Circa le cosiddette 'forme indeterminate'...
cari amici
in un'altra discussione aperta di recente, la quale era imperniata sul concetto di 'elevamento a potenza' e che ancora non ha certamente dato risposta esaudiente ai quesiti che avevo posto, mi è stata sollevata da taluno una obiezione un poco 'singolare' riguardo al valore numerico da attribuire all'espressione c=a^b quando a=b=0.
Tale 'obiezione' più o meno è stata la seguente: l'espressione 0^0 non ha un preciso valore ma deve intendersi come forma indeterminata. A rendere tale 'obiezione' decisamente poco chiara contribuiva poi il fatto che anche tra coloro che la sostenevano non vi era accordo su che cosa significasse tale termine in quanto vi sono state tre distinte posizioni:
a) una 'forma indeterminata' può assumere qualsiasi valore numerico
b) una 'forma indeterminata' può assumere solo alcuni valori numerici [nel caso presente c=0^0 varrebbe 0 oppure 1 a seconda delle circostanze]
c) una 'forma indeterminata' è una scrittura senza significato e pertanto non le può essere attribuito alcun valore numerico
Ora in contrasto con tutte e tre le presenti definizioni, e se vogliamo in maniera un poco 'provocatoria', vorrei invitare tutti voi a discutere sulla seguente ipotesi alternativa: le cosiddette forme indeterminate in realtà non esitono in quanto una qualsiasi funzione matematica monodroma o è inequivocabilmente definita, ossia le corrisponde uno e un solo ben specifico valore numerico, o è inconsistente, ossia non le corrisponde alcun valore numerico.
Qualcuno può portare un esempio che contraddica questa mia affermazione?...
cordiali saluti!...
lupo grigio
Modificato da - lupo grigio il 21/11/2002 11:01:22
in un'altra discussione aperta di recente, la quale era imperniata sul concetto di 'elevamento a potenza' e che ancora non ha certamente dato risposta esaudiente ai quesiti che avevo posto, mi è stata sollevata da taluno una obiezione un poco 'singolare' riguardo al valore numerico da attribuire all'espressione c=a^b quando a=b=0.
Tale 'obiezione' più o meno è stata la seguente: l'espressione 0^0 non ha un preciso valore ma deve intendersi come forma indeterminata. A rendere tale 'obiezione' decisamente poco chiara contribuiva poi il fatto che anche tra coloro che la sostenevano non vi era accordo su che cosa significasse tale termine in quanto vi sono state tre distinte posizioni:
a) una 'forma indeterminata' può assumere qualsiasi valore numerico
b) una 'forma indeterminata' può assumere solo alcuni valori numerici [nel caso presente c=0^0 varrebbe 0 oppure 1 a seconda delle circostanze]
c) una 'forma indeterminata' è una scrittura senza significato e pertanto non le può essere attribuito alcun valore numerico
Ora in contrasto con tutte e tre le presenti definizioni, e se vogliamo in maniera un poco 'provocatoria', vorrei invitare tutti voi a discutere sulla seguente ipotesi alternativa: le cosiddette forme indeterminate in realtà non esitono in quanto una qualsiasi funzione matematica monodroma o è inequivocabilmente definita, ossia le corrisponde uno e un solo ben specifico valore numerico, o è inconsistente, ossia non le corrisponde alcun valore numerico.
Qualcuno può portare un esempio che contraddica questa mia affermazione?...
cordiali saluti!...
lupo grigio
Modificato da - lupo grigio il 21/11/2002 11:01:22
Risposte
Ciao a tutti,
grazie per gli auguri Angelo, e ricambio anche se ahime' le vacanze sembrano essersi già sciolte.
Scusate la mia lunga assenza che non mi ha fatto rispondere in tempo ad alcuni messaggi che mi riguardavano.
In particolare, lupo grigio, anche io sono felice di fare la tua conoscenza e ho letto con molto interessa la storia del GSM. Mi piacciono molto questo genere di aneddoti
Tuttavia penso di differire da molti miei colleghi (la maggior parte) per il tipo di approccio ai problemi dato che non mi e' mai andato giù (fin dal liceo) il concetto "funziona? allora e' ok".
Non si tratta di giusto o sbagliato, solo di modo.
I motivi che mi hanno spinto a scegliere ingegneria piuttosto che matematica o fisica (dove sinceramente mi ci vedrei molto di più) sono unicamente legati alla dinamica dei posti di lavoro. Ma questo e' un altro discorso e sto andando fuori topic.
Auguri con un po di ritardo (che chiameremo "t con zero"
) a tutti
Lorenzo
grazie per gli auguri Angelo, e ricambio anche se ahime' le vacanze sembrano essersi già sciolte.
Scusate la mia lunga assenza che non mi ha fatto rispondere in tempo ad alcuni messaggi che mi riguardavano.
In particolare, lupo grigio, anche io sono felice di fare la tua conoscenza e ho letto con molto interessa la storia del GSM. Mi piacciono molto questo genere di aneddoti

Tuttavia penso di differire da molti miei colleghi (la maggior parte) per il tipo di approccio ai problemi dato che non mi e' mai andato giù (fin dal liceo) il concetto "funziona? allora e' ok".
Non si tratta di giusto o sbagliato, solo di modo.
I motivi che mi hanno spinto a scegliere ingegneria piuttosto che matematica o fisica (dove sinceramente mi ci vedrei molto di più) sono unicamente legati alla dinamica dei posti di lavoro. Ma questo e' un altro discorso e sto andando fuori topic.
Auguri con un po di ritardo (che chiameremo "t con zero"

Lorenzo
Siamo giunti ormai all'ultimo giorno di scuola, quì si è già in clima di festa, desidero porgere i miei più sentiti e calorosi auguri di buon Natale e prosperoso anno nuovo a lupo grigio, Marc, Lorenzo e a tutti i visitatori.
Ci risentiremo dopo l'Epifania. Buone vacanze a tutti!
Angelo
Ci risentiremo dopo l'Epifania. Buone vacanze a tutti!
Angelo
caro Marc
veniamo dunque alla ‘sfida’ da te posta, e cioè determinare la funzione
f(x)= 0^x [1]
ove 0 < = x < +00, ossia per tutti i valori di x non negativi. Prima di accingermi in questo impegnativo cimento tuttavia è necessario che io richiami un momento alcuni concetti riguardanti due importantissimi algoritmi dell’analisi: la sommatoria e la produttoria.
Cominciamo dalla prima. Data una successione infinita ai i=0, 1,…, n, … si può associare ad essa la successione sn il cui termine generale ha la forma:
sn = ao + a1 +… +an = Sum [i=0, n] ai [2]
Costruita la successione dei termini [2] se ne cerca il limite per n -> 00. Se tale limite esiste ed è finito la serie si dice convergente, se esiste ma è infinito la serie si dice divergente, se il limite non esiste la serie si dice indeterminata. Fin qui è tutto perfettamente noto; vediamo ora però di definire meglio il caso delle serie divergenti. Se una serie è divergente si possono distinguere due distinti casi: quando il limite è + 00 la serie di dice crescente, quando il limite è –00 la serie di dice decrescente. Vedremo fra non molto che questa è una differenza non da poco.
Passiamo ora a definire, sulla falsa riga di quanto abbiamo fatto con la sommatoria, la sua ‘sorella più giovane’, la produttoria. Data una successione infinita ai i=0,1,…, n, … si può associare ad essa la successione pn il cui termine generale ha la forma:
pn=ao*a1*…*an = Prod [i=0,n] ai [3]
Costruita la successione dei termini [3] se ne cerca il limite per n -> 00. Se tale limite esiste ed è finito la produttoria si dice convergente, se esiste ma è infinito la produttoria si dice divergente, se il limite non esiste la produttoria si dice indeterminata.
Tutto chiaro no?…Ora vediamo come le due ‘sorelle’ possono combinare in modo interessante [ e sotto certi aspetti anche ‘sorprendente’…] le loro proprietà… Nell’ipotesi che la ai siano tutte >0, posto bi= ln (ai), è evidente la validità della seguente identità:
pn= Prod [i=0,n] ai = e^ ln (pn) = e^ Sum [i=0, n] bi [4]
Il significato della [4] è del tutto evidente. Sotto le ipotesi fatte [ossia che le ai siano tutte > 0] il limite di una produttoria può essere specificato interamente conoscendo il limite della corrispondente sommatoria e viceversa. Possiamo dunque scrivere…
P= Prod [i=0,+00] ai = e ^ ln P= e ^ S = e ^ Sum [i=0,+00] bi [5]
Vediamo in particolare i possibili casi, cominciando da quelli ‘semplici’:
a) se la sommatoria S è convergente la produttoria P è anch’essa convergente ed è P = e^ S
b) se la sommatoria S è indeterminata la produttoria P è anch’essa indeterminata
Che succede però quando S è divergente?… qui viene il bello!…
c) se la sommatoria S è divergente con comportamento crescente la produttoria P è divergente
d) se la sommatoria S è divergente con comportamento decrescente la produttoria P è convergente ed è P=0 [!!…]
Dopo questa istruttiva premessa torniamo veniamo a considerare nuovamente la funzione f(x,y)= ln (x^y)= y*lnx, della quale è stato ricavato in precedenza lo sviluppo in serie di Taylor che ancora una volta ricordiamo :
f(x,y)= ln (x^y)=y*lnx= h - 1/2!*[h^2-2*h*k]+1/3 !* [2 !*h^3-3*1 !*h^2*k]-...+ (-1)^(n-1)/n!* [(n-1)!*h^n-n*(n-2)!*h^(n-1)*k]+... [6]
nella quale è h=x-1 e k=y-1.
Dal momento, caro Marc, che mi chiedi di calcolare 0^y [spero non ti dispiaccia se ho sostituito la x con la y…] allora poniamo senz’altro nella [6] x=0, ovvero h=-1 e vediamo un po’ che cosa accade…
f(0,y) = -1 – ½ !*[1+ 2*k] -1/3 !*[2 ! +3*1 !*k] -…-1/n !*[(n-1) !+n*(n-2)!*k]-... [7]
Se andiamo a osservare la serie [7] non è difficile vedere che essa può essere scritta in questo modo:
f(0,y)= -1*(1+k) –1/2 * (1+k)-...– 1/n * (1+k)-...= - y * Sum [i=1,+00] 1/i
A questo punto non resta che trarre le debite conclusioni. Per y>0 [ovvero k>-1]la serie
è divergente con andamento decrescente e pertanto siamo nel caso d) precedentemente trattato… è quindi 0^y = 0 per y>0 . Per y=0 [ovvero k=-1] invece, dal momento che tutti i termini della
sono nulli, la serie è convergente e la sua somma è 0. Ci troviamo pertanto nel caso a) precedentemente trattato… è quindi 0^y= e^0=1 per y=0.
Caro Marc, ti sarei tanto grato se tu volessi accettare questa mia dimostrazione come regalo di Natale…
con tanti auguri!…
lupo grigio
Modificato da - lupo grigio il 21/12/2002 11:07:34
veniamo dunque alla ‘sfida’ da te posta, e cioè determinare la funzione
f(x)= 0^x [1]
ove 0 < = x < +00, ossia per tutti i valori di x non negativi. Prima di accingermi in questo impegnativo cimento tuttavia è necessario che io richiami un momento alcuni concetti riguardanti due importantissimi algoritmi dell’analisi: la sommatoria e la produttoria.
Cominciamo dalla prima. Data una successione infinita ai i=0, 1,…, n, … si può associare ad essa la successione sn il cui termine generale ha la forma:
sn = ao + a1 +… +an = Sum [i=0, n] ai [2]
Costruita la successione dei termini [2] se ne cerca il limite per n -> 00. Se tale limite esiste ed è finito la serie si dice convergente, se esiste ma è infinito la serie si dice divergente, se il limite non esiste la serie si dice indeterminata. Fin qui è tutto perfettamente noto; vediamo ora però di definire meglio il caso delle serie divergenti. Se una serie è divergente si possono distinguere due distinti casi: quando il limite è + 00 la serie di dice crescente, quando il limite è –00 la serie di dice decrescente. Vedremo fra non molto che questa è una differenza non da poco.
Passiamo ora a definire, sulla falsa riga di quanto abbiamo fatto con la sommatoria, la sua ‘sorella più giovane’, la produttoria. Data una successione infinita ai i=0,1,…, n, … si può associare ad essa la successione pn il cui termine generale ha la forma:
pn=ao*a1*…*an = Prod [i=0,n] ai [3]
Costruita la successione dei termini [3] se ne cerca il limite per n -> 00. Se tale limite esiste ed è finito la produttoria si dice convergente, se esiste ma è infinito la produttoria si dice divergente, se il limite non esiste la produttoria si dice indeterminata.
