Il mondo delle Aziende e la Matematica

ReggaetonDj
Ciao a tutti, apro questo topic per discutere con voi di un argomento che credo possa generare davvero molti interessanti spunti di riflessione:

La Matematica ha o può avere un utilizzo concreto del mondo del lavoro, o comunque nel mondo extra universitario? Distinguerei due parti principali nella risposta:

[list=a]
[*:2royh0mf] idealmente parlando;[/*:m:2royh0mf]
[*:2royh0mf] praticamente parlando.[/*:m:2royh0mf][/list:o:2royh0mf]

Se per voi va bene, non includerei nel discorso quelle Aziende che si occupano di ricerca in senso stretto laddove credo che non ci sia nemmeno da porsi la domanda.

Ecco il mio parere:

a. Idealmente parlando

Che domande! Io dico di sì :-). Ci sono una quantità incredibile di problematiche (decisionali e non) che possono essere modellate quantitativamente, studiate, capite e risolte. Penso ad esempio al mondo dei trasporti, della logistica, della finanza, della produzione, eccetera; è forse più difficile trovare un campo di applicazione inadatto. E' chiaro che non si tirano fuori studi applicativi e dei tool che li implementano dall'oggi al domani, queste cose hanno un costo e necessitano un investimento (perlomeno ore uomo e consulenze accademiche) che però in gran parte dei casi può portare a dei ritorni economici importanti. Non penso all'applicazione della teoria delle code per ridurre la congestione della mensa aziendale ma all'utilizzo di semplici concetti applicativi per risolvere problemi del Core Business che generano valore. Sarebbe davvero simpatico che anche un Manager valutasse queste cose. E con quest'assist, passo direttamente alla parte della risposta riferita al caso concreto.

b. Praticamente parlando

La realtà è più complicata. Mi pare che davvero pochi Manager diano peso a queste cose, se ci sono problemi del genere spesso li si gestisce miopicamente, oppure li si lascia alla mercé del pacchetto software di grido che applica un metodo risolutivo ma che spesso rimane in una scatola chiusa abbastanza oscura. Non sempre è così, ovvio, talvolta la soluzione chiavi in mano risolve egregiamente la situazione ma spesso no. In alcuni casi basterebbe davvero applicare meramente le informazioni imparate in una lezione universitaria di base per risolvere la situazione egregiamente, ma tipicamente queste soluzioni interne sono spesso scartate. In questi contesti diventa anche difficile mantenere un minimo di cultura scientifica e ci si adatta all'ambiente. Eppure non sarebbe così complicato applicare lo scenario ideale che, tra l'altro, creerebbe grosse sinergie tra mondo universitario e privato! Ma perché non accade?

- Perché la matematica non si presta a trattare problemi aziendali, o e troppo complicato/lungo adattarla (o si crede così)?
- Perché non c'è garanzia di successo?
- Perché non serve per davvero e non si acquisisce alcun vantaggio competitivo?
- Perché mancano le competenze?
- Perché i problemi aziendali trattabili sono tutti uguali ed allora basta comprare una soluzione standard?
- o semplicemente sono io ad avere una visione distorta della realtà ed ho descritto uno scenario sbagliato?

Mi piacerebbe sapere la vostra!

Un saluto a tutti e grazie per l'attenzione.

Risposte
Francesco712
"mabuni1982":

Sono d'accordo il problema è in parte quello da te indicato e cioè il costo di uno stipendio in più, ma non sono d'accordo sul fatto che tale matematico sia poco tecnico

E invece si. Infatti con il nuovo ordinamento l'università ha cercato di metterci una pezza inserendo tra gli esami obbligatori per tutti anche le cosiddette "abilità informatiche". Poi non so dire se queste competenze sono considerate sufficienti dalle aziende.
Secondo me questa estraneazione può essere spesso d'aiuto perchè mantiene una certa apertura mentale da cui attingere per risolvere il problema in modo creativo magari attingendo da ambiti molto diversi.

Perdonami, ma non posso più sentire parlare di questa benedetta "elasticità/apertura mentale" che costituirebbe un motivo per le aziende di assumere laureati in matematica. E' la leggenda che girava ai miei tempi.

ReggaetonDj
Ciao a tutti, sta volta evito il "botta e risposta" ma provo a portare avanti il discorso inserendo la sintesi della mia idea.

Credo che la maggioranza delle Aziende, perlomeno qui in Italia, ignori decisamente lo strumento scientifico e matematico per trattare i problemi che non sono strettamente tecnici. Si compra la soluzione chiavi in mano, la si personalizza per quanto possibile e si cerca di integrarla coi sistemi aziendali; approccio che costa poco e non ci sporca le mani più di tanto. Sicuramente trattare così alcuni problemi aziendali è una scelta vincente. Credo che invece sia una scelta perdente il trattare in questo modo la totalità delle problematiche, soprattutto quando l'oggetto del problema è una serie di attività strategiche o del core business aziendale. E' qui che vedo la grande possibilità d'utilizzo del tool scientifico matematico per trattare il problema, in sinergia con le competenze fondamentali dell'Azienda. C'è spazio per una soluzione ad hoc profittevole capace di procurare un vantaggio competitivo consistente. La System Integration è fondamentale ma non è certamente tutto.

Non riprendo in considerazione il discorso delle possibilità d'impiego aziendale dei matematici, degli ingegneri o di chicchessia in quanto non ho competenze in merito al recruiting, e a mio avviso non rappresenta l'essenza del problema.

Ciao a tutti!

