Obiettivo di una laurea in economia?
E' parecchio, ma parecchio tempo che periodicamente rifletto sull'argomento oggetto del post, ma non ho mai trovato nessuno che mi desse un punto di vista concreto.
Sul forum non ho praticamente mai scritto, ma vi navigo spesso per interesse personale (da ospite quasi sempre), quindi mi sento un po' parte della community.
Approfitto quindi per porre il quesito che mi assilla da tanti anni, visto che si e' ripresentato giusto ieri.
Ho 41 anni, un diploma in ragioneria e a suo tempo ho frequentato il primo anno di economia e commercio.
Ho sospeso dopo un anno preferendo togliermi di torno il servizio militare per poi rivautare il proseguimento degli studi senza la palla al piede della naia (avevo comunque sostenuto i 7 esami del primo anno anche con discreti voti).
Al rientro dal servizio militare si e' presentata subito l'occasione di un buon lavoro (altri tempi) che svogo tutt'ora (con mansioni che nel tempo sono evolute), per cui ho poi deciso di non continuare l'universita' (dopo un breve tentativo di conciliare entrambe le cose che avrebbe portato a far male entrambe, almeno nel mio caso).
Il motivo che mi aveva fatto prendere la decisione di sospendere e partire per il militare era duplice.
Sa un lato mi spaventava il dover fare il militare a studi ultimati, per approcciarmi al mondo del lavoro con la mente non piu' allenata e preparata dagli studi, dall'altro avevo una sensazione di fondo che stessi perdendo tempo in modo improduttivo.
Avevo da subito notato quanto gli argomenti dei corsi fossero tra loro slegati, senza che venisse dato un quadro di insieme all'interno del quale dare un significato forte agli approfondimenti fatti nel corso.
Ebbene, quella sensazione negli hanni ha avuto piu' e piu' volte riscontro nell'ambito lavorativo, fino al caso di ieri (erano quasi 2 anni che non capitava la situazione e la sensazione negativa si era un po' assopita).
Arrivo al dunque.
Negli anni ho dovuto formare "lavorativamente" numerose persone, la maggior parte laureate in discipline economiche.
Il contesto lavorativo e' quello bancario e, al di la' dei luoghi comuni, per far bene un lavoro a contatto con i clienti ed i loro soldi, bisogna essere almeno un minimo preparati.
Vi sono dei concetti base nell'ambito degli investimenti finanziari che hanno poi valenza anche nel mondo degli impieghi (prestiti). Concetti che sono comunque legati ad istituzioni finanziarie e politiche. Essenziale quindi avere anche un'idea abbastanza precisa dell'esistenza e del funzionamento di tali istituzioni.
Le regole base del sistema capitalistico in cui viviamo derivano da teorie di economisti che, negli anni, si sono evolute mantenendo comunque dei punti fermi.
Tutte teorie che in un corso universitario di economia si studiano anche bene (io le avevo studiate per l'esame di storia economica del primo anno).
Altri aspetti tecnici legati agli strumenti finanziari si studiano sicuramente all'interno di corsi dedicati, quindi cosa sia un'azione o un titolo di stato, cosa questi rappresentino, come funzionino e via dicendo immagino che siano argomenti che si affrontino per forza.
Non sono nozioni di poco conto, poiche' sono alla base della maggior parte dei ragionamenti che via via si effettuano in campo economico.
Oggi chiunque parla di "spread".
Tale parola e' diventata quasi l'incubo giornaliero a cui dare colpa di tutto.
Ma e' una parola embematica di cio' che voglio dire con questo post..
E' impossibile capire le implicazioni che si nascondono dietro questa parola se non si padoneggiano gli aspetti di cui sopra (oltre ad altri), a meno che non si parli dell'argomento a livello di bar sport o dal barbiere.
Ebbene:
Partendo da me stesso (5 anni di ragioneria + 1 di universita' ben svolto ormai 20 anni fa), di tutte quelle nozioni avevo un'idea confusa, assolutamente non correlata e assolutamente non funzionale.
Solo grazie ad un collega che, pazientemente, si e' offerto di aiutarmi a farmi un quadro di insieme (20 anni fa, in un mondo molto piu' semplice di oggi) mi sono reso conto primo delle lacune, secondo che le lacune vanno sempre colmate.
E' stata una lezione di vita di cui ancora oggi, quando lo incontro, ringrazio ancora il collega ormai prossimo alla pensione.
E' stata una lezione che ho da subito cercato di fare mia e che mi sono imposto di trasmettere se ce ne fosse stata l'occasione.
Nel corso degli ultimi 20 anni (negli ultimi 15 soprattutto e negli ultimi 10 in modo sistematico) ho avuto a che fare con colleghi neoassunti, principalmente laureati in discipline economiche, che andavano introdotti nell'ambiente lavorativo di filiale.
A tutti, come prima domanda (anche un po' basta.rda ma assoutamente con un fine positivo che spiegavo al collega) facevo calcolare il rendimento effettivo netto di un paio di un BTP e ne facevo simulare l'andamento in seguito al mutamento di alcuni scenari esterni (ad esempio modifica dell'inclinazione della curva dei tassi o cambio repentino del corso), facendo poi scegliere quello migliore da acquistare.
Ovviamente il ruolo che il collega doveva svolgere non era di semplice cassiere.
Sembra una sciocchezza, ma e' un calcolo per svolgere il quale occorre che si conoscano alcuni aspetti abbastanza fondamentali e come essi siano tra loro correlati.
Ovviamente non mi e' mai interessato il risultato al decimo di punto (per quello ci sono le macchine) ma capire se l'interlocutore sapeva muoversi in quel campo.
Ci credete se vi dico che solamente due persone (sulla trentina che ho contribuito a formare ne corso degli anni) mi hanno fatto capire che sapevano di cosa si stava parlando?
Quello era il punto di partenza che mi faceva capire che sostanzialmente si doveva intervenire dall'ABC, ripartendo da capo poiche' era impossibile capire dove fossero le lacune di base in altro modo.
Poi, nel durante della formazione, alcune nozioni studiate saltavano fuori e dovevate vedere la contentezza dei colleghi quando riuscivano a calare nel quotidiano concetti studiati a suo tempo sui libri.
Non parliamo poi dell'analisi di bilancio e di come calare questa nella realta' imprenditoriale di tutti i giorni.
Persone che avevano studiato tanta di quella teoria che erano totalmente scollegate dalla realta' in cui tale teoria avrebbe dovuto trovare applicazione: come se tutte le aziende avessero business plan dettagliati, direttori finanziari bocconiani, piani industriali lungimiranti e stiano progettando quotazioni in borsa da Ipo.
Il caso di ieri pero' mi ha lasciato basito.
E' pur vero che il ragazzo in questione aveva di fronte il direttore della filiale, che sentisse l'importanza di un buon lavoro al giorno d'oggi, che potesse essere teso, ma si trattava di una chiacchierata molto informale (almeno dal mio punto di vista; dal suo era il direttore che dopo meno di un due settimane lo stava mettendo alla prova quindi mi rendo conto dell'eventuale emotivita' che comunque metto in conto nel trarre alcune conclusioni).
Mi credete se vi dico che un laureato in economia (3+2) da 4 mesi o poco piu' (con un'ottima votazione tra l'altro) non aveva idea di quello che sta succedendo nel mondo?
Non aveva idea della correlazione tra istituzioni finanziarie internazionali (BCE in primis) e andamento dei mercati.
Di come si muova la speculazione e di quai effetti a catena crei.
Ha inoltre solo un'idea molto approssimativa delle istituzioni italiane, del loro funzionamento e dei limiti all'interno delle quali operano.
Ma di cosa si parla in universita'???????
Quale ambiente migliore per approfondire in qualche modo causa ed effetto di quanto succede attualmente nel mondo e dei possibili sviluppi e reative implicazioni?
Magari mi si puo' dire che per lavorare in banca non serva avere tali nozioni, ma il punto non e' questo:
A parte che servono eccome, poiche' vorrei vedere come poter parlare con un cliente o con un'azienda ed indirizzarlo nel modo migliore (per lui e la banca) senza conoscere il mondo in cui ci si muove sia a livello di investimenti che finanziamenti.
Ma non dovrebbero essere praticamente patrimonio genetico di un laureato in una disciplina economica?
Io ricordo ancora il mazzo che mi sono fatto a suo tempo per sostenere matematica generale (venendo da ragioneria poi), diritto privato e diritto pubblico il primo anno. Ero inotre coscente di quanto esami come ragioneria 1 e metodologia del secondo anno fossero pesanti e di come ce ne fossero ovviamente altri molto tosti (statistica mi dicevano in modo particolare).
Ma se tutte quelle nozioni vengono lasciate a se stesse e sono finalizzate solo ad un numero sul libretto, che senso hanno?
L'obiettivo di un'universita' non dovrebbe essere quello di dare degli strumenti al fine di poterli utilizzare all'interno di un quadro chiaro e definito, di cui si conoscano regole e funzionamento?
Non dovrebbe essere obiettivo della stessa universita' controllare che lo studente stia crescendo all'interno del quadro delineato e non lasciato a se stesso con tante informazioni scollegate tra loro?
Sta solo alla volonta' del singolo cercare le interconnessioni per poi sviluppare un pensiero generale?
Mah!
Per tornare al caso pratico di ieri, non vi preoccupate per il ragazzo.
So che principalmente non e' colpa sua.
Si e' gia' dimostrato volenteroso e sia io che i miei colleghi siamo a sua disposizione e lo metteremo in condizione di agire al meglio al piu' presto, e magari fra qualche tempo sara' lui stesso a fare un ragionamento simile, come molti dei colleghi che ho contribuito a formare mi hanno detto di aver fatto.
Va be', alla fine e' uscito un poema che magari nessuno leggera'.
La sera e' tranquilla ed era un po' che volevo scrivere in relazione all'argomento, quindi mi sono fatto prendere la mano.
In sostanza non ce l'ho con nessuno e un po' con tutti (sistema scolastico in particolare).
Le domande che pongo sono molto generali, ma hanno a che fare con la qualita' dei nostri giovani (a 41 anni non sono comunque poi cosi' vecchio).
Cavolo, 5 anni di superiori e 5 di universita' (per chi la completa): si dovrebbero avere delle solidissime certezze in ambito giuridico, civico e finanziario (per non parlare di inglese e informatica), dalle quali partire per poi spiccare il volo nella direzione che ognuno sceglie.
Continuo invece ad avere la sensazione che i ragazzi vengano mandati allo sbaraglio nella vita reale con informazioni confuse e frammentarie. In pratica gli si dice di volare ma non si e' contribuito a dissolvere il banco di nebbia che c'e' davanti al molo da cui spiccare il volo.
Quanto questo sia voluto non e' dato a sapersi.
Obiettivo del poema:
parlarne, essere magari assolutamente smentito e/o confutato, e/o essere aiutato a capire come funziona oggi l'universita' (entro qualche anno dovro' iniziare a parlarne con il maggiore dei figli).
Mi scuso per la lunghezza e se il tema affrontato, magari superficialmente (e magari, perche' no, essendo in totale errore,) abbia offeso qualcuno.
Sul forum non ho praticamente mai scritto, ma vi navigo spesso per interesse personale (da ospite quasi sempre), quindi mi sento un po' parte della community.
Approfitto quindi per porre il quesito che mi assilla da tanti anni, visto che si e' ripresentato giusto ieri.
Ho 41 anni, un diploma in ragioneria e a suo tempo ho frequentato il primo anno di economia e commercio.
Ho sospeso dopo un anno preferendo togliermi di torno il servizio militare per poi rivautare il proseguimento degli studi senza la palla al piede della naia (avevo comunque sostenuto i 7 esami del primo anno anche con discreti voti).
Al rientro dal servizio militare si e' presentata subito l'occasione di un buon lavoro (altri tempi) che svogo tutt'ora (con mansioni che nel tempo sono evolute), per cui ho poi deciso di non continuare l'universita' (dopo un breve tentativo di conciliare entrambe le cose che avrebbe portato a far male entrambe, almeno nel mio caso).
Il motivo che mi aveva fatto prendere la decisione di sospendere e partire per il militare era duplice.
Sa un lato mi spaventava il dover fare il militare a studi ultimati, per approcciarmi al mondo del lavoro con la mente non piu' allenata e preparata dagli studi, dall'altro avevo una sensazione di fondo che stessi perdendo tempo in modo improduttivo.
Avevo da subito notato quanto gli argomenti dei corsi fossero tra loro slegati, senza che venisse dato un quadro di insieme all'interno del quale dare un significato forte agli approfondimenti fatti nel corso.
Ebbene, quella sensazione negli hanni ha avuto piu' e piu' volte riscontro nell'ambito lavorativo, fino al caso di ieri (erano quasi 2 anni che non capitava la situazione e la sensazione negativa si era un po' assopita).
Arrivo al dunque.
Negli anni ho dovuto formare "lavorativamente" numerose persone, la maggior parte laureate in discipline economiche.
Il contesto lavorativo e' quello bancario e, al di la' dei luoghi comuni, per far bene un lavoro a contatto con i clienti ed i loro soldi, bisogna essere almeno un minimo preparati.
Vi sono dei concetti base nell'ambito degli investimenti finanziari che hanno poi valenza anche nel mondo degli impieghi (prestiti). Concetti che sono comunque legati ad istituzioni finanziarie e politiche. Essenziale quindi avere anche un'idea abbastanza precisa dell'esistenza e del funzionamento di tali istituzioni.
Le regole base del sistema capitalistico in cui viviamo derivano da teorie di economisti che, negli anni, si sono evolute mantenendo comunque dei punti fermi.
Tutte teorie che in un corso universitario di economia si studiano anche bene (io le avevo studiate per l'esame di storia economica del primo anno).
Altri aspetti tecnici legati agli strumenti finanziari si studiano sicuramente all'interno di corsi dedicati, quindi cosa sia un'azione o un titolo di stato, cosa questi rappresentino, come funzionino e via dicendo immagino che siano argomenti che si affrontino per forza.
Non sono nozioni di poco conto, poiche' sono alla base della maggior parte dei ragionamenti che via via si effettuano in campo economico.
Oggi chiunque parla di "spread".
Tale parola e' diventata quasi l'incubo giornaliero a cui dare colpa di tutto.
Ma e' una parola embematica di cio' che voglio dire con questo post..
E' impossibile capire le implicazioni che si nascondono dietro questa parola se non si padoneggiano gli aspetti di cui sopra (oltre ad altri), a meno che non si parli dell'argomento a livello di bar sport o dal barbiere.
Ebbene:
Partendo da me stesso (5 anni di ragioneria + 1 di universita' ben svolto ormai 20 anni fa), di tutte quelle nozioni avevo un'idea confusa, assolutamente non correlata e assolutamente non funzionale.
Solo grazie ad un collega che, pazientemente, si e' offerto di aiutarmi a farmi un quadro di insieme (20 anni fa, in un mondo molto piu' semplice di oggi) mi sono reso conto primo delle lacune, secondo che le lacune vanno sempre colmate.
E' stata una lezione di vita di cui ancora oggi, quando lo incontro, ringrazio ancora il collega ormai prossimo alla pensione.
E' stata una lezione che ho da subito cercato di fare mia e che mi sono imposto di trasmettere se ce ne fosse stata l'occasione.
Nel corso degli ultimi 20 anni (negli ultimi 15 soprattutto e negli ultimi 10 in modo sistematico) ho avuto a che fare con colleghi neoassunti, principalmente laureati in discipline economiche, che andavano introdotti nell'ambiente lavorativo di filiale.
A tutti, come prima domanda (anche un po' basta.rda ma assoutamente con un fine positivo che spiegavo al collega) facevo calcolare il rendimento effettivo netto di un paio di un BTP e ne facevo simulare l'andamento in seguito al mutamento di alcuni scenari esterni (ad esempio modifica dell'inclinazione della curva dei tassi o cambio repentino del corso), facendo poi scegliere quello migliore da acquistare.
Ovviamente il ruolo che il collega doveva svolgere non era di semplice cassiere.
Sembra una sciocchezza, ma e' un calcolo per svolgere il quale occorre che si conoscano alcuni aspetti abbastanza fondamentali e come essi siano tra loro correlati.
Ovviamente non mi e' mai interessato il risultato al decimo di punto (per quello ci sono le macchine) ma capire se l'interlocutore sapeva muoversi in quel campo.
Ci credete se vi dico che solamente due persone (sulla trentina che ho contribuito a formare ne corso degli anni) mi hanno fatto capire che sapevano di cosa si stava parlando?
Quello era il punto di partenza che mi faceva capire che sostanzialmente si doveva intervenire dall'ABC, ripartendo da capo poiche' era impossibile capire dove fossero le lacune di base in altro modo.
Poi, nel durante della formazione, alcune nozioni studiate saltavano fuori e dovevate vedere la contentezza dei colleghi quando riuscivano a calare nel quotidiano concetti studiati a suo tempo sui libri.
Non parliamo poi dell'analisi di bilancio e di come calare questa nella realta' imprenditoriale di tutti i giorni.
Persone che avevano studiato tanta di quella teoria che erano totalmente scollegate dalla realta' in cui tale teoria avrebbe dovuto trovare applicazione: come se tutte le aziende avessero business plan dettagliati, direttori finanziari bocconiani, piani industriali lungimiranti e stiano progettando quotazioni in borsa da Ipo.
Il caso di ieri pero' mi ha lasciato basito.
E' pur vero che il ragazzo in questione aveva di fronte il direttore della filiale, che sentisse l'importanza di un buon lavoro al giorno d'oggi, che potesse essere teso, ma si trattava di una chiacchierata molto informale (almeno dal mio punto di vista; dal suo era il direttore che dopo meno di un due settimane lo stava mettendo alla prova quindi mi rendo conto dell'eventuale emotivita' che comunque metto in conto nel trarre alcune conclusioni).
Mi credete se vi dico che un laureato in economia (3+2) da 4 mesi o poco piu' (con un'ottima votazione tra l'altro) non aveva idea di quello che sta succedendo nel mondo?
Non aveva idea della correlazione tra istituzioni finanziarie internazionali (BCE in primis) e andamento dei mercati.
Di come si muova la speculazione e di quai effetti a catena crei.
Ha inoltre solo un'idea molto approssimativa delle istituzioni italiane, del loro funzionamento e dei limiti all'interno delle quali operano.
Ma di cosa si parla in universita'???????
Quale ambiente migliore per approfondire in qualche modo causa ed effetto di quanto succede attualmente nel mondo e dei possibili sviluppi e reative implicazioni?
Magari mi si puo' dire che per lavorare in banca non serva avere tali nozioni, ma il punto non e' questo:
A parte che servono eccome, poiche' vorrei vedere come poter parlare con un cliente o con un'azienda ed indirizzarlo nel modo migliore (per lui e la banca) senza conoscere il mondo in cui ci si muove sia a livello di investimenti che finanziamenti.
Ma non dovrebbero essere praticamente patrimonio genetico di un laureato in una disciplina economica?
Io ricordo ancora il mazzo che mi sono fatto a suo tempo per sostenere matematica generale (venendo da ragioneria poi), diritto privato e diritto pubblico il primo anno. Ero inotre coscente di quanto esami come ragioneria 1 e metodologia del secondo anno fossero pesanti e di come ce ne fossero ovviamente altri molto tosti (statistica mi dicevano in modo particolare).
Ma se tutte quelle nozioni vengono lasciate a se stesse e sono finalizzate solo ad un numero sul libretto, che senso hanno?
L'obiettivo di un'universita' non dovrebbe essere quello di dare degli strumenti al fine di poterli utilizzare all'interno di un quadro chiaro e definito, di cui si conoscano regole e funzionamento?
Non dovrebbe essere obiettivo della stessa universita' controllare che lo studente stia crescendo all'interno del quadro delineato e non lasciato a se stesso con tante informazioni scollegate tra loro?
Sta solo alla volonta' del singolo cercare le interconnessioni per poi sviluppare un pensiero generale?
Mah!
Per tornare al caso pratico di ieri, non vi preoccupate per il ragazzo.
So che principalmente non e' colpa sua.
Si e' gia' dimostrato volenteroso e sia io che i miei colleghi siamo a sua disposizione e lo metteremo in condizione di agire al meglio al piu' presto, e magari fra qualche tempo sara' lui stesso a fare un ragionamento simile, come molti dei colleghi che ho contribuito a formare mi hanno detto di aver fatto.
Va be', alla fine e' uscito un poema che magari nessuno leggera'.
La sera e' tranquilla ed era un po' che volevo scrivere in relazione all'argomento, quindi mi sono fatto prendere la mano.
In sostanza non ce l'ho con nessuno e un po' con tutti (sistema scolastico in particolare).
Le domande che pongo sono molto generali, ma hanno a che fare con la qualita' dei nostri giovani (a 41 anni non sono comunque poi cosi' vecchio).
Cavolo, 5 anni di superiori e 5 di universita' (per chi la completa): si dovrebbero avere delle solidissime certezze in ambito giuridico, civico e finanziario (per non parlare di inglese e informatica), dalle quali partire per poi spiccare il volo nella direzione che ognuno sceglie.
Continuo invece ad avere la sensazione che i ragazzi vengano mandati allo sbaraglio nella vita reale con informazioni confuse e frammentarie. In pratica gli si dice di volare ma non si e' contribuito a dissolvere il banco di nebbia che c'e' davanti al molo da cui spiccare il volo.
Quanto questo sia voluto non e' dato a sapersi.
Obiettivo del poema:
parlarne, essere magari assolutamente smentito e/o confutato, e/o essere aiutato a capire come funziona oggi l'universita' (entro qualche anno dovro' iniziare a parlarne con il maggiore dei figli).
Mi scuso per la lunghezza e se il tema affrontato, magari superficialmente (e magari, perche' no, essendo in totale errore,) abbia offeso qualcuno.
Risposte
"speculor":
Francamente, speravo potessi scrivere cose più interessanti.
Beh, siamo pur sempre su un forum e stiamo affrontando argomenti per i quali effettivamente anche un papiro non basterebbe (e magari potresti essere un po' più costruttivo

