La mancanza di rigore nei fondamenti della fisica
Ciao a tutt! Vi sottopongo un altro problema che mi arrovella da anni (avete presente il classico "tarlo che rode"?).
Premetto che sono laureato in matematica e in fisica, anche se credo che il mio modo di pensare sia più simile a quello dei matematici che dei fisici...
Il tarlo che mi rode è il modo con cui vengono definite le grandezze fondamentali della fisica. Nel mio piccolo, ho sempre pensato che le definizioni che vengono proposte al liceo o all'università non siano rigorose.
Prendiamo, per esempio, il modo con cui viene definito il tempo. In tutti i testi che ho letto, da quelli scolastici a quelli univesitari, si dice che il tempo è "una grandezza fisica che si può misurare (operativamente) con un cronometro", e si descrive poi come si può costruire un cronometro (una clessidra, un orologio atomico... la sostanza del discorso non cambia), sfruttando un "fenomeno periodico" (il passaggio dell'acqua nella clessidra, l'oscillazione della radiazione emessa da una particolare transizione atomica, ...), che può quindi essere utilizzato come "unità di misura". "Periodico" significa naturalmente "che si ripete uguale in tempi uguali".
La circolarità di questa "definizione" mi sembra evidente (un po' come quella di probabilità classica secondo Laplace, "numero di casi favorevoli diviso numero di casi possibili, con questi ultimi equiprobabili").
Lo stesso problema si presenta nella definizione della lunghezza, come "grandezza fisica misurabile operativamente con un regolo rigido", dove "rigido" significa "di lunghezza costante". Se il regolo è fatto di metallo e si riscalda, e conseguentemente si dilata (come ci insegna la termodinamica), dobbiamo concludere che la lunghezza di ciò che viene misurato con esso si riduce?
Passiamo alla definizione di "forza", definita come una "grandezza misurabile staticamente con un dinamometro". Con questa definizione si passa ad enunciare la seconda legge di Newton. Poi però si fa riferimento a forze che dipendono
dalla velocità (come la forza di attrito dinamico, o la forza di Lorentz), per le quali è impossibile una misura statica: si dice che queste forze possono essere misurate "dinamicamente" attraverso la legge di Newton.
Analoghi problemi si hanno con la definizione di "sistema di riferimento inerziale", e così via.
Ho sempre pensato che il modo con cui i fisici definiscono i fondamenti della propria disciplina non sia affatto rigoroso: l'(ab)uso del linguaggio naturale, il ritornare sulle definizioni estendendole quando è necessario (che sa molto di "lavori in corso"), lo stesso concetto di "definizione operativa" (che non credo che un matematico potrebbe accettare), la mancanza di precisione rendono, a mio modesto parere, la struttura logica dei fondamenti della fisica davvero farraginosa.
Certo, la fisica è una scienza sperimentale: il suo fine è la spiegazione dei fenomeni naturali. Tuttavia non vedo come potrebbe nuocere alla disciplina (anche dal punto di vista didattico) una sistemazione rigorosa dei suoi concetti, così come si fa in matematica.
Che cosa ne pensate?
Lorenzo
Premetto che sono laureato in matematica e in fisica, anche se credo che il mio modo di pensare sia più simile a quello dei matematici che dei fisici...
Il tarlo che mi rode è il modo con cui vengono definite le grandezze fondamentali della fisica. Nel mio piccolo, ho sempre pensato che le definizioni che vengono proposte al liceo o all'università non siano rigorose.
Prendiamo, per esempio, il modo con cui viene definito il tempo. In tutti i testi che ho letto, da quelli scolastici a quelli univesitari, si dice che il tempo è "una grandezza fisica che si può misurare (operativamente) con un cronometro", e si descrive poi come si può costruire un cronometro (una clessidra, un orologio atomico... la sostanza del discorso non cambia), sfruttando un "fenomeno periodico" (il passaggio dell'acqua nella clessidra, l'oscillazione della radiazione emessa da una particolare transizione atomica, ...), che può quindi essere utilizzato come "unità di misura". "Periodico" significa naturalmente "che si ripete uguale in tempi uguali".
