Obiettivo di una laurea in economia?
E' parecchio, ma parecchio tempo che periodicamente rifletto sull'argomento oggetto del post, ma non ho mai trovato nessuno che mi desse un punto di vista concreto.
Sul forum non ho praticamente mai scritto, ma vi navigo spesso per interesse personale (da ospite quasi sempre), quindi mi sento un po' parte della community.
Approfitto quindi per porre il quesito che mi assilla da tanti anni, visto che si e' ripresentato giusto ieri.
Ho 41 anni, un diploma in ragioneria e a suo tempo ho frequentato il primo anno di economia e commercio.
Ho sospeso dopo un anno preferendo togliermi di torno il servizio militare per poi rivautare il proseguimento degli studi senza la palla al piede della naia (avevo comunque sostenuto i 7 esami del primo anno anche con discreti voti).
Al rientro dal servizio militare si e' presentata subito l'occasione di un buon lavoro (altri tempi) che svogo tutt'ora (con mansioni che nel tempo sono evolute), per cui ho poi deciso di non continuare l'universita' (dopo un breve tentativo di conciliare entrambe le cose che avrebbe portato a far male entrambe, almeno nel mio caso).
Il motivo che mi aveva fatto prendere la decisione di sospendere e partire per il militare era duplice.
Sa un lato mi spaventava il dover fare il militare a studi ultimati, per approcciarmi al mondo del lavoro con la mente non piu' allenata e preparata dagli studi, dall'altro avevo una sensazione di fondo che stessi perdendo tempo in modo improduttivo.
Avevo da subito notato quanto gli argomenti dei corsi fossero tra loro slegati, senza che venisse dato un quadro di insieme all'interno del quale dare un significato forte agli approfondimenti fatti nel corso.
Ebbene, quella sensazione negli hanni ha avuto piu' e piu' volte riscontro nell'ambito lavorativo, fino al caso di ieri (erano quasi 2 anni che non capitava la situazione e la sensazione negativa si era un po' assopita).
Arrivo al dunque.
Negli anni ho dovuto formare "lavorativamente" numerose persone, la maggior parte laureate in discipline economiche.
Il contesto lavorativo e' quello bancario e, al di la' dei luoghi comuni, per far bene un lavoro a contatto con i clienti ed i loro soldi, bisogna essere almeno un minimo preparati.
Vi sono dei concetti base nell'ambito degli investimenti finanziari che hanno poi valenza anche nel mondo degli impieghi (prestiti). Concetti che sono comunque legati ad istituzioni finanziarie e politiche. Essenziale quindi avere anche un'idea abbastanza precisa dell'esistenza e del funzionamento di tali istituzioni.
Le regole base del sistema capitalistico in cui viviamo derivano da teorie di economisti che, negli anni, si sono evolute mantenendo comunque dei punti fermi.
Tutte teorie che in un corso universitario di economia si studiano anche bene (io le avevo studiate per l'esame di storia economica del primo anno).
Altri aspetti tecnici legati agli strumenti finanziari si studiano sicuramente all'interno di corsi dedicati, quindi cosa sia un'azione o un titolo di stato, cosa questi rappresentino, come funzionino e via dicendo immagino che siano argomenti che si affrontino per forza.
Non sono nozioni di poco conto, poiche' sono alla base della maggior parte dei ragionamenti che via via si effettuano in campo economico.
Oggi chiunque parla di "spread".
Tale parola e' diventata quasi l'incubo giornaliero a cui dare colpa di tutto.
Ma e' una parola embematica di cio' che voglio dire con questo post..
E' impossibile capire le implicazioni che si nascondono dietro questa parola se non si padoneggiano gli aspetti di cui sopra (oltre ad altri), a meno che non si parli dell'argomento a livello di bar sport o dal barbiere.
Ebbene:
Partendo da me stesso (5 anni di ragioneria + 1 di universita' ben svolto ormai 20 anni fa), di tutte quelle nozioni avevo un'idea confusa, assolutamente non correlata e assolutamente non funzionale.
Solo grazie ad un collega che, pazientemente, si e' offerto di aiutarmi a farmi un quadro di insieme (20 anni fa, in un mondo molto piu' semplice di oggi) mi sono reso conto primo delle lacune, secondo che le lacune vanno sempre colmate.
