Maestro/a unico/a alle elementari
Cosa ne pensate? E' meglio una sola figura di riferimento con conoscenze generali, oppure tanti "specialisti" che padroneggiano meglio una o due materie?
Risposte
Scusate la mia "ingerenza", ma io sono veramente molto preoccupato!!!
meglio due, senza dubbio.
stiamo abbassando notevolmente il livello delle nostre scuole elementari, che finora sono state il nostro unico fiore all'occhiello.
bisognerà intervenire subito, altrimenti sarà troppo tardi
stiamo abbassando notevolmente il livello delle nostre scuole elementari, che finora sono state il nostro unico fiore all'occhiello.
bisognerà intervenire subito, altrimenti sarà troppo tardi
"Sergio":E ce ne sarebbe a sufficienza per preoccuparsi.
A proposito di Bossi:
http://www.corriere.it/politica/08_settembre_09/bossi_accordo_gelmini_maestro_unico_6027429a-7e43-11dd-8ebb-00144f02aabc.shtml
Non so se è già stato postato, ma così la Gelmini ha giustificato al Tg (non mi ricordo dove) il provvedimento, preso da un quotidiano in rete.
"Penso che i valori come impegno nello studio, la disciplina, il rispetto degli altri siano valori assolutamente attuali. La scuola li stava perdendo e io tento di recuperarli. La scuola che ho in mente guarda al futuro e ogni ragazzo si deve sentire protagonista" (in una scuola) "dove ci siano piu' risorse da investire nella qualita' e nell'innovazione".
NOTA: Perchè la scuola stava perdendo questi valori? L'ha deciso lei? Non è stato discussa la questione, è stata un'imposizione.
Che i ministri dell'istruzione italiani sentano l'irrefrenabile bisogno di lasciare un "segno" tangibile del loro operato, provvedendo a cambiare il sistema scolastico italiano ogni 4 anni come se fosse un dovere?
Quanto alle critiche sul tempo pieno e il maestro unico, il ministro replica:
"la scuola elementare funzionava con i tre maestri e funzionera' con il maestro unico.
Ottima argomentazione.....
"La scelta del maestro unico risponde ad un'esigenza pedagogica. Il bambino nei primi anni della scuola ha bisogno di avere nel maestro un punto di riferimento".
Dove sono queste ricerche pedagogiche, si presume condivise dalla maggioranza dei pedagoghi italiani, che attestino quanto detto?
Infine
"un migliore impiego delle risorse ci consentira' di aumentare il tempo pieno. Voglio rassicurare le famiglie, al maesto unico sara' affiancato un insegnante della lingua straniera e riusciremo a potenziare il tempo pieno del 50%".
Non mi è chiaro come possano convivere il ridurre drasticamente il numero di insegnanti e a "potenziare" (qualunque cosa voglia dire) del 50% il tempo pieno.
Che la ministra si sia resa conto che forse forse, se è vero che la maggior parte delle famiglie italiane pensa che quasi tutti i maestri siano dei mangiapane e che quindi sia giusto mandarli a casa, è altrettanto vero che il fatto di avere i bimbi a scuola anche nel pomeriggio sia estremamente comodo alle famiglie e che quindi potebbero pensare che, riducendo i maestri, si ritroverebbero i pargoletti a casa prima del previsto?
E se anche fosse, come giustifica la contraddizione fra ridurre (di tanto) il numero di insegnanti e aumentare le ore?
Ma ovviamente chi conduceva il Tg non ha studiato Logica (e di alti livelli eh...), indi per cui non ha mosso obiezioni a questo discorso perlomeno poco chiaro.
"Penso che i valori come impegno nello studio, la disciplina, il rispetto degli altri siano valori assolutamente attuali. La scuola li stava perdendo e io tento di recuperarli. La scuola che ho in mente guarda al futuro e ogni ragazzo si deve sentire protagonista" (in una scuola) "dove ci siano piu' risorse da investire nella qualita' e nell'innovazione".
NOTA: Perchè la scuola stava perdendo questi valori? L'ha deciso lei? Non è stato discussa la questione, è stata un'imposizione.
Che i ministri dell'istruzione italiani sentano l'irrefrenabile bisogno di lasciare un "segno" tangibile del loro operato, provvedendo a cambiare il sistema scolastico italiano ogni 4 anni come se fosse un dovere?
Quanto alle critiche sul tempo pieno e il maestro unico, il ministro replica:
"la scuola elementare funzionava con i tre maestri e funzionera' con il maestro unico.
Ottima argomentazione.....
"La scelta del maestro unico risponde ad un'esigenza pedagogica. Il bambino nei primi anni della scuola ha bisogno di avere nel maestro un punto di riferimento".
Dove sono queste ricerche pedagogiche, si presume condivise dalla maggioranza dei pedagoghi italiani, che attestino quanto detto?
Infine
"un migliore impiego delle risorse ci consentira' di aumentare il tempo pieno. Voglio rassicurare le famiglie, al maesto unico sara' affiancato un insegnante della lingua straniera e riusciremo a potenziare il tempo pieno del 50%".
Non mi è chiaro come possano convivere il ridurre drasticamente il numero di insegnanti e a "potenziare" (qualunque cosa voglia dire) del 50% il tempo pieno.
Che la ministra si sia resa conto che forse forse, se è vero che la maggior parte delle famiglie italiane pensa che quasi tutti i maestri siano dei mangiapane e che quindi sia giusto mandarli a casa, è altrettanto vero che il fatto di avere i bimbi a scuola anche nel pomeriggio sia estremamente comodo alle famiglie e che quindi potebbero pensare che, riducendo i maestri, si ritroverebbero i pargoletti a casa prima del previsto?
E se anche fosse, come giustifica la contraddizione fra ridurre (di tanto) il numero di insegnanti e aumentare le ore?
Ma ovviamente chi conduceva il Tg non ha studiato Logica (e di alti livelli eh...), indi per cui non ha mosso obiezioni a questo discorso perlomeno poco chiaro.
Se la Lega avesse il ministero della Pubblica Istruzione, probabilmente oggi ci sarebbe l'esercito come manovra antibullismo...
@Sergio: io credo che a scuola non si impari solo a massimizzare gli indici di valutazione qualitativa. E credo che un solo insegnante rischi di diventare limitante, se non altro per l'unicità del punto di vista.
Per il resto, sono assolutamente scettico per via del metodo utilizzato.
Dove lavoravo io, prima di prendere una decisione simile (il mio lavoro era "ridurre costi"), mi veniva chiesto di analizzare tutte le conseguenze e di documentarle.
