Universo rotante
Nell'home page è presentato un articolo dal titolo Universo rotante, dove l'autore risolve il problema dell'energia oscura considerandola come l'energia cinetica di rotazione dell'universo...ma in cosmologia non si può assolutamenyte fare l'ipotesi che l'universo abbia un moto complessivo diverso dall'espansione radiale, perchè la rotazione viola il principio cosmologico della omogeneità e della isotropia dello spazio, voi che ne pensate?
Risposte
"GuillaumedeL'Hopital":
marodic, non ho capito una cippa di queste tue ingenue osservazioni, spiegati meglio, che vuoi dire?
ps: lo sai che in meccanica quantistica l'energia può anche crearsi? e poi non ci vedo niente di strano a ritenere l'universo molteplice, anche dio è uno e trino secondo la bibbia![]()
Quando un tale qualsiasi opera muovendosi tra le faccende della quotidianità, che possono andare dalla semplice operazione di allacciarsi i bottoni alla progettazione e costruzione di un grattacielo ecc., non è necessario fare profonde considerazioni critiche sulle operazioni, sui significati profondi delle terminologie e delle fenomenologie osservate ed osservabili ed altro che abbiano a che fare con quel lavoro; per esempio non è quasi mai necessario sapere o, sapendolo, tenerne conto del fatto che non esiste in nessun caso assoluta indipendenza tra un evento qualsiasi A ed un altro altrettanto qualsiasi B, nel senso che un battito d'ali di farfalla in A sia in assoluto senza veruna conseguenza per B. Un altro esempio può essere il tenere in considerazione una visione del mondo di tipo soggettivistico/idealistica piuttosto che oggettivistica/materialistica, ed altre cose consimili. Ora, chi non è uso a speculare su questioni filosofiche, metafisiche o di alta ricerca scientifica può tranquillamente e proficuamente attendere alle sue cose continuando a credere che tutto sia esattamente come lo vede e lo sente con i suoi sensi senza alcun nocumento per sé e per le cose che tocca. Questa è ciò che indicato come approccio "ingenuo".
Nulla ho da eccepire riguarda al post scriptum.
adesso ho capito che volevi dire, ciao

io però ancora non capisco.. come possono fare degli atomi (cervello) a capire cosa sono davvero gli atomi (universo) e come dire che nel gioco degli scacchi, il cavallo può dimostrare il perchè deve muoversi a L
"giacor86":
io però ancora non capisco.. come possono fare degli atomi (cervello) a capire cosa sono davvero gli atomi (universo) e come dire che nel gioco degli scacchi, il cavallo può dimostrare il perchè deve muoversi a L
in effetti, manco io ancora lo capisco

"giacor86":
io però ancora non capisco.. come possono fare degli atomi (cervello) a capire cosa sono davvero gli atomi (universo) e come dire che nel gioco degli scacchi, il cavallo può dimostrare il perchè deve muoversi a L
Anche questa, Caro Giacor86, è una bella domanda altrettanto acuta quanto quella di Guillaume di qualche giorno fa

So bene che l'accettazione dell'unicità dell'osservatore solleva facili perplessità ed obiezioni per le quali sono disponibile a fornir chiarimenti in posts separati per non allungare ancor più questo.
Diamo dunque per accettato questo postulato di unicità, allora il punto cruciale dove cercare la risposta alla domada di Giacor86 va trovato nel ruolo della separazione tra lo strumento (piu conosciuto) e l'osservabile (meno conosciuto). Ma cosa vuol dire "conosciuto"? A questo riguardo è necessario accettare l'idea che la "conoscenza" sia una quantità misurabile, almeno in via di principio o, comunque, misurabile comparativamente con qualcos'altro, nella fattispecie la catena strumentale stabilitadall'Osservatore. Pratiamente l'Osservatore quantifica il suo stato di conoscenza dell'evento osservato associandovi un numero (o un livello di comparazione relativo) che è la misura o il livello di probabilità ; quest'ultima si muove associata, anche se inconsciamente e, quindi, in modo sottinteso, con l'esito di qualsiasi osservazione ordinaria o scientifica. E' appena il caso di dire che questo abbinamento non è che la comune valutazione che l'osservatore deve sempre fare, scientemente o no, circa la fiducia o credibilità dda dare a quanto ha appreso dall'atto osservativo, dal semplice allacciarsi di un bottone alla decisione di una strategia di guerra; tale fiducia coicide esattamente col grado di fiducia che l'osservatore ha dello strumento, o meglio, della catena strumentale scelta per la bisogna (non dimenticare che anche il cervello è un elemento di questa catena, a meno che, proprio attraverso questo, passi quella demarcazione tra osservatore e osservabile: questo è il caso in cui una parte del cervello sia proprio l'osservabile di turno). Un esempio al riguardo può essere il riflettere sulla propria psicologia oppure riflettere sulla elaborazione di un teorema matematico che l'Osservatore.