Cheguevilla
Si sta andando un po' troppo OT.
Quando si parla di soluzione ottimale (in senso generico) ho l'impressione che debbano essere presi in considerazione diversi fattori. Intanto bisognerebbe definire cosa è bene e cosa è male, ma per questo devono essere stabiliti dei principi secondo cui valutare, quindi quantificare e stabilire che una certa strategia è migliore rispetto alle altre.
Certo, questo è naturale. Se non si costruisce un sistema di ipotesi, vincoli e obiettivi, non si può parlare di soluzione, non credi?
Per un'impresa, l'obiettivo è la massimizzazione del profitto (per qualcuna a lungo, per qualcuna a medio, per qualcuna a breve termine), ed i vincoli sono i costi ed i vincoli legali.
Assumere un matematico che faccia il matematico (cioè non sia parte operativa) è un costo per l'azienda, che sarà disposta a pagare solo se con il suo lavoro corrisponderà un'aumento di profitto (aumento di ricavi marginali maggiore del costo).

Quando scrivi efficienza produttiva ti riferisci solo ai costi in termini monetari immagino.
Mi riferisco ai costi sopportati dal produttore, monetari e non.

Qui non si sta parlando di massimi sistemi, ma della convenienza che un'impresa possa avere nell'investire in un individuo che faccia "il mago del processo".

Per fare un esempio, che cosa ne pensi di un'azienda che trasporta materiale in un Paese estero, dove avviene la produzione, e poi ritrasporta i prodotti finiti per la vendita?
Penso che al giorno d'oggi, per molti settori, sia la soluzione economicamente più conveniente per le imprese. Non intendo pronunciarmi sul fatto che sia giusto o sbagliato, perchè si va OT, così come non ho intenzione parlare della potenziale durata di questa struttura per lo stesso motivo. Se la vediamo dal lato aziendale, ora questa è la soluzione e si badi bene che la riduzione di costo in molti casi è talmente elevata che diventerebbe impossibile sopravvivere altrimenti.

Sk_Anonymous
Quando si parla di soluzione ottimale (in senso generico) ho l'impressione che debbano essere presi in considerazione diversi fattori. Intanto bisognerebbe definire cosa è bene e cosa è male, ma per questo devono essere stabiliti dei principi secondo cui valutare, quindi quantificare e stabilire che una certa strategia è migliore rispetto alle altre.
Il fatto più importante a mio modo di vedere è come viene reinvestito il capitale accumulato (i consumatori devono essere occupati e con stipendio, altrimenti non consumano), cercare di capire da che cosa dipende la disoccupazione, che cosa significa che maggiore è il capitale disponibile e maggiori sono i guadagni in percentuale che è possibile ottenere da questo, quali effetti ha, in un mercato globale, il fatto che il costo della vita sia piuttosto variabile nelle diverse parti del mondo, quale è l'impatto ambientale di una determinata attività, oppure l'impatto sull'utilizzo delle risorse energetiche.
Quando scrivi efficienza produttiva ti riferisci solo ai costi in termini monetari immagino.

Per fare un esempio, che cosa ne pensi di un'azienda che trasporta materiale in un Paese estero, dove avviene la produzione, e poi ritrasporta i prodotti finiti per la vendita? Dal punto di vista monetario ci può essere una convenienza se il costo della manodopera è sufficientemente minore.
Sono convinto che la razionalizzazione dell'economia sia qualcosa che vada ben oltre la massimizzazione di una differenza.

Cheguevilla
...ed è esattamente questo il punto, i presupposti d'esistenza, che possiamo approssimare con il core business spesso vengono risolti così, con una o più soluzioni prese in outsourcing. Così la Azienda perde le competenze, che so, sull'organizzazione della produzione di una linea, spendendo le proprie risorse per fare systems integration. Sicuramente è la cosa che costa meno ma se si tratta di attività strategiche credo che sia una scelta sbagliata sul medio-lungo periodo.
Nej.
Il problema è organizzativo, e la system integration è tutto.
L'azienda per cui lavoro fa proprio questo: outsourcing quasi totale di tutte le attività tecniche-operative (incluso emissione di fattura, registrazione dei pagamenti, e simili). A livello interno si fa solo la strategy, l'organizzazione, il system integration e le procedure. Più, naturalmente, una piccola serie di task che non possono essere esternalizzati.
Il perchè è piuttosto ovvio: non mi serve un laureato per inserire il numero di polizza, il prezzo, la data di carico e di scarico...
Naturalmente, un software gestionale per una compagnia che fa trasporto non è un'attività strategica. Il software gestionale è un'attività strategica solo ed esclusivamente per le compagnie che producono software gestionali.

Quando c'è da risolvere un problema complesso che richiede metodi risolutivi computazionalmente costosi, ci si accontenta di usare un'euristica per ottenere soluzioni buone con costi computazionali più che ragionevoli. Molto meglio che niente. Oggi le aziende non vedono quest'opportunità. Parere mio.
Dipende dalle aziende. Ci sono aziende che non vedono l'innovazione e sono destinate, presto o tardi, a soccombere, o comunque a vedere i loro profitti lentamente decrescere. Ma buona parte delle aziende vede eccome questa opportunità. Ed è il gioco delle società di consulenza, che si occupano di ottimizzazione dei processi, ovvero fornire il servizio di ottimizzazione, proprio perchè l'euristica è l'unica soluzione possibile nella totalità dei casi meno epsilon. Epsilon supposto teoricamente, visto che finora non ho ancora incontrato nessun elemento appartenente a questo gruppo.
Altro particolare: non si pensi che un singolo "ottimizzatore" possa fare tutto il gioco. Per fare ottimizzazione servono competenze incrociate che una singola persona non può avere, quindi la soluzione più pratica è proprio ricorrere ad una società di consulenza e farsi guidare, mettendo a disposizione le risorse (operative) del proprio staff.
Mi spiace, ma in tutto questo, al di fuori delle società di consulenza, c'è poco posto per i matematici come risolutori di situazioni.

ci sono anche dei limiti nel mercato, principalmente dati da come si ripartisce la domanda sui vari prodotti e servizi offerti, in base ai costi di questi, la loro qualità, l'importanza che viene data da moda, pubblicità, stile di vita, sia alla tipologia di prodotti e servizi che alla loro qualità.
Tu guardi solo il lato ricavi, ma l'importanza dell'ottimizzazione è sul lato dei costi. Si parla infatti di efficienza produttiva.

