Integrale delta di Dirac
Ciao a tutti,
qualcuno potrebbe essere cosi' gentile da spiegarmi come si risolve un integrale
della delta di Dirac ?
esempio $int^(oo)_-oo &(t-2)dt$ dove la & sta per delta (non so come scriverlo).
Grazie
Ben
qualcuno potrebbe essere cosi' gentile da spiegarmi come si risolve un integrale
della delta di Dirac ?
esempio $int^(oo)_-oo &(t-2)dt$ dove la & sta per delta (non so come scriverlo).
Grazie
Ben
Risposte
La distribuzione delta di Dirac ha la proprietà che $\int_{-\infty}^{+\infty}f(x)\delta(x-a)dx = f(a)$, quindi nel tuo caso $\int_{-\infty}^{+\infty}1*\delta(t-2)dt = 1$.
"ben":
Ciao a tutti,
qualcuno potrebbe essere cosi' gentile da spiegarmi come si risolve un integrale
della delta di Dirac ?
esempio $int_(-oo)^(oo) \delta (t-2)" d"t$ dove la & sta per delta (non so come scriverlo).
Grazie
Ben
Beh, per definizione hai:
$int_(-oo)^(oo) \delta (t-t_0) f(t)" d"t=f(t_0)$
per ogni $t_0\in \RR$ ed ogni $f\in C(\RR )$*. Nel tuo caso hai $t_0=2$ e però $f(t)=1$ identicamente in $\RR$: pertanto $int_(-oo)^(oo) \delta (t-2)" d"t=1$.
__________
* L'integrale è da intendersi in un modo particolare, non è certo il classico integrale di Riemann né quello di Lebesgue... Diciamo che quell'integrale è un modo "ingegneristico" di rappresentare un funzionale lineare continuo su $C(\RR )$.
So che purtroppo è utilizzato da tanti ma consiglio di togliere quei $dt$ o $dx$ negli integrali, la $\delta$ è già una misura e integrare rispetto alla misura di Lebesgue è sbagliato, uno sta integrando rispetto alla $\delta$ o alla $\delta$ traslata.
"Luca.Lussardi":
So che purtroppo è utilizzato da tanti ma consiglio di togliere quei $dt$ o $dx$ negli integrali, la $\delta$ è già una misura e integrare rispetto alla misura di Lebesgue è sbagliato, uno sta integrando rispetto alla $\delta$ o alla $\delta$ traslata.
Lo so che è sbagliato, Luca... Ma gli ingegneri usano così, purtroppo (ed ho tacitamente supposto che Ben fosse un ingengere).
Dipendesse da me userei un prodotto di dualità, tipo $\langle f,\delta_{t_0} \rangle$, che è più semplice come notazione.
Il prodotto di dualità è eccessivo, quelli sono dei veri integrali per cui si può usare tranquillamente il simbolo di integrale, ma non si dovrebbe integrare nella misura $dt$ o $dx$, è un errore formale, a mio modo di vedere, molto grave.
"Gugo82":
$int_(-oo)^(oo) \delta (t-t_0) f(t)" d"t=f(t_0)$
per ogni $t_0\in \RR$ ed ogni $f\in C(\RR )$*. Nel tuo caso hai $t_0=2$ e però $f(t)=1$ identicamente in $\RR$: pertanto $int_(-oo)^(oo) \delta (t-2)" d"t=1$.
Grazie tanto per le risposte. Non credo di aver ben capito bene... il fatto che f(t)=1 in questo caso è perchè nel mio esempio ho il valore 1 in f(t) ?
vuol dire che se per esempio dovessi calcolare $int_(-oo)^(oo) \delta (t-4)*3" d"t$ questo ha come risultato 3 ? ma in questo caso il valore $t_0$ non si considera mai ?
$int_(-oo)^(oo) \delta (t+9)*6" d"t$
Grazie
Ben
dato che si parla di delta di Dirac, vorrei capire questa sua proprietà:
$int_(-oo)^(oo)\delta(\tau)x(t-\tau) = int_(-oo)^(+oo)delta(t-\tau)x(\tau) = x(t)
Concettualmente l'ho capita, cioè l'integrale della funzione traslata = l'integrale della delta di dirac traslata, in poche parole dovrebbe essere questo se non erro..
Ho provato a dimostrarla provando per sostituzione, ponendo $\tau' = t - \tau$ però torno sempre al punto di partenza.
