Riflessioni relativistiche

Dawnless
Salve a tutti, volevo condividere alcune riflessioni riguardo la Teoria della Relatività Ristretta, spero che il luogo sia quello giusto.
Einstein comincia da due osservazioni chiave: dalla costanza della "c", indipendentemente dal sistema di riferimento, e dal Principio di Relatività, ovvero l'assunto che le leggi fisiche siano indipendenti dai vari sistemi inerziali che possono essere usati come riferimento; si scopre quindi che il tempo scorre diversamente nei vari punti dell'Universo, e che è possibile per due orologi perfettamente sincronizzati ritrovarsi a non restituire più lo stesso orario, perché uno si è spostato nello spazio con una certa velocità mentre l'altro è rimasto "fermo". Questa è la dimostrazione che solo la "c" è invariante, non il tempo, e quindi neanche lo spazio. Date queste premesse, è possibile immaginare di confrontare 2 sistemi di riferimento per ricavare una determinata legge fisica: (siamo in ottica RR, quindi non sono considerati effetti gravitazionali) si consideri il sistema A, solidale col centro dell'Universo, e quindi assunto fermo (non che faccia una grossa differenza), o comunque molto lento, che vede una particella spostarsi a velocità vA; si consideri anche un sistema B, che si sposta a una certa velocità V rispetto ad A, e che vede spostarsi una seconda particella con velocità vB, con vA, vB e V tutte parallele. Se entrambi i sistemi inerziali sono "fermi" (o quantomeno fermi l'uno rispetto all'altro) la particella in B sarà descritta come vA+k, ovvero c'è una costante k che descrive la differenza di moto fra le due particelle e assumere fermo il sistema A o il sistema B non porta a osservare differenze sensibili, per cui il Principio di Relatività risulta essere valido; tuttavia, se invece considero un sistema B che si muove a velocità prossime a quelle della luce rispetto al sistema A, resta vero che vB si continua a definire come vA+k* (con k* costante ma soggetto agli effetti relativistici, al contrario di k che non ingloba effetti relativistici), ma non è più possibile assumere che il sistema fermo sia B, e che quindi sia A a spostarsi a velocità simili a quelle della luce, perché in tal caso si dovrebbe osservare un rallentamento del tempo in A, quando invece si osserva che il rallentamento del tempo è in B; questo esempio sembra annullare la validità del Principio di Relatività che è alla base dello sviluppo della RR. Qualcuno può condividere la propria opinione riguardo questo risultato controverso? Grazie.

Risposte
Quinzio
Fai un esempio numerico perche' non e' chiarissimo quello che vuoi dire (almeno non e' chiarissimo per me).
Ad es. A viaggia a $2/10 c$ (rispetto a cosa ?), B viaggia a $5/10 c$, A misura un tempo, A comunica a B il tempo, blah, blah, ecc, ecc... e quindi c'e' un controsenso.

Comunque credo di intuire quale sia il tuo dubbio: A vede il tempo di B come rallentato, e quindi, nella nostra percezione umana del tempo, B vede il tempo di A come velocizzato. Invece la relativita' ci dice che A vede B come rallentato e B vede A come rallentato. Non e' questo un controsenso ?
Se e' questo il tuo dubbio, la prima risposta e' no, non e' un controsenso. Anzi e' proprio questo il grosso risultato della relativita'.
Cosa ne dici ?

