesemente enormi) ma ora svenduto con varie nuove ricette.
Ovviamente questo può ridursi ad una mia opinione, erronea può darsi, ma uscita da svariato tempo di riflessione dallo studio sulle e delle tematiche religiose (antropologia, storia, ..., metafisica) antiche, moderne e contemporanee. Se hai materiale da consigliare che riduce tale convinzione (del tutto estranea ad un assolutismo) sarei ben disponibile a leggerlo, sinceramente; altrettanto mi farebbe piacere leggere quale sia la tua definizione di religione.
Per il resto, quel stiracchiare, generalizzare, che mi adduci di fare non è un metodo che mi sono inventato dopo una cena di panzerotti e peperonata; potrei solo ammettere che c'ho un po' giocato.
Il concetto di religione è applicabile a svariati campi/argomenti (inglobandolo, descrivendolo oppure solo utilizzandolo; a livelli diversi), e lo considero un tassello base per valutare la realtà umana ed altrettanto è un metro base che l'uomo utilizza quotidianamente, sia inconsapevolmente che volutamente. Per tassello intendo facente parte ad esempio di una scala di valori e bisogni, come in una particolare piramide di Maslow.
Tale concetto di religione, non lo ritengo imprescindibile[nota]aggiungo, per legarmi a quanto dici sulla società laica e definisco religione con significato tradizionale: il punto di vista religioso non lo ritengo imprescindibile, ma non sempre in questo caso. Non è applicabile su di una collettività con identità differenti, come può esserlo uno stato democratico. Anche considerando la non possibilità di conciliare mentalità differenti (meglio: è difficile farlo), mi auspico ci siano meno prevaricazioni possibili e che la dialettica sia il mezzo di conciliazione principale. Ma altrettanto se valutiamo i singoli, gli individui non vedo problemi nel ritenere le idee i valori di una religione (etica, leggi, ...) come più importanti di altri. Questo teoricamente è accettabile se una persona è coerente con il suo credo, dal culto a valori particolari (sarebbe paraculaggine in contrario); sempre considerando il punto di vista della collettività ma anche la libertà dei singoli. Poi ovviamente ci sono le istituzioni religiose, che non sono individui; qui avevo scritto qualcosa a riguardo per il loro punto di vista.[/nota] cioè non è l'unico metro alto e inviolabile, ma è uno singolo che fa media pesata per una qualche scelta (a tua discrezione la definizione di tal parola), c'è chi gli da più importanza chi meno, di certo non è una legge universale del comportamento umano, ma è presente in una sua parte.
Un esempio in due righe: se è applicato al mondo pubblicitario e la comunicazione di massa, si può utilizzare il concetto religioso di credulità. Ti vendo qualcosa utilizzando uno dei tuoi bisogni, come la cura del corpo, la bellezza.
Il venditore utilizzerà un linguaggio pseudo-scientifico (se vuole) come contiene destrutturanti della bruttezza, proteine iperforti, ...., è un prodotto biologico fatto con biodinamica. Per il consumatore della strada, dove la scienza è alle volte qualcosa di opaco, riterrà quasi magico tal prodotto. Entrambi venditore/consumatore consciamente ed inconsciamente potranno fare leva anche sulla credulità: sul concetto di ricerca dell'immortalità, della bellezza perfetta; concetto arcaico e disponibile nelle più svariate religioni (per analogie, le differenze sono palesemente enormi) ma ora svenduto con varie nuove ricette.
Ovviamente questo può ridursi ad una mia opinione, erronea può darsi, ma uscita da svariato tempo di riflessione dallo studio sulle e delle tematiche religiose (antropologia, storia, ..., metafisica) antiche, moderne e contemporanee. Se hai materiale da consigliare che riduce tale convinzione (del tutto estranea ad un assolutismo) sarei ben disponibile a leggerlo, sinceramente; altrettanto mi farebbe piacere leggere quale sia la tua definizione di religione.
@Sergio: sinceramente mi sorprende un po' la tua risposta, sia come la esponi sia cosa scrivi, non me la aspettavo, ma tant'è.
Quello che comprendo è che possa non aver scritto in modo adeguato quello che volevo dire (è un mio limite), oppure ci siano delle incomprensioni. E' palese dire che non era mia intenzione scrivere un trattato sull'ateismo, che ne descrivesse la totale identità comune di un gruppo. Come ogni categoria o denominazione non è possibile contemplare ogni aspetto di essa, perché limitante, men che meno in venti righe su di un forum. Tra l'altro non ho mai fatto un accenno ai singoli ed agli individui, ma meglio e solo, alla storia ecc. di un fenomeno religioso.