"matopei":
Se il rendimento del titolo BTP decennale rimane stabile e quello del BUND scende, lo spread peggiora, ma all'italia tale situazione non costa nulla, pur in presenza di uno spread peggiorato.
Non costa proprio nulla? Non ne sarei così sicuro...
"matopei":
Per me invece hanno funzionato nel verso per cui dovevano funzionare (riforma delle pensioni in primis).
Il consenso politico del governo non c'entra - non mi ricordo di aver mai visto un governo così "forte". Mettiamola un po' più semplice: nel paese delle corporazioni un governo liberale può tranquillamente riformare le pensioni per ridurre le spese, poiché la corporazione dei lavoratori+pensionati+prossimi_alla_pensione non conta nulla pur avendo milioni di rappresentanti, eppure non riesce o non vuole liberalizzare le farmacie (cosa che mi aspettavo facesse in cinque minuti), perché i farmacisti si son messi per traverso e l'hanno spuntata - pur essendo quattro gatti.
"matopei":
Si dovrebbe porre l'accento anche sugli aspetti positivi dell'Italia (avanzo primario, ricchezza delle famiglie, basso indebitamento privato, struttura manifatturiera ancora importante, enormi spazi nel turismo)
Evidenzio le cose che - ormai - non son più quelle di una volta. Anzi spesso si crede siano ancora una specie di "ancora di salvezza"... in realtà siam messi maluccio, anche perché la tendenza è di un peggioramento non costante, ma esponenziale.
---
Torno in tema. Secondo me, la prima risposta che ho dato a battuta nel precedente intervento è assai vicina alla realtà. L'obiettivo di una laurea in economia è - oggi forse più di ieri - fornire un pezzo di carta grazie al quale si possa trovare lavoro, possibilmente ben pagato.
"sonoqui_":
Più di un tot di persone non possono essere mantenute. Chi deve essere scartato?
Domanda centrale.
Siamo in troppi e tutti vogliamo un tenore di vita medio che e' insostenibile.
La strada è segnata con fasce di popolazione sempre più ampie che dovranno rivedere i propri stili di vita causa mancanza o riduzione di reddito.
Riuscire a gestire il processo rendendolo il meno doloroso possibile e mantenendo una sorta di pace sociale è la sfida vera che abbiamo davanti (la Grecia in questo senso è una sorta di laboratorio con cavie umane).
"speculor":
[quote="matopei"]
...
Francamente, speravo potessi scrivere cose più interessanti. Insomma, basta leggere i quotidiani. Da come ti eri proposto, mi aspettavo di più. Riassumerei così: il partito di Monti Mario prenderà almeno un voto.[/quote]











