Vota la comunita\' di pratica
Da Ateneapoli n. 18 del 09 novembre 2007
Contratto e caparra: per gli studenti
di Fabrizio Geremicca
NAPOLI. Circa 50 mila studenti fuori sede – di cui almeno 35 mila gli iscritti alla Federico Il - si trasferiscono a Napoli dai comuni di residenza, per frequentare i corsi universitari. Fanno i conti con l'insufficiente offerta di posti all'interno delle residenze universitarie e con un mercato immobiliare nell'ambito del quale i prezzi sono lievitati non poco, negli ultimi anni. Rispetto al recente passato, a voler scavare per cercare una qualche nota positiva, è un po' meno infrequente che i proprietari stipulino con i loro giovani affittuari un contratto. Indispensabile, quest'ultimo, affinché gli studenti possano concorrere all'assegnazione del*le borse di studio in qualità di fuori sede(più sostanziose) e non da studenti pendolari. I prezzi degli appartamenti sono però lievitati, negli ultimi 5 o 6 anni. Oggi una stanza doppia, in condivisione con un'altra persona, raramente scende sotto i 180 euro. Per una singola si parte da 250 euro. Resta l'abitudine dei proprieta*ri di pretendere in genere due men*silità di caparra.
Le residenze
C'è un ritardo clamoroso nella realizzazione di posti alloggio da parte degli atenei, per i fuori sede. Solo negli ultimi anni è stato avviato un serio progetto di edilizia universitaria, che peraltro procede con una certa lentezza. La Federico Il, in particolare, offre ai suoi studenti fuori sede poco più di 200 posti letto nelle due residenze gestite dall'Azienda per il Diritto allo Studio. Un'altra residenza è del Suor Orsola Benincasa. A Salerno sono in corso lavori di realizzazione di vari studentati, che sin dal prossimo anno accademico accoglieranno alcune centinaia di ragazze e ragazzi.
Le testimonianze
Come si vive da fuori sede a Napoli, quali sono i problemi, quanto costa? Nadia Ruggero, ventenne iscritta al secondo anno della Facoltà di Lingue all'Orientale e Marina di Pace, ventiquattrenne che frequenta la laurea specialistica in Progettazione architettonica alla Federico Il, raccontano le loro giornate divise tra corsi, serate in centro storico e libri. Nadia spende circa 600 euro.
[INDENT]"Duecentocinque se ne vanno per l'affitto, poi ci sono le bol*lette. la spesa che faccio con la ragazza che condivide la stanza con me, i libri. Per i testi spendo un cen*tinaio di euro l'anno; non li compro, li fotocopio e risparmio".[/INDENT]
Marina abita con altre sei persone in Rua Catalana, nei pressi di piazza Municipio. Spende 190 euro per una stanza doppia. Chi ha scelto la singola ogni mese paga al padrone di casa 260 euro. C'è anche una doppia molto grande, per la quale i proprietari -una giovane coppia di sposi- pretendono € 250 a persona, ogni 30 giorni. Condominio e acqua sono comprese nell'affitto. Gas e luce a parte.
[INDENT]"Tutto sommato è una situazione felice, la mia", riferisce la studentessa. "Siamo in 7 .. 4 ragazze e 3 ragazzi, ed andiamo tutti molto d'accordo. E' l'aspetto più importante, quando si convive. Le difficoltà materiali tipiche delle case per studenti si affrontano meglio, se ci sono il clima giusto e la serenità. Altrimenti diventa tutto più difficile".[/INDENT]
Detersivi, sale, zucchero, caffè le voci della spesa in comune. La sera si mangia insieme. A pranzo, tra corsi ed impegni vari, la casa è quasi sempre vuota.
[INDENT][SIZE=2]‘’In inverno è un po’ dura perché manca il riscaldamento", racconta la studentessa lucana. "Un altro pro*blema, per le singole, è che non hanno letteralmente finestra o balcone. Prendono luce dal corri*doio, perché il tramezzo non arriva fino al soffitto. Lo svantaggio è che la luce arriva pure quando non la si vorrebbe e con essa i rumori. C'è anche la questione bagni che ci complica la vita. Ne abbiamo uno e mezzo. Mezzo perché ha solo il gabinetto e un lavabo, non c'è doc*cia né vasca da bagno".[/INDENT][/SIZE]
Sette in casa e, per accedere alla propria stanza, occorre passare per quelle dei coinquilini. L'appartamento originariamente aveva infatti solo due grandissime camere, all'interno delle quali gli attuali proprietari hanno ricavato gli spazi che affittano agli studenti. Regolarmente, va detto, perché, hanno stipulato con loro un contratto.
[INDENT][SIZE=2]"Credo che questa sia un'eccezione", riferisce Marina. "lo sono a Napoli da un bel po' e, fino allo scorso anno, non lo avevo mai avuto. Nella penultima casa, in piazzetta Monteoliveto, pagavo a nero 155 euro. Ricevetti una lettera della Guardia di Finanza. Chiedevano appunto dove alloggiassi, a Napoli, per frequentare i corsi. Stavano svolgendo una indagine ed avevano raccolto i nominativi degli studenti di Architettura che risiedevano fuori regione e non potevano che aver preso casa a Napoli. La mia proprietaria scelse di dire la verità. Siamo in attesa che ci arrivi la multa. Per lei spero più salata che per me".[/INDENT][/SIZE]
Quello del contratto che non c'è resta uno dei grandi problemi del mercato immobiliare per gli studenti a Napoli.
[INDENT]"Mi è capitato più di una volta di ospitare amiche che erano state messe fuori casa da un giorno all'altro e non avevano avuto modo di tutelare i propri diritti, non avendo un accordo scritto da far valere", racconta Marina.[/INDENT]
Un'altra insidia è la caparra.
[INDENT][SIZE=2]"I proprietari chiedono quasi sempre due mensilità in anticipo. In teoria dovrebbero poi restituirle quando /'inquilino va via, se quest'ultimo non ha arrecato danni all'appartamento. Per espe*rienza indiretta, posso affermare che spesso il proprietario lamenta presunti danni - magari una parete scrostata, il piede rotto di una sedia decrepita o altre inezie - per trattenere almeno una mensilità. Per evitare problemi, quando siamo entrati nella casa dove viviamo ora, abbiamo fotografato stanza per stanza la condizione delle pareti e dei mobili".[/INDENT][/SIZE]
In un mese, Marina spende circa 400 euro.
[INDENT][SIZE=2]"Faccio la spesa alla Pignasecca, al cinema vado quando si paga la metà - martedì e mercoledì al Modernissimo, per esempio e, se mi va una birra, Santa Maria la Nova è ancora un posto più che abbordabile. Una serata a teatro ogni tanto me la concedo ". Problemi? "Soprattutto la mancanza di mezzi pubblici che garantiscano anche di tornare a casa la notte, se si fa tardi. Mi piacerebbe che prolungassero le corse della metro o che introducessero pure a Napoli il bus a chiamata, come in altre città".[/INDENT][/SIZE]
Contratto e caparra: per gli studenti
di Fabrizio Geremicca
NAPOLI. Circa 50 mila studenti fuori sede – di cui almeno 35 mila gli iscritti alla Federico Il - si trasferiscono a Napoli dai comuni di residenza, per frequentare i corsi universitari. Fanno i conti con l'insufficiente offerta di posti all'interno delle residenze universitarie e con un mercato immobiliare nell'ambito del quale i prezzi sono lievitati non poco, negli ultimi anni. Rispetto al recente passato, a voler scavare per cercare una qualche nota positiva, è un po' meno infrequente che i proprietari stipulino con i loro giovani affittuari un contratto. Indispensabile, quest'ultimo, affinché gli studenti possano concorrere all'assegnazione del*le borse di studio in qualità di fuori sede(più sostanziose) e non da studenti pendolari. I prezzi degli appartamenti sono però lievitati, negli ultimi 5 o 6 anni. Oggi una stanza doppia, in condivisione con un'altra persona, raramente scende sotto i 180 euro. Per una singola si parte da 250 euro. Resta l'abitudine dei proprieta*ri di pretendere in genere due men*silità di caparra.
Le residenze
C'è un ritardo clamoroso nella realizzazione di posti alloggio da parte degli atenei, per i fuori sede. Solo negli ultimi anni è stato avviato un serio progetto di edilizia universitaria, che peraltro procede con una certa lentezza. La Federico Il, in particolare, offre ai suoi studenti fuori sede poco più di 200 posti letto nelle due residenze gestite dall'Azienda per il Diritto allo Studio. Un'altra residenza è del Suor Orsola Benincasa. A Salerno sono in corso lavori di realizzazione di vari studentati, che sin dal prossimo anno accademico accoglieranno alcune centinaia di ragazze e ragazzi.
Le testimonianze
Come si vive da fuori sede a Napoli, quali sono i problemi, quanto costa? Nadia Ruggero, ventenne iscritta al secondo anno della Facoltà di Lingue all'Orientale e Marina di Pace, ventiquattrenne che frequenta la laurea specialistica in Progettazione architettonica alla Federico Il, raccontano le loro giornate divise tra corsi, serate in centro storico e libri. Nadia spende circa 600 euro.
[INDENT]"Duecentocinque se ne vanno per l'affitto, poi ci sono le bol*lette. la spesa che faccio con la ragazza che condivide la stanza con me, i libri. Per i testi spendo un cen*tinaio di euro l'anno; non li compro, li fotocopio e risparmio".[/INDENT]
Marina abita con altre sei persone in Rua Catalana, nei pressi di piazza Municipio. Spende 190 euro per una stanza doppia. Chi ha scelto la singola ogni mese paga al padrone di casa 260 euro. C'è anche una doppia molto grande, per la quale i proprietari -una giovane coppia di sposi- pretendono € 250 a persona, ogni 30 giorni. Condominio e acqua sono comprese nell'affitto. Gas e luce a parte.
[INDENT]"Tutto sommato è una situazione felice, la mia", riferisce la studentessa. "Siamo in 7 .. 4 ragazze e 3 ragazzi, ed andiamo tutti molto d'accordo. E' l'aspetto più importante, quando si convive. Le difficoltà materiali tipiche delle case per studenti si affrontano meglio, se ci sono il clima giusto e la serenità. Altrimenti diventa tutto più difficile".[/INDENT]
Detersivi, sale, zucchero, caffè le voci della spesa in comune. La sera si mangia insieme. A pranzo, tra corsi ed impegni vari, la casa è quasi sempre vuota.
[INDENT][SIZE=2]‘’In inverno è un po’ dura perché manca il riscaldamento", racconta la studentessa lucana. "Un altro pro*blema, per le singole, è che non hanno letteralmente finestra o balcone. Prendono luce dal corri*doio, perché il tramezzo non arriva fino al soffitto. Lo svantaggio è che la luce arriva pure quando non la si vorrebbe e con essa i rumori. C'è anche la questione bagni che ci complica la vita. Ne abbiamo uno e mezzo. Mezzo perché ha solo il gabinetto e un lavabo, non c'è doc*cia né vasca da bagno".[/INDENT][/SIZE]
Sette in casa e, per accedere alla propria stanza, occorre passare per quelle dei coinquilini. L'appartamento originariamente aveva infatti solo due grandissime camere, all'interno delle quali gli attuali proprietari hanno ricavato gli spazi che affittano agli studenti. Regolarmente, va detto, perché, hanno stipulato con loro un contratto.
[INDENT][SIZE=2]"Credo che questa sia un'eccezione", riferisce Marina. "lo sono a Napoli da un bel po' e, fino allo scorso anno, non lo avevo mai avuto. Nella penultima casa, in piazzetta Monteoliveto, pagavo a nero 155 euro. Ricevetti una lettera della Guardia di Finanza. Chiedevano appunto dove alloggiassi, a Napoli, per frequentare i corsi. Stavano svolgendo una indagine ed avevano raccolto i nominativi degli studenti di Architettura che risiedevano fuori regione e non potevano che aver preso casa a Napoli. La mia proprietaria scelse di dire la verità. Siamo in attesa che ci arrivi la multa. Per lei spero più salata che per me".[/INDENT][/SIZE]
Quello del contratto che non c'è resta uno dei grandi problemi del mercato immobiliare per gli studenti a Napoli.
[INDENT]"Mi è capitato più di una volta di ospitare amiche che erano state messe fuori casa da un giorno all'altro e non avevano avuto modo di tutelare i propri diritti, non avendo un accordo scritto da far valere", racconta Marina.[/INDENT]
Un'altra insidia è la caparra.
[INDENT][SIZE=2]"I proprietari chiedono quasi sempre due mensilità in anticipo. In teoria dovrebbero poi restituirle quando /'inquilino va via, se quest'ultimo non ha arrecato danni all'appartamento. Per espe*rienza indiretta, posso affermare che spesso il proprietario lamenta presunti danni - magari una parete scrostata, il piede rotto di una sedia decrepita o altre inezie - per trattenere almeno una mensilità. Per evitare problemi, quando siamo entrati nella casa dove viviamo ora, abbiamo fotografato stanza per stanza la condizione delle pareti e dei mobili".[/INDENT][/SIZE]
In un mese, Marina spende circa 400 euro.
[INDENT][SIZE=2]"Faccio la spesa alla Pignasecca, al cinema vado quando si paga la metà - martedì e mercoledì al Modernissimo, per esempio e, se mi va una birra, Santa Maria la Nova è ancora un posto più che abbordabile. Una serata a teatro ogni tanto me la concedo ". Problemi? "Soprattutto la mancanza di mezzi pubblici che garantiscano anche di tornare a casa la notte, se si fa tardi. Mi piacerebbe che prolungassero le corse della metro o che introducessero pure a Napoli il bus a chiamata, come in altre città".[/INDENT][/SIZE]
Risposte
splendido...spero si possa usare questa piattaforma per il coordinamento...hai invitato tutti?
Fai tu gli onori di casa ok :)?
Fai tu gli onori di casa ok :)?
Ciao Roberto,
questo e' un giorno storico per unimagazine e le comunita' on line. Per la prima volta tutte le comunita' di servizio sociale si ritrovano a discutere insieme per dire che insieme si fa la forza!
L'esperimento e' riuscito: finalmente potremo creare quel coordinamento di tutte le comunita' on line di servizio sociale di cui si parlava da tempo.
L'idea del forum come spazio virtuale di discussione e' ormai superata, il futuro e' basato sulle comunita' di pratica laddove si va oltre le parole e si concretizza in opere concrete. Grazie
Italo
questo e' un giorno storico per unimagazine e le comunita' on line. Per la prima volta tutte le comunita' di servizio sociale si ritrovano a discutere insieme per dire che insieme si fa la forza!
L'esperimento e' riuscito: finalmente potremo creare quel coordinamento di tutte le comunita' on line di servizio sociale di cui si parlava da tempo.
L'idea del forum come spazio virtuale di discussione e' ormai superata, il futuro e' basato sulle comunita' di pratica laddove si va oltre le parole e si concretizza in opere concrete. Grazie
Italo
ehm italo facci capire...la comunità di pratica in che senso...cos'è questo un elenco dei forum attivi in italia :D?
Aiuti la concorrenza :D?
Aiuti la concorrenza :D?
Questa e' l'intervista gentilmente
Dal Mattino di Napoli 24 dicembre 2010
di Giovanni Orsina
Il disegno di legge Gelmini che il Senato della Repubblica ha approvato ieri può rappresentare un importante passo in avanti per l'università italiana. Mentre i disordini ripetuti e clamorosi che ne hanno accompagnato l'iter appaiono in larga misura pretestuosi: che le più giovani generazioni, nel nostro paese e in questa congiuntura storica, abbiano ogni ragione di essere profondamente insoddisfatte, è fuori di dubbio; che questo disegno di legge sia il perno adatto intorno al quale far ruotare la protesta, invece, è quanto meno discutibile. Fra l'altro perché - al di là delle retoriche contrapposte sui cosiddetti baroni, utilizzate tanto dai contestatori quanto dal ministro - si tratta di un provvedimento di elevato contenuto tecnico, ricolmo di dettagli e non facile da interpretare anche agli addetti ai lavori.