Non ho mai fatto riferimento ad una definizione di Dio, nemmeno citato il Dio cristiano. Ho utilizzato la parola "dio" perché è la più comune parola che descrive una concezione astratta ed arcana, comprensibile a tutti. Forse qui è stato un mio errore non dire che non mi riferivo a nessuna in particolare, ma meglio che rimanevo nel punto di vista dell'ateismo su di un'idea generale (spiego meglio più avanti).
Ho sottolineato ben tre volte che per me "senza Dio" è una riduzione di tale fenomeno, per lo più ho detto che è una delle definizioni storiche e che si è evoluta contemplandola, ma anche mutandola in qualcosa di "al di là" di esso.
Utilizzare affermazioni di altre religioni, come la concezione di Dio di quella o quell'altra religione, non è sbagliato, perché nella sua storia, l'ateismo, utilizzava proprio tali assunti per descriversi.
qui ti do pienamente ragione nell'erroneo sottinteso che sembra esserci, dove tutti gli atei sono desolati.
Spiego meglio cosa intendevo: alcuni (anche storicamente) uscendo da un particolare credo e cercando di rifiutare la loro concezione di Dio, si potrebbero esser sentiti desolati/smarriti perché fino al giorno prima avevano certezze di un certo tipo; per questo, per naturale abitudine potrebbero (vedere condizione) cercare altrove bisogni che prima gli dava il loro credo (non è implicato "abbracciare").
Se leggi bene ciò che ho tentato di fare nel mio post, è stato giustificare perché l'ateismo lo ritengo (è) una religione.
Se è definito "bagaglio innato", "matrice comune" (qualunque cosa vogliano dire in sè, qualunque definizione tizio gli dia) quel qualcosa che popoli distanti praticano dall'inizio dei tempi e che ogni uomo possiede, allora anche gli atei posseggono tale soggetto. Tra le varie interpretazioni (speculazioni) che si possono dare a tal "bagaglio" c'è: considerarlo parte descrittiva del microcosmo del corpo (taoismo), archivio di informazioni per dare la possibilità all'uomo di ritrovare Dio (cristianesimo cattolico), l'idea stessa ed astratta di dio e la sua concezione (i new-atheist, ma non vorrei sbagliare, gli danno anche un nome, simile all'appendice anatomica), ...
Ora, per contestualizzare all'ateismo, che come dici non possiede propriamente la concezione di dio[nota]quel "vuoto a forma di Dio" lo interpreto in questo modo[/nota] (da considerare come il costrutto più generale possibile) come le altre religioni, per farlo deve prendere materiale dalle stesse altre religioni (cambiando terminologia, utilizzando costrutti linguistici, ...) allora mi domando se non si possa trovare un punto in comune a tutte le religioni per descrivere dio per loro.
Quindi quel dio nell'ateismo potrebbe sostituirsi, nel significato, con le preoccupazioni fondamentali. Tali preoccupazioni, domande, ovviamente non si esauriscono con i due semplici esempi che ho posto (dove andiamo, chi siamo), ma possono esser ben altro. Dai pensieri del quotidiano per arrivare ad un obiettivo (esser un buon padre), ma anche domande che ci si può fare anche una sola volta della vita, come l'uomo di fronte alla morte, la propria o quella di qualcuno a noi vicino; del culto stesso dei morti.
Porto un esempio: una parte della nostra società contemporanea alcuni la definiscono società laica, altri utilizzano indifferente, oppure anche agnostica. Tale società è considerata post-atea, perché l'ateismo è giudicato essere stato (oppure è) uno momento di transizione (nella sua storia ci sono vari esempi) per far nascere da esso qualcosa di nuovo. Eliminato quello che è Dio, per alcuni un'idea, per altri un anatema, altri un non-signifcato, si cerca proprio di ridefinire le risposte, i riti, perché si ignora completamente ciò che le religioni tradizionali e moderne dicevano fino a ieri in modo diffuso.
Se il culto dei morti è praticamente sparito in questa (suddetta) società laica, non è difficile immaginare nuovi eventi spontanei di omaggio ai defunti. Altari di fiori e messaggi individuali (non più collettivi) ai lati delle strade, gang americane (con identità collettive spesso dimostrate da tatuaggi) che si fermano per un morto (non provocato) della fazione avversa, inventando un rito che possa far sentire la vicinanza; esempi si sprecano.