Dawnless
Grazie per la risposta.
Riparto dall'esempio che avevo scritto per minimizzare possibili errori di comunicazione, anche se questa cosa mi porterà a dilungarmi un po'; quindi, A è il riferimento (supposto fermo) e B invece rappresenta il secondo sistema di riferimento che, nel primo caso, risulta anche lui fermo rispetto ad A, nel secondo caso risulta muoversi a velocità prossima a "c" sempre rispetto ad A. La mia osservazione era che, nel secondo caso, A vede il tempo di B rallentarsi e B vede il tempo di A accelerarsi e quest'osservazione rompe la validità del Principio di Relatività, in quanto, per lo stesso Principio di Relatività, se considero B fermo e A in movimento (dato che relativamente parlando entrambi i sistemi di riferimento possono misurare la differenza di velocità che un sistema di riferimento ha rispetto all'altro, ma non possono sapere quale è il più lento o il più veloce rispetto a un terzo sistema di riferimento inerziale, fermo per ipotesi ma non noto ai due sistemi di riferimento A e B), l'osservazione si inverte e a quel punto sarebbe il sistema A, ritenuto il più veloce, che vedrebbe il tempo di B rallentato anziché accelerato. La tua risposta ristabilisce la validità del Principio di Relatività perché mi fai notare che entrambi i sistemi A e B vedono che il tempo dell'altro sistema di riferimento si rallenta, quindi torna a valere il Principio di Relatività, però quest'ultima affermazione non mi sembra coerente con le osservazioni: ho approfondito la soluzione del Paradosso dei Gemelli, dalla quale si capisce che ogni sistema vede il tempo dell'altro sistema di riferimento rallentato (con differenze di velocità prossime a "c") se si allontanano, mentre vedono il tempo dell'altro sistema velocizzato se si avvicinano, così sembra che si trovi la quadra, ovvero una soluzione coerente con le osservazioni e col modello (e quindi col Principio di Relatività). Mi rimane ancora un dubbio però: se dall'interno del sistema B si descrive il moto di un oggetto che si sposta con legge oraria costante (ad esempio il numero di rivoluzioni fatte da un corpo che ruota su se stesso con velocità angolare costante) il sistema A non descriverà il moto di quel corpo con una legge simile, perché lo vedrà rallentarsi quando B si avvicina e lo vedrà accelerarsi quando B si allontana, quindi A osserverà una variazione della legge nel tempo che B non osserva, quindi il Principio di Relatività, comunque, dovrebbe perdere la propria validità. Cosa ne pensi?

Shackle
Mi rimane ancora un dubbio però: se dall'interno del sistema B si descrive il moto di un oggetto che si sposta con legge oraria costante (ad esempio il numero di rivoluzioni fatte da un corpo che ruota su se stesso con velocità angolare costante) il sistema A non descriverà il moto di quel corpo con una legge simile, perché lo vedrà rallentarsi quando B si avvicina e lo vedrà accelerarsi quando B si allontana, quindi A osserverà una variazione della legge nel tempo che B non osserva, quindi il Principio di Relatività, comunque, dovrebbe perdere la propria validità.


Sta tranquillo, il principio di relatività non perde la propria validità, è uno dei due postulati alla base della Relatività. L’altro postulato è quello della costanza della velocità della luce nel vuoto in tutti i riferimenti inerziali. Dici che hai approfondito il “paradosso dei gemelli” , ma spero che te ne sia fatta una valida ragione.

Tempo fa buttai giù un post alquanto lungo , questo , dove si parla pure del famoso NON-paradosso. Dacci un’occhiata se vuoi. Le risposte di Quinzio sono giuste, d’altronde Quinzio non ha bisogno dell’approvazione di nessuno.

Ma credo che tu abbia letto troppi libri divulgativi, non seguito un corso vero e proprio di relatività .

Quinzio
"Dawnless":
però quest'ultima affermazione non mi sembra coerente con le osservazioni: ho approfondito la soluzione del Paradosso dei Gemelli,


Ahi... fermo li.
Allora, il paradosso dei gemelli non vale in questa discussione.
Noi qui stiamo parlando di relativita' ristretta (RR) e la RR contempla solo i sistemi inerziali, quindi solo i sistemi che NON STANNO ACCELERANDO.
Se uno dei sistemi che stai considerando e' in accelerazione, non valgono piu' le leggi della RR, perche' non sei piu' nel mondo della RR, ma sei nel mondo della relativita' generale e valgono altre leggi.
Nel paradosso dei gemelli, ci sono delle accelerazioni ? Certo. Il paradosso descrive uno dei gemelli che sale su una astronave, accelera fino a portarsi a velocita' relativistica, poi decelera fino a fermarsi, quindi accelera per ritornare a casa, e quindi decelera di nuovo per atterrare sulla terra. L'altro gemello non ha accelerato e non si e' mosso.
Quindi nel paradosso dei gemelli la RR NON VALE.
Quali sono i sistemi accelerati ? Quelli che accelerano (ovvio), quelli che curvano (meno ovvio), quelli che sono anche in quiete ma sono nel campo gravitazionale di, ad es., un pianeta (ancora meno ovvio), quindi tutti quelli che stanno su uno spazio-tempo curvo.

Quindi cosa sono i sistemi di riferimento inerziali ? Sono sistemi di riferimento (quindi sono oggetti astratti fatti da un origine e degli assi cartesiani), che viaggiano a velocita' costante. La loro velocita' e' quella e basta. Non cambia mai. Non cambiano direzione mai, non curvano mai, non accelerano mai, non decelerano mai, non entrano mai in uno spazio-tempo curvo. Loro viaggiano tranquilli in eterno senza perturbazioni.