Che lo strumento di osservazione debba essere più conosciuto dell'obbiettivo dell'ossrvazione stessa è cosa del tutto ovvia.
Di tutte le cose che fanno parte dell'universo quelle più conosciute sono gli oggetti logici, cioè quelli, diciamo così, elaborati dalla mente e, fra questi, i primissimi sono quegli oggetti che non riusciamo a definire proprio perchè sono massimanente conosciuti; questi oggetti li usiamo come postulati per ogni successiva costruzione logica. A questo riguardo rammento che qualsiasi tentativo di descrizione di tali oggetti finisce in una circolarità che taluni considerano una jattura piuttosto che una rassicurante benedizione.
Il primissimo esempio che si può dare al riguardo è quel concentrato di Conoscenza che consente di dire: "IO SONO"; provate a definire questo concetto, si finisce la stessa frase! Un altro esempio lo fornisce la definizione del punto geometrico: quella di Euclide non è il massimo del rigore, infatti fa riferimento all'assenza di dimensioni di questo oggetto senza aver definito le dimensioni stesse né lo spazio (sottinteso) in cui il punto si colloca. La conoscenza del punto è però meno forte di quella dell'IO tant'è che riusciamo comunque a spendere qualche parola prima di imbatterci nella circolarità con cose che dovrebbero essere definite utilizzando il concetto di "punto". Ma l'esempio più classico lo dà il tentativo di definire il tempo: S.Agostino ci provò dicendo di sapere cosa fosse il tempo ma solo prima che qualcuno lo interrogasse sulla questione, quando poi glie lo chiedevano, non lo sapeva più. Sappiamo bene dove sta la circolarità di questa definizione.

Per avvicinarci al quesito iniziale di Giacor86 riprendiamo il punto in cui l'osservazione richiede la fissazione della separazione tra l'ultimo anello della catena strumentale e l'osservabile, cioè la divisione dell'universo in due parti. In realtà l'universo, che in questo modello illustrativo è immagininato come rappresentato dalla superficie esterna di una sfera sulla quale è identificato un "centro" che rappresenta il'origine della misura della conoscenza, che decresce, lungo la superficie della sfera, via via che ci si allontana da questo centro. Ipotizziamo, dunque, l'universo della conoscenza venga diviso in tre parti: immaginiamo di circoscrivere, definire e proteggere dal resto dell'universo, l'insieme degli oggetti che costituiscono l'"osservabile" a mediante una linea chiusa A; la parte dell'universo o, esterna a questa linea chiusa, che ovviamente contiene il centro costituirebbe l'altra parte del sistema di osservazione, cioè l'Osservatore, materializzato dalla catena strumentale che circonda il centro anzidetto: se nonchè abbiamo già detto che l'insieme strumentale deve essere ben più "conosciuto" dell'"osservabile" a, si richiede quindi una specie di affilatura consistente nella "eliminazione" di quanto appesantisce la catena strumentale senza aggiungervi valore conoscitivo. A questo fine possiamo immaginare di tracciare una seconda linea C che, partendo da un punto di A1 di A, termini in un secondo punto A2, vicino ad A1, sempre di A, isolando la parte più, diciamo così, efficace dell'insieme osservante o. La parte "scartata" di o, mediante la linea C, è quella meno "conosciuta" che non contiene il centro di origine; se immaginiamo di cancellare il breve tratto di linea A1 A2 collegheremo, mediante questo stretto passaggio, l'Osservatore alleggerito o con l'osservabile. Qui, dunque, le tre piuttosto che due parti di cui dicevo: si tratta di tre parti che riguardano non tanto la quantità spazio-materiale dell'universo quanto le quantità "conoscitive" costituenti l'universo stesso.