E' stata una lezione di vita di cui ancora oggi, quando lo incontro, ringrazio ancora il collega ormai prossimo alla pensione.
E' stata una lezione che ho da subito cercato di fare mia e che mi sono imposto di trasmettere se ce ne fosse stata l'occasione.
Nel corso degli ultimi 20 anni (negli ultimi 15 soprattutto e negli ultimi 10 in modo sistematico) ho avuto a che fare con colleghi neoassunti, principalmente laureati in discipline economiche, che andavano introdotti nell'ambiente lavorativo di filiale.
A tutti, come prima domanda (anche un po' basta.rda ma assoutamente con un fine positivo che spiegavo al collega) facevo calcolare il rendimento effettivo netto di un paio di un BTP e ne facevo simulare l'andamento in seguito al mutamento di alcuni scenari esterni (ad esempio modifica dell'inclinazione della curva dei tassi o cambio repentino del corso), facendo poi scegliere quello migliore da acquistare.
Ovviamente il ruolo che il collega doveva svolgere non era di semplice cassiere.
Sembra una sciocchezza, ma e' un calcolo per svolgere il quale occorre che si conoscano alcuni aspetti abbastanza fondamentali e come essi siano tra loro correlati.
Ovviamente non mi e' mai interessato il risultato al decimo di punto (per quello ci sono le macchine) ma capire se l'interlocutore sapeva muoversi in quel campo.
Ci credete se vi dico che solamente due persone (sulla trentina che ho contribuito a formare ne corso degli anni) mi hanno fatto capire che sapevano di cosa si stava parlando?
Quello era il punto di partenza che mi faceva capire che sostanzialmente si doveva intervenire dall'ABC, ripartendo da capo poiche' era impossibile capire dove fossero le lacune di base in altro modo.
Poi, nel durante della formazione, alcune nozioni studiate saltavano fuori e dovevate vedere la contentezza dei colleghi quando riuscivano a calare nel quotidiano concetti studiati a suo tempo sui libri.
Non parliamo poi dell'analisi di bilancio e di come calare questa nella realta' imprenditoriale di tutti i giorni.
Persone che avevano studiato tanta di quella teoria che erano totalmente scollegate dalla realta' in cui tale teoria avrebbe dovuto trovare applicazione: come se tutte le aziende avessero business plan dettagliati, direttori finanziari bocconiani, piani industriali lungimiranti e stiano progettando quotazioni in borsa da Ipo.
Il caso di ieri pero' mi ha lasciato basito.
E' pur vero che il ragazzo in questione aveva di fronte il direttore della filiale, che sentisse l'importanza di un buon lavoro al giorno d'oggi, che potesse essere teso, ma si trattava di una chiacchierata molto informale (almeno dal mio punto di vista; dal suo era il direttore che dopo meno di un due settimane lo stava mettendo alla prova quindi mi rendo conto dell'eventuale emotivita' che comunque metto in conto nel trarre alcune conclusioni).
Mi credete se vi dico che un laureato in economia (3+2) da 4 mesi o poco piu' (con un'ottima votazione tra l'altro) non aveva idea di quello che sta succedendo nel mondo?
Non aveva idea della correlazione tra istituzioni finanziarie internazionali (BCE in primis) e andamento dei mercati.
Di come si muova la speculazione e di quai effetti a catena crei.
Ha inoltre solo un'idea molto approssimativa delle istituzioni italiane, del loro funzionamento e dei limiti all'interno delle quali operano.
Ma di cosa si parla in universita'???????
Quale ambiente migliore per approfondire in qualche modo causa ed effetto di quanto succede attualmente nel mondo e dei possibili sviluppi e reative implicazioni?
Magari mi si puo' dire che per lavorare in banca non serva avere tali nozioni, ma il punto non e' questo:
A parte che servono eccome, poiche' vorrei vedere come poter parlare con un cliente o con un'azienda ed indirizzarlo nel modo migliore (per lui e la banca) senza conoscere il mondo in cui ci si muove sia a livello di investimenti che finanziamenti.