- se si sistemasse il quadro giuridico e infrastrutturale (o si iniziasse a farlo) si potrebbero poi incentivare gli investimenti esteri con fortissimi incentivi all'assunzione in caso di apertura di nuove aziende.
...
Ma siccome la speculazione per conseguenza crea guadagn,i ma a monte e' la moderna arma della geopolitica, bisognerebbe domandarsi chi e perche' beneficia dall'indebolimento dell'euro e dei debiti sovrani di parte dell'Europa.
In un certo senso non ti sembrano contradditorie queste affermazioni, o speri che il Pil possa crescere indefinitamente? Ci sono quelli che lavorano, seriamente, quelli che studiano, quelli che speculano e poi ci sono i beni e i servizi pubblici, reali e non. Più di un tot di persone non possono essere mantenute. Chi deve essere scartato?
"matopei":
...
Francamente, speravo potessi scrivere cose più interessanti. Insomma, basta leggere i quotidiani. Da come ti eri proposto, mi aspettavo di più. Riassumerei così: il partito di Monti Mario prenderà almeno un voto.
"Sergio":
Caro matopei, scrivi troppo!
Anche mia moglie mi dice che sono spesso prolisso, ma ti assicuro che mi batti alla grande.
Scrivi troppo: diventa difficile seguirti, difficile rispondere.
Due cosarelle nel merito.
[quote="matopei"]Mi credete se vi dico che un laureato in economia (3+2) da 4 mesi o poco piu' (con un'ottima votazione tra l'altro) non aveva idea di quello che sta succedendo nel mondo?
Perché tu pensi di saperlo?
Proviamo: lo spread per Italia e Spagna non ne vuol sapere di scendere, nonostante le misure adottate dai rispettivi governi.
Perché?
Qual è il problema che quelle misure non risolvono?
"matopei":
Ma di cosa si parla in universita'???????
Quale ambiente migliore per approfondire in qualche modo causa ed effetto di quanto succede attualmente nel mondo e dei possibili sviluppi e reative implicazioni?
Errore!
Premessa: dopo trent'anni di lavoro in banca ora sono un "esodato" (fortunato: mentre ero in vacanza in Germania, per la precisione nel duomo di Bamberg, ho ricevuto una telefonata dall'INPS; i conteggi sulla mia pensione sono pronti e mi chiedevano di verificarli), nonché studente di un corso di laurea in statistica ed economia (facoltà di Statistica).
Molte volte ho discusso con i miei docenti di "quanto succede nel mondo e dei possibili sviluppi", ovviamente con riferimenti ai contenuti dei diversi corsi. La risposta è sempre stata la stessa: aspetta il dottorato.
L'università dà una formazione di base (che poi la sua qualità tenda a diminuire è un'altra faccenda), una formazione che tende sia a preparare chi ha ambizioni meno speculative (un commercialista, per chi esce da Economia e commercio), sia chi intende POI dedicarsi a studiare problemi per i quali una soluzione ora NON ESISTE (se esistesse, la crisi dell'euro sarebbe acqua passata, la disoccupazione USA sarebbe un lontano ricordo, la Cina avrebbe accelerato il suo ritmo di sviluppo ecc).
Il resto viene dopo.[/quote]
Ti rispondo volentieri, ma poi non lamentarti se ti tocca leggere un papiro


Per la prima domanda, ovvero se penso di saperlo, immagino ti riferisca a quanto hai quotato, ovvero se penso di sapere cosa stia succedendo (cosa che mi aspettavo almeno a grandi linee che sapesse anche il collega).
La risposta è sì, credo di avere un'idea abbastanza nitidia di cosa stia succedendo, di chi siano gli attori in campo, di quali siano gli obiettivi tra loro diversi che gli attori hanno, di quali siano gli strumenti che vengono utilizzati per realizzarli e di quale sarà il punto di equilibrio che si raggiungerà, a patto che gli attori in gioco non rompano il giocattolo causa "tirar troppo la corda".
Non entro nel merito delle affermazioni che ho fatto perchè ci vorrebbe un sacco di tempo e spazio e poi non me lo hai chiesto

Per la domanda sullo spread invece provo a rispondere più in dettaglio ma la prendo larga, anche perche' il modo in cui l'hai posta è impreciso e mischia due paesi e due andamenti dello spread molto diversi tra loro.
La risposta concisa è: guarda che lo spread dell'Italia e' sceso, forse anche più di quanto rappresentato dal numerino, mentre quello della Spagna sta salendo, con una salita partita troppo in ritardo e una base di partenza che era troppo bassa (soprattutto se rapportata all'italia). E' giusto che salga ma e' anche giusto che venga in qualche modo calmierato per permettere alla Spagna stessa di iniziare a cercar di uscire dal baratro in cui si e' ficcata.
Per la risposta romanzata invece mettiti comodo


