Esiste unico (dimostrazione)
Buonasera,
stavo cercando di capire una dimostrazione e vorrei chiedere un aiuto a qualcuno ed eccomi qui.
Ho letto la dimostrazione dato un gruppo con * l'equazione $ax=b$ ha soluzione.
Si dimostra per questo che
- è unica: $ax=b$ quindi $a^(-1)ax=a^(−1)b→x=a^(−1)b$ da cui $x=a^(−1)b$ unica
- esiste, infatti; posso sempre assumere $x=a^(−1)b$ ho che $ax=b$
Vorrei però ampliare il discorso per capire questo tipo di dimostrazioni essendo la prima volta che la incontro, noto che in pratica si è ragionato così:
1- ipotizzo p(x)=x esiste => trovo che vale q(x)=x ha una unica espressione possibile
2- però avendo bisogno anche dell'esistenza di quell'x che esiste(+unico) a questo punto dimostro che preso
q(x)= espressione vista => ho p(x),
Qui viene il mio dubbio, ma se io mantenessi immutata la prima parte:
1- ipotizzo p(x)=x esiste => trovo che vale q(x)=x ha una unica espressione possibile
(come detto ho ipotizzato che p esiste ma non so ancora se esiste, quindi)
2- dimostro che p(x) vale partendo da un altra ipotesi, ossia r(x) => p(x)
allora vale comunque la dimostrazione che x esiste unico? Il mio dubbio nasce perché se 1 mi dice che se x esiste allora unicamente ha forma data da q(x) allora r(x) => p(x) => q(x) da cui mi pare che r(x) torni ad essere q(x) per forza. Sono molto confuso.
stavo cercando di capire una dimostrazione e vorrei chiedere un aiuto a qualcuno ed eccomi qui.
Ho letto la dimostrazione dato un gruppo con * l'equazione $ax=b$ ha soluzione.
Si dimostra per questo che
- è unica: $ax=b$ quindi $a^(-1)ax=a^(−1)b→x=a^(−1)b$ da cui $x=a^(−1)b$ unica
- esiste, infatti; posso sempre assumere $x=a^(−1)b$ ho che $ax=b$
Vorrei però ampliare il discorso per capire questo tipo di dimostrazioni essendo la prima volta che la incontro, noto che in pratica si è ragionato così:
1- ipotizzo p(x)=x esiste => trovo che vale q(x)=x ha una unica espressione possibile
2- però avendo bisogno anche dell'esistenza di quell'x che esiste(+unico) a questo punto dimostro che preso
q(x)= espressione vista => ho p(x),
Qui viene il mio dubbio, ma se io mantenessi immutata la prima parte:
1- ipotizzo p(x)=x esiste => trovo che vale q(x)=x ha una unica espressione possibile
(come detto ho ipotizzato che p esiste ma non so ancora se esiste, quindi)
2- dimostro che p(x) vale partendo da un altra ipotesi, ossia r(x) => p(x)
allora vale comunque la dimostrazione che x esiste unico? Il mio dubbio nasce perché se 1 mi dice che se x esiste allora unicamente ha forma data da q(x) allora r(x) => p(x) => q(x) da cui mi pare che r(x) torni ad essere q(x) per forza. Sono molto confuso.
Risposte
Certo, si stava parlando di casi in cui si dimostrava esistenza e unicità. A questo punto quanto dice G.D. mi sembra essere il semplice fatto che se non vale esistenza+unicità allora la dimostrazione di cui stiamo parlando (1)+(2) non funziona, per il semplice fatto che staremmo cercando di dimostrare una cosa falsa.
Sì, ecco, il punto era proprio quello. Però siccome si sfrutta sempre una implicazione nei due casi del tipo:
X verifica P => $X in B$ stavo cercando di capire quale fosse il fulcro della differenza e mi pareva averla individuata proprio nel fatto che l'insieme di arrivo è differente.
In esistenza e unicità ho X verifica P => X=F, o al massimo X verifica P => X="tot di elementi e non ho in B altri elementi". E questa uguaglianza X=F mi definisce un insieme B che non ha altri elementi all'infuori di quelli.
Nel caso del cane, invece, avevo sempre una implicazione usata similmente: X verifica P => $X in B$ ma B ha elementi in più rispetto ai soli cani, ovviamente (e questo è il motivo per cui non funziona più 1+2). E per questo sul punto (2) opero in modo differente, o meglio non funziona più la conclusione che avevo chiamato 2].
Era questo che volevo dire, fose detto in modo un po' rozzo. Però mi pareva il concetto di fondo ruotasse attorno a questo, magari sbaglio
X verifica P => $X in B$ stavo cercando di capire quale fosse il fulcro della differenza e mi pareva averla individuata proprio nel fatto che l'insieme di arrivo è differente.
In esistenza e unicità ho X verifica P => X=F, o al massimo X verifica P => X="tot di elementi e non ho in B altri elementi". E questa uguaglianza X=F mi definisce un insieme B che non ha altri elementi all'infuori di quelli.
Nel caso del cane, invece, avevo sempre una implicazione usata similmente: X verifica P => $X in B$ ma B ha elementi in più rispetto ai soli cani, ovviamente (e questo è il motivo per cui non funziona più 1+2). E per questo sul punto (2) opero in modo differente, o meglio non funziona più la conclusione che avevo chiamato 2].
Era questo che volevo dire, fose detto in modo un po' rozzo. Però mi pareva il concetto di fondo ruotasse attorno a questo, magari sbaglio

Ma quello che non capisco è l'atteggiamento di G.D., che è del tipo "no, vi state sbagliando", quando invece non ci stavamo sbagliando per niente, stavamo parlando di come dimostrare esistenza e unicità di qualcosa. Cioè esistenza e unicità si dimostra coi due step (1)+(2) sopra, e ovviamente se esistenza+unicità non vale allora almeno uno dei due step si rivelerà inconcludente. Cioè se una cosa è falsa non si può dimostrare, mi sembra ovvio.
Quanto ai cani, ti conviene pensare in termini di insiemi. Se prendi $A$ l'insieme dei cani e $B$ l'insieme dei mammiferi, allora hai che $A$ è contenuto in $B$ ma $B$ non è contenuto in $A$. Cioè hai l'implicazione $x in A$ => $x in B$ ma non hai l'implicazione contraria.
Se invece definisco $A$ come l'insieme delle soluzioni di $x^2=1$ e $B={1,-1}$ allora si ha $A=B$, cioè hai le due inclusioni $A subseteq B$ e $B subseteq A$. La prima inclusione corrisponde all'implicazione $x in A$ => $x in B$, la seconda corrisponde all'implicazione $x in B$ => $x in A$.
Quanto ai cani, ti conviene pensare in termini di insiemi. Se prendi $A$ l'insieme dei cani e $B$ l'insieme dei mammiferi, allora hai che $A$ è contenuto in $B$ ma $B$ non è contenuto in $A$. Cioè hai l'implicazione $x in A$ => $x in B$ ma non hai l'implicazione contraria.
Se invece definisco $A$ come l'insieme delle soluzioni di $x^2=1$ e $B={1,-1}$ allora si ha $A=B$, cioè hai le due inclusioni $A subseteq B$ e $B subseteq A$. La prima inclusione corrisponde all'implicazione $x in A$ => $x in B$, la seconda corrisponde all'implicazione $x in B$ => $x in A$.