In questo caso, il governo ha inserito questa manovra come un puro taglio di costi.
E comunque, qualcosa mi sfugge ancora.
Se il numero di ore di insegnamento non cambia, come si fa a diminuire il numero di insegnanti?
@Sergio: io credo che a scuola non si impari solo a massimizzare gli indici di valutazione qualitativa. E credo che un solo insegnante rischi di diventare limitante, se non altro per l'unicità del punto di vista.
Per il resto, sono assolutamente scettico per via del metodo utilizzato.
Dove lavoravo io, prima di prendere una decisione simile (il mio lavoro era "ridurre costi"), mi veniva chiesto di analizzare tutte le conseguenze e di documentarle.
In questo caso, il governo ha inserito questa manovra come un puro taglio di costi.
E comunque, qualcosa mi sfugge ancora.
Se il numero di ore di insegnamento non cambia, come si fa a diminuire il numero di insegnanti?
Bossi la pensa così...
http://notizie.it.msn.com/topnews/artic ... id=9504566
http://notizie.it.msn.com/topnews/artic ... id=9504960
http://notizie.it.msn.com/topnews/artic ... id=9504566
http://notizie.it.msn.com/topnews/artic ... id=9504960
Da Proteo Fare Sapere
Lettera aperta ad Insegnanti, Genitori, Cittadini,
Parlamentari, Associazioni e Sindacati
Il primo settembre 2008, a tradimento, senza che nulla trapelasse, è comparso sulla Gazzetta Ufficiale il DL 137/08 che contiene l’articolo 4, di cui finora nessuno ne aveva parlato, che con la reintroduzione dell’insegnante unico nella scuola elementare riporta indietro d’un solo colpo il mondo della scuola, cancellando i moduli ed il tempo pieno nella scuola elementare.
Dal 2009 i bambini italiani avranno una scuola povera; saranno privati della possibilità di utilizzare spazi e tempi di arricchimento personale. Gli insegnanti saranno privati del tempo necessario per seguire, in mondo personalizzato, gli alunni in difficoltà e permettere agli "eccellenti" di esprimersi al meglio. Molti bambini, con i genitori che lavorano, passeranno da soli interminabili pomeriggi davanti alla televisione o saranno lasciati in mezzo alla strada.
D’un colpo, senza alcuna discussione nel paese e in Parlamento, hanno azzerato la scuola elementare, proprio mentre tutti gli indicatori internazionali la riconoscono come una tra le più qualificate del mondo.
Hanno fatto una radicale “riforma” di “nascosto”. Con un Decreto Legge! Cosa senza precedenti! Un disastro fatto solo per fare cassa a spese delle opportunità e delle speranze dei bambini. Il Parlamento Italiano è stato espropriato della propria sovranità.
L’attuale complessità culturale richiede, in modo più pressante che mai, la disponibilità di persone che collaborino ad una formazione integrale ed integrata, fatto completamente ignorato da questo Governo.
Hanno umiliato gli insegnanti e la loro professionalità.
Le famiglie saranno messe in seria difficoltà, in particolare i genitori con bambini frequentanti il tempo pieno, se vorranno conservare il lavoro, dovranno affidarsi a improbabili doposcuola a pagamento che rischieranno di trasformarsi, come un tempo, in ghetti sociali.
L’associazione professionale Proteo Fare Sapere fa appello a TUTTI gli insegnanti perché dimostrino con un gesto fortemente simbolico la loro tristezza e contrarietà: andiamo TUTTI a scuola il primo giorno con un segno nero di lutto.
E’ un’ idea che gira su internet, ci sembra buona; un’idea che può essere sostenuta da ogni insegnante, a cui chiediamo di organizzare i colleghi facendo il passaparola, dalle altre associazioni professionali, dai sindacati.
Chiede a tutti gli insegnanti di rivolgersi ai loro Parlamentari perché, quando si tratterà di convertire il decreto legge definitivamente in legge dello Stato (c’è tempo 60 giorni), intervengano a favore di una buona scuola, e per disapprovare chi vuol fare cassa a spese dei bambini.
Chiede a tutti i Parlamentari, anche di maggioranza, di non votare la conversione in legge definitiva del Decreto.
Chiede in particolare all’Opposizione di fare anche ostruzionismo pur di far decadere un dannoso e non necessario Decreto Legge. Infatti anche gli altri contenuti del decreto possono aspettare.
L’esecutivo nazionale di Proteo Fare Sapere
Roma, 4 settembre 2008
Lettera aperta ad Insegnanti, Genitori, Cittadini,
Parlamentari, Associazioni e Sindacati
Il primo settembre 2008, a tradimento, senza che nulla trapelasse, è comparso sulla Gazzetta Ufficiale il DL 137/08 che contiene l’articolo 4, di cui finora nessuno ne aveva parlato, che con la reintroduzione dell’insegnante unico nella scuola elementare riporta indietro d’un solo colpo il mondo della scuola, cancellando i moduli ed il tempo pieno nella scuola elementare.
Dal 2009 i bambini italiani avranno una scuola povera; saranno privati della possibilità di utilizzare spazi e tempi di arricchimento personale. Gli insegnanti saranno privati del tempo necessario per seguire, in mondo personalizzato, gli alunni in difficoltà e permettere agli "eccellenti" di esprimersi al meglio. Molti bambini, con i genitori che lavorano, passeranno da soli interminabili pomeriggi davanti alla televisione o saranno lasciati in mezzo alla strada.
D’un colpo, senza alcuna discussione nel paese e in Parlamento, hanno azzerato la scuola elementare, proprio mentre tutti gli indicatori internazionali la riconoscono come una tra le più qualificate del mondo.
Hanno fatto una radicale “riforma” di “nascosto”. Con un Decreto Legge! Cosa senza precedenti! Un disastro fatto solo per fare cassa a spese delle opportunità e delle speranze dei bambini. Il Parlamento Italiano è stato espropriato della propria sovranità.
L’attuale complessità culturale richiede, in modo più pressante che mai, la disponibilità di persone che collaborino ad una formazione integrale ed integrata, fatto completamente ignorato da questo Governo.
Hanno umiliato gli insegnanti e la loro professionalità.
Le famiglie saranno messe in seria difficoltà, in particolare i genitori con bambini frequentanti il tempo pieno, se vorranno conservare il lavoro, dovranno affidarsi a improbabili doposcuola a pagamento che rischieranno di trasformarsi, come un tempo, in ghetti sociali.