Ma non dovrebbero essere praticamente patrimonio genetico di un laureato in una disciplina economica?
Io ricordo ancora il mazzo che mi sono fatto a suo tempo per sostenere matematica generale (venendo da ragioneria poi), diritto privato e diritto pubblico il primo anno. Ero inotre coscente di quanto esami come ragioneria 1 e metodologia del secondo anno fossero pesanti e di come ce ne fossero ovviamente altri molto tosti (statistica mi dicevano in modo particolare).
Ma se tutte quelle nozioni vengono lasciate a se stesse e sono finalizzate solo ad un numero sul libretto, che senso hanno?
L'obiettivo di un'universita' non dovrebbe essere quello di dare degli strumenti al fine di poterli utilizzare all'interno di un quadro chiaro e definito, di cui si conoscano regole e funzionamento?
Non dovrebbe essere obiettivo della stessa universita' controllare che lo studente stia crescendo all'interno del quadro delineato e non lasciato a se stesso con tante informazioni scollegate tra loro?
Sta solo alla volonta' del singolo cercare le interconnessioni per poi sviluppare un pensiero generale?
Mah!
Per tornare al caso pratico di ieri, non vi preoccupate per il ragazzo.
So che principalmente non e' colpa sua.
Si e' gia' dimostrato volenteroso e sia io che i miei colleghi siamo a sua disposizione e lo metteremo in condizione di agire al meglio al piu' presto, e magari fra qualche tempo sara' lui stesso a fare un ragionamento simile, come molti dei colleghi che ho contribuito a formare mi hanno detto di aver fatto.
Va be', alla fine e' uscito un poema che magari nessuno leggera'.
La sera e' tranquilla ed era un po' che volevo scrivere in relazione all'argomento, quindi mi sono fatto prendere la mano.
In sostanza non ce l'ho con nessuno e un po' con tutti (sistema scolastico in particolare).
Le domande che pongo sono molto generali, ma hanno a che fare con la qualita' dei nostri giovani (a 41 anni non sono comunque poi cosi' vecchio).
Cavolo, 5 anni di superiori e 5 di universita' (per chi la completa): si dovrebbero avere delle solidissime certezze in ambito giuridico, civico e finanziario (per non parlare di inglese e informatica), dalle quali partire per poi spiccare il volo nella direzione che ognuno sceglie.
Continuo invece ad avere la sensazione che i ragazzi vengano mandati allo sbaraglio nella vita reale con informazioni confuse e frammentarie. In pratica gli si dice di volare ma non si e' contribuito a dissolvere il banco di nebbia che c'e' davanti al molo da cui spiccare il volo.
Quanto questo sia voluto non e' dato a sapersi.
Obiettivo del poema:
parlarne, essere magari assolutamente smentito e/o confutato, e/o essere aiutato a capire come funziona oggi l'universita' (entro qualche anno dovro' iniziare a parlarne con il maggiore dei figli).
Mi scuso per la lunghezza e se il tema affrontato, magari superficialmente (e magari, perche' no, essendo in totale errore,) abbia offeso qualcuno.
Sul forum non ho praticamente mai scritto, ma vi navigo spesso per interesse personale (da ospite quasi sempre), quindi mi sento un po' parte della community.
Approfitto quindi per porre il quesito che mi assilla da tanti anni, visto che si e' ripresentato giusto ieri.
Ho 41 anni, un diploma in ragioneria e a suo tempo ho frequentato il primo anno di economia e commercio.
Ho sospeso dopo un anno preferendo togliermi di torno il servizio militare per poi rivautare il proseguimento degli studi senza la palla al piede della naia (avevo comunque sostenuto i 7 esami del primo anno anche con discreti voti).
Al rientro dal servizio militare si e' presentata subito l'occasione di un buon lavoro (altri tempi) che svogo tutt'ora (con mansioni che nel tempo sono evolute), per cui ho poi deciso di non continuare l'universita' (dopo un breve tentativo di conciliare entrambe le cose che avrebbe portato a far male entrambe, almeno nel mio caso).
Il motivo che mi aveva fatto prendere la decisione di sospendere e partire per il militare era duplice.