Poi, perchè è sbagliato mettere il dt?
Come detto da Gugo82, sto frequentando ingegneria; ciò nonostante mi interessa capire dov'è l'errore concettuale in questo caso: magari se è possibile spiegarlo con termini semplici chiedo troppo?
$int_(-oo)^(oo)\delta(\tau)x(t-\tau) = int_(-oo)^(+oo)delta(t-\tau)x(\tau) = x(t)
Concettualmente l'ho capita, cioè l'integrale della funzione traslata = l'integrale della delta di dirac traslata, in poche parole dovrebbe essere questo se non erro..
Ho provato a dimostrarla provando per sostituzione, ponendo $\tau' = t - \tau$ però torno sempre al punto di partenza.
Poi, perchè è sbagliato mettere il dt?
Come detto da Gugo82, sto frequentando ingegneria; ciò nonostante mi interessa capire dov'è l'errore concettuale in questo caso: magari se è possibile spiegarlo con termini semplici chiedo troppo?
Spezzo il post in due, poichè è abbastanza lungo.
Il $"d"t$ (o $"d"x$ o altro fattore differenziale contenente una o più variabili) non è che sta sotto il segno d'integrale solo "per bellezza" o per indicare rispetto a quale variabile si integra; il $"d"t$ ha un significato matematicamente più profondo, che cerco di sintetizzare.
Tra la fine dell' '800 e l'inizio del '900 i matematici si sono resi conto che l'integrale di Riemann non era troppo "buono": infatti, come hai visto o vedrai in Analisi II, i teoremi di passaggio al limite sotto il segno d'integrale hanno ipotesi "ingombranti", poiché richiedono convergenze troppo forti (di tipo uniforme).
I matematici si sono dati da fare ed hanno escogitato un nuovo tipo di integrale, l'integrale di Lebesgue (da H. L. Lebesgue, matematico francese): dopo attente considerazioni si è capito che l'integrazione andava fondata su una più vasta teoria della misura degli insiemi di $\RR$ (o degli insiemi di $\RR^n$ o, più in generale, degli insiemi di uno "spazio" $X$).
Per misurare gli insiemi, noi matematici scegliamo delle funzioni che godono di particolari proprietà e che chiamiamo misure: tali funzioni non "misurano" tutte le parti di un assegnato spazio, ma ne "misurano" quelle parti che sono abbastanza "interessanti" (ad esempio, una buona misura su $\RR$ ti dice quanto è lungo ogni intervallo; oppure una buona misura su $\RR^3$ ti dice almeno il volume di ogni parallelepipedo...); gli insiemi "interessanti" li chiamiamo insiemi misurabili (proprio perchè la nostra misura li... "misura"!).
Una volta che abbiamo assegnato un misura $\mu$ sugli insiemi misurabili dello spazio $X$ in cui lavoriamo, c'è un metodo standard che consente di definire l'integrale di una funzione $f:X\to \RR$ esteso ad un insieme misurabile $E\subseteq X$: tale integrale si denota col simbolo:
(*) $\quad \int_E f " d"\mu \quad$,
che mette in evidenza i tre ingredienti fondamentali dell'operazione d'integrazione, cioè 1) l'insieme a cui l'integrale è esteso ($E$), 2) la funzione integranda ($f$) e 3) la misura rispetto alla quale stiamo integrando ($\mu$).
Come vedi la variabile d'integrazione in (*) non appare proprio!
L'integrale di Riemann si basa sulla misura di Peano-Jordan: si è convenuto di indicare col simbolo $"d"t$ (o in generale con $"d"("prima variabile")\cdots "d"("ultima variabile")$) il fatto che l'integrazione va fatta secondo la misura di Peano-Jordan.
Tra tutte le misure che possiamo definire su $\RR$ (che sono tante!!!), quella che più serve ai nostri scopi (ossia indebolire le ipotesi nei teoremi di passaggio al limite sotto il segno d'integrale) è la cosiddetta misura di Lebesgue: tale misura si denota usualmente col simbolo $\ccL$ ed essa coincide con quella di Peano-Jordan su alcuni misurabili (ad esempio sugli intervalli).
Però tra le tante misure possibili c'è anche la misura $\delta$ di Dirac centrata in $t_0$: questa è una delle misure più semplici poiché è definita come segue:
$\delta_{t_0} (E) :={ (1, " se " t_0\in E), (0 , " se " t_0\notin E):}\quad$;
per la (*) gli integrali coinvolgenti la misura $\delta_(t_0)$ vanno denotati col simbolo:
$\int_(-oo)^(+oo) f " d"\delta_(t_0) \quad$.