Tale società post-atea, ignorando il vecchio per creare del nuovo, non vuol dire che si abbandoni tutto quello creato nel passato, le preoccupazioni fondamentali rimangono; tanto che è comune il ritorno alle vecchie tradizioni[nota]in senso positivo (spiritualità) che negativo (fondamentalismo)[/nota](pochi punti percentuali) perché non soddisfa la realtà come è diventata.
Cosa voglio dire con tutto questo parlare (dove ci sarebbe altro da dire), che se te ritiene il "non-credere in" od il non porsi domande particolari, un qualcosa che non ha significato, questa è una tua visione personale, come lo è qualsiasi opinione (anche la mia potrebbe) su di un fenomeno ben più generale, che segue complessità collettive, concezioni mutevoli e contemporanee novità.
Quello che comprendo è che possa non aver scritto in modo adeguato quello che volevo dire (è un mio limite), oppure ci siano delle incomprensioni. E' palese dire che non era mia intenzione scrivere un trattato sull'ateismo, che ne descrivesse la totale identità comune di un gruppo. Come ogni categoria o denominazione non è possibile contemplare ogni aspetto di essa, perché limitante, men che meno in venti righe su di un forum. Tra l'altro non ho mai fatto un accenno ai singoli ed agli individui, ma meglio e solo, alla storia ecc. di un fenomeno religioso.
"Sergio":
Cosa vuol dire? Semplice: non mi pongo il problema. Tutto qui. Ne ho ben altri a cui pensare!
A chi mi chiedesse: "vuoi dire che non credi in Dio?", risponderei semplicemente che la sua domanda è priva di significato, visto che ciò che sottintende dipende da chi pone la domanda. Non esiste un "credere in Dio", esistono infiniti "credere in Dio", e anche in più di uno (ad es., per un musulmano il cattolicesimo è una religione politeista). Quindi "DIo" non vuol dire proprio nulla.
Non ho mai fatto riferimento ad una definizione di Dio, nemmeno citato il Dio cristiano. Ho utilizzato la parola "dio" perché è la più comune parola che descrive una concezione astratta ed arcana, comprensibile a tutti. Forse qui è stato un mio errore non dire che non mi riferivo a nessuna in particolare, ma meglio che rimanevo nel punto di vista dell'ateismo su di un'idea generale (spiego meglio più avanti).
"Sergio":
Spacciare il mio non credere -- che non è negare qualcosa, ma negare il significato di quel qualcosa -- per una "religione senza Dio" è un contorcimento intestinale prima ancora che cerebrale.
Ho sottolineato ben tre volte che per me "senza Dio" è una riduzione di tale fenomeno, per lo più ho detto che è una delle definizioni storiche e che si è evoluta contemplandola, ma anche mutandola in qualcosa di "al di là" di esso.
Utilizzare affermazioni di altre religioni, come la concezione di Dio di quella o quell'altra religione, non è sbagliato, perché nella sua storia, l'ateismo, utilizzava proprio tali assunti per descriversi.
"Sergio":
Non vivo nella desolazione (!!!)
qui ti do pienamente ragione nell'erroneo sottinteso che sembra esserci, dove tutti gli atei sono desolati.
Spiego meglio cosa intendevo: alcuni (anche storicamente) uscendo da un particolare credo e cercando di rifiutare la loro concezione di Dio, si potrebbero esser sentiti desolati/smarriti perché fino al giorno prima avevano certezze di un certo tipo; per questo, per naturale abitudine potrebbero (vedere condizione) cercare altrove bisogni che prima gli dava il loro credo (non è implicato "abbracciare").
"Sergio":
Non ho bisogno di "credere" in qualcosa che, avendo infiniti significati, non ne ha nessuno.
[..]
non ho "un vuoto a forma di Dio" (che non significa assolutamente nulla). Chi lo dice, dimostra piuttosto che "crede" in non-si-sa-bene-che perché sente il bisogno di colmare un qualche suo vuoto, che io non ho.
[...]
Ne ho ovviamente altri, come chiunque, ma un tantino più concreti.
Se leggi bene ciò che ho tentato di fare nel mio post, è stato giustificare perché l'ateismo lo ritengo (è) una religione.
