Rifiutare il voto all'esame
Avete mai rifiutato il voto ad un orale o ad uno scritto?
P.s. prego astenersi a rispondere chi rifiuterebbe voti non inferiori al 28 per evitare di essere insultato dal sottoscritto.
Grazie.
P.s. prego astenersi a rispondere chi rifiuterebbe voti non inferiori al 28 per evitare di essere insultato dal sottoscritto.
Grazie.
Risposte
Ecco, questo è un ottimo consiglio. Valutare anche il proprio stile di vita prima di scegliere l'azienda a cui rivolgersi.
Per quanto riguarda la scelta deliberata di vita rilassata o eventuali problemi di metodo di studio pur a fronte di una vita universitaria non proprio rilassata, ho introdotto nella mia disamina ciò con un "ho deciso di non (brillare)/non sono riuscito nonostante gli sforzi a (brillare)". E comunque, a Chimica, con certi professori (con i quali per altro mi trovo un po' a disagio, sensazione che è mancata e manca avendo a che fare con docenti che invece volevano e vogliono vedermi ragionare), non con tutti, il metodo della pappardella è comunque valido. Sarà che Ingegneria è ancora più selettiva di Chimica (la durezza della selezione è pur sempre funzione della domanda, e questi grandi problemi di aule strapiene non li ho notati nei primi anni, semmai è successo con un solo docente del quale però un po' tutti, ad eccezione del genere di studenti rigorosamente in corso oggetto della sottolineatura, lamentano problemi a superarne l'esame).
Per quanto riguarda la scelta deliberata di vita rilassata o eventuali problemi di metodo di studio pur a fronte di una vita universitaria non proprio rilassata, ho introdotto nella mia disamina ciò con un "ho deciso di non (brillare)/non sono riuscito nonostante gli sforzi a (brillare)". E comunque, a Chimica, con certi professori (con i quali per altro mi trovo un po' a disagio, sensazione che è mancata e manca avendo a che fare con docenti che invece volevano e vogliono vedermi ragionare), non con tutti, il metodo della pappardella è comunque valido. Sarà che Ingegneria è ancora più selettiva di Chimica (la durezza della selezione è pur sempre funzione della domanda, e questi grandi problemi di aule strapiene non li ho notati nei primi anni, semmai è successo con un solo docente del quale però un po' tutti, ad eccezione del genere di studenti rigorosamente in corso oggetto della sottolineatura, lamentano problemi a superarne l'esame).
"Vikhr":
Dai vostri discorsi (non tutti per la verità) continuo a trarre questa idea di fondo, questo take home message: "Intanto mi laureo perché nel mio caso ci sono state le condizioni affinché mi laureassi, poi se (ho deciso di non/non sono riuscito nonostante gli sforzi a) brillare pazienza, sarà per orgoglio e cultura personale, è giusto che solo ai bravi (geni di loro o gente che semplicemente passava tutte le giornate a studiare e basta riuscendo nel contempo a convincere in sede di esame i professori di aver capito qualcosa oltre a semplicemente aver memorizzato la pappardella) che al mio corso prendevano quasi tutti 30 e Lode al primo colpo spetti il meglio se qualcuno al mondo ha deciso che vale la pena investire solo su loro, è così che funziona il mondo".
Questa è una tua idea, sono veramente pochi quelli che, nelle facoltà scientifiche, si laureano in tempo e con voti alti solo grazie alla memoria. Io sinceramente non ne conosco neppure uno che si impara le cose a memoria giusto per passare gli esami.
In ogni caso, questo però è solo il mio punto di vista, durante i 5 anni di università (teorici) lo studio è il tuo lavoro quindi viene prima di tutto (eccetto la salute!). Da ciò ne consegue che se, per stare nei tempi, devi studiare 12 h al giorno allora lo devi fare, se non lo fai perché vuoi andare al mare, in palestra, in vacanza, in montagna, a dormire, vuol dire che le priorità sono altre e quindi poi non ci si può lamentare se i conti non tornano (voti alti e tempi rispettati). Ovviamente questo non è che ti sminuisce come persona semplicemente si dovrebbe ammettere che si hanno altre priorità (quali ad esempio una vita più rilassata).
PS: Una società di consulenza, ambiente che io eviterei come la peste, vuole che tu ottieni gli obiettivi nei tempi previsti. Non gliene frega assolutamente niente che tu vuoi andare al mare la domenica o in palestra alle 18. Proprio per questo spesso sono quelle che, più di tutte, guardano i tempi di laurea e non il voto (conosco qualche ragazzo entrato, se non sbaglio, in Accenture che non aveva neppure 100/110).
Dai vostri discorsi (non tutti per la verità) continuo a trarre questa idea di fondo, questo take home message: "Intanto mi laureo perché nel mio caso ci sono state le condizioni affinché mi laureassi, poi se (ho deciso di non/non sono riuscito nonostante gli sforzi a) brillare pazienza, sarà per orgoglio e cultura personale, è giusto che solo ai bravi (geni di loro o gente che semplicemente passava tutte le giornate a studiare e basta riuscendo nel contempo a convincere in sede di esame i professori di aver capito qualcosa oltre a semplicemente aver memorizzato la pappardella) che al mio corso prendevano quasi tutti 30 e Lode al primo colpo spetti il meglio se qualcuno al mondo ha deciso che vale la pena investire solo su loro, è così che funziona il mondo".
"Ryukushi":
Bè, ce ne sono anche altri di criteri: esperienza di studio all'estero, tirocini, lavori, dimostrare successo nelle proprie passioni, avere un curriculum ben fatto, sapersi presentare bene ai colloqui, ecc.
Poi non voglio dire che un bel voto sia negativo. La mia tesi è che più passa il tempo, meno nel complesso il criterio ha peso.
Sicuramente anche quelli sono indicativi ma caratterizzano pochissimi profili. Inoltre ad una azienda che cerca un profilo che si occuperà di operations management (ad esempio) non è che interessi troppo che un ragazzo ha fatto uno stage alla "IDon'tKnow srl" specialmente se nell'altra società si è fatto tutt'altro o, peggio, dal cv non si capisce cosa si è fatto. A quel punto è meglio scegliere basandosi su cdl che trattano gli argomenti necessari e basandosi sul voto/tempo di laurea. Sicuramente aver fatto esperienze lavorative è comunque un indicatore (da notare che per definizione neolaureato vuol dire laureato da non più di un anno/due, quindi al max uno ha fatto una sola/due esperienze post laurea).