Sa un lato mi spaventava il dover fare il militare a studi ultimati, per approcciarmi al mondo del lavoro con la mente non piu' allenata e preparata dagli studi, dall'altro avevo una sensazione di fondo che stessi perdendo tempo in modo improduttivo.
Avevo da subito notato quanto gli argomenti dei corsi fossero tra loro slegati, senza che venisse dato un quadro di insieme all'interno del quale dare un significato forte agli approfondimenti fatti nel corso.
Ebbene, quella sensazione negli hanni ha avuto piu' e piu' volte riscontro nell'ambito lavorativo, fino al caso di ieri (erano quasi 2 anni che non capitava la situazione e la sensazione negativa si era un po' assopita).
Arrivo al dunque.
Negli anni ho dovuto formare "lavorativamente" numerose persone, la maggior parte laureate in discipline economiche.
Il contesto lavorativo e' quello bancario e, al di la' dei luoghi comuni, per far bene un lavoro a contatto con i clienti ed i loro soldi, bisogna essere almeno un minimo preparati.
Vi sono dei concetti base nell'ambito degli investimenti finanziari che hanno poi valenza anche nel mondo degli impieghi (prestiti). Concetti che sono comunque legati ad istituzioni finanziarie e politiche. Essenziale quindi avere anche un'idea abbastanza precisa dell'esistenza e del funzionamento di tali istituzioni.
Le regole base del sistema capitalistico in cui viviamo derivano da teorie di economisti che, negli anni, si sono evolute mantenendo comunque dei punti fermi.
Tutte teorie che in un corso universitario di economia si studiano anche bene (io le avevo studiate per l'esame di storia economica del primo anno).
Altri aspetti tecnici legati agli strumenti finanziari si studiano sicuramente all'interno di corsi dedicati, quindi cosa sia un'azione o un titolo di stato, cosa questi rappresentino, come funzionino e via dicendo immagino che siano argomenti che si affrontino per forza.
Non sono nozioni di poco conto, poiche' sono alla base della maggior parte dei ragionamenti che via via si effettuano in campo economico.
Oggi chiunque parla di "spread".
Tale parola e' diventata quasi l'incubo giornaliero a cui dare colpa di tutto.
Ma e' una parola embematica di cio' che voglio dire con questo post..
E' impossibile capire le implicazioni che si nascondono dietro questa parola se non si padoneggiano gli aspetti di cui sopra (oltre ad altri), a meno che non si parli dell'argomento a livello di bar sport o dal barbiere.
Ebbene:
Partendo da me stesso (5 anni di ragioneria + 1 di universita' ben svolto ormai 20 anni fa), di tutte quelle nozioni avevo un'idea confusa, assolutamente non correlata e assolutamente non funzionale.
Solo grazie ad un collega che, pazientemente, si e' offerto di aiutarmi a farmi un quadro di insieme (20 anni fa, in un mondo molto piu' semplice di oggi) mi sono reso conto primo delle lacune, secondo che le lacune vanno sempre colmate.
E' stata una lezione di vita di cui ancora oggi, quando lo incontro, ringrazio ancora il collega ormai prossimo alla pensione.
E' stata una lezione che ho da subito cercato di fare mia e che mi sono imposto di trasmettere se ce ne fosse stata l'occasione.
Nel corso degli ultimi 20 anni (negli ultimi 15 soprattutto e negli ultimi 10 in modo sistematico) ho avuto a che fare con colleghi neoassunti, principalmente laureati in discipline economiche, che andavano introdotti nell'ambiente lavorativo di filiale.
A tutti, come prima domanda (anche un po' basta.rda ma assoutamente con un fine positivo che spiegavo al collega) facevo calcolare il rendimento effettivo netto di un paio di un BTP e ne facevo simulare l'andamento in seguito al mutamento di alcuni scenari esterni (ad esempio modifica dell'inclinazione della curva dei tassi o cambio repentino del corso), facendo poi scegliere quello migliore da acquistare.
Ovviamente il ruolo che il collega doveva svolgere non era di semplice cassiere.
Sembra una sciocchezza, ma e' un calcolo per svolgere il quale occorre che si conoscano alcuni aspetti abbastanza fondamentali e come essi siano tra loro correlati.
