Declino dell'insegnamento universitario?

pier.paolo15
Salve a tutti, vi scrivo per condividere alcune mie impressioni relative al mondo universitario. Parlando con persone che si sono laureate 30-40 anni fa, ho avuto l'impressione che all'epoca i docenti tenessero ai loro corsi, e soprattutto agli esami e alle tesi di laurea, molto di più di quanto sembra ci tengano oggi. Queste persone mi hanno parlato, ad esempio, di esami che duravano ore o addirittura intere giornate, di tesi corrette minuziosamente, di esami di laurea rinviati fin quando la tesi non fosse soddisfacente, e così via. Gli aneddoti - anche crudeli - sugli esami si sprecano. Invece, la mia esperienza e quella dei miei coetanei con cui ho parlato è stata diversa. I corsi che ho seguito sono stati di varia qualità, ma gli esami orali raramente hanno superato la mezz'ora e non mi sembra che si dia tutta quest'importanza alle tesi di laurea. Addirittura, ci sono facoltà di ingegneria in cui l'esame di Analisi I si fa mediante un test a risposta multipla! Durante il dottorato, inoltre, ho parlato con professori di tutto il mondo, e la maggior parte parlava dell'insegnamento essenzialmente come di una scocciatura che toglie tempo alla ricerca. Non nego che all'inizio quest'atteggiamento mi ha lasciato piuttosto basito, in quanto prima ancora di interessarmi alla ricerca mi ero interessato molto all'insegnamento universitario.
Mi sono dato varie spiegazioni di questo fenomeno. Una delle possibilità è che, negli ultimi decenni, la popolazione studentesca è cresciuta a dismisura, e questo potrebbe aver portato (ma non ne sono sicuro) a un abbassamento della qualità media. Se così fosse, i professori potrebbero essere demotivati dal confronto con studenti non realmente interessati o portati per la materia. Sicuramente incide anche il fatto che oggi la ricerca è valutata quantitavamente, anzi in Italia (ma credo in tutta Europa) è l'unica cosa valutata per le progressioni di carriera, e questo porta necessariamente gli accademici a concentrare su di essa i propri sforzi. D'altra parte, ho l'impressione che ci siano cause di più ampia portata, che coinvolgono tutto il rapporto tra l'odierna istituzione universitaria e il resto della società. Che ne pensate?

Risposte
pier.paolo15
"xXStephXx":
In UK esistono pure quelle a tempo determinato, di solito un anno, e sono pagate circa £34.000 lordi annui. Più o meno come un postdoc. Sono utili per tappare i buchi mentre si cercano opportunità migliori ma naturalmente per uno che ambisce a fare la carriera didattica sono un ottimo inizio.


Certo, mi riferivo invece alla possibilità di fare una carriera solo o prevalentemente didattica. Se lo avessi saputo l'avrei tenuta in considerazione anch'io...d'altra parte il fatto che è presente solo nel Regno Unito la rende una scelta più vincolante.

xXStephXx
In UK esistono pure quelle a tempo determinato, di solito un anno, e sono pagate circa £34.000 lordi annui. Più o meno come un postdoc. Sono utili per tappare i buchi mentre si cercano opportunità migliori ma naturalmente per uno che ambisce a fare la carriera didattica sono un ottimo inizio.

pier.paolo15
"hydro":
Io ho la stessa impressione di pier.paolo. Credo che in parte sia anche un riflesso dell'impoverimento culturale generale cui stiamo assistendo: chiunque sia in università da tanti anni può confermare quanto il livello degli studenti si sia abbassato notevolmente con gli anni. L'insegnamento va un po' incontro a questa cosa in maniera naturale. Poi sicuramente ci sono altri fattori che intervengono. Per esempio io ho fatto il dottorato in un'università estera di livello alto/molto alto dal lato della ricerca (c'erano 2-3 professori diciamo quasi a livello di medaglia fields), ma la didattica era imbarazzante. Anche perchè c'è quest'idea assurda per cui bisogna far laureare più gente possibile per avere più soldi e per risultare migliori nelle classifiche. Questo ha come effetto l'abbassamento drastico dell'asticella: ad esempio dov'ero io se più del 60% degli studenti viene bocciato ad un esame (sembra tanto, ma ci sono corsi con 20 studenti o anche meno) bisogna giustificare questa cosa davanti al rettore. Chi ha voglia e tempo di combattere questa cosa quando magari il tuo stipendio si aggira sui 200k l'anno? L'altra follia del mondo moderno poi, ovvero il publish or perish, non aiuta: perchè sprecare tempo con la didattica quando puoi raccontare 4 cazzate, promuovere tutti e dedicare alla ricerca gran parte del tuo tempo, magari andando a prendere finanziamenti importanti?


