Domanda stupida su definizione cono
Sto cercando di capire la definizione di cono ma non sono sicuro di aver capito benissimo.
Il professore ha definito S cono l'insieme che rispetta x∈S => Span(x)∈S
Quindi assumo l'insieme di punti di un certo V spazio e lo chiamo S, questo insieme S è un cono se è tale che se x appartiene a questo insieme S anche ax∈S con a∈R qualunque (cioè lo span). Questo mi sembra essere giusto.
Qui viene il mio dubbio scemotto: mi chiedo se posso anche definire così: S:={x∈V|x∈S => x∈Span(x)}, cioè per caratteristica.
Mi sembrerebbe però non funzionare e vorrei capire se ho capito bene il motivo: la mia idea è che non funzioni poiché asserisco x∈S<=>(x∈S => x∈Span(x)) ma sto in poche parole dicendo che in S stanno le x tali che se x sta in S allora appartiene allo span. e qui viene in problema perché S non è ancora definito quindi non ha senso dire x sta in S se x sta in S allora x sta nello span, proprio perché non so ancora quali x stanno in S, mentre io lo sfrutto definendolo così.
E' corretto quindi dire che non si può definire così? E se non si può è corretta la mia spiegazione o potreste dirmene una migliore? Vi ringrazio.
Il professore ha definito S cono l'insieme che rispetta x∈S => Span(x)∈S
Quindi assumo l'insieme di punti di un certo V spazio e lo chiamo S, questo insieme S è un cono se è tale che se x appartiene a questo insieme S anche ax∈S con a∈R qualunque (cioè lo span). Questo mi sembra essere giusto.
Qui viene il mio dubbio scemotto: mi chiedo se posso anche definire così: S:={x∈V|x∈S => x∈Span(x)}, cioè per caratteristica.
Mi sembrerebbe però non funzionare e vorrei capire se ho capito bene il motivo: la mia idea è che non funzioni poiché asserisco x∈S<=>(x∈S => x∈Span(x)) ma sto in poche parole dicendo che in S stanno le x tali che se x sta in S allora appartiene allo span. e qui viene in problema perché S non è ancora definito quindi non ha senso dire x sta in S se x sta in S allora x sta nello span, proprio perché non so ancora quali x stanno in S, mentre io lo sfrutto definendolo così.
E' corretto quindi dire che non si può definire così? E se non si può è corretta la mia spiegazione o potreste dirmene una migliore? Vi ringrazio.
Risposte
Occhio, lui non sta definendo "il" cono, sta definendo che cosa sia un cono. Secondo la sua definizione, un cono è un qualsiasi insieme $S$ (contenuto in uno spazio vettoriale $V$) con la seguente proprietà: se $x$ è un qualsiasi elemento di $S$ allora tutto lo span di $x$ è contenuto in $S$.
Questa scrittura che proponi
S:={x∈V|x∈S => x∈Span(x)}
non ha nessun senso, come hai ben spiegato.
Per capire ti consiglio di farti degli esempi. In $RR^2$, per esempio, qualsiasi retta passante per $(0,0)$ è un cono, come lo è anche l'unione di due (o più) qualsiasi rette che passano per $(0,0)$. Come vedi esistono infiniti coni, quindi non ha senso cercare di definire "il" cono.
Questa scrittura che proponi
S:={x∈V|x∈S => x∈Span(x)}
non ha nessun senso, come hai ben spiegato.
Per capire ti consiglio di farti degli esempi. In $RR^2$, per esempio, qualsiasi retta passante per $(0,0)$ è un cono, come lo è anche l'unione di due (o più) qualsiasi rette che passano per $(0,0)$. Come vedi esistono infiniti coni, quindi non ha senso cercare di definire "il" cono.
Ciao e grazie per la risposta.
Con le tue parole e suggerimento di fare esempi credo di aver colto, il cono in effetti non è l'insieme in quanto tale ma è una proprietà di certi insiemi diciamo così.
Quindi la mia definizione (errata) autoreferenziale in effetti non può funzionare, un po' per i motivi che dicevo e un po' perché è una mission impossible farlo, proprio per via del fatto che non c'è "il" cono.
Grazie per la mano!
Con le tue parole e suggerimento di fare esempi credo di aver colto, il cono in effetti non è l'insieme in quanto tale ma è una proprietà di certi insiemi diciamo così.
Quindi la mia definizione (errata) autoreferenziale in effetti non può funzionare, un po' per i motivi che dicevo e un po' perché è una mission impossible farlo, proprio per via del fatto che non c'è "il" cono.
Grazie per la mano!
- doppio post -
Ho aggiunto alcuni dettagli alla versione precedente che mi è partita inavvertitamente:
Dato che ho capito questo dubbio mi piacerebbe "approfittarne" per capire un altro punto connesso al precedente.
Credo sia più un problema di tipo logico/dimostrativo ma l'esempio in questione potrebbe aiutarmi a capire.
Proposizione:
Se $φ$ è bilineare simmetrica allora $I$ (con I insieme dei vettori isotropi) è un cono.
Dimostrazione:
Il professore assume $x∈I => φ(x,x)=0$, poi dice: φ(λx,λx)=(λ*λ)φ(x,x)(°)=0 =>λx∈I
in (°) sfrutta l'ipotesi $φ(x,x)=0$ per l'appunto.
Quindi conclude dicendo $x∈I =>λx∈I$
Non capisco però perché questi passaggi garantiscano una implicazione. Provo a puntualizzare dove non mi ritrovo.
$x∈I <=> φ(x,x)=0$ per definizione di cono isotropo. Quindi inizialmente pensavo che affermare che la mia ipotesi è $x∈I$ equivalesse a dire che la mia ipotesi è $φ(x,x)=0$ e quindi sdruttasse questa nuova ipotesi per dimostrare $φ(λx,λx)=(λ*λ)φ(x,x)=0 =>λx∈I$
ma questo non è del tutto giusto perché $(x∈I <=> φ(x,x)=0) <=> φ(x,x)=0$ non funziona, quindi non è corretto dire che $φ(x,x)=0$ è l'ipotesi. Questa strategia non va bene.
Me la sono aggiustata così:
Per avere l'implicazione voluta dovrei dimostrare, dato che la biimplicazione è meno forte della sola implicazione:
$((x∈I => φ(x,x)=0) e (φ(x,x)=0 => φ(λx,λx)=0)$ e $(φ(λx,λx)=0 => λx∈I))=> (x∈I => λx∈I)$
La prima la dimostra con x∈I <=> φ(x,x)=0 per definizione di cono isotropo I (dalla biimplicazione discende l'implicazione).