Una legge, insomma, rispetto a molte parti della quale si può certo dissentire, ma che non è facile, se la si avversa, condensare in slogan da gridare in piazza. Nelle righe che seguono proverò a osservare il provvedimento da quattro punti di vista: i vincoli, la valutazione, l'attuazione e gli sviluppi futuri. Partendo da un'unica premessa: che gli atenei italiani devono essere messi il più possibile in condizione di pensare strategicamente il proprio ruolo e di attuare liberamente quel che hanno pensato, per poi essere premiati o puniti secondo che i loro pensieri e le loro azioni abbiano prodotto risultati positivi o negativi. Nel mondo, formazione e ricerca stanno cambiando rapidamente. Le parole d'ordine sono le stesse ovunque: abbandonare l'illusione che in ogni ateneo si possa studiare e insegnare tutto allo stesso livello; concentrarsi sui propri punti di forza reali o potenziali; costruire ampie reti internazionali; raggiungere picchi di eccellenza riconoscibili a livello mondiale; attrarre i migliori talenti, fra i docenti e fra gli studenti, in patria e all'estero; raccogliere finanziamenti pubblici e privati. È questo il contesto difficile e competitivo nel quale le nostre università debbono potersi muovere. Quando la si osservi dal primo punto di vista, quello dei vincoli burocratici che genera, la legge appare di gran lunga troppo dirigista e centralista. Per poter rispondere alle sfide ambientali, consolidare la qualità già esistente e crearne di nuova, i nostri ateni hanno bisogno di viaggiare leggeri, di potersi muovere in maniera ragionevolmente agile. Di essere liberati, insomma, da una parte almeno dei mille legami che gravano loro addosso. Questo provvedimento, invece, ai legami già esistenti ne aggiunge di nuovi. Perseguendo lo scopo di impedire che le università, come non hanno mancato di fare nel passato, usino malamente della propria libertà. E correndo però il rischio di paralizzarle: di renderle incapaci di male, ma pure di bene. Quando la si osservi dal secondo punto di vista - la valutazione -, la legge si riscatta invece di molto del suo dirigismo. Perché disegna le linee fondamentali di un meccanismo per il quale le risorse non saranno attribuite soltanto sulla base del fabbisogno storico (nel caso degli atenei) o dell'anzianità di servizio (nel caso dei singoli docenti), ma dopo una valutazione rigorosa dell'attività svolta. Si comincia a giudicare, infine; si premia e si punisce. Il meccanismo, a ben vedere, è esattamente contrario rispetto a quello dei vincoli burocratici, poiché non regolamenta minuziosamente le attività a monte, ma ne valuta i risultati a valle. Ed è il meccanismo giusto. Proprio questa natura bifronte del provvedimento, questa sua ambiguità logica, unita all'enorme quantità di dettagli che la legge rimanda ai futuri decreti ministeriali, rende fondamentale il terzo punto di vista: l'attuazione. Moltissimo dipenderà da come la legge sarà interpretata nel momento in cui i principi generali che essa stabilisce dovranno essere tradotti in regole specifiche e puntuali. Se prevarrà la logica verticistica, burocratica e procedurale, avremo perduto una grande occasione. Se invece dovesse spuntarla la logica della libertà e responsabilità, ossia di premi e punizioni a fronte dei risultati, e si disegnasse inoltre un percorso che nel giro di qualche anno sostituisca, gradualmente ma definitivamente, questa seconda logica alla prima, potrebbe darsi allora all'università italiana una vera opportunità di crescita. Moltissimo dipenderà dall'efficacia e serietà dei meccanismi di valutazione. Meccanismi che, si badi bene, se seri ed efficaci, sono costosi. E veniamo così all'ultimo dei quattro punti di vista: quali sviluppi futuri, a partire da questa legge? Se gli atenei saranno gradualmente liberati dai vincoli burocratici che li affliggono, incentivati a pensare strategicamente e a indirizzare con attenzione i propri sforzi, già avremo fatto un importante passo in avanti. Perché il nostro sistema universitario raggiunga livelli più elevati di qualità, tuttavia, non basta una gestione più virtuosa: ci vogliono risorse maggiori. I denari dovrà metterceli innanzitutto lo Stato, non c'è dubbio. Ma dovremo anche cercare di farceli mettere ai privati, perché quelli pubblici difficilmente basteranno. E - con tutte le garanzie del caso - forse bisognerà infine chiedere anche alle famiglie che facciano la loro parte.
[INDENT][INDENT]Addio «risorse a pioggia».[/INDENT][/INDENT]Per i sostenitori del ddl, la riforma introduce la guerra agli sprechi in quanto prevede che i fondi siano assegnati agli atenei in base a un sistema di valutazione della qualità e dei risultati raggiunti sul fronte della ricerca e della didattica. Se l’ateneo sarà gestito male riceverà meno risorse mentre saranno premiate le realtà «virtuose». Inoltre, ribadisce per tutti il ministro della Gioventù Giorgia Meloni, «non è vero che saranno tagliati miliardi all’università: il taglio è solo del 3 per cento». Per il ministro Gelmini, attribuendo finanziamenti in base al merito si afferma il principio che l’autonomia delle università è direttamente correlata a un forte senso di responsabilità: didattica, scientifica e, quindi, finanziaria. Si libereranno così risorse da dirottare sul diritto allo studio.[INDENT][INDENT]Accolta favorevolmente,[/INDENT][/INDENT]anche da larghi settori del mondo imprenditoriale, la riorganizzazione didattica prevista dal ddl. Contro la miriade di corsi simili nei contenuti e diversi solo nei nomi, si sono del resto sempre battuti anche gli studenti di ogni schieramento e fin dalla riforma del 3+2 voluta dall’allora ministro Zecchino. Dagli attuali 370 settori scientifico-disciplinari ora si passerà alla metà e prevedendo minimo 50 ordinari per settore. Piace alla maggioranza lo stop a quei micro-settori che alimentano cordate troppo ristrette. Le facoltà saranno ridotte a 12 per ogni ateneo e ci sarà la possibilità di unire o federare atenei vicini, anche in relazione a singoli settori di attività, di norma in ambito regionale, per abbattere costi e aumentare la qualità della didattica e della ricerca.[INDENT][INDENT]Migliorata la governance.[/INDENT][/INDENT]Nuove norme sulla governance interna degli ateni rappresentano il principio indispensabile per consentire l’affermarsi della meritocrazia e contrastare il potere dei baroni. Ed è per questo che la riforma, anche secondo Emma Marcegaglia presidente di Confindustria e Enrico Decleva presidente della Crui, è importante in quanto introduce elementi importanti come premiare il merito e migliorare la governance. Mentre il Senato potrà avanzare proposte di carattere scientifico, sarà il Cda (3 esterni su 11) a decidere assunzioni e spese. Anche le regole sul reclutamento raccolgono consensi: adeguano l’Italia all’Europa, attraverso il meccanismo dell’idoneità nazionale e della chiamata sulla base di un concorso locale tra gli idonei.
di Giovanni Orsina
Il disegno di legge Gelmini che il Senato della Repubblica ha approvato ieri può rappresentare un importante passo in avanti per l'università italiana. Mentre i disordini ripetuti e clamorosi che ne hanno accompagnato l'iter appaiono in larga misura pretestuosi: che le più giovani generazioni, nel nostro paese e in questa congiuntura storica, abbiano ogni ragione di essere profondamente insoddisfatte, è fuori di dubbio; che questo disegno di legge sia il perno adatto intorno al quale far ruotare la protesta, invece, è quanto meno discutibile. Fra l'altro perché - al di là delle retoriche contrapposte sui cosiddetti baroni, utilizzate tanto dai contestatori quanto dal ministro - si tratta di un provvedimento di elevato contenuto tecnico, ricolmo di dettagli e non facile da interpretare anche agli addetti ai lavori.
Una legge, insomma, rispetto a molte parti della quale si può certo dissentire, ma che non è facile, se la si avversa, condensare in slogan da gridare in piazza. Nelle righe che seguono proverò a osservare il provvedimento da quattro punti di vista: i vincoli, la valutazione, l'attuazione e gli sviluppi futuri. Partendo da un'unica premessa: che gli atenei italiani devono essere messi il più possibile in condizione di pensare strategicamente il proprio ruolo e di attuare liberamente quel che hanno pensato, per poi essere premiati o puniti secondo che i loro pensieri e le loro azioni abbiano prodotto risultati positivi o negativi. Nel mondo, formazione e ricerca stanno cambiando rapidamente. Le parole d'ordine sono le stesse ovunque: abbandonare l'illusione che in ogni ateneo si possa studiare e insegnare tutto allo stesso livello; concentrarsi sui propri punti di forza reali o potenziali; costruire ampie reti internazionali; raggiungere picchi di eccellenza riconoscibili a livello mondiale; attrarre i migliori talenti, fra i docenti e fra gli studenti, in patria e all'estero; raccogliere finanziamenti pubblici e privati. È questo il contesto difficile e competitivo nel quale le nostre università debbono potersi muovere. Quando la si osservi dal primo punto di vista, quello dei vincoli burocratici che genera, la legge appare di gran lunga troppo dirigista e centralista. Per poter rispondere alle sfide ambientali, consolidare la qualità già esistente e crearne di nuova, i nostri ateni hanno bisogno di viaggiare leggeri, di potersi muovere in maniera ragionevolmente agile. Di essere liberati, insomma, da una parte almeno dei mille legami che gravano loro addosso. Questo provvedimento, invece, ai legami già esistenti ne aggiunge di nuovi. Perseguendo lo scopo di impedire che le università, come non hanno mancato di fare nel passato, usino malamente della propria libertà. E correndo però il rischio di paralizzarle: di renderle incapaci di male, ma pure di bene. Quando la si osservi dal secondo punto di vista - la valutazione -, la legge si riscatta invece di molto del suo dirigismo. Perché disegna le linee fondamentali di un meccanismo per il quale le risorse non saranno attribuite soltanto sulla base del fabbisogno storico (nel caso degli atenei) o dell'anzianità di servizio (nel caso dei singoli docenti), ma dopo una valutazione rigorosa dell'attività svolta. Si comincia a giudicare, infine; si premia e si punisce. Il meccanismo, a ben vedere, è esattamente contrario rispetto a quello dei vincoli burocratici, poiché non regolamenta minuziosamente le attività a monte, ma ne valuta i risultati a valle. Ed è il meccanismo giusto. Proprio questa natura bifronte del provvedimento, questa sua ambiguità logica, unita all'enorme quantità di dettagli che la legge rimanda ai futuri decreti ministeriali, rende fondamentale il terzo punto di vista: l'attuazione. Moltissimo dipenderà da come la legge sarà interpretata nel momento in cui i principi generali che essa stabilisce dovranno essere tradotti in regole specifiche e puntuali. Se prevarrà la logica verticistica, burocratica e procedurale, avremo perduto una grande occasione. Se invece dovesse spuntarla la logica della libertà e responsabilità, ossia di premi e punizioni a fronte dei risultati, e si disegnasse inoltre un percorso che nel giro di qualche anno sostituisca, gradualmente ma definitivamente, questa seconda logica alla prima, potrebbe darsi allora all'università italiana una vera opportunità di crescita. Moltissimo dipenderà dall'efficacia e serietà dei meccanismi di valutazione. Meccanismi che, si badi bene, se seri ed efficaci, sono costosi. E veniamo così all'ultimo dei quattro punti di vista: quali sviluppi futuri, a partire da questa legge? Se gli atenei saranno gradualmente liberati dai vincoli burocratici che li affliggono, incentivati a pensare strategicamente e a indirizzare con attenzione i propri sforzi, già avremo fatto un importante passo in avanti. Perché il nostro sistema universitario raggiunga livelli più elevati di qualità, tuttavia, non basta una gestione più virtuosa: ci vogliono risorse maggiori. I denari dovrà metterceli innanzitutto lo Stato, non c'è dubbio. Ma dovremo anche cercare di farceli mettere ai privati, perché quelli pubblici difficilmente basteranno. E - con tutte le garanzie del caso - forse bisognerà infine chiedere anche alle famiglie che facciano la loro parte.
[INDENT][INDENT]Addio «risorse a pioggia».[/INDENT][/INDENT]Per i sostenitori del ddl, la riforma introduce la guerra agli sprechi in quanto prevede che i fondi siano assegnati agli atenei in base a un sistema di valutazione della qualità e dei risultati raggiunti sul fronte della ricerca e della didattica. Se l’ateneo sarà gestito male riceverà meno risorse mentre saranno premiate le realtà «virtuose». Inoltre, ribadisce per tutti il ministro della Gioventù Giorgia Meloni, «non è vero che saranno tagliati miliardi all’università: il taglio è solo del 3 per cento». Per il ministro Gelmini, attribuendo finanziamenti in base al merito si afferma il principio che l’autonomia delle università è direttamente correlata a un forte senso di responsabilità: didattica, scientifica e, quindi, finanziaria. Si libereranno così risorse da dirottare sul diritto allo studio.[INDENT][INDENT]Accolta favorevolmente,[/INDENT][/INDENT]anche da larghi settori del mondo imprenditoriale, la riorganizzazione didattica prevista dal ddl. Contro la miriade di corsi simili nei contenuti e diversi solo nei nomi, si sono del resto sempre battuti anche gli studenti di ogni schieramento e fin dalla riforma del 3+2 voluta dall’allora ministro Zecchino. Dagli attuali 370 settori scientifico-disciplinari ora si passerà alla metà e prevedendo minimo 50 ordinari per settore. Piace alla maggioranza lo stop a quei micro-settori che alimentano cordate troppo ristrette. Le facoltà saranno ridotte a 12 per ogni ateneo e ci sarà la possibilità di unire o federare atenei vicini, anche in relazione a singoli settori di attività, di norma in ambito regionale, per abbattere costi e aumentare la qualità della didattica e della ricerca.[INDENT][INDENT]Migliorata la governance.[/INDENT][/INDENT]Nuove norme sulla governance interna degli ateni rappresentano il principio indispensabile per consentire l’affermarsi della meritocrazia e contrastare il potere dei baroni. Ed è per questo che la riforma, anche secondo Emma Marcegaglia presidente di Confindustria e Enrico Decleva presidente della Crui, è importante in quanto introduce elementi importanti come premiare il merito e migliorare la governance. Mentre il Senato potrà avanzare proposte di carattere scientifico, sarà il Cda (3 esterni su 11) a decidere assunzioni e spese. Anche le regole sul reclutamento raccolgono consensi: adeguano l’Italia all’Europa, attraverso il meccanismo dell’idoneità nazionale e della chiamata sulla base di un concorso locale tra gli idonei.