In attesa che G.D. chiarisca, perché ho compreso i tuoi dubbi su quello che dice e anche a me sembra del tutto lecito quanto dicevamo noi nelle pagine addietro.
Rimane però per me ostica ancora la seconda parte dell'argomento.
Quello che volevo dire è che quando dimostro esistenza e unicità avevamo ben chiarito che posso anche procedere così:
1] SUPPONGO vera X e dimostro che X è F, in pratica suppongo X vera e tramite P trovo => X=F. In fin dei conti faccio qualcosa del tutto simile alle considerazione insiemistiche che hai giustamente riportato: ho anche qui l'implicazione x∈A => x∈B ma in realtà l'implicazione contraria a priori non è garantita, proprio perché B contiene anche "non cani" e quindi quello che mi dico è perché B qui non potrebbe contenere elementi che non sono rappresentati da elementi F? Il discorso mi pare analogo.
Se esiste un cane è unicamente un mammifero
parimenti
Se esiste x soluzione di $x^2=1$ è unicamente data da x=1 o x=-1 (che sono i miei candidati indicati con F in precedenza)
A questo punto nell'esistenza e unicità dicevamo che si può procedere anche così:
2] immaginiamo di poter dimostrare che una certa X esiste, non più partendo dal candidato F (che sia F mammifero o $x=+-1$) ma per una generica altra via.
Questo ci porta a concludere che proprio per via dell'unicità del punto (1) e dimostrata al punto 2 l'esistenza ho che: X verifica P (ossia $X in A$) <=> $X in B$.
Ma questa argomentazione invece non funziona nell'esempio insiemistici dei cani, perché se io dimostro il punto (2) dicendo che in A esiste un elemento che verifica la proprietà P "essere cane", non posso in tal caso concludere X verifica P <=> $X in B$
la differenza è quindi questa per il punto (2):
se dimostro che esiste una x soluzione di $x^2=1$ allora concludo unendola al punto (2) dicendo $x^2=1$ ha soluzione <=> $x=+-1$
se dimostro che esiste nell insieme degli animali un "x che è cane" non posso concludere unendola al punto (2) dicendo che x cane <=> x è mammifero.
Eppure i passi sono gli stessi.
il procedimento logico è lo stesso. il punto 1) mi dà una forma di unicità: il cane è unicamente un mammifero o unicamnete x=+-1, ma dimostrando l'esistenza ossia il punto 2) non trovo il "<=>" e quindi siccome sto facendo lo stesso lavoro tra elementi di insiemi A e B e usando le stesse implicazioni mi verrebbe da concludere che la dimostrazione di esistenza e unicità che segue i due passi indicati non può funzionare.
Riassumendo perché non vorrei solo aver confuso di più cercando di esser dettagliato:
1) Io dico prendo ipotizzo x risolva l'equazione => $x=+-1$
2) se dimostro che x esiste allora ho x risolve l'equazione <=> $x=+-1$
parimenti
1) Io dico prendo ipotizzo x "risolva" l'essere cane => x è mammifero
2) se dimostro che x esiste allora dovrei dire come sopra che x cane <=> x mammifero
Il procedimento mi sembra uguale.
E non riesco cogliere il motivo sottile per cui non funzioni se non fosse per una restrizione su B a tot elementi.
Rimane però per me ostica ancora la seconda parte dell'argomento.
Quello che volevo dire è che quando dimostro esistenza e unicità avevamo ben chiarito che posso anche procedere così:
1] SUPPONGO vera X e dimostro che X è F, in pratica suppongo X vera e tramite P trovo => X=F. In fin dei conti faccio qualcosa del tutto simile alle considerazione insiemistiche che hai giustamente riportato: ho anche qui l'implicazione x∈A => x∈B ma in realtà l'implicazione contraria a priori non è garantita, proprio perché B contiene anche "non cani" e quindi quello che mi dico è perché B qui non potrebbe contenere elementi che non sono rappresentati da elementi F? Il discorso mi pare analogo.
Se esiste un cane è unicamente un mammifero
parimenti
Se esiste x soluzione di $x^2=1$ è unicamente data da x=1 o x=-1 (che sono i miei candidati indicati con F in precedenza)
A questo punto nell'esistenza e unicità dicevamo che si può procedere anche così:
2] immaginiamo di poter dimostrare che una certa X esiste, non più partendo dal candidato F (che sia F mammifero o $x=+-1$) ma per una generica altra via.
Questo ci porta a concludere che proprio per via dell'unicità del punto (1) e dimostrata al punto 2 l'esistenza ho che: X verifica P (ossia $X in A$) <=> $X in B$.
Ma questa argomentazione invece non funziona nell'esempio insiemistici dei cani, perché se io dimostro il punto (2) dicendo che in A esiste un elemento che verifica la proprietà P "essere cane", non posso in tal caso concludere X verifica P <=> $X in B$
la differenza è quindi questa per il punto (2):
se dimostro che esiste una x soluzione di $x^2=1$ allora concludo unendola al punto (2) dicendo $x^2=1$ ha soluzione <=> $x=+-1$
se dimostro che esiste nell insieme degli animali un "x che è cane" non posso concludere unendola al punto (2) dicendo che x cane <=> x è mammifero.
Eppure i passi sono gli stessi.
il procedimento logico è lo stesso. il punto 1) mi dà una forma di unicità: il cane è unicamente un mammifero o unicamnete x=+-1, ma dimostrando l'esistenza ossia il punto 2) non trovo il "<=>" e quindi siccome sto facendo lo stesso lavoro tra elementi di insiemi A e B e usando le stesse implicazioni mi verrebbe da concludere che la dimostrazione di esistenza e unicità che segue i due passi indicati non può funzionare.
Riassumendo perché non vorrei solo aver confuso di più cercando di esser dettagliato:
1) Io dico prendo ipotizzo x risolva l'equazione => $x=+-1$
2) se dimostro che x esiste allora ho x risolve l'equazione <=> $x=+-1$
parimenti
1) Io dico prendo ipotizzo x "risolva" l'essere cane => x è mammifero
2) se dimostro che x esiste allora dovrei dire come sopra che x cane <=> x mammifero
Il procedimento mi sembra uguale.
E non riesco cogliere il motivo sottile per cui non funzioni se non fosse per una restrizione su B a tot elementi.
No, continui a usare male il concetto di unicità, cioè non ci capiamo su cosa significa unicità. Nel caso dei cani non stai dimostrando l'esistenza e unicità. Esistenza e unicità significa una cosa ben precisa, cioè una cosa del tipo "X soddisfa P se e solo se X=F". Scrivere "x mammifero" non identifica x univocamente, sta solo dicendo che x sta in un insieme molto grande che comprende tutti i mammiferi. Per identificare x univocamente devi dire per esempio "x=Toby", dove Toby non è un generico cane di nome Toby, è il tuo cane, quello che adesso si trova nel tuo giardino, quell'unico cane lì.
Quando dici "x cane => x mammifero" non stai replicando lo step 1 perché non esiste un unico mammifero, ne esistono tanti. Cioè per replicare lo step 1 dovrei prendere un mondo in cui c'è un solo cane di nome Toby e dimostrare che "x cane => x=Toby" (step 1). Poi dimostro che esiste almeno un cane e deduco che questo cane deve per forza essere Toby per lo step 1.