Tutto chiaro no?…Ora vediamo come le due ‘sorelle’ possono combinare in modo interessante [ e sotto certi aspetti anche ‘sorprendente’…] le loro proprietà… Nell’ipotesi che la ai siano tutte >0, posto bi= ln (ai), è evidente la validità della seguente identità:
pn= Prod [i=0,n] ai = e^ ln (pn) = e^ Sum [i=0, n] bi [4]
Il significato della [4] è del tutto evidente. Sotto le ipotesi fatte [ossia che le ai siano tutte > 0] il limite di una produttoria può essere specificato interamente conoscendo il limite della corrispondente sommatoria e viceversa. Possiamo dunque scrivere…
P= Prod [i=0,+00] ai = e ^ ln P= e ^ S = e ^ Sum [i=0,+00] bi [5]
Vediamo in particolare i possibili casi, cominciando da quelli ‘semplici’:
a) se la sommatoria S è convergente la produttoria P è anch’essa convergente ed è P = e^ S
b) se la sommatoria S è indeterminata la produttoria P è anch’essa indeterminata
Che succede però quando S è divergente?… qui viene il bello!…
c) se la sommatoria S è divergente con comportamento crescente la produttoria P è divergente
d) se la sommatoria S è divergente con comportamento decrescente la produttoria P è convergente ed è P=0 [!!…]
Dopo questa istruttiva premessa torniamo veniamo a considerare nuovamente la funzione f(x,y)= ln (x^y)= y*lnx, della quale è stato ricavato in precedenza lo sviluppo in serie di Taylor che ancora una volta ricordiamo :
f(x,y)= ln (x^y)=y*lnx= h - 1/2!*[h^2-2*h*k]+1/3 !* [2 !*h^3-3*1 !*h^2*k]-...+ (-1)^(n-1)/n!* [(n-1)!*h^n-n*(n-2)!*h^(n-1)*k]+... [6]
nella quale è h=x-1 e k=y-1.
Dal momento, caro Marc, che mi chiedi di calcolare 0^y [spero non ti dispiaccia se ho sostituito la x con la y…] allora poniamo senz’altro nella [6] x=0, ovvero h=-1 e vediamo un po’ che cosa accade…
f(0,y) = -1 – ½ !*[1+ 2*k] -1/3 !*[2 ! +3*1 !*k] -…-1/n !*[(n-1) !+n*(n-2)!*k]-... [7]
Se andiamo a osservare la serie [7] non è difficile vedere che essa può essere scritta in questo modo:
f(0,y)= -1*(1+k) –1/2 * (1+k)-...– 1/n * (1+k)-...= - y * Sum [i=1,+00] 1/i

A questo punto non resta che trarre le debite conclusioni. Per y>0 [ovvero k>-1]la serie


Caro Marc, ti sarei tanto grato se tu volessi accettare questa mia dimostrazione come regalo di Natale…
con tanti auguri!…
lupo grigio
Modificato da - lupo grigio il 21/12/2002 11:07:34
Beh, sembra proprio che anche in fisica si parli di funzioni polidrome, ad esempio il potenziale della forza magnetica Fm generata da una corrente rettilinea indefinita costante deriva da un potenziale polidromo.
Anzi tutti i campi vettoriali conservativi derivano da potenziali monodromi, quelli non conservativi ma irrotazionali invece derivano da potenziali polidromi.
Solo a titolo informativo dico che esiste tutta una branca dell’analisi funzionale, la cosiddetta analisi multivoca, molto ricca di esempi ed applicazioni in particolare nell’ambito della teoria dei punti fissi comuni. Chi vuole liquidarla come emerita sciocchezza, può farlo liberamente, non ci sarà nessuno che cercherà di fargli cambiare opinione, ma coloro che hanno avuto a che fare con tali argomenti sanno benissimo della loro utilità in numerose applicazioni. Se matematici come Kuratowski, Ryll, Nardzewski, Michael se ne sono occupati, almeno loro non hanno ritenuto l’analisi multivoca degna di essere bandita.
Riguardo la dimostrazione che i^i è un’espressione monodroma, l’errore è già segnato dalla sottolineatura della seguente citazione:
“Indicata con z= x + i*y un qualunque numero complesso [escluso 0+i*0 per ragioni che vedremo] ad esso è possibile associare una e una sola coppia di numeri r e theta tali che…
x= r*cos (theta), y=r*sin(theta) [1]”
Sappiamo tutti che a z è possibile associare non una sola coppia (r, theta), ma le infinite coppie (r, theta+2*k*pi) al variare di k in Z. Questo è il motivo per cui i^i è un’espressione polidroma: ognuna di quelle infinite coppie genera un valore per i^i e, noto uno qualsiasi di essi, tutti gli altri si ottengono aggiungendo multipli di 2*pi*i.
Se poi Mathlab o Derive in corrispondenza di una potenza nel campo complesso restituiscono un solo valore (quello la cui anomalia è compresa tra –pi e +pi) non deve destare stupore, tali programmi applicativi fanno la stessa cosa con rad(i) e tutti sappiamo che l’operazione di estrazione di radice n-esima nel campo complesso restituisce non uno ma esattamente n numeri complessi.
Un’esigenza ragionevole dei programmi applicativi è quella di rendere agevole e meccanico senza spiacevoli inconvenienti il calcolo e la semplificazione delle espressioni e una buona scelta adottata è quella di attribuire ad ogni simbolo uno ed un solo significato, ma ciò non implica affatto che tutte le espressioni sono davvero monodrome!
Caro Marc, nella discussione che ormai da tempo porto avanti con lupo grigio, ho trattato innumerevoli argomentazioni, non tanto per far cambiare idea a chi non è disposto a cambiarla, ma per evitare che venga spacciata per correttezza e coerenza formale ciò che non è. Se sono arrivato ad espressioni provocatorie del tipo “trovatemi un libro che”, il motivo va ricercato nella leggerezza con cui vengono liquidati, capovolti, principi cardini della matematica nonché il rigore logico. Se io voglio dimostrare A, non utilizzo A o qualcosa ad essa equivalente nella dimostrazione! Il significato di alcune mie affermazioni è quello di voler ricordare che non sono pochi ‘taluni’ ad avere posizioni metodicamente diverse da quelle di lupo grigio, ma la totalità dei matematici contemporanei.
Francamente, mi era parso di capire che, secondo te, Marc, –oo
Angelo
Anzi tutti i campi vettoriali conservativi derivano da potenziali monodromi, quelli non conservativi ma irrotazionali invece derivano da potenziali polidromi.
Solo a titolo informativo dico che esiste tutta una branca dell’analisi funzionale, la cosiddetta analisi multivoca, molto ricca di esempi ed applicazioni in particolare nell’ambito della teoria dei punti fissi comuni. Chi vuole liquidarla come emerita sciocchezza, può farlo liberamente, non ci sarà nessuno che cercherà di fargli cambiare opinione, ma coloro che hanno avuto a che fare con tali argomenti sanno benissimo della loro utilità in numerose applicazioni. Se matematici come Kuratowski, Ryll, Nardzewski, Michael se ne sono occupati, almeno loro non hanno ritenuto l’analisi multivoca degna di essere bandita.
Riguardo la dimostrazione che i^i è un’espressione monodroma, l’errore è già segnato dalla sottolineatura della seguente citazione:
“Indicata con z= x + i*y un qualunque numero complesso [escluso 0+i*0 per ragioni che vedremo] ad esso è possibile associare una e una sola coppia di numeri r e theta tali che…
x= r*cos (theta), y=r*sin(theta) [1]”
Sappiamo tutti che a z è possibile associare non una sola coppia (r, theta), ma le infinite coppie (r, theta+2*k*pi) al variare di k in Z. Questo è il motivo per cui i^i è un’espressione polidroma: ognuna di quelle infinite coppie genera un valore per i^i e, noto uno qualsiasi di essi, tutti gli altri si ottengono aggiungendo multipli di 2*pi*i.
Se poi Mathlab o Derive in corrispondenza di una potenza nel campo complesso restituiscono un solo valore (quello la cui anomalia è compresa tra –pi e +pi) non deve destare stupore, tali programmi applicativi fanno la stessa cosa con rad(i) e tutti sappiamo che l’operazione di estrazione di radice n-esima nel campo complesso restituisce non uno ma esattamente n numeri complessi.
Un’esigenza ragionevole dei programmi applicativi è quella di rendere agevole e meccanico senza spiacevoli inconvenienti il calcolo e la semplificazione delle espressioni e una buona scelta adottata è quella di attribuire ad ogni simbolo uno ed un solo significato, ma ciò non implica affatto che tutte le espressioni sono davvero monodrome!
Caro Marc, nella discussione che ormai da tempo porto avanti con lupo grigio, ho trattato innumerevoli argomentazioni, non tanto per far cambiare idea a chi non è disposto a cambiarla, ma per evitare che venga spacciata per correttezza e coerenza formale ciò che non è. Se sono arrivato ad espressioni provocatorie del tipo “trovatemi un libro che”, il motivo va ricercato nella leggerezza con cui vengono liquidati, capovolti, principi cardini della matematica nonché il rigore logico. Se io voglio dimostrare A, non utilizzo A o qualcosa ad essa equivalente nella dimostrazione! Il significato di alcune mie affermazioni è quello di voler ricordare che non sono pochi ‘taluni’ ad avere posizioni metodicamente diverse da quelle di lupo grigio, ma la totalità dei matematici contemporanei.
Francamente, mi era parso di capire che, secondo te, Marc, –oo
Angelo
cari amici
veniamo ora ad un altro interessantissimo quesito postomi da Angelo, che qui riporto, e che serve tra l’altro egregiamente a mettere in luce altri punti della matematica 'ufficiale' che hanno bisogno, a mio parere, di un profonda ristrutturazione…
…ultimissime domande per lupo grigio: visto che ad ogni espressione bisognerebbe attribuire uno ed un solo valore altrimenti è priva di significato, come classificheresti l’espressione i^i?… hai mai sentito parlare di funzioni polidrome?… e di multifunzioni?…
Nessuna difficoltà caro Angelo a rispondere alle ultime due domande… sì ho sentito parlare sia delle une sia delle altre e son giunto da tempo alla conclusione che si tratta, al pari delle cosiddette ‘forme indeterminate’,di emerite sciocchezze, e come tali debbono essere bandite dalla matematica… o almeno dalla matematica intesa come strumento professionale…
I motivi di ciò del resto non sono difficili da comprendere, caro Angelo. Uno di questi è la definizione stessa di funzione, che richiede tassativamente che ad ogni valore della variabile indipendente [reale o complessa] sia associato uno ed un solo valore della funzione [reale o complesso].
Venendo poi al problema da te segnalatami con la tua prima domanda, ovvero il calcolo di j^j [chiedo scusa se adotto la convenzione degli ingegneri], ti devo ringraziare di cuore per avermi dato l’opportunità di cominciare a parlare anche delle funzioni di variabile complessa. L’intento tuo è evidente, e cioè porre l’accento sul fatto che la funzione logaritmo nel campo complesso è [secondo taluni] definita a meno di un multiplo qualunque di j*2*pi. Ebbene, come andiamo subito a mostrare ora, questo è errato…
Per operare senza senza ambiguità di sorta in campo complesso è opportuno far sempre ricorso, ogni volta almeno che ciò è possibile, alla forma polare di un numero complesso . Indicata con z= x + j*y un qualunque numero complesso [escluso 0+j*0 per ragioni che vedremo] ad esso è possibile associare una e una sola coppia di numeri r e theta tali che…
x= r*cos (theta), y=r*sin(theta) [1]
ove r= (x^2+y^2)^1/2 è detto modulo e theta è detta anomalia oppure argomento. Applicando la formula di Eulero si può scrivere qualunque numero complesso diverso da = 0+ j* 0 nella forma:
z= x + j * y = e ^(ln r + j* theta) con r>0 e –pi < theta <= pi [2]
Dalla [2] è evidente che ogni numero complesso z diverso da 0 + j*0 possiede uno e un solo logaritmo che è dato da:
ln z = ln r + j*theta [3]
Nel caso particolare da te proposto pertanto è z=j, r= 1,theta= pi/2 per cui z= e ^j*pi/2 e z^j= e^j*j*pi/2= e^-pi/2= .207879576351…
A conferma di ciò ho impostato il semplice calcolo su di j^j su Matlab, il quale [ovviamente] ha fornito il valore indicato. Per fortuna non siamo più nella situazione di quindici anni fa, e da tempo chi fornisce tools matematici evita accuratamente ‘bachi’ come quello in cui il sottoscritto si è imbattuto una volta e da me descritto in un precedente postato…
cordiali saluti!…
lupo grigio
Modificato da - lupo grigio il 18/12/2002 19:10:21
Modificato da - lupo grigio il 18/12/2002 19:11:43
veniamo ora ad un altro interessantissimo quesito postomi da Angelo, che qui riporto, e che serve tra l’altro egregiamente a mettere in luce altri punti della matematica 'ufficiale' che hanno bisogno, a mio parere, di un profonda ristrutturazione…
…ultimissime domande per lupo grigio: visto che ad ogni espressione bisognerebbe attribuire uno ed un solo valore altrimenti è priva di significato, come classificheresti l’espressione i^i?… hai mai sentito parlare di funzioni polidrome?… e di multifunzioni?…
Nessuna difficoltà caro Angelo a rispondere alle ultime due domande… sì ho sentito parlare sia delle une sia delle altre e son giunto da tempo alla conclusione che si tratta, al pari delle cosiddette ‘forme indeterminate’,di emerite sciocchezze, e come tali debbono essere bandite dalla matematica… o almeno dalla matematica intesa come strumento professionale…
I motivi di ciò del resto non sono difficili da comprendere, caro Angelo. Uno di questi è la definizione stessa di funzione, che richiede tassativamente che ad ogni valore della variabile indipendente [reale o complessa] sia associato uno ed un solo valore della funzione [reale o complesso].