Ovviamente non mi e' mai interessato il risultato al decimo di punto (per quello ci sono le macchine) ma capire se l'interlocutore sapeva muoversi in quel campo.
Ci credete se vi dico che solamente due persone (sulla trentina che ho contribuito a formare ne corso degli anni) mi hanno fatto capire che sapevano di cosa si stava parlando?
Quello era il punto di partenza che mi faceva capire che sostanzialmente si doveva intervenire dall'ABC, ripartendo da capo poiche' era impossibile capire dove fossero le lacune di base in altro modo.
Poi, nel durante della formazione, alcune nozioni studiate saltavano fuori e dovevate vedere la contentezza dei colleghi quando riuscivano a calare nel quotidiano concetti studiati a suo tempo sui libri.
Non parliamo poi dell'analisi di bilancio e di come calare questa nella realta' imprenditoriale di tutti i giorni.
Persone che avevano studiato tanta di quella teoria che erano totalmente scollegate dalla realta' in cui tale teoria avrebbe dovuto trovare applicazione: come se tutte le aziende avessero business plan dettagliati, direttori finanziari bocconiani, piani industriali lungimiranti e stiano progettando quotazioni in borsa da Ipo.
Il caso di ieri pero' mi ha lasciato basito.
E' pur vero che il ragazzo in questione aveva di fronte il direttore della filiale, che sentisse l'importanza di un buon lavoro al giorno d'oggi, che potesse essere teso, ma si trattava di una chiacchierata molto informale (almeno dal mio punto di vista; dal suo era il direttore che dopo meno di un due settimane lo stava mettendo alla prova quindi mi rendo conto dell'eventuale emotivita' che comunque metto in conto nel trarre alcune conclusioni).
Mi credete se vi dico che un laureato in economia (3+2) da 4 mesi o poco piu' (con un'ottima votazione tra l'altro) non aveva idea di quello che sta succedendo nel mondo?
Non aveva idea della correlazione tra istituzioni finanziarie internazionali (BCE in primis) e andamento dei mercati.
Di come si muova la speculazione e di quai effetti a catena crei.
Ha inoltre solo un'idea molto approssimativa delle istituzioni italiane, del loro funzionamento e dei limiti all'interno delle quali operano.
Ma di cosa si parla in universita'???????
Quale ambiente migliore per approfondire in qualche modo causa ed effetto di quanto succede attualmente nel mondo e dei possibili sviluppi e reative implicazioni?
Magari mi si puo' dire che per lavorare in banca non serva avere tali nozioni, ma il punto non e' questo:
A parte che servono eccome, poiche' vorrei vedere come poter parlare con un cliente o con un'azienda ed indirizzarlo nel modo migliore (per lui e la banca) senza conoscere il mondo in cui ci si muove sia a livello di investimenti che finanziamenti.
Ma non dovrebbero essere praticamente patrimonio genetico di un laureato in una disciplina economica?
Io ricordo ancora il mazzo che mi sono fatto a suo tempo per sostenere matematica generale (venendo da ragioneria poi), diritto privato e diritto pubblico il primo anno. Ero inotre coscente di quanto esami come ragioneria 1 e metodologia del secondo anno fossero pesanti e di come ce ne fossero ovviamente altri molto tosti (statistica mi dicevano in modo particolare).
Ma se tutte quelle nozioni vengono lasciate a se stesse e sono finalizzate solo ad un numero sul libretto, che senso hanno?
L'obiettivo di un'universita' non dovrebbe essere quello di dare degli strumenti al fine di poterli utilizzare all'interno di un quadro chiaro e definito, di cui si conoscano regole e funzionamento?
Non dovrebbe essere obiettivo della stessa universita' controllare che lo studente stia crescendo all'interno del quadro delineato e non lasciato a se stesso con tante informazioni scollegate tra loro?
Sta solo alla volonta' del singolo cercare le interconnessioni per poi sviluppare un pensiero generale?
Mah!
Per tornare al caso pratico di ieri, non vi preoccupate per il ragazzo.
So che principalmente non e' colpa sua.