Invece quando dici (*) "x cane => x mammifero" stai parlando di una inclusione tra insiemi. Se ora dimostri che esiste almeno un cane non puoi dedurre da (*) che quel cane è l'unico mammifero che esiste, proprio perché (*) non sta dicendo che esiste un unico cane, sta solo dicendo che ogni cane cade dentro un insieme molto grande, quello dei mammiferi.
Insomma quando scrivo "X=F" sto pensando che X è proprio uguale a F, non che X ha la "forma" F o la "proprietà" F. Nel caso dei cani, F dev'essere un cane specifico (Toby) e non una proprietà che i cani hanno (mammifero), cioè F è un cane, non è un insieme di animali.
Comunque scusami ma veramente sono spossato
me ne esco, non riesco a ripetere sempre le stesse cose ogni volta con una virgola in un posto diverso, cerca di elaborare le cose. Buona fortuna.
Quando dici "x cane => x mammifero" non stai replicando lo step 1 perché non esiste un unico mammifero, ne esistono tanti. Cioè per replicare lo step 1 dovrei prendere un mondo in cui c'è un solo cane di nome Toby e dimostrare che "x cane => x=Toby" (step 1). Poi dimostro che esiste almeno un cane e deduco che questo cane deve per forza essere Toby per lo step 1.
Invece quando dici (*) "x cane => x mammifero" stai parlando di una inclusione tra insiemi. Se ora dimostri che esiste almeno un cane non puoi dedurre da (*) che quel cane è l'unico mammifero che esiste, proprio perché (*) non sta dicendo che esiste un unico cane, sta solo dicendo che ogni cane cade dentro un insieme molto grande, quello dei mammiferi.
Insomma quando scrivo "X=F" sto pensando che X è proprio uguale a F, non che X ha la "forma" F o la "proprietà" F. Nel caso dei cani, F dev'essere un cane specifico (Toby) e non una proprietà che i cani hanno (mammifero), cioè F è un cane, non è un insieme di animali.
Comunque scusami ma veramente sono spossato

Eidt: Scusa Martino, ho visto che hai scritto nel frattempo, scusa l'accavallarsi. Se avrai voglia di leggerla spero che in questo modo sia più chiaro. In ogni caso se mi darai un ulteriore risposta non interverrò oltre - te lo garantisco - (anche se non capissi), volevo solo chiarire meglio siccome mi sono accorto di aver usato male unicità e vedo che anche tu lo stavi dicendo.
Mi metto ora a leggere il tuo post...
Devi scusarmi ma mi accorgo che usando le parole creo più franitendimento che altro, facciamo così espungiamo dal discorso ogni unicità, tutte e sole..
Nella dimostrazione di tutte e sole avevamo detto che si poteva così procedere:
es A1)
1) ipotizzo x verifichi P e dimostro X=F. In formule: x verifica P => X=F
2) dimostro che x esiste.
1+2) concludo che X verifica P <=> X=F
1) ipotizzo x sia soluzione di $ax=b$ e dimostro che in tal caso $x=a^-1b$
2) dimostro che x soluzione di $ax=b$ esiste.
1+2) concludo che x è soluzione di $ax=b=1$ <=> $x=a^-1b$
ovviamente posso ragionare come insiemi e scrivo x sia soluzione di $ax=b$ come $x in A$, mentre $x=a^-1b$ vuol dire che $X in B$
Posso riscrivere la precednete come:
1) ipotizzo x sia soluzione e quindi $x in A$ e dimostro che in tal caso $x in B$
2) dimostro che x soluzione di $ax=b$ esiste, ossia essite $x in A$.
1+2) concludo che x è soluzione di $x in A$ <=> $x in B$
Questa era la dimostrazione per esistenza e unicità.
es: B1)
Tuttavia se assumessi:
la proprietà P è essere cane. se l'animale x verifica questo essere cane starà in A:
$x in A$ quando x cane, poi $x in B$ paramentrizza che x è mammifero
A questo punto posso sfruttare lo stesso schema usato per esistenza è unicità:
1) ipotizzo esista un cane e quindi $x in A$ e dimostro che in tal caso $x in B$: $x in A => x in B$
2) dimostro che x soluzione di $ax=b$ esiste, ossia essite $x in A$.
1+2) concluderei erroneamente che x è soluzione di $x in A$ <=> $x in B$
Ora, siccome sto usando lo stesso schema nei due casi solo che per esistenza e unicità funziona mentre per quello dei cani no, ci deve essere qualche differenza e mi pareva di individuarla nel fatto che B è composto da unico elemento e quindi lo schema logico funziona in A1) per questo motivo ma in B1) no, proprio perché mammiferi contiene più dei soli cani.
Però il punto è quindi questo, ma a priori quando dimostro $x in A$ => $x in B$ come faccio a sapere se sono nel caso A1) o nel caso B1)? (e mi pareva G.D sindacasse proprio su questo punto!). Ciò mi sembra trovarsi nel fatto che B nel caso A1) si riduce a B={$a^-1b$}, o nel caso di x^2=1 a soli {+1,-1}.
Mi metto ora a leggere il tuo post...
Devi scusarmi ma mi accorgo che usando le parole creo più franitendimento che altro, facciamo così espungiamo dal discorso ogni unicità, tutte e sole..
Nella dimostrazione di tutte e sole avevamo detto che si poteva così procedere:
es A1)
1) ipotizzo x verifichi P e dimostro X=F. In formule: x verifica P => X=F
2) dimostro che x esiste.
1+2) concludo che X verifica P <=> X=F
1) ipotizzo x sia soluzione di $ax=b$ e dimostro che in tal caso $x=a^-1b$
2) dimostro che x soluzione di $ax=b$ esiste.
1+2) concludo che x è soluzione di $ax=b=1$ <=> $x=a^-1b$
ovviamente posso ragionare come insiemi e scrivo x sia soluzione di $ax=b$ come $x in A$, mentre $x=a^-1b$ vuol dire che $X in B$
Posso riscrivere la precednete come:
1) ipotizzo x sia soluzione e quindi $x in A$ e dimostro che in tal caso $x in B$
2) dimostro che x soluzione di $ax=b$ esiste, ossia essite $x in A$.
1+2) concludo che x è soluzione di $x in A$ <=> $x in B$
Questa era la dimostrazione per esistenza e unicità.
es: B1)
Tuttavia se assumessi:
la proprietà P è essere cane. se l'animale x verifica questo essere cane starà in A:
$x in A$ quando x cane, poi $x in B$ paramentrizza che x è mammifero
A questo punto posso sfruttare lo stesso schema usato per esistenza è unicità:
1) ipotizzo esista un cane e quindi $x in A$ e dimostro che in tal caso $x in B$: $x in A => x in B$
2) dimostro che x soluzione di $ax=b$ esiste, ossia essite $x in A$.
1+2) concluderei erroneamente che x è soluzione di $x in A$ <=> $x in B$
Ora, siccome sto usando lo stesso schema nei due casi solo che per esistenza e unicità funziona mentre per quello dei cani no, ci deve essere qualche differenza e mi pareva di individuarla nel fatto che B è composto da unico elemento e quindi lo schema logico funziona in A1) per questo motivo ma in B1) no, proprio perché mammiferi contiene più dei soli cani.