L’associazione professionale Proteo Fare Sapere fa appello a TUTTI gli insegnanti perché dimostrino con un gesto fortemente simbolico la loro tristezza e contrarietà: andiamo TUTTI a scuola il primo giorno con un segno nero di lutto.
E’ un’ idea che gira su internet, ci sembra buona; un’idea che può essere sostenuta da ogni insegnante, a cui chiediamo di organizzare i colleghi facendo il passaparola, dalle altre associazioni professionali, dai sindacati.
Chiede a tutti gli insegnanti di rivolgersi ai loro Parlamentari perché, quando si tratterà di convertire il decreto legge definitivamente in legge dello Stato (c’è tempo 60 giorni), intervengano a favore di una buona scuola, e per disapprovare chi vuol fare cassa a spese dei bambini.
Chiede a tutti i Parlamentari, anche di maggioranza, di non votare la conversione in legge definitiva del Decreto.
Chiede in particolare all’Opposizione di fare anche ostruzionismo pur di far decadere un dannoso e non necessario Decreto Legge. Infatti anche gli altri contenuti del decreto possono aspettare.
L’esecutivo nazionale di Proteo Fare Sapere
Roma, 4 settembre 2008
Diffondo un comunicato del CIDI (Centro Iniziativa Democratica Insegnanti)
Cara scuola elementare…
Desta sconcerto e preoccupazione la disinvoltura con cui il Governo ha deciso di mettere mano al funzionamento della scuola elementare italiana, uno dei segmenti educativi più “amati” dalle famiglie e più accreditato anche dalle ricerche nazionali e internazionali sui livelli di apprendimento dei nostri ragazzi.
Nessuna seria indagine è stata promossa in questi mesi sul funzionamento della nostra scuola primaria, su eventuali esigenze di ripensamento della sua organizzazione, su nuove modalità di formazione e preparazione dei maestri elementari.
È bastata qualche battuta estiva sulle pagine dei giornali (citiamo per tutti l’esemplare intervista del Ministro Gelmini su “La Padania” del 25 agosto) per sollevare un improvvisato dibattito sulla serietà degli studi, sul ritorno dei voti e del 7 in condotta (anche per i bambini di 6 anni o 5, se in anticipo!), trovando così il modo di distrarre dai reali problemi della scuola nonché l’escamotage all’esigenza di ridurre drasticamente le risorse pubbliche dedicate alla scuola italiana.
Questa, al di là dei giri di parole, è la “dura” sostanza del decreto legge 112/08 convertito in legge ordinaria n. 133/08.
Un modello che ha funzionato per oltre vent’anni
Com’è noto, da oltre vent’anni la scuola elementare vede la presenza in ogni classe (meglio, in un gruppo di 2 classi aggregate in un modulo) di un team di docenti (in genere composto da tre insegnanti: per l’area linguistica, quella matematica e quella storico-sociale) che duplicano i loro interventi nelle due classi loro assegnate. Una pluralità di docenti (simile a quella esistente in tutti gli altri livelli scolastici, compresa la scuola dell’infanzia), che lavora in modo efficace perché dedica almeno due ore settimanali del tempo di lavoro obbligatorio alla programmazione dell’attività didattica delle singole classi. Esiste anche la variante della scuola a tempo pieno, con due docenti contitolari per ogni classe (il modello, in crescita, riguarda circa il 25% delle classi in Italia, con vistose differenze territoriali). Vanno ricordati, per completezza, anche gli interventi, previsti però in tutti gli altri gradi scolastici, dei docenti di sostegno, dei docenti di lingue straniere, del docente di religione. Occorre ammettere che in qualche caso l’eccessiva frammentazione degli interventi ha limitato l’efficacia del modello di team teaching, che in via generale rappresenta un punto di forza della scuola italiana.
Un conto però è riflettere su alcune modalità di organizzazione didattica e decidere di migliorarle, un conto è cancellare con un provvedimento amministrativo e senza alcuna pubblica discussione, oltre vent’anni di storia e di impegno innovativo della scuola elementare.
Allora, perché tanto accanimento nei confronti della scuola primaria? Dove sta il vero problema? Com’è possibile che si decida di intervenire senza alcun approfondimento e conoscenza della realtà della scuola elementare? Ricordiamolo, oltre 2.580.000 allievi e 245.000 docenti, con una presenza capillare sul territorio, distribuita in oltre 16.000 scuole e 138.000 classi.
Le sfide del futuro non si affrontano guardando al passato
Chi propone il ripristino della figura del maestro “unico” guarda indietro. Ha molta nostalgia per il maestro/la maestra dal buon sapore antico, quello deamicisiano di fine Ottocento, capace con la sua autorevolezza (una prerogativa tutta maschile?) di essere un sicuro punto di riferimento per classi che già allora erano socialmente eterogenee e a cui la Nazione aveva affidato il compito di perseguire con energia valori di integrazione, solidarietà, emulazione positiva. Anche oggi abbiamo problemi assai simili, di uguaglianza di opportunità, di senso di appartenenza, di incontro di culture, ma in una situazione sociale profondamente mutata, per il ruolo della scuola, per la figura dei docenti, per l’atteggiamento delle famiglie e degli stessi ragazzi.
È giusto guardare a una scuola rigorosa e seria capace di istruire ed educare, ma non è certo imponendo per decreto un modello impoverito e datato anni cinquanta che si affrontano le complesse e difficili sfide del futuro.
Un grande dibattito accompagnò il superamento del ‘maestro unico’
Si ha l’impressione che si voglia chiudere in fretta una parentesi, quella degli ultimi quaranta anni che, secondo molti Ministri di questo Governo, avrebbe ridotto la scuola allo sfascio. Anche qui c’è molto su cui ragionare: meglio studiare le ragioni del successo di certe scuole e di certi territori, piuttosto che gridare genericamente allo sfascio!
La scuola elementare ha avuto profonde riforme negli anni ottanta, largamente condivise, frutto di una stagione di intensa partecipazione e passione pedagogica (già di per sé ragione di “successo educativo”), non certo di vacuo pedagogismo. Si decise di superare la figura del maestro unico e di avviarsi verso un team di docenti, con competenze meno generiche, capace di lavorare insieme agli altri colleghi e di tener conto delle esigenze dei singoli bambini, in grado di elaborare in modo più appropriato di un insegnante “tuttologo” contenuti e strategie educative nei vari ambiti del sapere.