Venendo poi al problema da te segnalatami con la tua prima domanda, ovvero il calcolo di j^j [chiedo scusa se adotto la convenzione degli ingegneri], ti devo ringraziare di cuore per avermi dato l’opportunità di cominciare a parlare anche delle funzioni di variabile complessa. L’intento tuo è evidente, e cioè porre l’accento sul fatto che la funzione logaritmo nel campo complesso è [secondo taluni] definita a meno di un multiplo qualunque di j*2*pi. Ebbene, come andiamo subito a mostrare ora, questo è errato…
Per operare senza senza ambiguità di sorta in campo complesso è opportuno far sempre ricorso, ogni volta almeno che ciò è possibile, alla forma polare di un numero complesso . Indicata con z= x + j*y un qualunque numero complesso [escluso 0+j*0 per ragioni che vedremo] ad esso è possibile associare una e una sola coppia di numeri r e theta tali che…
x= r*cos (theta), y=r*sin(theta) [1]
ove r= (x^2+y^2)^1/2 è detto modulo e theta è detta anomalia oppure argomento. Applicando la formula di Eulero si può scrivere qualunque numero complesso diverso da = 0+ j* 0 nella forma:
z= x + j * y = e ^(ln r + j* theta) con r>0 e –pi < theta <= pi [2]
Dalla [2] è evidente che ogni numero complesso z diverso da 0 + j*0 possiede uno e un solo logaritmo che è dato da:
ln z = ln r + j*theta [3]
Nel caso particolare da te proposto pertanto è z=j, r= 1,theta= pi/2 per cui z= e ^j*pi/2 e z^j= e^j*j*pi/2= e^-pi/2= .207879576351…
A conferma di ciò ho impostato il semplice calcolo su di j^j su Matlab, il quale [ovviamente] ha fornito il valore indicato. Per fortuna non siamo più nella situazione di quindici anni fa, e da tempo chi fornisce tools matematici evita accuratamente ‘bachi’ come quello in cui il sottoscritto si è imbattuto una volta e da me descritto in un precedente postato…
cordiali saluti!…
lupo grigio
Modificato da - lupo grigio il 18/12/2002 19:10:21
Modificato da - lupo grigio il 18/12/2002 19:11:43
>...rettificare una piccola ‘sbavatura’ da parte tua...
Perchè?
Mi calcolo taylor in x=1, estendo a R e f(x)=0 è definita pure per x<0!
Scherzo, piccola sbavatura si.
Marc.
Perchè?
Mi calcolo taylor in x=1, estendo a R e f(x)=0 è definita pure per x<0!
Scherzo, piccola sbavatura si.
Marc.
caro Marc
mi accorgo con piacere che probabilmente abbiamo un bel po’ di conoscenze e interessi in comune. La matematica esaminata anche dal punto di vista ‘storico’, la criptografia, la ‘guerra dei codici’, gli scacchi, etc sono tutte cose assai avvincenti che vale la pena, se lo vorrai, di approfondire insieme.
Venendo agli argomenti ora in discussione, devo osservare che dopo quella che aveva tutta l’aria di essere un ‘ritiro onorevole’ da parte tua ora sei ritornato nel pieno della discussione [non sarà perché Angelo è un pochino in difficoltà per caso?…]. Sia come sia stai sicuro che la cosa mi fa piacere, tanto più che come tu stesso dici il divertimento è assicurato… Ora però che tu e Angelo, nuovamente insieme, mi state sottoponendo ad un autentico ‘bombardamento’ dovete avere un poco di pazienza e risponderò ai vostri interessantissimi quesiti nello stesso ordine con il quale sono stati posti [o quasi… ‘first in, first out’ come dicono gli anglosassoni…]. Per questo motivo ritarderò un pochino l’analisi della funzione da te propostami, una vera e propria sfida, che qui riporto:
… f(x)= 1*0^x [1] -00 < x < +00 con x però diverso da 0 non è altrettanto valida?… fai pure tutte le deduzioni [illecite!] che vuoi da Taylor, ottieni f(0)=0…
come la mettiamo?…
Caro Marc, se f(x) fosse una bella donna non avrei esitazioni a risponderti: la mettiamo a pigreca ovvero a pigreca/2 a seconda dei gusti. Dal momento che però non lo è occorre che ci pensi un pochino però già fin da ora devo rettificare una piccola ‘sbavatura’ da parte tua [quandoquidem dormitat Homerus…]. Dal momento che, come da me già spiegato in precedenza l’elevamento a potenza 0^n non è possibile per n negativo la funzione da te proposta è definibile unicamente per 0punto di frontiera…con tutte le criticità che, come ben sai, questo comporta.
cordiali saluti!…
lupo grigio
P.S. Se sei un giocatore di scacchi [io sono maestro…] possiamo talvolta trovarci su yahoo.com nella sezione Games.
Modificato da - lupo grigio il 18/12/2002 15:23:34
mi accorgo con piacere che probabilmente abbiamo un bel po’ di conoscenze e interessi in comune. La matematica esaminata anche dal punto di vista ‘storico’, la criptografia, la ‘guerra dei codici’, gli scacchi, etc sono tutte cose assai avvincenti che vale la pena, se lo vorrai, di approfondire insieme.
Venendo agli argomenti ora in discussione, devo osservare che dopo quella che aveva tutta l’aria di essere un ‘ritiro onorevole’ da parte tua ora sei ritornato nel pieno della discussione [non sarà perché Angelo è un pochino in difficoltà per caso?…]. Sia come sia stai sicuro che la cosa mi fa piacere, tanto più che come tu stesso dici il divertimento è assicurato… Ora però che tu e Angelo, nuovamente insieme, mi state sottoponendo ad un autentico ‘bombardamento’ dovete avere un poco di pazienza e risponderò ai vostri interessantissimi quesiti nello stesso ordine con il quale sono stati posti [o quasi… ‘first in, first out’ come dicono gli anglosassoni…]. Per questo motivo ritarderò un pochino l’analisi della funzione da te propostami, una vera e propria sfida, che qui riporto:
… f(x)= 1*0^x [1] -00 < x < +00 con x però diverso da 0 non è altrettanto valida?… fai pure tutte le deduzioni [illecite!] che vuoi da Taylor, ottieni f(0)=0…
come la mettiamo?…
Caro Marc, se f(x) fosse una bella donna non avrei esitazioni a risponderti: la mettiamo a pigreca ovvero a pigreca/2 a seconda dei gusti. Dal momento che però non lo è occorre che ci pensi un pochino però già fin da ora devo rettificare una piccola ‘sbavatura’ da parte tua [quandoquidem dormitat Homerus…]. Dal momento che, come da me già spiegato in precedenza l’elevamento a potenza 0^n non è possibile per n negativo la funzione da te proposta è definibile unicamente per 0
cordiali saluti!…
lupo grigio
P.S. Se sei un giocatore di scacchi [io sono maestro…] possiamo talvolta trovarci su yahoo.com nella sezione Games.
Modificato da - lupo grigio il 18/12/2002 15:23:34
Caro Angelo,
Come al solito sono molto daccordo con te.
Faccio notare che un'ambiguità esiste insita nell'insegnamento di base dell'analisi.
Esercizio tipo:
- si determini l'insieme di esistenza di f(x)=log(x)
Questa roba qua non è molto pulita perchè una funziona non ha un insieme di esistenza. Una funzione è definita tra A-->B [diciamo pure tra A-->R] non è definita tra R-->R e POI si vede dove le cose non tornano.
L'esercizio proposto significa:
- Determinare il massimo sottoinsieme A di R sul quale la scrittura formale "log(x)" ha significato.
E questo, tecnicamente, non è un esercizio di matematica ma un esercizio sulle convenzioni di scrittura.
Insomma, forse non sono molto chiaro, riprovo:
"log(x)" indica:
1) una funzione matematica definita su (0,+inf) con specifiche proprietà.
2) una scrittura che convenzionalmente indica l'esponente da dare a e per ottenere il numero "imprecisato" x
La definizione 1 è l'unica utilizzabile in senso formale, mentre la 2 sembra "invitare" a cercare, per esempio, valori che rappresentino log(0).
Lupo grigio fa molta confusione, a mio avviso, tra queste sottilette (:-)) della matematica. Se non si riesce a distinguere bene queste cose è facilissimo arrivare a dimostrare robe che, alla base, non hanno molto senso tipo 0^0=1 oppure 1/0=1 oppure "dio c'è".
Ci si è reso conto moltissimo di questi problemi nei secoli passati e ci sono state molte posizioni autorevoli.
Poicarrè era dell'avviso che l'intuito facesse quesi tutto e cioè (praticamente) "o la capisci o non la capisci". In quest'ottica ciò che fa e dice Lupo Grigio è, per assurdo, del tutto accettabile, e questi sono i limiti dell'intuizionismo estremo. D'altra parte una posizione estremamente formale [portata avanti a oltranza, per esempio, da Hilbert] genera dritta dritta il teorema di Godel. E tale teorema di per se non è certo una "brutta cosa" ma sicuramente mostra che un'analisi "fuori dallo schema formale" adottato [insomma, un'analisi metamatematica] può generare risultati che il sistema formale stesso non supporta.
Tutte queste osservazioni, spero sia chiaro, prendono spunto dalla discussione in corso ma non mirano a difendere in alcun modo le posizioni di Lupo Grigio. Anzi le posizioni di Lupo Grigio mi paiono così metodicamente lontane dalle mie che ho abbandonato la discussione [continuo a trovare che "continuità", "serie di taylor", "limite" siano cencetti non discutibili se sulle le basi ("funzione", "insieme", "valore") non c'è accordo].
Tuttavia le tue risposte mi lasciano talvolta perplesso perchè sembrano un tantino "rigide":
- Trovatemi un libro che dice... [che argomentazione sarebbe?]
- La matematica non è un gioco... [Vabbè...]
- un'imprecisione sintattica come -00 < x < +00... [Fior di matematici usavano un formalismo tutto loro e quasi indecifrabile, eppure...]
Insomma nella discussione che tu stai svolgendo con Lupo Grigio mi trovi assolutamente daccordo, tuttavia le tue argomentazioni mi suscitano talvolta strani pensieri, tipo quelli soprariportati.
Ciao, Marc.
Come al solito sono molto daccordo con te.
Faccio notare che un'ambiguità esiste insita nell'insegnamento di base dell'analisi.
Esercizio tipo:
- si determini l'insieme di esistenza di f(x)=log(x)
Questa roba qua non è molto pulita perchè una funziona non ha un insieme di esistenza. Una funzione è definita tra A-->B [diciamo pure tra A-->R] non è definita tra R-->R e POI si vede dove le cose non tornano.
L'esercizio proposto significa:
- Determinare il massimo sottoinsieme A di R sul quale la scrittura formale "log(x)" ha significato.
E questo, tecnicamente, non è un esercizio di matematica ma un esercizio sulle convenzioni di scrittura.
Insomma, forse non sono molto chiaro, riprovo:
"log(x)" indica:
1) una funzione matematica definita su (0,+inf) con specifiche proprietà.
2) una scrittura che convenzionalmente indica l'esponente da dare a e per ottenere il numero "imprecisato" x
La definizione 1 è l'unica utilizzabile in senso formale, mentre la 2 sembra "invitare" a cercare, per esempio, valori che rappresentino log(0).
Lupo grigio fa molta confusione, a mio avviso, tra queste sottilette (:-)) della matematica. Se non si riesce a distinguere bene queste cose è facilissimo arrivare a dimostrare robe che, alla base, non hanno molto senso tipo 0^0=1 oppure 1/0=1 oppure "dio c'è".
Ci si è reso conto moltissimo di questi problemi nei secoli passati e ci sono state molte posizioni autorevoli.
Poicarrè era dell'avviso che l'intuito facesse quesi tutto e cioè (praticamente) "o la capisci o non la capisci". In quest'ottica ciò che fa e dice Lupo Grigio è, per assurdo, del tutto accettabile, e questi sono i limiti dell'intuizionismo estremo. D'altra parte una posizione estremamente formale [portata avanti a oltranza, per esempio, da Hilbert] genera dritta dritta il teorema di Godel. E tale teorema di per se non è certo una "brutta cosa" ma sicuramente mostra che un'analisi "fuori dallo schema formale" adottato [insomma, un'analisi metamatematica] può generare risultati che il sistema formale stesso non supporta.
Tutte queste osservazioni, spero sia chiaro, prendono spunto dalla discussione in corso ma non mirano a difendere in alcun modo le posizioni di Lupo Grigio. Anzi le posizioni di Lupo Grigio mi paiono così metodicamente lontane dalle mie che ho abbandonato la discussione [continuo a trovare che "continuità", "serie di taylor", "limite" siano cencetti non discutibili se sulle le basi ("funzione", "insieme", "valore") non c'è accordo].
Tuttavia le tue risposte mi lasciano talvolta perplesso perchè sembrano un tantino "rigide":
- Trovatemi un libro che dice... [che argomentazione sarebbe?]
- La matematica non è un gioco... [Vabbè...]
- un'imprecisione sintattica come -00 < x < +00... [Fior di matematici usavano un formalismo tutto loro e quasi indecifrabile, eppure...]
Insomma nella discussione che tu stai svolgendo con Lupo Grigio mi trovi assolutamente daccordo, tuttavia le tue argomentazioni mi suscitano talvolta strani pensieri, tipo quelli soprariportati.
Ciao, Marc.