Inizio con il dare una definizione alla famigerata parola "spread", ovvero differenza.
Ma differenza tra cosa?
Chiunque oggigiorno nomini la parola spread in Italia, se non specifica meglio, intende la differenza tra il rendimento lordo annuo del titolo di Stato italiano decennale di riferimento (oggi il BTP son scad. marzo 2022 cedola 5%) e il titolo di Stato tedesco decennale di riferimento (oggi il Bund con scad. gennaio 2022 cedola 2%) espressa in basis point, ovvero su base 100 (440 punti di spread equivalgono ad una differenza di rendomento lordo del 4,40% a favore del BTP).
E' in qualche modo diventato il "termometro della crisi" ed i mass media lo utilizzano perche' è rapido, calcolato in tempo reale praticamente da decine di piattaforme e perche' intuitivo: se sale e' male se scende e' bene

In linea di massima cio' e' corretto, ma essendo una semplificazione non sempre basta dare il numerino magico per fotografare una situazione ed il suo trend.
Tu domandi perche' non ne voglia sapere di scendere nonostante quanto fatto ai governi nazionali di Spagna e Italia. Sei proprio sicuro che non sia sceso ovvero che la situazione non sia migliorata ed anche sensibilmente per l'Italia mentre e' peggiorata sensibilmente per la Spagna (non accomuno quindi i due stati come fai tu nella domanda).
Lo spread e' un differenziale tra rendimenti, ma lo spread 400 e' sempre uguale anche in questi due casi ipotetici: rendimento annuo BTP 5% vs rendimento annuo BUND 1% - rendimento annuo BTP 8% rendimento annuo BUND 4%).
Il famoso numerino e' sicuramente uguale, ma le due realta' che lo generano sono talmente diverse che inglobano scenari l'uno l'opposto dell'altro.
Tutto questo per iniziare a rispondere alla tua domanda, per lo meno dall'angolazione Italia.
La situazione e' migliorata, ed anche in maniera netta. Era migliorata anche in maniera esagerata e troppo veloce per poi riportarsi ai valori odierni, peggiori di inizio anno ma nettamente migliori di novembre, sia in termini assoluti che relativi.
Prendo a paragone (immagino ti riferissi al periodo pre-Monti ed al suo insediamento nella domanda) il giorno del 9 novembre 2011, giorno in cui i mercati hanno dato una spallata talmente potente da portare in fretta e furia all'organizzazione del governo Monti.
Quel giorno lo spread toccò quota 574, ma il numero di per sè racconta solo in parte la gravità assoluta di quel momento (o per lo meno la gravità che ci è stata fatta percepire visto che ritengo che il tutto sia stato abilmente manovrato ed indotto).
Il BTP decennale rendeva il 7,4% ma cosa assolutamente piu' grave, il BTP a 2 anni rendeva il 7%.
La curva dei tassi si era talmente appiattita che era praticamente una retta parallela all'asse delle ascisse.
Tale situazione e' talmente insostenibile nel tempo che fa presagire al default dello Stato (o ad un haircut sul debito che e' sostanzialmente la stessa cosa) tant'è che i CDS (credit default swap, una sorta di assicurazione) sull'Italia quel giorno hanno raggiunto il valore assoluto più alto.
Oggi lo spread e' a 430 punti, ma il tasso sul decennale e' al 5,81% ma soprattutto il tasso del 2 anni e' al 3,3% e il 3 anni al 3,7%.
Il BTP 1 marzo 2022 quota 96 mentre il 9/11/2011 quotava 83,40, il BTP 15 giugno 2015 quota 98,45 mentre il 9/11/2011 quotava 86,88.
Sai bene quale sia l'impatto di queste diverse quotazioni nei portafogli dei risparmiatori, ma soprattutto nei bilanci delle banche che, volenti o nolenti, nel nostro sistema sono l'olio senza il quale il motore fonde.
Capisci che la situazione e' totalmente diversa e molto ma molto piu' tranquilla (relativamente, poiche' di strada ce nè da fare parecchia, e per noi la situazione mgliore possibile a cui tendere ritengo sia il decennale che renda il 4,75% e il 2 anni il 2,25%).
Ed il fatto che sia molto piu' tranquilla deriva da come e' costituito il debito pubblico italiano, dalla sua scadenza media, dal fatto che nel mercato primario (le aste) siano rare e per importi contenuti le emissioni di titoli decennali (quelli dello spread) o più lunghi, per lo meno rare relativamente alle emissioni sulla parte breve della curva dai BOT ai titoli a 3/5 anni.
In fin dei conti bisogna valutare l'impatto dei maggiori interessi pagati dallo stato sul bilancio annuo.
Con questi tassi sulla parte breve non ci sono particolari problemi, anche se vanno sicuramente migliorati.
Inoltre lo spread come valore assoluto dipende anche dal rendimento del BUND.
Se il rendimento del titolo BTP decennale rimane stabile e quello del BUND scende, lo spread peggiora, ma all'italia tale situazione non costa nulla, pur in presenza di uno spread peggiorato.
Ora mancherebbe tutta la parte del perche' e del percome tutto cio' sia avvenuto, di quanto poco ne capisca la gran parte dei giornalisti che scrive al riguardo (oppure di come distorcano la realta' per i fini dell'editore, cosa ancora peggiore) di quanto sia risibile sentire esponenti del PDL dire che il problema non erano loro (in quanto governanti) poiche' lo spread e' comunque ancora alto, di come si critichi il Governo per il peggioramento dello spread degli ultimi 4 mesi senza ricordare che il forte miglioramento di febbraio/marzo era dovuto agli effetti dell'LTRO e dell'acquisto sul secondario delle banche nostrane con i soldi avuti dalla BCE (LTRO fatto anche e soprattutto per quel motivo).
Analizzare le riforme prese dal Governo italiano (fortemente recessive ma assolutamente indispenabili) poi richiederebbe i fiumi di parole che cantavano i Jalisse (ma tanto ci saranno gia' post sull'argomento).
Tu dici che non funzionano.
Per me invece hanno funzionato nel verso per cui dovevano funzionare (riforma delle pensioni in primis).
Bisogna però fare tanto altro ma per fare quello che veramente occorre, serve un consenso politico che questo Governo non ha.
Ecco perchè la mia speranza è che questo o uno simile venga chiaramente sostenuto da una coalizione politica alle prossime elezioni in modo da dare 5 anni pieni ad un Governo che possa agire senza dover storipiare ogni volta le proprie intenzioni originarie causa pressioni dei partiti che pensano ancora solo ed esclisivamente al loro futuro.
In quei 5 anni e con una maggioranza che non entri nel merito di ogni singolo provvedimento:
- si potrebbe provare a raddrizzare la spesa pubblica in quantitativi più significativi di quelli irrisori della spending review, avendo anche il coraggio di intervenire sui famosi diritti acquisiti apportando tetti massimi a go go
- si potrebbe provare ad incidere seriamente sul mercato del lavoro (scegliendo una volta per tutte la strada da percorrere perchè flessibilita' e consenso sindacale non vanno d'accordo),
- si dovrebbe una volta per tutte rivedere a fondo il funzionamento della giustizia civile, superando i corporativismi e gli interessi personali della magistratura,
- si potrebbe iniziare ad emettere bond garantiti da artecipazioni o beni fisici e dirottare tali risorse in parte al riacquisto sul secondario del debito, in parte con incentivi per la crescita e in parte per un serio piano di infrastrutture, ma serio perche' di barzellette al riguardo ne abbiamo gia' sentite troppe.
- se si sistemasse il quadro giuridico e infrastrutturale (o si iniziasse a farlo) si potrebbero poi incentivare gli investimenti esteri con fortissimi incentivi all'assunzione in caso di apertura di nuove aziende.
Se non ripartisse uno straccio di crescita in questo modo (+PIL e - DEBITO gia' farebbero sembrare la situazione migliore) allora saremmo nelle condizioni dell'infartuato che non reagisce al defibrillatore

Mancherebbe anche tanta altra roba, oltre a tutto il discorso sulla Spagna che, sempre per stare al 9 novembre 2011 aveva uno spread notevolmente migliore del nostro (assurdo a prescindere ed assurdo anche per quello che si e' poi visto nei mesi successivi accadere in Spagna, cose che già si sapevano benissimo tra l'altro) pur avendo un tessuto economico decotto e avendo ballato gli ultimi 10 anni su una bolla immobiliare vergognosa ed evidentissima per le sue dimensioni in relazione al PIL del paese (ma che si e' alimentata comunque arrivando a suo tempo anche a vantare il governo spagnolo per il nuovo miracolo economico).
Si dovrebbe porre l'accento anche sugli aspetti positivi dell'Italia (avanzo primario, ricchezza delle famiglie, basso indebitamento privato, struttura manifatturiera ancora importante, enormi spazi nel turismo), tutte cose che mitigano notevolmente l'assurdo alto debito che la nostra classe politica ci ha confezionato, depauperando negli anni risorse su risorse senza un minimo di strategia da seguire.
Si dovrebbe poi parlare di quanto ci sia nel famoso spread che dipenda dal paese Italia e di quanto invece derivi dagli effetti della speculazione che mette sotto pressione l'euro ed i suoi debiti sovrani principalmente attraverso i BTP italiani, in un mercato secondario asfittico dove con poche centinaia di milioni di euro si imprime una direzione al mercato stesso.
Ma siccome la speculazione per conseguenza crea guadagn,i ma a monte e' la moderna arma della geopolitica, bisognerebbe domandarsi chi e perche' beneficia dall'indebolimento dell'euro e dei debiti sovrani di parte dell'Europa.
Degli enormi vantaggi economici e competitivi diretti ed indiretti che la Germania ed i suoi paesi satelliti traggono da tutto questo e di quanto questo sia un effetto o piuttosto una delle cause della crisi, dietro la facciata di un rigore da imporre agli spendaccioni sudisti.
Vista l'assurda dimensione raggiunta dal post ovviamente mi fermo.
Ma quando dicevo, in un post precedente, di quante e quali siano le variabili in gioco che chi parla di spread dovrebbe conoscere, mi riferivo a tutto quanto sopra ed a molto altro ancora.
Per la seconda parte della tua risposta mi limito a dirti, come già detto in altri post, che non sono d'accordo.
Non vuol dire che non sia così come dici, ma che non accetto che 5 anni di studi specialistici portino ad una conoscenza sommaria delle cose, visto che una conoscienza parzialmente approfondita la si può avere anche senza i 5 anni di studi specialistici ma con un pò di voglia di informarsi e di studiare per conto proprio.
Se poi si parla di percorrere nuove teorie economiche che di punto in bianco migliorino l'intero sistema, allora credo che il solo studio non basti, nemmeno se uno studente prendesse 5 master e 5 dottorati.
Entrano in gioco altre variabili ed altre capacita'.
P.S.
Auguri e complimenti per la nuova vita da esodato/pensionato.
Dopo 30 anni di banca, quindi sei ancora relativamente giovane.
Se penso che io di anni di banca ne ho quasi 19 e che ne devo fare almeno altri 24, mi viene un brivido