La circolarità di questa "definizione" mi sembra evidente (un po' come quella di probabilità classica secondo Laplace, "numero di casi favorevoli diviso numero di casi possibili, con questi ultimi equiprobabili").
Lo stesso problema si presenta nella definizione della lunghezza, come "grandezza fisica misurabile operativamente con un regolo rigido", dove "rigido" significa "di lunghezza costante". Se il regolo è fatto di metallo e si riscalda, e conseguentemente si dilata (come ci insegna la termodinamica), dobbiamo concludere che la lunghezza di ciò che viene misurato con esso si riduce?
Passiamo alla definizione di "forza", definita come una "grandezza misurabile staticamente con un dinamometro". Con questa definizione si passa ad enunciare la seconda legge di Newton. Poi però si fa riferimento a forze che dipendono
dalla velocità (come la forza di attrito dinamico, o la forza di Lorentz), per le quali è impossibile una misura statica: si dice che queste forze possono essere misurate "dinamicamente" attraverso la legge di Newton.
Analoghi problemi si hanno con la definizione di "sistema di riferimento inerziale", e così via.
Ho sempre pensato che il modo con cui i fisici definiscono i fondamenti della propria disciplina non sia affatto rigoroso: l'(ab)uso del linguaggio naturale, il ritornare sulle definizioni estendendole quando è necessario (che sa molto di "lavori in corso"), lo stesso concetto di "definizione operativa" (che non credo che un matematico potrebbe accettare), la mancanza di precisione rendono, a mio modesto parere, la struttura logica dei fondamenti della fisica davvero farraginosa.
Certo, la fisica è una scienza sperimentale: il suo fine è la spiegazione dei fenomeni naturali. Tuttavia non vedo come potrebbe nuocere alla disciplina (anche dal punto di vista didattico) una sistemazione rigorosa dei suoi concetti, così come si fa in matematica.
Che cosa ne pensate?
Lorenzo
Risposte
"Lorenzo Pantieri":
Non parlo certo a nome di Fields (che ha ampiamente dimostrato di saper esprimere benissimo le proprie idee!): tuttavia, a me pare che Fields abbia semplicemente detto che "la matematica è la più rigorosa delle scienze".
Sì, mi ha interpretato bene Lorenzo. Non ho detto che le altre scienze non rispettano le regole della logica, ma che non rispettano tali regole nella loro pienezza formale.
Inoltre ho parlato di apparente impossibilità di formalizzare completamente le scienze naturali, scegliendo con cura le parole, proprio perché a me intuitivamente una tale impossibilità appare, ma non sono certo che essa sia reale. Con della scienza naturale completamente formalizzata a me sembrerebbe di fare matematica, più che scienza naturale, la quale invece richiede un continuo confronto con la realtà concreta.
Io ogni caso quest'ultima è solo una mia opinione, di scarso valore, tra l'altro, non essendo io uno scienziato naturale, e non darò seguito alle 5 righe esatte che mi sono concesse sull'argomento. L'unica cosa che mi sento di confermare veramente è che le scienze naturali non soddisfano pienamente i requisiti richiesti dal formalismo logico, e che solo la matematica mi risulta veramente rigorosa, come dato di fatto.
"kinder":
Sono un limitato lettore della filosofia, ma tra i libri che ho letto io indicherei la "Critica della ragione pura" di Kant, come il libro il cui autore si è sforzato di più di emulare il metodo matematico (vedi teorema). Ammetto che il risultato, seppur molto apprezzabile, è lontano dalla matematica. Non so che ne pensi.
Il risultato è molto apprezzabile: l'intuizione secondo cui "la ragione se vuole essere consistente deve essere limitata" è addirittura un'anticipazione dei teoremi di Goedel. Tuttavia, se non fosse arrivato Goedel a dimostrare matematicamente la validità di quell'intuizione, avremmo solo una delle numerosissime (e fra loro discordanti) affermazioni di cui è costellato il pensiero filosofico, indimostrate (contrariamente a quanto accade in matematica) e impossibili da smentire (contrariamente a quanto accade in fisica).