Credo che questo sia un punto nevralgico. Un sistema come quello attuale, in cui più o meno velatamente viene stabilito a priori che almeno un tot per cento (molto alto) deve passare, implica necessariamente che la qualità dei corsi di laurea dev'essere tarata sulla qualità degli studenti. Di fatto in questo modo il valore del titolo di studio può diventare arbitrariamente basso e non mi meraviglio che molti docenti diventino totalmente demotivati dall'insegnamento. E' quello che succede a scuola, forse in maniera ancora più marcata, con la differenza che l'insegnante fa principalmente quello per cui o era motivato da subito ad affrontare questo problema, o ha sbagliato carriera...

Inoltre, trovo sia una mancanza grave il fatto di non valutare l'insegnamento nei concorsi. In passato in Italia una parte del concorso per professore consisteva nello svolgere una lezione alla commissione su un argomento assegnato qualche giorno prima: mi sembra il minimo per una persona a cui si dà l'incarico di insegnare all'università per tutta la vita! Ora questa parte del concorso non esiste più. Mi è stato detto che è stata tolta per non dar adito ai soliti favoritismi, cosa a cui posso credere, ma sta di fatto che non mi sembra un'ottima soluzione non valutare un candidato sul 50% del lavoro che andrà a fare... D'altra parte, mi sembra che questa sia la prassi in Europa e nord America, mentre l'unico posto in cui ho notizia di un concorso organizzato così è il Brasile (!). Per capirci, è come se per un posto di direttore tecnico si valutassero solo le competenze tecniche e non quelle manageriali: a chi salterebbe mai in mente una cosa del genere? Immagino che un'altra motivazione di questa scelta sia quella di snellire le procedure, e soprattutto l'illusione di essere in grado di valutare "oggettivamente" la ricerca, ma non l'insegnamento. Il concorso così strutturato quindi garantirebbe una maggiore imparzialità, cosa che mi sembra alquanto improbabile.

"xXStephXx":
[quote="hydro"]Sai farmi qualche esempio?


Nel Regno Unito ci sono ruoli di sola didattica da tanto tempo. Non tolgono risorse alla ricerca perché vengono ingaggiati appositamente con lo scopo di fare didattica. Il bello è che possono fare carriera sulla base della qualità didattica, fino a raggiungere il titolo di "Reader" e "Professor" a carriera avanzata. Quindi titoli paralleli e rispettati come chi fa didattica+ricerca.
Negli ultimi anni sembra che stiano rilanciando questo trend, e per un po' ho valutato se mi piacesse intraprendere questo percorso. Gli aspetti positivi sono che è una carriera meno ambita, che le open position sono in decisa crescita, si può diventare tenure-track con poca esperienza o addirittura entrare direttamente come tenure, è un modo meno stressante per vedere matematica pura tutta la vita.[/quote]

Davvero esistono queste posizioni? Quando facevo il dottorato avevo solo sentito parlare di posizioni di insegnamento a tempo determinato, che sia in Italia all'estero erano da evitare come il male assoluto: in Italia un contratto di docenza all'università è pagato all'ora meno di un contratto di docenza a scuola!
Credo davvero che separare le carriere possa avere un effetto benefico sull'università. D'altra parte, penso che ancora per molti, sia nella società civile che nei posti di comando, i professori universitari siano perlopiù degli insegnanti, e questo non giustificherebbe la presenza di molte posizioni di sola ricerca. Ad ogni modo in Italia c'è il CNR, ma da quanto ne so il reclutamento lì è messo peggio che nelle università.

xXStephXx
"hydro":
Sai farmi qualche esempio?