Dal Mattino di Napoli del 03 gennaio 10
di Anna Maria Mensale
Docenti fannulloni? niente sconti
Roma. Ora anche i prof universitari avranno le loro pagelle con tanto di pubblicazioni scientifiche prodotte, ore di lezione trascorse in cattedra, insegnamenti tenuti nel corso dell’anno e, va da sé, numero di esami sostenuti: si chiama Anagrafe Nazionale Nominativa e nelle intenzioni del ministero dell’Università dovrà servire a valutare la produttività. Ma per i docenti fannulloni? Niente sconti: chi sarà al di sotto degli standard fissati vedrà allegerirsi la propria busta paga. Il ministro Gelmini ha legato infatti gli aumenti alla qualità dei risultati. L’obiettivo è quello di rendere trasparente, misurabile e pubblico il lavoro che hanno svolto. Chiunque potrà sapere se un docente si impegna o se un altro, invece, tira i remi in barca. Qualità della didattica e della ricerca, finora oggetti misteriosi e inafferrabili, saranno documentati fin dai prossimi mesi. Una vera rivoluzione, nell’Italia che, con un ritardo storico, muove i primi passi sul difficile terreno della valutazione. Come verranno date le pagelle? Quali saranno i criteri di giudizio? [INDENT]«Le pubblicazioni scientifiche, gli insegnamenti tenuti nel corso dell’anno, il totale delle ore trascorse in cattedra, il numero degli esami registrati in qualità di titolari della materia, le tesi di laurea o di dottorato di cui si è stati relatori» [/INDENT]
costituiranno i parametri di base. Professori ordinari, associati e ricercatori saranno obbligati da quest’anno a inserire nella «anagrafe nazionale nominativa», gestita dal ministero dell’Università, tutto ciò che li riguarda, in pratica tutto il lavoro svolto nell’anno che si è appena chiuso. Tutto è cominciato con il decreto 180 del 2008, convertito nella legge n. 1 del 9 gennaio 2009, legge che si attua progressivamente e che prevede la valutazione dei docenti. Ora che il Cun ha indicato i criteri per fare le pulci ai prof la legge entra nel vivo. L’ultimo passo sarà il decreto del ministro, atteso nelle prossime settimane. Ma che cosa accade a chi non fa il proprio dovere? Che cosa rischia chi non fa ricerca o è latitante alle lezioni? Vedrà alleggerirsi la busta paga, per lui saranno dimezzati gli aumenti a partire dal 2011. In poche parole I BARONI che trascurano didattica e ricerca perderanno il diritto ad avere in pieno gli scatti biennali, poiché la Gelmini ha legato le retribuzioni alla meritocrazia e alla qualità dei risultati. [INDENT]«Basta fondi a pioggia - ha detto di recente il ministro - i nuovi stipendi non prevedono progressioni automatiche, in cambio arrivano valutazione e merito».[/INDENT]
Dunque, la mancata effettuazione di pubblicazioni scientifiche nel biennio precedente comporta il dimezzamento dello scatto biennale. Chi ha deciso i criteri di valutazione? [INDENT]«La Gelmini ci aveva incaricati di indicare delle linee di indirizzo - spiega Andrea Lenzi, presidente del Cun, il Consiglio nazionale universitario - va anche detto che quando si parla di pubblicazioni si intende un’ampia casistica, dal libro all’articolo su riviste accreditate, alle più varie performance, del tipo mostre, esposizioni, opere d’arte, progetti, insomma tutto quello che può essere identificato come risultato di una attività di ricerca. Tra le priorità, anche la partecipazione a progetti di ricerca europei e internazionali, fino alla costituzione di società spin-off».[/INDENT]
L’anagrafe non conterrà solo la «carta d’identità» dei singoli professori, [INDENT]«ma anche la relazione fatta dal rettore al consiglio di amministrazione e al senato accademico sull’esercizio annuale dell’ateneo, un po’ come se fosse un’azienda»,[/INDENT]
spiega ancora Lenzi. Chi omettesse la pubblicazione e la trasmissione di tali dati avrebbe una penale, con la riduzione del finanziamento ordinario erogato dal ministero. [INDENT]«Tali novità sono rilevanti - osserva Guido Fiegna, del Cnvsu, il Comitato di valutazione del sistema universitario - dal momento che per la prima volta studenti e famiglie hanno la possibilità di scegliere l’ateneo e il corso di laurea sulla base di informazioni oggettive. L’anagrafe, infatti, permette di stabilire chi lavora e chi no, chi ottiene pubblicazioni di livello internazionale e chi, invece, vivacchia. In questo modo, nei prossimi anni, sarà anche possibile stabilire una graduatoria tra gli atenei. E poi non dimentichiamo una cosa, il provvedimento può costituire un freno alle assunzioni pilotate». [/INDENT]
Insomma, alle università non converrà più fare concorsi truccati dal momento che l’anagrafe, con l’elenco delle pubblicazioni e tutto il resto, metterà a nudo il lavoro dei docenti. L’ateneo poco virtuoso, poi, rischierebbe due volte: il calo delle iscrizioni e il calo dei fondi stanziati dal ministero. Però una parte dei docenti sostiene che «non è necessariamente migliore chi pubblica di più» e si prepara a mettere in discussione i criteri e a chiederne una revisione. [INDENT]«Con il sistema attuale - sottolinea ancora Fiegna - dopo 25-30 anni di lavoro lo stipendio è raddoppiato».[/INDENT]
Un sistema simile a quello che sta per partire in Italia è già stato sperimentato con successo in Francia. Anche negli altri Paesi dell’Ue, comunque, la valutazione dei risultati è molto più avanti rispetto alla nostra.
di Anna Maria Mensale
Docenti fannulloni? niente sconti
Roma. Ora anche i prof universitari avranno le loro pagelle con tanto di pubblicazioni scientifiche prodotte, ore di lezione trascorse in cattedra, insegnamenti tenuti nel corso dell’anno e, va da sé, numero di esami sostenuti: si chiama Anagrafe Nazionale Nominativa e nelle intenzioni del ministero dell’Università dovrà servire a valutare la produttività. Ma per i docenti fannulloni? Niente sconti: chi sarà al di sotto degli standard fissati vedrà allegerirsi la propria busta paga. Il ministro Gelmini ha legato infatti gli aumenti alla qualità dei risultati. L’obiettivo è quello di rendere trasparente, misurabile e pubblico il lavoro che hanno svolto. Chiunque potrà sapere se un docente si impegna o se un altro, invece, tira i remi in barca. Qualità della didattica e della ricerca, finora oggetti misteriosi e inafferrabili, saranno documentati fin dai prossimi mesi. Una vera rivoluzione, nell’Italia che, con un ritardo storico, muove i primi passi sul difficile terreno della valutazione. Come verranno date le pagelle? Quali saranno i criteri di giudizio? [INDENT]«Le pubblicazioni scientifiche, gli insegnamenti tenuti nel corso dell’anno, il totale delle ore trascorse in cattedra, il numero degli esami registrati in qualità di titolari della materia, le tesi di laurea o di dottorato di cui si è stati relatori» [/INDENT]
costituiranno i parametri di base. Professori ordinari, associati e ricercatori saranno obbligati da quest’anno a inserire nella «anagrafe nazionale nominativa», gestita dal ministero dell’Università, tutto ciò che li riguarda, in pratica tutto il lavoro svolto nell’anno che si è appena chiuso. Tutto è cominciato con il decreto 180 del 2008, convertito nella legge n. 1 del 9 gennaio 2009, legge che si attua progressivamente e che prevede la valutazione dei docenti. Ora che il Cun ha indicato i criteri per fare le pulci ai prof la legge entra nel vivo. L’ultimo passo sarà il decreto del ministro, atteso nelle prossime settimane. Ma che cosa accade a chi non fa il proprio dovere? Che cosa rischia chi non fa ricerca o è latitante alle lezioni? Vedrà alleggerirsi la busta paga, per lui saranno dimezzati gli aumenti a partire dal 2011. In poche parole I BARONI che trascurano didattica e ricerca perderanno il diritto ad avere in pieno gli scatti biennali, poiché la Gelmini ha legato le retribuzioni alla meritocrazia e alla qualità dei risultati. [INDENT]«Basta fondi a pioggia - ha detto di recente il ministro - i nuovi stipendi non prevedono progressioni automatiche, in cambio arrivano valutazione e merito».[/INDENT]
Dunque, la mancata effettuazione di pubblicazioni scientifiche nel biennio precedente comporta il dimezzamento dello scatto biennale. Chi ha deciso i criteri di valutazione? [INDENT]«La Gelmini ci aveva incaricati di indicare delle linee di indirizzo - spiega Andrea Lenzi, presidente del Cun, il Consiglio nazionale universitario - va anche detto che quando si parla di pubblicazioni si intende un’ampia casistica, dal libro all’articolo su riviste accreditate, alle più varie performance, del tipo mostre, esposizioni, opere d’arte, progetti, insomma tutto quello che può essere identificato come risultato di una attività di ricerca. Tra le priorità, anche la partecipazione a progetti di ricerca europei e internazionali, fino alla costituzione di società spin-off».[/INDENT]
L’anagrafe non conterrà solo la «carta d’identità» dei singoli professori, [INDENT]«ma anche la relazione fatta dal rettore al consiglio di amministrazione e al senato accademico sull’esercizio annuale dell’ateneo, un po’ come se fosse un’azienda»,[/INDENT]
spiega ancora Lenzi. Chi omettesse la pubblicazione e la trasmissione di tali dati avrebbe una penale, con la riduzione del finanziamento ordinario erogato dal ministero. [INDENT]«Tali novità sono rilevanti - osserva Guido Fiegna, del Cnvsu, il Comitato di valutazione del sistema universitario - dal momento che per la prima volta studenti e famiglie hanno la possibilità di scegliere l’ateneo e il corso di laurea sulla base di informazioni oggettive. L’anagrafe, infatti, permette di stabilire chi lavora e chi no, chi ottiene pubblicazioni di livello internazionale e chi, invece, vivacchia. In questo modo, nei prossimi anni, sarà anche possibile stabilire una graduatoria tra gli atenei. E poi non dimentichiamo una cosa, il provvedimento può costituire un freno alle assunzioni pilotate». [/INDENT]
Insomma, alle università non converrà più fare concorsi truccati dal momento che l’anagrafe, con l’elenco delle pubblicazioni e tutto il resto, metterà a nudo il lavoro dei docenti. L’ateneo poco virtuoso, poi, rischierebbe due volte: il calo delle iscrizioni e il calo dei fondi stanziati dal ministero. Però una parte dei docenti sostiene che «non è necessariamente migliore chi pubblica di più» e si prepara a mettere in discussione i criteri e a chiederne una revisione. [INDENT]«Con il sistema attuale - sottolinea ancora Fiegna - dopo 25-30 anni di lavoro lo stipendio è raddoppiato».[/INDENT]
Un sistema simile a quello che sta per partire in Italia è già stato sperimentato con successo in Francia. Anche negli altri Paesi dell’Ue, comunque, la valutazione dei risultati è molto più avanti rispetto alla nostra.
Dal Mattino di Napoli del 15 settembre 2006
Facoltà con accesso limitato, indagine del ministero nelle università.
di Luciano Modica
Settembre è tempo di quiz. In questi giorni le matricole affollano le aule universitarie dove si svolgono le prove di accesso per i corsi di laurea a numero chiuso (sarebbe più esatto dire numero programmato ma la sostanza non cambia). Per i relativamente pochi che gioiranno del successo, molti soffriranno di un insuccesso che preclude loro la professione che avevano sognato. Una delusione e un'ingiustizia, nel sentire di tanti. Fioccheranno recriminazioni e ricorsi ai tribunali.
Due illustri accademici, Fulvio Tessitore e Guido Trombetti, sono scesi in campo contro il numero chiuso. Entrambi si intendono e si appassionano di politica, nel senso più alto del termine. Anch'io - non è certo la prima volta che lo dichiaro pubblicamente - sono contro il concetto del numero chiuso. Non saprei dire meglio di loro le ragioni che militano a favore della massima libertà per i giovani di poter seguire il percorso formativo per cui sentono maggiore inclinazione. Sogno anzi una società in cui la freschezza, la flessibilità e l'innovatività intellettuale dei giovani siano valori e risorse fondamentali, tanto quanto l'esperienza delle persone mature. Da sottosegretario all'università non posso però fare a meno di confrontarmi anche con la realtà del quadro normativo. Innanzitutto devo chiarire che il numero chiuso nel nostro sistema universitario non c'è se non per pochi casi previsti dalla legge. In tutti gli altri l'eventuale presenza di prove selettive di accesso è frutto di scelte autonome delle singole università sulla base di condizioni imposte, invero in modo non molto preciso, dalla medesima legge. Ho recentemente letto alcuni dati da cui si evincerebbe che parecchie centinaia di corsi di laurea sono stati resi a numero chiuso dalle università: il Ministero dell'Università darà corso la prossima settimana ad un'inchiesta presso gli atenei per avere un’analisi dettagliata della situazione.
C'è da chiedersi come mai le università impongano autonomamente limitazioni agli accessi nonostante che ciò le costringa a rinunciare ad una parte degli introiti delle tasse pagate dagli studenti. Qui sta forse il vero punto dilemmatico della questione. In tutto il mondo la capacità di un'università di selezionare gli studenti più preparati e più adatti a determinati studi è giudicato un fattore di qualità. Anche perché tutti ricordano vent'anni fa il vero scandalo di corsi di laurea in medicina in cui si immatricolavano centinaia e centinaia di studenti per anno che arrivavano alla laurea senza mai aver visto nemmeno un paziente.
D'altra parte ogni numero chiuso coarta volontà e speranze di giovani talora per pressioni corporative dei professionisti interessati, oppure se i modi di selezione sono percepiti come ingiusti: raccomandazioni, imbrogli, pochezza o insignificanza dei quiz, costi di preparazione, opachi intrecci tra società che vendono formazione e società che gestiscono i quiz su incarico degli atenei. La legge e dunque la politica tornano prepotentemente in campo. Ben venga il dibattito parlamentare auspicato dall'on. Tessitore. Il Governo è pronto a fare la sua parte per contribuire a trovare il punto di equilibrio tra il diritto degli studenti di studiare le discipline che li avviano al lavoro preferito, il diritto delle università a poter svolgere al massimo livello qualitativo i propri compiti, il diritto della società a poter contare su una classe dirigente ben preparata. E per chiarire una situazione che indubbiamente ha lati oscuri.
Un cenno ai quiz. Se da un punto di vista teorico è facile argomentare che nessun quiz coglie aspetti importanti della preparazione e della maturità di uno studente, da uno empirico è facile dimostrare che, con le eccezioni statistiche che nessun metodo può evitare, un buon quiz opera una selezione abbastanza efficiente. Ben vengano comunque idee concrete sui quiz o su metodi diversi dai quiz, o ancora su metodi misti. Il recente disegno di legge governativo sugli esami di maturità annuncia la possibilità, concertata tra i ministri Fioroni e Mussi, di una soluzione mista. E' molto importante che proposte e critiche aiutino a legiferare al meglio su un tema così delicato e importante.
Facoltà con accesso limitato, indagine del ministero nelle università.
di Luciano Modica
Settembre è tempo di quiz. In questi giorni le matricole affollano le aule universitarie dove si svolgono le prove di accesso per i corsi di laurea a numero chiuso (sarebbe più esatto dire numero programmato ma la sostanza non cambia). Per i relativamente pochi che gioiranno del successo, molti soffriranno di un insuccesso che preclude loro la professione che avevano sognato. Una delusione e un'ingiustizia, nel sentire di tanti. Fioccheranno recriminazioni e ricorsi ai tribunali.
Due illustri accademici, Fulvio Tessitore e Guido Trombetti, sono scesi in campo contro il numero chiuso. Entrambi si intendono e si appassionano di politica, nel senso più alto del termine. Anch'io - non è certo la prima volta che lo dichiaro pubblicamente - sono contro il concetto del numero chiuso. Non saprei dire meglio di loro le ragioni che militano a favore della massima libertà per i giovani di poter seguire il percorso formativo per cui sentono maggiore inclinazione. Sogno anzi una società in cui la freschezza, la flessibilità e l'innovatività intellettuale dei giovani siano valori e risorse fondamentali, tanto quanto l'esperienza delle persone mature. Da sottosegretario all'università non posso però fare a meno di confrontarmi anche con la realtà del quadro normativo. Innanzitutto devo chiarire che il numero chiuso nel nostro sistema universitario non c'è se non per pochi casi previsti dalla legge. In tutti gli altri l'eventuale presenza di prove selettive di accesso è frutto di scelte autonome delle singole università sulla base di condizioni imposte, invero in modo non molto preciso, dalla medesima legge. Ho recentemente letto alcuni dati da cui si evincerebbe che parecchie centinaia di corsi di laurea sono stati resi a numero chiuso dalle università: il Ministero dell'Università darà corso la prossima settimana ad un'inchiesta presso gli atenei per avere un’analisi dettagliata della situazione.