"Injuria":Introduci (come altri nel post, ed altri ed altri ancora in altre discussioni) il concetto che uno studente sia legittimato a studiare seriamente e con profitto solo gli argomenti che lo interessano, mentre cio' che non piace o si ritiene non avra' importanza in futuro viene studiato superficiamente e controvoglia.
Mi hai male interpretato. Io dico solo che una buona preparazione nasce se esiste un legame affettivo con la materia che si studia, se c'è questo legame si è molto ben disposti anche a faticare su quei lati poco piacevoli o noiosi, mentre se sei mosso da motivazioni "esterne" anche se sei un secchione, difficilmente sarai sciolto e ferrato nel discutere certi argomenti: non ci sarà la curiosità, l'approfondimento, le riflessioni, i collegamenti e le idee nuove tipiche di chi ha motivazioni "interne".
Ma avere motivazioni "interne" non significa studiare solo ciò che piace, significa provare un disagio interiore quando non si conosce qualcosa e si vorrebbe fare luce oppure per autorealizzarsi e sentirsi competenti in un certo campo.
Come non quotarti?
Completamente d'accordo con te.
Introduci (come altri nel post, ed altri ed altri ancora in altre discussioni) il concetto che uno studente sia legittimato a studiare seriamente e con profitto solo gli argomenti che lo interessano, mentre cio' che non piace o si ritiene non avra' importanza in futuro viene studiato superficiamente e controvoglia.
Mi hai male interpretato. Io dico solo che una buona preparazione nasce se esiste un legame affettivo con la materia che si studia, se c'è questo legame si è molto ben disposti anche a faticare su quei lati poco piacevoli o noiosi, mentre se sei mosso da motivazioni "esterne" anche se sei un secchione, difficilmente sarai sciolto e ferrato nel discutere certi argomenti: non ci sarà la curiosità, l'approfondimento, le riflessioni, i collegamenti e le idee nuove tipiche di chi ha motivazioni "interne".
Ma avere motivazioni "interne" non significa studiare solo ciò che piace, significa provare un disagio interiore quando non si conosce qualcosa e si vorrebbe fare luce oppure per autorealizzarsi e sentirsi competenti in un certo campo.
Ti faccio un esempio: a me non piace la contabilità, ma per capire il mondo e certe dinamiche, per poter scoprire cose nuove e non banali su una realtà aziendale devo anche capire la contabilità. Questo mi spinge a studiare cose che non sono piacevoli prese nude e crude oppure studiate solo perché "così divento commercialista e guadagno tanto" o semplicemente per superare un esame.
Poi uno può essere un buon esecutore sul lavoro, uno molto disciplinato, ma che in fondo poco gliene frega di quel che fa, l'importante è che lo paghino tanto e che in famiglia e con gli amici sia stimato (motivazioni esterne). Non è una qualità da poco la disciplina e l'impegno, ma tu nel post iniziale mi parli di altre qualità umane come la curiosità, l'apertura mentale e la capacità di discussione. Queste non nascono certo dal senso del dovere e mi pare che questo concetto sia facilmente verificabile nelle nostre esperienze.
"Injuria":
Ti rispondo da ex laureato in economia (dico ex perché ho ripudiato la mia laurea per dedicarmi a lavori manuali).
Molte delle osservazioni qui fatte sono corrette, specie una che è stata citata di frequente: lo studente di economia, ma direi anche di altre facoltà, è mosso da motivazioni prettamente "esterne": possibilità di carriera, prestigio sociale, relazioni famigliari.
Dunque è difficile trovare chi abbia un legame affettivo con le materie studiate ad economia...e chi non ha un legame affettivo con ciò che studia, difficilmente brillerà o si interesserà di sua sponte ad approfondire determinati argomenti.
Vi è poi un'altra questione che nei commenti non ho trovato, ma che nella mia esperienza personale mi ha fatto riflettere. La facoltà di economia ha la caratteristica di essere estremamente multidisciplinare: contabilità, statistica, diritto, matematica finanziaria ed economia politica. Spesso si pretende che il laureato in economia sia una specie di tuttologo: deve sapere le regole della borsa e della finanza, capirne di contabilità ed economia politica, muoversi con disinvoltura in ambito giuridico, avere delle ottime nozioni matematico statistiche nonchè essere aggiornato sugli argomenti di stretta attualità, dei più vari....ah ovviamente deve parlare e scrivere in inglese come ridere e magari conoscere anche un'altra lingua.
Signori, non per giustificare la mediocrità generale, ma trovare una persona così di 24/25/26 anni è estremamente raro e se dovesse esistere, sinceramente non la farei lavorare in banca e soprattutto non in Italia.
Se posso lanciare una provocazione che va contro i soliti luoghi comuni di "economia facile/ingegneria difficilissima" vi dico che un laureato in economia con le carattiristiche di cui sopra sarebbe intellettualmente superiore al laureato medio in ingegneria.
Aggiungo anche che al riguardo mi infastidiscono i discorsi paternalisti sull'istruzione, sull'università in declino, sul laureato babbacchione che non sa fare niente etc. Andando in giro per gli uffici ho trovato gente mediocre a secchiate in posizioni di responsabilità e prestigio ed un'altra secchiata di persone che hanno un buon lavoro, ma che oggi come oggi non verrebbero mai assunte, semplicemente si parla di gente che è entrata nel mondo del lavoro in periodi più rosei e con un mercato meno competitivo che richiedeva qualifiche minori.
Ricordo, ad uno dei tanti eventi di incontro laureati/aziende, tenutosi alla borsa di Milano, un manager di Intesa, alla domanda di uno studente brasiliano di come fosse strutturata la sua divisione la risposta fu: "It's a box in the box.....a box in the box..." facendo ampi gesti con le braccia. Tutto questo dopo aver sciorinato la solita sfilza di retorica aziendale: eccellenza, qualità, mission, internazionalità...robe di cui ridevo nelle strisce di Dilbert, il fumetto americano. Di tutto questo ne ho piene le scatole, ora faccio altro e sto alla grande.
Ho evidenziato alcuni passaggi del tuo intervento che ritengo molto importanti.
Introduci (come altri nel post, ed altri ed altri ancora in altre discussioni) il concetto che uno studente sia legittimato a studiare seriamente e con profitto solo gli argomenti che lo interessano, mentre cio' che non piace o si ritiene non avra' importanza in futuro viene studiato superficiamente e controvoglia.
Non concordo con questa impostazione.
Come prima motivazione ritengo che se uno studente ha scelto un corso di laurea, il suo obiettivo sia dare il massimo per uscire da talo corso nel miglio modo possibile, quindi acquisendo tutte le nozioni che vengono proposte e cercando di interconnetterle tra loro.
Se in un corso universitario vi e' un dato esame, che piaccia o no, immagino si ritenga che sia indispensabile avere le conoscenze che fornisce, magari fini a se stesse o magari complementari ad altre conoscenze trasmesse prima o che saranno oggetto di altri esami.
Inoltre, e questa e' una motivazione piu' generale, non accetto che si debbano fare bene solo le cose che piacciono (e il concetto di piacere andrebbe sviscerato) ma l'approccio deve essere il medesimo a 360 gradi magari traendone soddisfazione diversa, ma senza che questo influenzi la qualita' del risultato ottenuto.
Anche a me piacerebbe poter svolgere il mio lavoro senza affrontarne alcuni lati particolarmente complessi, oppure poter non dovermi interfacciare con determinate persone.
Purtroppo tali aspetti del lavoro e quelle persone fanno parte del lavoro, quindi se voglio/devo svolgere il mio lavoro nel migliore dei modi, devo anche interfacciarmi con quelle persone ed affrontare anche le grane piu' spinose, il tutto con lo stesso impegno che si dedica ad aspetti piu' piacevoli.
Troppo facile altrimenti.
Il passo in cui paragoni il laureato di economia ad un tuttologo e' corretto, nel senso che deve essere un tuttologo.
Tutti i campi che indichi sono tra di loro interconnessi e le nozioni apprese nei singoli campi specifici permettono poi di avere la classica visione di insieme, a sua volta migliorata ed amplificata dalle conoscenze che si interfacciano.
E' l'unico modo.
Non si puo' parlare di economia politica e di teorie economiche senza che se ne conosca la storia e l'effetto della loro applicazione (o mancata applicazazione). Ma per conoscere tutto cio' non si puo' non conoscere i mercati finanziari, il loro funzionamento ed i loro attori. Ma tutto cio' non avrebbe senso se non rapportato all'economia reale, alle aziende ed agli impatti sulle famiglie e consumatori.
Capire le dinamiche del mondo delle imprese prevede che se ne conoscano regole di funzionamento, mercati di riferimento, principi contabili e di bilancio, quadro normativo di riferimento.
Valutare correttamente gli impatti su famiglie e consumatori prevede anche che si conoscano le dinamiche inflattive (cause effetti soluzioni) le dinamiche monetarie, evoluzione demografica, aspetti statistici, e sicuramente contesti politici in cui le decisioni maturano.
Le basi matematiche devono ovviamente esserci e la lingua inglese ben parlata e scritta permette di confrontarsi con un mondo che e' un po' piu' vasto dell'Italia e che e' soprattutto ormai tutto collegato e interdipendente.
Tenersi aggiornato sulla stretta attualita' non solo e' indispensabile, ma e' addirittura una conseguenza inevitabile e direi automatica.
La domanda dovrebbe invece essere:
Un neodiplomato che si iscrive ad economia e' cosciente che alla fine del percorso dovra' essere quella sorta di tuttologo sopradescritta?
Vuole davvero esserlo?
Ha interesse e passione per tutto cio' che dovra' studiare?
C'e' qualcuno che lo aiuta a capire tutto questo o e' lasciato solo a se' stesso e quando se ne rende conto al secondo anno si ritrova a fasi la classica domanda: Che faccio, rinuncio ed accetto di aver buttato 2 anni o continuo di malavogia? Mi piacerebbe forse di piu' un altro percorso scolastico? Ma a quanti anni lo finisco? Per poi fare cosa a 27/28 anni? Chi mi aiuta a decidere?
Questo approccio ritengo ovviamente che debba valere per tutte le facolta' e per tutti gli studenti.
Sull'ultima questione che poni sono completamente d'accordo.
Sedute dietro a scrivanie comode e ben pagate si trovano fior di persone che non meriterebbero di starci.
Ma sono situazioni figlie di altri tempi. Giusto o sbagliato ha poca importanza.
Oggi credo che capiti sempre meno spesso, anche perche' le richieste lavorative sono talmente piu' elevate della domanda del mercato che le aziende possono permettersi di scegliere.
Ma proprio perche' il mercato oggi chiede qualifiche e competenze sempre maggiori che non ci si puo' permettere l'approccio superficiale che tanto sto denigrando in questa discussione.
E siccome in futuro la battagia per trovare il proprio posto nel mondo sara' sempre piu' dura, un approccio consapevole, motivato e avido agi studi e' imprescindibile.
"Rggb":
Ho letto con interesse, ma fino ad un certo punto.
[quote="matopei"]O l'argomento non interessa magari perche' banale e/o trito e ritrito, oppure non si ritiene il caso di esprimere un opinione, cosa che ritengo sbagliata a prescindere (a meno che l'argomento proprio non stimoli un intervento, anche solo per zittirmi).
Oppure non si capisce bene quale sia l'argomento: a) il sistema scolastico che non funziona bene? b) i gggiovani? c) l'università? O anche (come da titolo) d) "Obiettivo di una laurea in economia"?
Per i punti (a), (b) e (c) ci sono state moltissime discussioni, una in più non fa male. Metto tre perle di saggezza per questi:
a) gli insegnanti sono malpagati;
b) i giovani sono sempre meno motivati;
c) l'università è un insieme di baronie.
Una volta tirate fuori queste tre banalità, se si discute del punto (d) ammetto la mia ignoranza... forse "un posto in banca"?