Ogni altro simbolo in cui figurino "fattori differenziali" diversi da $\delta_(t_0)$ sono scorretti (e sotto questo punto di vista concordo con Luca).
"nico88desmo":
Poi, perchè è sbagliato mettere il $"d"t$?
Come detto da Gugo82, sto frequentando ingegneria; ciò nonostante mi interessa capire dov'è l'errore concettuale in questo caso: magari se è possibile spiegarlo con termini semplici chiedo troppo?
Il $"d"t$ (o $"d"x$ o altro fattore differenziale contenente una o più variabili) non è che sta sotto il segno d'integrale solo "per bellezza" o per indicare rispetto a quale variabile si integra; il $"d"t$ ha un significato matematicamente più profondo, che cerco di sintetizzare.
Tra la fine dell' '800 e l'inizio del '900 i matematici si sono resi conto che l'integrale di Riemann non era troppo "buono": infatti, come hai visto o vedrai in Analisi II, i teoremi di passaggio al limite sotto il segno d'integrale hanno ipotesi "ingombranti", poiché richiedono convergenze troppo forti (di tipo uniforme).
I matematici si sono dati da fare ed hanno escogitato un nuovo tipo di integrale, l'integrale di Lebesgue (da H. L. Lebesgue, matematico francese): dopo attente considerazioni si è capito che l'integrazione andava fondata su una più vasta teoria della misura degli insiemi di $\RR$ (o degli insiemi di $\RR^n$ o, più in generale, degli insiemi di uno "spazio" $X$).
Per misurare gli insiemi, noi matematici scegliamo delle funzioni che godono di particolari proprietà e che chiamiamo misure: tali funzioni non "misurano" tutte le parti di un assegnato spazio, ma ne "misurano" quelle parti che sono abbastanza "interessanti" (ad esempio, una buona misura su $\RR$ ti dice quanto è lungo ogni intervallo; oppure una buona misura su $\RR^3$ ti dice almeno il volume di ogni parallelepipedo...); gli insiemi "interessanti" li chiamiamo insiemi misurabili (proprio perchè la nostra misura li... "misura"!).
Una volta che abbiamo assegnato un misura $\mu$ sugli insiemi misurabili dello spazio $X$ in cui lavoriamo, c'è un metodo standard che consente di definire l'integrale di una funzione $f:X\to \RR$ esteso ad un insieme misurabile $E\subseteq X$: tale integrale si denota col simbolo:
(*) $\quad \int_E f " d"\mu \quad$,
che mette in evidenza i tre ingredienti fondamentali dell'operazione d'integrazione, cioè 1) l'insieme a cui l'integrale è esteso ($E$), 2) la funzione integranda ($f$) e 3) la misura rispetto alla quale stiamo integrando ($\mu$).
Come vedi la variabile d'integrazione in (*) non appare proprio!
L'integrale di Riemann si basa sulla misura di Peano-Jordan: si è convenuto di indicare col simbolo $"d"t$ (o in generale con $"d"("prima variabile")\cdots "d"("ultima variabile")$) il fatto che l'integrazione va fatta secondo la misura di Peano-Jordan.
Tra tutte le misure che possiamo definire su $\RR$ (che sono tante!!!), quella che più serve ai nostri scopi (ossia indebolire le ipotesi nei teoremi di passaggio al limite sotto il segno d'integrale) è la cosiddetta misura di Lebesgue: tale misura si denota usualmente col simbolo $\ccL$ ed essa coincide con quella di Peano-Jordan su alcuni misurabili (ad esempio sugli intervalli).
Però tra le tante misure possibili c'è anche la misura $\delta$ di Dirac centrata in $t_0$: questa è una delle misure più semplici poiché è definita come segue:
$\delta_{t_0} (E) :={ (1, " se " t_0\in E), (0 , " se " t_0\notin E):}\quad$;
per la (*) gli integrali coinvolgenti la misura $\delta_(t_0)$ vanno denotati col simbolo:
$\int_(-oo)^(+oo) f " d"\delta_(t_0) \quad$.
Ogni altro simbolo in cui figurino "fattori differenziali" diversi da $\delta_(t_0)$ sono scorretti (e sotto questo punto di vista concordo con Luca).