Immaginiamo di restringere via via o per includervi solo parti sempre più "conosciute" dell'universo e riportando contemporaneamente l'area osservabile a sempre più a ridosso del centro di o, scegliendola sempre meglio "conosciuta" (è il caso di osservare, cioè riflettere, su oggetti logici elaborati dall'intelligenza); questo restringimento spinge sempre più a ritroso verso l'origine, cioè verso il centro della conoscenza le due aree o e a, dove o è l'Osservatore e a l'0sservato, allora il limite di questo ideale processo è una singolarità appunto una specie di origine della conoscenza. Ciò che chiamiamo Osservatore è, per l'appunto, quest'area che corre, restringendosi, verso il limite anzidetto e che, in questa fase, identifichiamo con IO.


Si può ora facilmente concludere che la questione Giacor86 cessa di essere un problema. Ciò che invece potrebbe essere un problema è la lunghezza di questo post e la enorma farcitura di argomentazioni che inevitabilmente potrebbe renderlo illegibile. Spero che non me ne vogliate.

Grazie.

"GuillaumedeL'Hopital":Più che un tuo errore propenderei a credere in un un frantendimento dei termini: non credo affatto che, la ricorrente locuzione "universo a bolle", sia correttamente applicabile, come credo che tu dica, ad universi innegabilmente alternativi in quanto possibili soluzioni di specifiche equazioni. Infatti la espressione "universo a bolle" significa, letteralmente, un universo costituito da parti (bolle) reciprocamente molto meno indipendenti di quanto la specifica teoria ipotizzi lo siano reciprocamente le parti interne di ciascuna "bolla"; in altre parole: il modesto legame tra le "bolle" sarebbe assolutamente trascurabile rispetto ai legami interni delle parti delle bolle stesse. In ogni caso la appartenenza al medesimo universo (non in senso di alternativa reciprocamente escludente) presuppone comunque un "legame" non nullo.
si, però io penso proprio che il generarsi degli universi dipenda dalla soluzione delle equazioni che tu citi, cioè che i due esempi di cui tu parli sono interdipendenti, universo a bolle -> pluralità matematica delle soluzioni a certe equazioni.
sei assolutamente certo che mi sbaglio? e se si perchè?
ciao

sinceramente io credo che ti sbagli tu, questioni d'opinione, e poi tendo a diffidare di chi dice che l'osservatore è unico assumendo ciò come se fosse una verità assoluta
"GuillaumedeL'Hopital":
sinceramente io credo che ti sbagli tu, questioni d'opinione, e poi tendo a diffidare di chi dice che l'osservatore è unico assumendo ciò come se fosse una verità assoluta

Ricorro sovente a questo esempio, l'ho già fatto altrove in questo forum. Supponiamo che un fisico incarichi, mediante un capitolato dettagliato, un laboratorio per effettuare un esperimento che richiede impianti molto elaborati di cui il laboratorio è dotato. Il capitolato prevede una dettagliata relazione sui risultati di questo esperimento. Cosa avviene?
Avviene che il direttore del laboratorio trasmette il capitolato al direttore tecnico del reparto interessato; questi convoca i responsabili dei gruppi operativi che verranno coinvolti nel lavoro commissionato; a ciclo di lavoro completato i responsabili dei gruppi operarivi comunicano al direttore tecnico la sintesi delle osservazioni dei singoli operatori; il direttore tecnico verifica che i dati a lui così pervenuti coprano le richieste del cliente e stende una relazione definitiva nella forma e nel linguaggio richiesti dal cliente, quindi, tramite il direttore amministrativo del laboratorio fa giungere i risultati al richiedente con la relativa fattura. Allora, chi tra questa pletora di persone è l'Osservatore? Io dico: IL COMMITTENTE.