Quoto volentieri, conscio del tono ironico/sarcastico che hai dato alla risposta.
L'obiettivo e' ragionare su cosa si aspetti di ricevere un giovane 19enne che sceglie un corso di laura in economia, ed allo stesso tempo cosa si propone di trasmettere l'ateneo allo studente che frequentera' per 5 anni la loro facolta' di economia.
Il passo dopo e' valutare cosa abbia effettivamente ottenuto il givoane una volta 24enne ed utimati gi studi, se approcciandoli in modo differente avrebbe potuto ottenere di piu' e se la facolta' abbia in qualche modo la percezione di cosa sia effettivamente riuscita a trasmettere e se ne sia soddisfatta, posto che la facolta' stessa si ponga questa domanda.
Da tutto cio' derivano i corollari a,b,c che indichi (sarebbe curioso anche domandarsi se siano cause od effetti) e perche' no anche il d (intendendolo come quanto il giovane 24enne laureato sia pronto ad essere inserito in una realta' lavorativa e quanto l'azienda che lo assume si aspetti in tema di conoscenze acquisite ed attitudine a contestualizzarle nell'ambito lavorativo proposto).
Ti rispondo da ex laureato in economia (dico ex perché ho ripudiato la mia laurea per dedicarmi a lavori manuali).
Molte delle osservazioni qui fatte sono corrette, specie una che è stata citata di frequente: lo studente di economia, ma direi anche di altre facoltà, è mosso da motivazioni prettamente "esterne": possibilità di carriera, prestigio sociale, relazioni famigliari.
Dunque è difficile trovare chi abbia un legame affettivo con le materie studiate ad economia...e chi non ha un legame affettivo con ciò che studia, difficilmente brillerà o si interesserà di sua sponte ad approfondire determinati argomenti.
Vi è poi un'altra questione che nei commenti non ho trovato, ma che nella mia esperienza personale mi ha fatto riflettere. La facoltà di economia ha la caratteristica di essere estremamente multidisciplinare: contabilità, statistica, diritto, matematica finanziaria ed economia politica. Spesso si pretende che il laureato in economia sia una specie di tuttologo: deve sapere le regole della borsa e della finanza, capirne di contabilità ed economia politica, muoversi con disinvoltura in ambito giuridico, avere delle ottime nozioni matematico statistiche nonchè essere aggiornato sugli argomenti di stretta attualità, dei più vari....ah ovviamente deve parlare e scrivere in inglese come ridere e magari conoscere anche un'altra lingua.
Signori, non per giustificare la mediocrità generale, ma trovare una persona così di 24/25/26 anni è estremamente raro e se dovesse esistere, sinceramente non la farei lavorare in banca e soprattutto non in Italia.
Se posso lanciare una provocazione che va contro i soliti luoghi comuni di "economia facile/ingegneria difficilissima" vi dico che un laureato in economia con le carattiristiche di cui sopra sarebbe intellettualmente superiore al laureato medio in ingegneria.
Aggiungo anche che al riguardo mi infastidiscono i discorsi paternalisti sull'istruzione, sull'università in declino, sul laureato babbacchione che non sa fare niente etc. Andando in giro per gli uffici ho trovato gente mediocre a secchiate in posizioni di responsabilità e prestigio ed un'altra secchiata di persone che hanno un buon lavoro, ma che oggi come oggi non verrebbero mai assunte, semplicemente si parla di gente che è entrata nel mondo del lavoro in periodi più rosei e con un mercato meno competitivo che richiedeva qualifiche minori.
Ricordo, ad uno dei tanti eventi di incontro laureati/aziende, tenutosi alla borsa di Milano, un manager di Intesa, alla domanda di uno studente brasiliano di come fosse strutturata la sua divisione la risposta fu: "It's a box in the box.....a box in the box..." facendo ampi gesti con le braccia. Tutto questo dopo aver sciorinato la solita sfilza di retorica aziendale: eccellenza, qualità, mission, internazionalità...robe di cui ridevo nelle strisce di Dilbert, il fumetto americano. Di tutto questo ne ho piene le scatole, ora faccio altro e sto alla grande.
Molte delle osservazioni qui fatte sono corrette, specie una che è stata citata di frequente: lo studente di economia, ma direi anche di altre facoltà, è mosso da motivazioni prettamente "esterne": possibilità di carriera, prestigio sociale, relazioni famigliari.
Dunque è difficile trovare chi abbia un legame affettivo con le materie studiate ad economia...e chi non ha un legame affettivo con ciò che studia, difficilmente brillerà o si interesserà di sua sponte ad approfondire determinati argomenti.
Vi è poi un'altra questione che nei commenti non ho trovato, ma che nella mia esperienza personale mi ha fatto riflettere. La facoltà di economia ha la caratteristica di essere estremamente multidisciplinare: contabilità, statistica, diritto, matematica finanziaria ed economia politica. Spesso si pretende che il laureato in economia sia una specie di tuttologo: deve sapere le regole della borsa e della finanza, capirne di contabilità ed economia politica, muoversi con disinvoltura in ambito giuridico, avere delle ottime nozioni matematico statistiche nonchè essere aggiornato sugli argomenti di stretta attualità, dei più vari....ah ovviamente deve parlare e scrivere in inglese come ridere e magari conoscere anche un'altra lingua.
Signori, non per giustificare la mediocrità generale, ma trovare una persona così di 24/25/26 anni è estremamente raro e se dovesse esistere, sinceramente non la farei lavorare in banca e soprattutto non in Italia.
Se posso lanciare una provocazione che va contro i soliti luoghi comuni di "economia facile/ingegneria difficilissima" vi dico che un laureato in economia con le carattiristiche di cui sopra sarebbe intellettualmente superiore al laureato medio in ingegneria.
Aggiungo anche che al riguardo mi infastidiscono i discorsi paternalisti sull'istruzione, sull'università in declino, sul laureato babbacchione che non sa fare niente etc. Andando in giro per gli uffici ho trovato gente mediocre a secchiate in posizioni di responsabilità e prestigio ed un'altra secchiata di persone che hanno un buon lavoro, ma che oggi come oggi non verrebbero mai assunte, semplicemente si parla di gente che è entrata nel mondo del lavoro in periodi più rosei e con un mercato meno competitivo che richiedeva qualifiche minori.
Ricordo, ad uno dei tanti eventi di incontro laureati/aziende, tenutosi alla borsa di Milano, un manager di Intesa, alla domanda di uno studente brasiliano di come fosse strutturata la sua divisione la risposta fu: "It's a box in the box.....a box in the box..." facendo ampi gesti con le braccia. Tutto questo dopo aver sciorinato la solita sfilza di retorica aziendale: eccellenza, qualità, mission, internazionalità...robe di cui ridevo nelle strisce di Dilbert, il fumetto americano. Di tutto questo ne ho piene le scatole, ora faccio altro e sto alla grande.
Secondo me, oltre a quanto è già stato detto, cioè studenti che si iscrivono ad alcune facolta perchè 'danno il lavoro' oppure perchè non si sa cosa fare dopo un liceo, c'è un altro punto secondo me fondamentale..cioè la visione del mondo universitario da parte di chi lavora. Non se sia lo stesso ad economia, ma ad ingegneria io ho riscontrato sempre la stessa cosa..ogni persona esperta' in un dato argomento si aspetta che ogni studente in uscita dall'universita debba saperne almeno quanto lui..mi spiego meglio..io faccio ingegneria meccanica..l'esame di tecnologia meccanica per esempio è lungo e completo, ma ovviamente non è in grado di fornire agli allievi conoscenze su ogni macchina esistente e sulle lavorazioni. Se un perito lavora 40 anni su una data lavorazione è ovvio che ne saprà mooolto di piu. E un altro punto fondamentale a mio parere è che un lavoratore vede il suo lavoro come la cosa più importante da conoscere e si scandalizza se il neolaureato non ha conoscenze il quel campo..a me ad esempio non interessa nulla della tecnologia meccanica (mi specializzero in energia)..va da se che anche se sono un ingegnere meccanico io non sappia praticamente nulla se non le basi della tecnologia, perchè non approfondirò con altri corsi, lettura di giornali specialistici,fiere e quant'altro..cosa che invece faccio per cio che mi interessa..e penso che questo succeda in tutti i corsi.
Ho letto con interesse, ma fino ad un certo punto.
Oppure non si capisce bene quale sia l'argomento: a) il sistema scolastico che non funziona bene? b) i gggiovani? c) l'università? O anche (come da titolo) d) "Obiettivo di una laurea in economia"?
Per i punti (a), (b) e (c) ci sono state moltissime discussioni, una in più non fa male. Metto tre perle di saggezza per questi:
a) gli insegnanti sono malpagati;
b) i giovani sono sempre meno motivati;
c) l'università è un insieme di baronie.
Una volta tirate fuori queste tre banalità, se si discute del punto (d) ammetto la mia ignoranza... forse "un posto in banca"?
"matopei":
O l'argomento non interessa magari perche' banale e/o trito e ritrito, oppure non si ritiene il caso di esprimere un opinione, cosa che ritengo sbagliata a prescindere (a meno che l'argomento proprio non stimoli un intervento, anche solo per zittirmi).
Oppure non si capisce bene quale sia l'argomento: a) il sistema scolastico che non funziona bene? b) i gggiovani? c) l'università? O anche (come da titolo) d) "Obiettivo di una laurea in economia"?
Per i punti (a), (b) e (c) ci sono state moltissime discussioni, una in più non fa male. Metto tre perle di saggezza per questi:
a) gli insegnanti sono malpagati;
b) i giovani sono sempre meno motivati;
c) l'università è un insieme di baronie.
Una volta tirate fuori queste tre banalità, se si discute del punto (d) ammetto la mia ignoranza... forse "un posto in banca"?