Riguardo alla qualità c'è da dire che spesso è difficile anche riconoscerla da parte dei consumatori o non viene spontaneo l'interesse.
La maggior parte delle volte la qualità è apparente. Quando compri un prodotto su internet, cerchi il sito che offre il prezzo minore. Il bene è lo stesso, ma il fornitore è diverso: tu compri il servizio "vendita on-line" dal sito che lo offre al prezzo più basso, ovvero quello che è in grado di fornire il processo più efficiente.

Appare quindi evidente che come unico principio nell'attività di una azienda non ci può essere quello di massimizzare il profitto.
Mai sentito parlare di massimizzazione vincolata? La programmazione lineare ne è un esempio facile.
Purtroppo, diverse aziende non si fanno problemi a rompere certi vincoli. Facciamo l'esempio Parmalat e l'esempio Galbani, che sono i primi due che mi vengono in mente...

Sk_Anonymous
Vorrei evidenziare alcuni punti che secondo me sono importanti.

-Il lavoro che fa una persona non dipende solo dalla persona stessa e da quali sono le sue esperienze ma ci sono anche dei limiti nel mercato, principalmente dati da come si ripartisce la domanda sui vari prodotti e servizi offerti, in base ai costi di questi, la loro qualità, l'importanza che viene data da moda, pubblicità, stile di vita, sia alla tipologia di prodotti e servizi che alla loro qualità.
L'offerta di lavoro, quindi il numero delle persone assunte nelle varie mansioni, segue questi vincoli, in quanto la produzione segue normalmente la richiesta o almeno una stima di questa.
Riguardo alla qualità c'è da dire che spesso è difficile anche riconoscerla da parte dei consumatori o non viene spontaneo l'interesse.
Per esempio acquistando un'auto non viene da chiedersi quanto potranno durare i vari pezzi, utilizzati in un certo modo, per esempio i cuscinetti dell'albero motore, i cilindri, il cambio... più che altro si guarda alla forma e al prezzo.
Anche se venissero fornite queste informazioni ci sarebbe da farsi domande sulla loro attendibilità. Perchè sulle altre persone, per esperienza, non si può fare affidamento. Perchè hanno come principio la massimizzazione del profitto, per la maggior parte, e le persone dotate di questo spirito sono quelle più avvantaggiate.

-Ci sono diversi metodi per ridurre i costi, legali e non, e quelli non legali sembrano essere i più redditizi, soprattutto associati ad uno scarso senso del rispetto delle leggi e scarso controllo del rispetto delle leggi. Appare quindi evidente che come unico principio nell'attività di una azienda non ci può essere quello di massimizzare il profitto.

ReggaetonDj
"Cheguevilla":
è ingenuo giustificare l'utilizzo di un metodo scientifico con l'analisi costi/benefici.
Sarebbe ingenuo il contrario.

Sì sono decisamente d'accordo con te. Effettivamente rileggendo il mio intervento precedente poteva essere interpretato al contario! :oops:

"Cheguevilla":
Sono convinto che sviluppare logiche interne (logiche, non software!) possa dare un vantaggio non indifferente.
Se ce n'è il bisogno, si fa. Siamo sicuri che ce ne sia sempre davvero il bisogno? E siamo sicuri che cambiare radicalmente una logica collaudata con una nuova sia un beneficio? Ci sono molti costi da valutare, tra cui il change management, che non sono trasparenti e probabilmente molte volte sono trascurati.


D'accordo con te: non è sempre necessario. A parer mio vi è un oggettiva difficoltà nel farlo anche laddove risulti vantaggioso.

"Cheguevilla":
D'altro canto affidarsi a fornitori esterni, spesso quasi-monopolisti, ha i suoi rischi, ti posso citare più di un caso nel quale la soluzione comprata e personalizzata è stata abbandonata non perché non fosse utilie, anzi, ma perché non si sapeva più come farla funzionare, non c'era documentazione coerente oppure semplicemente il fornitore non lavorava più seriamente per il committente che nel frattempo aveva perso ogni competenza logica di gestione del problema.
Caso mai è il contrario. Certo, se l'esterno è il signor Rossi qualunque, singolo professionista con partita IVA, il rischio c'è sempre, ma qua sta nella capacità contrattuale della società. Se usi SAP, qualcuno che sa come funziona lo trovi sempre. I rischi che hai citato tu ci sono con le in-house solutions.


Vero. Ma questo vale per SAP che è quasi uno standard del settore, attorno al quale sono fiorite svariate figure professionali, consulenziali e non.

"Cheguevilla":
se mi si guastasse la macchina io la porterei dal meccanico semplicemente perché non avrei competenze in materia né alcun interesse nello svilupparne.
Tu parli di interesse, in realtà si parla di convenienza. E questo è il punto. Quasi nessuna società ha convenienza (o interesse, se ti piace di più) nello sviluppare internamente una certa competenza. Perchè? Perchè costa molto più di quello che produce.


Io parlo di interesse aziendale ovvero beneficio > costo. Non di interesse scientifico/accademico. Che poi sviluppare una competenza internamente sia poco conveniente è tutto da vedere. Anche in questo caso credo vi sia una certa difficoltà nell'internalizzare competenze scientifiche quando necessario.