Però... C'è un motivo perchè gli ingegneri usano il simbolo $\int_(-oo)^(+oo) f(t) \delta (t-t_0) " d"t$.
Innanzitutto questa è una notazione che risale ad Heaviside ed allo stesso Dirac (va ricordato che Heaviside venne espulso dall'Accademia delle Scienze per indegnità teorica poiché aveva utilizzato la $\delta$ senza un'adeguata formalizzazione; anche Dirac venne molto criticato per lo stesso motivo).
Il secondo motivo è più pratico ed ha, essenzialmente, a che fare col prodotto di dualità $\langle \delta_(t_0) ,f\rangle$: infatti la $\delta$ di Dirac può essere riguardata anche come distribuzione, o funzione generalizzata, sullo spazio delle funzioni continue che tendono a zero all'infinito $C_0 (\RR )$ (in breve $C_0$).
Una distribuzione $\Phi$ non è altro che una funzione lineare e continua che ad ogni $f\in C_0$ associa un numero reale: di solito si usa la notazione $\langle \Phi ,f\rangle$ al posto di $\Phi (f)$ per denotare il valore numerico che $\Phi$ associa ad $f$. In particolare la $\delta_(t_0)$ associa ad ogni fissata $f\in C_0$ il numero reale $f(t_0)$, cosicché $\langle \delta_(t_0),f\rangle =f(t_0)$.
Tra tutte le possibili distribuzioni ce ne sono alcune, dette regolari, che si rappresentano come integrali rispetto alla misura di Lebesgue $\ccL$: per la precisione una distribuzione $\Phi$ si dice regolare se è possibile trovare una funzione $\phi \in L_(loc)^1 (\RR )$ (questo simbolo è un po' difficile da spiegare, però denota una particolare classse di funzioni) tale che risulti:
$\langle \Phi ,f\rangle =\int_(-oo)^(+oo) f\cdot \phi " d"\ccL \quad$.
Visto che la misura di Lebesgue coincide con la misura di Peano-Jordan su un'ampia classe di insiemi misurabili, di solito si scrive $"d"t$ anche per denotare gli integrali rispetto alla misura di Lebesgue: pertanto la precedente diventa:
(**) $\quad \langle \Phi ,f\rangle =\int_(-oo)^(+oo) f(t)\cdot \phi (t) " d"t \quad$.
La magagna è la seguente: è possibile provare che la $\delta$ di Dirac non è una distribuzione regolare, cosicché non è possibile deteminare una rappresentazione del tipo (**).
Tuttavia una rappresentazione del tipo (**) è troppo semplice per non essere usata, seppure con abuso di notazione, per la $\delta$!
Allora gli ingegneri ragionano così: "Facciamo finta che $\delta$ sia una distribuzione regolare ed usiamo una rappresentazione del tipo (**); tutto ciò non è matematicamente corretto, ma a noi non interessa, perchè siamo ingegneri..." ed arrivano a scrivere appunto cose del genere:
$\int_(-oo)^(+oo) f(t) \cdot \delta (t-t_0)" d"t=f(t_0)$ ($=\langle \delta_(t_0),f\rangle$)
come già facevano Heaviside e Dirac prima che Schwartz sistemasse la teoria delle distribuzioni.
Spero di aver spiegato, seppur sommariamente e con un po' di errori, la diversità del punto di vista dei matematici circa gli integrali di $\delta$.
Innanzitutto questa è una notazione che risale ad Heaviside ed allo stesso Dirac (va ricordato che Heaviside venne espulso dall'Accademia delle Scienze per indegnità teorica poiché aveva utilizzato la $\delta$ senza un'adeguata formalizzazione; anche Dirac venne molto criticato per lo stesso motivo).
Il secondo motivo è più pratico ed ha, essenzialmente, a che fare col prodotto di dualità $\langle \delta_(t_0) ,f\rangle$: infatti la $\delta$ di Dirac può essere riguardata anche come distribuzione, o funzione generalizzata, sullo spazio delle funzioni continue che tendono a zero all'infinito $C_0 (\RR )$ (in breve $C_0$).
Una distribuzione $\Phi$ non è altro che una funzione lineare e continua che ad ogni $f\in C_0$ associa un numero reale: di solito si usa la notazione $\langle \Phi ,f\rangle$ al posto di $\Phi (f)$ per denotare il valore numerico che $\Phi$ associa ad $f$. In particolare la $\delta_(t_0)$ associa ad ogni fissata $f\in C_0$ il numero reale $f(t_0)$, cosicché $\langle \delta_(t_0),f\rangle =f(t_0)$.