Nessuna verifica giustifica i provvedimenti restrittivi in atto
Esiste certamente l’esigenza di compiere un bilancio di quanto sia avvenuto: quali i risultati, quali i limiti, quali le potenzialità. Anche se i dati delle ultime indagini ci confermano della bontà della scelta compiuta. Ma da quanto tempo la scuola chiede un credibile sistema di documentazione e valutazione che renda visibile il “valore aggiunto” prodotto dalla scuola e dagli insegnanti? Non bastano giudizi affrettati fatti “a lume di naso” per manomettere uno dei più solidi segmenti del nostro sistema scolastico. Tra le poche indagini comparative quella IEA-Pirls del 2005 testimonia una ottima tenuta dei livelli di apprendimento in lettura dei nostri allievi di quarta elementare, ben diversa da ciò che si rileva dopo. La scuola ha bisogno di azioni ponderate e condivise, non di soluzioni estemporanee e demagogiche. Il tutto per giustificare la manovra finanziaria!
Il rischio di vanificare i caratteri più significativi della nostra scuola
Già ora sono poche le risorse destinate alla scuola rispetto ai nostri partner europei. Discutiamo pure di come azzerare gli sprechi, di come utilizzare meglio le risorse per la scuola e, soprattutto, di come incrementarle, anziché diminuirle portando così la scuola e il Paese verso un inevitabile declino. La riduzione del numero degli insegnanti è diventato uno dei cardini (forse nemmeno ben soppesato nelle sue conseguenze disastrose) della politica scolastica dei prossimi anni. È fin troppo facile additare gli alti rapporti numerici insegnanti-allievi per la scuola elementare e quindi proporre radicali correttivi. Il problema del numero degli insegnanti richiede un’analisi non emotiva. Occorre saper vedere (basta leggere il Quaderno Bianco) la specificità della scuola italiana e dei suoi 8.000 Comuni, la generalizzazione del diritto all’istruzione (“La scuola è aperta a tutti” recita l’art. 34 della Costituzione), l’intervento per i disabili, l’accoglienza dei cittadini non italiani, il tempo disteso a supporto delle famiglie (e chiave di volta di una buona didattica). Questi aspetti non sono dettagli e non possono essere relegati ad aride tabelle allegate alle manovre finanziarie.
Non siamo pregiudizialmente ostili a un ripensamento che faccia evolvere in positivo la nostra scuola, in una prospettiva educativa in continuità 3-16 anni, ove anche il biennio di istruzione obbligatoria (14-16 anni) faccia parte integrante della formazione di base di tutti i cittadini.
Aprire un dibattito serio sul futuro della scuola elementare
Ma sono indispensabili alcune condizioni minime per aprire con serietà un dibattito sul futuro della scuola elementare:
• una grande consultazione con i genitori, l’opinione pubblica, il mondo della cultura sul valore, il significato, il modo di funzionare della scuola elementare (e della scuola dell’infanzia);
• un monitoraggio pubblico e trasparente dell’evoluzione della scuola primaria a seguito della riforma del 1990, dei risultati conseguiti, degli aspetti eventualmente da migliorare (ricordiamo che alla fine degli anni novanta furono promosse indagini approfondite che portarono ad audizioni e orientamenti del Parlamento);
• un confronto aperto con gli insegnanti elementari, per riflettere sui nuovi compiti educativi, sulle professionalità acquisite, sugli impegni di sviluppo professionale, sulle migliori condizioni organizzative di un buon “fare scuola”;
• un trasparente processo di elaborazione dei piani di riorganizzazione del sistema scolastico impropriamente previsti dalla legge 133/08, che fa intravedere una mera riduzione dell’intervento (meno tempo scuola, meno sedi scolastiche, condizioni più gravose nelle classi) e mette in crisi lo stesso ruolo degli Enti locali;
• il rispetto del carattere innovativo che da sempre contraddistingue la scuola elementare, delle motivazioni e sensibilità dei suoi insegnanti, del suo legame con la comunità di appartenenza, a partire dalla continuità di ricerca e sperimentazione sulle “Indicazioni per il curricolo” (2007) e dalle forme di valutazione formativa che la qualificano da oltre trent’anni (legge 517/77).
Il nostro Paese, il nostro sistema scolastico, hanno bisogno di una scuola di base solida, autorevole, credibile. Non possiamo disperdere un patrimonio di professionalità, cultura, cura educativa, gettando nello sconforto migliaia di docenti che in tutti questi anni hanno quotidianamente tenuto alto il livello di qualità della nostra scuola elementare.
Alle ragioni della scuola non si risponde a colpi di decreto!
(1 Settembre 2008)
Cara scuola elementare…
Desta sconcerto e preoccupazione la disinvoltura con cui il Governo ha deciso di mettere mano al funzionamento della scuola elementare italiana, uno dei segmenti educativi più “amati” dalle famiglie e più accreditato anche dalle ricerche nazionali e internazionali sui livelli di apprendimento dei nostri ragazzi.
Nessuna seria indagine è stata promossa in questi mesi sul funzionamento della nostra scuola primaria, su eventuali esigenze di ripensamento della sua organizzazione, su nuove modalità di formazione e preparazione dei maestri elementari.
È bastata qualche battuta estiva sulle pagine dei giornali (citiamo per tutti l’esemplare intervista del Ministro Gelmini su “La Padania” del 25 agosto) per sollevare un improvvisato dibattito sulla serietà degli studi, sul ritorno dei voti e del 7 in condotta (anche per i bambini di 6 anni o 5, se in anticipo!), trovando così il modo di distrarre dai reali problemi della scuola nonché l’escamotage all’esigenza di ridurre drasticamente le risorse pubbliche dedicate alla scuola italiana.
Questa, al di là dei giri di parole, è la “dura” sostanza del decreto legge 112/08 convertito in legge ordinaria n. 133/08.
Un modello che ha funzionato per oltre vent’anni
Com’è noto, da oltre vent’anni la scuola elementare vede la presenza in ogni classe (meglio, in un gruppo di 2 classi aggregate in un modulo) di un team di docenti (in genere composto da tre insegnanti: per l’area linguistica, quella matematica e quella storico-sociale) che duplicano i loro interventi nelle due classi loro assegnate. Una pluralità di docenti (simile a quella esistente in tutti gli altri livelli scolastici, compresa la scuola dell’infanzia), che lavora in modo efficace perché dedica almeno due ore settimanali del tempo di lavoro obbligatorio alla programmazione dell’attività didattica delle singole classi. Esiste anche la variante della scuola a tempo pieno, con due docenti contitolari per ogni classe (il modello, in crescita, riguarda circa il 25% delle classi in Italia, con vistose differenze territoriali). Vanno ricordati, per completezza, anche gli interventi, previsti però in tutti gli altri gradi scolastici, dei docenti di sostegno, dei docenti di lingue straniere, del docente di religione. Occorre ammettere che in qualche caso l’eccessiva frammentazione degli interventi ha limitato l’efficacia del modello di team teaching, che in via generale rappresenta un punto di forza della scuola italiana.