La terza la dimostra sfruttando la definizione di cono isotropo di nuovo $φ(λx,λx)=0 <=> λx∈I$
Rimane la seconda parentesi da dimostrare, quella: $φ(x,x)=0 => φ(λx,λx)=0$ ed è questa che proprio per quanto mi sforzi non capisco come funziona, io ho bisogno di mostrare che quando vale l'ipotesi $φ(x,x)=0$ allora vale che $φ(λx,λx)=0$.
Ma in questo caso invece parto da $φ(λx,λx)$ e sfruttando l'ipotesi mostro che $φ(λx,λx)=0$, e così non è come se stessi sfruttando due ipotesi? se chiamo A $φ(λx,λx)$, B $φ(x,x)=0$ e C $φ(λx,λx)=0$ starei dimostrando:
$(A e B) => C$ che non equivale mica a dimostrare $B => C$.
Infine vorrei chiedere come fare a far apparire le formule azzurre che mi paiono molto più comprensibili.
Dato che ho capito questo dubbio mi piacerebbe "approfittarne" per capire un altro punto connesso al precedente.
Credo sia più un problema di tipo logico/dimostrativo ma l'esempio in questione potrebbe aiutarmi a capire.
Proposizione:
Se $φ$ è bilineare simmetrica allora $I$ (con I insieme dei vettori isotropi) è un cono.
Dimostrazione:
Il professore assume $x∈I => φ(x,x)=0$, poi dice: φ(λx,λx)=(λ*λ)φ(x,x)(°)=0 =>λx∈I
in (°) sfrutta l'ipotesi $φ(x,x)=0$ per l'appunto.
Quindi conclude dicendo $x∈I =>λx∈I$
Non capisco però perché questi passaggi garantiscano una implicazione. Provo a puntualizzare dove non mi ritrovo.
$x∈I <=> φ(x,x)=0$ per definizione di cono isotropo. Quindi inizialmente pensavo che affermare che la mia ipotesi è $x∈I$ equivalesse a dire che la mia ipotesi è $φ(x,x)=0$ e quindi sdruttasse questa nuova ipotesi per dimostrare $φ(λx,λx)=(λ*λ)φ(x,x)=0 =>λx∈I$
ma questo non è del tutto giusto perché $(x∈I <=> φ(x,x)=0) <=> φ(x,x)=0$ non funziona, quindi non è corretto dire che $φ(x,x)=0$ è l'ipotesi. Questa strategia non va bene.
Me la sono aggiustata così:
Per avere l'implicazione voluta dovrei dimostrare, dato che la biimplicazione è meno forte della sola implicazione:
$((x∈I => φ(x,x)=0) e (φ(x,x)=0 => φ(λx,λx)=0)$ e $(φ(λx,λx)=0 => λx∈I))=> (x∈I => λx∈I)$
La prima la dimostra con x∈I <=> φ(x,x)=0 per definizione di cono isotropo I (dalla biimplicazione discende l'implicazione).
La terza la dimostra sfruttando la definizione di cono isotropo di nuovo $φ(λx,λx)=0 <=> λx∈I$
Rimane la seconda parentesi da dimostrare, quella: $φ(x,x)=0 => φ(λx,λx)=0$ ed è questa che proprio per quanto mi sforzi non capisco come funziona, io ho bisogno di mostrare che quando vale l'ipotesi $φ(x,x)=0$ allora vale che $φ(λx,λx)=0$.
Ma in questo caso invece parto da $φ(λx,λx)$ e sfruttando l'ipotesi mostro che $φ(λx,λx)=0$, e così non è come se stessi sfruttando due ipotesi? se chiamo A $φ(λx,λx)$, B $φ(x,x)=0$ e C $φ(λx,λx)=0$ starei dimostrando:
$(A e B) => C$ che non equivale mica a dimostrare $B => C$.
Infine vorrei chiedere come fare a far apparire le formule azzurre che mi paiono molto più comprensibili.
"lacanzione":La dimostrazione sta tutta in questa riga. Tutto il resto è superfluo.
φ(λx,λx)=(λ*λ)φ(x,x)=0
Il tuo dubbio forse riguarda il fatto che non riesci a dimostrare l'uguaglianza
$phi(lambda x,lambda x)=lambda^2 phi(x,x)$
Questa uguaglianza segue immediatamente dal fatto che $phi$ è bilineare. Rileggiti la definizione di forma bilineare.
Per le formule vedi qui.
Grazie per la risposta che noto solo ora anche qui, mi ero perso sull'altro dubbio che mi ha fagocitato.
Ho inoltre modificato quello prima per renderlo più leggibile dopo aver capito che bastava inserirci i dollari
.
Venendo al dunque noto che i dubbi sono 2:
Il primo è come rendere a livello formale la dimostrazione proposta dal prof.
Questo perché come indichi il core della dimostrazione è $φ(λx,λx)=(λ*λ)φ(x,x)=0$ e per farla sfrutta l'ipotesi $φ(x,x)=0$, però qui il dubbio, la mia ipotesi iniziale sarebbe: $x∈I$ e non $φ(x,x)=0$, quindi solo in un secondo momento ho che $x∈I<=>φ(x,x)=0$ per via della definizione di cono isotropo datami.
Quindi, per questo discorso inizialmente avevo pensato che assumere come ipotesi $x∈I$ equivalesse a dire che la mia ipotesi è $φ(x,x)=0$ e quindi sfruttasse questa "nuova ipotesi" per dimostrare il teorema che ci serve: (!) $ φ(λx,λx)=(λ*λ)φ(x,x)=0 $.
Ma questo discorso non è del tutto giusto perché: $(x∈I⇔φ(x,x)=0)⇔(φ(x,x)=0)$ è falso, questa ci dice che se la mia ipotesi x∈I biiplica φ(x,x)=0 non è uguale ad assumere solo come ipotesi φ(x,x)=0 e quindi non è corretto assumere: $φ(x,x)=0$ come ipotesi per dimostrare (!) per questo motivo.
Diventa invece corretto se assumo di dimostrare:
$((x∈I => φ(x,x)=0) e (φ(x,x)=0 => φ(λx,λx)=0)e(φ(λx,λx)=0 => λx∈I))=> (x∈I => λx∈I)$
(logicamente non è corretto quello che sto dicendo? A me pareva di si
. Ci dice infatti che dimostrare i 3 "e" logici, le tre parentesi, implica il dimostrare la nostra semplice x∈I => λx∈I)
Infatti in questo modo quello che rimane fondamentale è l'andare a dimostrare solo $φ(x,x)=0 => φ(λx,λx)=0$ dei tre "e".
Qui passo al secondo problema:
In realtà questo lo so, il mio dubbio è ancora più basic, davvero terra-terra a livello della suola delle scarpe
.