Se è definito "bagaglio innato", "matrice comune" (qualunque cosa vogliano dire in sè, qualunque definizione tizio gli dia) quel qualcosa che popoli distanti praticano dall'inizio dei tempi e che ogni uomo possiede, allora anche gli atei posseggono tale soggetto. Tra le varie interpretazioni (speculazioni) che si possono dare a tal "bagaglio" c'è: considerarlo parte descrittiva del microcosmo del corpo (taoismo), archivio di informazioni per dare la possibilità all'uomo di ritrovare Dio (cristianesimo cattolico), l'idea stessa ed astratta di dio e la sua concezione (i new-atheist, ma non vorrei sbagliare, gli danno anche un nome, simile all'appendice anatomica), ...
Ora, per contestualizzare all'ateismo, che come dici non possiede propriamente la concezione di dio[nota]quel "vuoto a forma di Dio" lo interpreto in questo modo[/nota] (da considerare come il costrutto più generale possibile) come le altre religioni, per farlo deve prendere materiale dalle stesse altre religioni (cambiando terminologia, utilizzando costrutti linguistici, ...) allora mi domando se non si possa trovare un punto in comune a tutte le religioni per descrivere dio per loro.
Quindi quel dio nell'ateismo potrebbe sostituirsi, nel significato, con le preoccupazioni fondamentali. Tali preoccupazioni, domande, ovviamente non si esauriscono con i due semplici esempi che ho posto (dove andiamo, chi siamo), ma possono esser ben altro. Dai pensieri del quotidiano per arrivare ad un obiettivo (esser un buon padre), ma anche domande che ci si può fare anche una sola volta della vita, come l'uomo di fronte alla morte, la propria o quella di qualcuno a noi vicino; del culto stesso dei morti.
Porto un esempio: una parte della nostra società contemporanea alcuni la definiscono società laica, altri utilizzano indifferente, oppure anche agnostica. Tale società è considerata post-atea, perché l'ateismo è giudicato essere stato (oppure è) uno momento di transizione (nella sua storia ci sono vari esempi) per far nascere da esso qualcosa di nuovo. Eliminato quello che è Dio, per alcuni un'idea, per altri un anatema, altri un non-signifcato, si cerca proprio di ridefinire le risposte, i riti, perché si ignora completamente ciò che le religioni tradizionali e moderne dicevano fino a ieri in modo diffuso.
Se il culto dei morti è praticamente sparito in questa (suddetta) società laica, non è difficile immaginare nuovi eventi spontanei di omaggio ai defunti. Altari di fiori e messaggi individuali (non più collettivi) ai lati delle strade, gang americane (con identità collettive spesso dimostrate da tatuaggi) che si fermano per un morto (non provocato) della fazione avversa, inventando un rito che possa far sentire la vicinanza; esempi si sprecano.
Tale società post-atea, ignorando il vecchio per creare del nuovo, non vuol dire che si abbandoni tutto quello creato nel passato, le preoccupazioni fondamentali rimangono; tanto che è comune il ritorno alle vecchie tradizioni[nota]in senso positivo (spiritualità) che negativo (fondamentalismo)[/nota](pochi punti percentuali) perché non soddisfa la realtà come è diventata.
Cosa voglio dire con tutto questo parlare (dove ci sarebbe altro da dire), che se te ritiene il "non-credere in" od il non porsi domande particolari, un qualcosa che non ha significato, questa è una tua visione personale, come lo è qualsiasi opinione (anche la mia potrebbe) su di un fenomeno ben più generale, che segue complessità collettive, concezioni mutevoli e contemporanee novità.
Ok.
"JoJo_90":
Io l'avevo messo in ot perché la discussione sembrava orientata altrove.
Comunque, se vuoi posso provare a rispondere, però ho paura che si aprirebbe una discussione in una discussione. Inoltre credo che le risposte non interesserebbero a nessuno, poiché partirei da una serie di pressupposti "irrazionali".
Lasciamo stare, anche perché io ho una certa difficoltà a ragionare partendo da presupposti irrazionali...
Non ho resistito a questa battuta, perdonami.
Mi pare comunque che di qualcosa di simile abbiamo già discusso in passato noi due e credo che a partire da questo punto arriveremmo a ripeterci punti di vista che già ci siamo scambiati.
Se poi qualcun'altro interviene in merito vedremo.
Io l'avevo messo in ot perché la discussione sembrava orientata altrove.
Comunque, se vuoi posso provare a rispondere, però ho paura che si aprirebbe una discussione in una discussione. Inoltre credo che le risposte non interesserebbero a nessuno, poiché partirei da una serie di presupposti "irrazionali".
Comunque, se vuoi posso provare a rispondere, però ho paura che si aprirebbe una discussione in una discussione. Inoltre credo che le risposte non interesserebbero a nessuno, poiché partirei da una serie di presupposti "irrazionali".