Però il punto è quindi questo, ma a priori quando dimostro $x in A$ => $x in B$ come faccio a sapere se sono nel caso A1) o nel caso B1)? (e mi pareva G.D sindacasse proprio su questo punto!). Ciò mi sembra trovarsi nel fatto che B nel caso A1) si riduce a B={$a^-1b$}, o nel caso di x^2=1 a soli {+1,-1}.
Ok, mi rendo conto di aver fatto un casino per nulla ma volevo cercare di comprendere le ragioni di G.D. Quello che hai scritto mi sembra proprio quello che cercavo di dire e che secondo me era il punto dove non era d'accordo G.D. Ossia compiva quell' "errore li" ma forse ho solo travisato.
Siamo d'accordo fin dall'inizio direi, ma per mia mancanza non mi sarò spiegato bene!
Grazie di nuovo
.
E' molto simile, ma ovviamente quello che dice G.D non funziona proprio perché a me pare che assuma esempi per cui B abbia elementi in più, non ho cioè quell'uguaglianza che avevo in X=F che era quella che mi permetteva di condurre il punto (2) senza problemi.
Siamo d'accordo fin dall'inizio direi, ma per mia mancanza non mi sarò spiegato bene!
Grazie di nuovo

Ok, un'ultima cosa. Supponiamo di aver dimostrato le due cose seguenti (non importa come le abbiamo dimostrate).
(1) Se $X$ soddisfa $P$ allora necessariamente $X=F$.
(2) Esiste un certo $X_0$ che soddisfa $P$.
Ovviamente la (1) significa che "ogni $X$ che soddisfa $P$ è necessariamente uguale a $F$".
Da (1)+(2) si può dedurre la cosa seguente
(3) $X$ soddisfa $P$ se e solo se $X=F$.
Come? Te lo dimostro qui sotto.
L'item (3) contiene due implicazioni, le dimostriamo entrambe.
Prima implicazione, cioè "se $X$ soddisfa $P$ allora $X=F$". Essa è esattamente uguale a (1), che stiamo assumendo come vera. Quindi la prima implicazione contenuta in (3) vale.
Seconda implicazione, cioè "se $X=F$ allora $X$ soddisfa $P$", che è equivalente alla semplice "$F$ soddisfa $P$". Dimostriamolo. Sappiamo per (2) che esiste $X_0$ che soddisfa $P$. Ma per (1) qualsiasi $X$ che soddisfa $P$ dev'essere uguale a $F$. Siccome $X_0$ soddisfa $P$, deduciamo che $X_0=F$. Siccome $X_0$ soddisfa $P$ e $X_0=F$, allora $F$ soddisfa $P$.
Questo conclude la dimostrazione del fatto che da (1)+(2) si può dedurre (3).
Ora cambiamo i termini della questione, e supponiamo di avere un certo insieme $S$ e supponiamo che
(1*) Se $X$ soddisfa $P$ allora $X in S$.
(2*) Esiste un certo $X_0$ che soddisfa $P$.
Da (1*) e (2*) NON si può dedurre
(3*) $X$ soddisfa $P$ se e solo se $X in S$.
Bada bene, ho detto NON. Infatti come sopra, (3*) contiene 2 implicazioni di cui la prima (cioè "se $X$ soddisfa $P$ allora $X in S$") è vera perché coincide con (1*). Tuttavia non si può più dimostrare l'altra implicazione, cioè
"se $X in S$ allora $X$ soddisfa $P$".
Questo non si può dedurre da (1*) e (2*) a meno che $S$ non abbia un unico elemento. Infatti dall'esistenza di $X_0$ che soddisfa $P$ (da cui deduco $X_0 in S$ a causa di (1*)) non posso dedurre che ogni elemento di $S$ soddisfa $P$ a meno che $X_0$ non sia l'unico elemento di $S$. Ci siamo?
Ora nel tuo esempio dei cani, $P$ è "essere un cane" e $S$ è l'insieme dei mammiferi. Come vedi $S$ contiene moltissimi elementi.
Bene, mi fermo qui
ciao.
(1) Se $X$ soddisfa $P$ allora necessariamente $X=F$.
(2) Esiste un certo $X_0$ che soddisfa $P$.
Ovviamente la (1) significa che "ogni $X$ che soddisfa $P$ è necessariamente uguale a $F$".
Da (1)+(2) si può dedurre la cosa seguente
(3) $X$ soddisfa $P$ se e solo se $X=F$.
Come? Te lo dimostro qui sotto.
L'item (3) contiene due implicazioni, le dimostriamo entrambe.
Prima implicazione, cioè "se $X$ soddisfa $P$ allora $X=F$". Essa è esattamente uguale a (1), che stiamo assumendo come vera. Quindi la prima implicazione contenuta in (3) vale.
Seconda implicazione, cioè "se $X=F$ allora $X$ soddisfa $P$", che è equivalente alla semplice "$F$ soddisfa $P$". Dimostriamolo. Sappiamo per (2) che esiste $X_0$ che soddisfa $P$. Ma per (1) qualsiasi $X$ che soddisfa $P$ dev'essere uguale a $F$. Siccome $X_0$ soddisfa $P$, deduciamo che $X_0=F$. Siccome $X_0$ soddisfa $P$ e $X_0=F$, allora $F$ soddisfa $P$.
Questo conclude la dimostrazione del fatto che da (1)+(2) si può dedurre (3).
Ora cambiamo i termini della questione, e supponiamo di avere un certo insieme $S$ e supponiamo che
(1*) Se $X$ soddisfa $P$ allora $X in S$.
(2*) Esiste un certo $X_0$ che soddisfa $P$.
Da (1*) e (2*) NON si può dedurre
(3*) $X$ soddisfa $P$ se e solo se $X in S$.
Bada bene, ho detto NON. Infatti come sopra, (3*) contiene 2 implicazioni di cui la prima (cioè "se $X$ soddisfa $P$ allora $X in S$") è vera perché coincide con (1*). Tuttavia non si può più dimostrare l'altra implicazione, cioè
"se $X in S$ allora $X$ soddisfa $P$".
Questo non si può dedurre da (1*) e (2*) a meno che $S$ non abbia un unico elemento. Infatti dall'esistenza di $X_0$ che soddisfa $P$ (da cui deduco $X_0 in S$ a causa di (1*)) non posso dedurre che ogni elemento di $S$ soddisfa $P$ a meno che $X_0$ non sia l'unico elemento di $S$. Ci siamo?
Ora nel tuo esempio dei cani, $P$ è "essere un cane" e $S$ è l'insieme dei mammiferi. Come vedi $S$ contiene moltissimi elementi.
Bene, mi fermo qui

Eh si! E non posso che darti ragione. Vista così è ancora meglio.
Grazie mille ancora.
Grazie mille ancora.
Innanzitutto mi scuso con Martino se ho dato l'impressione di voler fare il maestrino: non era mia intenzione ma la sola comunicazione scritta ha, purtroppo, i suoi difetti, specie quando si va di fretta.