Si e' gia' dimostrato volenteroso e sia io che i miei colleghi siamo a sua disposizione e lo metteremo in condizione di agire al meglio al piu' presto, e magari fra qualche tempo sara' lui stesso a fare un ragionamento simile, come molti dei colleghi che ho contribuito a formare mi hanno detto di aver fatto.
Va be', alla fine e' uscito un poema che magari nessuno leggera'.
La sera e' tranquilla ed era un po' che volevo scrivere in relazione all'argomento, quindi mi sono fatto prendere la mano.
In sostanza non ce l'ho con nessuno e un po' con tutti (sistema scolastico in particolare).
Le domande che pongo sono molto generali, ma hanno a che fare con la qualita' dei nostri giovani (a 41 anni non sono comunque poi cosi' vecchio).
Cavolo, 5 anni di superiori e 5 di universita' (per chi la completa): si dovrebbero avere delle solidissime certezze in ambito giuridico, civico e finanziario (per non parlare di inglese e informatica), dalle quali partire per poi spiccare il volo nella direzione che ognuno sceglie.
Continuo invece ad avere la sensazione che i ragazzi vengano mandati allo sbaraglio nella vita reale con informazioni confuse e frammentarie. In pratica gli si dice di volare ma non si e' contribuito a dissolvere il banco di nebbia che c'e' davanti al molo da cui spiccare il volo.
Quanto questo sia voluto non e' dato a sapersi.
Obiettivo del poema:
parlarne, essere magari assolutamente smentito e/o confutato, e/o essere aiutato a capire come funziona oggi l'universita' (entro qualche anno dovro' iniziare a parlarne con il maggiore dei figli).
Mi scuso per la lunghezza e se il tema affrontato, magari superficialmente (e magari, perche' no, essendo in totale errore,) abbia offeso qualcuno.
Risposte
"lordb":
Oppure magari si pensa che sia il foglio di carta a darti il lavoro e non le competenze conseguite, di conseguenza l'obbiettivo diventa solo superare un certo numero di esami e "chi si è visto s'è visto". E' evidente che con uno spirito del genere dopo un esame tutto il percorso fatto finisce nel dimenticatoio e alla fine dei conti non si hanno le competenze giuste.
Questo è solo il mio parere in merito.
"UmbertoM":
Molti studenti infatti studiano non per assimilare nozioni, ma per superare gli esami........ Tuttavia dopo pochi mesi, visto che queste nozioni non servono più (l'esame è già stato superato), esse vengono totalmente rimosse.
Allo stesso modo molti dei neolaureati che si sono presentati per il posto di lavoro si sono sforzati controvoglia di studiare quelle discipline che non li appassionavano, con la speranza che in futuro il pezzo di carta avrebbe garantito loro un lavoro accettabile.
Ho quotato alcuni passi dei due interventi precedenti, il cui senso e' abbastanza simile.
Rappresentano il cuore del "problema", ma ne rappresentano solo una faccia della medaglia, forse quella meno importante.
A parte il fatto che non concepisco assolutamente la possibilita' che si studino delle materie solo per il voto finale e poter dire un esame in meno.
In primis perche' cosi' facendo ci credo che poche settimane dopo aver superato l'esame ci sia tabula rasa nella testa riguardo quell'argomento. Lo studio arido e meccanico di una materia senza contestualizzarla nella realta' che ci circonda e senza integrarla all'interno del proprio piano di studi credo che sia la cosa piu' inutile che si possa fare.
Subito dopo mi vien pero' da pensare come uno studente di economia possa ritenere aride ed inutili alcune materie.
Se sono previste dal piano formativo del corso i studi scelto, vuol dire che sono indispensabili ad una preparazione a 360 gradi che magari andra' poi approfondita.
Accettare l'idea consapevole di arrivare ad una laurea avendo dimenticato la gran parte di quanto studiato vuol dire non aver una laurea in quella disciplina.
La seconda faccia della medaglia e' pero' che cio' venga permesso.
Se un singolo studente approccia gli studi in quel modo superficiale sopra descritto, questo deve necessariamente essere un caso singolo.
Sta pero' all'universita' fare in modo di articolare il piano formativo affinche' si sia certi che alla fine di tale percorso si sfornino persone veramente consapevoli degli argomenti studiati.
Il modo deve in qualche modo essere trovato.