Il fatto di "dimostrare successo nelle proprie passioni" lo trovo controverso. Dipende dal recruiter e da quale è la passione. Se io fossi appassionato di gatti e nel tempo libero gestissi una colonia felina non fregherebbe a nessuno, se io nel tempo libero mi occupo di informatica, microelettronica etc allora forse sarebbe interessante la questione. Poi, se ti occupi di colonie feline e dimostri di aver ideato un metodo di finanziamento per gestire le spese assolutamente creativo ed innovativo, beh allora forse anche quella passione avrebbe un senso!
Le esperienze di lavoro/studio all'estero sono senza dubbio ben viste (per l'erasmus tutto va bene tranne la Spagna).
A questo punto tutto ciò (che deve essere scritto sul cv) ti permette, forse, di essere ammesso al colloquio.
Una volta al colloquio il voto di laurea incide relativamente poco (a mio modesto parere, qui però non ho certezze!). Lì si che viene valutata la capacità del candidato di sapersi muovere, rispondere, gestire un problema etc.
Insomma, quello che ho provato a dire sin dall'inizio, è che il voto/tempo di laurea servono come variabili principali (insieme a stage e erasmus) per ammettere un neolaurato al colloquio. La cosa importante, secondo me, è che siano coerenti: un profilo con 95/110 in 4+3 anni con un erasmus a Barcellona che ha esperienza lavorativa nella "Sconosciuta SNC" con ruolo non meglio specificato e la cui passione sono i viaggi non credo farebbe più bella figura di un neolaurato con 110/110 e lode in 3+2 anni, senza esperienza sul lavoro e all'estero. Il primo tendenzialmente passerebbe come "bravino, si impegna poco, ha già lavorato e gli piace andare in vacanza!" mentre il secondo come "bravo, forse brillante (si vedrà!), nessuna esperienza".
"Ryukushi":
Esattamente quello che volevo dire. Il voto serve solo per superare le prime selezioni, poi nei colloqui si valuta tutto il resto. Dipende infine dalle politiche aziendali, ma all'estero il voto di laurea nemmeno esiste, quindi non vedo come possa pesare.
Su questo sono pienamente d'accordo. Se uno ha 110 e lode in 5 anni ma è assolutamente incapace di relazionarsi, lavorare in gruppo e risolvere problemi pratici creativamente, beh non è che sia un talento (per una azienda). Resta però innegabile che moltissime grandi aziende, per ammetterti al colloquio, valutano anche pesantemente la combinazione voto laurea+tempi di laurea. Almeno in Italia è così, mi sembra innegabile anche vedendo le proposte di colloquio che mi sono arrivate e che non sono invece arrivati ad altri conoscenti.
"Injuria":
[quote="raffamaiden"]Ripeto, fesserie.
Premessa: dipende sempre dove vai a lavorare. All'estero, ma anche in Italia, oltre al voto di laurea ti guardano anche l'università da dove vieni (e relativa posizione nelle classifiche internazionali). Se vai a vedere le grandi banche d'investimento londinesi (quindi estere), non ci sono laureati nelle università pubbliche. Idem quelle statunitensi.
Che poi un 85 o 90 possa essere un genio inespresso è un discorso teoricamente vero e praticamente perfettamente inutile. Uno che riceve un sacco di curricula al giorno con un sacco di 110 e lode non ha bisogno di andare a scovare il genio del voto basso e farlo esprimere. Anche perchè la probabilità che ciò accada (il genio inespresso) è minima, e comunque farlo esprimere a 25 anni non sarebbe negli oneri di un'impresa.
Non capisco proprio a cosa servano questi discorsi, se non a cullarsi quando qualche (o più di qualche) esame va male.
Di certo non servono a uno che deve entrare nell'università. Di certo non serve a motivare chi sta facendo qualcosa. Di certo accontentarsi del voto basso "tanto sono un genio lo stesso e glielo dimostrerò" non serve a niente, perchè ripeto, chi ha tanta domanda se ne sta fregando. Nel lavoro, nell'università, ovunque. Ti può non piacere ma è così.
Purtroppo non funziona così il mondo reale, dove siamo tutti belli, abbiamo tutti le stesse opportunità, il passato non conta una cippa, il voto neanche e veniamo giudicati li sul momento. Te ne accorgerai quando inizierai a mandare curricula in giro.
Se poi uno vuole auto-limitarsi le scelte a disposizione, perchè vuole farsi una impresa sua, perchè ha il lavoro assicurato nell'impresa di famiglia, ecc., quello è un altro discorso.
Ti può non piacere ma è così. Chi esce con voti alti ha molte più possibilità di chi esce con voti bassi. Vale a dire: ha le stesse opportunità lavorative di chi ha il voto basso più altre, che chi hai il voto basso non ha, e spesso queste altre che si aggiungono hanno sia stipendi sia possibilità di carriera molto molto migliori. Ti può non piacere ma è così, e alla fine, è giusto che sia così.
E se vuoi aggiungere qualcosa, olte al voto della magistrale in certi casi contano pure i voti della triennale e quelli del liceo dal terzo anno in poi (nelle banche d'investimento in particolare).
E poi ripeto, questi discorsi non servono a niente, alla fine lo sapete che è giusto che sia così.
(...).
Non so se ti rivolgi a me con questa invettiva, nel caso credo che tu abbia travisato le mie parole. Qui il problema stava nel la convenienza nel rifiutare gli esami oppure no, per la mia esperienza è meglio rifiutare meno esami possibile, rifiutare un voto deve essere un evento raro per mille motivi. Che poi non ci sia da festeggiare siamo d'accordo, ma penso che a volte dopo una sconfitta sia meglio raddrizzare le spalle ed andare avanti anziché sbattere la testa contro il muro, tanto non sarà quell'esame a non farti entrare nella famosa banca di investimento londinese.
Non penso che la laurea od il voto di laurea sia un traguardo, ma un inizio. Non credo che chi guadagna di più o fa lavori migliori sia dovuto al voto di laurea, ma al suo rendimento sul lavoro, diciamo che chi è uscito bene dall'università ha più probabilità di essere un buon lavoratore intellettuale, ma non viene di certo pagato di più per il bacio accademico.