guarda matopei, se commentassi il tuo post, ed esprimessi la mia idea, forse forse, direi cose più o meno congrue alle tue.
Penso tu abbia centrato il problema. Il livello di molte scuole (superiori) è molto scarso ed è anche vero che si sforna ragazzi inconsapevoli che scelgono l'università per forza d'inerzia e solo si vede da me (ti parlo del mio paese)
$45$% si iscrive a economia. un $50%$% ad ingegneria ed il restante in altre cose (io faccio parte di quel restante
).
ci si iscrive perché si è convinti :
"divento ingegnere/economista(o altra università gettonata dalla massa), poi trovo lavoro con i soldi sicuro dopo".
così si fa l'università per dovere e non per piacere, con il risultato di aver buttato via 5 anni a fare una cosa "che si doveva fare" senza averla mai capita affondo. Poi vabbè , sarà anche il sistema che è sbagliato, non saprei sicuramente come aggiustarlo, sono troppo giovane.
Cordiali saluti
Penso tu abbia centrato il problema. Il livello di molte scuole (superiori) è molto scarso ed è anche vero che si sforna ragazzi inconsapevoli che scelgono l'università per forza d'inerzia e solo si vede da me (ti parlo del mio paese)
$45$% si iscrive a economia. un $50%$% ad ingegneria ed il restante in altre cose (io faccio parte di quel restante

ci si iscrive perché si è convinti :
"divento ingegnere/economista(o altra università gettonata dalla massa), poi trovo lavoro con i soldi sicuro dopo".
così si fa l'università per dovere e non per piacere, con il risultato di aver buttato via 5 anni a fare una cosa "che si doveva fare" senza averla mai capita affondo. Poi vabbè , sarà anche il sistema che è sbagliato, non saprei sicuramente come aggiustarlo, sono troppo giovane.
Cordiali saluti
"Lanus":
Quello che tu cerchi in un neolaureato, cioè una dose minima di consapevolezza rispetto al mondo, la capacità di applicare la teoria al concreto e quella di correlare le cose studiate, sono le abilità più lunghe e difficili da fare proprie e soprattutto richiedono una forte motivazione e una certa filosofia personale che ti spinge affrontare lo studio in maniera più critica ed approfondita.
Considera che molti esami si passano anche senza alcun bisogno di dare prova di questa "assimilazione profonda". Anzi, è possibile passare con voti alti molti esami solo con uno studio superficiale, o anche solo studiando le varie tipologie dei problemi d'esame.
Il primo paragrafo che ho quotato e' esattamente quanto mi aspetto che il sistema scolastico (universitario in particolare) riesca a dare ad uno studente.
Lo hai riassunto in poche righe, cio' dimostra che mia moglie ha perfettamente ragione sul fatto che mi manchi il dono della sintesi

La forte motivazione e quella che tu chiami filosofia personale, dovrebbero coesistere in chiunque affronti un percorso di studi universitario (ma dovrebbe essere gia' presente anche negi ultimi 2 anni di superiori).
Se non sono presenti in gran parte degli studenti (sei gia' il terzo su tre che mi conferma che la metodologia di studio sia impara per l'esame e poi dimentica. Tre e' un campione ridicolo ma comincia a diventare un sospetto abbastanza grosso

Da un lato io sono certo che e' il sistema scolastico in generale che non sia strutturato per ottenere un approccio allo studio diverso dallo studente.
Di certo il sistema stesso non aiuta il ragazzo 14enne ad iniziare a capire come giri il mondo e a capire che piu' informazioni e consapevolezza si abbiano piu' si riesca in qualche modo a controllare gli effetti della rotazione del mondo (per restare all'interno della metafora).
Si innesta rapidamente un circolo vizioso in cui si studia il poco che basta per rimanere nella media (poche eccezioni in ogni classe ci sono sempre e guarda caso vengono ghettizzate con la vecchia ma sempre attuale parola "secchie") senza rendersi conto che essere nella media ed essere mediocri e' sostanzialmente la stessa cosa.
Le potenzialita' di un 14enne se venissero aiutate ed esaltate da subito, produrrebbero neodiplomati molto diversi da quelli che vengono sfornati ogni anno.
Di conseguenza avremmo poi ingressi nel percorso universitario che sarebbero frutto di scelte consapevoli e non di un automatismo ormai quasi scontato che si "debba" andare all'universita'.
Una volta iniziato il percorso universitario in modo passivo e' un attimo proseguirlo in quel modo e dare esami su esami solo per passarli e giustificare in qualche modo il costo fatto sostenere ai genitori o il tempo trascorso.
E' un circolo vizioso che ritengo debba essere spezzato.
Come esattamente non lo so, o meglio, delle idee le avrei ma per metterle in atto servirebbe un consenso politico in parlamento al fine di approvare 2 o 3 leggine al riguardo che scriverei molto volentieri


Certamente sarebbe utile che si parlasse chiaro ai ragazzi, magari intorno ai 16 anni e magari proprio nell'ambito scolastico con un'ora a settimana dedicata a far capire la realta' quotidiana, molto diversa dai miti e dalle banalita' di nessuno stimolo mentale proposti dai mass media.
La cara vecchia ora di educazione civica, ravvivata da contenuti moderni e critici, aperta alla discussione e al confronto potrebbe essere un buon modo di partire sin dalle superiori.
Peccato che si inizierebbe un percorso che alla fine potrebbe anche portare a generazioni di giovani molto piu' consapevoli delle attuali.
La consapevolezza e' pero' una brutta bestia perche' se nei singoli e piu' che auspicabile, una collettivita' formata da gente consapevole e' molto meno controllabile e manovrabile di una non consapevole.
Mi fermo perche' sto deviando in discorsi anarchico/utopistici e non e' il caso.
Fine del poema quotidiano.
Forse forse una discussione ne' puo' uscire, anche se vedo che gli interventi rispetto alle visite sono percentualmente irrisori.
O l'argomento non interessa magari perche' banale e/o trito e ritrito, oppure non si ritiene il caso di esprimere un opinione, cosa che ritengo sbagliata a prescindere (a meno che l'argomento proprio non stimoli un intervento, anche solo per zittirmi).
P.S
Ho poi che 41 anni, diversi interessi e sono un ottimo capo per i miei colleghi (




Per quello di quasi 3 anni invece sono ancora il suo giocattolo preferito. Povero, non sa cosa lo aspetti al varco.