Per dimostrare $φ(x,x)=0 => φ(λx,λx)=0$ ho bisogno di mostrare che quando vale l'ipotesi $φ(x,x)=0$ allora vale che $φ(λx,λx)=0$. Io però ho solo una ipotesi: $φ(x,x)=0$.
per dimostrare però il prof prende: $φ(λx,λx)$ che è per bilinearità pari a $λ^2φ(x,x)$ qui usa l'ipotesi $φ(x,x)=0$ che rende zero quanto ci serve.
Bene, ma io dico, facendo così io assumo come ipotesi: $(φ(λx,λx) e φ(x,x)=0)$ quindi dimostro:
$(φ(λx,λx) e φ(x,x)=0)=>φ(λx,λx)=0$ e non $(φ(x,x)=0)=>φ(λx,λx)=0$ come invece dovrebbe essere, perché partire da $φ(λx,λx)$ non equivale a ipotiazare di avere φ(λx,λx) come ipotesi aggiuntiva in più?
Ho inoltre modificato quello prima per renderlo più leggibile dopo aver capito che bastava inserirci i dollari

Venendo al dunque noto che i dubbi sono 2:
Il primo è come rendere a livello formale la dimostrazione proposta dal prof.
Abbiamo da dimostrare: Se φ è bilineare simmetrica allora I (con I insieme dei vettori isotropi) è un cono che il prof scrive in formule come semplicemente dimostrare $x∈I⇒λx∈I$
Dimostrazione:
Il professore assume $x∈I => φ(x,x)=0$, poi dice: φ(λx,λx)=(λ*λ)φ(x,x)(°)=0 =>λx∈I
in (°) sfrutta l'ipotesi $φ(x,x)=0$ per l'appunto.
Quindi conclude dicendo $x∈I =>λx∈I$
Questo perché come indichi il core della dimostrazione è $φ(λx,λx)=(λ*λ)φ(x,x)=0$ e per farla sfrutta l'ipotesi $φ(x,x)=0$, però qui il dubbio, la mia ipotesi iniziale sarebbe: $x∈I$ e non $φ(x,x)=0$, quindi solo in un secondo momento ho che $x∈I<=>φ(x,x)=0$ per via della definizione di cono isotropo datami.
Quindi, per questo discorso inizialmente avevo pensato che assumere come ipotesi $x∈I$ equivalesse a dire che la mia ipotesi è $φ(x,x)=0$ e quindi sfruttasse questa "nuova ipotesi" per dimostrare il teorema che ci serve: (!) $ φ(λx,λx)=(λ*λ)φ(x,x)=0 $.
Ma questo discorso non è del tutto giusto perché: $(x∈I⇔φ(x,x)=0)⇔(φ(x,x)=0)$ è falso, questa ci dice che se la mia ipotesi x∈I biiplica φ(x,x)=0 non è uguale ad assumere solo come ipotesi φ(x,x)=0 e quindi non è corretto assumere: $φ(x,x)=0$ come ipotesi per dimostrare (!) per questo motivo.
Diventa invece corretto se assumo di dimostrare:
$((x∈I => φ(x,x)=0) e (φ(x,x)=0 => φ(λx,λx)=0)e(φ(λx,λx)=0 => λx∈I))=> (x∈I => λx∈I)$
(logicamente non è corretto quello che sto dicendo? A me pareva di si

Infatti in questo modo quello che rimane fondamentale è l'andare a dimostrare solo $φ(x,x)=0 => φ(λx,λx)=0$ dei tre "e".
La prima (x∈I => φ(x,x)=0) la dimostro con x∈I <=> φ(x,x)=0 per definizione di cono isotropo I (dalla biimplicazione discende l'implicazione).
La terza (φ(λx,λx)=0 => λx∈I) la dimostra sfruttando la definizione di cono isotropo di nuovo φ(λx,λx)=0⇔λx∈I
Qui passo al secondo problema:
l tuo dubbio forse riguarda il fatto che non riesci a dimostrare l'uguaglianza $ϕ(λx,λx)=λ^2ϕ(x,x)$
In realtà questo lo so, il mio dubbio è ancora più basic, davvero terra-terra a livello della suola delle scarpe

Per dimostrare $φ(x,x)=0 => φ(λx,λx)=0$ ho bisogno di mostrare che quando vale l'ipotesi $φ(x,x)=0$ allora vale che $φ(λx,λx)=0$. Io però ho solo una ipotesi: $φ(x,x)=0$.
per dimostrare però il prof prende: $φ(λx,λx)$ che è per bilinearità pari a $λ^2φ(x,x)$ qui usa l'ipotesi $φ(x,x)=0$ che rende zero quanto ci serve.
Bene, ma io dico, facendo così io assumo come ipotesi: $(φ(λx,λx) e φ(x,x)=0)$ quindi dimostro:
$(φ(λx,λx) e φ(x,x)=0)=>φ(λx,λx)=0$ e non $(φ(x,x)=0)=>φ(λx,λx)=0$ come invece dovrebbe essere, perché partire da $φ(λx,λx)$ non equivale a ipotiazare di avere φ(λx,λx) come ipotesi aggiuntiva in più?
Non si capisce niente.
Inoltre in che senso "$phi(lambda x,lambda x)$ è un'ipotesi"? Come può un numero essere un'ipotesi?
Inoltre in che senso "$phi(lambda x,lambda x)$ è un'ipotesi"? Come può un numero essere un'ipotesi?
Provo a riesporre per risultare più mirato ai due concetti che non riesco a carpire e mi sfuggono.
Per quanto riguarda il primo punto.
Il professore procede così:
Vuole dimostrare $x∈I⇒λx∈I$
Fa tre passaggi
I) $x∈I => φ(x,x)=0$
II) poi dice: $φ(λx,λx)=(λ*λ)φ(x,x)=0$ (dove l'ultimo uguale a zero vale per ipotesi di φ(x,x)=0
III) $φ(λx,λx)=0=>λx∈I$
Questo perché l'ipotesi iniziale è $x∈I$ e la tesi $λx∈I$.
Devo quindi prima di tutto mostrare che da $x∈I$ ho $φ(x,x)=0$ nel punto (I)
Poi, solo dopo che so che vale $φ(x,x)=0$ posso sfruttarla nella dimostrazione (II) $φ(λx,λx)=(λ*λ)φ(x,x)=0$
E infine la (III) mi porta alla tesi
Da qui si apriva il dubbio:
prima di tutto pensavo che siccome vale un se e solo se $x∈I <=> φ(x,x)=0$ assumere x∈I era identico ad assumere φ(x,x)=0, quindi nel punto (II) pensavo di sfruttare φ(x,x)=0 per questo motivo, cioè per l'uguaglianza di queste due proposizioni.
Ma questo non è propriamente giusto perché faccio notare come $(x∈I⇔φ(x,x)=0)⇔(φ(x,x)=0)$ è falso; e questo non dovrebbe dirmi che "sapere che vale questa relazione tra le proposizioni $x∈I⇔φ(x,x)=0$, non equivale a poter assumere unicamente $φ(x,x)=0$ come proposizione"?