Questo esempio evidenzierebbe in modo immediato la unicità dell'Osservatore se quel committente fossi "IO", ma se così non è cosa dire? Allora i casi sono tre: primo, il committente sono IO, allora non c'è nulla da aggiungere; secondo, IO sono in qualche modo interessato ed al corrente di queste ricerche (magari grazie ad articoli di riviste o di giornali), in tal caso sono sempre IO che accresco le mie conoscenze e, perciò, sono l'Osservatore unico come, per l'appunto l'IO lo è; terzo ed ultimo caso: IO non so nulla dell'esperimento né sarei, almeno per ora, in grado di comprenderne l'importanza, forse un futuro potrei goderne indirettamente dei risultati, per esempio in termini di merci contenenti quelle tecnologie, ma allora rimarrò sempre "IO" l'Osservatore unico che "osserva" di posserere i vantaggi di tali tecnologie.
Caro Guillaume, non so sequanto ho detto l'ho detto con sufficiente chiarezza, ne dubito, però spero che qualche concetto possa meritare qualche tua riflessione.

il problema sono questi post lunghi che come li vedo mi viene il mal di testa
, cmq appena posso cercherò di leggerli



ho letto entrambi i tuoi post e sempre più mi convinco che l'osservatore può essere non unico benissimo e non possiamo saperlo, proprio perchè tu fai riferimento all'unicità dell'io che effettivamente non si può mettere in discussione, ma parli di universo conoscibile relativamente all'io e universo inconoscibile, ora proprio perchè si può constatare che al di fuori del nostro unico io ne esistono tantissimi altri, ci fa pensare che ciò che può conoscere il nostro io è solo una realtà relativa , una reltà che solo per un attimo potrebbe essere coincidente con gli altri io molteplici o infiniti di cui non possiamo sapere nulla. Einstein disse in una sua altra famosa frase "guarda la luna. credi che sia lì solo perchè la guardi?", sostanzialmente se un oggetto si trova in una determinata posizione (x,y,z,t) è solo relativamente al nostro universo che è quello che per un attimo appartiene all'io, ecco perchè possono esistere gli universi paralleli.e inoltre distinguerei io con da osservatore (io che si relaziona col resto dell'universo che se non è unico, osserva qualcosa di non unico e quindi diviene egli stesso molteplice dal punto di vista di un particolare universo)
uno stesso universo può essere osservato e quindi alterato da più io contemporaneamente che si trovano nello stesso universo o in più universi, quando effettuiamo un'osservazione non facciamo altro che far cadere la coesistenza di più stati contemporaneamente, il gatto di schroedinger è sia vivo che morto, ma al momento in cui lo constatiamo, non facciamo altro che constatare probabilisticamente solo uno degli infiniti universi che però continuano ad esistere e a far sentire i loro effetti e non vedo perchè non dovrebbe essere possibile, chi ci dice che qualcun'altro ha visto il gatto morto, mentre noi l'abbiamo visto vivo? osserviamo solo quello che si trova intorno a noi,ognuno di noi, relativamente a noi, perchè ciò che vede il nostro io(parte infinitesima del tutto) dovrebbe essere la sola ed unica realtà esistente? mi sembra arrogante e spocchioso non riconoscerlo e voler ammettere il contrario e non riconoscere che i vari stati si influenzano tra loro anche se non possono essere constatati direttamente dall'io ma questa possibilità non è impedita da nulla, e inoltre all'improvviso spunta fuori la materia oscura e via dicendo altre cose inspiegabili. non ho niente da dire sulla risposta a giacor che mi sembra esauriente.
uno stesso universo può essere osservato e quindi alterato da più io contemporaneamente che si trovano nello stesso universo o in più universi, quando effettuiamo un'osservazione non facciamo altro che far cadere la coesistenza di più stati contemporaneamente, il gatto di schroedinger è sia vivo che morto, ma al momento in cui lo constatiamo, non facciamo altro che constatare probabilisticamente solo uno degli infiniti universi che però continuano ad esistere e a far sentire i loro effetti e non vedo perchè non dovrebbe essere possibile, chi ci dice che qualcun'altro ha visto il gatto morto, mentre noi l'abbiamo visto vivo? osserviamo solo quello che si trova intorno a noi,ognuno di noi, relativamente a noi, perchè ciò che vede il nostro io(parte infinitesima del tutto) dovrebbe essere la sola ed unica realtà esistente? mi sembra arrogante e spocchioso non riconoscerlo e voler ammettere il contrario e non riconoscere che i vari stati si influenzano tra loro anche se non possono essere constatati direttamente dall'io ma questa possibilità non è impedita da nulla, e inoltre all'improvviso spunta fuori la materia oscura e via dicendo altre cose inspiegabili. non ho niente da dire sulla risposta a giacor che mi sembra esauriente.