Un conto però è riflettere su alcune modalità di organizzazione didattica e decidere di migliorarle, un conto è cancellare con un provvedimento amministrativo e senza alcuna pubblica discussione, oltre vent’anni di storia e di impegno innovativo della scuola elementare.
Allora, perché tanto accanimento nei confronti della scuola primaria? Dove sta il vero problema? Com’è possibile che si decida di intervenire senza alcun approfondimento e conoscenza della realtà della scuola elementare? Ricordiamolo, oltre 2.580.000 allievi e 245.000 docenti, con una presenza capillare sul territorio, distribuita in oltre 16.000 scuole e 138.000 classi.
Le sfide del futuro non si affrontano guardando al passato
Chi propone il ripristino della figura del maestro “unico” guarda indietro. Ha molta nostalgia per il maestro/la maestra dal buon sapore antico, quello deamicisiano di fine Ottocento, capace con la sua autorevolezza (una prerogativa tutta maschile?) di essere un sicuro punto di riferimento per classi che già allora erano socialmente eterogenee e a cui la Nazione aveva affidato il compito di perseguire con energia valori di integrazione, solidarietà, emulazione positiva. Anche oggi abbiamo problemi assai simili, di uguaglianza di opportunità, di senso di appartenenza, di incontro di culture, ma in una situazione sociale profondamente mutata, per il ruolo della scuola, per la figura dei docenti, per l’atteggiamento delle famiglie e degli stessi ragazzi.
È giusto guardare a una scuola rigorosa e seria capace di istruire ed educare, ma non è certo imponendo per decreto un modello impoverito e datato anni cinquanta che si affrontano le complesse e difficili sfide del futuro.
Un grande dibattito accompagnò il superamento del ‘maestro unico’
Si ha l’impressione che si voglia chiudere in fretta una parentesi, quella degli ultimi quaranta anni che, secondo molti Ministri di questo Governo, avrebbe ridotto la scuola allo sfascio. Anche qui c’è molto su cui ragionare: meglio studiare le ragioni del successo di certe scuole e di certi territori, piuttosto che gridare genericamente allo sfascio!
La scuola elementare ha avuto profonde riforme negli anni ottanta, largamente condivise, frutto di una stagione di intensa partecipazione e passione pedagogica (già di per sé ragione di “successo educativo”), non certo di vacuo pedagogismo. Si decise di superare la figura del maestro unico e di avviarsi verso un team di docenti, con competenze meno generiche, capace di lavorare insieme agli altri colleghi e di tener conto delle esigenze dei singoli bambini, in grado di elaborare in modo più appropriato di un insegnante “tuttologo” contenuti e strategie educative nei vari ambiti del sapere.
Nessuna verifica giustifica i provvedimenti restrittivi in atto
Esiste certamente l’esigenza di compiere un bilancio di quanto sia avvenuto: quali i risultati, quali i limiti, quali le potenzialità. Anche se i dati delle ultime indagini ci confermano della bontà della scelta compiuta. Ma da quanto tempo la scuola chiede un credibile sistema di documentazione e valutazione che renda visibile il “valore aggiunto” prodotto dalla scuola e dagli insegnanti? Non bastano giudizi affrettati fatti “a lume di naso” per manomettere uno dei più solidi segmenti del nostro sistema scolastico. Tra le poche indagini comparative quella IEA-Pirls del 2005 testimonia una ottima tenuta dei livelli di apprendimento in lettura dei nostri allievi di quarta elementare, ben diversa da ciò che si rileva dopo. La scuola ha bisogno di azioni ponderate e condivise, non di soluzioni estemporanee e demagogiche. Il tutto per giustificare la manovra finanziaria!
Il rischio di vanificare i caratteri più significativi della nostra scuola
Già ora sono poche le risorse destinate alla scuola rispetto ai nostri partner europei. Discutiamo pure di come azzerare gli sprechi, di come utilizzare meglio le risorse per la scuola e, soprattutto, di come incrementarle, anziché diminuirle portando così la scuola e il Paese verso un inevitabile declino. La riduzione del numero degli insegnanti è diventato uno dei cardini (forse nemmeno ben soppesato nelle sue conseguenze disastrose) della politica scolastica dei prossimi anni. È fin troppo facile additare gli alti rapporti numerici insegnanti-allievi per la scuola elementare e quindi proporre radicali correttivi. Il problema del numero degli insegnanti richiede un’analisi non emotiva. Occorre saper vedere (basta leggere il Quaderno Bianco) la specificità della scuola italiana e dei suoi 8.000 Comuni, la generalizzazione del diritto all’istruzione (“La scuola è aperta a tutti” recita l’art. 34 della Costituzione), l’intervento per i disabili, l’accoglienza dei cittadini non italiani, il tempo disteso a supporto delle famiglie (e chiave di volta di una buona didattica). Questi aspetti non sono dettagli e non possono essere relegati ad aride tabelle allegate alle manovre finanziarie.
Non siamo pregiudizialmente ostili a un ripensamento che faccia evolvere in positivo la nostra scuola, in una prospettiva educativa in continuità 3-16 anni, ove anche il biennio di istruzione obbligatoria (14-16 anni) faccia parte integrante della formazione di base di tutti i cittadini.
Aprire un dibattito serio sul futuro della scuola elementare
Ma sono indispensabili alcune condizioni minime per aprire con serietà un dibattito sul futuro della scuola elementare:
• una grande consultazione con i genitori, l’opinione pubblica, il mondo della cultura sul valore, il significato, il modo di funzionare della scuola elementare (e della scuola dell’infanzia);
• un monitoraggio pubblico e trasparente dell’evoluzione della scuola primaria a seguito della riforma del 1990, dei risultati conseguiti, degli aspetti eventualmente da migliorare (ricordiamo che alla fine degli anni novanta furono promosse indagini approfondite che portarono ad audizioni e orientamenti del Parlamento);
• un confronto aperto con gli insegnanti elementari, per riflettere sui nuovi compiti educativi, sulle professionalità acquisite, sugli impegni di sviluppo professionale, sulle migliori condizioni organizzative di un buon “fare scuola”;
• un trasparente processo di elaborazione dei piani di riorganizzazione del sistema scolastico impropriamente previsti dalla legge 133/08, che fa intravedere una mera riduzione dell’intervento (meno tempo scuola, meno sedi scolastiche, condizioni più gravose nelle classi) e mette in crisi lo stesso ruolo degli Enti locali;
• il rispetto del carattere innovativo che da sempre contraddistingue la scuola elementare, delle motivazioni e sensibilità dei suoi insegnanti, del suo legame con la comunità di appartenenza, a partire dalla continuità di ricerca e sperimentazione sulle “Indicazioni per il curricolo” (2007) e dalle forme di valutazione formativa che la qualificano da oltre trent’anni (legge 517/77).