Magari con colloqui intermedi con gli studenti, oppure con esami interdisciplinari specifici.
Non saprei cosa proporre in concreto, ma l'obiettivo finale credo sia imprrescindibile.
Un/una 23enne che abbia la piena consapevolezza e conoscenza almeno di:
- quadro istituzionale del proprio paese, sia quello presente che la sua storia.
- quadri istituzionali alternativi dei principali paesi, evidenziando le differenze e le diverse modalita' operative con pro e contro.
- conoscenza del diritto privato di base: senza bisogno di dover imparare a memoria un tomo di 1000 pagine per passare diritto privato.
- conoscenza approfondita' delle istituzioni economiche europee e le principali a livello mondiale. Loro scopo, quadro politico entro cui operano, mezzi a disposizione, analisi di quanto fatto in passato.
- profonda conoscenza delle varie teorie economiche, della loro applicazione e degli effetti che hanno contribuito ad ottenere, sia positivi che negativi, utilizzando le crisi del passato e contestualizzandole al periodo in cui sono evolute.
- Approfondita ma non esasperata conoscenza dei mercati finanziari. Non c'e' bisogno di studiare il regolamento della Consob (che ovviamente dimentico una settimana dopo aver dato l'esame).
- conoscenza del funzionamento dei mercati finanziari al loro livello apicale, capendo quanto speculazione e politica siano collegate.
- Approfondita consapevolezza di cosa il capitalismo sfrenato abbia realizzato negli ultimi 15 anni, contribuendo in maniera determinante a creare il contesto attuale.
- Approfondita conoscenza delle dinamiche che muovono gli attori sui mercati finanziari, con le interconnessioni tra loro.
- Approfondita conoscenza delle regole della partita doppia e di conseguenza della formazione dei bilanci, della loro lettura ed interpretazione, di quali siano gli attori che li utilizzano, a quale scopo e da quale angolazione.
- Lingua inglese scritta, parlata, cantata e pensata.
- Utilizzo del PC e dei principali software di scrittura, calcolo e presentazione (cosa non cosi' scontata ahime').
- Una base di matematica e statistica importante, ma non esasperata.
In 5 anni tutto cio' lo si fa tranquillamente, aggiungendo anche altri aspetti di contorno.
Tutto quanto sopra pero' deve entrare nel DNA.
Non esiste conoscere un punto e non un atro, poiche' sono interconnessi.
Non esiste che un punto non interessi perche' allora non si deveno perdere 5/6/7 anni per avere una laurea inutile.
Questo dovrebbe essere un percorso che in qualche modo parta gia' dalle superiori: 10 anni di studi nel periodo dai 14 ai 24 anni dovrebbero produrre ben piu' di quello che mediamente producono, sia in laureando in economia che, per dilatazione, in altre facolta'.
Buona parte dei punti sopra elencati dovrebbero gia' essere patrimonio di un diplomato ma questa, allo stato delle cose, e' pura utopia.
Vero e' che alla base di tutto esiste un sistema scolastico con le sue regole e i suoi obblighi.
Ma non e' accettabile che le pastoie della burocrazia e della politica miope sprechino in gran parte le potenzialita' di generazioni di giovani, arrivando a creare dei 25enni insicuri delle proprie capacita'/conoscenze, stanchi di non avere un reddito e disposti in percentuali elevate ad accettare la prima attivita' lavorativa che poi capita, mandando praticamente sprecati 10 nni di studi e di vita.
Forse sono troppo pessimista e cattivo ma, mondo lavorativo a parte, cio' che vedo nella vita quotidiana e' questo e mi intristisce vedere giovani che si spengono ancor prima di iniziare a brillare di luce propria.
"matopei":
Oggi chiunque parla di "spread". Tale parola e' diventata quasi l'incubo giornaliero a cui dare colpa di tutto. Ma e' una parola embematica di cio' che voglio dire con questo post. E' impossibile capire le implicazioni che si nascondono dietro questa parola se non si padoneggiano gli aspetti di cui sopra (oltre ad altri), a meno che non si parli dell'argomento a livello di bar sport o dal barbiere.