Ciao,
L.
"Lorenzo Pantieri":
Nessuno. Il libro di filosofia più simil-matematico che sia strato scritto (l'Ethica di Spinoza) fa acqua da tutte le parti, dal punto di vista del rigore. (Figurarsi gli altri...)
Sono un limitato lettore della filosofia, ma tra i libri che ho letto io indicherei la "Critica della ragione pura" di Kant, come il libro il cui autore si è sforzato di più di emulare il metodo matematico (vedi teorema). Ammetto che il risultato, seppur molto apprezzabile, è lontano dalla matematica. Non so che ne pensi.
"Fields":
Le altre scienze e le altre imprese conoscitive umane, a mio avviso, non rispettano le regole logiche nel loro pieno rigore.
"Lorenzo Pantieri":
A me pare che Fields abbia semplicemente detto che "la matematica è la più rigorosa delle scienze".
Sarà!
Ad ogni modo, sul fatto che la matematica sia la più rigorosa delle scienze, ci scommetterei "la vita di qualche parente acquisito". Aspetto una soluzione del paradosso rappresentato dal fatto di non poterlo provare rigorosamente...

Ciao,
L.
Lorenzo, forse ti è sfuggito il seguente passaggio.
"fields":
Le altre scienze e le altre imprese conoscitive umane, a mio avviso, non rispettano le regole logiche nel loro pieno rigore. Se lo facessero, avremmo teorie scientiche indubitabilmente rigorose, corrette e vere. Probabilmente, però, l'insieme dei teoremi di tali teorie sarebbe... l'insieme vuoto (o quasi). Sul motivo dell'apparente impossibilità di formalizzare le scienze diverse dalla matematica, invece, non mi pronuncio, in quanto non ho esperienza con tali scienze.
"kinder":
No Fields, non sono affatto d'accordo. Non conosco nessuna teoria scientifica la cui validità è messa in dubbio dalla scricchiolante consistenza logica della sua impalcatura... Tu pensi davvero che l'incompleta conoscenza della struttura della materia sia riconducibile a difetti di rigore logico della fisica?
Non parlo certo a nome di Fields (che ha ampiamente dimostrato di saper esprimere benissimo le proprie idee!): tuttavia, a me pare che Fields abbia semplicemente detto che "la matematica è la più rigorosa delle scienze". Che lo sia davvero, poi, non ho il minimo dubbio...
"kinder":
Chi l'ha detto e che vuol dire che è impossibile formalizzare le scienze diverse dalla matematica?
Nessuno. Il fatto è che una teoria, una volta rigorosamente formalizzata in un sistema ipotetico-deduttivo, diventa una teoria matematica! Il calcolo delle probabilità, ad esempio, è nato in una maniera molto "empirica", ma ora, in quanto parte della teoria della misura, è una teoria matematica a tutti gli effetti, pienamente rigorosa.
"kinder":
Chi l'ha detto che la riduzione ad un formalismo simil-matematico sia il criterio di separazione tra rigore logico e sua assenza?
Nessuno. Il libro di filosofia più simil-matematico che sia strato scritto (l'Ethica di Spinoza) fa acqua da tutte le parti, dal punto di vista del rigore. (Figurarsi gli altri...)
Ciao,
L.
"fields":
Le altre scienze e le altre imprese conoscitive umane, a mio avviso, non rispettano le regole logiche nel loro pieno rigore. Se lo facessero, avremmo teorie scientiche indubitabilmente rigorose, corrette e vere. Probabilmente, però, l'insieme dei teoremi di tali teorie sarebbe... l'insieme vuoto (o quasi).