Allora ho ragionato su come formalizzare i passaggi per i punti I, II, e III e l'idea mi era sembrata funzionare se assumo:
$((x∈I⇒φ(x,x)=0)∧(φ(x,x)=0⇒φ(λx,λx)=0)∧(φ(λx,λx)=0⇒λx∈I))⇒(x∈I⇒λx∈I)$
quest'ultima mi pare la formulazione logicamente più corretta per formalizzare i 3 passi che ho elencato e svolti dal prof: dimostrare separatamente le tre porta a dimostrare $(x∈I⇒λx∈I)$, cioè quello che volevo.
Il mio fine ultimo era solo formalizzare il perché se ho per ipotesi $x∈I$ poi mi ritrovo magicamente a usare l'ipotesi $φ(x,x)=0$ (e non più $x∈I$) quando dimostro il punto (II)
Per quanto riguarda il secondo punto.
Forse devo rivedere il concetto di ipotesi e per quello parlavo di roba da sotto la suola delle scarpe per quanto terra a terra sia l'argomento, ma devo risolvere l'errore che faccio.
Per ipotesi intendo tutte le assunzioni che faccio nel mio primo termine della implicazione, quindi quado devo dimostrare $φ(x,x)=0⇒φ(λx,λx)=0$ ho per ipotesi $φ(x,x)=0$ (l'unica cosa che assumo) e tesi $φ(λx,λx)=0$.
Si parte quindi assumendo $φ(λx,λx)$ (o meglio ancora assumo $φ(λx,λx)=(λ⋅λ)φ(x,x)$) valida, quindi è una ipotesi perché potrebbe essere vera o falsa: potrei avere $φ(λx,λx)$ oppure non avere $φ(λx,λx)$.
L'altra ipotesi è ovviamente$φ(x,x)=0$ e anche qui in virtù di essere una ipotesi può avere valore vero o falso.
A questo punto prende forma il teorema che dimostro: $(φ(λx,λx)∧φ(x,x)=0)⇒(φ(λx,λx)=0)$ o forse meglio ancora $((φ(λx,λx)=(λ⋅λ)φ(x,x))∧φ(x,x)=0)⇒(φ(λx,λx)=0)$.
per questo motivo mi sembra di avere due ipotesi
e non capisco perché φ(λx,λx)=(λ⋅λ)φ(x,x) non sia una ipotesi (ripeto potendo essere V o F mi sembra a pieno titolo una ipotesi).
So che è sbagliato, quindi voglio cercare di capire cosa è sbagliato in questo.
Per quanto riguarda il primo punto.
Il professore procede così:
Vuole dimostrare $x∈I⇒λx∈I$
Fa tre passaggi
I) $x∈I => φ(x,x)=0$
II) poi dice: $φ(λx,λx)=(λ*λ)φ(x,x)=0$ (dove l'ultimo uguale a zero vale per ipotesi di φ(x,x)=0
III) $φ(λx,λx)=0=>λx∈I$
Questo perché l'ipotesi iniziale è $x∈I$ e la tesi $λx∈I$.
Devo quindi prima di tutto mostrare che da $x∈I$ ho $φ(x,x)=0$ nel punto (I)
Poi, solo dopo che so che vale $φ(x,x)=0$ posso sfruttarla nella dimostrazione (II) $φ(λx,λx)=(λ*λ)φ(x,x)=0$
E infine la (III) mi porta alla tesi
Da qui si apriva il dubbio:
prima di tutto pensavo che siccome vale un se e solo se $x∈I <=> φ(x,x)=0$ assumere x∈I era identico ad assumere φ(x,x)=0, quindi nel punto (II) pensavo di sfruttare φ(x,x)=0 per questo motivo, cioè per l'uguaglianza di queste due proposizioni.
Ma questo non è propriamente giusto perché faccio notare come $(x∈I⇔φ(x,x)=0)⇔(φ(x,x)=0)$ è falso; e questo non dovrebbe dirmi che "sapere che vale questa relazione tra le proposizioni $x∈I⇔φ(x,x)=0$, non equivale a poter assumere unicamente $φ(x,x)=0$ come proposizione"?
Allora ho ragionato su come formalizzare i passaggi per i punti I, II, e III e l'idea mi era sembrata funzionare se assumo:
$((x∈I⇒φ(x,x)=0)∧(φ(x,x)=0⇒φ(λx,λx)=0)∧(φ(λx,λx)=0⇒λx∈I))⇒(x∈I⇒λx∈I)$
quest'ultima mi pare la formulazione logicamente più corretta per formalizzare i 3 passi che ho elencato e svolti dal prof: dimostrare separatamente le tre porta a dimostrare $(x∈I⇒λx∈I)$, cioè quello che volevo.
Il mio fine ultimo era solo formalizzare il perché se ho per ipotesi $x∈I$ poi mi ritrovo magicamente a usare l'ipotesi $φ(x,x)=0$ (e non più $x∈I$) quando dimostro il punto (II)
Per quanto riguarda il secondo punto.
Inoltre in che senso "ϕ(λx,λx) è un'ipotesi"? Come può un numero essere un'ipotesi?
Forse devo rivedere il concetto di ipotesi e per quello parlavo di roba da sotto la suola delle scarpe per quanto terra a terra sia l'argomento, ma devo risolvere l'errore che faccio.
Per ipotesi intendo tutte le assunzioni che faccio nel mio primo termine della implicazione, quindi quado devo dimostrare $φ(x,x)=0⇒φ(λx,λx)=0$ ho per ipotesi $φ(x,x)=0$ (l'unica cosa che assumo) e tesi $φ(λx,λx)=0$.
Si parte quindi assumendo $φ(λx,λx)$ (o meglio ancora assumo $φ(λx,λx)=(λ⋅λ)φ(x,x)$) valida, quindi è una ipotesi perché potrebbe essere vera o falsa: potrei avere $φ(λx,λx)$ oppure non avere $φ(λx,λx)$.
L'altra ipotesi è ovviamente$φ(x,x)=0$ e anche qui in virtù di essere una ipotesi può avere valore vero o falso.
A questo punto prende forma il teorema che dimostro: $(φ(λx,λx)∧φ(x,x)=0)⇒(φ(λx,λx)=0)$ o forse meglio ancora $((φ(λx,λx)=(λ⋅λ)φ(x,x))∧φ(x,x)=0)⇒(φ(λx,λx)=0)$.
per questo motivo mi sembra di avere due ipotesi

So che è sbagliato, quindi voglio cercare di capire cosa è sbagliato in questo.
Scusa ma non capisco niente. Spero che qualcun altro ti possa aiutare.
Ho visto che hai già risposto mentre mi ero deciso a cancellare tutto e riscrivere il tutto in "due" parole, perché volendo essere estremamente dettagliato finisco per far solo più confusione.