Nel Regno Unito ci sono ruoli di sola didattica da tanto tempo. Non tolgono risorse alla ricerca perché vengono ingaggiati appositamente con lo scopo di fare didattica. Il bello è che possono fare carriera sulla base della qualità didattica, fino a raggiungere il titolo di "Reader" e "Professor" a carriera avanzata. Quindi titoli paralleli e rispettati come chi fa didattica+ricerca.
Negli ultimi anni sembra che stiano rilanciando questo trend, e per un po' ho valutato se mi piacesse intraprendere questo percorso. Gli aspetti positivi sono che è una carriera meno ambita, che le open position sono in decisa crescita, si può diventare tenure-track con poca esperienza o addirittura entrare direttamente come tenure, è un modo meno stressante per vedere matematica pura tutta la vita.
...Purtroppo però ho concluso che non è ciò che voglio fare. :-D

hydro1
"xXStephXx":
[quote="hydro"]Separare le figure di insegnante e ricercatore garantirebbe molto probabilmente una qualità della didattica più alta, ma altrettanto probabilmente abbasserebbe il livello della ricerca.


Nei Paesi dove avviene non direi proprio che la qualità della ricerca sia più bassa.
[/quote]

Sai farmi qualche esempio? Gli esempi che conosco io sono come la Francia (o anche gli USA): il 90-95% delle figure accademiche ha sia insegnamento che ricerca tra i doveri, poi c'è un piccolo 5-10% fatto di posizioni di sola ricerca o solo insegnamento. Queste posizioni di sola ricerca sono pensate (anche se poi la realtà dei fatti è diversa) per le eccellenze. E similmente chi ha posizioni di solo insegnamento in genere non si prende cura dei corsi più delicati.

"xXStephXx":

Certamente servono anche più soldi ed il modello italiano, a parte forse alcuni centri come i politecnici, non ha le potenzialità di attirare studenti internazionali, né sarebbe ragionevole far pagare una retta maggiore ai nativi*.


Esatto, tra l'altro.

"xXStephXx":

*Da notare che comunque nei Paesi dove si paga una retta maggiore, per chi ha la cittadinanza, ciò avviene sotto forma di investimento. Frequentano l'università con un prestito statale che poi dovranno restituire con degli interessi ma solo se avranno uno stipendio ragionevole per un laureato. In Italia ho i miei dubbi che si possa investire sullo stipendio dei futuri laureati.


Io trovo detestabile questo sistema ricattatorio, per me educazione e sanità dovrebbero essere accessibili a tutti sempre e senza condizioni economiche. L'unica condizione che andrebbe richiesta è un serio impegno da parte degli studenti.

xXStephXx
"hydro":
Separare le figure di insegnante e ricercatore garantirebbe molto probabilmente una qualità della didattica più alta, ma altrettanto probabilmente abbasserebbe il livello della ricerca.


Nei Paesi dove avviene non direi proprio che la qualità della ricerca sia più bassa. Certamente servono anche più soldi ed il modello italiano, a parte forse alcuni centri come i politecnici, non ha le potenzialità di attirare studenti internazionali, né sarebbe ragionevole far pagare una retta maggiore ai nativi*.


*Da notare che comunque nei Paesi dove si paga una retta maggiore, per chi ha la cittadinanza, ciò avviene sotto forma di investimento. Frequentano l'università con un prestito statale che poi dovranno restituire con degli interessi ma solo se avranno uno stipendio ragionevole per un laureato. In Italia ho i miei dubbi che si possa investire sullo stipendio dei futuri laureati.

megas_archon
Peccato che in Italia nessuno abbia mai pensato di separare il reclutamento (partendo dagli RTD) in docenza e ricerca. Canali separati, dove il profilo che serve è di ottimo rendimento in un campo tra i due, e un 20% di dedizione a quello per cui non si sta applicando. Mi è sempre sfuggito il vero motivo per cui non si possono avere docenti universitari il cui compito principale è fare ricerca (e annesse mansioni collaterali) e un altro gruppo che si occupa della didattica.

hydro1
"axpgn":
Scusami hydro, ma mi pare che non hai molta dimestichezza con l'insegnamento se ritieni che 20 o 200 alunni siano più o meno lo stesso.


Non ho detto che sia lo stesso, ho detto che non è una scusa valida per abbassare il livello dell'insegnamento. Quando ho studiato io eravamo 150 matricole (è stato più o meno il primo anno con un "boom" di iscrizioni), e all'esame di algebra 1 ne saranno stati bocciati più di 100. Due o tre anni prima di matricole ce n'erano meno di 50, e il corso era identico. Va detto che l'insegnante era una persona molto old school e anche completamente disinteressata alla ricerca, che concentrava i propri sforzi sulla didattica.