No Fields, non sono affatto d'accordo. Non conosco nessuna teoria scientifica (dico scientifica) la cui validità è messa in dubbio dalla scricchiolante consistenza logica della sua impalcatura. Quando esistono, i dubbi su una teoria scientifica hanno ben altre radici. Magari fosse solo un problema di rigore logico: ammesso che lo scienziato autore della teoria difetti in questo (chissà mai perchè dovrebbe difettare in logica!) basterebbe chiedere la consulenza ad un esperto del settore, per mettere tutto a posto. Non dimenticare che la logica è l'unico strumento realmente ed immediatamente disponibile, senza neanche dover sostenere investimenti di qualche tipo. Tu pensi davvero che l'incompleta conoscenza della struttura della materia sia riconducibile a difetti di rigore logico della fisica? Se fosse così, il problema sarebbe stato risolto dal primo buon matematico di passaggio da quelle parti.
"fields":
Sul motivo dell'apparente impossibilità di formalizzare le scienze diverse dalla matematica, invece, non mi pronuncio, in quanto non ho esperienza con tali scienze.
Non concordo affatto neanche su questo. Chi l'ha detto e che vuol dire che è impossibile formalizzare le scienze diverse dalla matematica? Supponendo per assurdo chi si possa dimostrare questo, chi l'ha detto che la riduzione ad un formalismo simil-matematico sia il criterio di separazione tra rigore logico e sua assenza? Un discorso di questo genere mi fa ricordare un mio conoscente che si occupava di politica, e che allegramente, ma seriamente, concludeva che tutto è politica!
"fields":
La logica offre un linguaggio formale, e ciascuna frase di questo linguaggio formale ha uno e un solo significato. La filosofia, ad esempio, non sta in piedi per via del linguaggio, e del fatto che si occupa di concetti non definiti formalmente e univocamente. Io credo che il rigore esista per via del linguaggio che si usa e che tutte le incomprensioni e i disaccordi intellettuali nascano dal fatto che due persone parlano di cose diverse credendo di parlare della stessa cosa a causa delle ambiguità del linguaggio.
Rigorosamente d'accordo! Sappiamo che in matematica questi problemi non si presentano.
L'unico mio residuo dubbio è che quando parliamo della matematica (e quindi usciamo dalla matematica), non siamo più capaci di motivare rigorosamente (=matematicamente) la "peculiarità" della matematica stessa rispetto alle altre discipline.
Non trovate che questo, insieme con l'affermazione di Mirco59
Penso che preliminarmente dovresti definire il termine 'rigoroso' perchè altrimenti rischi che la tua richiesta sia tautologica: la matematica è la più matematica delle discipline?
sia un "bel" paradosso?

Ciao,
L.
I fondamenti logici della MQ sono come minimo "sconcertanti" visti dall'ottica della logica aristotelica su cui (se non vado errato) si basa la logica matematica.
D'altra parte, grazie alla MQ, teoria così "strana", l'umanità è pervenuta ad una visione del mondo "precisa" come non mai (con la nanoscienza e relative nanotecnologie si risesce addirittura a maneggiare il singolo atomo).
Queste premesse mi fanno pensare che fra la "logica" con cui funziona la mente umana e la "logica" con cui funziona l'universo non ci sia una corrispondenza biunivoca.
Direi allora che c'è ancora "tutto" da capire e sarà necessario creare nuove matematiche che descrivano sempre meglio la realtà ...
Ora la "prima linea" è la comprensione della topologia dello spazio-tempo su scala quantistica. Comprensione che si riverbera su scala cosmica. Abbiamo scoperto che conosciamo solo il 4% dell'intero universo !!! Il resto è mistero fitto ...
I "giochi", quindi, sono più che mai aperti !!! e siamo sicuramente ad un momento di svolta epocale paragonabile a ciò che accadde fra '800 e '900.
D'altra parte, grazie alla MQ, teoria così "strana", l'umanità è pervenuta ad una visione del mondo "precisa" come non mai (con la nanoscienza e relative nanotecnologie si risesce addirittura a maneggiare il singolo atomo).
Queste premesse mi fanno pensare che fra la "logica" con cui funziona la mente umana e la "logica" con cui funziona l'universo non ci sia una corrispondenza biunivoca.
Direi allora che c'è ancora "tutto" da capire e sarà necessario creare nuove matematiche che descrivano sempre meglio la realtà ...