In ogni caso, quello a cui volevo arrivare era proprio questo passaggio:
volevo cioè che ganxi si rendesse conto che \(\mathscr{P}(y) \leftrightarrow y = x\) permette di avere esistenza e unicità solo se è preceduto da \(\forall y\) mentre per come aveva scritto lui il suo schema di ragionamento lasciava intendere (almeno a me) che questo dettaglio gli/le fosse sfuggito. Ed infatti poi ha fatto l'esempio con i cani e i mammiferi con cui ha confermato il mio sospetto. E se notate l'esempio che ho fatto io con le equazioni funzionali era fallace proprio perché andavo a fare ipotesi restrittive sull'equazione funzionale verificante la proprietà assegnata, anziché prenderne una generica.
Tutto qua.
In ogni caso, quello a cui volevo arrivare era proprio questo passaggio:
"Martino":No non è questo che fai. Nel punto (1) dimostri che "ogni cane è mammifero". Cioè che per ogni x, "x cane" implica "x mammifero".[/quote]
[quote="ganxi"](1) io ipotizzo esista un animale x che è cane e dimostro che: x è cane => x è mammifero
volevo cioè che ganxi si rendesse conto che \(\mathscr{P}(y) \leftrightarrow y = x\) permette di avere esistenza e unicità solo se è preceduto da \(\forall y\) mentre per come aveva scritto lui il suo schema di ragionamento lasciava intendere (almeno a me) che questo dettaglio gli/le fosse sfuggito. Ed infatti poi ha fatto l'esempio con i cani e i mammiferi con cui ha confermato il mio sospetto. E se notate l'esempio che ho fatto io con le equazioni funzionali era fallace proprio perché andavo a fare ipotesi restrittive sull'equazione funzionale verificante la proprietà assegnata, anziché prenderne una generica.
Tutto qua.
Ok ho capito, scusa il fraintendimento

"Martino":
Ok ho capito, scusa il fraintendimento
Figurati: ho sbagliato io nello scrivere andando di fretta.
La mia domanda è molto scema ma mi interessa particolarmente, proprio perché basilare, ma non ho mai formalizzato alle superiori a dovere e credo sia un buon momento avendo letto qui.
Ho letto proprio tutta la discussione che ho trovato molto utile per fissare le idee su una tipologia di dimostrazione e volevo chiedere una cosa a Martino o G.D. o comunque qualcuno esperto:
Avete sudetto che:
a) $X$ verifica $P(X) => X=F$ (vuol dire: se esiste X che verifica la P, allora X unico essendo uguale a F)
b) si prende $X=F$ e si mostra che F soddisfa P (ci dice: esiste X)
La mia domanda verte sui quantificatori e più che sul punto b) mi soffermo su a):
- quando dimostro $P(x) => Q(x)$ generalmente si legge "per ogni x che verifica P(X) allora Q(x)"
- quindi se leggo la a) dovrei qundi dire (o meglio mi verrebbe da leggerla come) "per ogni X che verifica P(X) allora X=F". Però sto usando per ogni e non se esiste, ma prima ho scritto che è da leggersi come "se esiste X..." e ho bisogno di un se esiste a conti fatti.
Non ho quindi capito se formalmente quando scrivo $P(x) => Q(x)$ sia: se esiste x che verifica P(x) => Q(x). O forse meglio sarebbe: $AA x,$(se esiste x tale che P(x) => Q(x)) al posto del classico: $AA x, (P(x) => Q(x))$?
E quindi dovrei leggere a sua volta la a) come $AA$ X, (se esiste X che verifica P(X) allora X=F)?
Non mi è chiaro perciò come inserire quell'esiste nella dicitura che di solito richiede un per ogni
nella struttura delle implicazioni ($AA x, (P(x) => Q(x))$).
Nascono quindi tre domande che qui schematizzo e sono implicite nel discorso precedente che ho scritto:
assunto: $P(x) => Q(x)$
1) posso altresì leggerlo come se esiste x tale che P(x) allora Q(x) al posto del classico per ogni x tale che P(x) allora Q(x)?
2) E' invece forse da leggere: $AA x,$(se esiste x tale che P(x) => Q(x)) al posto del classico: $AA x, (P(x) => Q(x))$?
Per quanto riguarda invece il punto a)
3) la a) è quindi da leggere come $AA$ X, (se esiste X che verifica P(X) allora X=F)? O se così non fosse come concilio l' "esiste" rispetto al "per ogni" tipico delle implicazioni dimostrative: $AA x, (P(x) => Q(x))$?
Vorrei vederci più chiaro su come strutturarle se qualcuno avesse voglia di spiegarmi.
Ho letto proprio tutta la discussione che ho trovato molto utile per fissare le idee su una tipologia di dimostrazione e volevo chiedere una cosa a Martino o G.D. o comunque qualcuno esperto:
Avete sudetto che:
a) $X$ verifica $P(X) => X=F$ (vuol dire: se esiste X che verifica la P, allora X unico essendo uguale a F)
b) si prende $X=F$ e si mostra che F soddisfa P (ci dice: esiste X)
La mia domanda verte sui quantificatori e più che sul punto b) mi soffermo su a):
- quando dimostro $P(x) => Q(x)$ generalmente si legge "per ogni x che verifica P(X) allora Q(x)"
- quindi se leggo la a) dovrei qundi dire (o meglio mi verrebbe da leggerla come) "per ogni X che verifica P(X) allora X=F". Però sto usando per ogni e non se esiste, ma prima ho scritto che è da leggersi come "se esiste X..." e ho bisogno di un se esiste a conti fatti.
Non ho quindi capito se formalmente quando scrivo $P(x) => Q(x)$ sia: se esiste x che verifica P(x) => Q(x). O forse meglio sarebbe: $AA x,$(se esiste x tale che P(x) => Q(x)) al posto del classico: $AA x, (P(x) => Q(x))$?
E quindi dovrei leggere a sua volta la a) come $AA$ X, (se esiste X che verifica P(X) allora X=F)?
Non mi è chiaro perciò come inserire quell'esiste nella dicitura che di solito richiede un per ogni
nella struttura delle implicazioni ($AA x, (P(x) => Q(x))$).
Nascono quindi tre domande che qui schematizzo e sono implicite nel discorso precedente che ho scritto:
assunto: $P(x) => Q(x)$
1) posso altresì leggerlo come se esiste x tale che P(x) allora Q(x) al posto del classico per ogni x tale che P(x) allora Q(x)?
2) E' invece forse da leggere: $AA x,$(se esiste x tale che P(x) => Q(x)) al posto del classico: $AA x, (P(x) => Q(x))$?
Per quanto riguarda invece il punto a)
3) la a) è quindi da leggere come $AA$ X, (se esiste X che verifica P(X) allora X=F)? O se così non fosse come concilio l' "esiste" rispetto al "per ogni" tipico delle implicazioni dimostrative: $AA x, (P(x) => Q(x))$?
Vorrei vederci più chiaro su come strutturarle se qualcuno avesse voglia di spiegarmi.
La mia domanda verte sui quantificatori e più che sul punto b) mi soffermo su a):
La tua domanda dovrebbe vertere sul fatto che se non esiste nessun $X$ tale che $PX$, allora a) è sempre vera. Questo è il motivo per cui per mostrare che qualcosa esiste ed è unico va mostrato che esiste e che è unico.