Il nostro Paese, il nostro sistema scolastico, hanno bisogno di una scuola di base solida, autorevole, credibile. Non possiamo disperdere un patrimonio di professionalità, cultura, cura educativa, gettando nello sconforto migliaia di docenti che in tutti questi anni hanno quotidianamente tenuto alto il livello di qualità della nostra scuola elementare.
Alle ragioni della scuola non si risponde a colpi di decreto!
(1 Settembre 2008)
Un altro dei pilastri sui quali si fonda nuova idea di scuola è la concezione dello studente-utente e della scuola-impresa. Secondo questa ormai diffusa concezione, la scuola non assolve tanto a una funzione educativa, bensì a una funzione di erogazione di servizi che deve essere svolta con il massimo di soddisfazione dell’utente, in modo da aumentare il numero dei clienti. La via più semplice per ottenere questo risultato è stata purtroppo quella di offrire promozioni con il minimo sforzo.Questo è il fulcro della questione.
Se da un lato può essere vero che lo studente è un "cliente" del servizio "istruzione", su questioni simili la struttura concorrenziale può avere effetti disastrosi.
In Italia è mentalità diffusa che il diploma, la laurea, siano solo un "pezzo di carta necessario".
Quindi, i genitori (ed i figli di conseguenza) si ritengono clienti del diplomificio, non del culturificio.
In un sistema simile, la concorrenza può avere solo l'effetto devastante che sta avendo.
Si badi bene che il modello concorrenziale fa egregiamente il suo dovere: premia i produttori che vendono il prodotto richiesto dal cliente.
Il problema è che l'interesse del singolo è il diploma, mentre quello della collettività è l'istruzione.
Sembra un paradosso, ma ciò che ogni individuo desidera per sè è diverso da ciò che egli desidera per gli altri. Per sè il diploma, per gli altri il sapere.
Questo è un effetto perverso del free-riding, ed è una patologia che affligge tutti i beni pubblici o misti.
E la soluzione in questi casi non è la concorrenza, poichè è dimostrato che il mercato fallisce in questi casi.
Infine, l’ossessione di sottoporre la cultura, la ricerca scientifica e l’istruzione a una misurazione quantitativa oggettiva e a processi di standardizzazione, aspetti che erano estranei al sistema scolastico italiano, sono la conseguenza di una profonda sfiducia nell’uomo e portano a eliminare la sua visibilità e le sue tracce. Ma così facendo si elimina anche la creatività dell’uomo: “il docente della scuola standardizzata secondo i metodi di tipo docimologico-didattichese non è più un uomo di cultura che, sia pure entro certe finalità, programmi e metodologie, trasmette le sue conoscenze e la sua esperienza per formare persone, ma un ‘operatore’, un funzionario scolastico, un burocrate dell’istruzione che è tanto più apprezzato quanto più cancella la sua soggettività, quanto più elimina le tracce della sua presenza”.Questo succede anche nelle grandi aziende.
Le "misurazioni scientifiche" della qualità sono sempre da prendere con le pinze.
Dove lavoro io si usano centinaia di indici, creati opportunamente per ogni reparto, che misurano l'efficienza di quel reparto.
Il risultato è che, sapendo di essere valutati sulla base di quegli indici, i lavoratori di quel reparto si preoccupano di lavorare massimizzando il valore di quei risultati, anche con operazioni senza senso (o persino dannose), con il solo fine di raggiungere un punteggio più alto.
Esempio: vengono misurati i giorni trascorsi dal booking di un prodotto all'emissione della fattura; il target è 3 giorni lavorativi.
Ciò che generalmente impedisce la fatturazione entro tre giorni è la mancanza di informazioni sul carico o sulla destinazione del carico, che possono essere comunicate in seguito.
Al fine di non vedere penalizzato l'indice di misurazione, viene emessa una fattura incompleta entro il terzo giorno, e quando si hanno a disposizione tutte le informazioni, la fattura viene stornata (attraverso una nota di credito) e riemessa.
Questo tipo di comportamento è (dal punto di vista del cliente) peggiore del ritardo dell'emissione della fattura, ed è stato interamente indotto da questo "indice di rilevazione della qualità".
Se penso a come è vista la figura dell'insegnante dagli studenti in Italia mi viene da piangere; spesso non solo gli alunni mancano di rispetto nei loro confronti ma anche i genitori degli alunni mandano a quel paese i professori per difendere i propri figli. Comunque Sergio ha sicuramente ragione quando dice che bisogna iniziare a pianificare a lungo termine. Quella che ci vorrebbe è una profonda riforma di tutto il sistema scolastico.
"Sergio":
E lo dici così???
Io non ho "studiato il mondo dell'istruzione in paesi esteri", ho solo cercato di basare i miei argomenti, quali che fossero, su dati di fatto. Su quelli che ho trovato gironzolando su Internet.
Non ti credere, anche io mi sono basato su letture che ho trovato da più parti sul web.
Principalmente, mi sono interessato al sistema giapponese, visto che è un paese che mi incuriosisce.
Purtroppo su Singapore non so nulla riguardo agli insegnanti, però ho un attimo visto la questione della lingua.
Praticamente si punta ad un bilinguismo: una delle due lingue è obbligatoriamente inglese, per due scopi:
One of its primary objectives is to promote English as the common (and neutral) language among the diverse ethnic groups in Singapore.
e
The designation of English as the first language also serves to expedite Singapore's integration into the world economy.
Già dalla pre-scuola (asilo, dai 3 ai 6 anni), i bambini sono abituati a parlare inglese e la loro lingua madre, a seconda dell'etnia.
Però non si porrebbe il problema del "quadrilinguismo", visto che anche alle elementari si insegnano due lingue.
Anzi, spesso accade che
Many private or church-based kindergartens might not offer Malay or Tamil, so non-Chinese pupils might also learn Chinese in these kindergartens.
Il "kindergartens" è l'asilo. La questione della lingua non è un impedimento, insomma, al maestro unico.