Ora la "prima linea" è la comprensione della topologia dello spazio-tempo su scala quantistica. Comprensione che si riverbera su scala cosmica. Abbiamo scoperto che conosciamo solo il 4% dell'intero universo !!! Il resto è mistero fitto ...
I "giochi", quindi, sono più che mai aperti !!! e siamo sicuramente ad un momento di svolta epocale paragonabile a ciò che accadde fra '800 e '900.
Cosa intendi per collasso della funzione d'onda?
Chiedo scusa per il ritardo della risposta.
In MQ uno sistema microscopico può trovarsi in una sovrapposizione di stati, ma al momento della "misura", solo uno di questi stati viene rilevato, con probabilità determinata dai coefficienti relativi ai singoli stati. Storicamente, questo problema è ricondotto all'esempio del "gatto di Schrödinger", su cui si può trovare un'estesa bibliografia (per esempio il libro citato di Ghirardi).
Di fatto, è il collasso della funzione d'onda che introduce gli elementi non causali nella MQ.
Ci sono diverse conseguenze notevoli, anche se per il momento formulate a livello concettuale, tra cui le misure senza interazioni (per esempio il test della bomba di Elitzur-Vaidman), e gran parte del quantum computing.
Che io sappia, non è ancora stata fornita una spiegazione convincente di come questo collasso (o riduzione) avvenga.
"Fioravante Patrone":
non sono per nulla convinto che la logica offra delle leggi "universali senza alcun dubbio"
io qualche dubbio ce l'ho
Hai ragione, mi sono espresso con poco... rigore. Intendevo dire che le leggi della logica sono universalmente valide modulo la definizione di verità che si stabilisce quando si precisa formalmente la semantica del linguaggio logico. Ovvero, una volta stabilite con precisione le regole di significato di un certo linguaggio, allora si possono derivare delle "leggi" logiche per quel linguaggio e di validità indubitabile. Su tali leggi si costruiscono poi delle dimostrazioni che avranno, per loro natura, il carattere della perfezione.
"kinder":
L'esigenza di rispetto delle leggi della logica non è proprio ed esclusivo di una disciplina, perché è insito nella natura umana, che ne è autrice. La differenza maggiore tra matematica ed altre discipline non sta, secondo me, in questa prescrizione, ma nella natura stessa delle discipline,
Le altre scienze e le altre imprese conoscitive umane, a mio avviso, non rispettano le regole logiche nel loro pieno rigore. Se lo facessero, avremmo teorie scientiche indubitabilmente rigorose, corrette e vere. Probabilmente, però, l'insieme dei teoremi di tali teorie sarebbe... l'insieme vuoto (o quasi). Sul motivo dell'apparente impossibilità di formalizzare le scienze diverse dalla matematica, invece, non mi pronuncio, in quanto non ho esperienza con tali scienze.
anche io non ho dubbi sul fatto che la matematica abbia nel "rigor di logica" una prescrizione imprescindibile, e che ne abbia fatto il perno del suo metodo. C'è però una cosa che non mi torna di questo discorso, e dell'enfasi che mi sembra se ne possa, o voglia, dare: sembra quasi che si voglia vedere in questo un fattore differenziante rispetto ad altre discipline. Se ciò fosse vero, non mi troverebbe affatto d'accordo, perchè credo che il bisogno di rigore logico sia comune alla maggior parte delle discipline, e senz'altro a quelle tecnico-scientifiche. Ma non è necessario riferirsi a queste ultime, perché il gioco sarebbe fin troppo facile. C'è mica qualcuno che pensa che una buona pratica medica o forense possano prescindere dai dettami della logica? Non credo sia accettabile in nessun tribunale un'arringa o un atto di accusa che non risulti consistente dal punto di vista logico. L'esigenza di rispetto delle leggi della logica non è proprio ed esclusivo di una disciplina, perché è insito nella natura umana, che ne è autrice. La differenza maggiore tra matematica ed altre discipline non sta, secondo me, in questa prescrizione, ma nella natura stessa delle discipline, che consente, oppure no, il procedere per passi elementari, logicamente connessi e, soprattutto, disponibili, cioè conosciuti. Quello che può mancare in discipline diverse dalla matematica è la disponibilità delle informazioni necessarie e suffcienti per procedere nel ragionamento senza interrompere il flusso delle implicazioni necessarie. Anche un'arringa della difesa può rispettare i crismi di un teorema, purché all'avvocato siano disponibili gli elementi necessari e sufficienti: non credo che allo stesso non si debba riconoscere a priori la capacità di metterli insieme fino a dimostrare la sua tesi. Il problema è, secondo me, che molte volte questi elementi possono essere insufficienti. Ma anche nella matematica possono accadere cose simili. Quante sono le affermazioni (congetture?) che si poggiano sulla eventuale verità della congettura di Rieman? Credo molte, e non si possono tacciare di scarso rigore solo per il fatto che tale congettura non sia stata ancora dimostrata, o confutata.