OT: ho fatto molti colloqui, anche con banche di investimento. Ti sembrerà strano, ma ti valutano anche e soprattutto al momento. Puoi essere uscito da dove vuoi e con che voto vuoi, ma devi saper prezzare le obbligazioni e le opzioni al volo, devi saper calcolare le misure di rischio al volo, devi essere aggiornato sulle normative più recenti, devi saper conversare di materie tecniche in inglese etc. Si fa l'università per la preparazione non per il voto, il voto dovrebbe rappresentare delle capacità in mancanza di altri criteri (sottolineo, in mancanza di altri criteri, in quanto un neolaureato non ha un passato).
E non è come dici tu nemmeno per le banche di investimento estere: magari tu hai visto quelle di diritto anglosassone, semplicemente in questi paesi la quasi totalità degli MBA sono privati. Invece se vai a vedere il team di gestione di Carmignac la maggior parte viene da scuole pubbliche, a volte anche di paesi in via di sviluppo (Iran, India) che il ranking non lo vedono manco col binocolo. DJ Patil (data scientist del governo USA), viene dalle scuole pubbliche ed ha fatto il dottorato all'Università statale del Maryland che non è nemmeno nelle prime 50 in USA.
Qui sembra che prendere a laurea è come comprare un appartamento da mettere in affitto: una volta comprato quello giusto poi ti metti in panciolle a vivere di rendita, non è così.
Concludo: senza dati quantitativi parliamo di lana caprina, io racconto ciò che ho visto. Esistono però dei dati che dicono che se sei donna, a parità di voto e di titolo si viene scavalcati sistematicamente da un maschio e già questo dovrebbe far riflettere quanto sia ignobile e poco meritocratico il mercato del lavoro a prescindere dalle mitologie yuppie.[/quote]
Esattamente quello che volevo dire. Il voto serve solo per superare le prime selezioni, poi nei colloqui si valuta tutto il resto. Dipende infine dalle politiche aziendali, ma all'estero il voto di laurea nemmeno esiste, quindi non vedo come possa pesare.
"Intermat":
[quote="Injuria"]
Secondo me esagerate ambedue, almeno per quello che è la mia esperienza (certo che dei dati quantitativi dissiperebbero ogni dubbio). Il voto di laurea conta come prima scrematura di massa nelle aziende che ricevono centinaia di c.v. al giorno. Tipicamente sono le aziende del MIB 30 o le maggiori aziende di consulenza. Penso che non esista neo ingegnere che non abbia mandato il c.v. all'ENI o neo economista che non abbia fatto lo stesso con Intesa ed Unicredit.
Valutare un c.v. è un costo, dunque, non avendo nessun altro criterio a disposizione per i neolaureati, scelgono quello facile e meno costoso del voto di laurea. Qualche 85/110 potrebbe anche essere un fenomeno, magari uno studente lavoratore, il problema è che sarebbe troppo costoso "scovarlo" nel mucchio, se un fenomeno sarà sicuramente verrà fuori in qualche altro modo in altre realtà. Infatti non sono pochi i quali, anche da diplomati, hanno accumulato esperienze in piccole aziende per poi passare alle aziende di cui sopra.
Poi ricordiamoci un'altra cosa: le aziende assumono secondo il periodo storico e le condizioni di mercato esistenti. Oggi sono ricercatissimi i programmatori di qualsiasi linguaggio dei più diffusi. Immagino che le aziende se ne freghino del voto e dell'università in quel caso (in effetti non è un mestiere strettamente da laureato).
Condivido praticamente a pieno con l'aggiunta che, spesso (ne sono praticamente certo almeno per Telecom e Iveco), il primo criterio è il tempo di laurea (spesso se con oltre un anno di ritardo o con più di 26 anni si viene scartati).
Il resto è proprio quello che ho provato più volte ad esprimere anche in altri topic, parlando con Vikhr (se non ricordo male). Una azienda deve valutare un cv inviato da un signor sconosciuto, le uniche variabili proxy che ha sono "età", "tempo per conseguire la laurea" e "voto di laurea". Su cosa altro vorreste scremare per il colloquio?
Ovvio che scrivere un cv particolare e che dia all'occhio (in senso positivo) potrebbe far crollare i paletti stringenti, ma sono casi rari (tipo quello di una ragazza che scrivendo bla bla bla in quasi tutti i campi del cv è stata selezionata per il colloquio e poi assunta).
"raffamaiden":
Non capisco proprio a cosa servano questi discorsi, se non a cullarsi quando qualche (o più di qualche) esame va male.
Di certo non servono a uno che deve entrare nell'università. Di certo non serve a motivare chi sta facendo qualcosa. Di certo accontentarsi del voto basso "tanto sono un genio lo stesso e glielo dimostrerò" non serve a niente, perchè ripeto, chi ha tanta domanda se ne sta fregando. Nel lavoro, nell'università, ovunque. Ti può non piacere ma è così.
Anche questo lo trovo molto corretto. Era un po' quello che criticavo nella frase di dan95, il fatto che raramente è vero che "conta ciò che si sa veramente e non il voto", proprio perché spesso il voto è effettivamente abbastanza rappresentativo.
Ovviamente non voglio estremizzare come fa raffamaiden, mi trovo più in linea con Injuria, però credo pure che per una matricola sia sbagliato concedersi queste scuse. Bisogna essere consci di cosa si sta facendo e di quali dovrebbero essere gli obiettivi da raggiungere: 110 e lode in 3+2 anni (poi se li si ottiene in 4+2 o 3+3 non è un dramma!).[/quote]
Bè, ce ne sono anche altri di criteri: esperienza di studio all'estero, tirocini, lavori, dimostrare successo nelle proprie passioni, avere un curriculum ben fatto, sapersi presentare bene ai colloqui, ecc.
Poi non voglio dire che un bel voto sia negativo. La mia tesi è che più passa il tempo, meno nel complesso il criterio ha peso.
"raffamaiden":
[quote="Ryukushi"]
Cmq sfatiamo il mito della importanza del voto di laurea. Per esempio all'estero conta 0 o pochissimo. In Italia conta ancora qualcosa, ma solo all'inizio. Appena hai accumulato un paio d'anni di esperienza lavorativa, già il voto di laurea le aziende non lo guardano più. E ad ogni modo il voto di laurea viene guardato solo dalle aziende grosse grosse. Se hai un titolo che a loro serve e dimostri di essere abbastanza smart ai colloqui, ti possono prendere anche con un 85.