io l'ho letto ma sinceramente non ho capito la risposta. e ritengo anche che risponda poco al mio quesito. forse l'ho espresso male io, ma cmq credo che il mio dubbio sia fondato e ne ho anche le prove
cioè se ciò che dico io non fosse vero, allora sarebbe possibile mettere l'ultima parola su ogni cosa come ad esempio le domande fondamentali, senza tirarnein ballo troppe ne cito solo 2 o 3: per quanto si più andare avanti a scomporre un atomo? cosa c'è al di la dell'universo? bla bla bla...... tutte queste domande, nascono solo dal fatto che cmq noi siamo parte di questo sistema, siamo dentro.. non so come spiegarmi ma è così, cioè queste sono domande a cui secondo me MAI uomo e scienza arriveranno a rispondere. ma per mai intendo mai! forse sempre meglio, ma cmq mai. ora siamo arrivati ai quark. magari fra 1000 anni saremo ai microminiquarck booh ma poi? si potrà andare avanti? si? no? bohh? secondo me le domande baso sono e restano inspiegabili. la classica figura del bambino che chiede "perchè" a tutto... nessun tuttologo potrà andare avanti a dare infiniti perchè, ne ora ne mai. prima o poi ci si coccia con questioni "indecidibili" per usare un termine alla Godel (perchè cmq la mia prima e la mia seconda domanda sono fondamentalmente uguali. l'uomo non potrà mai avere una visione del tutto perchè lui è dentro a questo tutto. potrà descrivere il tutto sempre meglio ma (anche ammesso che la terra sia eterna (cazzata) alla descrizione totale ed unitaria nn ci potrà arrivare. personalmente (poi qui si va in convinzioni personali) è a questo punto "d'obbligo" dover accettare che l'univero sia parte di un disegno che è totalmente altro. e per totalmente altro intendo proprio totalmente altro. che non posso spiegare io e che non può spiegare nessuno. semplicemente è "altro" è un esterno... un fuori... un fuori da dove guardare l'universo e poter dire: ah ecco!!! ma certo!! è ovvio che una carica positiva attrae una negativa e respinge un altra positiva! per tornare all'esempio della scacchiera... (che va preso un filo per le pinze).. il cavallo dopo millenni di studio riesce a dire: bene, io ogni tanto mi muovo a L. ma non potrà mai sapere che il suo movimento ad L è dovuto al fatto che l'inventore degli scacchi ha la figlia che si chiama Luisa e quindi ha dedicato a lei la mossa degli scacchi. per fare ciò, il cavallo dovrebbe porsi al di fuori del suo "universo" scacchi. ma lui da dentro all'universo scacchi non può arrivare a comprendere nulla. lui "vede" solo legno giallo e legno marrone scuro, non ha i mezzi per descrivere e capire un concetto quale "uomo", "gioco", "mani", "figlia" non può. stop. perchè? perchè è parte del suo sitema. qui mi si potrebbe obbiettare una cosa: allora questo discorso è appliccabile all'infinito: ogni sistema al di fuori di un altro potrebbe a sua volta essere conennuto in un altro sistema e così via e quindi la questione rimane indecidibile lo stesso. secono me non è così in quanto cmq io quando parlo di altro, intendo proprio altro. i miei discorsi funzionano bene qui da noi, ma di ciò che accade nell'"altro" non si può dire nulla di nulla di nulla. tantomeno pretendere di applicarglici discorsi fati su di noi. ora sono pronto a ricevere insulti perchè so che quando la gente (io in primis) sente fare della filosofia da 4 soldi storce il naso. però queste sono le convinzioni che ho in questo momento.