Tra tutte le possibili distribuzioni ce ne sono alcune, dette regolari, che si rappresentano come integrali rispetto alla misura di Lebesgue $\ccL$: per la precisione una distribuzione $\Phi$ si dice regolare se è possibile trovare una funzione $\phi \in L_(loc)^1 (\RR )$ (questo simbolo è un po' difficile da spiegare, però denota una particolare classse di funzioni) tale che risulti:
$\langle \Phi ,f\rangle =\int_(-oo)^(+oo) f\cdot \phi " d"\ccL \quad$.
Visto che la misura di Lebesgue coincide con la misura di Peano-Jordan su un'ampia classe di insiemi misurabili, di solito si scrive $"d"t$ anche per denotare gli integrali rispetto alla misura di Lebesgue: pertanto la precedente diventa:
(**) $\quad \langle \Phi ,f\rangle =\int_(-oo)^(+oo) f(t)\cdot \phi (t) " d"t \quad$.
La magagna è la seguente: è possibile provare che la $\delta$ di Dirac non è una distribuzione regolare, cosicché non è possibile deteminare una rappresentazione del tipo (**).
Tuttavia una rappresentazione del tipo (**) è troppo semplice per non essere usata, seppure con abuso di notazione, per la $\delta$!
Allora gli ingegneri ragionano così: "Facciamo finta che $\delta$ sia una distribuzione regolare ed usiamo una rappresentazione del tipo (**); tutto ciò non è matematicamente corretto, ma a noi non interessa, perchè siamo ingegneri..." ed arrivano a scrivere appunto cose del genere:
$\int_(-oo)^(+oo) f(t) \cdot \delta (t-t_0)" d"t=f(t_0)$ ($=\langle \delta_(t_0),f\rangle$)
come già facevano Heaviside e Dirac prima che Schwartz sistemasse la teoria delle distribuzioni.
Spero di aver spiegato, seppur sommariamente e con un po' di errori, la diversità del punto di vista dei matematici circa gli integrali di $\delta$.
E' esattamente così che gira la cosa, anche se quello che fa più orrore è che ci sia ancora qualcuno che pensa la $\delta$ sia una funzione nel senso di $L_{loc}^1$.
Devo essere onesto, non ho capito proprio del tutto (non ho ancora fatto l'integrale di Lebesgue e purtroppo non ho nemmeno Analisi2 come corso) però a grandi linee si.
Grazie della risposta, molto esauriente
Ora capisco perchè appunto il nostro Prof ci ha detto : "la $\delta$ è approssimabile in pratica con una funzione $lim_(T->0) r_T(t) = lim_(T->0)1/T$ con $r_T(t) in [-T/2,+T/2]$ dicendoci che il passaggio del limite dall'esterno all'interno dell'integrale lo facciamo anche se nella teoria rigorosa non si può fare senza opportune ipotesi.
Invece per la dimostrazione della proprietà, che ragionamento bisogna fare?
Grazie della risposta, molto esauriente

Ora capisco perchè appunto il nostro Prof ci ha detto : "la $\delta$ è approssimabile in pratica con una funzione $lim_(T->0) r_T(t) = lim_(T->0)1/T$ con $r_T(t) in [-T/2,+T/2]$ dicendoci che il passaggio del limite dall'esterno all'interno dell'integrale lo facciamo anche se nella teoria rigorosa non si può fare senza opportune ipotesi.
Invece per la dimostrazione della proprietà, che ragionamento bisogna fare?
ora dico velocemente la baggianata anche se non ricordo molto... ci saranno pure delle funzioni localmente L_1 che tendono debolmente alla delta di dirac no? a questo punto basta vedere l'integrale con la delta come limite del valore numerico di una successione di integrali per giustificare la notazione... perchè non vi piace questa intepretazione?
per quanto sopra vedo la delta non come misura su R ma come funzione del duale dello spazio di schwartz...
mi pare ci sia un teorema che lega precisamente duali e misure che però ora non ricordo bene ma ora non interessa troppo... del resto forse c'erano ipotesi di compattezza che su R non sono rispettate...
per quanto sopra vedo la delta non come misura su R ma come funzione del duale dello spazio di schwartz...
mi pare ci sia un teorema che lega precisamente duali e misure che però ora non ricordo bene ma ora non interessa troppo... del resto forse c'erano ipotesi di compattezza che su R non sono rispettate...