Dimostrare questo:
I) $x∈I => φ(x,x)=0$
II) poi dice: $φ(λx,λx)=(λ*λ)φ(x,x)=0$ (dove l'ultimo uguale a zero vale per ipotesi di φ(x,x)=0
III) $φ(λx,λx)=0=>λx∈I$
Non vuol dire dimostrare:
$((x∈I⇒φ(x,x)=0)∧(φ(x,x)=0⇒φ(λx,λx)=0)∧(φ(λx,λx)=0⇒λx∈I))⇒(x∈I⇒λx∈I)$
?
Mentre per il scondo dubbio:
Io voglio dimostrare questo: $φ(x,x)=0⇒φ(λx,λx)=0$
Parto dimostrando così: assumo $φ(λx,λx)=(λ⋅λ)φ(x,x)$ e sfrutto l'ipotesi φ(x,x)=0 da cui la tesi.
Mi chiedo: perché $φ(λx,λx)=(λ⋅λ)φ(x,x)$ non è una ulteriore ipotesi? Potendo assumere valore vero o falso come proposizione a se stante non è a pieno diritto una ipotesi (assumendola io all'inizio della mia dimostrazione)?
Dimostrare questo:
I) $x∈I => φ(x,x)=0$
II) poi dice: $φ(λx,λx)=(λ*λ)φ(x,x)=0$ (dove l'ultimo uguale a zero vale per ipotesi di φ(x,x)=0
III) $φ(λx,λx)=0=>λx∈I$
Non vuol dire dimostrare:
$((x∈I⇒φ(x,x)=0)∧(φ(x,x)=0⇒φ(λx,λx)=0)∧(φ(λx,λx)=0⇒λx∈I))⇒(x∈I⇒λx∈I)$
?
Mentre per il scondo dubbio:
Io voglio dimostrare questo: $φ(x,x)=0⇒φ(λx,λx)=0$
Parto dimostrando così: assumo $φ(λx,λx)=(λ⋅λ)φ(x,x)$ e sfrutto l'ipotesi φ(x,x)=0 da cui la tesi.
Mi chiedo: perché $φ(λx,λx)=(λ⋅λ)φ(x,x)$ non è una ulteriore ipotesi? Potendo assumere valore vero o falso come proposizione a se stante non è a pieno diritto una ipotesi (assumendola io all'inizio della mia dimostrazione)?
"lacanzione":Sì ma hai solo riformulato in modo convoluto quello che ha detto il tuo prof.
Non vuol dire dimostrare:
$((x∈I⇒φ(x,x)=0)∧(φ(x,x)=0⇒φ(λx,λx)=0)∧(φ(λx,λx)=0⇒λx∈I))⇒(x∈I⇒λx∈I)$
?
$φ(λx,λx)=(λ⋅λ)φ(x,x)$ non è una ulteriore ipotesi?No, o meglio è una conseguenza immediata del fatto che $phi$ è bilineare. Il fatto che $phi$ è bilineare è un'ipotesi.
Bene ho imparato che piuttosto che sprecare bit di lettere conviene essere concisi per farsi capire
. Lo sfrutterò anche in future discussioni.
Questo esercizio di stile l'ho però fatto per cercare di capire come mai seppur l'ipotesi fosse $x∈I$ poi sfruttava invece come ipotesi $φ(x,x)=0$ e non capivo come giustificare questo in modo logico, cioè come si legassero tra loro i 3 punti del prof.; soprattutto per via del fatto che $(x∈I⇔φ(x,x)=0)⇔(φ(x,x)=0)$ è falso e questo tesimonia che da: $x∈I⇔φ(x,x)=0$ non può discendere il poter usare $φ(x,x)=0$ come ipotesi (per la dimostrazione). Va quindi trovata, pensavo, una giustificazione formale.
Quindi non ho ben capito perché dici essere convoluto a me sembrava proprio la spiegazione a questi dubbi
. Mi piacerebbe capire perché.
Ok questo proprio non l'avevo capito, cioè ammetto che anche ora che me lo hai detto non riesco a capire cosa non la renda una ipotesi.
però questo di risolverebbe ogni dubbio perché l'ipotesi che φ è bilineare è quella che uso anche qui: $φ(x,x)=0⇒φ(λx,λx)=0$, mentre io mi ostino a dire che se parto considerando $φ(λx,λx)=lambda^2φ(x,x)$ quella deve essere una ipotesi (è una mia assunzione che si abbia φ(λx,λx) in principio) e quindi il teorema (sbagliando) mi pare essere (φ(λx,λx)∧φ(x,x)=0)⇒(φ(λx,λx)=0).
Cavolo non capisco proprio perché dici non essere una ipotesi, è proprio qui che compio l'erroraccio.

"Martino":
Sì ma hai solo riformulato in modo convoluto quello che ha detto il tuo prof.
Questo esercizio di stile l'ho però fatto per cercare di capire come mai seppur l'ipotesi fosse $x∈I$ poi sfruttava invece come ipotesi $φ(x,x)=0$ e non capivo come giustificare questo in modo logico, cioè come si legassero tra loro i 3 punti del prof.; soprattutto per via del fatto che $(x∈I⇔φ(x,x)=0)⇔(φ(x,x)=0)$ è falso e questo tesimonia che da: $x∈I⇔φ(x,x)=0$ non può discendere il poter usare $φ(x,x)=0$ come ipotesi (per la dimostrazione). Va quindi trovata, pensavo, una giustificazione formale.
Quindi non ho ben capito perché dici essere convoluto a me sembrava proprio la spiegazione a questi dubbi

$φ(λx,λx)=(λ⋅λ)φ(x,x)$ non è una ulteriore ipotesi?
No, o meglio è una conseguenza immediata del fatto che $phi$ è bilineare. Il fatto che $phi$ è bilineare è un'ipotesi.
Ok questo proprio non l'avevo capito, cioè ammetto che anche ora che me lo hai detto non riesco a capire cosa non la renda una ipotesi.
però questo di risolverebbe ogni dubbio perché l'ipotesi che φ è bilineare è quella che uso anche qui: $φ(x,x)=0⇒φ(λx,λx)=0$, mentre io mi ostino a dire che se parto considerando $φ(λx,λx)=lambda^2φ(x,x)$ quella deve essere una ipotesi (è una mia assunzione che si abbia φ(λx,λx) in principio) e quindi il teorema (sbagliando) mi pare essere (φ(λx,λx)∧φ(x,x)=0)⇒(φ(λx,λx)=0).
Cavolo non capisco proprio perché dici non essere una ipotesi, è proprio qui che compio l'erroraccio.