mi accorgo che questa discussione è un ripetì di un'altra già fatta in passato
http://www.matematicamente.it/f/viewtopic.php?t=6862
http://www.matematicamente.it/f/viewtopic.php?t=6862
[
Ho preso quasi a caso questo stralcio del tuo elaborato e nutrito post poichè il concetto portante del post stesso si incentra sulla considerazione che potrebbe essere non assurdo ammettere altri "IO"
. Il fatto è che l'IO comprende inevitabilmente un unico e solo universo: l'aggettivo solo è qui giustificato dal fatto che l'IO è unico e, in quanto "IO", non può, al più, che osservare "altri"; ma questi ultimi non sono che parti della complessissima catena strumentale che, partendo dall'IO, si estende fino a riempire l'intero univarso, che poi è il corpo animato
dall'IO.
Definire l'IO è impossibile per via dell'autoreferenza propria della complessità chiamata universo, tuttavia è possibile pervenire, almeno in via di principio, ad un tentativo di definizione tendenziale per via di approssimazioni progressive tali da configurare l'esistenza un limite di convergenza. La cosa più semplice e pragmatica, tuttavia, mi sembra essere quella dell'accettazione pura e semplice dell'IO come postulato (alla maniera, per esempio, di Cartesio), dotarlo della proprietà necessaria di unicità e porlo all'origine di un sistema di riferimento i cui punti rappresentino stati possibili livelli di conoscenza associabili a qualsiasi evento o oggetto di osservazione (tenere presente che un osservabile non è che un evento dell'universo, quindi, del corpo dell'Osservatore, che l'Osservatore, appunto, osserva, da qui l'autoreferenza dell'universo).
... ma parli di universo conoscibile relativamente all'io e universo inconoscibile, ora proprio perchè si può constatare che al di fuori del nostro unico io ne esistono tantissimi altri, ci fa pensare che ciò che può conoscere il nostro io è solo una realtà relativa , una reltà che solo per un attimo potrebbe essere coincidente con gli altri io molteplici o infiniti di cui non possiamo sapere nulla. Einstein disse in una sua altra famosa frase "guarda la luna. credi che sia lì solo perchè la guardi?", sostanzialmente se un oggetto si trova in una determinata posizione (x,y,z,t) è solo relativamente al nostro universo che è quello che per un attimo appartiene all'io, ecco perchè possono esistere gli universi paralleli.e inoltre distinguerei io con da osservatore (io che si relaziona col resto dell'universo che se non è unico, osserva qualcosa di non unico e quindi diviene egli stesso molteplice dal punto di vista di un particolare sembra esauriente.
Ho preso quasi a caso questo stralcio del tuo elaborato e nutrito post poichè il concetto portante del post stesso si incentra sulla considerazione che potrebbe essere non assurdo ammettere altri "IO"


Definire l'IO è impossibile per via dell'autoreferenza propria della complessità chiamata universo, tuttavia è possibile pervenire, almeno in via di principio, ad un tentativo di definizione tendenziale per via di approssimazioni progressive tali da configurare l'esistenza un limite di convergenza. La cosa più semplice e pragmatica, tuttavia, mi sembra essere quella dell'accettazione pura e semplice dell'IO come postulato (alla maniera, per esempio, di Cartesio), dotarlo della proprietà necessaria di unicità e porlo all'origine di un sistema di riferimento i cui punti rappresentino stati possibili livelli di conoscenza associabili a qualsiasi evento o oggetto di osservazione (tenere presente che un osservabile non è che un evento dell'universo, quindi, del corpo dell'Osservatore, che l'Osservatore, appunto, osserva, da qui l'autoreferenza dell'universo).