Perdonami ma, non mi sembra che le tue argomentazioni siano di livello molto più elevato. Voglio dire, le solite cose trite e ritrite. Tra l'altro, mi sembra che tu stia idealizzando troppo la figura del giovane laureato. La laurea è un punto di partenza, non un punto di arrivo.
Io sono uno studente di Economia, anche se molto probabilmente sto per passare a Matematica. Posso dirle però che forse la maggior parte di quelle persone che si sono presentate per il posto di lavoro non hanno studiato veramente con interesse. Molti studenti infatti studiano non per assimilare nozioni, ma per superare gli esami. Poiché Economia è una facoltà relativamente facile (rispetto ad Ingegneria od a quelle scientifiche) capita anche che tali persone prendano buoni voti, magari ottimi. Tuttavia dopo pochi mesi, visto che queste nozioni non servono più (l'esame è già stato superato), esse vengono totalmente rimosse. Anche a me è capitato quando andavo a scuola di dimenticare dopo pochi mesi argomenti che avevo studiato, e sui quali avevo ottenuto un'ottima votazione. Il motivo risiede nel fatto che i suddetti argomenti non mi appassionavano, li studiavo controvoglia, e non c'era pagina di quei libri che non desiderassi di chiudere. Lei si chiederà perché allora li studiassi. Semplicemente perché non volevo abbassare la mia media, non volevo deludere i miei genitori o me stesso. Ma di fatto lo studio in quel caso era un Dovere e non un Volere.
Allo stesso modo molti dei neolaureati che si sono presentati per il posto di lavoro si sono sforzati controvoglia di studiare quelle discipline che non li appassionavano, con la speranza che in futuro il pezzo di carta avrebbe garantito loro un lavoro accettabile.
Allo stesso modo molti dei neolaureati che si sono presentati per il posto di lavoro si sono sforzati controvoglia di studiare quelle discipline che non li appassionavano, con la speranza che in futuro il pezzo di carta avrebbe garantito loro un lavoro accettabile.
Miseriaccia quanto hai scritto!! 
Sono uno studente di Ingegneria e quindi non sono assolutamente in grado di valutare la preparazione data da una laurea in Economia.
Sicuramente posso dirti però che più volte i miei prof. hanno detto che le nostre conoscenze in confronto ai nostri colleghi di 15-20 anni fa sono imbarazzanti (visto che con diverse riforme molti corsi di 120 ore sono diventati di 90 ore o di 60 ore).
Tuttavia -secondo me- non è solo questo il problema, di certo con il passare degli anni si è formato tra noi giovani un certo "snobbismo" verso il "lavoro manuale" che ha portato tutti a intraprendere una carriera universitaria (anche così, giusto per perdere tempo e non fare niente).
Oppure magari si pensa che sia il foglio di carta a darti il lavoro e non le competenze conseguite, di conseguenza l'obbiettivo diventa solo superare un certo numero di esami e "chi si è visto s'è visto". E' evidente che con uno spirito del genere dopo un esame tutto il percorso fatto finisce nel dimenticatoio e alla fine dei conti non si hanno le competenze giuste.
Questo è solo il mio parere in merito.

Sono uno studente di Ingegneria e quindi non sono assolutamente in grado di valutare la preparazione data da una laurea in Economia.
Sicuramente posso dirti però che più volte i miei prof. hanno detto che le nostre conoscenze in confronto ai nostri colleghi di 15-20 anni fa sono imbarazzanti (visto che con diverse riforme molti corsi di 120 ore sono diventati di 90 ore o di 60 ore).
Tuttavia -secondo me- non è solo questo il problema, di certo con il passare degli anni si è formato tra noi giovani un certo "snobbismo" verso il "lavoro manuale" che ha portato tutti a intraprendere una carriera universitaria (anche così, giusto per perdere tempo e non fare niente).
Oppure magari si pensa che sia il foglio di carta a darti il lavoro e non le competenze conseguite, di conseguenza l'obbiettivo diventa solo superare un certo numero di esami e "chi si è visto s'è visto". E' evidente che con uno spirito del genere dopo un esame tutto il percorso fatto finisce nel dimenticatoio e alla fine dei conti non si hanno le competenze giuste.
Questo è solo il mio parere in merito.