La delta non è una "funzione" quindi non può essere il limite debole di successioni in $L_{loc}^1$. E' il limite nel senso delle distribuzioni di successioni in $L_{loc}^1$, proprio questa è stata la prima definizione di $\delta$, quella di Schwartz.
si si... per convergenza debole intendo convergenza distribuzionale...
non mi riferivo alla topologia debole in L_qualcosa o altro...
scusa l'abuso di notazione, la mancanza di terminologia e di memoria...
non mi riferivo alla topologia debole in L_qualcosa o altro...
scusa l'abuso di notazione, la mancanza di terminologia e di memoria...

Certo, la $\delta$ è limite distribuzionale di parecchie successioni $(\phi_n )$ di $L_(loc)^1$ e ciò significa che \(\int_{-\infty}^{+\infty} f(t)\cdot \phi (t)\ \text{d} t \to \langle \delta, f\rangle\)...
Però resta il fatto che $\delta$ non è una distribuzione regolare e, quindi, non si può scrivere una rappresentazione integrale di tipo (**) senza commettere un abuso di notazione.
Però resta il fatto che $\delta$ non è una distribuzione regolare e, quindi, non si può scrivere una rappresentazione integrale di tipo (**) senza commettere un abuso di notazione.
diciamola così... a mio parere l'abuso è talmente utilizzato da essere quasi diventato corretto, chi lo utilizza in genere più o meno sa quel che sta facendo e cmq si ottengono risultati corretti... quindi non vedo perchè scandalizzarsi...
boh forse sono troppo poco matematico... ma sinceramente in nessun libro di fisica ho visto gente che si faceva problemi ad associare una delta ad un integrale con un dx dentro...
boh forse sono troppo poco matematico... ma sinceramente in nessun libro di fisica ho visto gente che si faceva problemi ad associare una delta ad un integrale con un dx dentro...
Sì, infatti che sia utilizzato da tutti (non matematici) lo so bene, e l'ho anche detto all'inizio. Ma matematicamente è un errore gravissimo secondo me, perchè uno scrive due misure nell'integrale, cosa assolutamente senza senso. E' un integrale vero ma si sta integrando rispetto alla misura $\delta$ e non alla lebesgue... la matematica deve essere la stessa per tutti.
"Thomas":
diciamola così... a mio parere l'abuso è talmente utilizzato da essere quasi diventato corretto, chi lo utilizza in genere più o meno sa quel che sta facendo e cmq si ottengono risultati corretti... quindi non vedo perchè scandalizzarsi...
Non mi scandalizzo più di tanto (ho la fidanzata ingegnere e la mente umana fa l'abitudine a qualunque aberrazione), però vorrei suggerire a chi spiega queste cose che dovrebbe almeno "avvisare" quando commette un abuso di notazione, specie se l'abuso è abbastanza grosso.
Fa parte della natura stessa degli ingegneri subire costanti e reiterati anatemi da parte dei matematici, nonostante le evidenti assurdità che questa materia può dar luogo, non ci facciamo esorcizzare, anche perché ne abbiamo bisogno nelle nostre applicazioni.
Dopo tutto si tratta soltanto di simboli e di convenzioni, qualche carattere in più o in meno è solo pleonastico quindi rimaniamo sempre fedeli al motto maoista “non importa se il gatto sia nero o bianco l’importane è che acchiappi il topo”, inoltre per noi il misterioso $dx$ ha un significato concreto, più concreto del pane.
Comunque continuate a rimbrottarci, a poco a poco, forse, ci metteremo sulla retta via … matematica.
Dopo tutto si tratta soltanto di simboli e di convenzioni, qualche carattere in più o in meno è solo pleonastico quindi rimaniamo sempre fedeli al motto maoista “non importa se il gatto sia nero o bianco l’importane è che acchiappi il topo”, inoltre per noi il misterioso $dx$ ha un significato concreto, più concreto del pane.
Comunque continuate a rimbrottarci, a poco a poco, forse, ci metteremo sulla retta via … matematica.
"GIBI":
per noi il misterioso $"d"x$ ha un significato concreto, più concreto del pane.
Significato più concreto di quello che ho spiegato più su?