C'è da chiedersi come mai le università impongano autonomamente limitazioni agli accessi nonostante che ciò le costringa a rinunciare ad una parte degli introiti delle tasse pagate dagli studenti. Qui sta forse il vero punto dilemmatico della questione. In tutto il mondo la capacità di un'università di selezionare gli studenti più preparati e più adatti a determinati studi è giudicato un fattore di qualità. Anche perché tutti ricordano vent'anni fa il vero scandalo di corsi di laurea in medicina in cui si immatricolavano centinaia e centinaia di studenti per anno che arrivavano alla laurea senza mai aver visto nemmeno un paziente.
D'altra parte ogni numero chiuso coarta volontà e speranze di giovani talora per pressioni corporative dei professionisti interessati, oppure se i modi di selezione sono percepiti come ingiusti: raccomandazioni, imbrogli, pochezza o insignificanza dei quiz, costi di preparazione, opachi intrecci tra società che vendono formazione e società che gestiscono i quiz su incarico degli atenei. La legge e dunque la politica tornano prepotentemente in campo. Ben venga il dibattito parlamentare auspicato dall'on. Tessitore. Il Governo è pronto a fare la sua parte per contribuire a trovare il punto di equilibrio tra il diritto degli studenti di studiare le discipline che li avviano al lavoro preferito, il diritto delle università a poter svolgere al massimo livello qualitativo i propri compiti, il diritto della società a poter contare su una classe dirigente ben preparata. E per chiarire una situazione che indubbiamente ha lati oscuri.
Un cenno ai quiz. Se da un punto di vista teorico è facile argomentare che nessun quiz coglie aspetti importanti della preparazione e della maturità di uno studente, da uno empirico è facile dimostrare che, con le eccezioni statistiche che nessun metodo può evitare, un buon quiz opera una selezione abbastanza efficiente. Ben vengano comunque idee concrete sui quiz o su metodi diversi dai quiz, o ancora su metodi misti. Il recente disegno di legge governativo sugli esami di maturità annuncia la possibilità, concertata tra i ministri Fioroni e Mussi, di una soluzione mista. E' molto importante che proposte e critiche aiutino a legiferare al meglio su un tema così delicato e importante.
Da Repubblica del 25 gennaio 2007
"Troppi sbarramenti, servono più studenti"
ROMA - Il ministro rilancia un tema al centro delle proteste di studenti, famiglie e degli stessi docenti. In 5 anni i corsi a ingresso programmato aumentati del 330%.
[INDENT]"Il numero chiuso è abusato e credo che bisogna ridurre gli sbarramenti perché è necessario aumentare il numero di studenti".
[/INDENT]
Lo ha detto il ministro dell'università e della ricerca Fabio Mussi a proposito della riforma universitaria, raccogliendo così le ormai diffuse proteste di studenti, famiglie e degli stessi atenei per l'allargamento a dismisura e i metodi di selezione per l'accesso alle università.
Negli ultimi cinque anni in Italia i corsi che prevedono un test selettivo prima dell'iscrizione sono cresciuti del 330 per cento, passando dai 242 del 2001 ai 1060 del 2006. Su un totale di 3100 corsi di laurea in tutte le università italiane, quelli a numero programmato hanno toccato quota 1060.
Le organizzazioni degli studenti protestano da tempo:
[INDENT]"Quello che doveva essere un accesso programmato nell'interesse dello studente e da realizzarsi con i più svariati metodi (ad esempio monitorando la domanda di formazione presso le scuole superiore ed organizzando nuove strutture) è divenuto un "numero chiuso" basato su criteri di selezione assai opinabili e non omogenei su tutto il territorio nazionale".
[/INDENT]
Proteste che hanno portato anche a decisioni a loro modo clamorose. Come quella del Senato accademico dell'Università di Parma che lo scorso 13 settembre ha deliberato l'abolizione del numero programmato in 24 corsi (relativi alle facoltà di Architettura, Economia, Farmacia, Giurisprudenza, Lettere e Filosofia e Scienze matematiche, Fisiche e Naturali).
E proprio tre recenti sentenze del Tar hanno rimesso in discussione il numero chiuso negli atenei. Per il momento hanno ottenuto l'ammissione ai corsi dai quali erano stati estromessi un gruppo di studenti dell'Università di Parma e una studentessa dell'università La Sapienza di Roma. E si attende la pronuncia del Tar Lazio con la quale centinaia di corsi potrebbero essere riaperti. I provvedimenti sono recentissimi: il Tar dell'Emilia Romagna, sezione di Parma, si è pronunciato a favore degli studenti il 9 gennaio scorso con due ordinanze di sospensiva dei decreti di esclusione dal corso di laurea specialistica in Psicologia dello sviluppo (processi e contesti educativi, sociali e clinici). E il giorno prima (l'8 gennaio) si è pronunciato il Tar di Roma a favore di Giulia Vetrano, esclusa dal corso di laurea in Psicologia 1 della Sapienza.
A porre la questione, tre mesi fa, è stata l'Unione degli Universitari (Udu) che per ottenere giustizia si è appellato ad una sentenza del Tar Lazio del maggio 2005 e a una legge del 1999 che ha previsto il numero chiuso, ma solo per un ristretto numero di corsi di laurea, programmato a livello nazionale, e solo in presenza di determinate condizioni. Una norma che prestandosi ad interpretazioni ha fatto crescere in maniera iperbolica in pochi anni il numero dei corsi a numero chiuso.
[INDENT]"Quello che doveva essere un accesso programmato nell'interesse dello studente e da realizzarsi con i più svariati metodi (ad esempio monitorando la domanda di formazione presso le scuole superiore ed organizzando nuove strutture) è divenuto un "numero chiuso" basato su criteri di selezione assai opinabili e non omogenei su tutto il territorio nazionale", spiegano gli studenti.[/INDENT]
"Troppi sbarramenti, servono più studenti"
ROMA - Il ministro rilancia un tema al centro delle proteste di studenti, famiglie e degli stessi docenti. In 5 anni i corsi a ingresso programmato aumentati del 330%.
[INDENT]"Il numero chiuso è abusato e credo che bisogna ridurre gli sbarramenti perché è necessario aumentare il numero di studenti".
[/INDENT]
Lo ha detto il ministro dell'università e della ricerca Fabio Mussi a proposito della riforma universitaria, raccogliendo così le ormai diffuse proteste di studenti, famiglie e degli stessi atenei per l'allargamento a dismisura e i metodi di selezione per l'accesso alle università.
Negli ultimi cinque anni in Italia i corsi che prevedono un test selettivo prima dell'iscrizione sono cresciuti del 330 per cento, passando dai 242 del 2001 ai 1060 del 2006. Su un totale di 3100 corsi di laurea in tutte le università italiane, quelli a numero programmato hanno toccato quota 1060.
Le organizzazioni degli studenti protestano da tempo:
[INDENT]"Quello che doveva essere un accesso programmato nell'interesse dello studente e da realizzarsi con i più svariati metodi (ad esempio monitorando la domanda di formazione presso le scuole superiore ed organizzando nuove strutture) è divenuto un "numero chiuso" basato su criteri di selezione assai opinabili e non omogenei su tutto il territorio nazionale".
[/INDENT]
Proteste che hanno portato anche a decisioni a loro modo clamorose. Come quella del Senato accademico dell'Università di Parma che lo scorso 13 settembre ha deliberato l'abolizione del numero programmato in 24 corsi (relativi alle facoltà di Architettura, Economia, Farmacia, Giurisprudenza, Lettere e Filosofia e Scienze matematiche, Fisiche e Naturali).
E proprio tre recenti sentenze del Tar hanno rimesso in discussione il numero chiuso negli atenei. Per il momento hanno ottenuto l'ammissione ai corsi dai quali erano stati estromessi un gruppo di studenti dell'Università di Parma e una studentessa dell'università La Sapienza di Roma. E si attende la pronuncia del Tar Lazio con la quale centinaia di corsi potrebbero essere riaperti. I provvedimenti sono recentissimi: il Tar dell'Emilia Romagna, sezione di Parma, si è pronunciato a favore degli studenti il 9 gennaio scorso con due ordinanze di sospensiva dei decreti di esclusione dal corso di laurea specialistica in Psicologia dello sviluppo (processi e contesti educativi, sociali e clinici). E il giorno prima (l'8 gennaio) si è pronunciato il Tar di Roma a favore di Giulia Vetrano, esclusa dal corso di laurea in Psicologia 1 della Sapienza.
A porre la questione, tre mesi fa, è stata l'Unione degli Universitari (Udu) che per ottenere giustizia si è appellato ad una sentenza del Tar Lazio del maggio 2005 e a una legge del 1999 che ha previsto il numero chiuso, ma solo per un ristretto numero di corsi di laurea, programmato a livello nazionale, e solo in presenza di determinate condizioni. Una norma che prestandosi ad interpretazioni ha fatto crescere in maniera iperbolica in pochi anni il numero dei corsi a numero chiuso.
[INDENT]"Quello che doveva essere un accesso programmato nell'interesse dello studente e da realizzarsi con i più svariati metodi (ad esempio monitorando la domanda di formazione presso le scuole superiore ed organizzando nuove strutture) è divenuto un "numero chiuso" basato su criteri di selezione assai opinabili e non omogenei su tutto il territorio nazionale", spiegano gli studenti.[/INDENT]
Da Ateneapoli n. 19 del 23 novembre 2007
Il Miranda, ex Casa dello Studente, un monumento al degrado
di Fabrizio Geremicca
Ex studentato Miranda: il tempo si è fermato. Chi osservi la struttura e faccia il confronto con dieci anni fa, infatti, nota che neppure una pietra è stata rimossa, neppure un muro messo in sicurezza, non un vetro riparato. Quella che fu una Casa dello Studente sorge alle spalle della Facoltà di Veterinaria e, negli anni Sessanta, ospitava i ragazzi che si trasferivano a Napoli dalla provincia per frequentare i corsi. Versa ormai da troppi anni in una condizione di indescrivibile degrado. All'ingresso, quello che in origine era un giardino, è uno spazio dominato da ogni tipo di rifiuto e da erbacce.
L'edificio è completamente diroccato. Eppure, nel 2002, la Regione Campania lo aveva ceduto al Formez, che si era impegnato a recuperarlo ed a trasformarlo in un centro di formazione e di ricerca. Quella decisione non piacque a non pochi studenti della Facoltà di Veterinaria, i quali avrebbero preferito un progetto di recupero della struttura per fini abitativi.
[INDENT]"Volevamo che diventasse una nuova Casa dello Sudente",
[/INDENT]
ricorda Francesco Berlizzi, che si è laureato tre anni fa. La Regione scelse una strada diversa, non senza alcuni incidenti di percorso. Nel piano per l'edilizia universitaria approvato nel 2001 e tuttora in gran parte irrealizzato, infatti, l'edificio Miranda era indicato tra auelli da recuperare ed adibire a Casa dello studente. Da quel testo derivarono equivoci e proteste, perché gli universitari, carte alla mano, preten*devano che quell'impegno fosse rispettato. Chiesero ed ottennero anche alcuni incontri in Regione, durante i quali spiegarono le loro ragioni. Invano.
[INDENT]"L'inserimento del Miranda nella delibera sulle residenze universitarie è stato un mero errore materiale",
[/INDENT]
dissero all'epoca i più stretti collaboratori del professore Luigi Nicolais, l'attuale Ministro del governo Prodi, che era titolare della delega all'Università a palazzo Santa Lucia. Nicolais garantì peraltro che avrebbe chiesto al Formez la restituzione dell'edificio, qualora, entro pochi anni, non fossero stati realizzati i lavori di ristrutturazione per i quali si era impegnato il centro di formazione. Il tempo è trascorso, i lavori non sono stati compiuti, ma la struttura è ancora nella disponi*bilità del Formez. E' stata inserita nel programma di recupero del centro storico del Comune di Napoli, dove peraltro si ribadisce a chiare lettere che la responsabilità dell'intervento, per il Miranda, è del centro di formazione.
Tempi e modalità restano vaghi e gli studenti continuano a rimpiangere l'opportunità perduta che quel palazzo fosse trasformato in una nuova residenza per gli universitari. Sarebbe certo costato molto, ma avrebbe contributo ad alleviare la cronica mancanza di posti letto per gli universitari che si trasferiscono a Napoli e restano preda di un mercato immobiliare tuttora privo di regole.
Resta da scrivere il nuovo capitolo della storia del Miranda: Casa dello studente prima, alloggio precario per i terremotati nel 1980. centro sociale autogestito ne;la metà degli anni Novanta, rifugio dì emarginati e senza fissa dimora, infine. Furono cacciati dalla polizia nel 1997 e, da allora, nessuno ha più frequentato i corridoi spettrali di quel palazzone con vista su Capri.
Il Miranda, ex Casa dello Studente, un monumento al degrado
di Fabrizio Geremicca
Ex studentato Miranda: il tempo si è fermato. Chi osservi la struttura e faccia il confronto con dieci anni fa, infatti, nota che neppure una pietra è stata rimossa, neppure un muro messo in sicurezza, non un vetro riparato. Quella che fu una Casa dello Studente sorge alle spalle della Facoltà di Veterinaria e, negli anni Sessanta, ospitava i ragazzi che si trasferivano a Napoli dalla provincia per frequentare i corsi. Versa ormai da troppi anni in una condizione di indescrivibile degrado. All'ingresso, quello che in origine era un giardino, è uno spazio dominato da ogni tipo di rifiuto e da erbacce.
L'edificio è completamente diroccato. Eppure, nel 2002, la Regione Campania lo aveva ceduto al Formez, che si era impegnato a recuperarlo ed a trasformarlo in un centro di formazione e di ricerca. Quella decisione non piacque a non pochi studenti della Facoltà di Veterinaria, i quali avrebbero preferito un progetto di recupero della struttura per fini abitativi.
[INDENT]"Volevamo che diventasse una nuova Casa dello Sudente",
[/INDENT]
ricorda Francesco Berlizzi, che si è laureato tre anni fa. La Regione scelse una strada diversa, non senza alcuni incidenti di percorso. Nel piano per l'edilizia universitaria approvato nel 2001 e tuttora in gran parte irrealizzato, infatti, l'edificio Miranda era indicato tra auelli da recuperare ed adibire a Casa dello studente. Da quel testo derivarono equivoci e proteste, perché gli universitari, carte alla mano, preten*devano che quell'impegno fosse rispettato. Chiesero ed ottennero anche alcuni incontri in Regione, durante i quali spiegarono le loro ragioni. Invano.
[INDENT]"L'inserimento del Miranda nella delibera sulle residenze universitarie è stato un mero errore materiale",
[/INDENT]
dissero all'epoca i più stretti collaboratori del professore Luigi Nicolais, l'attuale Ministro del governo Prodi, che era titolare della delega all'Università a palazzo Santa Lucia. Nicolais garantì peraltro che avrebbe chiesto al Formez la restituzione dell'edificio, qualora, entro pochi anni, non fossero stati realizzati i lavori di ristrutturazione per i quali si era impegnato il centro di formazione. Il tempo è trascorso, i lavori non sono stati compiuti, ma la struttura è ancora nella disponi*bilità del Formez. E' stata inserita nel programma di recupero del centro storico del Comune di Napoli, dove peraltro si ribadisce a chiare lettere che la responsabilità dell'intervento, per il Miranda, è del centro di formazione.
Tempi e modalità restano vaghi e gli studenti continuano a rimpiangere l'opportunità perduta che quel palazzo fosse trasformato in una nuova residenza per gli universitari. Sarebbe certo costato molto, ma avrebbe contributo ad alleviare la cronica mancanza di posti letto per gli universitari che si trasferiscono a Napoli e restano preda di un mercato immobiliare tuttora privo di regole.