"fields":
Concordo anch'io...
2) La logica offre delle leggi elementari e talmente banali da essere universali senza alcun dubbio. Su queste leggi si costruiscono le dimostrazioni matematiche, che sono indubitabili metodi per individuare le verità matematiche.
una volta tanto non concordo con fields
non sono per nulla convinto che la logica offra delle leggi "universali senza alcun dubbio"
io qualche dubbio ce l'ho
così come, per rispondere a Lorenzo Pantieri, non sono mica sicuro che sulla teoria delle distribuzioni sia stata posta la parola "fine"
molto probabilmente "passerò a miglior vita" senza poter dire "visto che avevo ragione io", ma lascerò in eredità (ricorsivamente) ai miei figli il compito di controllare
se si vedrà che avevo ragione io, chiederò loro di scolpire sulla lapide (o equivalente, sperando che ci sia ancora..) "ha!"
Concordo anch'io sul fatto che la matematica è rigorosa perché si fonda sulla Logica. Non c'è dubbio che sia questo aspetto che la rende rigorosa, per due motivi.
1) La logica offre un linguaggio formale, e ciascuna frase di questo linguaggio formale ha uno e un solo significato. La filosofia, ad esempio, non sta in piedi per via del linguaggio, e del fatto che si occupa di concetti non definiti formalmente e univocamente. Io credo che il rigore esista per via del linguaggio che si usa e che tutte le incomprensioni e i disaccordi intellettuali nascano dal fatto che due persone parlano di cose diverse credendo di parlare della stessa cosa a causa delle ambiguità del linguaggio. La Giurisprudenza non sarà mai una scienza formale, perché non ha un linguaggio formale. E' noto che nella legge, tutto dipende dall'Interpretazione, dall'Ermeneutica, e questo a causa del linguaggio.
2) La logica offre delle leggi elementari e talmente banali da essere universali senza alcun dubbio. Su queste leggi si costruiscono le dimostrazioni matematiche, che sono indubitabili metodi per individuare le verità matematiche.
1) La logica offre un linguaggio formale, e ciascuna frase di questo linguaggio formale ha uno e un solo significato. La filosofia, ad esempio, non sta in piedi per via del linguaggio, e del fatto che si occupa di concetti non definiti formalmente e univocamente. Io credo che il rigore esista per via del linguaggio che si usa e che tutte le incomprensioni e i disaccordi intellettuali nascano dal fatto che due persone parlano di cose diverse credendo di parlare della stessa cosa a causa delle ambiguità del linguaggio. La Giurisprudenza non sarà mai una scienza formale, perché non ha un linguaggio formale. E' noto che nella legge, tutto dipende dall'Interpretazione, dall'Ermeneutica, e questo a causa del linguaggio.
2) La logica offre delle leggi elementari e talmente banali da essere universali senza alcun dubbio. Su queste leggi si costruiscono le dimostrazioni matematiche, che sono indubitabili metodi per individuare le verità matematiche.