"axpgn":

D'altro canto, sposo appieno il tuo punto di vista sul docente più "spostato" sulla ricerca che sull'insegnamento, di fatto una contraddizione.


Questo è un problema annoso perché non è chiaro a nessuno quale sia il modello perfetto. Separare le figure di insegnante e ricercatore garantirebbe molto probabilmente una qualità della didattica più alta, ma altrettanto probabilmente abbasserebbe il livello della ricerca. Io penso che il sistema italiano sia uno dei più equilibrati, perché tecnicamente i docenti non sono obbligati a fare ricerca ma potrebbero (se solo volessero) concentrarsi sul farne poca ma di valore. Chiaramente però lo scotto da pagare è che le università sono infestate di persone che dal giorno in cui firmano il contratto a tempo indeterminato smettono completamente di fare ricerca, e il loro lavoro diventa insegnare quelle 120 ore all'anno quando va bene. In Francia ad esempio hanno questo sistema, che teoricamente non è male, di assumere 10 persone di livello molto molto alto ogni anno con il solo compito di fare ricerca. Di contro le loro figure di maîtres de conférences, equivalenti ai nostri vecchi RU, sono talmente oberati di ore di insegnamento da non avere quasi tempo per la ricerca.

xXStephXx
"axpgn":

D'altro canto, sposo appieno il tuo punto di vista sul docente più "spostato" sulla ricerca che sull'insegnamento, di fatto una contraddizione.


Concordo. In Italia manca la possibilità di fare carriera con l'insegnamento però. E secondo me è un po' tutto paradossale... :( Con uno stipendio tra 1400 e 1900 euro al mese ci vuole molto spirito di sacrificio e una bella devozione al proprio ruolo per poter fare sia ricerca che insegnamento. Il tutto sapendo che dopo 3 anni si viene valutati seriamente solo sulla ricerca... e sapendo pure che c'è chi guadagna il doppio con quasi le stesse mansioni.
Secondo me lo squilibrio tra domanda e offerta è enorme e mi sono convinto che andrebbe fatta una lezione dettagliata in merito sin dal conseguimento della laurea magistrale (e oserei dire pure una pre-selezione come quella che viene fatta in medicina, finalizzata ad assicurarsi un discreto equilibrio tra domanda ed offerta nel lungo termine).

axpgn
Scusami hydro, ma mi pare che non hai molta dimestichezza con l'insegnamento se ritieni che 20 o 200 alunni siano più o meno lo stesso.
D'altro canto, sposo appieno il tuo punto di vista sul docente più "spostato" sulla ricerca che sull'insegnamento, di fatto una contraddizione.

gabriella127
Certo, tutto è relativo, ma per tarare il corso non intendo il programma, ma proprio l'interazione spot, se una certa cosa la devi sottolineare e spiegare di più, a rischio di annoiare il bravo o non far capire al ciuccio.

E quando una classe ti scappa di mano perché si scocciano, si stancano, parlano, non è sempre facile, ci vuole una certa attenzione. Io ho avuto la fortuna di avere studenti educati, e sono anche riuscita a fare in modo che non ci fosse problema, ma non è così ovunque.

hydro1
"gabriella127":
Hydro, per mia esperienza la differenza tra parlare a 200 studenti o a 20 non è per nulla psicologica.
Certo, parlare è parlare, ma è più difficile avere il polso dell'aula, di come recepiscono gli studenti, di come tarare il livello tra bravi e ciucci, poi bisogna sperare che non facciano casino o si addormentano sui banchi, ma soprattutto l'interazione viene meno, o è limitata.
Venti studenti quasi li segui a uno a uno, 200 quasi non ti ricordi nemmeno che faccia abbiano.


Beh certo ovviamente se hai 200 persone fanno casino è un altro discorso, non ci piove. Ed è vero che è più difficile tare il corso su 200 persone, ma tarare il corso è esattamente la cosa che fa scendere il livello. Va bene per i corsi iper specialistici, perchè lì hai 10 studenti se va bene e ci sta che un anno siano mediamente meglio ed un anno mediamente peggio, e comunque gli stai raccontando cose irrilevanti per loro se non faranno un dottorato. Ma analisi 1 dev'essere analisi 1, non importa che ci siano 200 studenti o 20, il corso dev'essere quello e basta. Se un anno ci saranno 120 ciucci invece di 70 vorrà dire che avrai bocciato 50 persone in più. Amen, capita. (Lo so che poi il direttore del dipartimento si arrabbia, blablabla e quindi non si può fare, sto dicendo come sarebbe il mio mondo ideale). Per quanto riguarda l'interazione, non so quanto sia veramente necessaria. Io ho seguito corsi fantastici con 0 interazione, tutte lezioni frontali dove il 100% del tempo il docente spiega. Poi chi vuole l'interazione 1-1 può andare a ricevimento dal docente.