Resta da scrivere il nuovo capitolo della storia del Miranda: Casa dello studente prima, alloggio precario per i terremotati nel 1980. centro sociale autogestito ne;la metà degli anni Novanta, rifugio dì emarginati e senza fissa dimora, infine. Furono cacciati dalla polizia nel 1997 e, da allora, nessuno ha più frequentato i corridoi spettrali di quel palazzone con vista su Capri.
Da Ateneapoli n. 19 del 23 novembre 2007
L'inferno dantesco nella Controguida del Collettivo
Il Collettivo di Lettere ha presentato la nuova Controguida mercoledì 14, nel corso della giornata organizzata per i cinque anni di occupazione dell'aula A12 al secondo piano di via Marina, con un pranzo, un concerto, proiezioni e una mostra fotografica sull'antifascismo. La Controguida, ovvero manuale non ufficiale per i nuovi iscritti alla Facoltà, è arrivata ormai alla quinta edizione, con tanto di DVD allegato, per cui era necessario inventarsi qualcosa di originale. Se l'edizione di quest'anno è meno ricca della precedente su dettagli di singoli esami e corsi, si pone invece come riflessione politico-filosofica sull'intero sistema universitario e sulle storture derivate ne nello specifico della Facoltà di Lettere, parodiando addirittura la discesa negli inferi della Divina Commedia. Così Dante è una sparuta matricola, guidato da un Virgilio studente più navigato e viaggiando nell'Inferno della Facoltà ne incontrano, come in ogni inferno dantesco che si rispetti, i suoi gironi, le sue fiere, i suoi diversi peccati e pecatori. Così le bestie che intralciano il cammino di Dante sono l'lndividualismo con le sue perfide seguaci, Rampantismo e Arrivismo" e gli ignavi dell'antinferno gli iscritti alla Facoltà,
[INDENT]"anime in pena, condannati ad aspettare l'affissione di quelle maledette date d'esame che si accavallano, con l'ingenua speranza di poter dare più esami possibile, nella perpetua insoddisfazione di uno studio nozionistico,mnemonico e frammentario".
[/INDENT]
Tappa necessaria per entrare nell'inferno è la "livida palude" della Segreteria, nella quale bisogna affrontare "Caronte, il Segretario degli Inferi"; le tre erinni sono "Stage, Obbligo di Frequenza e Crediti" e il loro temibile capo la pietrificante "Riforma Medusa". Per fortuna infatti, con un'autoironia del tutto necessaria, ci si mettono dentro anche gli autori del Collettivo, che si trasformano nei "diavoli ribelli della Città di Dite": Dante li incontra prima all'inizio e poi alla fine del proprio percorso, finendo, com'era immaginabile, per concordare con la loro posizione, dopo aver visto da vicino le brutture infernali. Tra queste i diversi tipi di peccatori che si possono trovare nel*le Malebolgie, ovvero i Dipartimenti, si distinguono i "Superbi", ovvero "i professori che si credono Dio"; i "Seduttori", che attentano alle grazie delle studentesse e rimangono impuniti; i "Simoniaci", venditori occulti di dottorati di ricerca; i "Ladri", docenti che scrivono manuali e obbligano tutti gli studenti a comprarli, imponendo la firma sui testi nuovi; ma ce n'è anche per gli studenti, che oltre che ignavi possono anche essere "Consiglieri Fraudolenti" (i rappresentanti) e "Traditori dei Parenti", ovvero quelli che tradiscono i loro pari pur di accaparrarsi un esame.
L'inferno dantesco nella Controguida del Collettivo
Il Collettivo di Lettere ha presentato la nuova Controguida mercoledì 14, nel corso della giornata organizzata per i cinque anni di occupazione dell'aula A12 al secondo piano di via Marina, con un pranzo, un concerto, proiezioni e una mostra fotografica sull'antifascismo. La Controguida, ovvero manuale non ufficiale per i nuovi iscritti alla Facoltà, è arrivata ormai alla quinta edizione, con tanto di DVD allegato, per cui era necessario inventarsi qualcosa di originale. Se l'edizione di quest'anno è meno ricca della precedente su dettagli di singoli esami e corsi, si pone invece come riflessione politico-filosofica sull'intero sistema universitario e sulle storture derivate ne nello specifico della Facoltà di Lettere, parodiando addirittura la discesa negli inferi della Divina Commedia. Così Dante è una sparuta matricola, guidato da un Virgilio studente più navigato e viaggiando nell'Inferno della Facoltà ne incontrano, come in ogni inferno dantesco che si rispetti, i suoi gironi, le sue fiere, i suoi diversi peccati e pecatori. Così le bestie che intralciano il cammino di Dante sono l'lndividualismo con le sue perfide seguaci, Rampantismo e Arrivismo" e gli ignavi dell'antinferno gli iscritti alla Facoltà,
[INDENT]"anime in pena, condannati ad aspettare l'affissione di quelle maledette date d'esame che si accavallano, con l'ingenua speranza di poter dare più esami possibile, nella perpetua insoddisfazione di uno studio nozionistico,mnemonico e frammentario".
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Tappa necessaria per entrare nell'inferno è la "livida palude" della Segreteria, nella quale bisogna affrontare "Caronte, il Segretario degli Inferi"; le tre erinni sono "Stage, Obbligo di Frequenza e Crediti" e il loro temibile capo la pietrificante "Riforma Medusa". Per fortuna infatti, con un'autoironia del tutto necessaria, ci si mettono dentro anche gli autori del Collettivo, che si trasformano nei "diavoli ribelli della Città di Dite": Dante li incontra prima all'inizio e poi alla fine del proprio percorso, finendo, com'era immaginabile, per concordare con la loro posizione, dopo aver visto da vicino le brutture infernali. Tra queste i diversi tipi di peccatori che si possono trovare nel*le Malebolgie, ovvero i Dipartimenti, si distinguono i "Superbi", ovvero "i professori che si credono Dio"; i "Seduttori", che attentano alle grazie delle studentesse e rimangono impuniti; i "Simoniaci", venditori occulti di dottorati di ricerca; i "Ladri", docenti che scrivono manuali e obbligano tutti gli studenti a comprarli, imponendo la firma sui testi nuovi; ma ce n'è anche per gli studenti, che oltre che ignavi possono anche essere "Consiglieri Fraudolenti" (i rappresentanti) e "Traditori dei Parenti", ovvero quelli che tradiscono i loro pari pur di accaparrarsi un esame.
Da Ateneapoli n. 20 del 07 dicembre 2007
Gli studenti lamentano file per l'assegnazione dei tirocini
Gli studenti sembrano soddisfatti della nuova segreteria. Un po' meno del bar di cui alcuni criticano i prezzi (ma in effetti sembrare oiutasto contenuti), altri l'igiene. Ma per il resto i problemi rimangono gli stessi, soprattutto legati ai molti esami di diritto presenti alla triennale e basati su programmi che docenti come il prof. Carri no non ammettono di ridurre in proporzione al numero ridotto di crediti.
E poi l'iter per iniziare i tirocini: continua ad esserci un solo docente referente, e riceve una sola volta al mese, dicono gli studenti. Facile immaginare la fila chilometrica che si profilerà ogni mese davanti al suo studio, con l'inizio degli stage che slitta magari direttamente al mese successivo. E pensare che il tirocinio dovrebbe essere una componente fondamentale di un Corso come Scienze del Servizio Sociale. E la nuova riforma? Gli studenti sembrano essere ancora più all'oscuro del resto della Facoltà.
[INDENT]"Perché, ci sarà un nuovo ordinamento?"
[/INDENT]
chiede sorpresa una ragazza. Un altro gruppo di studentesse al corrente del fatto che a partire dal prossimo anno entrerà in vigore un nuovo sistema, dicono:
[INDENT]"siamo arrabbiatissime, non è giusto che a partire dal prossimo anno i nuovi iscritti capitino con questo nuovo sistema mentre noi dobbiamo sostenere 45 esami’’.
[/INDENT]
E quando si dice loro che il Nuovissimo Ordinamento riguarderà anche gli studenti già iscritti, permettendo sicuramente a tutti il passaggio sembrano un po' scettiche, poi ci ripensano:
[INDENT]"se è così allora di tutti gli esami di diritto che abbiamo sostenuto nella triennale dovrebbero convalidarcene qualcuno anche per la specialistica".[/INDENT]
Gli studenti lamentano file per l'assegnazione dei tirocini
Gli studenti sembrano soddisfatti della nuova segreteria. Un po' meno del bar di cui alcuni criticano i prezzi (ma in effetti sembrare oiutasto contenuti), altri l'igiene. Ma per il resto i problemi rimangono gli stessi, soprattutto legati ai molti esami di diritto presenti alla triennale e basati su programmi che docenti come il prof. Carri no non ammettono di ridurre in proporzione al numero ridotto di crediti.
E poi l'iter per iniziare i tirocini: continua ad esserci un solo docente referente, e riceve una sola volta al mese, dicono gli studenti. Facile immaginare la fila chilometrica che si profilerà ogni mese davanti al suo studio, con l'inizio degli stage che slitta magari direttamente al mese successivo. E pensare che il tirocinio dovrebbe essere una componente fondamentale di un Corso come Scienze del Servizio Sociale. E la nuova riforma? Gli studenti sembrano essere ancora più all'oscuro del resto della Facoltà.
[INDENT]"Perché, ci sarà un nuovo ordinamento?"
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chiede sorpresa una ragazza. Un altro gruppo di studentesse al corrente del fatto che a partire dal prossimo anno entrerà in vigore un nuovo sistema, dicono:
[INDENT]"siamo arrabbiatissime, non è giusto che a partire dal prossimo anno i nuovi iscritti capitino con questo nuovo sistema mentre noi dobbiamo sostenere 45 esami’’.
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E quando si dice loro che il Nuovissimo Ordinamento riguarderà anche gli studenti già iscritti, permettendo sicuramente a tutti il passaggio sembrano un po' scettiche, poi ci ripensano:
[INDENT]"se è così allora di tutti gli esami di diritto che abbiamo sostenuto nella triennale dovrebbero convalidarcene qualcuno anche per la specialistica".[/INDENT]
Da Ateneapoli n. 20 del 07 dicembre 2007
Un solo professore ordinario a Scienze del Servizio Sociale
di Viola Sarnelli
Con la transizione al nuovo ordinamento, Scienze del Servizio sociale si trova in una posizione piuttosto paradossale. II prof. Agostino Carrino infatti, Presidente del Corso di Laurea, è anche attualmente l'unico docente ordinario del Corso. E oltre agli associati, buona parte della docenza è sostenuta da ricercatori: docenti che, sottolinea il prof. Carrino, fanno ben più di quanto competa loro. Insomma, se i nuovi parametri ministeriali dovessero rimanere invariati, il Corso potrebbe trovarsi a dir poco in difficoltà. Ma il prof. Carrino è piuttosto ottimista riguardo all'ipotesi che questi criteri vengano ritrattati dal Ministero. All'origine di questa situazione decisamente irregolare secondo il prof. Carrino c'è l'annoso problema fondi:
[INDENT][SIZE=2]"non si possono bandire concorsi per mancanza di risorse finanziarie. E' il problema di tutta l'università: quello della carenza di finanziamenti, a cui si unisce l'utilizzo irrazionale dei fondi che arrivano".
[/INDENT][/SIZE]
Se non fosse per questo, spiega il prof. Carri no, potrebbe migliorare sempre più questo "piccolo campus universitario" che ha già preso forma nella sede di via Don Bosco. E' stato mantenuto infatti l'impegno, anticipato su queste pagine prima dell'estate, di aprire in sede una vera e propria succursale della Segreteria dove gli studenti possono svolgere tutti i tipi di operazioni burocratiche. E nel corpo basso del*l'edificio vicino all'entrata, insieme alla Segreteria e alle aule studio, è stato aperto un bar-tavola calda, in uno spazio ampio e accogliente. Tutte iniziative che cercano quindi di rendere possibile e un minimo confortevole la permanenza prolungata degli studenti che rimangono tutta la giornata a seguire le lezioni, pausa pranzo e pausa studio comprese. Gli studenti lamentano che servirebbero in zona anche una copisteria e altri servizi non proprio a portata di mano, essendo di fatto decentrati rispetto alla zona universitaria. Ma già il bar e la segreteria sembrano essere già un inizio.
[INDENT][SIZE=2]"Servirebbe altro personale di sorveglianza, attualmente ci sono solo tre persone che garantiscono un controllo che dovrebbe essere potenziato",
[/INDENT][/SIZE]
sostiene il prof. Carrino. Con il Nuovissimo ordinamento degli studi, a partire dall'anno prossimo gli esami di Scienze del Servizio Sociale saranno composti da moduli di 12 e 6 crediti, con scelte limitate operabili nel piano di studi,
[INDENT][SIZE=2]"le griglie ministeriali sono piuttosto cogenti a proposito",
[/INDENT][/SIZE]
spiega il prof. Carrino. Che però parteciperà in maniera limitata all'entrata in vigore l'anno prossimo del riordino degli ordinamenti nel corso di laurea. Questo è infatti l'ultimo anno del prof Carrino, che ci tiene ad esprimere la sua gratitudine al direttore amministrativo dell’Ateneo, la dott.ssa Liguori “che ha fatto molto per il corso di laurea in questi anni’’. Anche se altre cose rimangono sicuramente da fare, soprattutto per la disponibilità di docenti organici, oltre che per il personale di sorveglianza" perché in effetti non si può non pensare come "un rischio" il fatto di reggere un Corso senza ordinari. Corso che, in prospettiva più avanzata, potrebbe ambire a diventare una vera e propria Facoltà, accorpandosi con Corsi di Laurea di settori affini come Psicologia. "Ma questa è una opinione personale", precisa il docente.
Un solo professore ordinario a Scienze del Servizio Sociale
di Viola Sarnelli
Con la transizione al nuovo ordinamento, Scienze del Servizio sociale si trova in una posizione piuttosto paradossale. II prof. Agostino Carrino infatti, Presidente del Corso di Laurea, è anche attualmente l'unico docente ordinario del Corso. E oltre agli associati, buona parte della docenza è sostenuta da ricercatori: docenti che, sottolinea il prof. Carrino, fanno ben più di quanto competa loro. Insomma, se i nuovi parametri ministeriali dovessero rimanere invariati, il Corso potrebbe trovarsi a dir poco in difficoltà. Ma il prof. Carrino è piuttosto ottimista riguardo all'ipotesi che questi criteri vengano ritrattati dal Ministero. All'origine di questa situazione decisamente irregolare secondo il prof. Carrino c'è l'annoso problema fondi:
[INDENT][SIZE=2]"non si possono bandire concorsi per mancanza di risorse finanziarie. E' il problema di tutta l'università: quello della carenza di finanziamenti, a cui si unisce l'utilizzo irrazionale dei fondi che arrivano".
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Se non fosse per questo, spiega il prof. Carri no, potrebbe migliorare sempre più questo "piccolo campus universitario" che ha già preso forma nella sede di via Don Bosco. E' stato mantenuto infatti l'impegno, anticipato su queste pagine prima dell'estate, di aprire in sede una vera e propria succursale della Segreteria dove gli studenti possono svolgere tutti i tipi di operazioni burocratiche. E nel corpo basso del*l'edificio vicino all'entrata, insieme alla Segreteria e alle aule studio, è stato aperto un bar-tavola calda, in uno spazio ampio e accogliente. Tutte iniziative che cercano quindi di rendere possibile e un minimo confortevole la permanenza prolungata degli studenti che rimangono tutta la giornata a seguire le lezioni, pausa pranzo e pausa studio comprese. Gli studenti lamentano che servirebbero in zona anche una copisteria e altri servizi non proprio a portata di mano, essendo di fatto decentrati rispetto alla zona universitaria. Ma già il bar e la segreteria sembrano essere già un inizio.