"lacanzione":Sì formalmente questo è falso nel caso in cui $x$ non appartiene a $I$, ma non vedo cosa c'entri questo con tutto il resto. Scrivere $x in I$ è lo stesso che scrivere $phi(x,x)=0$, quindi le due cose sono indistinguibili. Tu hai una crisi nel momento in cui le devi identificare tra loro, ma fallo senza tanti patemi. Sai che $x in I$. Quindi $phi(x,x)=0$. Parti da qui.
soprattutto per via del fatto che $(x∈I⇔φ(x,x)=0)⇔(φ(x,x)=0)$ è falso
e questo tesimonia che da: $x∈I⇔φ(x,x)=0$ non può discendere il poter usare $φ(x,x)=0$ come ipotesi (per la dimostrazione).Come no? Tu devi prendere un $x in I$ e mostrare che $lambda x in I$. Quindi prendi $x in I$. Il tuo $x$ adesso è in $I$ e questa è un'ipotesi, e il fatto che $x in I$ corrisponde esattamente al fatto che $phi(x,x)=0$. Ora procedi calcolando $phi(lambda x, lambda x)$ e mostrando che fa $0$. Fine. Semplicissimo. Non sono in grado di seguire le tue capriole logiche purtroppo, non ti seguo proprio.
anche ora che me lo hai detto non riesco a capire cosa non la renda una ipotesi.Se vuoi sì, il fatto che $phi(lambda x, lambda x) = lambda^2 phi(x,x)$ è un'ipotesi, ma detto meglio, il fatto che $phi$ è bilineare è un'ipotesi, e quindi? Perché avere un'ipotesi in più ti spaventa?
(è una mia assunzione che si abbia φ(λx,λx) in principio)Guarda che "avere" $phi(lambda x ,lambda x)$ (qualsiasi cosa voglia dire) non è un'assunzione, è solo una frase che hai detto a cui attribuisci un valore logico che non ha. Ripeto che $phi(lambda x,lambda x)$ non è una proposizione a cui attribuire un valore di verità (vedi sotto).
(φ(λx,λx)∧φ(x,x)=0)⇒(φ(λx,λx)=0).Questa cosa che hai scritto non ha nessun significato. $phi(lambda x,lambda x)$ è un numero, non è un asserto a cui puoi attribuire un valore di verità (vero o falso). E' come se io dicessi che $3$ è un asserto, o mi domandassi se $3$ è vero o falso. Questo ovviamente non ha nessun senso: $3$ è un numero, non è un asserto. Per lo stesso motivo un ananas non è un asserto, un ananas è un ananas. Questo per dire che trattare $phi(lambda x,lambda x)$ come asserto non ha nessun senso (cosa vorrebbe dire che $phi(lambda x,lambda x)$ è "vero"?).
Ti ringrazio perché finalmente le idee si stanno incasellando al loro posto e mi rallegra molto poter capire.
Ad esempio ci sono sul fatto che ϕ(λx,λx) non sia un asserto, mi è più chiaro ora. Proprio come per il tuo esempio dell'ananas o 3! Facevo un bell'erroraccio.
Restano però due punti per cui debbo trovare la giusta casella nella mia mente per arrivare a riordinare tutto per bene.
Hai reso perfettamente bene l'idea e vado in crisi su questo: il punto è che mi sembra proprio per via del fatto che non vale (1) che non posso usare (2), cioè l'ipotesi ϕ(x,x)=0 impunemente come punto da cui partire:
La questione che mi manda nel pallone è che essendo falsa $(x∈I⇔φ(x,x)=0)⇔(φ(x,x)=0)$(A) mi sembra voler dire che non posso sfruttare $φ(x,x)=0$(B) come ipotesi, proprio perché quando ho, come nel nostro caso: $x∈I⇔φ(x,x)=0$ questo non equivale ad avere (B). Quindi mi pare di non poter asserire che avendo x∈I posso partire da: ϕ(x,x)=0, proprio in virtù della falsità dell'espressione (A) che non garantisce l'equivalenza tra le due cose.
Forse così è più chiaro:
Rigirando la frittata, ma dicendo la stessa cosa nell'essenza, noi vogliamo che si possa partire da $ϕ(x,x)=0$ come ipotesi per via del fatto che $x∈I⇔φ(x,x)=0$, e ciò si potrebbe fare se valesse $(x∈I⇔φ(x,x)=0)⇔(φ(x,x)=0)$, perché ci garantirebbe che quando ho x∈I⇔φ(x,x)=0 ho sicuramente φ(x,x)=0, ma questo non essendo vero mi pare dirci che non posso assumere ϕ(x,x)=0 come ipotesi.
Non capisco cosa sia sbagliato in questo ragionamento, eppure ci medito da un bel po.
Cerco di far capire perché mi spaventa l'ipotesi in più.
Quando noi dimostriamo $φ(x,x)=0⇒φ(λx,λx)=0$ noi abbiamo solo una ipotesi, diciamola $P$ e dimostro $P=>Q$.
Se invece ho come ipotesi aggiuntiva, che è proprio quella da cui parto per dimostrare il mio asserto, cioè: $ϕ(λx,λx)=λ^2ϕ(x,x)$ (chiamiamola R), in cui ci inserisco l'altra ipotesi $ϕ(x,x)=0$ (la P)...
a questo punto ho: $((φ(λx,λx)=λ^2ϕ(x,x))∧φ(x,x)=0)⇒(φ(λx,λx)=0)$, cioè dimostro: $(R∧P)=>Q$.
Però qui arriva il momento della crisi:$(P=>Q)<=>[(R∧P)=>Q]$ è falsa, quindi aver usato l'ipotesi in più $R$ mi sta facendo dimostrare qualcosa di diverso da $P=>Q$, infatti non vale il "biimplica" (: quindi dovrei partire assumento solo P per ipotesi e non aggiungendo una R ipotesi: (R ∧ P) ).
Posso chiederti cosa sbaglio?
Ad esempio ci sono sul fatto che ϕ(λx,λx) non sia un asserto, mi è più chiaro ora. Proprio come per il tuo esempio dell'ananas o 3! Facevo un bell'erroraccio.
Restano però due punti per cui debbo trovare la giusta casella nella mia mente per arrivare a riordinare tutto per bene.
(1)Sì formalmente questo è falso nel caso in cui x non appartiene a I, ma non vedo cosa c'entri questo con tutto il resto
(2)Tu hai una crisi nel momento in cui le devi identificare tra loro, ma fallo senza tanti patemi. Sai che x∈I. Quindi ϕ(x,x)=0. Parti da qui.