Credo che questa situazione di impreparazione dei laureati sia un effetto del Nuovo Ordinamento (a sua volta effetto di un particolare contesto socio-culturale, o così si dice). Quello che tu cerchi in un neolaureato, cioè una dose minima di consapevolezza rispetto al mondo, la capacità di applicare la teoria al concreto e quella di correlare le cose studiate, sono le abilità più lunghe e difficili da fare proprie e soprattutto richiedono una forte motivazione e una certa filosofia personale che ti spinge affrontare lo studio in maniera più critica ed approfondita. Considera che molti esami si passano anche senza alcun bisogno di dare prova di questa "assimilazione profonda". Anzi, è possibile passare con voti alti molti esami solo con uno studio superficiale, o anche solo studiando le varie tipologie dei problemi d'esame. Questa è stata la mia tremenda esperienza universitaria (del tutto opposta alle mie aspettative di "conoscenza profonda") e non penso di aver frequentato il peggior corso possibile, ma solo uno nella media. Quindi il tuo resoconto non mi stupisce affatto. Me lo potevo immaginare benissimo quale sarebbe stato l'effetto del mantra imparammemoria-dailesame-scordatistecosetantonontiservirannomai.
Chiaramente quella di cui parlo è una tendenza generale e non sto dicendo che tutti gli studenti di tutti gli atenei facciano così.
Uno può pensare che questa sia la solita retorica trita e ritrita, ma io voglio pensare che sia qualcosa di reale, anche perchè se continuiamo a scartare qualsiasi percezione collettiva negativa ritenendola retorica da bar, poi si finisce in una società che non ci piace e non sappiamo neanche perchè ci siamo finiti.
Chiaramente quella di cui parlo è una tendenza generale e non sto dicendo che tutti gli studenti di tutti gli atenei facciano così.
Uno può pensare che questa sia la solita retorica trita e ritrita, ma io voglio pensare che sia qualcosa di reale, anche perchè se continuiamo a scartare qualsiasi percezione collettiva negativa ritenendola retorica da bar, poi si finisce in una società che non ci piace e non sappiamo neanche perchè ci siamo finiti.

"matopei":
Se ritieni l'argomento troppo "basso" o la mia persona non degna di un confronto serio lo posso anche capire...
Ci mancherebbe, mi scuso se ho dato questa impressione.

"speculor":
[quote="matopei"]
Perdonami, ma quali sono le solite cose trite e ritrite nel pezzo che hai quotato?
Ho quotato quel pezzo semplicemente perchè si faceva riferimento al bar e al barbiere. Per quanto riguarda tutto il resto, l'impressione che ho è quella di un certo stato di esaltazione. Da parte mia, preferisco restare con i piedi per terra. Lo sanno anche i sassi che, per valorizzare le proprie conoscenze, anche se limitate, l'esperienza lavorativa è imprescindibile. Quindi, non comprendo come tu possa meravigliarti di essere più maturo e preparato di un giovane laureato con il massimo dei voti. Piuttosto, se proprio vuoi fare dei paragoni, dovresti valutare la sua maturità e le sue competenze dopo quindici anni di attività lavorativa. Insomma, dovresti lasciargli almeno il tempo di raggiungere la tua età. Posso comprendere che la tua autostima esca rafforzata nel constatare il divario di cui si parla. Ma in fin dei conti, è molto più probabile che si tratti di una pia illusione dovuta alla differenza di età, piuttosto che di un insieme di fattori la cui natura debba essere spiegata scomodando i massimi sistemi. Ecco, queste sono le cose che direi al bar o dal barbiere sentendo qualcuno pontificare in base alle proprie esperienze contingenti.[/quote]
Non concordo.
Tendi a minimizzare e non entri nel merito della questione che pongo.
Tra i vari post ho scritto un mezzo poema (mia moglie dice che non ho il dono della sintesi e mi sa che ha ragione

Se ritieni l'argomento troppo "basso" o la mia persona non degna di un confronto serio lo posso anche capire, ma sono abituato ad entrare in modo abbastanza approfondito nel merito delle cose e non mi piace molto liquidare un argomento in modo banale.
Innanzitutto ti garantisco che non ho nessun bisogno di esaltarmi in un forum dove sono sostanzialmente l'ultimo arrivato, ne' ho bisogno di aumentare in qualche modo la mia autostima (che peraltro ti confermo di avere quindi ci togliamo da subito il probema).
Sono perfettamente daccordo con te che l'esperienza lavorativa sia imprescindibile e che solo con essa si possano affinare le conoscenze e le modalita' con cui metterle in pratica.
Ma proprio perche' l'esperienza aiuta ad affinarle bisogna che le conoscenze ci siano.
Io non mi sorprendo di essere più maturo e preparato di un giovane laureato. Anzi, lo do per scontato. E ci mancherebbe anche che non lo fossi, altrimenti l'azienda potrebbe conferire responsabilita' medio alte a chiunque e a caso.
Il punto che proponevo e' che il livello di conoscenza e consapevolezza minima che ci si dovrebbe aspettare e' molto distante da quello che nella realta' si riscontra mediamente in un giovane che ha passato gli ultimi 10/11 anni a studiare, 5/6 dei quali materie altamente specialistiche.
Un altro paio di utenti hanno in parte concordato e proposto una loro chiave di lettura che io condivido e che ho commentato con un velo di tristezza di fondo..
In fin dei conti ho messo nero su bianco il mio pensiero, maturato negli anni a forza di riscontrare costantemente la stessa situazione anche cambiando numerosi interlocutori (credo che una delle utilita' di un forum sia anche questa).
Mi rendo pero' conto di essere divenuto pedante.
Il mio pensiero l'ho espresso ed e' evidente che tu non concordi.
Ovviamente non e' mia intenzione farti cambiare idea, ma non era nemmeno mia intenzione venire ad autocelebrarmi poiche' non ci vedo nulla da autocelebrare nelo svolgere il proprio lavoro.
Ad esempio mi piacerebbe capire se concordi sull'elenco di conoscenze minime che ho indicato per un neolaureato in economia.
Ho usato il termine conoscenza, diverso dal fatto di avere dato degli esami sugli argomenti nel corso del tempo.
Sostenere esami su esami all'universita' richiede tempo, fatica e sacrifici.
Ritengo quindi che sia un peccato che tale tempo e fatica portino a risutati che ritengo (nella mia esperienza che ho riportato) inadeguati allo sforzo ed al tempo. E solo in minima parte incolpo gli studenti.Io ritengo che il problema sia che affrontano un'universita' che e' strutturata in questo modo e che non e' predisposta per diffondere conoscenza e consapevolezza, ma solo una serie di informazioni tra loro scollegate.
Magari sono completamente in errore ed il campione che ha creato in me questa convinzione e' talmente piccolo che non e' significativo (come fai giustamente notare implicitamente con la chiosa "esperienze contingenti").
Ritengo l'argomento non cosi' banale come tu lasci intendere e credo che possa essere utile per un confronto. Se cosi' non sarà l'utilita' di questo topic sara' stata solo il mettere nero su bianco dei pensieri personali.
Cio' che non voglio sicuramente e' che diventi un'antipatica gara a chi ha ragione e chi torto a prescindere.

"matopei":
Perdonami, ma quali sono le solite cose trite e ritrite nel pezzo che hai quotato?
Ho quotato quel pezzo semplicemente perchè si faceva riferimento al bar e al barbiere. Per quanto riguarda tutto il resto, l'impressione che ho è quella di un certo stato di esaltazione. Da parte mia, preferisco restare con i piedi per terra. Lo sanno anche i sassi che, per valorizzare le proprie conoscenze, anche se limitate, l'esperienza lavorativa è imprescindibile. Quindi, non comprendo come tu possa meravigliarti di essere più maturo e preparato di un giovane laureato con il massimo dei voti. Piuttosto, se proprio vuoi fare dei paragoni, dovresti valutare la sua maturità e le sue competenze dopo quindici anni di attività lavorativa. Insomma, dovresti lasciargli almeno il tempo di raggiungere la tua età. Posso comprendere che la tua autostima esca rafforzata nel constatare il divario di cui si parla. Ma in fin dei conti, è molto più probabile che si tratti di una pia illusione dovuta alla differenza di età, piuttosto che di un insieme di fattori la cui natura debba essere spiegata scomodando i massimi sistemi. Ecco, queste sono le cose che direi al bar o dal barbiere sentendo qualcuno pontificare in base alle proprie esperienze contingenti.
"speculor":
[quote="matopei"]
Oggi chiunque parla di "spread". Tale parola e' diventata quasi l'incubo giornaliero a cui dare colpa di tutto. Ma e' una parola embematica di cio' che voglio dire con questo post. E' impossibile capire le implicazioni che si nascondono dietro questa parola se non si padoneggiano gli aspetti di cui sopra (oltre ad altri), a meno che non si parli dell'argomento a livello di bar sport o dal barbiere.
Perdonami ma, non mi sembra che le tue argomentazioni siano di livello molto più elevato. Voglio dire, le solite cose trite e ritrite. Tra l'altro, mi sembra che tu stia idealizzando troppo la figura del giovane laureato. La laurea è un punto di partenza, non un punto di arrivo.[/quote]
Perdonami, ma quali sono le solite cose trite e ritrite nel pezzo che hai quotato?
Se vuoi parlare del famoso "spread" e di cosa realmente significhi e rappresenti (di come e quanto influenzi la vita reale dei popoli europei, chi in un modo e chi in un altro ovviamente) sono a tua disposizione e possiamo far pulizia di parecchi luoghi comuni al fine di mettere qualche puntino sulle i.
Il secondo punto invece ritengo che sia il nocciolo del problema.
La laurea DEVE essere un punto di arrivo importante per la stragrande maggioranza dei laureati parliamo di 5 anni di studi specialistici e di 5 anni di vita.
Chi vorra' iscriversi a master e/o dottorati lo fara' in modo consapevole e soprattutto avendo ben chiaro l'obiettivo per cui investe altri anni della propria vita (con una seria vautazione preventiva dei costi/benefici relativi).
Se la si considera genericamente un punto di partenza mi vien da chiedere partenza per dove e con arrivo a che eta' e con quali obiettivi e aspettative?
Inotre, se fosse veramente solo un punto di partenza generico verso un non ben precisato dove, lo si sapeva gia' a 19 anni prima di iniziare?
Lo si aveva accettato consapevolmente?
Ma soprattutto, se l'approccio allo studio abbastanza diffuso e' quello evidenziato nei post precedenti da Lordb e UmbertoM forse e' non si parla ne' di punti di partenza ne' di arrivo, ma di navigare a vista senza ben sapere verso quale porto.