axpgn
"La Didattica, questa sconosciuta" (multi-pluri-auto cit. :-D )

gabriella127
Hydro, per mia esperienza la differenza tra parlare a 200 studenti o a 20 non è per nulla psicologica.
Certo, parlare è parlare, ma è più difficile avere il polso dell'aula, di come recepiscono gli studenti, di come tarare il livello tra bravi e ciucci, poi bisogna sperare che non facciano casino o si addormentano sui banchi, ma soprattutto l'interazione viene meno, o è limitata.
Venti studenti quasi li segui a uno a uno, 200 quasi non ti ricordi nemmeno che faccia abbiano.

hydro1
Io ho la stessa impressione di pier.paolo. Credo che in parte sia anche un riflesso dell'impoverimento culturale generale cui stiamo assistendo: chiunque sia in università da tanti anni può confermare quanto il livello degli studenti si sia abbassato notevolmente con gli anni. L'insegnamento va un po' incontro a questa cosa in maniera naturale. Poi sicuramente ci sono altri fattori che intervengono. Per esempio io ho fatto il dottorato in un'università estera di livello alto/molto alto dal lato della ricerca (c'erano 2-3 professori diciamo quasi a livello di medaglia fields), ma la didattica era imbarazzante. Anche perchè c'è quest'idea assurda per cui bisogna far laureare più gente possibile per avere più soldi e per risultare migliori nelle classifiche. Questo ha come effetto l'abbassamento drastico dell'asticella: ad esempio dov'ero io se più del 60% degli studenti viene bocciato ad un esame (sembra tanto, ma ci sono corsi con 20 studenti o anche meno) bisogna giustificare questa cosa davanti al rettore. Chi ha voglia e tempo di combattere questa cosa quando magari il tuo stipendio si aggira sui 200k l'anno? L'altra follia del mondo moderno poi, ovvero il publish or perish, non aiuta: perchè sprecare tempo con la didattica quando puoi raccontare 4 cazzate, promuovere tutti e dedicare alla ricerca gran parte del tuo tempo, magari andando a prendere finanziamenti importanti?

Invece credo che il numero degli studenti sia un po' un falso problema. In fondo la differenza tra parlare ad una platea di 200 studenti e una di 20 non esiste, è solo psicologica. Sei comunque tu in un'aula con una lavagna. Se iniziano a mancare gli spazi e gli strumenti è un altro discorso ovviamente, ma di per sè il livello del corso potrebbe tranquillamente essere alto. Ovviamente però più studenti ci sono e più gente verrà bocciata...

gabriella127
Be', le aule stracolme c'erano anche in passato, è esperienza comune che in alcune facoltà per fare lezione bisognava arrivare mezz'ora prima prendere il posto se no si restava fuori.
Non so se da allora l'insegnamento sia peggiorato, nella mia esperienza personale non mi pare.

Quello che dice pier.paolo, che con l'avvento dell'università di massa sia cambiato molto è vero, ma bisogna risalire indietro, io ho racconti dei miei genitori.
Quello che ho visto è che una volta era normale arrrivare in cattedra a 27 anni, ho conosciuto due professori diventati ordinari a 27 anni, uno il relatore della mia tesi e un altro a giusrisprudenza.
Certo, erano persone di grande qualità, ma ora in Italia se diventi ordinario a 27 anni ti mettono in prima pagina sui giornali.

pier.paolo15
"megas_archon":
Un leggero abbassamento della qualità è di certo una conseguenza diretta del fatto che i CDL hanno troppi studenti, oltre il limite che l'organico delle università riesce a tollerare... il mio relatore mi raccontò che già nell'arco di 15-20 anni (lo span della sua carriera) si riusciva ad apprezzare un declino non tanto nella qualità dell'insegnamento o nell'impegno dei docenti (chi ci metteva l'anima prima, continua a farlo; chi la prendeva sottogamba, continua a farlo) ma dato dal fatto che è veramente impossibile insegnare "bene" a classi così ampie.