[INDENT][SIZE=2]"Servirebbe altro personale di sorveglianza, attualmente ci sono solo tre persone che garantiscono un controllo che dovrebbe essere potenziato",
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sostiene il prof. Carrino. Con il Nuovissimo ordinamento degli studi, a partire dall'anno prossimo gli esami di Scienze del Servizio Sociale saranno composti da moduli di 12 e 6 crediti, con scelte limitate operabili nel piano di studi,
[INDENT][SIZE=2]"le griglie ministeriali sono piuttosto cogenti a proposito",
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spiega il prof. Carrino. Che però parteciperà in maniera limitata all'entrata in vigore l'anno prossimo del riordino degli ordinamenti nel corso di laurea. Questo è infatti l'ultimo anno del prof Carrino, che ci tiene ad esprimere la sua gratitudine al direttore amministrativo dell’Ateneo, la dott.ssa Liguori “che ha fatto molto per il corso di laurea in questi anni’’. Anche se altre cose rimangono sicuramente da fare, soprattutto per la disponibilità di docenti organici, oltre che per il personale di sorveglianza" perché in effetti non si può non pensare come "un rischio" il fatto di reggere un Corso senza ordinari. Corso che, in prospettiva più avanzata, potrebbe ambire a diventare una vera e propria Facoltà, accorpandosi con Corsi di Laurea di settori affini come Psicologia. "Ma questa è una opinione personale", precisa il docente.
Da Ateneapoli n. 20 del 07 dicembre 2007
Contenti ma anche preoccupati
Nulla. E' quello che grossomodo sa la maggior parte degli studenti di Lettere a proposito della riforma che entrerà in vigore tra meno di un anno. Il commento migliore è probabilmente quello di una laureanda della triennale di Lettere Moderne:
[INDENT][SIZE=2]"ah davvero ci sarà un Nuovissimo ordinamento? Certo non sanno più cosa inventarsi!"
[/INDENT][/SIZE]
Quelli che ne sanno qualcosa sembrano piuttosto contenti: come non esserlo se c'è un sistema che riduce la caterva di esami che gli si è presentata davanti finora? Anche se si tratta non di una diminuzione ma di un accorpamento è comunque un criterio che "mette un po' di ordine in questo caos frammentato", spiega Marco, al secondo anno di Lettere Moderne.
[INDENT][SIZE=2]"Per lo meno si spera che così spariranno questi esami ridicoli da 200 pagine, per i quali a lezione il professore non fa che leggere qualche pezzo del manuale", si augura Andrea, al terzo anno di Filosofia. Anche secondo Francesco, al primo anno di Archeologia, il nuovo sistema potrebbe introdurre modifiche positive; il problema però, spiega, è "capire cosa fare quest'anno. Non vorrei rischiare di dare esami che poi non saranno previsti nel nuovo piano di studi.[/INDENT][/SIZE]
Contenti ma anche preoccupati
Nulla. E' quello che grossomodo sa la maggior parte degli studenti di Lettere a proposito della riforma che entrerà in vigore tra meno di un anno. Il commento migliore è probabilmente quello di una laureanda della triennale di Lettere Moderne:
[INDENT][SIZE=2]"ah davvero ci sarà un Nuovissimo ordinamento? Certo non sanno più cosa inventarsi!"
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Quelli che ne sanno qualcosa sembrano piuttosto contenti: come non esserlo se c'è un sistema che riduce la caterva di esami che gli si è presentata davanti finora? Anche se si tratta non di una diminuzione ma di un accorpamento è comunque un criterio che "mette un po' di ordine in questo caos frammentato", spiega Marco, al secondo anno di Lettere Moderne.
[INDENT][SIZE=2]"Per lo meno si spera che così spariranno questi esami ridicoli da 200 pagine, per i quali a lezione il professore non fa che leggere qualche pezzo del manuale", si augura Andrea, al terzo anno di Filosofia. Anche secondo Francesco, al primo anno di Archeologia, il nuovo sistema potrebbe introdurre modifiche positive; il problema però, spiega, è "capire cosa fare quest'anno. Non vorrei rischiare di dare esami che poi non saranno previsti nel nuovo piano di studi.[/INDENT][/SIZE]
Da Ateneapoli n. 20 del 07 dicembre 2007
[SIZE=2]Transizione al nuovo ordinamento la parola al Preside Mazzarella [/SIZE]
[SIZE=2]di Viola Sarnelli [/SIZE]
La Facoltà aspetta le indicazioni dell'Ateneo su come gestire la transizione al Nuovissimo Ordinamento. Gli studenti dovranno passare tutti al nuovo sistema, o potranno scegliere di non farlo? E per quelli che sceglieranno il passaggio, quale sarà il criterio adoperato per "tradurre" gli esami sostenuti con il sistema in corso a quello che entrerà in vigore? Una sospensione che soprattutto per i corsi triennali di Lettere, dove gli studenti da un anno all'altro vedranno letteralmente dimezzato il numero degli esami da sostenere, acquista una certa consistenza.
In attesa di conoscere le decisioni definitive, abbiamo chiesto al Preside Eugenio Mazzarella di dare almeno qualche generica indicazione agli studenti: come decidere quali esami è meglio sostenere o meno, in attesa del passaggio?
[INDENT][SIZE=2]"Non si è ancora deciso nulla, ma la mia posi*zione è semplice", sostiene il Presi*de: "chiunque abbia sostenuto due moduli in sequenza su una disciplina, che di fatto configura*vano un ex esame annuale, deve vedersi riconosciuto in crediti quelli previsti dalle nuove tabelle per un esame annuale, dove per annuale intendo un corso di 60-70 ore circa. A questo criterio andrebbe ispirata la dinamica dei passaggi per tutti i corsi attuali i cui esami siano già sostenuti".
[/INDENT][/SIZE]
Questo vuoi dire che due moduli da 4 crediti verranno convertiti in uno da 12: una sorta di incentivo al passaggio. Ma rimangono sospesi anche i punti critici della transizione al Nuovissimo ordinamento: come nel caso di Beni Culturali che, al momento, non ha i numeri (soprattutto di docenti) giusti per adeguarsi ai nuovi criteri, tanto che in queste settimane stava prendendo corpo l'ipotesi di un eventuale accorpamento del Corso a quello di Archeologia. Il Preside sostiene invece che:
[INDENT][SIZE=2]"Cultura e amministrazione dei beni culturali continuerà a vivere autonomamente; siamo, salvo imprevisti, in condizione di assolvere ai requisiti minimi. E questo è l'orientamento della Facoltà e del/'Ateneo".
[/INDENT][/SIZE]
Oltre a Beni Culturali, anche altri Corsi rischiano però di trovarsi in difficoltà. Soprattutto per la norma che assegna un punteggio ad ogni Corso sulla base della composizione dei docenti afferenti: i docenti ordinari vengono valutati con un punteggio superiore agli associati, e meno ancora di questi valgono, in questa logica, i ricercatori, che sono però i più facilmente assumibili in tempi di magra proprio perché retribuiti meno degli altri. Questo vuoi dire che un Corso che ha nel suo organico un numero troppo basso, in proporzione, di docenti ordinari, rischia di non rientrare nei criteri minimi: è il caso ad esempio di Lingue, che ha da poco assunto nuovi ricercatori, ma ha pochi ordinari. La Crui si è opposta a questo parametro, che potrebbe quindi essere riformulato dal Ministero; ma se così non fosse la situazione sarebbe certo problematica.
[INDENT][SIZE=2]"Il criterio del docente equivalente, così come stabilito, è sciagurato”.
[/INDENT][/SIZE]
Per quanto riguarda le questioni più strettamente interne alla Facoltà, il Preside conferma che la Commissione Didattica Paritetica, composta da cinque docenti e cinque rappresentanti degli studenti e presieduta dalla prof.ssa Renata Viti Cavaliere, si riunirà una prima volta, seppure informalmente, prima di Natale. Il Preside ritiene che comunque una riunione preventiva "sarà un opportuno momento di dialogo".
Ricordiamo che le rappresentanze studentesche si sono astenute dal voto nella seduta del Consiglio di Facoltà che ha approvato le tabelle dei nuovi ordinamenti per protesta perché la Commissione non si era riunita precedentemente. Altra questione interna, è quella che riguarda l'insegnamento dell'ebraico: il prof. Marcello Del Verme espresse un voto contrario, in sede di Consiglio, al nuovo ordinamento dei corsi di Storia, triennale e specialistica, che nella rimodulazione non prevede questa materia di insegnamento. E lo stesso professore ha sottoposto in questi giorni la questione alla Commissione Didattica del Polo delle Scienze Umane, sollevando una questione culturale che va al di là del singolo insegnamento.
[INDENT][SIZE=2]"Come lo stesso prof. Del Verme ha riconosciuto", risponde il Preside, "l'esigenza didattica da lui fatta valere è presente in altri Corsi della Facoltà, oltre che in quelli di Storia cui la sua richiesta aggiuntiva si riferiva. Pur in un quadro fortemente condiviso di linee generali di Facoltà, c'è un'autonomia della programmazione didattica dei Corsi di Laurea di cui non si può non tener conto. E questo è un fatto".
[/INDENT][/SIZE]
Il Preside risponde infine alla segnalazione pubblicata sullo scorso numero del nostro giornale, nella quale un lettore raccontava un'inaccettabile seduta di laurea tenutasi a fine ottobre nella sede centrale: parenti anche anziani e provenienti da lontano costretti a sedersi a terra per mancanza di spazio, docenti esaminatori in pullover senza neanche l'ombra, se non di una toga, almeno di una giacca, e bidelli che continuavano a chiedere una sorta di "mancia" a tutti quelli che entravano per assistere alla laurea.
[INDENT]"La polemica è annosa", risponde il Preside. "Abbiamo un pesante deficit di aule da decenni. L'ateneo è impegnato in operazioni di forte impegno finanziario, per risolvere il problema. Ma ci vorranno alcuni anni, anche se dall'anno prossimo con il trasferimento della biblioteca da San Pietro Martire potremmo avere un po' di respiro. Sulla crisi finanziaria degli Atenei sarebbe opportuno. che anche le famiglie degli studenti segnalassero al Governo, nei modi previsti dalla democrazia, il disagio che noi docenti da anni segnaliamo. Ogni padre di famiglia sa che i vani di casa che si può permettere dipendono dal fitto che può pagare. Da questo punto di vista anche una riconsiderazione sociale meno prevenuta del livello delle tasse universitarie potrebbe dare una mano a risolvere i problemi logistici".[/INDENT]
Probabilmente i padri di famiglia a cui fa riferimento il prof. Mazzarella potrebbero anche essere disposti a pagare tasse più alte: ma tutto sta a vedere cosa ne otterrebbero in cambio. Per quanto riguarda lo specifico della seduta, conclude il Preside,
[INDENT][SIZE=2]"sulle toghe e per ciò che segnalate dei comportamenti fuori dall'aula, chiederò al prof. D'Agostino, che presiedeva la seduta, notizie, e provvederò in merito".[/INDENT][/SIZE]
[SIZE=2]Transizione al nuovo ordinamento la parola al Preside Mazzarella [/SIZE]
[SIZE=2]di Viola Sarnelli [/SIZE]
La Facoltà aspetta le indicazioni dell'Ateneo su come gestire la transizione al Nuovissimo Ordinamento. Gli studenti dovranno passare tutti al nuovo sistema, o potranno scegliere di non farlo? E per quelli che sceglieranno il passaggio, quale sarà il criterio adoperato per "tradurre" gli esami sostenuti con il sistema in corso a quello che entrerà in vigore? Una sospensione che soprattutto per i corsi triennali di Lettere, dove gli studenti da un anno all'altro vedranno letteralmente dimezzato il numero degli esami da sostenere, acquista una certa consistenza.
In attesa di conoscere le decisioni definitive, abbiamo chiesto al Preside Eugenio Mazzarella di dare almeno qualche generica indicazione agli studenti: come decidere quali esami è meglio sostenere o meno, in attesa del passaggio?
[INDENT][SIZE=2]"Non si è ancora deciso nulla, ma la mia posi*zione è semplice", sostiene il Presi*de: "chiunque abbia sostenuto due moduli in sequenza su una disciplina, che di fatto configura*vano un ex esame annuale, deve vedersi riconosciuto in crediti quelli previsti dalle nuove tabelle per un esame annuale, dove per annuale intendo un corso di 60-70 ore circa. A questo criterio andrebbe ispirata la dinamica dei passaggi per tutti i corsi attuali i cui esami siano già sostenuti".
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Questo vuoi dire che due moduli da 4 crediti verranno convertiti in uno da 12: una sorta di incentivo al passaggio. Ma rimangono sospesi anche i punti critici della transizione al Nuovissimo ordinamento: come nel caso di Beni Culturali che, al momento, non ha i numeri (soprattutto di docenti) giusti per adeguarsi ai nuovi criteri, tanto che in queste settimane stava prendendo corpo l'ipotesi di un eventuale accorpamento del Corso a quello di Archeologia. Il Preside sostiene invece che:
[INDENT][SIZE=2]"Cultura e amministrazione dei beni culturali continuerà a vivere autonomamente; siamo, salvo imprevisti, in condizione di assolvere ai requisiti minimi. E questo è l'orientamento della Facoltà e del/'Ateneo".
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Oltre a Beni Culturali, anche altri Corsi rischiano però di trovarsi in difficoltà. Soprattutto per la norma che assegna un punteggio ad ogni Corso sulla base della composizione dei docenti afferenti: i docenti ordinari vengono valutati con un punteggio superiore agli associati, e meno ancora di questi valgono, in questa logica, i ricercatori, che sono però i più facilmente assumibili in tempi di magra proprio perché retribuiti meno degli altri. Questo vuoi dire che un Corso che ha nel suo organico un numero troppo basso, in proporzione, di docenti ordinari, rischia di non rientrare nei criteri minimi: è il caso ad esempio di Lingue, che ha da poco assunto nuovi ricercatori, ma ha pochi ordinari. La Crui si è opposta a questo parametro, che potrebbe quindi essere riformulato dal Ministero; ma se così non fosse la situazione sarebbe certo problematica.
[INDENT][SIZE=2]"Il criterio del docente equivalente, così come stabilito, è sciagurato”.
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Per quanto riguarda le questioni più strettamente interne alla Facoltà, il Preside conferma che la Commissione Didattica Paritetica, composta da cinque docenti e cinque rappresentanti degli studenti e presieduta dalla prof.ssa Renata Viti Cavaliere, si riunirà una prima volta, seppure informalmente, prima di Natale. Il Preside ritiene che comunque una riunione preventiva "sarà un opportuno momento di dialogo".
Ricordiamo che le rappresentanze studentesche si sono astenute dal voto nella seduta del Consiglio di Facoltà che ha approvato le tabelle dei nuovi ordinamenti per protesta perché la Commissione non si era riunita precedentemente. Altra questione interna, è quella che riguarda l'insegnamento dell'ebraico: il prof. Marcello Del Verme espresse un voto contrario, in sede di Consiglio, al nuovo ordinamento dei corsi di Storia, triennale e specialistica, che nella rimodulazione non prevede questa materia di insegnamento. E lo stesso professore ha sottoposto in questi giorni la questione alla Commissione Didattica del Polo delle Scienze Umane, sollevando una questione culturale che va al di là del singolo insegnamento.
[INDENT][SIZE=2]"Come lo stesso prof. Del Verme ha riconosciuto", risponde il Preside, "l'esigenza didattica da lui fatta valere è presente in altri Corsi della Facoltà, oltre che in quelli di Storia cui la sua richiesta aggiuntiva si riferiva. Pur in un quadro fortemente condiviso di linee generali di Facoltà, c'è un'autonomia della programmazione didattica dei Corsi di Laurea di cui non si può non tener conto. E questo è un fatto".
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Il Preside risponde infine alla segnalazione pubblicata sullo scorso numero del nostro giornale, nella quale un lettore raccontava un'inaccettabile seduta di laurea tenutasi a fine ottobre nella sede centrale: parenti anche anziani e provenienti da lontano costretti a sedersi a terra per mancanza di spazio, docenti esaminatori in pullover senza neanche l'ombra, se non di una toga, almeno di una giacca, e bidelli che continuavano a chiedere una sorta di "mancia" a tutti quelli che entravano per assistere alla laurea.