Sembri sottovalutare enormemente il fatto che uno schizzo di s-
di simboli buttato sul foglio, a priori, potrebbe non voler dire niente (questa è la resa informale di "la seguente costruzione è ben definita:", il cui scopo è proprio controllare che l'oggetto definito è definito "bene", cioè ha effettivamente una controparte: in una parola sola "esiste").
Fatto questo, ci si può occupare di mostrare che esso è unico. Ma la dimostrazione di unicità non dipende da quella di esistenza, né viceversa.
Mi rendo conto che forse quello che mi crea grattacapi è questa considerazione. Vediamo se rigirandola così risulto spero più dirimente sul dubbio.
Come scrive Martino qui (esempio di dimostrazione di esistenza e non di unicità ovviamente)
Quello che si fa è quanto segue:
Dimostrazione di esistenza (argomento del thread)
1a) X verifica P(X) => $X in S$: la mia proprietà è che $f'=f$ e dico se esiste f per cui vale questa proprietà allora f è dell'insieme delle funzioni tipo $f(x)=c*e^x$. Quello che dico è "se esiste X che verifica P(X) allora Q(X)".
2a) non ho però ancora verificato l'esistenza (ho prima solo supposto esistesse f) e lo faccio assumendo $f(x)=c*e^x$=Q(X) e mostro "se Q(X) allora ho X che verifica P(X)".
L'esistenza si riduce a dimostrare i due versi dell'implicazione ossia l'avere " X che verifica P(X) <=> Q(X)=$X in S$".
Dimostrazione classica
Mi accorgo (sempre usando gli esempi riportati) che quando considero una biimplicazione del genere è del tutto identica a:
1b) "X animale che verifica P(X)=essere cane => X è un animale con antenato comune un certo lupo", questa però si legge per ogni X che verifica P(X) => Q(X). E noto una differenza con il caso precedente: non suppongo l'esistenza del cane[nota]non dico "supponiamo esista un animale x cane"[/nota], prima dicevo "se esiste X tale che P(X)", mentre qui dico "per ogni X tale che valga P(X)" eppure sono sempre di fronte a una =>.
2b)posso dimostrare anche qui l'altra implicazione: "X è un animale con antenato comune un certo lupo => X animale che verifica P(X)=essere cane". Ma non è che facendo questo sto dimostrando che esiste un animale cane che in 1b) ho supposto esistere.
In poche parole anche qui ho: "X che verifica P(X) <=> Q(X)=$X in S$" ma non sto dimostrando una esistenza dell'animale cane, mentre di là dimostravo una esistenza di f, ma io sto esattamente facendo la stessa dimostrazione, ed è questo che volevo evidenziare col mio discorso.
Il mio dubbio quindi è se P(X)=>Q(X) si legge per ogni X (P(X)=>Q(X))$ come introduco il senso visto in 1a) di se esiste X, (P(X)=>Q(X)).
Mi sembra di sfruttare l'implicazione in due modo diversi ma non riesco a focalizzare dove sia la reale differenza.
Come scrive Martino qui (esempio di dimostrazione di esistenza e non di unicità ovviamente)
"Martino":
Sì G.D., ma (almeno per quanto mi riguarda) la discussione riguardava l'esistenza e unicità della soluzione. Se non si ha l'unicità si devono ovviamente fare piccole modifiche. Tu stai parlando di un caso in cui si ha l'esistenza ma non l'unicità. Cioè stai dimostrando che "$X$ soddisfa $P$ se e solo se $X in S$" dove $P$ è una certa proprietà e $S$ è un certo insieme.
Per esempio cerchiamo le funzioni derivabili $f:RR to RR$ tali che (*) $f'=f$ e dopo dei conti troviamo che, se vale (*), allora $f$ dev'essere necessariamente del tipo $f(x)=c*e^x$ con $c in RR$. Ora mostriamo (facilmente) che per funzioni di questo tipo vale $f'=f$. Questo mostra che le soluzioni di (*) sono tutte e sole del tipo $f(x)=c*e^x$. Cioè l'insieme delle soluzioni è l'insieme $S$ delle funzioni del tipo $c*e^x$.
Quello che si fa è quanto segue:
Dimostrazione di esistenza (argomento del thread)
1a) X verifica P(X) => $X in S$: la mia proprietà è che $f'=f$ e dico se esiste f per cui vale questa proprietà allora f è dell'insieme delle funzioni tipo $f(x)=c*e^x$. Quello che dico è "se esiste X che verifica P(X) allora Q(X)".
2a) non ho però ancora verificato l'esistenza (ho prima solo supposto esistesse f) e lo faccio assumendo $f(x)=c*e^x$=Q(X) e mostro "se Q(X) allora ho X che verifica P(X)".
L'esistenza si riduce a dimostrare i due versi dell'implicazione ossia l'avere " X che verifica P(X) <=> Q(X)=$X in S$".
Dimostrazione classica
Mi accorgo (sempre usando gli esempi riportati) che quando considero una biimplicazione del genere è del tutto identica a:
1b) "X animale che verifica P(X)=essere cane => X è un animale con antenato comune un certo lupo", questa però si legge per ogni X che verifica P(X) => Q(X). E noto una differenza con il caso precedente: non suppongo l'esistenza del cane[nota]non dico "supponiamo esista un animale x cane"[/nota], prima dicevo "se esiste X tale che P(X)", mentre qui dico "per ogni X tale che valga P(X)" eppure sono sempre di fronte a una =>.
2b)posso dimostrare anche qui l'altra implicazione: "X è un animale con antenato comune un certo lupo => X animale che verifica P(X)=essere cane". Ma non è che facendo questo sto dimostrando che esiste un animale cane che in 1b) ho supposto esistere.
In poche parole anche qui ho: "X che verifica P(X) <=> Q(X)=$X in S$" ma non sto dimostrando una esistenza dell'animale cane, mentre di là dimostravo una esistenza di f, ma io sto esattamente facendo la stessa dimostrazione, ed è questo che volevo evidenziare col mio discorso.
Il mio dubbio quindi è se P(X)=>Q(X) si legge per ogni X (P(X)=>Q(X))$ come introduco il senso visto in 1a) di se esiste X, (P(X)=>Q(X)).
Mi sembra di sfruttare l'implicazione in due modo diversi ma non riesco a focalizzare dove sia la reale differenza.
Volendo essere ancora più chiari legandomi al mio ultimo messaggio, per chi odiasse le troppe parole:
Inverto i punti del mio precedente messaggio a <-->b, per comodità di esposizione:
Dimostrazione classica
1b) dimostro $AA X$,(X soddista $P(X)$ => $X in S$)
2b) l'inverso: $AA X$,($X in S$ => X soddista $P(X)$)
Quindi
1+2) $AA X$,(X soddista $P(X)$ <=> $X in S$)
Dimostrazione di esistenza (argomento del thread)
1a) mi sembra dimostrare: $∃X$,(X soddista $P(X)$ => $X in S$)
2a) $AA X$,($X in S$ => X soddista $P(X)$)
Come posso dire che 1+2) dimostra la <=>?! Nel primo punto è usato esiste non per ogni.
per questo dico che nella mia mente quell'esiste dovrebbe essere un per ogni, eppure nel punto 1 procedo dicendo: suppongo esista f, esista soluzione ecc ecc chi più ne ha più ne metta.