Fesserie.
Negli States ti guardano se l'università è pubblica o privata, se è nelle Ivy League o no, e poi il voto.
Da noi è venuto il recruiter di una grossa società di consulenza (quello che legge il curriculum e decide se passi alla fase successiva oppure no), e se non hai almeno 105/106 (e università "buona") il curriculum non lo guardano nemmeno.
Per conoscenze ti posso dire che quelli che sono entrati avevano il 110.
E questo non perchè sono brutti e cattivi, ma perchè primo gli serve gente molto preparata (che è il motivo per cui ti rivolgi a una società di consulenza), secondo perchè la domanda è molto superiore all'offerta e devono selezionare
Poi un lavoro magari lo trovi, ma le possibilità di carriera sono ben diverse da una società che ti paga l'MBA dopo 2 anni.
EDIT: lo dico perchè non vorrei che un giovane che passi di qui si faccia influenzare troppo. Poi ognuno fa qullo che vuole ovviamente.
EDIT2: con 85 non ti prendono manco alla fase scritta prima del colloquio, prendono il CV e lo buttano nel cestino, perchè sicuramente c'è qualcuno con il titolo che a loro "serve" e con un voto molto più alto. Per questo ho detto "fesserie".[/quote]
Societa di consulenza sono il male del mondo.
Ti vendono come 3x quello che sei ma ti pagano per quello che sei realmente.
Ti sfruttano come una arancia... non sono altro che body shopping.

E cmq vivendo all'estero da anni ti confermo che conta molto piu quello che dimostri di saper fare che quello che è la lista (a parte medicina ovvio).
"Ryukushi":
[quote="dan95"]Certo io parlo dal basso della mia breve esperienza universitaria voi da quello che ho capito già siete proiettati nel mondo post laurea, dove le aziende preferiscono prendere in base a quello che è scritto sulla carta, ecco perché finirò a servire al bancone o alla cassa del supermarket sotto casa, a meno che non continui con magistrale e dottorato...ma anche lì...
Cmq sfatiamo il mito della importanza del voto di laurea. Per esempio all'estero conta 0 o pochissimo. In Italia conta ancora qualcosa, ma solo all'inizio. Appena hai accumulato un paio d'anni di esperienza lavorativa, già il voto di laurea le aziende non lo guardano più. E ad ogni modo il voto di laurea viene guardato solo dalle aziende grosse grosse. Se hai un titolo che a loro serve e dimostri di essere abbastanza smart ai colloqui, ti possono prendere anche con un 85.[/quote]
Google e facebook assumono anche senza laurea senza problemi.
E come ragioni e risolvi problemi che importa a loro... non un numero aleatorio

"Vikhr":
Quello che non trovo giusto (e che per il quale una risposta del tipo "ma è così" la trovo quasi una giustificazione al disfattismo e al nichilismo) è che chi si laurea con voti mediocri e/o fuori corso in una disciplina scientifica vada a fare l'idraulico, il contadino, il meccanico, il cassiere, il cameriere e via di seguito (senza nulla togliere a pur dignitosi lavori), con l'unica speranza di poter mettere su abbastanza soldi per poter tentare exploit alla Steve Jobs come unico modo di veder riconosciuti i propri sforzi (che poi per molti ormai come vanno le cose anche 1500 Euro al mese, la soglia per poter definitivamente separarsi dalla propria famiglia, rappresentano l'apoteosi).
Ma chi l'ha detta questa cosa? Questa è una tua fissazione che continui a scrivere in ogni topic in cui si parla di voti di laurea/tempi di laurea etc. Leggi le statistiche, la maggior parte dei laureati nelle materie scientifiche lavora e ben oltre il 50% fa lavori che reputa collegati agli studi fatti. Dove lo leggi, e chi conosci, che dopo ingegneria/matematica/fisica/chimica va a fare l'idraulico? Sicuramente ci sarà qualcuno che lo ha fatto per necessità, per interesse, per motivazioni familiari ma di certo non è la norma. Nemmeno per un laureato con 80.
NB: Io conosco un ragazzo che si è laureato a giurisprudenza a 30 anni (con un voto alto ma non 110) che dopo un anno ha trovato lavoro in un'azienda di consulenti legali. E considera che solo a Roma ci sono tanti avvocati quanti in Francia.
"Vikhr":
Comunque un mio professore del ramo industriale mi disse una cosa del tipo che, anche se la triennale dovesse andare così così (voti mediocri e/o qualche anno di ritardo), se la specialistica dovesse concludersi in tempo (o ancor meglio in anticipo) e con voto buono/eccellente e buona scelta della tesi (alla triennale se stai sul profilo "così così", ovvero hai una media sul 24-25-26 e sei in ritardo, difficilmente ti viene concesso il lusso di scegliere l'argomento e quando finalmente hai concluso gli esami devi prenderti quello che ti capita; io me ne farò una ragione) alcune aziende potrebbero considerare la triennale un capitolo a sé stante, insomma un periodo di maturazione interiore che ha avuto i suoi frutti, e valorizzare tale particolare profilo proprio per via della dimostrazione di maturità.
Sicuramente per molte aziende è vero, conta però sempre l'età. Se ti laurei alla triennale a 26 anni e finisci la magistrale a 29 con 110 e lode, qualche dubbio lo desti comunque.
"raffamaiden":
Ripeto, fesserie.
Premessa: dipende sempre dove vai a lavorare. All'estero, ma anche in Italia, oltre al voto di laurea ti guardano anche l'università da dove vieni (e relativa posizione nelle classifiche internazionali). Se vai a vedere le grandi banche d'investimento londinesi (quindi estere), non ci sono laureati nelle università pubbliche. Idem quelle statunitensi.
Che poi un 85 o 90 possa essere un genio inespresso è un discorso teoricamente vero e praticamente perfettamente inutile. Uno che riceve un sacco di curricula al giorno con un sacco di 110 e lode non ha bisogno di andare a scovare il genio del voto basso e farlo esprimere. Anche perchè la probabilità che ciò accada (il genio inespresso) è minima, e comunque farlo esprimere a 25 anni non sarebbe negli oneri di un'impresa.