Hai reso perfettamente bene l'idea e vado in crisi su questo: il punto è che mi sembra proprio per via del fatto che non vale (1) che non posso usare (2), cioè l'ipotesi ϕ(x,x)=0 impunemente come punto da cui partire:
La questione che mi manda nel pallone è che essendo falsa $(x∈I⇔φ(x,x)=0)⇔(φ(x,x)=0)$(A) mi sembra voler dire che non posso sfruttare $φ(x,x)=0$(B) come ipotesi, proprio perché quando ho, come nel nostro caso: $x∈I⇔φ(x,x)=0$ questo non equivale ad avere (B). Quindi mi pare di non poter asserire che avendo x∈I posso partire da: ϕ(x,x)=0, proprio in virtù della falsità dell'espressione (A) che non garantisce l'equivalenza tra le due cose.
Forse così è più chiaro:
Rigirando la frittata, ma dicendo la stessa cosa nell'essenza, noi vogliamo che si possa partire da $ϕ(x,x)=0$ come ipotesi per via del fatto che $x∈I⇔φ(x,x)=0$, e ciò si potrebbe fare se valesse $(x∈I⇔φ(x,x)=0)⇔(φ(x,x)=0)$, perché ci garantirebbe che quando ho x∈I⇔φ(x,x)=0 ho sicuramente φ(x,x)=0, ma questo non essendo vero mi pare dirci che non posso assumere ϕ(x,x)=0 come ipotesi.
Non capisco cosa sia sbagliato in questo ragionamento, eppure ci medito da un bel po.
Se vuoi sì, il fatto che $ϕ(λx,λx)=λ^2ϕ(x,x)$ è un'ipotesi, ma detto meglio, il fatto che ϕ è bilineare è un'ipotesi, e quindi? Perché avere un'ipotesi in più ti spaventa?
Cerco di far capire perché mi spaventa l'ipotesi in più.
Quando noi dimostriamo $φ(x,x)=0⇒φ(λx,λx)=0$ noi abbiamo solo una ipotesi, diciamola $P$ e dimostro $P=>Q$.
Se invece ho come ipotesi aggiuntiva, che è proprio quella da cui parto per dimostrare il mio asserto, cioè: $ϕ(λx,λx)=λ^2ϕ(x,x)$ (chiamiamola R), in cui ci inserisco l'altra ipotesi $ϕ(x,x)=0$ (la P)...
a questo punto ho: $((φ(λx,λx)=λ^2ϕ(x,x))∧φ(x,x)=0)⇒(φ(λx,λx)=0)$, cioè dimostro: $(R∧P)=>Q$.
Però qui arriva il momento della crisi:$(P=>Q)<=>[(R∧P)=>Q]$ è falsa, quindi aver usato l'ipotesi in più $R$ mi sta facendo dimostrare qualcosa di diverso da $P=>Q$, infatti non vale il "biimplica" (: quindi dovrei partire assumento solo P per ipotesi e non aggiungendo una R ipotesi: (R ∧ P) ).
Posso chiederti cosa sbaglio?

Ma infatti $phi(x,x)=0$ non implica $phi(lambda x, lambda x)=0$ se non hai nessuna ipotesi su $phi$. Per dimostrare questa implicazione hai bisogno che $phi$ sia bilineare. Senza l'ipotesi di bilinearità (quello che tu chiami $R$) non vai da nessuna parte.
Quanto all'altro dubbio non ti seguo proprio. L'implicazione la devi dimostrare per un certo $x$, che puoi supporre che stia in $I$ perché se non sta in $I$ allora l'implicazione "$x in I$ => $lambda x in I$" è vera per motivi ovvi (falso implica vero è vero). E l'equivalenza che ti crea una crisi è falsa solo quando $x$ non appartiene a $I$. Questo è tutto quello che ti riesco a dire sul tema.
Quanto all'altro dubbio non ti seguo proprio. L'implicazione la devi dimostrare per un certo $x$, che puoi supporre che stia in $I$ perché se non sta in $I$ allora l'implicazione "$x in I$ => $lambda x in I$" è vera per motivi ovvi (falso implica vero è vero). E l'equivalenza che ti crea una crisi è falsa solo quando $x$ non appartiene a $I$. Questo è tutto quello che ti riesco a dire sul tema.
"Martino":
Ma infatti $phi(x,x)=0$ non implica $phi(lambda x, lambda x)=0$ se non hai nessuna ipotesi su $phi$. Per dimostrare questa implicazione hai bisogno che $phi$ sia bilineare. Senza l'ipotesi di bilinearità (quello che tu chiami $R$) non vai da nessuna parte.
Ora fose ho capito: in pratica l'errore è che io pensavo di dimostrare:
$φ(x,x)=0⇒φ(λx,λx)=0$ (A)
ma in realtà quello che sto dimostrando è:
$((φ(λx,λx)=λ^2ϕ(x,x))∧φ(x,x)=0)⇒(φ(λx,λx)=0)$
o, detto in modo migliore:
($(φ(λx,λx)$ bilineare)$∧φ(x,x)=0)⇒(φ(λx,λx)=0)$
questo è il mio teroema.
Se è corretto, era semplicemente sta scemata che mi mandava in crisi perché io pensavo di dover dimostrare (A)

E' giusto?

"Martino":
Quanto all'altro dubbio non ti seguo proprio. L'implicazione la devi dimostrare per un certo $x$, che puoi supporre che stia in $I$ perché se non sta in $I$ allora l'implicazione "$x in I$ => $lambda x in I$" è vera per motivi ovvi (falso implica vero è vero). E l'equivalenza che ti crea una crisi è falsa solo quando $x$ non appartiene a $I$.
Ok permettimi di fare un ultimo tentativo, poi non ti disturbo più su questo. Vediamo se così mi esprimo meglio:
Io ho $x∈I⇔φ(x,x)=0$ che chiamiamo $A<=>B$ e poi ho da dimostrare che $φ(x,x)=0⇒lambdax in I$ che chiamo $B=>C$.
Se io affermo che dalla $x∈I⇔φ(x,x)=0$ ottengo che $φ(x,x)=0$ è la mia ipotesi che poi sfrutto per dimostrare $φ(x,x)=0⇒lambdax in I$, mi pare che sto facendo questo ragionamento:
$(A<=>B)=>(B=>C))=>(A=>C)$ che è sbagliato. Da A<=>B ottengo B e poi sfrutto B per mostrare C, questo non mostra che A=>C come invece vogliamo.
Ma forse anche qui sbaglio solo a formalizzare.
La prima parte ok, sulla seconda, tu tratti A <=> B come una frase che può essere vera o falsa ma quello che ti sfugge è che è vera per definizione.
Comunque ti consiglio di seguire un corso di logica (non perché ti manchino nozioni ma perché mi pare che ti serva molto per mettere le cose in ordine). Non si riesce a fare trattati qui sul forum.
Comunque ti consiglio di seguire un corso di logica (non perché ti manchino nozioni ma perché mi pare che ti serva molto per mettere le cose in ordine). Non si riesce a fare trattati qui sul forum.
Ok grazie mille.