"Cheguevilla":
se la macchina guasta fosse quella di Fernando Alonso sarebbe difficile che la Ferrari ne affidasse la riparazione all'esterno comprando il servizio riparazione dal mercato.
Attento a non fare confusione. Quello è il presupposto per cui esiste Ferrari, non una competenza accessoria. Naturalmente, Ferrari si serve presso una marea di compagnie esterne per produrre i vari componenti delle sue auto, a partire dall'elettronica, che non è certo una parte minore.


...ed è esattamente questo il punto, i presupposti d'esistenza, che possiamo approssimare con il core business spesso vengono risolti così, con una o più soluzioni prese in outsourcing. Così la Azienda perde le competenze, che so, sull'organizzazione della produzione di una linea, spendendo le proprie risorse per fare systems integration. Sicuramente è la cosa che costa meno ma se si tratta di attività strategiche credo che sia una scelta sbagliata sul medio-lungo periodo.

"Cheguevilla":
molte aziende assumono personale qualificato senza permettergli di dare all'azienda quello che sarebbero in grado di garantire con gli strumenti scientifici in possesso, perdendo l'occasione di ottenere soluzioni migliori rispetto quelle rabberciate alla meglio o di quelle, più o meno rigide, acquistate dal mercato.
Molte aziende assumono quello che capita. Se io assumo un laureato in matematica, pagandolo come uno stagista che mi fa data entry, per me va benissimo per fare il data entry. Al contrario, se dovessi pagarlo come matematico, probabilmente non ne avrei bisogno.
Tu vedi sempre la mancata "soluzione migliore" come una perdita, ed è qua che commetti un errore. I matematici sono abituati a ragionare in un'ottica puramente teorica, con ipotesi non realistiche e a ricercare sempre l'ottimo. Nella realtà, non è così. Finchè si cerca la "soluzione ottima a tutti i costi", non mi stupisce che i matematici non trovino posto nelle aziende. Non sono le aziende a comportarsi in maniera "arazionale" o "irrazionale", anzi...


Io non credo di fare nessun errore nel dire che se una cosa costa 10 e mi fa guadagnare 1000 io perdo 900 se non la faccio. Valutare costi e benefici non è una cosa banale, come giustamente osservi, le voci di costo sono molteplici e spesso non è facile quantificarle. Un sistema complesso come un'Azienda non ha bisogno di un dispendioso "ottimo a tutti costi" di scarsa utilità pratica, l'importante è che non estenda questo concetto anche laddove potrebbe migliorare fortemente.

Metafora moment: Quando c'è da risolvere un problema complesso che richiede metodi risolutivi computazionalmente costosi, ci si accontenta di usare un'euristica per ottenere soluzioni buone con costi computazionali più che ragionevoli. Molto meglio che niente. Oggi le aziende non vedono quest'opportunità. Parere mio.

Ciao e grazie per l'attenzione!

Cheguevilla
è ingenuo giustificare l'utilizzo di un metodo scientifico con l'analisi costi/benefici.
Sarebbe ingenuo il contrario.

Sono convinto che sviluppare logiche interne (logiche, non software!) possa dare un vantaggio non indifferente.
Se ce n'è il bisogno, si fa. Siamo sicuri che ce ne sia sempre davvero il bisogno? E siamo sicuri che cambiare radicalmente una logica collaudata con una nuova sia un beneficio? Ci sono molti costi da valutare, tra cui il change management, che non sono trasparenti e probabilmente molte volte sono trascurati.

D'altro canto affidarsi a fornitori esterni, spesso quasi-monopolisti, ha i suoi rischi, ti posso citare più di un caso nel quale la soluzione comprata e personalizzata è stata abbandonata non perché non fosse utilie, anzi, ma perché non si sapeva più come farla funzionare, non c'era documentazione coerente oppure semplicemente il fornitore non lavorava più seriamente per il committente che nel frattempo aveva perso ogni competenza logica di gestione del problema.
Caso mai è il contrario. Certo, se l'esterno è il signor Rossi qualunque, singolo professionista con partita IVA, il rischio c'è sempre, ma qua sta nella capacità contrattuale della società. Se usi SAP, qualcuno che sa come funziona lo trovi sempre. I rischi che hai citato tu ci sono con le in-house solutions.

se mi si guastasse la macchina io la porterei dal meccanico semplicemente perché non avrei competenze in materia né alcun interesse nello svilupparne.
Tu parli di interesse, in realtà si parla di convenienza. E questo è il punto. Quasi nessuna società ha convenienza (o interesse, se ti piace di più) nello sviluppare internamente una certa competenza. Perchè? Perchè costa molto più di quello che produce.

se la macchina guasta fosse quella di Fernando Alonso sarebbe difficile che la Ferrari ne affidasse la riparazione all'esterno comprando il servizio riparazione dal mercato.
Attento a non fare confusione. Quello è il presupposto per cui esiste Ferrari, non una competenza accessoria. Naturalmente, Ferrari si serve presso una marea di compagnie esterne per produrre i vari componenti delle sue auto, a partire dall'elettronica, che non è certo una parte minore.

molte aziende assumono personale qualificato senza permettergli di dare all'azienda quello che sarebbero in grado di garantire con gli strumenti scientifici in possesso, perdendo l'occasione di ottenere soluzioni migliori rispetto quelle rabberciate alla meglio o di quelle, più o meno rigide, acquistate dal mercato.
Molte aziende assumono quello che capita. Se io assumo un laureato in matematica, pagandolo come uno stagista che mi fa data entry, per me va benissimo per fare il data entry. Al contrario, se dovessi pagarlo come matematico, probabilmente non ne avrei bisogno.
Tu vedi sempre la mancata "soluzione migliore" come una perdita, ed è qua che commetti un errore. I matematici sono abituati a ragionare in un'ottica puramente teorica, con ipotesi non realistiche e a ricercare sempre l'ottimo. Nella realtà, non è così. Finchè si cerca la "soluzione ottima a tutti i costi", non mi stupisce che i matematici non trovino posto nelle aziende. Non sono le aziende a comportarsi in maniera "arazionale" o "irrazionale", anzi...