Non capisco proprio a cosa servano questi discorsi, se non a cullarsi quando qualche (o più di qualche) esame va male.
Di certo non servono a uno che deve entrare nell'università. Di certo non serve a motivare chi sta facendo qualcosa. Di certo accontentarsi del voto basso "tanto sono un genio lo stesso e glielo dimostrerò" non serve a niente, perchè ripeto, chi ha tanta domanda se ne sta fregando. Nel lavoro, nell'università, ovunque. Ti può non piacere ma è così.
Purtroppo non funziona così il mondo reale, dove siamo tutti belli, abbiamo tutti le stesse opportunità, il passato non conta una cippa, il voto neanche e veniamo giudicati li sul momento. Te ne accorgerai quando inizierai a mandare curricula in giro.
Se poi uno vuole auto-limitarsi le scelte a disposizione, perchè vuole farsi una impresa sua, perchè ha il lavoro assicurato nell'impresa di famiglia, ecc., quello è un altro discorso.
Ti può non piacere ma è così. Chi esce con voti alti ha molte più possibilità di chi esce con voti bassi. Vale a dire: ha le stesse opportunità lavorative di chi ha il voto basso più altre, che chi hai il voto basso non ha, e spesso queste altre che si aggiungono hanno sia stipendi sia possibilità di carriera molto molto migliori. Ti può non piacere ma è così, e alla fine, è giusto che sia così.
E se vuoi aggiungere qualcosa, olte al voto della magistrale in certi casi contano pure i voti della triennale e quelli del liceo dal terzo anno in poi (nelle banche d'investimento in particolare).
E poi ripeto, questi discorsi non servono a niente, alla fine lo sapete che è giusto che sia così.
(...).
Non so se ti rivolgi a me con questa invettiva, nel caso credo che tu abbia travisato le mie parole. Qui il problema stava nel la convenienza nel rifiutare gli esami oppure no, per la mia esperienza è meglio rifiutare meno esami possibile, rifiutare un voto deve essere un evento raro per mille motivi. Che poi non ci sia da festeggiare siamo d'accordo, ma penso che a volte dopo una sconfitta sia meglio raddrizzare le spalle ed andare avanti anziché sbattere la testa contro il muro, tanto non sarà quell'esame a non farti entrare nella famosa banca di investimento londinese.
Non penso che la laurea od il voto di laurea sia un traguardo, ma un inizio. Non credo che chi guadagna di più o fa lavori migliori sia dovuto al voto di laurea, ma al suo rendimento sul lavoro, diciamo che chi è uscito bene dall'università ha più probabilità di essere un buon lavoratore intellettuale, ma non viene di certo pagato di più per il bacio accademico.
OT: ho fatto molti colloqui, anche con banche di investimento. Ti sembrerà strano, ma ti valutano anche e soprattutto al momento. Puoi essere uscito da dove vuoi e con che voto vuoi, ma devi saper prezzare le obbligazioni e le opzioni al volo, devi saper calcolare le misure di rischio al volo, devi essere aggiornato sulle normative più recenti, devi saper conversare di materie tecniche in inglese etc. Si fa l'università per la preparazione non per il voto, il voto dovrebbe rappresentare delle capacità in mancanza di altri criteri (sottolineo, in mancanza di altri criteri, in quanto un neolaureato non ha un passato).
E non è come dici tu nemmeno per le banche di investimento estere: magari tu hai visto quelle di diritto anglosassone, semplicemente in questi paesi la quasi totalità degli MBA sono privati. Invece se vai a vedere il team di gestione di Carmignac la maggior parte viene da scuole pubbliche, a volte anche di paesi in via di sviluppo (Iran, India) che il ranking non lo vedono manco col binocolo. DJ Patil (data scientist del governo USA), viene dalle scuole pubbliche ed ha fatto il dottorato all'Università statale del Maryland che non è nemmeno nelle prime 50 in USA.
Qui sembra che prendere a laurea è come comprare un appartamento da mettere in affitto: una volta comprato quello giusto poi ti metti in panciolle a vivere di rendita, non è così.
Concludo: senza dati quantitativi parliamo di lana caprina, io racconto ciò che ho visto. Esistono però dei dati che dicono che se sei donna, a parità di voto e di titolo si viene scavalcati sistematicamente da un maschio e già questo dovrebbe far riflettere quanto sia ignobile e poco meritocratico il mercato del lavoro a prescindere dalle mitologie yuppie.
Diciamo che in fase di studio anch'io tendo alla perfezione, pur di non tanto avere voti alti, quanto di mostrarmi padrone dell'argomento durante l'esame (motivo per cui al posto di rifiutare voti alla fine dell'esame mi ritiro all'inizio). Altrimenti ora per me lo studio sarebbe terribilmente meno faticoso (e non faticoso nel senso che adesso non ho più voglia di sedermi alla scrivania e aprire libri e quaderni, ma faticoso nel senso che sulla stessa pagina adesso mi capita a volte di stare 2 ore di seguito, cosa che prima non succedeva assolutamente e che è iniziata a succedere intorno al quinto tentativo di superare Analisi 2, e che quindi che studi o faccia altro praticamente, in questo periodo, è spesso la stessa cosa).
Sono una persona maniacalmente tendente alla perfezione... Ma di solito facendo così vado letteralmente fuori dai binari della realtà.
Cosa c'entra questo con i voti? C'entra col fatto che, di solito, scatta quella compulsione e ossessività nel fare ogni minimo dettaglio (anche facendo cose fuori programma) col risultato che per(devo)do di vista come affrontare l'esame.
Risultati? Voti oscillanti: dal 30 (pochi, per la verità) al 20.
Ho preso un 20 proprio nella materia nella quale avevo studiato di più. Perché ho accettato? Perché c'erano in palio delle borse di studio, altrimenti forse avrei rifiutato.
Dopo un lungo periodo di lontananza dall'università ho abbassato gli standard, perché la perdita di tempo è diventata un lusso che non posso più permettermi, quindi beh... Mi faccio meno scrupoli ad accettare un voto. Ma parto sempre con l'idea di voler fare il meglio che posso.
Cosa c'entra questo con i voti? C'entra col fatto che, di solito, scatta quella compulsione e ossessività nel fare ogni minimo dettaglio (anche facendo cose fuori programma) col risultato che per(devo)do di vista come affrontare l'esame.