"Sergio":
Gli insegnanti sono gli unici dipendenti pubblici laureati confinati per tutta la loro vita professionale in un unico livello retributivo, il più basso fra quelli previsti a parità di titolo di studio."
Per risponderti, e ri-citare nuovamente il Giappone, posso dirti come è descritto l'insegnante locale su un testo di geografia che lessi e che si soffermava sull'educazione.
Il maestro, e in generale la figura dell'insegnante, è tenuta in alta considerazione nella società, portando come paragone la figura del medico qui da noi, per far capire.
E aggiungeva che percepiscono retribuzioni molto buone.
Bah, non sono d'accordo.
Secondo me è necessaria la divisione dei compiti... Già è difficile organizzare le lezioni di una materia quanto a tempi e programmi da rispettare (programmi evidentemente scritti da persone che ignorano totalmente il mondo della realtà...), figuriamoci dover insegnare materie spesso sostanzialmente diverse e per giunta in una scuola elementare! Perché fare il maestro non è affatto semplice ma richiede oltre che competenze, una grande e sterminata ammirazione per il proprio lavoro e soprattutto pazienza. Con ciò non nego affatto l'importanza dei collegamenti "interdisciplinari" invece delle scontate, sterili "chiusure" che troppo spesso siamo costretti a tollerare. La scuola deve favorire il dialogo tra le discipline (invece della sterile conoscenza nozionistica) ma questo provvedimento - secondo me - limita, svilisce, complica un sistema che è già "per natura" storicamente complicato. E poi, come risolvere gli esuberi? I sogni di tanti insegnanti - magari da anni precarie - in ansia per un posto che quasi sicuramente non ricopriranno mai?


Sono convinta che: il ritorno del grembiule, il ritorno del maestro unico etc. etc. sono il ritorno ad un paese che vuole il "controllo" e dare l'impressione che siamo "in via di sviluppo". Ma per dove? Vinti e vincitori. Sento nell'aria una americanizzazione di tutti i sistemi. Nessun politico riesce a capire che l'istruzione non va penalizzata? Le risorse vanno gestite nel modo migliore, è così in Italia? I beni culturali e l'istruzione sono sempre in fondo alla lista: l'Italia ricca di monumenti in degrado e ricca di studenti ultimi per la poca preparazione.
Le conseguenze sono due: fuga dei cervelli e quelli che restano (i senza cervelli) ci governano.
140000 insegnanti in meno significano classi più numerose nelle quali i più "deboli" potrebbero non ricevere tutte le attenzioni necessarie, significa meno tempo scuola, significa diversabili con meno ore di sostegno.
Provate ad immaginare, ma concentrandovi sul serio, il maestro unico in una prima elementare di 30 alunni non ancora scolarizzati, di cui uno diversabile...!
Ho la netta impressione che il governo lavori scientificamente per una scuola pubblica scarsamente efficiente, destinata a chi non può permettersi quella privata.
A dirla tutta, ho la netta impressione che il governo lavori per smantellare tutto il Pubblico Impiego cominciando da noi addetti alla scuola che, poco organizzati da sempre, o, comunque, divisi in mille sigle, siamo in questo momento uno dei bersagli più facili.
Provate ad immaginare, ma concentrandovi sul serio, il maestro unico in una prima elementare di 30 alunni non ancora scolarizzati, di cui uno diversabile...!
Ho la netta impressione che il governo lavori scientificamente per una scuola pubblica scarsamente efficiente, destinata a chi non può permettersi quella privata.
A dirla tutta, ho la netta impressione che il governo lavori per smantellare tutto il Pubblico Impiego cominciando da noi addetti alla scuola che, poco organizzati da sempre, o, comunque, divisi in mille sigle, siamo in questo momento uno dei bersagli più facili.
Io sono del parere che il problema più grave delle scuole primarie e secondarie e delle università italiane è un altro: non c'è alcun controllo di nessun genere! Poco cambia secondo me fra uno o tre insegnanti alle elementari, quello che più conta è la passione per l'insegnamento che ha l'insegnante; sicuramente anche la preparazione è importante, ma mai quanto la passione stessa dell'insegnamento. Basta guardarsi attorno (al di là del fatto che non ci si può basare solo sulle eserienze personali): si passa da insegnanti che stuprano i porpri alunni a insegnanti che riescono a motivare e incuriosire tantissimo gli alunni nello studio, e questo sia per insegnanti delle elementari che delle superiori! Per non parlare delle università che a mio parere è la categoria messa peggio! Vi faccio qualche esempio delle mie esperienze personali: trovo inammissibile che un insegnante universitario di analisi non faccia alcun ricevimento in tutto l'anno, o che pretenda che i suoi alunni acquistino necessariamente il libro da lui scritto per poter passare la materia e che a lezione tutto riesca a fare tranne che spiegare la sua materia! O che un professore cambi l'orario di una lezione o di un esame senza alcun preavviso e che gli studenti debbano letteralmente vagare per tutta la facoltà alla ricerca dell'aula! E questi sono solo alcuni esempi dei molti casi che un po' tutti affrontiamo nella vita quotidiana. Di sicuro è impossibile trovare una sorta di insegante perfetto, perchè tutti siamo persone con i nostri difetti e i nostri pregi, però penso che ogni insegnante (che sia di elementare medie, superiori o università) debba rispettare certi canoni e per far si che ciò accada penso che il metodo migliore sia creare una sorta di organi di controllo, cioè ad esempio nascondere fra le file di un'aula universitaria qualche finto studente inviato appositamente per controllare l'operato del professore, o qualcosa di simile. Non so se quello che dico è solo frutto di pura fantasia o è qualcosa da prendere in considerazione e se sono riuscita a spiegarmi, in ogni caso ritengo che la pecca più grande dell'istruzione italiana sia questa...Bisognerebbe investire qualcosina per poter controllare l'operato e la passione degli insegnanti, successivamente ci si potrebbe porre il dubbio del maestro unico! Io comunque penso che sarebbe meglio lasciare 3 insegnanti o al limite 2 in modo da favorire, come dicevate, il confronto dei bambini con più persone e ridurre l'impatto che si ha nel passaggio alle scuole medie in cui ci si ritrova in un "nuovo mondo".
Infine vorrei aggiungere che concordo con questi paesi esteri in cui prediligono lo studio delle scienze matematiche fin dalle elementari, non per male, le discipline letterarie sono pure fondamentali, però io amplierei i programmi di matematica delle scuole elementari italiane in modo da avere basi più solide per gli anni di studio successivi.