qualcuno potrebbe risolvere questo problema per piacere
La figura 18-35 mostra un interferometro acustico riempito d'aria, utilizzato per dimostrare l'interferenza delle onde sonore. S e' una membrana oscillante; D e' un rivelatore di suoni, come un orecchio o un microfono. Il tratto SBD puo' variare in lunghezza, mentre il tratto SAD e' fisso. In D le onde sonore che percorrono il tratto SBD interferiscono con quelle che percorrono il tratto SAD. L'intensita' del suono in D ha un valore minimo di 100 unita' in una certa posizione di B e con continuita' cresce fino a una valore massimo di 900 unita' quando B si e' spostato di 1.65 cm. Trovate (a) la frequenza del suono emesso dalla sorgente e (b) il rapporto tra l'ampiezza dell'onda SAD e quella dell'onda SBD in D. (c) Come puo' accadere che queste onde abbiano diverse ampiezze, visto che vengono originate dalla stessa sorgente? [(a) 5200 Hz; (b) 2]
La figura 18-35 mostra un interferometro acustico riempito d'aria, utilizzato per dimostrare l'interferenza delle onde sonore. S e' una membrana oscillante; D e' un rivelatore di suoni, come un orecchio o un microfono. Il tratto SBD puo' variare in lunghezza, mentre il tratto SAD e' fisso. In D le onde sonore che percorrono il tratto SBD interferiscono con quelle che percorrono il tratto SAD. L'intensita' del suono in D ha un valore minimo di 100 unita' in una certa posizione di B e con continuita' cresce fino a una valore massimo di 900 unita' quando B si e' spostato di 1.65 cm. Trovate (a) la frequenza del suono emesso dalla sorgente e (b) il rapporto tra l'ampiezza dell'onda SAD e quella dell'onda SBD in D. (c) Come puo' accadere che queste onde abbiano diverse ampiezze, visto che vengono originate dalla stessa sorgente? [(a) 5200 Hz; (b) 2]
"giacor86":
a dire: bene, io ogni tanto mi muovo a L. ma non potrà mai sapere che il suo movimento ad L è dovuto al fatto che l'inventore degli scacchi ha la figlia che si chiama Luisa e quindi ha dedicato a lei la mossa degli scacchi. per fare ciò, il cavallo dovrebbe porsi al di fuori del suo "universo" scacchi. ma lui da dentro all'universo scacchi non può arrivare a comprendere nulla. lui "vede" solo legno giallo e legno marrone scuro, non ha i mezzi per descrivere e capire un concetto quale "uomo", "gioco", "mani", "figlia" non può. stop. perchè? perchè è parte del suo sitema. qui mi si potrebbe obbiettare una cosa: allora questo discorso è appliccabile all'infinito: ogni sistema al di fuori di un altro potrebbe a sua volta essere conennuto in un altro sistema e così via e quindi la questione rimane indecidibile lo stesso. secono me non è così in quanto cmq io quando parlo di altro, intendo proprio altro. i miei discorsi funzionano bene qui da noi, ma di ciò che accade nell'"altro" non si può dire nulla di nulla di nulla. tantomeno pretendere di applicarglici discorsi fati su di noi. ora sono pronto a ricevere insulti perchè so che quando la gente (io in primis) sente fare della filosofia da 4 soldi storce il naso. però queste sono le convinzioni che ho in questo momento.
Il senso di questa tua esposizione è ovviamente non altro che il senso a suo tempo rigorosamente esposto nel teorema di Godel; in altri termini si sta parlando dell'effetto dell'autoreferenza dell'osservatore che fa parte del sistema che vuol descrivere e giudicare. Per inciso, è appena il caso di far notare la incontestabile similitudine tra il il teorema di Godel ed il principio di indeterminazione di Heisemberg, se nonchè il primo tratta, come osservabili, gli oggetti "logici" e quest'ultimo, invece, gli oggetti "fisici" (benchè, a rigore, le due categorie di oggetti siano una sola omogenea categoria spalmata su due livelli conoscitivi molto diversi).
Ritornando al teorema di Godel l'Osservatore si "finge", diciamo così, autocompresso all'interno del sistema finito quale è appunto il sistema matematico (enumerato ed etichettato per il 100% dei suoi elementi costitutivi nella dimostrazione godeliana, che è appunto la tecnica della dimostrazione stessa). Ciò che rese tardiva (solo del 1931, infatti) la scoperta godeliana e strabiliante nonchè apparentemente assurda la sua conclusione, fu appunto questa "finzione" di un Osservatore tutto interno al sistema; questo fatto, da una parte rendeva evidente l'effetto autoreferenziale proprio di un sistema visto dal suo interno, dall'altra, dal momento che l'Osservatore in effetti straripa enormemente da qualsiasi sistema limitato, in quanto l'Osservatore comprende "TUTTO" l'universo non importa se finito o infinito (quindi anche ilsistema matematico sottoposto a critica), rendeva di primo acchito nebulosa ed incredibile la conclusione godeliana, infatti l'Osservatore, essendo nei fatti prevalentemente "esterno" al sistema in osservazione, mal riconosceva l'effetto autoreferente del sistema limitato, quello della matematica,che godel aveva sottoposto a critica. A titolo di esempio immaginiamo un sistema numerico di soli 100 numeri (da1 a 100) dotato della sola operazione di somma (+) ed immaginiamo che l'Osservatore si finga tutto incluso in questo sistema (sarebbe, hailui, un ben misero Osservatore!) si renderebbe conto della incompletezza, anzi, la povertà del suo sistema; ma in realtà egli è ben più esteso di quel sistema e, quindi, in barba alla sua finzione, lo coglie e lo giudica dall'esterno e ne vede tutta la miseria che dall'interno, dall'interno vero, non finto, sarebbe stata difficile da spiegare.