"Fioravante Patrone":
[quote="Lorenzo Pantieri"]
Nel suo sviluppo storico, anche la matematica procede per approssimazioni successive! Solo che, alla fine, in matematica si dà una bella sistemata ai concetti. Un po' come quando si costruisce una casa: durante la costruzione, si usano i ponteggi, ma alla fine si tolgono! Ecco, la fisica mi ha sempre dato l'idea di una disciplina in cui i ponteggi sono sempre lì...![]()
beati i fisici, loro almeno sono vivi
noi matematici, venuti dopo la "fine" non possiamo più "sperimentare"

PS: un dubbio! ma chi ha scritto la parola "fine"?[/quote]
Caro Fioravante Patrone, le parole "alla fine" si riferiscono -naturalmente- al momento in cui una teoria matematica trova la sua sistemazione rigorosa e "completa". Il caso della teoria delle distribuzioni è emblematico: le distribuzioni, nate dalla fisica e dalla matematica applicata, vennero inizialmente introdotte come "oggetti" che si comportavano in un certo modo, ma che non era ben chiaro che cosa fossero. La teoria delle distribuzioni di Schwartz è stata la sistemazione rigorosa di una serie di intuizioni brillanti di pensatori che l'avevano preceduto, ed essa "conclude" un tortuoso iter durato decenni.
Si tratta di un procedimento non infrequente nella storia della matematica: dalla pratica emergono le proprietà centrali (e dunque più profonde) di classi di oggetti, ed è poi naturale porre a loro definizione proprio quelle proprietà; in questo senso si è anche parlato di «dialettica» della matematica.
Tuttavia la mia domanda è un'altra: in che senso (ammesso che ciò sia possibile) possiamo dire che la matematica è "più rigorosa" di altre discipline? Luca aveva risposto affermativamente, ed aveva individuato nella Logica la ragione. Io sono d'accordo con lui, magari aggiungendo altre caratteristiche (chiarezza, coerenza, formalismo). E' una spiegazione forse tautologica, ma una differenza ci deve essere. Altrimenti, al limite, potremmo dire che la matematica ha la stesso valore conoscitivo delle chiacchiere da bar... questo proprio no!
Anzi, ho sempre ammirato Odifreddi che, con i rigorosi strumenti della matematica moderna, rilegge il pensiero dei filosofi , mostrandone i limiti ed evidenziandone le pecche.
Ciao,
L.
pazientate per la mia ignoranza, ma non conoscevo il sig. Hofstadter. Dal'onestà intellettuale che palesa, intuisco sia una persona di grande spessore.
"arriama":
invece di smontare l'impalcatura non rigorosa, la si può (anzi, la si deve) tranquillamente lasciare, perché a differenza dell'architettura, dove gli edifici sono visibili e l'impalcatura è quasi sempre considerata brutta, nessuno può vedere dentro la mente di chi pensa matematicamente, per cui se l'impalcatura metaforica serve a rendere più chiara l'essenza dell'idea, allora meglio lasciarla. L'impalcatura invisibile che ha dato luogo all'astrazione arricchisce il pensiero matematico ..."
grazie per la citazione da Hofstadter
usando un linguaggio non mio, mi verrebbe da dire: "parole sante!"
come sono odiosi, insulsi e repellenti gli articoli scientifici da cui gli autori hanno cancellato ogni traccia di impalcatura!
a proposito di ponteggi ...
Da un'intervista a Hofstadter (LaStampa del 10/3/07 :
[url]http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/Libri/grubrica.asp?
