Principio d'induzione vale solo per insieme N?
Salve a tutti è la prima volta che scrivo su questo forum perciò vi prego di correggermi, oltre che nel testo che sto per scrivere, anche nella modalità in cui l'ho scritto: caratteri, chiarezza, forum sbagliato (ma non credo), finestra sbagliata ( Secondaria II grado), e tutto quello che vi viene in mente.
La mia domanda è: il principio di induzione, quello permesso dal quinto postulato di Peano, è valido solo per N? Perché non dovrebbe esserlo anche per altri insiemi?
Usando il Dodero-Baroncini-Manfredi ho visto che la definizione, ad esempio, dell'insieme Z dei numeri interi relativi è basata su una relazione tra coppie di numeri naturali tale che la classe di equivalenza formata da quelle infinite coppie in questa relazione (a,b)#(c,d)=a+d=b+c, sia un numero relativo. Perciò abbiamo che la classe d'equivalenza [(5,3)] è = alla classe di equivalenza [(4,2)] e che entrambe esprimano il numero intero relativo 2. La classe di equivalenza [(3,5)] esprime invece il numero intero relativo -2. La classe di equivalenza [(5,5)] esprime il numero relativo 0.
Ora andando avanti nella lettura si è visto come la cardinalità di N sia uguale alla cardinalità di Z, ovvero che gli elementi di entrambi gli insieme possono essere messi in corrispondenza biunivoca ( non vale ad esempio per R).
Il mio ragionamento perciò diventa: ma se gli elementi di Z possono essere messi in corrispondenza biunivoca con l'insieme dei numeri naturali, allora ogni numero relativo può essere considerato come un numero naturale e far valere il quinto postulato di Peano? Partendo da una classe di equivalenza che rappresenta il numero zero e dimostrando qualcosa per questa e per quella che rappresenta il numero 1, non dimostro che tale proprietà è posseduta da tutte le classi di equivalenza, ovvero da tutti gli elementi di Z? Analogo discorso per l'insieme Q, ma non per l'insieme R.
Grazie a tutti della risposta e delle correzioni in generale di cui sopra ho parlato.
La mia domanda è: il principio di induzione, quello permesso dal quinto postulato di Peano, è valido solo per N? Perché non dovrebbe esserlo anche per altri insiemi?
Usando il Dodero-Baroncini-Manfredi ho visto che la definizione, ad esempio, dell'insieme Z dei numeri interi relativi è basata su una relazione tra coppie di numeri naturali tale che la classe di equivalenza formata da quelle infinite coppie in questa relazione (a,b)#(c,d)=a+d=b+c, sia un numero relativo. Perciò abbiamo che la classe d'equivalenza [(5,3)] è = alla classe di equivalenza [(4,2)] e che entrambe esprimano il numero intero relativo 2. La classe di equivalenza [(3,5)] esprime invece il numero intero relativo -2. La classe di equivalenza [(5,5)] esprime il numero relativo 0.
Ora andando avanti nella lettura si è visto come la cardinalità di N sia uguale alla cardinalità di Z, ovvero che gli elementi di entrambi gli insieme possono essere messi in corrispondenza biunivoca ( non vale ad esempio per R).
Il mio ragionamento perciò diventa: ma se gli elementi di Z possono essere messi in corrispondenza biunivoca con l'insieme dei numeri naturali, allora ogni numero relativo può essere considerato come un numero naturale e far valere il quinto postulato di Peano? Partendo da una classe di equivalenza che rappresenta il numero zero e dimostrando qualcosa per questa e per quella che rappresenta il numero 1, non dimostro che tale proprietà è posseduta da tutte le classi di equivalenza, ovvero da tutti gli elementi di Z? Analogo discorso per l'insieme Q, ma non per l'insieme R.
Grazie a tutti della risposta e delle correzioni in generale di cui sopra ho parlato.
Risposte
"vict85":
La difficoltà sta però nel riuscire a passare da \(\displaystyle P_f(n+1) \) a \(\displaystyle P_f(n) \), cosa non sempre proprio immediata.
"Zero87":
In pratica è impossibile usarla semplicemente perché è difficile trovare corrispondenze biunivoche interessanti o, comunque, che consentono di essere sfruttate adeguatamente per varie ragioni (es. se passo da $n$ a $n+1$ nei naturali, magari in $\QQ$ salto da palo in frasca in modo assurdo tramite la corrispondenza).