Inverto i punti del mio precedente messaggio a <-->b, per comodità di esposizione:
Dimostrazione classica
1b) dimostro $AA X$,(X soddista $P(X)$ => $X in S$)
2b) l'inverso: $AA X$,($X in S$ => X soddista $P(X)$)
Quindi
1+2) $AA X$,(X soddista $P(X)$ <=> $X in S$)
Dimostrazione di esistenza (argomento del thread)
1a) mi sembra dimostrare: $∃X$,(X soddista $P(X)$ => $X in S$)
2a) $AA X$,($X in S$ => X soddista $P(X)$)
Come posso dire che 1+2) dimostra la <=>?! Nel primo punto è usato esiste non per ogni.
per questo dico che nella mia mente quell'esiste dovrebbe essere un per ogni, eppure nel punto 1 procedo dicendo: suppongo esista f, esista soluzione ecc ecc chi più ne ha più ne metta.
"Il_Gariboldi":La formulazione corretta è
Il mio dubbio quindi è se P(X)=>Q(X) si legge per ogni X (P(X)=>Q(X)) come introduco il senso visto in 1a) di se esiste X, (P(X)=>Q(X)).
Mi sembra di sfruttare l'implicazione in due modo diversi ma non riesco a focalizzare dove sia la reale differenza.
(*) "per ogni X, P(X) => Q(X)".
L'altra frase che scrivi (*) "se esiste X tale che P(X) allora Q(X)" non è logicamente ben formata perché "esiste X tale che P(X)" sta dicendo che P è soddisfatta da qualcosa e in essa X è una variabile muta. Quindi poi quando scrivi Q(X) non sai più chi è X.
Quindi limitati a (*) per evitare confusioni. Per dimostrare (*) si prende X che soddisfa P(X) e si dimostra Q(X). L'esistenza di un certo $X_0$ che soddisfa P è del tutto irrilevante.
Ti ringrazio molto per il tuo intervento.
Come dicevo nell'ultimo messaggio mi accorgevo che non funzionasse per il motivo che... non funzionerebbe.
Credo che a fuorviarmi sia il fatto che diciamo "se esiste". Sempre ragionando per esempi così da essere chiaro senza sprecare i polpastrelli
Quindi se ho ben capito è anche qui un "per ogni?"
Però quello che fatico a capire è che io ho bisogno di dire "se esiste", perché io non ho la certezza che esista, ma buttandoci dentro quel se esiste non riesco più ad avere un utilizzo del "per ogni".
Quindi mi chiedo, come dovrei rendere dignità a questo fatto?
Come dicevo nell'ultimo messaggio mi accorgevo che non funzionasse per il motivo che... non funzionerebbe.
"Il_Gariboldi":
Dimostrazione di esistenza (argomento del thread)
1a) mi sembra dimostrare: $∃X$,(X soddista $P(X)$ => $X in S$)
2a) $AA X$,($X in S$ => X soddista $P(X)$)
Come posso dire che 1+2) dimostra la <=>?! Nel primo punto è usato esiste non per ogni.
per questo dico che nella mia mente quell'esiste dovrebbe essere un per ogni, eppure nel punto 1 procedo dicendo: suppongo esista f, esista soluzione ecc ecc chi più ne ha più ne metta.
Credo che a fuorviarmi sia il fatto che diciamo "se esiste". Sempre ragionando per esempi così da essere chiaro senza sprecare i polpastrelli

"Martino":
Esempio: trovare gli $x$ positivi tali che $sqrt(x)=-1$. Se la soluzione esiste allora è unica, infatti se $x$ è soluzione allora elevando al quadrato otteniamo $x=1$. Quindi se una soluzione esiste è unica, essendo uguale a $1$. D'altra parte non esiste soluzione, perché come abbiamo appena mostrato l'unica possibile soluzione è eventualmente $1$ ma $1$ non è soluzione perché $sqrt(1) = 1 ne -1$.
Quindi se ho ben capito è anche qui un "per ogni?"
Però quello che fatico a capire è che io ho bisogno di dire "se esiste", perché io non ho la certezza che esista, ma buttandoci dentro quel se esiste non riesco più ad avere un utilizzo del "per ogni".
Quindi mi chiedo, come dovrei rendere dignità a questo fatto?
La formulazione più corretta è
"per ogni $x$, se $sqrt(x)=-1$ allora $x=1$"
e più in generale
(**) "per ogni $x$, se $P(x)$ allora $x=S$".
Questo significa che l'insieme degli $x$ che soddisfano P è contenuto in ${S}$, cioè è uguale a ${S}$ oppure è vuoto.
Per dimostrare (**) si prende un $x$ che soddisfa $P$ supponendo appunto che un tale $x$ esista, perché se non esiste nessun $x$ che soddisfa P allora (**) è automaticamente vera, per definizione di implicazione logica.
Quindi quando diciamo "esiste x tale che P(x)" siamo fuori dall'implicazione logica, la stiamo dimostrando.
E detto questo mi fermo qui perché non voglio scrivere altre dieci pagine, prova a pensarci su
ciao.
"per ogni $x$, se $sqrt(x)=-1$ allora $x=1$"
e più in generale
(**) "per ogni $x$, se $P(x)$ allora $x=S$".
Questo significa che l'insieme degli $x$ che soddisfano P è contenuto in ${S}$, cioè è uguale a ${S}$ oppure è vuoto.
Per dimostrare (**) si prende un $x$ che soddisfa $P$ supponendo appunto che un tale $x$ esista, perché se non esiste nessun $x$ che soddisfa P allora (**) è automaticamente vera, per definizione di implicazione logica.
Quindi quando diciamo "esiste x tale che P(x)" siamo fuori dall'implicazione logica, la stiamo dimostrando.
E detto questo mi fermo qui perché non voglio scrivere altre dieci pagine, prova a pensarci su

Ho atteso oggi a rispondere, non per svogliatezza, ma perché volevo seguire il tuo consiglio di rifletterci più autonomamente possibile e sono giunto ad alcune conclusioni che ho necessità di esporre
.
Bhe direi che riguardo quel punto non ho bisogno di altri chiarimenti mi sembra ok. La tua spiegazione mi ha fatto capire penso bene.
Non mi interessa tanto l'unicità ma l'esistenza quindi faccio il caso generale.
Dal discorso delle pagine precedenti mi ero figurato questa idea (che ho capito essere errata ma ripeto solo per chiarire perché nascesse la domanda posta):
1) $∃X$,(X soddista $P(X)$ => $X in S$), cioè avevo intuito un se esiste x che soddisfa P allora ho $x in S$=Q(x)
detto questo mi sembrava utile perché poi dicevo mostro che esiste la x supposta in 1) esistente tramite il secondo passaggio:
2) $AA X$,($X in S$ => X soddisfa $P(X)$) questo dimostra che X esiste: prendo un X appartenente a S e dimostro che X soddisfa P esiste.
Mentre in realtà la formulazione corretta è:
a) $AA X,$(se x soddisfa $P(X)$ => $X inS$)
b)$AA X$,($X in S$ => X soddisfa $P(X)$) questo dimostra che X esiste
(ovviamente per esistenza e unicità cambia poco, ci basta furbescamente usare $X=S$ in luogo di $X in S$ e avremo l'unicità, l'idea però rimane la stessa per forumlare la parte di "esistenza")
L'esempio base era quello da te proposto:
Mi sembra giusto vero? O come si dice non ho detto c@xxhate
?