P.S. Scusate se forse sono uscita un po fuori tema o mi sono espressa male!
Infine vorrei aggiungere che concordo con questi paesi esteri in cui prediligono lo studio delle scienze matematiche fin dalle elementari, non per male, le discipline letterarie sono pure fondamentali, però io amplierei i programmi di matematica delle scuole elementari italiane in modo da avere basi più solide per gli anni di studio successivi.
P.S. Scusate se forse sono uscita un po fuori tema o mi sono espressa male!

Un'insegnante laureata in lettere e filosofia non ha la padronanza delle discipline scientifiche e non può improvvisare un argomento solo perchè lo deve fare. Insegnare la matematica in modo corretto alla scuola primaria significa far capire la materia ai futuri studenti che, forse, non avranno paura della bestia nera.
Molti insegnanti non sanno neanche fare una semplice divisione, immaginate l'insegnamento che possono offrire!!!
"Steven":
[quote="nox89"] Il problema è che quasi tutti gli insegnanti (italiani) di elementari che ho conosciuto io, non hanno una conoscenza adeguata di tutte le materie.
Basarsi solo sulla propria esperienza è riduttivo.
Ciò su cui normalmente ci si basa sono dati globali, del tipo segnalato da Sergio.
Personalmente, e non mento, posso dire di aver avuto un'enorme fortuna con le mie maestre.
Preparate e severe al punto giusto, sono convinto che ognuna di loro sarebbe stata all'altezza di seguire da sola l'intera classe.
Ma questo, coerentemente con quanto detto sopra, non ha un gran valore ai fini della discussione.[/quote]
Io penso che se si tratta, come dici, di tre brave maestre, allora ognuna di loro ha potuto trarre giovamento dal confronto con le altre e dalla corresponsabilità delle classi a loro affidate.
E' anacronistico, al di là della bravura del docente, pensare di tornare ad un sistema in cui un insegnante era l'unico responsabile della classe.
Sai quale è la grande differenza fra la scuola elementare e quella secondaria ? Che nella prima si collabora molto di più fra colleghi. Ed è forse quello che fa la differenza.
"nox89":
Il problema è che quasi tutti gli insegnanti (italiani) di elementari che ho conosciuto io, non hanno una conoscenza adeguata di tutte le materie.
Basarsi solo sulla propria esperienza è riduttivo.
Ciò su cui normalmente ci si basa sono dati globali, del tipo segnalato da Sergio.
Personalmente, e non mento, posso dire di aver avuto un'enorme fortuna con le mie maestre.
Preparate e severe al punto giusto, sono convinto che ognuna di loro sarebbe stata all'altezza di seguire da sola l'intera classe.
Ma questo, coerentemente con quanto detto sopra, non ha un gran valore ai fini della discussione.
Chiariamo una cosa: se si torna al maestro unico, non è che le cose precipitano, perchè comunque gli insegnanti saranno gli stessi e se hanno lavorato bene sino ad adesso, continueranno a svolgere la loro professione nel migliore dei modi.
L'analisi dei test spesso lascia il tempo che trova, sia perchè non sempre è chiaro cosa effettivamente misurano ("capacità di lettura" è troppo generico...), sia per le modalità in cui le competenze oggetto dell'indagine vengono accertate (ad esempio in certi stati gli studenti sono più abituati ai test a risposta multipla, in Italia molto meno) che possono falsare i risultati o comunque attribuire loro un valore alquanto indicativo.
Mi chiedo però se oggi è concepibile che un maestro abbia da solo la responsabilità della classe. Ciò che è stato nel passato era figlio di una diversa società. Allora aveva un senso, oggi non più.
Non è un problema di competenze del maestro, perchè un insegnante elementare deve essere pronto a convertirsi e ad insegnare tutte le discipline (cosa accadrebbe se in un modulo tutto vogliono insegnare italiano e nessuno vuole occuparsi della matematica? ), ma piuttosto dell'esigenza di lavorare in gruppo e di confrontarsi con gli altri. Le strategie didattiche del passato erano molto meno mutevoli di quelle di oggi (anche perchè chi non riusciva a stare al passo veniva bocciato, anche alle elementari), per cui il problema di provare nuovi approcci era molto meno sentito.
Altro aspetto è quello del passaggio alla scuola media. Passare dall'avere un unico insegnante per cinque anni ad averne otto il primo anno della scuola media richiede un notevole sforzo di adattamento, che non sempre è così semplice da realizzare. Ed era una delle cause di molti fallimenti alla scuola media.
L'analisi dei test spesso lascia il tempo che trova, sia perchè non sempre è chiaro cosa effettivamente misurano ("capacità di lettura" è troppo generico...), sia per le modalità in cui le competenze oggetto dell'indagine vengono accertate (ad esempio in certi stati gli studenti sono più abituati ai test a risposta multipla, in Italia molto meno) che possono falsare i risultati o comunque attribuire loro un valore alquanto indicativo.
Mi chiedo però se oggi è concepibile che un maestro abbia da solo la responsabilità della classe. Ciò che è stato nel passato era figlio di una diversa società. Allora aveva un senso, oggi non più.
Non è un problema di competenze del maestro, perchè un insegnante elementare deve essere pronto a convertirsi e ad insegnare tutte le discipline (cosa accadrebbe se in un modulo tutto vogliono insegnare italiano e nessuno vuole occuparsi della matematica? ), ma piuttosto dell'esigenza di lavorare in gruppo e di confrontarsi con gli altri. Le strategie didattiche del passato erano molto meno mutevoli di quelle di oggi (anche perchè chi non riusciva a stare al passo veniva bocciato, anche alle elementari), per cui il problema di provare nuovi approcci era molto meno sentito.
Altro aspetto è quello del passaggio alla scuola media. Passare dall'avere un unico insegnante per cinque anni ad averne otto il primo anno della scuola media richiede un notevole sforzo di adattamento, che non sempre è così semplice da realizzare. Ed era una delle cause di molti fallimenti alla scuola media.
Allora forse non mi sono spiegato Sergio, quello che intendo dire è che a me l'idea del maestro unico piace perchè so che vi sono risultati ottimi in molti paesi che hanno adottato questo metodo di insegnamento. Il problema è che quasi tutti gli insegnanti (italiani) di elementari che ho conosciuto io, non hanno una conoscenza adeguata di tutte le materie. Sarebbe necessario fare prima dei corsi di preparazione per metterli in condizioni di insegnare tutte le discipline in modo soddisfacente prima di dar loro questo incarico, non credi? [/quote]