ID_blog=54&ID_articolo=670&ID_sezione=81&sezione=News[/url]
)
"... Sono convinto senza ombra di dubbio che qualsiasi persona che capisca profondamente qualsiasi idea matematica astratta (come per esempio un gruppo, un sottogruppo normale ecc.) ne ha un'immagine interna molto concreta. Lo scopo per me, in quanto professore nei miei seminari, è quindi di cercare quest'immagine nella sua forma più primordiale (e quindi più chiara) e di trasmetterla ad altre persone. A volte la semplificazione che questo implica rende non rigorosa la comprensione, ma per me il rigore non importa un briciolo all'inizio. Quando si fa un edificio si costruisce innanzitutto l'impalcatura, e solo quando l'edificio è finito viene tolta l'impalcatura. È un po' così anche in matematica, ma con una differenza importante. Quando si vuole spiegare un concetto astratto si costruiscono (o si dovrebbero costruire) per prima cosa delle immagini basate sempre su esempi concreti e familiari; poi si spiega il concetto astratto in termini di questa impalcatura metaforica; e alla fine si arriva al concetto astratto. A questo punto cruciale, però, invece di smontare l'impalcatura non rigorosa, la si può (anzi, la si deve) tranquillamente lasciare, perché a differenza dell'architettura, dove gli edifici sono visibili e l'impalcatura è quasi sempre considerata brutta, nessuno può vedere dentro la mente di chi pensa matematicamente, per cui se l'impalcatura metaforica serve a rendere più chiara l'essenza dell'idea, allora meglio lasciarla. L'impalcatura invisibile che ha dato luogo all'astrazione arricchisce il pensiero matematico ..."
e
"... Per me la sua storia è senz'altro la miglior strada per capire e per spiegare la matematica. Si capisce da dov'è venuta un'idea, quanto era difficile per i matematici dell'epoca capirla e accettarla ecc. ..."
Da un'intervista a Hofstadter (LaStampa del 10/3/07 :
[url]http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/Libri/grubrica.asp?
ID_blog=54&ID_articolo=670&ID_sezione=81&sezione=News[/url]
)
"... Sono convinto senza ombra di dubbio che qualsiasi persona che capisca profondamente qualsiasi idea matematica astratta (come per esempio un gruppo, un sottogruppo normale ecc.) ne ha un'immagine interna molto concreta. Lo scopo per me, in quanto professore nei miei seminari, è quindi di cercare quest'immagine nella sua forma più primordiale (e quindi più chiara) e di trasmetterla ad altre persone. A volte la semplificazione che questo implica rende non rigorosa la comprensione, ma per me il rigore non importa un briciolo all'inizio. Quando si fa un edificio si costruisce innanzitutto l'impalcatura, e solo quando l'edificio è finito viene tolta l'impalcatura. È un po' così anche in matematica, ma con una differenza importante. Quando si vuole spiegare un concetto astratto si costruiscono (o si dovrebbero costruire) per prima cosa delle immagini basate sempre su esempi concreti e familiari; poi si spiega il concetto astratto in termini di questa impalcatura metaforica; e alla fine si arriva al concetto astratto. A questo punto cruciale, però, invece di smontare l'impalcatura non rigorosa, la si può (anzi, la si deve) tranquillamente lasciare, perché a differenza dell'architettura, dove gli edifici sono visibili e l'impalcatura è quasi sempre considerata brutta, nessuno può vedere dentro la mente di chi pensa matematicamente, per cui se l'impalcatura metaforica serve a rendere più chiara l'essenza dell'idea, allora meglio lasciarla. L'impalcatura invisibile che ha dato luogo all'astrazione arricchisce il pensiero matematico ..."
e
"... Per me la sua storia è senz'altro la miglior strada per capire e per spiegare la matematica. Si capisce da dov'è venuta un'idea, quanto era difficile per i matematici dell'epoca capirla e accettarla ecc. ..."
"Lorenzo Pantieri":
...Ecco, la fisica mi ha sempre dato l'idea di una disciplina in cui i ponteggi sono sempre lì.
Abusando un po' del mio non essere fisico e di parlare al suo posto, dico che mi piace l'immagine della fisica come cantiere perennemente in lavoro, coi ponteggi sempre lì. Forse è proprio così!
"Lorenzo Pantieri":
Nel suo sviluppo storico, anche la matematica procede per approssimazioni successive! Solo che, alla fine, in matematica si dà una bella sistemata ai concetti. Un po' come quando si costruisce una casa: durante la costruzione, si usano i ponteggi, ma alla fine si tolgono! Ecco, la fisica mi ha sempre dato l'idea di una disciplina in cui i ponteggi sono sempre lì...![]()
beati i fisici, loro almeno sono vivi
noi matematici, venuti dopo la "fine" non possiamo più "sperimentare"

PS: un dubbio! ma chi ha scritto la parola "fine"?