"LLello":
[quote="Epimenide93"]LLello, se riesci ad utilizzare l'induzione transfinita su Z ordinato in quel modo od anche su N2 ordinato diagonalmente va bene, ma non è una cosa così semplice
La semplicità di un'operazione non invalida la sua correttezza, e un matematico non dovrebbe preoccuparsi di fare cose semplici ma cose corrette. Ma può darsi che mi stia sbagliando e che i matematici preferiscano fare cose semplice e forse sbagliate piuttosto che cose difficili ma corrette.[/quote]
EDIT richiesto da LLello. Aggiungo:
"LLello":
Cambia la parola semplicità con difficoltà:è evidente dalla frase e da quella successiva che non volevo scrivere semplicità ma difficoltà.
Grazie della risposta Epimenide, m'era sfuggito quel passaggio (e credo non solo quello). L'ho letta spesso la discussione questi giorni per collegare le idee, ma oltre che la difficoltà - per me - dei contenuti, la lunghezza non è che aiuta.
Ciononostante continuerò a seguirla con interesse, ancora di più ora che ho capito qualcosa.

Ciononostante continuerò a seguirla con interesse, ancora di più ora che ho capito qualcosa.

Volevo scrivere difficoltà e non semplicità: ti prego di citare errata corrige.
"vict85":
[...] Perché non dovrebbe? Se \(\displaystyle f\colon \mathbb{N}\to X \) è una funzione biunivoca (probabilmente anche solamente suriettiva se si fa attenzione) puoi applicare l'induzione su \(\displaystyle f(X) \) perché di fatto la stai facendo su \(\displaystyle \mathbb{N} \). Semplicemente quello che fai è invece di testare la proprietà \(\displaystyle P \) su \(\displaystyle f(X) \) dimostri la proprietà \(\displaystyle P_f \) su \(\displaystyle \mathbb{N} \). Dove \(\displaystyle P_f(n) = P(f(n)) \). Non mi sembra nulla di particolare.
È evidente che seppur tu stia di fatto controllando che \(\displaystyle f(X) \) possieda la proprietà \(\displaystyle P \), stai di fatto usando la proprietà induttiva per dimostrare \(\displaystyle P_f \) su \(\displaystyle \mathbb{N} \). Non so se mi sono spiegato. La difficoltà sta però nel riuscire a passare da \(\displaystyle P_f(n+1) \) a \(\displaystyle P_f(n) \), cosa non sempre proprio immediata.
Ok, chiaro. Più tardi spiegherò cosa mi ha confuso, che magari può tornare utile a qualcun altro (ritengo che sia un dubbio non idiota).
"vict85":
(...) quello che fai è invece di testare la proprietà \(\displaystyle P \) su \(\displaystyle f(X) \) dimostri la proprietà \(\displaystyle P_f \) su \(\displaystyle \mathbb{N} \). Dove \(\displaystyle P_f(n) = P(f(n)) \). (...)
Sono abbastanza convinto che questo sia equivalente all'induzione transfinita applicata su \(\displaystyle (X, \leq_f) \) con \(\displaystyle \leq_f \) relazione d'ordine indotta dalle immagini (i.e. \(\displaystyle \forall \ a, b \in X: a \leq_f b \iff f(a) \leq f(b) \) con \(\displaystyle f \) biezione tra \(\displaystyle X \) ed \(\displaystyle \mathbb{N} \)). L'unica ipotesi richiesta per l'applicabilità dell'induzione transfinita è il buon ordinamento e l'ordine indotto dalle immagini se esiste una biezione con \(\displaystyle \mathbb{N} \) è un buon ordinamento. Dimostrare \(\displaystyle P \) su \(\displaystyle (X, \leq_f) \) mi sembra equivalente al dimostrare \(\displaystyle P_f \) su \(\displaystyle \mathbb{N} \) in virtù del principio di induzione, come suggerisci. Da questo punto di vista, in un certo senso il principio di induzione è il caso particolare dell'induzione transfinita applicata ad \(\displaystyle \mathbb{N} \).
grazie mille Epimenide93, è una questione di correttezza. Buono studio