Risultati? Voti oscillanti: dal 30 (pochi, per la verità) al 20.
Ho preso un 20 proprio nella materia nella quale avevo studiato di più. Perché ho accettato? Perché c'erano in palio delle borse di studio, altrimenti forse avrei rifiutato.
Dopo un lungo periodo di lontananza dall'università ho abbassato gli standard, perché la perdita di tempo è diventata un lusso che non posso più permettermi, quindi beh... Mi faccio meno scrupoli ad accettare un voto. Ma parto sempre con l'idea di voler fare il meglio che posso.
Io trovo giusto che chi si laurea con voti mediocri oppure che, a forza di rifiutare voti mediocri agli esami o, come tendo a fare io, non presentarsi proprio finché non ci si sente veramente padroni di quello che si dice, si laurea con notevole ritardo, abbia molte più difficoltà nell'ottenere da subito un lavoro di tipo dirigenziale (e sono d'accordo sul "ma è così", "è giusto che sia così", del resto ad esempio in un esercito non c'è solo il soldato, ma anche, per dire, il sergente, il colonnello e il generale, e un esercito funziona proprio perché chi è superiore di grado comanda i suoi sottoposti). Quello che non trovo giusto (e che per il quale una risposta del tipo "ma è così" la trovo quasi una giustificazione al disfattismo e al nichilismo) è che chi si laurea con voti mediocri e/o fuori corso in una disciplina scientifica vada a fare l'idraulico, il contadino, il meccanico, il cassiere, il cameriere e via di seguito (senza nulla togliere a pur dignitosi lavori), con l'unica speranza di poter mettere su abbastanza soldi per poter tentare exploit alla Steve Jobs come unico modo di veder riconosciuti i propri sforzi (che poi per molti ormai come vanno le cose anche 1500 Euro al mese, la soglia per poter definitivamente separarsi dalla propria famiglia, rappresentano l'apoteosi).
Comunque un mio professore del ramo industriale mi disse una cosa del tipo che, anche se la triennale dovesse andare così così (voti mediocri e/o qualche anno di ritardo), se la specialistica dovesse concludersi in tempo (o ancor meglio in anticipo) e con voto buono/eccellente e buona scelta della tesi (alla triennale se stai sul profilo "così così", ovvero hai una media sul 24-25-26 e sei in ritardo, difficilmente ti viene concesso il lusso di scegliere l'argomento e quando finalmente hai concluso gli esami devi prenderti quello che ti capita; io me ne farò una ragione) alcune aziende potrebbero considerare la triennale un capitolo a sé stante, insomma un periodo di maturazione interiore che ha avuto i suoi frutti, e valorizzare tale particolare profilo proprio per via della dimostrazione di maturità.
Comunque un mio professore del ramo industriale mi disse una cosa del tipo che, anche se la triennale dovesse andare così così (voti mediocri e/o qualche anno di ritardo), se la specialistica dovesse concludersi in tempo (o ancor meglio in anticipo) e con voto buono/eccellente e buona scelta della tesi (alla triennale se stai sul profilo "così così", ovvero hai una media sul 24-25-26 e sei in ritardo, difficilmente ti viene concesso il lusso di scegliere l'argomento e quando finalmente hai concluso gli esami devi prenderti quello che ti capita; io me ne farò una ragione) alcune aziende potrebbero considerare la triennale un capitolo a sé stante, insomma un periodo di maturazione interiore che ha avuto i suoi frutti, e valorizzare tale particolare profilo proprio per via della dimostrazione di maturità.
"Vikhr":
Effettivamente se uno pensa di avere la sua da dire ma all'Università non gliene va giusta una dopo essersi riciclato in altri campi a seguito dei diecimila curriculum inviati ma senza risposta può sempre tentare la strada del libero professionismo.
Quello che trovo abbastanza preoccupante è che secondo voi l'eccellente abbia (pur non sempre) la strada spianata e il mediocre (o semplicemente chi oltre all'Università ha molti altri interessi culturali e poca pazienza nel perseverare a vuoto di fronte alle problematiche che l'Università sistematicamente gli presenta) debba accontentarsi. Tutti devono avere la loro opportunità, altrimenti tantissima gente esclusa dalla competizione che di conseguenza si instaura finisce per vivere alla giornata senza ambizioni di sorta, e altri un po' più "duri" si rovinano la vita dietro quelle che per loro diventano illusioni.
Ti può non piacere ma è così. Chi esce con voti alti ha molte più possibilità di chi esce con voti bassi. Vale a dire: ha le stesse opportunità lavorative di chi ha il voto basso più altre, che chi hai il voto basso non ha, e spesso queste altre che si aggiungono hanno sia stipendi sia possibilità di carriera molto molto migliori. Ti può non piacere ma è così, e alla fine, è giusto che sia così.
E se vuoi aggiungere qualcosa, olte al voto della magistrale in certi casi contano pure i voti della triennale e quelli del liceo dal terzo anno in poi (nelle banche d'investimento in particolare).
E poi ripeto, questi discorsi non servono a niente, alla fine lo sapete che è giusto che sia così.
Servono solo ad auto-confortarsi se si ci ritrova ad accettare voti bassi. A nient'altro. Di certo illudono un giovane che sta per entrare nell'università: dire stai tranquillo che il voto non conta niente è falso
Poi non sto esagerando, sto dicendo le cose come stanno. Ci sono tantissimi che guardano solo il voto di magistrale e probabilmente tantissimi che non guardano neanche quello. Sto solo dicendo che il voto aumenta il numero di scelte e quelle che si aggiungono hanno qualità migliore, in termini di stipendio e di carriera. Questi sono i fatti, poi ognuno sceglie la strada che gli è più congeniale, può scegliere la carriera, può scegliere un lavoro più easy, quello che vuole. Ma dire che il voto non conta è illudere le persone. Purtroppo queste cose si capiscono quando si iniziano a mandare curricula in giro e cercare lavorp (quindi nel settore privato).
Il punto è che chi deve assumere in mezzo ad un'offerta enorme non può stare a perdere tempo a cercare il meritevole tra i voti mediocri. Prenderà quelli coi voti alti perché sarà più probabile che trovi chi gli serve.