Anch'io affronto molte questioni matematiche per svago e voglia di divertirmi; quando ho detto che la matematica non è un gioco, volevo solo combattere quella visione esclusivamente strumentale per risolvere problemi concreti che molti fisici, ingegneri hanno della matematica. Ultimamente purtroppo ho assunto toni severi, perchè se è vero che non è simpatico essere troppo pignoli, è anche vero che alcuni approfittano delle proprie imperfezioni sintattiche e logiche per costruire sofismi e sofismi. Io penso che questo spazio pur conservando la sua dimensione 'ludica', non debba servire a confondere completamente le idee a quei visitatori che magari le hanno già poco chiare. Se un'imprecisione sintattica come -00 < x < +00 non è utilizzata per fare pseudodimostrazioni, venga pure, ma se invece si confonde la notazione x^0, utilizzata nell'ambito dei polinomi per indicare assenza di x, con la funzione potenza x^0 per poi attribuire alla base il valore zero e costruire quindi una falsa dimostrazione, allora penso che sia opportuno per lo meno mettere in guardia che si tratta di una pura manipolazione sintattica avulsa da ogni logica.
Caro Marc entrambi sappiamo benissimo che nell'anello dei polinomi x è una indeterminata, ad essa perciò non viene associato alcun valore numerico e di conseguenza l'uguaglianza x^0=1 regge benissimo, mentre nel caso della funzione f(x)=x^0 all'argomento x vengono attribuiti gli elementi dell'insieme di esistenza e quindi nella notazione funzionale è corretto scrivere x^0=1 per x diverso da 0.
Diversamente confondendo le due notazioni (quella algebrica e quella analitica) si parte dalla falsa premessa x^0=1 per ogni x, con la grave incongruenza logica di avere già per ipotesi del procedimento deduttivo quello che invece deve essere la tesi.
Lupo grigio, in tutte le sue dimostrazioni, a partire da quella della probabilità nel caso di prove ripetute (esclusa quella dove mette 0^0 al denominatore) fa confusione tra le due sintassi non accorgendosi che così ritrova come ipotesi l'obiettivo stesso della sua dimostrazione.
Angelo
Caro Marc entrambi sappiamo benissimo che nell'anello dei polinomi x è una indeterminata, ad essa perciò non viene associato alcun valore numerico e di conseguenza l'uguaglianza x^0=1 regge benissimo, mentre nel caso della funzione f(x)=x^0 all'argomento x vengono attribuiti gli elementi dell'insieme di esistenza e quindi nella notazione funzionale è corretto scrivere x^0=1 per x diverso da 0.
Diversamente confondendo le due notazioni (quella algebrica e quella analitica) si parte dalla falsa premessa x^0=1 per ogni x, con la grave incongruenza logica di avere già per ipotesi del procedimento deduttivo quello che invece deve essere la tesi.
Lupo grigio, in tutte le sue dimostrazioni, a partire da quella della probabilità nel caso di prove ripetute (esclusa quella dove mette 0^0 al denominatore) fa confusione tra le due sintassi non accorgendosi che così ritrova come ipotesi l'obiettivo stesso della sua dimostrazione.
Angelo
Caro Lupo Grigio
Premetto che non voglio fare la figura del tontolone, è chiaro che la matematica ha un ruolo determinante nella società e anche nelle guerre. Tuttavia Turing, che pure ha contribuito a decifrare Enigma, gicava a scacchi-corsa (una mossa - un giro di corsa dell'ateneo) dimostrando con quale spirito affrontava le questioni logiche.
Ma che mi dici della funzione:
f(x)= 1*0^x [1] -00 < x < +00 con x però diverso da 0
non è altrettanto valida?
Fai pure tutte le deduzioni [illecite!] che vuoi da Taylor, ottieni
f(0)=0.
Come la mettiamo?
P.S.
Non usare "-00" e "+00" altrimenti Angelo si irrita!
Sta bene, Marc.
Premetto che non voglio fare la figura del tontolone, è chiaro che la matematica ha un ruolo determinante nella società e anche nelle guerre. Tuttavia Turing, che pure ha contribuito a decifrare Enigma, gicava a scacchi-corsa (una mossa - un giro di corsa dell'ateneo) dimostrando con quale spirito affrontava le questioni logiche.
Ma che mi dici della funzione:
f(x)= 1*0^x [1] -00 < x < +00 con x però diverso da 0
non è altrettanto valida?
Fai pure tutte le deduzioni [illecite!] che vuoi da Taylor, ottieni
f(0)=0.
Come la mettiamo?
P.S.
Non usare "-00" e "+00" altrimenti Angelo si irrita!

Sta bene, Marc.
caro Marc
sono assai lieto che tu interpreti la matematica in maniera, diciamo così, 'sportiva' e, se ti fa piacere saperlo, anch'io mi trovo su questo spazio più che altro per avere un poco di svago e passatempo.
Non per tutti sfortunatamente la matematica ha un significato eminentemente, diciamo così, 'ludico'. Proviamo a pensare ad esempio all'impresa del matematico polacco Marian Rejewsky, il quale alla fine degli anni '30 è riuscito a far breccia nella macchina cifrante tedesca ENIGMA, ponendo fin da allora le premesse per la sconfitta di Hitler...
Battute a parte son lieto di rspondere al tuo quesito, che qui riporto per chiarezza...
... sia f(x)=1 su R\{0}
1) Sei daccordo che tale funzione NON è definita in 0 [visto che io non l'ho definita lì]?...
2)Se sì, sei daccordo a dire che tale funzione è indefinita per x=0?...
E' ovvio che sono d'accordo con te, caro Marc, tanto sul punto 1) quanto sul punto 2)!... il problema è però un altro, ovvero che una funzione definita con lo sviluppo in serie [mi divertono tanto, questo lo avrai capito
...]:
f(x)= 1*x^0 [1] -00 < x < +00 con x però diverso da 0
non si capisce bene quale utilità abbia se non essere magari tanto bella da contemplare. Viveversa se si volesse togliere la restrizione imposta non si sa bene per quale motivo e definire la funzione espressa in [1] per ogni valore di x [e quindi anche per x=0 dove come altrove essa vale 1, tanto che una anomalia del genere si definisce come suscettibile di essere tolta] si otterrebbe una funzione di utilità insuperabile in ogni campo del sapere matematico...
cordiali saluti!...
lupo grigio
sono assai lieto che tu interpreti la matematica in maniera, diciamo così, 'sportiva' e, se ti fa piacere saperlo, anch'io mi trovo su questo spazio più che altro per avere un poco di svago e passatempo.
Non per tutti sfortunatamente la matematica ha un significato eminentemente, diciamo così, 'ludico'. Proviamo a pensare ad esempio all'impresa del matematico polacco Marian Rejewsky, il quale alla fine degli anni '30 è riuscito a far breccia nella macchina cifrante tedesca ENIGMA, ponendo fin da allora le premesse per la sconfitta di Hitler...
Battute a parte son lieto di rspondere al tuo quesito, che qui riporto per chiarezza...
... sia f(x)=1 su R\{0}
1) Sei daccordo che tale funzione NON è definita in 0 [visto che io non l'ho definita lì]?...
2)Se sì, sei daccordo a dire che tale funzione è indefinita per x=0?...
E' ovvio che sono d'accordo con te, caro Marc, tanto sul punto 1) quanto sul punto 2)!... il problema è però un altro, ovvero che una funzione definita con lo sviluppo in serie [mi divertono tanto, questo lo avrai capito

f(x)= 1*x^0 [1] -00 < x < +00 con x però diverso da 0
non si capisce bene quale utilità abbia se non essere magari tanto bella da contemplare. Viveversa se si volesse togliere la restrizione imposta non si sa bene per quale motivo e definire la funzione espressa in [1] per ogni valore di x [e quindi anche per x=0 dove come altrove essa vale 1, tanto che una anomalia del genere si definisce come suscettibile di essere tolta] si otterrebbe una funzione di utilità insuperabile in ogni campo del sapere matematico...
cordiali saluti!...
lupo grigio
Caro Angelo, hai scritto
"La matematica non è un gioco..."
Non mettiamola giù troppo dura, moltissimi [tutti?] grandi matematici hanno fatto quello che han fatto divertendosi tantissimo. La matematica è un gioco complicato e bellissimo in cui ognuno ha diritto di sostenere che 0^0=27, chiaro che, in questo caso, si ritroverà probabilmente un po' solo e parte del divertimento svanirà come d'incanto.
Non ci sono regole, è un gioco assolutamente anarchico tuttavia, sembra essere più interessante quando si segue un filo logico rigoroso rispetto a quando si fanno congetture a caso.
Insomma, è un gioco che va giocato bene, altrimenti c'è il rischio di divertirsi poco, ma nessuno può dire a priori cosa è giusto e cosa non è giusto fare.
Nel mare dei matti (e arroganti) che cercano di dimostrare la falsità del teorema di pitagora è possibile che ci sia qualcuno che scopre qualcosa di interessante.
La matematica non è una religione e l'intolleranza non le si addice.
Ciao, Marc.
"La matematica non è un gioco..."
Non mettiamola giù troppo dura, moltissimi [tutti?] grandi matematici hanno fatto quello che han fatto divertendosi tantissimo. La matematica è un gioco complicato e bellissimo in cui ognuno ha diritto di sostenere che 0^0=27, chiaro che, in questo caso, si ritroverà probabilmente un po' solo e parte del divertimento svanirà come d'incanto.
Non ci sono regole, è un gioco assolutamente anarchico tuttavia, sembra essere più interessante quando si segue un filo logico rigoroso rispetto a quando si fanno congetture a caso.
Insomma, è un gioco che va giocato bene, altrimenti c'è il rischio di divertirsi poco, ma nessuno può dire a priori cosa è giusto e cosa non è giusto fare.
Nel mare dei matti (e arroganti) che cercano di dimostrare la falsità del teorema di pitagora è possibile che ci sia qualcuno che scopre qualcosa di interessante.
La matematica non è una religione e l'intolleranza non le si addice.
Ciao, Marc.
Caro Lupo Grigio,
ormai seguo molto poco la questione (e mi stupisco sempre di come tu e Angelo siate resistenti
).
Vorrei farti comunque un paio di domande
sia f(x)=1 su R\{0}
1) Sei daccordo che tale funzione NON è definita in 0 [visto che io non l'ho definita lì]?
2)Se sì, sei daccordo a dire che tale funzione è indefinita per x=0?
Ciao, Marc.
ormai seguo molto poco la questione (e mi stupisco sempre di come tu e Angelo siate resistenti

Vorrei farti comunque un paio di domande
sia f(x)=1 su R\{0}
1) Sei daccordo che tale funzione NON è definita in 0 [visto che io non l'ho definita lì]?
2)Se sì, sei daccordo a dire che tale funzione è indefinita per x=0?
Ciao, Marc.
A chiunque sia interessato, riporto un sito che contiene i più comuni errori commessi da studenti e non.
http://atlas.math.vanderbilt.edu/~schectex/commerrs/#Infinity
Angelo
http://atlas.math.vanderbilt.edu/~schectex/commerrs/#Infinity
Angelo
Caro lupo grigio, ti assicuro che è vero e tu stesso l'hai già verificato che su nessuno dei testi di matematica, italiani o stranieri si dà una definizione di 0^0 che abbia carattere universale.
Ti ho già detto nell'ultimo messaggio e quindi se lo rileggi con più attenzione, capirai in base a quale criterio si può istruire un computer ad assegnare ad una espressione del tipo c=a^b, quando per pura fatalità è a=b=0, un valore. Prima di tutto il programmatore dovrebbe aver chiaro quale scopo vuole raggiungere e quali mezzi e formule intende adoperare, solo dopo il programmatore e non il computer dovrebbe saper ricavare il valore di 0^0 coerente (non attraverso misteri del mondo soprannaturale, ma attraverso un uso razionale e scrupoloso degli strumenti matematici) e solo infine si istruirà il computer con una semplice istruzione if,
if (a=0) and (b=0) then pot:=...
In tutti gli altri casi si utilizzerà la definizione generale di potenza data da lupo grigio in uno dei suoi primi post (la quale è molto adatta all'implementazione).
Il prof. Omari ovviamente non si è mai espresso in questi termini:" Si tenga presente inoltre che al simbolo 0^0 non è attribuito alcun significato…". A tal proposito si controlli nuovamente il sito, egli ha solo detto che per 0^0 le cose non vanno così liscie e rimanda la discussione quando tratta nel successivo capitolo le forme indeterminate. Per lupo grigio, e già l'ho detto nel mio ultimo messaggio, se un'espressione assume più valori, diventa priva di significato, ergo i^i dovrebbe essere parimenti senza significato!
Il prof. Omari dà al stessa definizione standard che viene data in un qualsiasi altro testo matematico e se essa non è adatta all'implementazione algoritmica, ha il notevole pregio di far capire quale sia il criterio di introduzione del concetto di potenza: questo concetto nasce dalla necessità di effettuare moltiplicazione ripetute (caso n>=2), si ricavano le proprietà delle potenze (le solite cinque) e le successive generalizzazioni si realizzano nell'unico modo per cui continuano a valere tutte le proprietà (cas0 n=0,1, caso n negativo, caso n frazionario, caso n reale). Si segue un percorso logico interessante che suggerisce pure una possibile via da seguire per definire 0^0 che però si scontra con l'ostacolo di non riuscire a trovare un solo valore coerente con tutte le proprietà. Dal punto di vista matematico, ciò che dice il prof. Omari è ineccepibile, e d'altra parte egli ha scritto un corso di Analisi 1 e quindi non si occupa del problema di scrivere un programma per computer. Tale problema appartiene piuttosto al programmatore che invece di applicare meccanicamente formule o quant'altro dovrebbe escogitare il miglior e veloce algoritmo possibile. Sarebbe come se si denigrasse Cramer, perchè il suo metodo matematico per risolvere i sistemi lineari, non è adatto per i computer, ma sono certamente migliori i cosiddetti metodi numerici.