Cercherò di ragionare su quello che hai specificato: x∈I⇔φ(x,x)=0 che non è una frase.
Mentre qui la tratto come tale: (x∈I⇔φ(x,x)=0)⇔(φ(x,x)=0), potendo sia essere vera che falsa.
Grazie per i molti spunti.
Cercherò di ragionare su quello che hai specificato: x∈I⇔φ(x,x)=0 che non è una frase.
Mentre qui la tratto come tale: (x∈I⇔φ(x,x)=0)⇔(φ(x,x)=0), potendo sia essere vera che falsa.
Grazie per i molti spunti.
Scusatemi, ma mi pare di aver trovato un piccolo errore.
Siete proprio sicuri di questo? Perché secondo me l'OP ha fatto una piccola ma fondamentale svista che compromette la resa del discorso.
Avrebbe dovuto scrivere:
$((x∈I⇒φ(x,x)=0)∧((φ(x,x)=0∧φ(x,x) \bil)⇒φ(λx,λx)=0)∧(φ(λx,λx)=0⇒λx∈I))⇒(x∈I⇒λx∈I)$
L'ipotesi (φ(x,x) bil.) di bilinearità è infatti fondamentale per la dimostrazione come dite correttamente dopo:
Inoltre c'è una seconda imperfezione nella prima parentesi, cioè $x∈I⇒φ(x,x)=0$ che, scritta come è stata scritta, può essere sia vera che falsa, mentre come riporta Martino
dovrebbe essere sempre vera proprio perché vale per definizione $x∈I<=>φ(x,x)=0$ che è una tautologia.
Non so onestamente come aggiustarla ma così mi sembra scorretta. Sto sbagliando?
Nel caso, mi piacerebbe chiedervi come scrivere in modo corretto, perché
$((x∈I⇒φ(x,x)=0)∧((φ(x,x)=0∧φ(x,x) \bil)⇒φ(λx,λx)=0)∧(φ(λx,λx)=0⇒λx∈I))⇒(x∈I⇒λx∈I)$
è in realtà falsa.
"Martino":Sì ma hai solo riformulato in modo convoluto quello che ha detto il tuo prof.[/quote]
[quote="lacanzione"]
Dimostrare questo:
I) $x∈I => φ(x,x)=0$
II) poi dice: $φ(λx,λx)=(λ*λ)φ(x,x)=0$ (dove l'ultimo uguale a zero vale per ipotesi di φ(x,x)=0
III) $φ(λx,λx)=0=>λx∈I$
Non vuol dire dimostrare:
$((x∈I⇒φ(x,x)=0)∧(φ(x,x)=0⇒φ(λx,λx)=0)∧(φ(λx,λx)=0⇒λx∈I))⇒(x∈I⇒λx∈I)$
?
Siete proprio sicuri di questo? Perché secondo me l'OP ha fatto una piccola ma fondamentale svista che compromette la resa del discorso.
Avrebbe dovuto scrivere:
$((x∈I⇒φ(x,x)=0)∧((φ(x,x)=0∧φ(x,x) \bil)⇒φ(λx,λx)=0)∧(φ(λx,λx)=0⇒λx∈I))⇒(x∈I⇒λx∈I)$
L'ipotesi (φ(x,x) bil.) di bilinearità è infatti fondamentale per la dimostrazione come dite correttamente dopo:
Per dimostrare questa implicazione hai bisogno che ϕ sia bilineare. Senza l'ipotesi di bilinearità (quello che tu chiami R) non vai da nessuna parte
Inoltre c'è una seconda imperfezione nella prima parentesi, cioè $x∈I⇒φ(x,x)=0$ che, scritta come è stata scritta, può essere sia vera che falsa, mentre come riporta Martino
sulla seconda, tu tratti x∈I <=> φ(x,x)=0 come una frase che può essere vera o falsa ma quello che ti sfugge è che è vera per definizione.
dovrebbe essere sempre vera proprio perché vale per definizione $x∈I<=>φ(x,x)=0$ che è una tautologia.
Non so onestamente come aggiustarla ma così mi sembra scorretta. Sto sbagliando?
Nel caso, mi piacerebbe chiedervi come scrivere in modo corretto, perché
$((x∈I⇒φ(x,x)=0)∧((φ(x,x)=0∧φ(x,x) \bil)⇒φ(λx,λx)=0)∧(φ(λx,λx)=0⇒λx∈I))⇒(x∈I⇒λx∈I)$
è in realtà falsa.
Penso di essermi espresso male, il punto è che l'intero approccio è molto confuso. Per esempio se uno vuole dimostrare che $A$ implica $C$ è strano dimostrare che $(A => B) => C$ perché questo è diverso da $A => C$. Si può invece mostrare che $A => B$ e poi che $B => C$ e poi dedurre da queste due che $A => C$.
Un altro problema è che quando uno scrive $x in I => lambda x in I$ ci sono un sacco di cose sottintese. Per esempio, la bilinearità di $phi$ è sottintesa. Tutte le altre ipotesi (il fatto che stiamo lavorando con vettori di uno spazio vettoriale su un campo con tutti i suoi assiomi, eccetera) sono anch'esse sottintese. Quindi trattare le singole proposizioni come "autocontenute" è fuorviante, si sta sempre assumendo vera una lista di ipotesi che sarebbe del tutto assurdo riscrivere ogni volta. Questo penso risponda al primo punto.
Non capisco perché dici che è falsa. Forse perché non scrivi "$phi$ bilineare" in tutte le premesse, ma come ho già detto questa ipotesi è sempre sottintesa (insieme a tutte le altre ipotesi di cui ho già parlato).
Un altro problema è che quando uno scrive $x in I => lambda x in I$ ci sono un sacco di cose sottintese. Per esempio, la bilinearità di $phi$ è sottintesa. Tutte le altre ipotesi (il fatto che stiamo lavorando con vettori di uno spazio vettoriale su un campo con tutti i suoi assiomi, eccetera) sono anch'esse sottintese. Quindi trattare le singole proposizioni come "autocontenute" è fuorviante, si sta sempre assumendo vera una lista di ipotesi che sarebbe del tutto assurdo riscrivere ogni volta. Questo penso risponda al primo punto.
"ganoderma":
Nel caso, mi piacerebbe chiedervi come scrivere in modo corretto, perché
$((x∈I⇒φ(x,x)=0)∧((φ(x,x)=0∧φ(x,x) \bil)⇒φ(λx,λx)=0)∧(φ(λx,λx)=0⇒λx∈I))⇒(x∈I⇒λx∈I)$
è in realtà falsa.
Non capisco perché dici che è falsa. Forse perché non scrivi "$phi$ bilineare" in tutte le premesse, ma come ho già detto questa ipotesi è sempre sottintesa (insieme a tutte le altre ipotesi di cui ho già parlato).