Effettivamente se uno pensa di avere la sua da dire ma all'Università non gliene va giusta una dopo essersi riciclato in altri campi a seguito dei diecimila curriculum inviati ma senza risposta può sempre tentare la strada del libero professionismo.
Quello che trovo abbastanza preoccupante è che secondo voi l'eccellente abbia (pur non sempre) la strada spianata e il mediocre (o semplicemente chi oltre all'Università ha molti altri interessi culturali e poca pazienza nel perseverare a vuoto di fronte alle problematiche che l'Università sistematicamente gli presenta) debba accontentarsi. Tutti devono avere la loro opportunità, altrimenti tantissima gente esclusa dalla competizione che di conseguenza si instaura finisce per vivere alla giornata senza ambizioni di sorta, e altri un po' più "duri" si rovinano la vita dietro quelle che per loro diventano illusioni.
Quello che trovo abbastanza preoccupante è che secondo voi l'eccellente abbia (pur non sempre) la strada spianata e il mediocre (o semplicemente chi oltre all'Università ha molti altri interessi culturali e poca pazienza nel perseverare a vuoto di fronte alle problematiche che l'Università sistematicamente gli presenta) debba accontentarsi. Tutti devono avere la loro opportunità, altrimenti tantissima gente esclusa dalla competizione che di conseguenza si instaura finisce per vivere alla giornata senza ambizioni di sorta, e altri un po' più "duri" si rovinano la vita dietro quelle che per loro diventano illusioni.
"Injuria":
Secondo me esagerate ambedue, almeno per quello che è la mia esperienza (certo che dei dati quantitativi dissiperebbero ogni dubbio). Il voto di laurea conta come prima scrematura di massa nelle aziende che ricevono centinaia di c.v. al giorno. Tipicamente sono le aziende del MIB 30 o le maggiori aziende di consulenza. Penso che non esista neo ingegnere che non abbia mandato il c.v. all'ENI o neo economista che non abbia fatto lo stesso con Intesa ed Unicredit.
Valutare un c.v. è un costo, dunque, non avendo nessun altro criterio a disposizione per i neolaureati, scelgono quello facile e meno costoso del voto di laurea. Qualche 85/110 potrebbe anche essere un fenomeno, magari uno studente lavoratore, il problema è che sarebbe troppo costoso "scovarlo" nel mucchio, se un fenomeno sarà sicuramente verrà fuori in qualche altro modo in altre realtà. Infatti non sono pochi i quali, anche da diplomati, hanno accumulato esperienze in piccole aziende per poi passare alle aziende di cui sopra.
Poi ricordiamoci un'altra cosa: le aziende assumono secondo il periodo storico e le condizioni di mercato esistenti. Oggi sono ricercatissimi i programmatori di qualsiasi linguaggio dei più diffusi. Immagino che le aziende se ne freghino del voto e dell'università in quel caso (in effetti non è un mestiere strettamente da laureato).
Condivido praticamente a pieno con l'aggiunta che, spesso (ne sono praticamente certo almeno per Telecom e Iveco), il primo criterio è il tempo di laurea (spesso se con oltre un anno di ritardo o con più di 26 anni si viene scartati).
Il resto è proprio quello che ho provato più volte ad esprimere anche in altri topic, parlando con Vikhr (se non ricordo male). Una azienda deve valutare un cv inviato da un signor sconosciuto, le uniche variabili proxy che ha sono "età", "tempo per conseguire la laurea" e "voto di laurea". Su cosa altro vorreste scremare per il colloquio?
Ovvio che scrivere un cv particolare e che dia all'occhio (in senso positivo) potrebbe far crollare i paletti stringenti, ma sono casi rari (tipo quello di una ragazza che scrivendo bla bla bla in quasi tutti i campi del cv è stata selezionata per il colloquio e poi assunta).
"raffamaiden":
Non capisco proprio a cosa servano questi discorsi, se non a cullarsi quando qualche (o più di qualche) esame va male.
Di certo non servono a uno che deve entrare nell'università. Di certo non serve a motivare chi sta facendo qualcosa. Di certo accontentarsi del voto basso "tanto sono un genio lo stesso e glielo dimostrerò" non serve a niente, perchè ripeto, chi ha tanta domanda se ne sta fregando. Nel lavoro, nell'università, ovunque. Ti può non piacere ma è così.
Anche questo lo trovo molto corretto. Era un po' quello che criticavo nella frase di dan95, il fatto che raramente è vero che "conta ciò che si sa veramente e non il voto", proprio perché spesso il voto è effettivamente abbastanza rappresentativo.
Ovviamente non voglio estremizzare come fa raffamaiden, mi trovo più in linea con Injuria, però credo pure che per una matricola sia sbagliato concedersi queste scuse. Bisogna essere consci di cosa si sta facendo e di quali dovrebbero essere gli obiettivi da raggiungere: 110 e lode in 3+2 anni (poi se li si ottiene in 4+2 o 3+3 non è un dramma!).
Ripeto, fesserie.
Premessa: dipende sempre dove vai a lavorare. All'estero, ma anche in Italia, oltre al voto di laurea ti guardano anche l'università da dove vieni (e relativa posizione nelle classifiche internazionali). Se vai a vedere le grandi banche d'investimento londinesi (quindi estere), non ci sono laureati nelle università pubbliche. Idem quelle statunitensi.
Che poi un 85 o 90 possa essere un genio inespresso è un discorso teoricamente vero e praticamente perfettamente inutile. Uno che riceve un sacco di curricula al giorno con un sacco di 110 e lode non ha bisogno di andare a scovare il genio del voto basso e farlo esprimere. Anche perchè la probabilità che ciò accada (il genio inespresso) è minima, e comunque farlo esprimere a 25 anni non sarebbe negli oneri di un'impresa.
Non capisco proprio a cosa servano questi discorsi, se non a cullarsi quando qualche (o più di qualche) esame va male.
Di certo non servono a uno che deve entrare nell'università. Di certo non serve a motivare chi sta facendo qualcosa. Di certo accontentarsi del voto basso "tanto sono un genio lo stesso e glielo dimostrerò" non serve a niente, perchè ripeto, chi ha tanta domanda se ne sta fregando. Nel lavoro, nell'università, ovunque. Ti può non piacere ma è così.