Anche per ragioni logistiche, mi diceva: 400 ingegneri che entrano ogni anno devono fare algebra lineare. Dove li metti? Non ci sono aule abbastanza capienti, quindi devi dividerli in canali, ma il docente è uno solo, quindi il canale A se lo vede in presenza, e gli altri vedono una registrazione.. questo succedeva nel 2012, pre-pandemia, e già tanti studenti dicevano: io pago le tasse (sempre piu alte anno per anno), "pretendo" di poter seguire la lezione da casa, se devo sorbirla in video: tanto che differenza c'è? Perdo solo tempo e soldi a prendere il treno ogni mattina.


Non so se davvero oggi le classi sono in media più numerose che in passato. Uno dei miei professori, laureatosi negli anni '70, raccontò che ai suoi tempi matematici, fisici e ingegneri seguivano insieme Analisi I, quindi immagino che anche quella classe superasse facilmente i 100 studenti. Infatti credo che, quanto a varietà e quantità degli insegnamenti, l'università sia decisamente migliorata. Ad essere un po' più preciso, la mia impressione è semplicemente che l'insegnamento vada assumendo una sempre minore importanza all'interno della professione accademica.

pier.paolo15
"impe":
[quote="pier.paolo"]
Mi sono dato varie spiegazioni di questo fenomeno. Una delle possibilità è che, negli ultimi decenni, la popolazione studentesca è cresciuta a dismisura, e questo potrebbe aver portato (ma non ne sono sicuro) a un abbassamento della qualità media.
......
Che ne pensate?


Secondo me fai bene a non esserne sicuro, perché non penso che quella sia una delle cause.
Paesi come la Cina sono un chiaro controesempio.
Se ciò che dici è vero, le cause sono sicuramente altre (e sono sicuramente molte).[/quote]

Sì, le mie sono pure speculazioni perché non ho dati sottomano. In realtà ciò che dico potrebbe semplicemente essere falso, tant'è vero che le mie impressioni (sempre non suffragate da dati :-D) sulla scuola superiore italiana vanno in direzione opposta.

impe1
"megas_archon":


Assumere piu docenti? Eh, con quali soldi?
Ristrutturare le aule? Vedi sopra...



Ecco, questa può essere una delle cause :-D

megas_archon
Un leggero abbassamento della qualità è di certo una conseguenza diretta del fatto che i CDL hanno troppi studenti, oltre il limite che l'organico delle università riesce a tollerare... il mio relatore mi raccontò che già nell'arco di 15-20 anni (lo span della sua carriera) si riusciva ad apprezzare un declino non tanto nella qualità dell'insegnamento o nell'impegno dei docenti (chi ci metteva l'anima prima, continua a farlo; chi la prendeva sottogamba, continua a farlo) ma dato dal fatto che è veramente impossibile insegnare "bene" a classi così ampie.

Anche per ragioni logistiche, mi diceva: 400 ingegneri che entrano ogni anno devono fare algebra lineare. Dove li metti? Non ci sono aule abbastanza capienti, quindi devi dividerli in canali, ma il docente è uno solo, quindi il canale A se lo vede in presenza, e gli altri vedono una registrazione.. questo succedeva nel 2012, pre-pandemia, e già tanti studenti dicevano: io pago le tasse (sempre piu alte anno per anno), "pretendo" di poter seguire la lezione da casa, se devo sorbirla in video: tanto che differenza c'è? Perdo solo tempo e soldi a prendere il treno ogni mattina.

Assumere piu docenti? Eh, con quali soldi?
Ristrutturare le aule? Vedi sopra...

Di queste cose la didattica è la prima a risentire, perché insegnare a classi enormi è molto faticoso, non puoi seguire tutti personalmente, devi insegnare in modo molto piu standardizzato e quindi povero di molti contenuti profondi...


Poi non ho esperienze di prima mano in Cina, ma di seconda sì, e l'impressione che ho è che semplicemente la qualità sia alta a fronte della popolazione o perché le lauree in alcune università sono un po' farsa, oppure perché non lo sono, ma la cina ha numeri enormi di default, e "l'1% della popolazione piu eccellente in matematica" è comunque un bacino di studenti ginorme.

Rispondi
Per rispondere a questa discussione devi prima effettuare il login.