Se il prof. Omari afferma quanto segue:
"la formula del binomio di Newton per n=0 assume la forma (a+b)^0 che è conveniente accettare come vera anche nella eventualità che sia a=b=0 , anche se in questo caso ci si imbatte nell’espressione 0^0 alla quale non è sempre opportuno attribuire un significato…" ,
è perchè egli ha chiare due cose:
1) non è possibile dare in tutto l'ambito della matematica una definizione di 0^0 che si mantenga coerente (si ricordi l'esempio del numero delle funzioni definite in A e a valori in B, si ricordi l'esempio del prolungamento per continuità di una certa funzione f(x)in x=0);
2) bisogna precisare l'obiettivo che si vuole perseguire per poi giungere in dato contesto ad una definizione di 0^0 ( in questo caso l'obiettivo è quello di rendere vera la formula del binomio di Newton, scritta tramite simbologia di sommatoria, anche per n=0).
Caro lupo grigio, l'errore della tua nuova dimostrazione l'ho già corretto nel mio ultimo post quando parlo di simbologia avulsa dalla semantica e dalla logica. Rileggi più attentamente il mio ultimo post e troverai da solo l'errore.
Inoltre non hai compreso bene la contraddizione presente nell'esempio della funzione:
f(x)= x^g(x), dove g(x)=1/(log(x)-x) per x diverso da zero
g(x)=0 per x=0
Chiaramente f(0)=0^0 (*), d'altra parte se vogliamo che la funzione sia continua in x=0, occorre che sia f(0)=e (**).
(*) e (**) sono in contraddizione se si pone sempre e comunque come fai tu 0^0=1. Pertanto una definizione di 0^0 coerente con le proprietà delle potenze, diventa incongruente con una definizione per continuità e viceversa.
Questo è uno dei motivi per cui a 0^0 non è possibile attribuire un significato univoco nell'intero ambito della matematica.
Chiaramente phi(x)=g(x)* log(x) = log(x)/(log(x)–x) non vale 1 per x=0, in quanto la funzione phi(x) non è definita per x=0, invece è del tutto evidente che lim (x-->0) phi(x)=1.
Questa confusione continua e costante tra limite e valore assunto dalla funzione è un altro dei motivi per cui lupo grigio commette errori nelle sue dimostrazioni in particolare quelle che hanno a che fare con gli sviluppi in serie.
Angelo
Modificato da - angelo il 18/12/2002 12:21:17
Ti ho già detto nell'ultimo messaggio e quindi se lo rileggi con più attenzione, capirai in base a quale criterio si può istruire un computer ad assegnare ad una espressione del tipo c=a^b, quando per pura fatalità è a=b=0, un valore. Prima di tutto il programmatore dovrebbe aver chiaro quale scopo vuole raggiungere e quali mezzi e formule intende adoperare, solo dopo il programmatore e non il computer dovrebbe saper ricavare il valore di 0^0 coerente (non attraverso misteri del mondo soprannaturale, ma attraverso un uso razionale e scrupoloso degli strumenti matematici) e solo infine si istruirà il computer con una semplice istruzione if,
if (a=0) and (b=0) then pot:=...
In tutti gli altri casi si utilizzerà la definizione generale di potenza data da lupo grigio in uno dei suoi primi post (la quale è molto adatta all'implementazione).
Il prof. Omari ovviamente non si è mai espresso in questi termini:" Si tenga presente inoltre che al simbolo 0^0 non è attribuito alcun significato…". A tal proposito si controlli nuovamente il sito, egli ha solo detto che per 0^0 le cose non vanno così liscie e rimanda la discussione quando tratta nel successivo capitolo le forme indeterminate. Per lupo grigio, e già l'ho detto nel mio ultimo messaggio, se un'espressione assume più valori, diventa priva di significato, ergo i^i dovrebbe essere parimenti senza significato!
Il prof. Omari dà al stessa definizione standard che viene data in un qualsiasi altro testo matematico e se essa non è adatta all'implementazione algoritmica, ha il notevole pregio di far capire quale sia il criterio di introduzione del concetto di potenza: questo concetto nasce dalla necessità di effettuare moltiplicazione ripetute (caso n>=2), si ricavano le proprietà delle potenze (le solite cinque) e le successive generalizzazioni si realizzano nell'unico modo per cui continuano a valere tutte le proprietà (cas0 n=0,1, caso n negativo, caso n frazionario, caso n reale). Si segue un percorso logico interessante che suggerisce pure una possibile via da seguire per definire 0^0 che però si scontra con l'ostacolo di non riuscire a trovare un solo valore coerente con tutte le proprietà. Dal punto di vista matematico, ciò che dice il prof. Omari è ineccepibile, e d'altra parte egli ha scritto un corso di Analisi 1 e quindi non si occupa del problema di scrivere un programma per computer. Tale problema appartiene piuttosto al programmatore che invece di applicare meccanicamente formule o quant'altro dovrebbe escogitare il miglior e veloce algoritmo possibile. Sarebbe come se si denigrasse Cramer, perchè il suo metodo matematico per risolvere i sistemi lineari, non è adatto per i computer, ma sono certamente migliori i cosiddetti metodi numerici.
Se il prof. Omari afferma quanto segue:
"la formula del binomio di Newton per n=0 assume la forma (a+b)^0 che è conveniente accettare come vera anche nella eventualità che sia a=b=0 , anche se in questo caso ci si imbatte nell’espressione 0^0 alla quale non è sempre opportuno attribuire un significato…" ,
è perchè egli ha chiare due cose:
1) non è possibile dare in tutto l'ambito della matematica una definizione di 0^0 che si mantenga coerente (si ricordi l'esempio del numero delle funzioni definite in A e a valori in B, si ricordi l'esempio del prolungamento per continuità di una certa funzione f(x)in x=0);
2) bisogna precisare l'obiettivo che si vuole perseguire per poi giungere in dato contesto ad una definizione di 0^0 ( in questo caso l'obiettivo è quello di rendere vera la formula del binomio di Newton, scritta tramite simbologia di sommatoria, anche per n=0).
Caro lupo grigio, l'errore della tua nuova dimostrazione l'ho già corretto nel mio ultimo post quando parlo di simbologia avulsa dalla semantica e dalla logica. Rileggi più attentamente il mio ultimo post e troverai da solo l'errore.
Inoltre non hai compreso bene la contraddizione presente nell'esempio della funzione:
f(x)= x^g(x), dove g(x)=1/(log(x)-x) per x diverso da zero
g(x)=0 per x=0
Chiaramente f(0)=0^0 (*), d'altra parte se vogliamo che la funzione sia continua in x=0, occorre che sia f(0)=e (**).
(*) e (**) sono in contraddizione se si pone sempre e comunque come fai tu 0^0=1. Pertanto una definizione di 0^0 coerente con le proprietà delle potenze, diventa incongruente con una definizione per continuità e viceversa.
Questo è uno dei motivi per cui a 0^0 non è possibile attribuire un significato univoco nell'intero ambito della matematica.
Chiaramente phi(x)=g(x)* log(x) = log(x)/(log(x)–x) non vale 1 per x=0, in quanto la funzione phi(x) non è definita per x=0, invece è del tutto evidente che lim (x-->0) phi(x)=1.
Questa confusione continua e costante tra limite e valore assunto dalla funzione è un altro dei motivi per cui lupo grigio commette errori nelle sue dimostrazioni in particolare quelle che hanno a che fare con gli sviluppi in serie.
Angelo
Modificato da - angelo il 18/12/2002 12:21:17
Tra le numerose cose postate da Angelo nel suo ultimo messaggio, particolarmente interessante è la seguente:
… se per esempio uno studente volesse prolungare per continuità, in x=0, la funzione f(x)= x^g(x) dove:
g(x)=1/(log(x)-x) per x diverso da zero
g(x)=0 per x=0
dovrebbe concludere che, siccome il limite per x-->0+ [di f(x)] vale e [numero di Nepero], si debba porre f(0)=0^0=e.
Ma ciò sarebbe incoerente con le proprietà delle potenze!…
Una definizione di 0^0 coerente con le proprietà delle potenze, sarebbe perciò incongruente con una definizione per continuità e viceversa. Se lupo grigio avesse sviluppato in serie di Taylor g(x)*log(x) piuttosto che x*log(x) sarebbe rrivato alla conclusione che 0^0=e…
caro Angelo
ti sono grato per l’esempio che hai fornito [per altro non chiaro al 100% ma ciò non è molto importante…] in quanto, oltre che darmi un altro modo elegante di dimostrare il mio asserto, mi permette di parlare di una importantissima estensione del concetto di sviluppo in serie di potenze.
Innanzi tutto è opportuno chiarire che il sottoscritto non ha mai asserito che, se una funzione phi(x) è definita come phi(x)=f(x)^g(x) e è f(0)=g(0)=0, debba essere anche phi(0)=1 [o un altro numero]. Esattamente come nel caso phi(x)=f(x)/g(x), se f(0)=g(0)=0 il valore assunto da phi(x) per x=0 dipende da come sono fatte f(x) e g(x)… ovviamente!…
Nell’esempio da te proposto abbiamo pertanto f(x)=x e g(x)=1/(ln x –x). Che il valore di phi(x)=g(x)* ln x = ln x/(ln x –x) sia 1 per x=0 è del tutto evidente, come è evidente che x^g(x) = e^ phi(x)= e per x=0 e per questo non credo si possa dire che si è fatta una grande ‘scoperta’.
L’aspetto interessante dell’esempio da te proposto è però il seguente. Come tu stesso mi inviti a fare proviamo a sviluppare in serie di Taylor la funzione g(x)=1/(ln x-x) e vediamo che cosa succede…
Anziché calcolare tale sviluppo in maniera ‘standard’, possiamo sfruttare lo sviluppo ‘binomiale’ (a+x)^n quando n ha valori negativi. Il caso generale [veramente interessante] lo tratteremo fra non molto, ma per il momento limitiamoci al caso n=-1. Sarà:
(a+x)^(-1)= x^0/a –x/a^2+…+ (-1)^k *x^k/a^(k+1)+…=
+00
Sum (-1)^k *x^k/a^(k+1) [1]
k=0
Se cambiamo x con –x nella [1] e moltiplichiamo ambo membri per a otteniamo:
a/(a-x)= (x/a)^0+x/a+(x/a)^2+…=
+00
Sum (x/a)^k [2]
k=0
Che la serie [2] converga per |x/a|<1 non desta meraviglia e ancor meno desta meraviglia che essa valga 1 per x=0 per a qualunque purchè diverso da 0 e quindi anche per a= ln x con x<1. Sostituendo nella [2] ad a ln x otteniamo:
g(x)*ln x = ln x/(ln x-x) =
+00
Sum (x/ln x)^k [3]
k=0
Come in tanti casi analoghi la serie [3] valutata per x=0 si riduce al solo primo termine ed è pertanto:
ln x/(ln x-x) [x=0] = (x/ln x)^0 [x=0]= 0^0 = 1 [4]
... e così per la millesima volta ritroviamo il risultato di sempre…
cordiali saluti!…
lupo grigio
… se per esempio uno studente volesse prolungare per continuità, in x=0, la funzione f(x)= x^g(x) dove:
g(x)=1/(log(x)-x) per x diverso da zero
g(x)=0 per x=0
dovrebbe concludere che, siccome il limite per x-->0+ [di f(x)] vale e [numero di Nepero], si debba porre f(0)=0^0=e.
Ma ciò sarebbe incoerente con le proprietà delle potenze!…
Una definizione di 0^0 coerente con le proprietà delle potenze, sarebbe perciò incongruente con una definizione per continuità e viceversa. Se lupo grigio avesse sviluppato in serie di Taylor g(x)*log(x) piuttosto che x*log(x) sarebbe rrivato alla conclusione che 0^0=e…
caro Angelo
ti sono grato per l’esempio che hai fornito [per altro non chiaro al 100% ma ciò non è molto importante…] in quanto, oltre che darmi un altro modo elegante di dimostrare il mio asserto, mi permette di parlare di una importantissima estensione del concetto di sviluppo in serie di potenze.
Innanzi tutto è opportuno chiarire che il sottoscritto non ha mai asserito che, se una funzione phi(x) è definita come phi(x)=f(x)^g(x) e è f(0)=g(0)=0, debba essere anche phi(0)=1 [o un altro numero]. Esattamente come nel caso phi(x)=f(x)/g(x), se f(0)=g(0)=0 il valore assunto da phi(x) per x=0 dipende da come sono fatte f(x) e g(x)… ovviamente!…
Nell’esempio da te proposto abbiamo pertanto f(x)=x e g(x)=1/(ln x –x). Che il valore di phi(x)=g(x)* ln x = ln x/(ln x –x) sia 1 per x=0 è del tutto evidente, come è evidente che x^g(x) = e^ phi(x)= e per x=0 e per questo non credo si possa dire che si è fatta una grande ‘scoperta’.