Purtroppo non funziona così il mondo reale, dove siamo tutti belli, abbiamo tutti le stesse opportunità, il passato non conta una cippa, il voto neanche e veniamo giudicati li sul momento. Te ne accorgerai quando inizierai a mandare curricula in giro.
Se poi uno vuole auto-limitarsi le scelte a disposizione, perchè vuole farsi una impresa sua, perchè ha il lavoro assicurato nell'impresa di famiglia, ecc., quello è un altro discorso.
Premessa: dipende sempre dove vai a lavorare. All'estero, ma anche in Italia, oltre al voto di laurea ti guardano anche l'università da dove vieni (e relativa posizione nelle classifiche internazionali). Se vai a vedere le grandi banche d'investimento londinesi (quindi estere), non ci sono laureati nelle università pubbliche. Idem quelle statunitensi.
Che poi un 85 o 90 possa essere un genio inespresso è un discorso teoricamente vero e praticamente perfettamente inutile. Uno che riceve un sacco di curricula al giorno con un sacco di 110 e lode non ha bisogno di andare a scovare il genio del voto basso e farlo esprimere. Anche perchè la probabilità che ciò accada (il genio inespresso) è minima, e comunque farlo esprimere a 25 anni non sarebbe negli oneri di un'impresa.
Non capisco proprio a cosa servano questi discorsi, se non a cullarsi quando qualche (o più di qualche) esame va male.
Di certo non servono a uno che deve entrare nell'università. Di certo non serve a motivare chi sta facendo qualcosa. Di certo accontentarsi del voto basso "tanto sono un genio lo stesso e glielo dimostrerò" non serve a niente, perchè ripeto, chi ha tanta domanda se ne sta fregando. Nel lavoro, nell'università, ovunque. Ti può non piacere ma è così.
Purtroppo non funziona così il mondo reale, dove siamo tutti belli, abbiamo tutti le stesse opportunità, il passato non conta una cippa, il voto neanche e veniamo giudicati li sul momento. Te ne accorgerai quando inizierai a mandare curricula in giro.
Se poi uno vuole auto-limitarsi le scelte a disposizione, perchè vuole farsi una impresa sua, perchè ha il lavoro assicurato nell'impresa di famiglia, ecc., quello è un altro discorso.
Già, ma le piccole aziende con la crisi sempre più spesso o chiudono o vengono fagocitate dalle grandi... in entrambi i casi ne restano poche e la domanda è quella che è...ovviamente tanta... se ci aggiungi gli scarsi investimenti statali in certi settori, beh, anche le poche aziende piccole rimaste cominciano a fare le "schizzinose" come le grandi, se non peggio, col risultato che tanti profili che in un sistema un po' meno congestionato avrebbero sempre e comunque trovato il loro ruolo nel mercato del lavoro specializzato finiscono per arrangiarsi e riciclarsi nei lavori umili che con i titoli di studi dai voti o tempi di conseguimento mediocri non c'entrano molto.
"raffamaiden":
[quote="Ryukushi"]
Cmq sfatiamo il mito della importanza del voto di laurea. Per esempio all'estero conta 0 o pochissimo. In Italia conta ancora qualcosa, ma solo all'inizio. Appena hai accumulato un paio d'anni di esperienza lavorativa, già il voto di laurea le aziende non lo guardano più. E ad ogni modo il voto di laurea viene guardato solo dalle aziende grosse grosse. Se hai un titolo che a loro serve e dimostri di essere abbastanza smart ai colloqui, ti possono prendere anche con un 85.
Fesserie.
Negli States ti guardano se l'università è pubblica o privata, se è nelle Ivy League o no, e poi il voto.
Da noi è venuto il recruiter di una grossa società di consulenza (quello che legge il curriculum e decide se passi alla fase successiva oppure no), e se non hai almeno 105/106 (e università "buona") il curriculum non lo guardano nemmeno.
Per conoscenze ti posso dire che quelli che sono entrati avevano il 110.
E questo non perchè sono brutti e cattivi, ma perchè primo gli serve gente molto preparata (che è il motivo per cui ti rivolgi a una società di consulenza), secondo perchè la domanda è molto superiore all'offerta e devono selezionare
Poi un lavoro magari lo trovi, ma le possibilità di carriera sono ben diverse da una società che ti paga l'MBA dopo 2 anni.
EDIT: lo dico perchè non vorrei che un giovane che passi di qui si faccia influenzare troppo. Poi ognuno fa qullo che vuole ovviamente.
EDIT2: con 85 non ti prendono manco alla fase scritta prima del colloquio, prendono il CV e lo buttano nel cestino, perchè sicuramente c'è qualcuno con il titolo che a loro "serve" e con un voto molto più alto. Per questo ho detto "fesserie".[/quote]
Guarda, conosco bene la situazione perché faccio Gestionale, sono al quinto ed ho assistito a diversi incontri con recruiter. E come ho scritto, il voto di laurea viene guardato solo da neolaureati. Ho anche scritto che la cosa vale solo per le grosse aziende. E per l'estero il voto di laurea è quasi irrilevante.
Sono venuti quelli di Bain e ci hanno detto che all'inizio vogliono un voto alto, ma già se lavori due anni bene in un'altra azienda, puoi essere considerato per essere preso da loro anche avendo un voto basso.
Un'altra recruiter che fa la head-hunter ci ha detto che il voto di laurea ha man mano meno peso nei processi di selezione.
Per concludere un voto alto serve principalmente: A) Soddisfazione personale; B) per fare un dottorato; C) per aumentare le probabilità di entrare in una azienda grossa da subito.
In ogni caso molte volte nemmeno è sufficiente il voto alto e se per esempio nel corso della propria attività da studente una persona ha fatto decine di cose diverse, che possano essere interessanti o innovative, e magari anche con un 90, ha più probabilità di essere preso da un google / facebook rispetto a qualcuno che ha solo studiato per 5 anni.
Perché l'Università è accademia, è in-the-box, non stimola troppo il pensiero divergente, quello si stimola da solo, e se uno dimostra di fare anche altro e di saperlo fare bene, la sua attrattività aumenta esponenzialmente. Anche perché al lavoro si lavora, non si studia. O meglio, non si studia nel modo canonico, ma si impara lo stesso, "learn by doing". Il che spesso è probabilmente è il miglior modo di fare una buona teoria, ovvero derivarla dalla pratica.