ReggaetonDj
Ciao! :wink:

"Cheguevilla":
Chi ha detto che c'è difficoltà nell'usare metodi scientifici oggettivi per i problemi aziendali?


Come ho scritto, è una mia conclusione sulla base di ciò che ho visto in questi prime esperienze aziendali e credo, ma è una mia supposizione, che possa essere un discorso piuttosto diffuso, magari nella tua azienda non è così (beato te)! :-)

"Cheguevilla":

L'utente (kinder) ha fatto notare una cosa diversa. La razionalità c'è sempre, ma talvolta non è così facile da afferrare. Specialmente, quando si ha a che fare con imprese di grosse dimensioni...

Io lavoro nel reparto che si occupa di fare analisi costi/benefici di vari progetti, e ti posso dire che di razionalità ce n'è tanta.
Quando l'impresa ha dimensioni pachidermiche, non si può pensare di misurare il centimetro. Nelle nostre stime, in molti casi, ci accontentiamo di un'approssimazione di più o meno mezzo milione di dollari. E io lavoro solo per un comparto dell'azienda.
Ma d'altra parte è così che va il mondo.
L'aumentare della precisione comporta un aumento di costi sempre maggiore. Quando l'aumento della precisione comporta un costo maggiore rispetto al beneficio, ci si tiene il processo con il maggiore livello di qualità possibile per il costo che lo consente.
Si badi bene che i "criteri esterni" vengono inclusi nella valutazione.


Mi sono spiegato male io. Intendevo dire che non ero d'accordo con la tesi: è ingenuo giustificare l'utilizzo di un metodo scientifico con l'analisi costi/benefici.

"Cheguevilla":
No, non è questo il problema.
Le resistenze all'utilizzo di mitedo scientifico-matematici (e pure informatici) in-house sono più che giustificate nel 99,9% dei casi.
Il problema è semplice: che ne sarà del modello dopo che l'impiegato lascerà la compagnia?
E ancora, dopo che l'impiegato (o il team) ha creato il suo modello, lo si continua a pagare solo per mantenerlo e fare assistenza?
Lo stesso discorso vale per le soluzioni software customizzabili. É stato il mio lavoro negli ultimi 3 anni, per il 99,9% sono il meglio che si possa trovare. Andiamo OT, se volete discutere su questo argomento, vi suggerirei di aprire un nuovo thread.
Riassumo sinteticamente: un vestito su misura è bello, costa tanto, ma se il bambino cresce... Ecco, le aziende (quelle grosse) cambiano forma molto velocemente. Quelle piccole non hanno la possibilità economica di fare un software in-house.
L'esempio di Benny è chiaro. Spesso il buy è meglio del make.
ReggaetonDj, quando tu hai un problema alla tua auto, la aggiusti te, assumi un meccanico o la porti da un meccanico?



Rispondo anche a questa parentesi cercando di non sfociare nell'OT. Non sono molto d'accordo con la tua analisi. Specifico: gestire i vari processi burocratici più o meno standard con il SAP di turno è un'ottima idea, se invece parliamo di processi che riguardano il core business credo che invece non lo sia. Sono convinto che sviluppare logiche interne (logiche, non software!) possa dare un vantaggio non indifferente. E' chiaro che la conoscenza non deve essere di domnino personale, dell'impiegato di turno, ma condivisa da un gruppo e documentata. D'altro canto affidarsi a fornitori esterni, spesso quasi-monopolisti, ha i suoi rischi, ti posso citare più di un caso nel quale la soluzione comprata e personalizzata è stata abbandonata non perché non fosse utilie, anzi, ma perché non si sapeva più come farla funzionare, non c'era documentazione coerente oppure semplicemente il fornitore non lavorava più seriamente per il committente che nel frattempo aveva perso ogni competenza logica di gestione del problema.

Riprendo la tua metafora: se mi si guastasse la macchina io la porterei dal meccanico semplicemente perché non avrei competenze in materia né alcun interesse nello svilupparne. Voglio solo che la mia auto funzioni. Rilancio con una metafora altrettanto iperbolica: se la macchina guasta fosse quella di Fernando Alonso sarebbe difficile che la Ferrari ne affidasse la riparazione all'esterno comprando il servizio riparazione dal mercato.

"Cheguevilla":
Quello che sfugge al tuo discorso è che nessuna impresa assumerà mai un matematico per fare "il matematico puro".
Bisogna sempre ricordare che la matematica, nel mondo delle imprese, non sarà mai una cosa fine a se stessa, ma solo uno strumento. Se non è chiaro questo, non aspettatevi di trovare mai un lavoro "soddisfacente" nel settore privato.


No la cosa non mi sfugge, anzi è molto chiara. La mia tesi è diversa: molte aziende assumono personale qualificato senza permettergli di dare all'azienda quello che sarebbero in grado di garantire con gli strumenti scientifici in possesso, perdendo l'occasione di ottenere soluzioni migliori rispetto quelle rabberciate alla meglio o di quelle, più o meno rigide, acquistate dal mercato. Sopratutto per ciò che riguarda il core business dell'impresa.

Un saluto :wink:

Rggb1
Tutte le cose che indichi vanno bene; e non starei a preoccuparmi se studi o esperienze sono "non certificate". Non ho mai messo nel mio curriculum competenze che non ho o studi che non ho fatto, e normalmente ci si aspetta questo da tutti: nelle aziende, i millantatori vengono silurati, sempre.

[ Oppure fanno gli avvocati :-D questa non ho resistito a metterla. ]

socio1985
Per rendere "appetibile" il profilo lavorativo di un matematico/fisico cosa si intende in concreto? approfondimenti personali (quindi non certificati)? qualche corso specifico inserito nel piano di studi tra quelli opzionali? specializzazioni post laurea (tipo master)?