L’aspetto interessante dell’esempio da te proposto è però il seguente. Come tu stesso mi inviti a fare proviamo a sviluppare in serie di Taylor la funzione g(x)=1/(ln x-x) e vediamo che cosa succede…
Anziché calcolare tale sviluppo in maniera ‘standard’, possiamo sfruttare lo sviluppo ‘binomiale’ (a+x)^n quando n ha valori negativi. Il caso generale [veramente interessante] lo tratteremo fra non molto, ma per il momento limitiamoci al caso n=-1. Sarà:
(a+x)^(-1)= x^0/a –x/a^2+…+ (-1)^k *x^k/a^(k+1)+…=
+00
Sum (-1)^k *x^k/a^(k+1) [1]
k=0
Se cambiamo x con –x nella [1] e moltiplichiamo ambo membri per a otteniamo:
a/(a-x)= (x/a)^0+x/a+(x/a)^2+…=
+00
Sum (x/a)^k [2]
k=0
Che la serie [2] converga per |x/a|<1 non desta meraviglia e ancor meno desta meraviglia che essa valga 1 per x=0 per a qualunque purchè diverso da 0 e quindi anche per a= ln x con x<1. Sostituendo nella [2] ad a ln x otteniamo:
g(x)*ln x = ln x/(ln x-x) =
+00
Sum (x/ln x)^k [3]
k=0
Come in tanti casi analoghi la serie [3] valutata per x=0 si riduce al solo primo termine ed è pertanto:
ln x/(ln x-x) [x=0] = (x/ln x)^0 [x=0]= 0^0 = 1 [4]
... e così per la millesima volta ritroviamo il risultato di sempre…
cordiali saluti!…
lupo grigio
caro Angelo
le questioni da te poste sono numerose ed impegnative, quindi certamente mi perdonerai se le affronterò una alla volta. Cominciamo dalla tua prima frase:
… caro lupo grigio, come puoi verificare in una qualsiasi fonte [libri scolastici, testi universitari o anche siti web italiani o esteri], si evita sempre di definire l'espressione 0^0. Se tutti i matematici concordano con questa scelta è perché si vogliono evitare incongruenze o situazioni ambigue…
Ammesso e non concesso sia vero quello che tu affermi [su nessuno dei testi di matematica in mio possesso, italiani o stranieri, è riportato che l’espressione 0^0 è ‘senza significato’… diversamente l’avrei da tempo buttato nel bidone…], quello che non si capisce assolutamente è in base a quale ragionamento si può arrivare alla conclusione che il miglior modo di evitare ‘situazioni ambigue’ sia quello di istruire un computer ad assegnare ad una espressione del tipo c=a^b, quando per pura fatalità è a=b=0, un qualunque valore numerico scelto a caso… misteri del mondo soprannaturale!…
A parte questo, ciò che è veramente divertente è il tenore di certe argomentazioni che si trovano in certi ‘sacri testi’, come ad esempio si può constatare proprio nella pregevole opera del prof. Omari che tu stesso additi come esempio di 'rigore ed esattezza'. Vediamo da prima cosa scrive nel capitolo secondo [Insiemi numerici] a pag. due:
… ricordiamo che per l’insieme dei numeri naturali positivi si definisce l’operazione di innalzamento a potenza definita da:
per n=1 a^1=a
per n>1 a^n= a*a*…*a (n volte)
Si definisce inoltre:
a^0 =1 per ogni a>0
0^n = 0 per ogni n>0
Si tenga presente inoltre che al simbolo 0^0 non è attribuito alcun significato…
Così, a parte la consueta ferraginosità della definizione ‘standard’ che rende tra l’altro decisamente poco agevole programmare un computer per il calcolo di c=a^b, resta ribadito solennemente ed autorevolmente il fatto che all’espressione 0^0 non deve assolutamente essere attribuito un qualsivoglia valore numerico…
La cosa potrebbe anche, diciamo così, ‘andar bene’ se non fosse per un piccolo e insignificante particolare… nel successivo capitolo, dedicato al calcolo combinatorio, a pagina 10 l’insigne professor Omari, giunto a parlare dello sviluppo di Newton, smentisce clamorosamente se stesso!… come?… ecco che cosa scrive…
… il problema è quello di esprimere la potenza n-esima del binomio (a+b)^n, con a e b numeri reali ed n intero positivo. Per definizione:
(a+b)^1= a+b per n=1
(a+b)^n= (a+b)*(a+b)*…*(a+b) (n volte)
A queste condizioni quali che siano i numeri reali a e b, per ogni intero positivo n si ha:
n
(a+b)^n= Sum [n,k]* a^k * b^(n-k)
k=0
ove con la notazione [n,k] si intende, al solito, il coefficiente binomiale [n,k]= n!/k!*(n-k)!…
Segue quindi la dimostrazione, al termine della quale leggiamo testualmente [e abbastanza sorprendentemente se vogliamo]:
… notiamo che, essendo [0,0]=1, la formula per n=0 assume la forma (a+b)^0 che è conveniente accettare come vera anche nella eventualità che sia a=b=0 , anche se in questo caso ci si imbatte nell’espressione 0^0 alla quale non è sempre opportuno attribuire un significato…
Chi ci capisce qualcosa a questo punto è veramente bravo, non è vero professore?… in altre parole questa volta conviene ‘accettare come vera’ l’espressione (a+b)^0 anche quando a+b=0 e perfino nel caso a=b=0?… e perchè mai professore, questa volta sì e le altre no?… e poi perché dice che attribuire un valore all’espressione 0^0 ‘non è sempre opportuno’?… in quali circostanze allora sarebbe ‘inopportuno’ secondo lei?… misteri imperscrutabili per noi miseri umani evidentemente…
cordiali saluti a tutti!…
lupo grigio
Modificato da - lupo grigio il 16/12/2002 15:15:48
le questioni da te poste sono numerose ed impegnative, quindi certamente mi perdonerai se le affronterò una alla volta. Cominciamo dalla tua prima frase:
… caro lupo grigio, come puoi verificare in una qualsiasi fonte [libri scolastici, testi universitari o anche siti web italiani o esteri], si evita sempre di definire l'espressione 0^0. Se tutti i matematici concordano con questa scelta è perché si vogliono evitare incongruenze o situazioni ambigue…
Ammesso e non concesso sia vero quello che tu affermi [su nessuno dei testi di matematica in mio possesso, italiani o stranieri, è riportato che l’espressione 0^0 è ‘senza significato’… diversamente l’avrei da tempo buttato nel bidone…], quello che non si capisce assolutamente è in base a quale ragionamento si può arrivare alla conclusione che il miglior modo di evitare ‘situazioni ambigue’ sia quello di istruire un computer ad assegnare ad una espressione del tipo c=a^b, quando per pura fatalità è a=b=0, un qualunque valore numerico scelto a caso… misteri del mondo soprannaturale!…
A parte questo, ciò che è veramente divertente è il tenore di certe argomentazioni che si trovano in certi ‘sacri testi’, come ad esempio si può constatare proprio nella pregevole opera del prof. Omari che tu stesso additi come esempio di 'rigore ed esattezza'. Vediamo da prima cosa scrive nel capitolo secondo [Insiemi numerici] a pag. due:
… ricordiamo che per l’insieme dei numeri naturali positivi si definisce l’operazione di innalzamento a potenza definita da:
per n=1 a^1=a
per n>1 a^n= a*a*…*a (n volte)
Si definisce inoltre:
a^0 =1 per ogni a>0
0^n = 0 per ogni n>0
Si tenga presente inoltre che al simbolo 0^0 non è attribuito alcun significato…
Così, a parte la consueta ferraginosità della definizione ‘standard’ che rende tra l’altro decisamente poco agevole programmare un computer per il calcolo di c=a^b, resta ribadito solennemente ed autorevolmente il fatto che all’espressione 0^0 non deve assolutamente essere attribuito un qualsivoglia valore numerico…
La cosa potrebbe anche, diciamo così, ‘andar bene’ se non fosse per un piccolo e insignificante particolare… nel successivo capitolo, dedicato al calcolo combinatorio, a pagina 10 l’insigne professor Omari, giunto a parlare dello sviluppo di Newton, smentisce clamorosamente se stesso!… come?… ecco che cosa scrive…
… il problema è quello di esprimere la potenza n-esima del binomio (a+b)^n, con a e b numeri reali ed n intero positivo. Per definizione:
(a+b)^1= a+b per n=1
(a+b)^n= (a+b)*(a+b)*…*(a+b) (n volte)
A queste condizioni quali che siano i numeri reali a e b, per ogni intero positivo n si ha:
n
(a+b)^n= Sum [n,k]* a^k * b^(n-k)
ove con la notazione [n,k] si intende, al solito, il coefficiente binomiale [n,k]= n!/k!*(n-k)!…
Segue quindi la dimostrazione, al termine della quale leggiamo testualmente [e abbastanza sorprendentemente se vogliamo]:
… notiamo che, essendo [0,0]=1, la formula
Chi ci capisce qualcosa a questo punto è veramente bravo, non è vero professore?… in altre parole questa volta conviene ‘accettare come vera’ l’espressione (a+b)^0 anche quando a+b=0 e perfino nel caso a=b=0?… e perchè mai professore, questa volta sì e le altre no?… e poi perché dice che attribuire un valore all’espressione 0^0 ‘non è sempre opportuno’?… in quali circostanze allora sarebbe ‘inopportuno’ secondo lei?… misteri imperscrutabili per noi miseri umani evidentemente…
cordiali saluti a tutti!…
lupo grigio
Modificato da - lupo grigio il 16/12/2002 15:15:48
Caro lupo grigio, come puoi verificare in una qualsiasi fonte (libri scolastici, testi universitari o anche siti web italiani o esteri), si evita sempre di definire l'espressione 0^0. Se tutti i matematici concordano con questa scelta è perché si vogliono evitare incongruenze o situazioni ambigue.
Se per esempio uno studente volesse prolungare per continuità, in x=0, la funzione,
f(x)= x^g(x), dove g(x)=1/(log(x)-x) per x diverso da zero
g(x)=0 per x=0
dovrebbe concludere che, siccome il limite per x-->0+ vale e (numero di Nepero), si debba porre f(0)=0^0=e.
Ma ciò sarebbe incoerente con le proprietà delle potenze!
Una definizione di 0^0 coerente con le proprietà delle potenze, sarebbe perciò incongruente con una definizione per continuità e viceversa.
Se lupo grigio avesse sviluppato in serie di Taylor g(x)log(x) piuttosto che xlog(x) sarebbe arrivato alla conclusione che 0^0=e.
Allora è meglio non attribuire un significato universale a 0^0, ma piuttosto analizzare l'espressione nel contesto specifico in cui si presenta.
Non ho mai detto che 0^0=0 oppure 0^0=1, né credo sia corretto parlare di valori giusti o sbagliati, bisogna piuttosto parlare di valori coerenti con le proprietà delle potenze visto che 0^0 almeno dal punto di vista simbolico si presenta come potenza. Ciò che sempre ho cercato di dire, ma evidentemente senza successo, è che gli unici valori che non contraddicono le proprietà delle potenze, sono 0 e 1; pertanto, se proprio volessimo in un contesto specifico, dare un significato numerico a 0^0, potremmo scegliere un valore che sia o zero o uno, ma sempre dobbiamo stare molto cauti e attenti che ciò non vada in contraddizione con qualche altra proprietà o procedura matematica (ad esempio nel caso del prolungamento per continuità è da sconsigliare qualsiasi valore predefinito di 0^0).
Riguardo alle nuove dimostrazioni di lupo grigio, esse a prima vista sono davvero ineccepibili, ma ad un esame più attento contengono un vizio di fondo e cioè l'utilizzo sintattico di formule e simbologie completamente avulso dalla semantica e dalla logica deduttiva.
Sappiamo tutti che la formula del binomio di Newton è la seguente,
(a+b)^n=a^n+ (n,1)*a^(n-1)*b + (n,2)*a^(n-2)*b^2+ ...+ (n,n-2)*a^2*b^(n-2) + (n,n-1)*a*b^(n-1) +b^n
dove (n,i) rappresenta il coefficiente binomiale n su i.
Proprio per evitare una scrittura così lunga, si preferisce utilizzare la simbologia della sommatoria, nella quale viene sommato, al variare di un indice in un insieme, un determinato termine generale inficiato da tale indice.
Sfortunatamente il primo e l'ultimo termine della sommatoria sembrano avere una sintassi diversa da un qualsiasi altro termine, si argina quindi l'ostacolo ricordando che (n,0)=(n,n)=1 e utilizzando le seguenti uguaglianze,
(1) a^n=(n,0)*a^n*b^0, (2) b^n=(n,n)*a^0*b^n.
Solo adesso possiamo scrivere il termine generale (n,i)*a^(n-i)*b^i e quindi la formula di Newton nel modo sintetico,
(a+b)^n = S [ 0<=i<=n] (n,i)*a^(n-i)*b^i.
Ma affinché le uguaglianze (1) e (2), proprio quelle che permettono di ricavare la formula di Newton in formato sintetico, siano valide anche per a e b nulli, occorre porre per convenzione 0^0=1.
Naturalmente non è la formula di Newton ad implicare l'uguaglianza 0^0=1, ma piuttosto il tentativo di scrivere un termine generale che permetta di sintetizzare la simbologia.