L'unica cosa che mi sarebbe piaciuto risolvere per metterci una pietra sopra era l'esempio:
Quando si vuole dimostrare classicamente una "<=>", e non una esistenza come sopra si fa:
1b) per ogni X, (X animale che verifica P(X)=essere cane => X è un animale con antenato comune un certo lupo), che leggo sempre come per ogni X, X che verifica P(X) => Q(X).
(come giustamente mi hai fatto osservare dato che dal falso ho sempre vero procedo così: nel caso dell'equazioni supponiamo l'esistenza di una X che verifica P(X) e si dimostra Q(X), nel caso del cane prendo gli X animali dal mio insieme universo e suppongo che ci sia l'animale X che verifica P(X) e mostro (dimostro) che ottengo sempre Q(X), obv.).
2b)posso dimostrare anche qui l'altra implicazione (e uso sempre i vostri esempi per non aggiungere dettagli inutili ai fini):
per ogni X, (X è un animale con antenato comune un certo lupo => X animale che verifica P(X)=essere cane).
Ma non è che svolgendo questo secondo punto sto dimostrando che esiste un animale cane (che ho supposto esistere in precedenza, mentre nei casi precedente era proprio questa seconda implicazione a garantire l'esistenza della X). Mi sembra solo di stare asserendo che per ogni animale che nel dna ha una traccia di quel primo lupo primordiale comune => è un cane. Fine, non dimostro una esistenza della X cane.
Mentre nel caso dell'equazione proprio in questo passaggio dicevo che quando dimostrato mi mostra che la X esiste! -Quella X che non sapevo esistere dal I° passaggio ma che avevo supposto verificare P(X)= equazione data -
Quindi di fondo cosa cambia? Non mi è evidente, poiché come nei casi precedenti ho "X che verifica P(X) <=> Q(X)=$X in S$" ma non sto dimostrando una esistenza dell'animale cane con <=, mentre in precedenza al punto 2) dimostravo proprio una esistenza di f, o di x soluzione dell'equazione, ecc., ma io sto esattamente facendo la stessa dimostrazione. Mi interesserebbe molto quindi capire come districare il caso di esistenza dal caso di biimplicazione classica, di fondo cosa cambia? Perché mi sembra la stessa cosa e ci ho riflettuto a lungo, anzi ha pure invaso i miei sogni dato che è stato l'ultimo pensiero di ieri prima di addormentarmi lol.

Bhe direi che riguardo quel punto non ho bisogno di altri chiarimenti mi sembra ok. La tua spiegazione mi ha fatto capire penso bene.
Non mi interessa tanto l'unicità ma l'esistenza quindi faccio il caso generale.
Dal discorso delle pagine precedenti mi ero figurato questa idea (che ho capito essere errata ma ripeto solo per chiarire perché nascesse la domanda posta):
1) $∃X$,(X soddista $P(X)$ => $X in S$), cioè avevo intuito un se esiste x che soddisfa P allora ho $x in S$=Q(x)
detto questo mi sembrava utile perché poi dicevo mostro che esiste la x supposta in 1) esistente tramite il secondo passaggio:
2) $AA X$,($X in S$ => X soddisfa $P(X)$) questo dimostra che X esiste: prendo un X appartenente a S e dimostro che X soddisfa P esiste.
Mentre in realtà la formulazione corretta è:
a) $AA X,$(se x soddisfa $P(X)$ => $X inS$)
b)$AA X$,($X in S$ => X soddisfa $P(X)$) questo dimostra che X esiste
(ovviamente per esistenza e unicità cambia poco, ci basta furbescamente usare $X=S$ in luogo di $X in S$ e avremo l'unicità, l'idea però rimane la stessa per forumlare la parte di "esistenza")
L'esempio base era quello da te proposto:
"Martino":
Sì G.D., ma (almeno per quanto mi riguarda) la discussione riguardava l'esistenza e unicità della soluzione. Se non si ha l'unicità si devono ovviamente fare piccole modifiche. Tu stai parlando di un caso in cui si ha l'esistenza ma non l'unicità. Cioè stai dimostrando che "$X$ soddisfa $P$ se e solo se $X in S$" dove $P$ è una certa proprietà e $S$ è un certo insieme.
Per esempio cerchiamo le funzioni derivabili $f:RR to RR$ tali che (*) $f'=f$ e dopo dei conti troviamo che, se vale (*), allora $f$ dev'essere necessariamente del tipo $f(x)=c*e^x$ con $c in RR$. Ora mostriamo (facilmente) che per funzioni di questo tipo vale $f'=f$. Questo mostra che le soluzioni di (*) sono tutte e sole del tipo $f(x)=c*e^x$. Cioè l'insieme delle soluzioni è l'insieme $S$ delle funzioni del tipo $c*e^x$.
Mi sembra giusto vero? O come si dice non ho detto c@xxhate

L'unica cosa che mi sarebbe piaciuto risolvere per metterci una pietra sopra era l'esempio:
Quando si vuole dimostrare classicamente una "<=>", e non una esistenza come sopra si fa:
1b) per ogni X, (X animale che verifica P(X)=essere cane => X è un animale con antenato comune un certo lupo), che leggo sempre come per ogni X, X che verifica P(X) => Q(X).
(come giustamente mi hai fatto osservare dato che dal falso ho sempre vero procedo così: nel caso dell'equazioni supponiamo l'esistenza di una X che verifica P(X) e si dimostra Q(X), nel caso del cane prendo gli X animali dal mio insieme universo e suppongo che ci sia l'animale X che verifica P(X) e mostro (dimostro) che ottengo sempre Q(X), obv.).
2b)posso dimostrare anche qui l'altra implicazione (e uso sempre i vostri esempi per non aggiungere dettagli inutili ai fini):
per ogni X, (X è un animale con antenato comune un certo lupo => X animale che verifica P(X)=essere cane).
Ma non è che svolgendo questo secondo punto sto dimostrando che esiste un animale cane (che ho supposto esistere in precedenza, mentre nei casi precedente era proprio questa seconda implicazione a garantire l'esistenza della X). Mi sembra solo di stare asserendo che per ogni animale che nel dna ha una traccia di quel primo lupo primordiale comune => è un cane. Fine, non dimostro una esistenza della X cane.
Mentre nel caso dell'equazione proprio in questo passaggio dicevo che quando dimostrato mi mostra che la X esiste! -Quella X che non sapevo esistere dal I° passaggio ma che avevo supposto verificare P(X)= equazione data -
Quindi di fondo cosa cambia? Non mi è evidente, poiché come nei casi precedenti ho "X che verifica P(X) <=> Q(X)=$X in S$" ma non sto dimostrando una esistenza dell'animale cane con <=, mentre in precedenza al punto 2) dimostravo proprio una esistenza di f, o di x soluzione dell'equazione, ecc., ma io sto esattamente facendo la stessa dimostrazione. Mi interesserebbe molto quindi capire come districare il caso di esistenza dal caso di biimplicazione classica, di fondo cosa cambia? Perché mi sembra la stessa cosa e ci ho riflettuto a lungo, anzi ha pure invaso i miei sogni dato che è stato l'ultimo pensiero di ieri prima di addormentarmi lol.