Cheguevilla
come mai c'è un'oggettiva difficoltà nell'usare metodi scientifici oggettivi, di cui la matematica ne è lo strumento d'analisi logica/quantitativa per eccellenza, per affrontare i problemi aziendali?
Chi ha detto che c'è difficoltà nell'usare metodi scientifici oggettivi per i problemi aziendali?

Un utente ha fatto giustamente notare che spesso le decisioni delle grandi aziende sono dominate da criteri arazionali o peggio irrazionali (tralasciamo motivi e descrizioni, chiamiamoli semplicemente "criteri esterni"), e che quindi giustificare un approccio matematico di un problema con un'analisi costi / benefici non ha senso.
L'utente (kinder) ha fatto notare una cosa diversa. La razionalità c'è sempre, ma talvolta non è così facile da afferrare. Specialmente, quando si ha a che fare con imprese di grosse dimensioni...

Io lavoro nel reparto che si occupa di fare analisi costi/benefici di vari progetti, e ti posso dire che di razionalità ce n'è tanta.
Quando l'impresa ha dimensioni pachidermiche, non si può pensare di misurare il centimetro. Nelle nostre stime, in molti casi, ci accontentiamo di un'approssimazione di più o meno mezzo milione di dollari. E io lavoro solo per un comparto dell'azienda.
Ma d'altra parte è così che va il mondo.
L'aumentare della precisione comporta un aumento di costi sempre maggiore. Quando l'aumento della precisione comporta un costo maggiore rispetto al beneficio, ci si tiene il processo con il maggiore livello di qualità possibile per il costo che lo consente.
Si badi bene che i "criteri esterni" vengono inclusi nella valutazione.

Qual è il problema? E' un problema culturale, sono d'accordo (non so se all'estero le cose vanno meglio). Ci sono forti resistenze all'utilizzo di metodi scientifico-matematici in house. I motivi sono in parte quelli descritti sopra: tutto quello che s'impara a Scuola o all'Università è visto come una roba filosofica teorica e poi tanto c'è il pacchetto della Pinco Pallino inc. che risolve egregiamente tutto.
No, non è questo il problema.
Le resistenze all'utilizzo di mitedo scientifico-matematici (e pure informatici) in-house sono più che giustificate nel 99,9% dei casi.
Il problema è semplice: che ne sarà del modello dopo che l'impiegato lascerà la compagnia?
E ancora, dopo che l'impiegato (o il team) ha creato il suo modello, lo si continua a pagare solo per mantenerlo e fare assistenza?
Lo stesso discorso vale per le soluzioni software customizzabili. É stato il mio lavoro negli ultimi 3 anni, per il 99,9% sono il meglio che si possa trovare. Andiamo OT, se volete discutere su questo argomento, vi suggerirei di aprire un nuovo thread.
Riassumo sinteticamente: un vestito su misura è bello, costa tanto, ma se il bambino cresce... Ecco, le aziende (quelle grosse) cambiano forma molto velocemente. Quelle piccole non hanno la possibilità economica di fare un software in-house.
L'esempio di Benny è chiaro. Spesso il buy è meglio del make.
ReggaetonDj, quando tu hai un problema alla tua auto, la aggiusti te, assumi un meccanico o la porti da un meccanico?
Quello che sfugge al tuo discorso è che nessuna impresa assumerà mai un matematico per fare "il matematico puro".
Bisogna sempre ricordare che la matematica, nel mondo delle imprese, non sarà mai una cosa fine a se stessa, ma solo uno strumento. Se non è chiaro questo, non aspettatevi di trovare mai un lavoro "soddisfacente" nel settore privato.

Benny24
Come ti diceva kinder, le piccole imprese, che sono le più diffuse nel panorama italiano, sono flessibili ma allo stesso tempo molto meno portate a fare innovazione (per mezzi, obbiettivi aziendali, mercato, ecc.), da cui la minor necessità ad assumere laureati con competenze avanzate (che sono anche più costosi). Ricordo di aver visto più volte al telegiornale, in uno dei tanti servizi sulle ditte specializzate volti ad esaltare "il prodotto tipico italiano", dirigenti che mostravano con orgoglio l'elemento che aveva fatto decollare la loro produzione nell'ultimo anno: non era un laboratorio ma un robot made in USA.

ReggaetonDj
Ciao a tutti, mi fa piacere che questo topic stia stimolando un dibattito molto interessante sull'argomento; ho visto davvero dei bei post che parlavano dell'utilità delle lauree scientifiche un po' più teoriche nel mondo aziendale. Mi piacerebbe sapere la vostra sull'essenza del problema: come mai c'è un'oggettiva difficoltà nell'usare metodi scientifici oggettivi, di cui la matematica ne è lo strumento d'analisi logica/quantitativa per eccellenza, per affrontare i problemi aziendali? Può essere che sia solo un problema delle imprese che ho visto personalmente ma credo che sia una situazione piuttosto diffusa.

Un utente ha fatto giustamente notare che spesso le decisioni delle grandi aziende sono dominate da criteri arazionali o peggio irrazionali (tralasciamo motivi e descrizioni, chiamiamoli semplicemente "criteri esterni"), e che quindi giustificare un approccio matematico di un problema con un'analisi costi / benefici non ha senso. Ok, ma se allora leggessimo tutto in questa chiave non avrebbe senso alcuna analisi costi / benefici in un'impresa, ed invece, a mio avviso, non è vero. Le aziende devono far quadrare i conti, spesso operano con risorse scarse, se davvero si credesse che investendo $k$ € in uno studio scientifico di un processo ci fosse un risparmio di $h$ €/anno (magari con $k < < h$), credo che ci sarebbe davvero spazio per iniziare un discorso interessante. Magari in alcuni casi i "criteri esterni" bloccherebbero tutto o renderebbero l'implementazione dei risultati meno efficace, ma in altri, e credo siano molti, tutto questo potrebbe esistere. Dipende dal contesto.