In realtà non era sufficiente scomodare formule del calcolo combinatorio o del calcolo di probabilità, bastava solamente scrivere tramite sommatoria un qualsiasi polinomio.
Ad esempio,
1 + 2 x + 3 x^2 + 4 x^3 = S [0<=i<=3] (i+1) x^i
Per x=0, si ottiene subito dalla precedente uguaglianza, 1 = 1* 0^0, da cui 0^0=1.
Ovviamente questo non è conseguenza di alcuna formula, ma solamente deriva da una convenzione sintattica di scrivere x^0 laddove non è presente l'incognita x.
La formula di Taylor per n=1, in realtà si riduce a,
(a+b)^1=a + b,
mentre per n=0, risulta ovviamente,
(a+b)^0 =1 purché a+b è diverso da zero.
Le formule di lupo grigio per n=1 e per n=0, derivano dalla simbologia di sommatoria, nella quale per ricavare il termine generale vengono rimpiazzate le lettere mancanti con le potenze di esponente zero, procedimento ineccepibile purché successivamente non si attribuisca ad alcuna lettera il valore 0.
In altre parole nella simbologia di sommatoria esponente zero significa che non è presente la rispettiva lettera.
Riguardo al mio paradosso, esso serviva solo per far capire come una divisione per zero potesse produrre risultati contraddittori.
a=1 (Sia a uguale al numero 1)
a^2=1 (allora a^2 vale 1)
a^2-1=0 (perciò a^2-1 vale 0)
(a-1)(a+1)=0*(a-1) (ovviamente il prodotto (a-1)(a+1) è zero perché il primo fattore è nullo)
Adesso dividendo ambo i membri per a-1 (cioè per zero: operazione non valida) si ottiene l'uguaglianza,
a+1=0, da cui,
a=-1, ovvero,
1=-1. Assurdo.
Come vedi non esistono valori veri o sbagliati di a, ma solo l'ipotesi in cui si suppone 1 il valore di a. Tale ipotesi non deve condurre ad un assurdo, altrimenti nel procedimento deduttivo deve esservi un errore.
In questa serie di passaggi tutte le uguaglianze prima della divisione per zero sono vere, mentre quelle dopo la divisione per zero portano ad un risultato contraddittorio e cioè che 1=-1. E' proprio la divisione per zero la causa dell'assurdo.
Quando ci sono espressioni al denominatore, bisogna sempre imporre che non si annullino, per questo l'espressione 0^0 messa al denominatore equivale ad imporre 0^0 diverso da zero.
Caro lupo grigio, quello che desidero avere è una dimostrazione veramente inoppugnabile, quando la presenterai ti accorgerai che avrò l'onestà intellettuale di accettarla.
A mio parere però, può darsi che mi sbaglio, non ci può essere una dimostrazione del valore corretto di 0^0, per il semplice motivo che all'espressione inizialmente indefinita è possibile attribuire un qualsiasi valore numerico. Il problema fino ad ora è stato mal posto, bisognerebbe prima chiarire lo scopo che si vuole raggiungere e solo dopo ricercare il valore opportuno per 0^0. Tutto dipende dal fine a cui si vuole pervenire; per esempio, vogliamo mantenere la validità delle proprietà delle potenze, allora si ricercheranno tutti quei valori per 0^0 che non contraddicono alcuna proprietà delle potenze, oppure vogliamo che determinate formule scritte in forma sintetica siano valide anche per valori particolari delle lettere, allora si troverà il valore opportuno per 0^0, oppure vogliamo definire per continuità una funzione in un punto della frontiera del suo insieme di esistenza, allora si ricercherà il valore coerente per 0^0.
In tutta la matematica qualsiasi valore attribuisci a 0^0 creerà prima o poi situazioni contraddittorie, questo è il motivo per cui nessun matematico si sogna di definire 0^0.
Io penso che il problema di definire 0^0 sia prettamente teorico e non abbia caratteristica assoluta, ma relativa all'ambito e al contesto in cui il problema viene affrontato.
Aggiungo infine che affinché un'applicazione pratica sia adeguata, occorre aver chiaro l'ambito di validità delle formule adoperate e per questo occorre saper distinguere e conoscere tutte le ipotesi sotto le quali le formule sono realmente soddisfatte, avere vera padronanza della sintassi utilizzata evitando quindi che diventi autonoma distaccandosi dalla semantica e dalla logica, e talvolta è anche necessaria la conoscenza accurata delle dimostrazioni che chiarisce molte cose e fa evitare errori veramente banali (ad. esempio, se si studia la dimostrazione della formula di Newton, si scopre che essa non viene mai dimostrata per n=0, ciò che si ottiene dalla formula per n=0 è solo una estrapolazione sintattica, non certo logica, della simbologia di sommatoria la quale a sua volta è subordinata a trovare a tutti costi il termine generale).
Se si facesse tutto questo, si eviterebbero situazioni imbarazzanti con il prossimo e le applicazioni pratiche sarebbero prive di bugs.
Vi immaginate cosa succederebbe se si volesse studiare il moto di un corpo celeste nelle prossimità di un buco nero utilizzando la geometria euclidea ? Deve forse Euclide avere rimorsi di coscienza per le conseguenze? Io credo che sia compito del fisico capire quale sia l'ambito di validità di una teoria matematica e quale sia il modello matematico migliore per descrivere il problema concreto. Ogni matematico opera in ambito teorico e non ha colpa di eventuali applicazioni inadeguate da parte di fisici o ingegneri poco competenti o distratti. La matematica non è un gioco, ma ha una sua autonomia e continua ad esistere anche senza applicazioni pratiche: la differenza rispetto ad una qualsiasi altra scienza è che si occupa di oggetti astratti.
Ultimissime domande per lupo grigio:
visto che ad ogni espressione bisognerebbe attribuire uno ed un solo valore altrimenti è priva di significato, come classificheresti l’espressione i^i? Hai mai sentito parlare di funzioni polidrome? E di multifunzioni?
Angelo
Se per esempio uno studente volesse prolungare per continuità, in x=0, la funzione,
f(x)= x^g(x), dove g(x)=1/(log(x)-x) per x diverso da zero
g(x)=0 per x=0
dovrebbe concludere che, siccome il limite per x-->0+ vale e (numero di Nepero), si debba porre f(0)=0^0=e.
Ma ciò sarebbe incoerente con le proprietà delle potenze!
Una definizione di 0^0 coerente con le proprietà delle potenze, sarebbe perciò incongruente con una definizione per continuità e viceversa.
Se lupo grigio avesse sviluppato in serie di Taylor g(x)log(x) piuttosto che xlog(x) sarebbe arrivato alla conclusione che 0^0=e.
Allora è meglio non attribuire un significato universale a 0^0, ma piuttosto analizzare l'espressione nel contesto specifico in cui si presenta.
Non ho mai detto che 0^0=0 oppure 0^0=1, né credo sia corretto parlare di valori giusti o sbagliati, bisogna piuttosto parlare di valori coerenti con le proprietà delle potenze visto che 0^0 almeno dal punto di vista simbolico si presenta come potenza. Ciò che sempre ho cercato di dire, ma evidentemente senza successo, è che gli unici valori che non contraddicono le proprietà delle potenze, sono 0 e 1; pertanto, se proprio volessimo in un contesto specifico, dare un significato numerico a 0^0, potremmo scegliere un valore che sia o zero o uno, ma sempre dobbiamo stare molto cauti e attenti che ciò non vada in contraddizione con qualche altra proprietà o procedura matematica (ad esempio nel caso del prolungamento per continuità è da sconsigliare qualsiasi valore predefinito di 0^0).
Riguardo alle nuove dimostrazioni di lupo grigio, esse a prima vista sono davvero ineccepibili, ma ad un esame più attento contengono un vizio di fondo e cioè l'utilizzo sintattico di formule e simbologie completamente avulso dalla semantica e dalla logica deduttiva.
Sappiamo tutti che la formula del binomio di Newton è la seguente,
(a+b)^n=a^n+ (n,1)*a^(n-1)*b + (n,2)*a^(n-2)*b^2+ ...+ (n,n-2)*a^2*b^(n-2) + (n,n-1)*a*b^(n-1) +b^n
dove (n,i) rappresenta il coefficiente binomiale n su i.
Proprio per evitare una scrittura così lunga, si preferisce utilizzare la simbologia della sommatoria, nella quale viene sommato, al variare di un indice in un insieme, un determinato termine generale inficiato da tale indice.
Sfortunatamente il primo e l'ultimo termine della sommatoria sembrano avere una sintassi diversa da un qualsiasi altro termine, si argina quindi l'ostacolo ricordando che (n,0)=(n,n)=1 e utilizzando le seguenti uguaglianze,
(1) a^n=(n,0)*a^n*b^0, (2) b^n=(n,n)*a^0*b^n.
Solo adesso possiamo scrivere il termine generale (n,i)*a^(n-i)*b^i e quindi la formula di Newton nel modo sintetico,
(a+b)^n = S [ 0<=i<=n] (n,i)*a^(n-i)*b^i.
Ma affinché le uguaglianze (1) e (2), proprio quelle che permettono di ricavare la formula di Newton in formato sintetico, siano valide anche per a e b nulli, occorre porre per convenzione 0^0=1.
Naturalmente non è la formula di Newton ad implicare l'uguaglianza 0^0=1, ma piuttosto il tentativo di scrivere un termine generale che permetta di sintetizzare la simbologia.
In realtà non era sufficiente scomodare formule del calcolo combinatorio o del calcolo di probabilità, bastava solamente scrivere tramite sommatoria un qualsiasi polinomio.
Ad esempio,
1 + 2 x + 3 x^2 + 4 x^3 = S [0<=i<=3] (i+1) x^i
Per x=0, si ottiene subito dalla precedente uguaglianza, 1 = 1* 0^0, da cui 0^0=1.
Ovviamente questo non è conseguenza di alcuna formula, ma solamente deriva da una convenzione sintattica di scrivere x^0 laddove non è presente l'incognita x.
La formula di Taylor per n=1, in realtà si riduce a,
(a+b)^1=a + b,
mentre per n=0, risulta ovviamente,
(a+b)^0 =1 purché a+b è diverso da zero.
Le formule di lupo grigio per n=1 e per n=0, derivano dalla simbologia di sommatoria, nella quale per ricavare il termine generale vengono rimpiazzate le lettere mancanti con le potenze di esponente zero, procedimento ineccepibile purché successivamente non si attribuisca ad alcuna lettera il valore 0.
In altre parole nella simbologia di sommatoria esponente zero significa che non è presente la rispettiva lettera.
Riguardo al mio paradosso, esso serviva solo per far capire come una divisione per zero potesse produrre risultati contraddittori.
a=1 (Sia a uguale al numero 1)
a^2=1 (allora a^2 vale 1)
a^2-1=0 (perciò a^2-1 vale 0)
(a-1)(a+1)=0*(a-1) (ovviamente il prodotto (a-1)(a+1) è zero perché il primo fattore è nullo)
Adesso dividendo ambo i membri per a-1 (cioè per zero: operazione non valida) si ottiene l'uguaglianza,
a+1=0, da cui,
a=-1, ovvero,
1=-1. Assurdo.
Come vedi non esistono valori veri o sbagliati di a, ma solo l'ipotesi in cui si suppone 1 il valore di a. Tale ipotesi non deve condurre ad un assurdo, altrimenti nel procedimento deduttivo deve esservi un errore.
In questa serie di passaggi tutte le uguaglianze prima della divisione per zero sono vere, mentre quelle dopo la divisione per zero portano ad un risultato contraddittorio e cioè che 1=-1. E' proprio la divisione per zero la causa dell'assurdo.
Quando ci sono espressioni al denominatore, bisogna sempre imporre che non si annullino, per questo l'espressione 0^0 messa al denominatore equivale ad imporre 0^0 diverso da zero.
Caro lupo grigio, quello che desidero avere è una dimostrazione veramente inoppugnabile, quando la presenterai ti accorgerai che avrò l'onestà intellettuale di accettarla.
A mio parere però, può darsi che mi sbaglio, non ci può essere una dimostrazione del valore corretto di 0^0, per il semplice motivo che all'espressione inizialmente indefinita è possibile attribuire un qualsiasi valore numerico. Il problema fino ad ora è stato mal posto, bisognerebbe prima chiarire lo scopo che si vuole raggiungere e solo dopo ricercare il valore opportuno per 0^0. Tutto dipende dal fine a cui si vuole pervenire; per esempio, vogliamo mantenere la validità delle proprietà delle potenze, allora si ricercheranno tutti quei valori per 0^0 che non contraddicono alcuna proprietà delle potenze, oppure vogliamo che determinate formule scritte in forma sintetica siano valide anche per valori particolari delle lettere, allora si troverà il valore opportuno per 0^0, oppure vogliamo definire per continuità una funzione in un punto della frontiera del suo insieme di esistenza, allora si ricercherà il valore coerente per 0^0.
In tutta la matematica qualsiasi valore attribuisci a 0^0 creerà prima o poi situazioni contraddittorie, questo è il motivo per cui nessun matematico si sogna di definire 0^0.
Io penso che il problema di definire 0^0 sia prettamente teorico e non abbia caratteristica assoluta, ma relativa all'ambito e al contesto in cui il problema viene affrontato.