[INDENT]"La polemica è annosa", risponde il Preside. "Abbiamo un pesante deficit di aule da decenni. L'ateneo è impegnato in operazioni di forte impegno finanziario, per risolvere il problema. Ma ci vorranno alcuni anni, anche se dall'anno prossimo con il trasferimento della biblioteca da San Pietro Martire potremmo avere un po' di respiro. Sulla crisi finanziaria degli Atenei sarebbe opportuno. che anche le famiglie degli studenti segnalassero al Governo, nei modi previsti dalla democrazia, il disagio che noi docenti da anni segnaliamo. Ogni padre di famiglia sa che i vani di casa che si può permettere dipendono dal fitto che può pagare. Da questo punto di vista anche una riconsiderazione sociale meno prevenuta del livello delle tasse universitarie potrebbe dare una mano a risolvere i problemi logistici".[/INDENT]
Probabilmente i padri di famiglia a cui fa riferimento il prof. Mazzarella potrebbero anche essere disposti a pagare tasse più alte: ma tutto sta a vedere cosa ne otterrebbero in cambio. Per quanto riguarda lo specifico della seduta, conclude il Preside,
[INDENT][SIZE=2]"sulle toghe e per ciò che segnalate dei comportamenti fuori dall'aula, chiederò al prof. D'Agostino, che presiedeva la seduta, notizie, e provvederò in merito".[/INDENT][/SIZE]
http://serviziosocialege.forumcity.itDa Ateneapoli n. 19 del 23 novembre 2007
Rete wireless nelle facoltà federiciane
Buone notizie per tutti gli studenti della Federico II: presto, si presume, entro dicembre, tutte le facoltà dell’ateneo saranno coperte dalle rete Wireless fidelity (Wi-Fi). Si darà priorità alle sedi meno fornite di attrezzature informatiche con l’acquisto di 250 access point.
Rete wireless nelle facoltà federiciane
Buone notizie per tutti gli studenti della Federico II: presto, si presume, entro dicembre, tutte le facoltà dell’ateneo saranno coperte dalle rete Wireless fidelity (Wi-Fi). Si darà priorità alle sedi meno fornite di attrezzature informatiche con l’acquisto di 250 access point.
Da Ateneapoli n. 19 del 23 novembre 2007
PARTHENOPE: lezioni a tempo pieno in aula, gli studenti abbandonano l'esperienza dell'e-Iearning
Si può seguire un corso in e-learning senza materiale multimediale e senza avere la possibilità di svolgere le attività didattiche da casa sul proprio pc? A quanto pare sì, se è vero che agli allievi del corso di Diritto pubblico organizzato nell'ambito del progetto MO.D.e.M dall'inizio delle lezioni ad oggi è stata soltanto promessa una pen drive e sono state somministrate esclusivamente lezioni frontali a orario pieno (mattina e pomeriggio) per tre volte alla settimana. Gli studenti si chiedono: ma che e-Iearning è? E in dieci si ritirano. Uno di loro, studente lavoratore, tiene duro ma, passi il gioco di parole, ammette che è dura. E' dura perché non si aspettava di ritrovarsi costretto a chiedere così tanti giorni di permesso al lavoro. Perché si è iscritto a questo corso pensando di poterlo seguire comodamente da casa. Perché se avesse saputo che le cose sarebbero andate così non avrebbe mai fatto domanda di ammissione.
[INDENT]"E' un corso disorganizzato è confusionario", dice, "per me l’e-learning non è una novità, ho seguito dei corsi di aggiornamento al lavoro:lezioni tramite internet e il PC. Lo studente lamenta anche carenze sull’informazione per l’accesso al servizio: ‘’non è stata pubblicizzata affatto, ne sono venuto a conoscenza per amicizie importanti".
[/INDENT]
Secondo il prof. Giunta, responsabile del progetto, le lezioni frontali, specialmente a giurisprudenza, sono meno gestibili perché i docenti non hanno grande dimestichezza con le tecnologie multimediali avanzate, diversamente da quanto avviene in Facoltà come Ingegneria o Scienze e Tecnologie.
[INDENT][SIZE=2]"Abbiamo individuato il prof. Bifulco proprio perché piuttosto esperto di metodologie multimediali, ma lui ha avuto dei contrattempi personali e noi abbiamo deciso, per garantire ugualmente la partenza del corso, di anticipare le ore di lezione frontale. Tutto qui".
[/INDENT][/SIZE]
Delle 150 ore di lezione da svolgere tra il 4 ottobre e il 21 dicembre, infatti, una parte si tiene comunque in aula.
[INDENT][SIZE=2]"Sono previste 30 ore di incontri frontali - spiega il professore- precisamente 4 ore ogni 2 settimane mentre 24 ore su 24 ci si può collegare al sito e seguire le lezioni videoregistrate. Con una certa docenza alle 20 di sera si può discutere coi docenti, responsabili del proprio corso. E' evidente che questa modalità didattica è stata pensata per gli studenti lavoratori e, almeno per il mio corso, Algoritmi e programmazione, sta funzionando. Siamostati l'unico ateneo, dopo il Suor OrsoIa, ad organizzare una presentazione pubblica del progetto, lo scorso 4 luglio. Abbiamo messo a disposizione dei ragazzi materiale illustrativo cartaceo, lo abbiamo fatto fino alla seconda lezione. Non ritengo che dobbiamo essere rimproverati di carenze nella diffusione della notizia".
[/INDENT][/SIZE]
Giunta parla di un'organizzazione molto articolata per un'azione for*mativa in cui si è creduto e si crede:
[INDENT][SIZE=2]"ci stiamo impegnando molto, abbiamo assunto più di 20 unità di personale a contratto per attivare un centro di e-Iearning che prima non esisteva. In due locali a via Acton ci sono strumentazioni che sono diventate patrimonio del/'ateneo e che speriamo di poter utilizzare in futuro per nuovi progetti di formazione a distanza, come speriamo di poter continuare ad avvalerci delle competenze professionali che ci stanno supportando in questo periodo".
[/INDENT][/SIZE]
Sulla validità del progetto e la provvisorietà della situazione di debolezza in cui si trova il corso di Diritto pubblico rassicura anche lo stesso prof. Bifulco:
[INDENT]"è pronto un terzo del lavoro multimediale, dieci lezioni che ho già trasmesso al tecnico affinché le metta in rete. Ho avuto delle difficoltà nella tempistica perché soltanto recentemente ho ricevuto l'autorizzazione a preparare il materiale sul mio computer invece che su quello del centro di e-Iearning. Le lezioni, in tutto 30, saranno certamente pronte per la fine del mese. Nel frattempo si potrà usufruire di queste dieci, anzi, si dovrà, visto che sono in ordine cronologico".[/INDENT]
PARTHENOPE: lezioni a tempo pieno in aula, gli studenti abbandonano l'esperienza dell'e-Iearning
Si può seguire un corso in e-learning senza materiale multimediale e senza avere la possibilità di svolgere le attività didattiche da casa sul proprio pc? A quanto pare sì, se è vero che agli allievi del corso di Diritto pubblico organizzato nell'ambito del progetto MO.D.e.M dall'inizio delle lezioni ad oggi è stata soltanto promessa una pen drive e sono state somministrate esclusivamente lezioni frontali a orario pieno (mattina e pomeriggio) per tre volte alla settimana. Gli studenti si chiedono: ma che e-Iearning è? E in dieci si ritirano. Uno di loro, studente lavoratore, tiene duro ma, passi il gioco di parole, ammette che è dura. E' dura perché non si aspettava di ritrovarsi costretto a chiedere così tanti giorni di permesso al lavoro. Perché si è iscritto a questo corso pensando di poterlo seguire comodamente da casa. Perché se avesse saputo che le cose sarebbero andate così non avrebbe mai fatto domanda di ammissione.
[INDENT]"E' un corso disorganizzato è confusionario", dice, "per me l’e-learning non è una novità, ho seguito dei corsi di aggiornamento al lavoro:lezioni tramite internet e il PC. Lo studente lamenta anche carenze sull’informazione per l’accesso al servizio: ‘’non è stata pubblicizzata affatto, ne sono venuto a conoscenza per amicizie importanti".
[/INDENT]
Secondo il prof. Giunta, responsabile del progetto, le lezioni frontali, specialmente a giurisprudenza, sono meno gestibili perché i docenti non hanno grande dimestichezza con le tecnologie multimediali avanzate, diversamente da quanto avviene in Facoltà come Ingegneria o Scienze e Tecnologie.
[INDENT][SIZE=2]"Abbiamo individuato il prof. Bifulco proprio perché piuttosto esperto di metodologie multimediali, ma lui ha avuto dei contrattempi personali e noi abbiamo deciso, per garantire ugualmente la partenza del corso, di anticipare le ore di lezione frontale. Tutto qui".
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Delle 150 ore di lezione da svolgere tra il 4 ottobre e il 21 dicembre, infatti, una parte si tiene comunque in aula.
[INDENT][SIZE=2]"Sono previste 30 ore di incontri frontali - spiega il professore- precisamente 4 ore ogni 2 settimane mentre 24 ore su 24 ci si può collegare al sito e seguire le lezioni videoregistrate. Con una certa docenza alle 20 di sera si può discutere coi docenti, responsabili del proprio corso. E' evidente che questa modalità didattica è stata pensata per gli studenti lavoratori e, almeno per il mio corso, Algoritmi e programmazione, sta funzionando. Siamostati l'unico ateneo, dopo il Suor OrsoIa, ad organizzare una presentazione pubblica del progetto, lo scorso 4 luglio. Abbiamo messo a disposizione dei ragazzi materiale illustrativo cartaceo, lo abbiamo fatto fino alla seconda lezione. Non ritengo che dobbiamo essere rimproverati di carenze nella diffusione della notizia".
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Giunta parla di un'organizzazione molto articolata per un'azione for*mativa in cui si è creduto e si crede:
[INDENT][SIZE=2]"ci stiamo impegnando molto, abbiamo assunto più di 20 unità di personale a contratto per attivare un centro di e-Iearning che prima non esisteva. In due locali a via Acton ci sono strumentazioni che sono diventate patrimonio del/'ateneo e che speriamo di poter utilizzare in futuro per nuovi progetti di formazione a distanza, come speriamo di poter continuare ad avvalerci delle competenze professionali che ci stanno supportando in questo periodo".
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Sulla validità del progetto e la provvisorietà della situazione di debolezza in cui si trova il corso di Diritto pubblico rassicura anche lo stesso prof. Bifulco:
[INDENT]"è pronto un terzo del lavoro multimediale, dieci lezioni che ho già trasmesso al tecnico affinché le metta in rete. Ho avuto delle difficoltà nella tempistica perché soltanto recentemente ho ricevuto l'autorizzazione a preparare il materiale sul mio computer invece che su quello del centro di e-Iearning. Le lezioni, in tutto 30, saranno certamente pronte per la fine del mese. Nel frattempo si potrà usufruire di queste dieci, anzi, si dovrà, visto che sono in ordine cronologico".[/INDENT]
Da Ateneapoli n. 20 del 07 dicembre 2007
52 corsi a distanza in 7 delle 13 Facoltà del Federico Il
[INDENT]"Abbiamo iniziato con 7 Facoltà, ma già nel 2008 copriremo tutte le 13 Facoltà. E pensiamo, a breve, di poter essere di riferimento anche a livello nazionale". Di cosa stiamo parlando? "Dei percorsi di formazione a distanza e-Iearning dell'Università Federico II, un servizio di affiancamento alla didattica tradizionale"
[/INDENT]
afferma il Rettore Guido Trombetti che con l'Assessore all'Università Teresa Armato e il Presidente del CSI, prof. Giuseppe Marrucci, ha presentato alla stampa martedì 27 novembre. 'Federica' è il nome accattivante che il Federico Il, d'intesa con la Regione, ha dato al progetto, una versione finalmente al femminile del re Federico II che 783 anni fa fondò questo ateneo.
[INDENT]"Si tratta di un grande progetto di modernizzazione. Non sostituisce Ia didattica tradizionale. Sarà anche un forte sostegno agli studenti lavoratori ed a quanti, per motivi vari, non riescono a seguire i corsi". "Un grazie all'Assessorato diretto da Teresa Armato". "Grazie anche agli i-pod ed alle nuove tecnologie". "Grazie ai professori Calise, Marrucci, Chianese".
[/INDENT]
Il Rettore tiene però a precisare:
[INDENT]"questo è l'e-learning di ateneo, non dei singoli docenti. L'esistenza di un Centro di Ateneo, il CSI, ha consentito un sistema tecnico di supporto", spiega il prof. Marrucci. I corsi sono "gratuiti, chiunque potrà usufruirne. Utilizzando anche un qualsiasi computer". "Questo è il primo e-Iearning pubblico" – sottolinea - "le 7 Facoltà sono state scelte perché già vi esisteva qualche esperienza di e-Iearning in sette Università della Campania. Abbiamo stanziato 8 milioni di euro". "Questo con il Federico II è un progetto unico in Italia, Federica: femminile ed innovazione. E un progetto bello, significativo, utile, sul quale sono stati investiti 3 milioni di euro, per 52 corsi da 25 studenti, 1.300 studenti ed alcuni uditori". "Attraverso l'i-pod e l'i-pod hac i ragazzi potranno usufruire dei corsi in video e in audio. Una soluzione per studenti lavoratori, casalinghe, studenti anziani". Ringraziamenti: "alle prof.sse Buffardi e De Rosa, che hanno molto lavorato a questo progetto".
[/INDENT]
[INDENT]“Abbiamo preferito investire sulle risorse intellettuali, sulle persone, invece che sulla spesa". "La piattaforma è tutta incentrata sulla didattica. I corsi hanno la voce del proprio docente, così lo studente li può ascoltare con maggiore gradimento e riconoscibilità, anche mentre si fa la barba, va dal parrucchiere, o è in autobus o in treno. Volta per volta, i corsi verranno aggiornati".
[/INDENT]
Tutto è in rete dal 28 novembre. Sulla piattaforma saranno inseriti anche altri servizi dell'ateneo come "la biblioteca virtuale del prof Pettorino, i convegni in web del prof. Chianese, le chat degli studenti, una piazza virtuale con tutte le Facoltà".
Dal prof. Marrucci altre novità:
[INDENT]"i docenti che andranno in video, con i propri corsi, avranno un piccolo contratto, con una integrazione economica: 4.000 euro l'anno".
[/INDENT]
Non c'è bisogno di password per accedere al servizio che sarà fruibile a tutti, non solo ai 1.300 studenti iscritti al corso. Ma la tecnologia i-pod non sarà l'unica per tutti:
[INDENT]"il 30-40% degli studenti iscritti ai corsi avrà l'i-pod gratuito in comodato d'uso, altri potranno acquistarlo per pochi euro”.
[/INDENT]
Fra gli altri atenei più quotati ci sono anche Parthenope e Suor Orsola. "C'è già una grammatica comune", chiude Marrucci.
52 corsi a distanza in 7 delle 13 Facoltà del Federico Il
[INDENT]"Abbiamo iniziato con 7 Facoltà, ma già nel 2008 copriremo tutte le 13 Facoltà. E pensiamo, a breve, di poter essere di riferimento anche a livello nazionale". Di cosa stiamo parlando? "Dei percorsi di formazione a distanza e-Iearning dell'Università Federico II, un servizio di affiancamento alla didattica tradizionale"
[/INDENT]
afferma il Rettore Guido Trombetti che con l'Assessore all'Università Teresa Armato e il Presidente del CSI, prof. Giuseppe Marrucci, ha presentato alla stampa martedì 27 novembre. 'Federica' è il nome accattivante che il Federico Il, d'intesa con la Regione, ha dato al progetto, una versione finalmente al femminile del re Federico II che 783 anni fa fondò questo ateneo.