Si parlava poi di appetibilità dei CV matematici per l'impresa, della capacità dei laureati in matematica di usare un mezzo, la matematica appunto, per ottenere un valore per l'azienda. Ma siamo sicuri che il sistema "azienda italiana" lo permetterebbe? Io non sono un matematico e vi posso dire che spesso le imprese assumono ingegneri per usarli come impiegati immettendoli in un flusso lavorativo collaudato, chiedendogli non di migliorare la situazione, magari studiandola, ma di adattarsi allo status quo. Non voglio generalizzare ma posso portare un buon numero di esempi in cui le cose funzionano così. Il bagaglio scientifico universitario non viene visto come uno strumento utile per affrontare i problemi ma come una cultura di base, nella quale non si vuole entrare in merito. In questi casi l'Università è analoga ad un'agenzia di rating che ha il compito di classificare un individuo a beneficio del mercato del lavoro. Avvilente.

Qual è il problema? E' un problema culturale, sono d'accordo (non so se all'estero le cose vanno meglio). Ci sono forti resistenze all'utilizzo di metodi scientifico-matematici in house. I motivi sono in parte quelli descritti sopra: tutto quello che s'impara a Scuola o all'Università è visto come una roba filosofica teorica e poi tanto c'è il pacchetto della Pinco Pallino inc. che risolve egregiamente tutto.

Chiudo con un riferimento alle soluzioni software chiavi in mano customizzabili: credo che non siano sempre la scelta giusta. Oramai non si comprano solo linee di codice scritte a fronte di una specifica ma spesso si comprano delle vere e proprie logiche di calcolo senza capirle. Di fatto si delegano alcune decisioni tattiche od operative ad un processo che non si sa bene come operi.

Cheguevilla
Excel non è solo formule, ma anche tante altre funzionalità (tra tutte, le pivot tables).
Quello che ci si aspetta è la capacità di gestire e manipolare dati, ad esempio due cose: il data mining e l'analisi dei dati. Cioè, partendo dai numeri, fornire un'analisi della situazione. In questo contesto, la matematica ed Excel sono gli strumenti necessari, insieme alla conoscenza del settore/mercato.
In questo senso, un laureato in matematica/informatica/ingegneria ha un ottimo vantaggio, poichè comprendere le specificità del settore/mercato è relativamente più semplice (nel senso che il carico nozionistico e concettuale è minore). Tuttavia, è sempre necessario ricordare che la matematica non sarà mai il fine del lavoro, ma il mezzo.
In generale, parlando di recruiting, vale sempre la stessa regola: devo rendermi interessante per l'impresa.
Un laureato in matematica, generalmente, NON è interessante per l'impresa.
Un laureato in matematica che dimostra di conoscere il mondo che lo circonda, e in particolare il settore in cui opera l'impresa, beh, quello è interessante...

Rggb1
@Cheguevilla
Stavo solo ruzzando un po' - ma l'avevi capito, daai :-D

L'ho detto, concordo con te.
"Cheguevilla":
Da un laureato in informatica/matematica ci si aspetta una eccellente padronanza di Excel. Questo è un vantaggio competitivo.

Qui un po' meno (bellissima comunque l'allitterazione ;)). Ma mi riferisco alla conoscenza operativa, credo (spero) tu intenda un qualcosa in più, una conoscenza "concettuale" ovvero cosa può fare un foglio elettronico. Infatti più avanti dici di aver capito la potenzialità dello strumento - e che se una formula si scrive così o cosà è solo questione di andar a leggere su un manuale, roba da corso di qualche ora.

E molte conoscenze concettuali si apprendono (meglio, prima) proprio perché ci sono sufficienti basi matematiche.

In sostanza, la mia opinione è la stessa: la base matematica di una laurea ben affrontata è perfettamente "spendibile" per un lavoro in azienda. Ma avere solo il titolo di studio da presentare nel curriculum ovviamente ti porrà in secondo piano rispetto ad un titolo cd. "operativo", come ingegneria.

Leonardo891
"Cheguevilla":
Di un laureato in informatica/matematica che conosce l'assembler, il C, il Java e chissà cos'altro ma non eccelle in Excel, le imprese non sanno che farsene, se non usarlo come programmatore per uno dei linguaggi in questione.

In teoria una persona con queste conoscenze e capacità non dovrebbe avere problemi ad imparare ad usare bene anche Excel...

Cheguevilla
Non volevo andare troppo OT, ma in sostanza il succo del mio discorso è che la carriera universitaria è importante (nel finanziario un laureato in lettere avrà più difficoltà di uno laureato in economia), ma non si pensi per nessuna ragione che finita l'università si smetta di studiare. Almeno se si vuole sfruttare ciò che si è imparato e si vuole ottenere qualcosa.
L'approccio "ho studiato matematica $=>$ voglio fare solo matematica" è sbagliato, come "ho studiato economia $=>$ voglio fare economia".
Certo, la laurea (qualunque sia) è un vantaggio competitivo, ma non basta, e soprattutto tende a deteriorarsi con il tempo.
Al contrario, pensando "ho studiato mateamtica, ora cos'altro mi serve", si va a costituire l'insieme di conoscenze e competenze che costituiscono non solo il vantaggio competitivo, ma le carte per la vittoria.