Aggiungo infine che affinché un'applicazione pratica sia adeguata, occorre aver chiaro l'ambito di validità delle formule adoperate e per questo occorre saper distinguere e conoscere tutte le ipotesi sotto le quali le formule sono realmente soddisfatte, avere vera padronanza della sintassi utilizzata evitando quindi che diventi autonoma distaccandosi dalla semantica e dalla logica, e talvolta è anche necessaria la conoscenza accurata delle dimostrazioni che chiarisce molte cose e fa evitare errori veramente banali (ad. esempio, se si studia la dimostrazione della formula di Newton, si scopre che essa non viene mai dimostrata per n=0, ciò che si ottiene dalla formula per n=0 è solo una estrapolazione sintattica, non certo logica, della simbologia di sommatoria la quale a sua volta è subordinata a trovare a tutti costi il termine generale).
Se si facesse tutto questo, si eviterebbero situazioni imbarazzanti con il prossimo e le applicazioni pratiche sarebbero prive di bugs.
Vi immaginate cosa succederebbe se si volesse studiare il moto di un corpo celeste nelle prossimità di un buco nero utilizzando la geometria euclidea ? Deve forse Euclide avere rimorsi di coscienza per le conseguenze? Io credo che sia compito del fisico capire quale sia l'ambito di validità di una teoria matematica e quale sia il modello matematico migliore per descrivere il problema concreto. Ogni matematico opera in ambito teorico e non ha colpa di eventuali applicazioni inadeguate da parte di fisici o ingegneri poco competenti o distratti. La matematica non è un gioco, ma ha una sua autonomia e continua ad esistere anche senza applicazioni pratiche: la differenza rispetto ad una qualsiasi altra scienza è che si occupa di oggetti astratti.
Ultimissime domande per lupo grigio:
visto che ad ogni espressione bisognerebbe attribuire uno ed un solo valore altrimenti è priva di significato, come classificheresti l’espressione i^i? Hai mai sentito parlare di funzioni polidrome? E di multifunzioni?
Angelo
caro Angelo
devo darti atto che per discutere con te ci vogliono doti di calma e pazienza non comuni, che tuttavia a me non mancano. Veniamo allora innanzitutto al ragionamento un poco ’strano’ che hai fatto nel tuo ‘esempio’, ammesso che lo abbia inteso bene.
Allora… se ho ben capito, dalla definizione preliminare: ‘a=1’… si deriva che una delle proprietà di a è a^2=1… e quindi a^2-1= (a+1)*(a-1)=0. A questo punto abbiamo una equazione di secondo grado che è soddisfatta per a=1 [il valore ‘giusto’] , e per a=-1 [il valore ‘sbagliato’]. Certo che se fossi partito dalla definizione ‘a=-1’ allora questo valore sarebbe stato quello ‘giusto’, e il valore a=1 quello ‘sbagliato’. Questo ragionamento ‘strano’ [perdonami l’espressione…] è assai simile a quello da te fatto a proposito della proprietà di c=0^0, per cui deve essere c^2=c [ossia 0^0*0^0=0^0…]. Anche qui abbiamo una equazione di secondo grado che è soddisfatta per c=1 [il valore ‘giusto’… almeno secondo me…] e per c=0 [il valore ‘sbagliato’… sempre secondo me…], ma contrariamente non solo alla logica ma anche al buon senso, non è che tu consideri ‘giusto’ uno e ‘sbagliato’ l’altro ma, se intendo bene, tu consideri ‘giusti’ entrambi [!?…]. Questo è il motivo per il quale nella mia risposta a Lorenzo mi sono ‘cautelato’ affermando testualmente [cosa che è agevole controllare…]: … ammesso [e non concesso] che possa valere il ragionamento esposto qua sopra, non è difficile tuttavia ‘smentirlo’ in questo modo…. In realtà sia il ‘ragionamento’ sia la mia ‘smentita’ sono gravemente difettosi dal punto di vista della logica e pertanto non sono utili per venire a capo della questione.
Onestamente riterrei, in tutta umiltà, di avere fornito argomentazioni inoppugnabili circa il fatto che l’espressione c=a^b assume solo e soltanto il valore c=1 per a=b=0. Tu però non sei evidentemente d’accordo, quali che siano le motivazioni, e quindi mi impegno a fornire qui di seguito una ulteriore ‘dimostrazione’ della veridicità di quanto da me affermato. Prima però è indispensabile stabilire un punto fermo che sarebbe il seguente: una qualunque funzione ‘diretta’ c=f(a,b) [l’elevamento a potenza è una funzione diretta], dati a e b, o esiste uno e un solo valore di c, o non ne esiste alcuno, e in tal caso l’espressione è senza significato. Andando a consultare il sito da te segnalatomi si scopre che, secondo l’autorevole parere dell’illustre prof. Omari di Trieste, l’espressione ‘0^0’ è senza significato. Beh che altro dire se non che leggendo di queste cose si comprende del perché le università italiane sono tra le ultime al mondo!… Spero vivamente che il professore in oggetto non se la prenda se faccio rispettosamente rilevare che, se per qualcuno la matematica è un gioco, per altri è un prezioso strumento al quale si chiede di dare risposte e se queste non sono ‘idonee’ le conseguenze possono essere anche assai gravi. Che cosa sarebbe successo se il programma di cui ho parlato in precedenza, anziché fornire la simulazione di algoritmi di elaborazione di segnali, fosse servito, per esempio, ad allertare la protezione civile in caso di probabile inizio di catastrofe?…
Torniamo comunque all’argomento in discussione e parliamo di un campo della matematica assai noto agli studenti delle scuole superiori: la formula del binomio.
(a+b)^n = S [0<=i<=n] (n,i)* a^i * b^(n-i) = (n,0)* a^0* b^n + (n,1)*a^1*b(n-1)+…+ (n,n-1)*a^(n-1)*b^1+ (n,n)*a^n*b^0 [1]
… ove con (n,i) si sono indicati i famosi coefficienti binomiali, dati da (n,i)= n!/i!*(n-i)!.Tra le proprietà dei coefficienti binomiali è utile ricordare le seguenti, di immediata verifica: (n,i)= (n,n-i); (n,0)=(n,n)=1; (n,1)=(n,n-1)=n.
Vediamo che cosa diviene lo sviluppo [1] nei due casi più semplici, cominciamo per n=1 [per n>1 si arriva ad identiche conclusioni].
(a+b)^1= a^0*b^1+ a^1*b^0 [2]
Nulla di strano in questa formula.. oh no?…come nulla di strano vi è se essa deve valere anche per a=0 oppure b=0, per cui deve essere:
(a+b)=a^0*b^1+a^1*b^0= (0^0) * b = b per a=0 qualunque sia b [3a]
…………………………= (0^0) * a = a per b=0 qualunque sia a [3b]
Ora perché sia l’espressione [3a] sia dall’espressione [3b]siano valide è evidente che in entrambi i casi deve essere 0^0=1.
Vediamo ora che cosa diviene la [1] quando n=0.
(a+b)^0=(a^0)*(b^0)= 1 [4]
E’ evidente che la [4] vale per tutti i valori di a e b , in particolare quindi anche per a=-b, nel qual caso abbiamo:
(a-a)^0= 0^0 = (-a^2)^0=1 [5]
Dal momento che l’espressione [5] deve valere quale che sia a, è evidente che essa prova una volta di più [quasi ce ne fosse ancora bisogno…] l’assunto che si voleva dimostrare.
cordiali saluti!…
lupo grigio
devo darti atto che per discutere con te ci vogliono doti di calma e pazienza non comuni, che tuttavia a me non mancano. Veniamo allora innanzitutto al ragionamento un poco ’strano’ che hai fatto nel tuo ‘esempio’, ammesso che lo abbia inteso bene.
Allora… se ho ben capito, dalla definizione preliminare: ‘a=1’… si deriva che una delle proprietà di a è a^2=1… e quindi a^2-1= (a+1)*(a-1)=0. A questo punto abbiamo una equazione di secondo grado che è soddisfatta per a=1 [il valore ‘giusto’] , e per a=-1 [il valore ‘sbagliato’]. Certo che se fossi partito dalla definizione ‘a=-1’ allora questo valore sarebbe stato quello ‘giusto’, e il valore a=1 quello ‘sbagliato’. Questo ragionamento ‘strano’ [perdonami l’espressione…] è assai simile a quello da te fatto a proposito della proprietà di c=0^0, per cui deve essere c^2=c [ossia 0^0*0^0=0^0…]. Anche qui abbiamo una equazione di secondo grado che è soddisfatta per c=1 [il valore ‘giusto’… almeno secondo me…] e per c=0 [il valore ‘sbagliato’… sempre secondo me…], ma contrariamente non solo alla logica ma anche al buon senso, non è che tu consideri ‘giusto’ uno e ‘sbagliato’ l’altro ma, se intendo bene, tu consideri ‘giusti’ entrambi [!?…]. Questo è il motivo per il quale nella mia risposta a Lorenzo mi sono ‘cautelato’ affermando testualmente [cosa che è agevole controllare…]: … ammesso [e non concesso] che possa valere il ragionamento esposto qua sopra, non è difficile tuttavia ‘smentirlo’ in questo modo…. In realtà sia il ‘ragionamento’ sia la mia ‘smentita’ sono gravemente difettosi dal punto di vista della logica e pertanto non sono utili per venire a capo della questione.
Onestamente riterrei, in tutta umiltà, di avere fornito argomentazioni inoppugnabili circa il fatto che l’espressione c=a^b assume solo e soltanto il valore c=1 per a=b=0. Tu però non sei evidentemente d’accordo, quali che siano le motivazioni, e quindi mi impegno a fornire qui di seguito una ulteriore ‘dimostrazione’ della veridicità di quanto da me affermato. Prima però è indispensabile stabilire un punto fermo che sarebbe il seguente: una qualunque funzione ‘diretta’ c=f(a,b) [l’elevamento a potenza è una funzione diretta], dati a e b, o esiste uno e un solo valore di c, o non ne esiste alcuno, e in tal caso l’espressione è senza significato. Andando a consultare il sito da te segnalatomi si scopre che, secondo l’autorevole parere dell’illustre prof. Omari di Trieste, l’espressione ‘0^0’ è senza significato. Beh che altro dire se non che leggendo di queste cose si comprende del perché le università italiane sono tra le ultime al mondo!… Spero vivamente che il professore in oggetto non se la prenda se faccio rispettosamente rilevare che, se per qualcuno la matematica è un gioco, per altri è un prezioso strumento al quale si chiede di dare risposte e se queste non sono ‘idonee’ le conseguenze possono essere anche assai gravi. Che cosa sarebbe successo se il programma di cui ho parlato in precedenza, anziché fornire la simulazione di algoritmi di elaborazione di segnali, fosse servito, per esempio, ad allertare la protezione civile in caso di probabile inizio di catastrofe?…
Torniamo comunque all’argomento in discussione e parliamo di un campo della matematica assai noto agli studenti delle scuole superiori: la formula del binomio.
(a+b)^n = S [0<=i<=n] (n,i)* a^i * b^(n-i) = (n,0)* a^0* b^n + (n,1)*a^1*b(n-1)+…+ (n,n-1)*a^(n-1)*b^1+ (n,n)*a^n*b^0 [1]
… ove con (n,i) si sono indicati i famosi coefficienti binomiali, dati da (n,i)= n!/i!*(n-i)!.Tra le proprietà dei coefficienti binomiali è utile ricordare le seguenti, di immediata verifica: (n,i)= (n,n-i); (n,0)=(n,n)=1; (n,1)=(n,n-1)=n.
Vediamo che cosa diviene lo sviluppo [1] nei due casi più semplici, cominciamo per n=1 [per n>1 si arriva ad identiche conclusioni].
(a+b)^1= a^0*b^1+ a^1*b^0 [2]
Nulla di strano in questa formula.. oh no?…come nulla di strano vi è se essa deve valere anche per a=0 oppure b=0, per cui deve essere:
(a+b)=a^0*b^1+a^1*b^0= (0^0) * b = b per a=0 qualunque sia b [3a]
…………………………= (0^0) * a = a per b=0 qualunque sia a [3b]
Ora perché sia l’espressione [3a] sia dall’espressione [3b]siano valide è evidente che in entrambi i casi deve essere 0^0=1.
Vediamo ora che cosa diviene la [1] quando n=0.
(a+b)^0=(a^0)*(b^0)= 1 [4]
E’ evidente che la [4] vale per tutti i valori di a e b , in particolare quindi anche per a=-b, nel qual caso abbiamo:
(a-a)^0= 0^0 = (-a^2)^0=1 [5]
Dal momento che l’espressione [5] deve valere quale che sia a, è evidente che essa prova una volta di più [quasi ce ne fosse ancora bisogno…] l’assunto che si voleva dimostrare.
cordiali saluti!…
lupo grigio
A tutti coloro che volessero approfondire il concetto matematico di potenza, consiglio il capitolo 4 del seguente sito (da pag.60 a pag 63):
http://www.dsm.univ.trieste.it/~omari/Analisi_matematica_1_(2000-01)/Appunti_del_corso/
Si tratta di un corso universitario di Analisi matematica 1 svolto in modo davvero soddisfacente.
Angelo
http://www.dsm.univ.trieste.it/~omari/Analisi_matematica_1_(2000-01)/Appunti_del_corso/
Si tratta di un corso universitario di Analisi matematica 1 svolto in modo davvero soddisfacente.
Angelo