[INDENT]"Si tratta di un grande progetto di modernizzazione. Non sostituisce Ia didattica tradizionale. Sarà anche un forte sostegno agli studenti lavoratori ed a quanti, per motivi vari, non riescono a seguire i corsi". "Un grazie all'Assessorato diretto da Teresa Armato". "Grazie anche agli i-pod ed alle nuove tecnologie". "Grazie ai professori Calise, Marrucci, Chianese".
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Il Rettore tiene però a precisare:
[INDENT]"questo è l'e-learning di ateneo, non dei singoli docenti. L'esistenza di un Centro di Ateneo, il CSI, ha consentito un sistema tecnico di supporto", spiega il prof. Marrucci. I corsi sono "gratuiti, chiunque potrà usufruirne. Utilizzando anche un qualsiasi computer". "Questo è il primo e-Iearning pubblico" – sottolinea - "le 7 Facoltà sono state scelte perché già vi esisteva qualche esperienza di e-Iearning in sette Università della Campania. Abbiamo stanziato 8 milioni di euro". "Questo con il Federico II è un progetto unico in Italia, Federica: femminile ed innovazione. E un progetto bello, significativo, utile, sul quale sono stati investiti 3 milioni di euro, per 52 corsi da 25 studenti, 1.300 studenti ed alcuni uditori". "Attraverso l'i-pod e l'i-pod hac i ragazzi potranno usufruire dei corsi in video e in audio. Una soluzione per studenti lavoratori, casalinghe, studenti anziani". Ringraziamenti: "alle prof.sse Buffardi e De Rosa, che hanno molto lavorato a questo progetto".
[/INDENT]
[INDENT]“Abbiamo preferito investire sulle risorse intellettuali, sulle persone, invece che sulla spesa". "La piattaforma è tutta incentrata sulla didattica. I corsi hanno la voce del proprio docente, così lo studente li può ascoltare con maggiore gradimento e riconoscibilità, anche mentre si fa la barba, va dal parrucchiere, o è in autobus o in treno. Volta per volta, i corsi verranno aggiornati".
[/INDENT]
Tutto è in rete dal 28 novembre. Sulla piattaforma saranno inseriti anche altri servizi dell'ateneo come "la biblioteca virtuale del prof Pettorino, i convegni in web del prof. Chianese, le chat degli studenti, una piazza virtuale con tutte le Facoltà".
Dal prof. Marrucci altre novità:
[INDENT]"i docenti che andranno in video, con i propri corsi, avranno un piccolo contratto, con una integrazione economica: 4.000 euro l'anno".
[/INDENT]
Non c'è bisogno di password per accedere al servizio che sarà fruibile a tutti, non solo ai 1.300 studenti iscritti al corso. Ma la tecnologia i-pod non sarà l'unica per tutti:
[INDENT]"il 30-40% degli studenti iscritti ai corsi avrà l'i-pod gratuito in comodato d'uso, altri potranno acquistarlo per pochi euro”.
[/INDENT]
Fra gli altri atenei più quotati ci sono anche Parthenope e Suor Orsola. "C'è già una grammatica comune", chiude Marrucci.
[SIZE=2]Da Ateneapoli n. 15 del 12 ottobre 2007[/SIZE]
Come si diventa sociologi, psicologi e assistenti sociali
di Fabrizio Geremicca
A giudicare dalle domande, tante, che gli studenti hanno indirizzato ai docenti, a conclusione dell'incontro di presentazione, l'interesse dei neodiplomati verso Psicologia, Scienze della comunicazione, Sociologia e Scienze del servizio sociale è pari almeno alla confusione circa quel che si studia, gli sbocchi lavorativi, le professionalità legate a questi percorsi formativi. La Preside Alida Labella e la prof.ssa Maria Francesca Freda (Psicologia), il Preside Lucio D'Alessandro e la prof.ssa Maria D'Ambrosio (Scienze della comunicazione), la prof.ssa Annamaria Zaccaria (Sociologia) ed il prof. Paolo Varvaro (Scienze del servizio sociale) hanno risposto a moltissimi quesiti ed hanno provato così a diradare almeno i principali equivoci che con*dizionano chi si affaccia in questi giorni alla realtà universitaria.
Per quanto concerne Psicologia, in particolare, non poche studentesse e altrettanti studenti ritengono, a torto, che la laurea abiliti a svolgere la professione di psicoterapeuta:
[INDENT]"Non è così", ha avvertito la prof. Labella, "per praticare la professione il laureato deve svolgere un tirocinio o uno stage con uno psicologo esperto, aver conseguito la laurea di secondo livello, deve frequentare una specializzazione in psicoterapia. Mettersi in proprio, per lo psicologo, non vuoi dire svolgere l'attività di psicoterapeuta".[/INDENT]
Come può essere spesa al meglio, dunque, una laurea in Psicologia?
[INDENT][SIZE=2]"I settori sono tanti - ha sottolineato la prof.ssa Freda- in particolare, il laureato può prestare la sua attività nelle Asi. nelle imprese. nelle scuole. nell'ambito dei servizi sociali". [/INDENT][/SIZE]
Molti erano interessati a sapere se esiste un indirizzo in Psicologia infantile.
[INDENT][SIZE=2]"C'è il settore disciplinare relativo alla psicologia dello sviluppo e dell'educazione- ha risposto la prof.ssa Freda- che approfondisce appunto il tema dello sviluppo nell'infanzia. E' diverso, però, dalla psicoterapia infantile, che rientra ovviamente nell'ambito psicoterapeutico e richiede appunto la specializzazione dopo la laurea di secondo livello".[/INDENT][/SIZE]
Che cosa si studia a Psicologia, hanno chiesto molti dei presenti. La Preside Labella ha messo in guardia da un approccio superficiale:
[INDENT][SIZE=2]"c'è uno zoccolo duro di discipline scientifiche che a volte mette in difficoltà, specie all'inizio. Mi riferisco, per esempio, a materie come Statistica. Ovviamente le varie branche della Psicologia sono presenti e rappresentano la dorsale del Corso, soprattutto dopo il primo anno".[/INDENT][/SIZE]
Psicologia è a numero chiuso, sia alla Seconda Università, sia alla Federico Il. A chi è restato fuori dopo iltest di selezione la prof.ssa Labella sconsiglia di immatricolarsi ad un corso di laurea affine per poi chiedere la convalida degli esami l'anno prossimo, sempre che si passi la prova d'ingresso:
[INDENT]"rischiate solo di perdere un anno, sia perché le materie che vi saranno riconosciute non sono molte, sia perché nulla garantisce che tra 12 mesi supererete il test di ammissione)".[/INDENT]
Tra le domande per il prof.Varvaro, relative a Scienze del Servizio sociale, una sull'obbligo di frequenza:
[INDENT]"Non c'è ma ciò non vuoI dire che non sia vivamente consigliato assistere alle lezioni"', ha risposto il docente. "Abbiamo una bella sede alla Doganella, dove troverete aule capienti e spazi per studiare. Tra poco anche una mensa in zona".[/INDENT]
Come si diventa assistenti sociali nei Tribunali? il quesito di una studentessa. Varvaro:
[INDENT]"periodicamente sono emessi bandi di concorso. Anche per for*mare chi aspiri a questa professione, il corso di laurea ha nel curriculum esami di diritto penitenziario e di diritto penale ".[/INDENT]
Come si diventa sociologi, psicologi e assistenti sociali
di Fabrizio Geremicca
A giudicare dalle domande, tante, che gli studenti hanno indirizzato ai docenti, a conclusione dell'incontro di presentazione, l'interesse dei neodiplomati verso Psicologia, Scienze della comunicazione, Sociologia e Scienze del servizio sociale è pari almeno alla confusione circa quel che si studia, gli sbocchi lavorativi, le professionalità legate a questi percorsi formativi. La Preside Alida Labella e la prof.ssa Maria Francesca Freda (Psicologia), il Preside Lucio D'Alessandro e la prof.ssa Maria D'Ambrosio (Scienze della comunicazione), la prof.ssa Annamaria Zaccaria (Sociologia) ed il prof. Paolo Varvaro (Scienze del servizio sociale) hanno risposto a moltissimi quesiti ed hanno provato così a diradare almeno i principali equivoci che con*dizionano chi si affaccia in questi giorni alla realtà universitaria.
Per quanto concerne Psicologia, in particolare, non poche studentesse e altrettanti studenti ritengono, a torto, che la laurea abiliti a svolgere la professione di psicoterapeuta:
[INDENT]"Non è così", ha avvertito la prof. Labella, "per praticare la professione il laureato deve svolgere un tirocinio o uno stage con uno psicologo esperto, aver conseguito la laurea di secondo livello, deve frequentare una specializzazione in psicoterapia. Mettersi in proprio, per lo psicologo, non vuoi dire svolgere l'attività di psicoterapeuta".[/INDENT]
Come può essere spesa al meglio, dunque, una laurea in Psicologia?
[INDENT][SIZE=2]"I settori sono tanti - ha sottolineato la prof.ssa Freda- in particolare, il laureato può prestare la sua attività nelle Asi. nelle imprese. nelle scuole. nell'ambito dei servizi sociali". [/INDENT][/SIZE]
Molti erano interessati a sapere se esiste un indirizzo in Psicologia infantile.
[INDENT][SIZE=2]"C'è il settore disciplinare relativo alla psicologia dello sviluppo e dell'educazione- ha risposto la prof.ssa Freda- che approfondisce appunto il tema dello sviluppo nell'infanzia. E' diverso, però, dalla psicoterapia infantile, che rientra ovviamente nell'ambito psicoterapeutico e richiede appunto la specializzazione dopo la laurea di secondo livello".[/INDENT][/SIZE]
Che cosa si studia a Psicologia, hanno chiesto molti dei presenti. La Preside Labella ha messo in guardia da un approccio superficiale:
[INDENT][SIZE=2]"c'è uno zoccolo duro di discipline scientifiche che a volte mette in difficoltà, specie all'inizio. Mi riferisco, per esempio, a materie come Statistica. Ovviamente le varie branche della Psicologia sono presenti e rappresentano la dorsale del Corso, soprattutto dopo il primo anno".[/INDENT][/SIZE]
Psicologia è a numero chiuso, sia alla Seconda Università, sia alla Federico Il. A chi è restato fuori dopo iltest di selezione la prof.ssa Labella sconsiglia di immatricolarsi ad un corso di laurea affine per poi chiedere la convalida degli esami l'anno prossimo, sempre che si passi la prova d'ingresso:
[INDENT]"rischiate solo di perdere un anno, sia perché le materie che vi saranno riconosciute non sono molte, sia perché nulla garantisce che tra 12 mesi supererete il test di ammissione)".[/INDENT]
Tra le domande per il prof.Varvaro, relative a Scienze del Servizio sociale, una sull'obbligo di frequenza:
[INDENT]"Non c'è ma ciò non vuoI dire che non sia vivamente consigliato assistere alle lezioni"', ha risposto il docente. "Abbiamo una bella sede alla Doganella, dove troverete aule capienti e spazi per studiare. Tra poco anche una mensa in zona".[/INDENT]
Come si diventa assistenti sociali nei Tribunali? il quesito di una studentessa. Varvaro:
[INDENT]"periodicamente sono emessi bandi di concorso. Anche per for*mare chi aspiri a questa professione, il corso di laurea ha nel curriculum esami di diritto penitenziario e di diritto penale ".[/INDENT]
Affitti più bassi ed appartamenti più vivibili per chi sceglie la periferia
di Va. Or.
Tra gli studenti fuorisede c'è anche chi, calcolando i pro e i contro, sceglie di cercare casa in periferia anche dovendo seguire le lezioni in centro. È il caso di Luca Senatore, neo laureato in Biologia, della provincia di Salerno.
[INDENT]“La mia facoltà è dislocata tra Monte Sant'Angelo e via Mezzocannone – spiega Luca - solo quando mi è stato assegnato il numero di matricola ho sapute che avrei seguito la maggior parte dei corsi nella struttura di via Cinthia, anche se durante l'ultimo anno ho dovuto spostarmi sempre in centro per lavorare alla tesi”.[/INDENT]
Ma tra i classici Fuorigrotta o il centro storico, la scelta del giovane biologo è caduta sul quartiere di Pianura.
[INDENT]“Quando ho iniziato a cercare casa mi sono reso conto che quelle in centro erano molto più care e molto spesso meno accoglienti. Pianura è la zona dove gli affitti per gli studenti sono più bassi in assoluto. Non conoscevo questo quartiere, ma mi è bastato dare un'occhiata ai giornali d'annuncia per trovare un buona occasione”.[/INDENT]
180 euro circa per una camera singola e circa 130 per una doppia: sono questi i prezzi per gli studenti domiciliati a Pianura. Case ampie e ben illuminate, presenza di tutti i servizi ed un buon collegamento coi mezzi pubblici al reato della città: sono queste le caratteristiche che hanno indotto Luca a scegliere questo quartiere.
[INDENT]“Monte Sant'Angelo è davvero a due passi, mentre per arrivare in centro bastano 20 minuti di Cumana che ad eccezione di qualche guasto o ritardo, è un ottimo mezzo di trasporto”.[/INDENT]
Il punto di ritrovo per i giovani continua, però, ad essere la zona del centro storico. Cosa fa chi vive in periferia?
[INDENT]“Generalmente per uscire e spostarmi in altre zone della città più frequentate, mi appoggio ai colleghi con l'auto. Questo è naturalmente un disagio per un fuori sede che non ha mezzi propri di trasporto però al contempo, mi sono sempre trovato bene e sono contento della mia scelta”.[/INDENT]
Negli ultimi tempi è cresciuta la domanda di alloggio da parte degli studenti così gli affitti aumentano sempre.
di Va. Or.
Tra gli studenti fuorisede c'è anche chi, calcolando i pro e i contro, sceglie di cercare casa in periferia anche dovendo seguire le lezioni in centro. È il caso di Luca Senatore, neo laureato in Biologia, della provincia di Salerno.
[INDENT]“La mia facoltà è dislocata tra Monte Sant'Angelo e via Mezzocannone – spiega Luca - solo quando mi è stato assegnato il numero di matricola ho sapute che avrei seguito la maggior parte dei corsi nella struttura di via Cinthia, anche se durante l'ultimo anno ho dovuto spostarmi sempre in centro per lavorare alla tesi”.[/INDENT]
Ma tra i classici Fuorigrotta o il centro storico, la scelta del giovane biologo è caduta sul quartiere di Pianura.
[INDENT]“Quando ho iniziato a cercare casa mi sono reso conto che quelle in centro erano molto più care e molto spesso meno accoglienti. Pianura è la zona dove gli affitti per gli studenti sono più bassi in assoluto. Non conoscevo questo quartiere, ma mi è bastato dare un'occhiata ai giornali d'annuncia per trovare un buona occasione”.[/INDENT]
180 euro circa per una camera singola e circa 130 per una doppia: sono questi i prezzi per gli studenti domiciliati a Pianura. Case ampie e ben illuminate, presenza di tutti i servizi ed un buon collegamento coi mezzi pubblici al reato della città: sono queste le caratteristiche che hanno indotto Luca a scegliere questo quartiere.
[INDENT]“Monte Sant'Angelo è davvero a due passi, mentre per arrivare in centro bastano 20 minuti di Cumana che ad eccezione di qualche guasto o ritardo, è un ottimo mezzo di trasporto”.[/INDENT]
Il punto di ritrovo per i giovani continua, però, ad essere la zona del centro storico. Cosa fa chi vive in periferia?
[INDENT]“Generalmente per uscire e spostarmi in altre zone della città più frequentate, mi appoggio ai colleghi con l'auto. Questo è naturalmente un disagio per un fuori sede che non ha mezzi propri di trasporto però al contempo, mi sono sempre trovato bene e sono contento della mia scelta”.[/INDENT]
Negli ultimi tempi è cresciuta la domanda di alloggio da parte degli studenti così gli affitti aumentano sempre.