Eek!
É proprio qui il punto. I purismi non servono.
Excel è di gran lunga l'applicativo migliore che si possa utilizzare nel finanziario e consente di fare più o meno tutto il necessario.
Anche i teorici più puri della scienza informatica devono imparare ad usarlo e a sfruttarne le potenzialità.
Da un laureato in informatica/matematica ci si aspetta una eccellente padronanza di Excel. Questo è un vantaggio competitivo.
Di un laureato in informatica/matematica che conosce l'assembler, il C, il Java e chissà cos'altro ma non eccelle in Excel, le imprese non sanno che farsene, se non usarlo come programmatore per uno dei linguaggi in questione.
Io ho studiato informatica per un anno, dopo la laurea in economia, e devo ammettere che mi è servito tantissimo; soprattutto, riesco a fare cose in Excel che gli altri non fanno, perchè "capisco" alcuni concetti fondamentali che ho studiato all'università e che sono alla base di Excel.
Questo vale per tutto.
Il vantaggio competitivo non è avere un bagaglio di conoscenze, ma sapere quando utilizzare quale pezzo del bagaglio per ottenere il risultato migliore.
Tornando alla domanda principale: sì, il bagaglio di un matematico è ottimo, ma bisogna saperlo vendere.

L'avete traviato! C'è del marcio nel regno di DK!
É malese ed è donna. E tante altre cose che qui non si possono dire, se non che è una persona meravigliosa.

Rggb1
Condivido in generale l'intervento. Aggiungo:
"Cheguevilla":
Oggi non è più così; oggi le software house producono software a costi minori dei reparti in-house, con un output migliore e soprattutto con una maggiore garanzia di futura manutenzione e assistenza...

e hanno persone - al loro interno, oppure consulenti esterni - che conoscono la materia, per formazione, per esperienza o per entrambe le cose. E qui i matematici puri, con conoscenze di applicazioni (che magari possono acquisire "sul campo", in azienda) hanno buone possibilità di impiego.

E ora vado un po' ot...
"Cheguevilla":
Utilizziamo excel in maniera massiva, con formule molto complesse e scriviamo le macro in VB.

Eek!
:axe:

"Cheguevilla":
L'altra persona è laureata in informatica, ma ha lavorato per due anni nel commerciale

L'avete traviato! C'è del marcio nel regno di DK!
:-D

Cheguevilla
Nelle grandi imprese, il matematico ha buone probabilità di trovare impiego, ma naturalmente non per una posizione interamente correlata con il proprio titolo di studio.
Mi spiego meglio.
Io lavoro nel reparto finanziario di un'impresa di dimensioni fantozziane (circa 5000 impiegati solo nel settore amministrativo), dove sono un business process owner e sono laureato in economia. Porto subito due dati semplici:
- Io, come le altre persone del mio reparto tranne una, siamo laureati in economia ma con un buon interesse e una conoscenza della matematica superiore alla media dei laureati in economia. Utilizziamo excel in maniera massiva, con formule molto complesse e scriviamo le macro in VB. Ci occupiamo di process improvement e lavoriamo a contatto con i programmatori ABAP, fornendo i requisiti e validando le soluzioni.
- L'altra persona è laureata in informatica, ma ha lavorato per due anni nel commerciale, dove ha imparato le fondamenta del mercato e i processi economici elementari.
La laurea in matematica di per sé, non offre la preparazione sufficiente per "fare concorrenza" ai laureati in economia o ingegneria, i quali hanno conoscenze più specifiche. Tuttavia, se accompagnata a conoscenze specifiche che possono essere sviluppate "sul campo" o attraverso corsi specifici, diventa un titolo valido come i due già citati.
Naturalmente, nelle imprese non esiste la posizione del "matematico puro". Si badi bene che la matematica nel mondo del lavoro è solo uno strumento e che per essere utilizzato correttamente necessita di una cosa fondamentale: bisogna sapere come usarlo. Alla lunga, se la specializzazione in un settore è continua e consistente, i matematci arrivano a sviluppare le stesse competenze dei laureati nelle altre discipline (si badi bene che è vero anche il contrario).

Rispondo brevemente alle domande poste all'inizio del topic.
- Perché la matematica non si presta a trattare problemi aziendali, o e troppo complicato/lungo adattarla (o si crede così)?
Non è vero che non si presti a trattare problemi aziendali, ma è vero che non si possono adattare i problemi aziendali alla matematica. Naturalmente, chi non conosce la matematica non può adattarla ai problemi. È quindi compito di chi la conosce farne un utilizzo appropriato.
- Perché non c'è garanzia di successo?
Garanzia di successo non ce n'è per nessuno, non vedo perché dovrebbe esserci per i matematici.
- Perché non serve per davvero e non si acquisisce alcun vantaggio competitivo?
Non è vero che non si acquisisce alcun vantaggio competitivo. Si acquisiscono eccome, ma bisogna tenere presente che esistono carenze altrove che devono essere colmate.
- Perché mancano le competenze?
Le competenze si creano, con il tempo, con la dedizione e con l'umiltà. Se pretendiamo di fare i manager da subito, abbiamo sbagliato strada, indipendentemente dalla laurea che abbiamo conseguito.
- Perché i problemi aziendali trattabili sono tutti uguali ed allora basta comprare una soluzione standard?
In buona parte dei casi è così. Fino a 15 anni fa, era di moda produrre software in-house, e la compagnia per cui lavoro era la più all'avanguardia del settore, il che probabilmente è una delle ragioni del successo della stessa. A quei tempi, le software house erano poche e non ancora sviluppate, per cui i programmatori lavoravano nelle imprese direttamente, dove producevano software specializzato, perché le imprese stesse avevano una competenza molto maggiore delle software house. Oggi non è più così; oggi le software house producono software a costi minori dei reparti in-house, con un output migliore e soprattutto con una maggiore garanzia di futura manutenzione e assistenza.
Il lavoro oggi è prendere una soluzione standard (SAP ad esempio) e customizzarla. Che poi è stato il mio lavoro fino a pochi mesi fa.
Ma si sta andando OT.

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