un osservatore che sta dentro all'universo numeri da 0 a 1 con solo la somma, non sa null'altro dei numeri da 0 ad 100 e della somma... come può allora rendersi conto di una notevole incompletezza?
"giacor86":Certo, caro Giacor86, il mio, e ancor più il tuo, sono esempi estremi che neppure per finta possono contenere la complessità dell'Osservatore. Tuttavia sistemi ben più complessi dei due esemplificati possono, in qualche modo, supportare il fingimento dell'Osservatore di considerarsi tutt'interno alsistema stesso e consentire di portare avanti qualche considerazione come ha ben fatto Godel e (attenzione!) riuscendo a "provare" (ma non a vivere) l'esistenza di una contraddizione dovuta all'autoreferenza; se Godel veramente fosse stato tutto all'interno del sistema matematico, allora si sarebbe imbattuto in un'area di indeterminazione e li finiva tutto. A ben vedere l'Osservatore è interamente contenuto in un sistema: appunto nel mondo fisico dell'universo, ma qui non ha scoperto una contraddizione, si è imbattuto nell'indeterminazione di Heisemberg prendendone semplicemente atto come una costante di natura.
un osservatore che sta dentro all'universo numeri da 0 a 1 con solo la somma, non sa null'altro dei numeri da 0 ad 100 e della somma... come può allora rendersi conto di una notevole incompletezza?
"mariodic":[/quote]Certo, caro Giacor86, il mio, e ancor più il tuo, sono esempi estremi che neppure per finta possono contenere la complessità dell'Osservatore. Tuttavia sistemi ben più complessi dei due esemplificati possono, in qualche modo, supportare il fingimento dell'Osservatore di considerarsi tutt'interno al sistema stesso e di portare avanti delle significative considerazione, come ha ben fatto Godel, ma(attenzione!) riuscendo a "provare" (ma non a vivere) l'esistenza della contraddizione dovuta all'autoreferenza; se Godel veramente fosse stato tutto all'interno del sistema matematico, allora si sarebbe più semplicemente imbattuto in un'area di indeterminazione, ne avrebbe preso atto e li finiva tutto. A ben vedere c'è un sistema che contiene interamente l'Osservatore, è appunto l'universo, ma qui l' Osservatore non ha scoperto una contraddizione, si è imbattuto nell'indeterminazione di Heisemberg e ne ha preso semplicemente atto considerandola una delle costanti della natura.
[quote="giacor86"]un osservatore che sta dentro all'universo numeri da 0 a 1 con solo la somma, non sa null'altro dei numeri da 0 ad 100 e della somma... come può allora rendersi conto di una notevole incompletezza?
"mariodic":
Ho preso quasi a caso questo stralcio del tuo elaborato e nutrito post poichè il concetto portante del post stesso si incentra sulla considerazione che potrebbe essere non assurdo ammettere altri "IO". Il fatto è che l'IO comprende inevitabilmente un unico e solo universo: l'aggettivo solo è qui giustificato dal fatto che l'IO è unico e, in quanto "IO", non può, al più, che osservare "altri"; ma questi ultimi non sono che parti della complessissima catena strumentale che, partendo dall'IO, si estende fino a riempire l'intero univarso, che poi è il corpo animato
dall'IO.
no. per ogni io corrisponde un universo diverso o lo stesso per un attimo, ma l'io salta da una realtà alternativa all'altra continuamente seguendo una legge probabilistica, è una visione caotica della realtà che se compresa a fondo può anche mettere i brividi