In questi sistemi e solo in questi valgono le leggi della RR.

Gli oggetti che sono in quiete rispetto a un sistema di riferimento inerziale posso dirsi di appartenere a quel sistema di riferimento inerziale.

Tu, in questo momento, non sei in un sistema di riferimento inerziale. Perche' stai ruotando con la terra, quindi percorri una traiettoria curva, perche' ti muovi, quindi acceleri e deceleri in continuazione, perche' sei nel campo gravitazionale della terra, quindi sei in uno spazio-tempo curvo.



dalla quale si capisce che ogni sistema vede il tempo dell'altro sistema di riferimento rallentato (con differenze di velocità prossime a "c") se si allontanano, mentre vedono il tempo dell'altro sistema velocizzato se si avvicinano, così sembra che si trovi la quadra, ovvero una soluzione coerente con le osservazioni e col modello (e quindi col Principio di Relatività).


Altro concetto errato.
Nella RR non ci sono sistemi inerziali in avvicinamento o in allontanamento.
O meglio, ci sono, e' ovvio, ma non importa a nessuno.

Ci sono sistemi che viaggiano a differenti velocita'. Fine.
L'unica cosa che io, che sono in un certo sistema, posso dire rispetto ad un altro sistema e' che tra il mio e l'altro c'e' una certa velocita'. Basta. Non posso dire altro. Non c'e' avvicinamento o allontanamento. Non c'e' una direzione.
Devi immaginare un sistema di riferimento inerziale come una terna di assi cartesiani infinitamente lunghi che viaggiano in quiete. Quindi non c'e' un prima e un dopo di me in termini di spazio, ovvero che si sta avvicinando o allontanando.
C'e' solo una velocita' relativa che non ha direzione. Fine.

Per parlare di direzione dovrei far intervenire un terzo sistema di riferimento, ma cambia poco, a parte capire che gli altri due non hanno la stessa direzione.

I vari oggetti che sono in quiete rispetto a quel sistema di riferimento si spostano con esso, ovviamente.
Sono come le meduse nell'acqua. (Le meduse non hanno un sistema motorio, si lasciano trasportare e basta) Se c'e' una corrente, tutte le meduse seguono la corrente. Se io sono appena sopra al pelo dell'acqua e guardo le meduse, vedro' alcune meduse che si stanno avvicinando e alcune che si stanno allontanando, ma non c'e' reale distinzione tra le une e le altre. Le meduse che sono in avvicinamento prima o poi mi raggiungeranno, o mi passeranno vicino e poi si allontaneranno anche loro per sempre. Quindi non mi interessa la distinzione tra le due.


Mi rimane ancora un dubbio però: se dall'interno del sistema B si descrive il moto di un oggetto che si sposta con legge oraria costante (ad esempio il numero di rivoluzioni fatte da un corpo che ruota su se stesso con velocità angolare costante) il sistema A non descriverà il moto di quel corpo con una legge simile, perché lo vedrà rallentarsi quando B si avvicina e lo vedrà accelerarsi quando B si allontana, quindi A osserverà una variazione della legge nel tempo che B non osserva, quindi il Principio di Relatività, comunque, dovrebbe perdere la propria validità. Cosa ne pensi?


Ok, adesso dovresti aver "percepito" che non ha senso parlare di avvicinamento o allontanamento in RR. O meglio che non cambia nulla.
Devi meditare su queste cose e cercare di capirle, il che non e' banale, siccome noi non ci muoviamo di solito a velocita' relativistiche.

Dawnless
Continuo a ringraziare per le risposte e prima di continuare sento di fare delle precisazioni doverose:
a proposito di
Le risposte di Quinzio sono giuste, d’altronde Quinzio non ha bisogno dell’approvazione di nessuno.

non ho mai avuto intenzione, ne mi sembra che il mio modo di scrivere possa averlo suggerito, di ergermi a giudice del pensiero esposto da Quinzio; il tipo di comunicazione che volevo creare era di tipo colloquiale, cooperativo e costruttivo, per tutte le parti, quindi prego chiunque di avvisarmi nel caso in cui le mie domande e le mie riflessioni suscitino più fastidio che altro, perché l'ultima cosa che desidero è abbassare la qualità del tempo speso da chiunque partecipi a questa discussione.
Per quanto riguarda invece
Ma credo che tu abbia letto troppi libri divulgativi, non seguito un corso vero e proprio di relatività

è un po' complicato, ma posso dire che voglio verificare di avere una conoscenza degli strumenti matematici utili nella descrizione dei fenomeni relativistici sufficientemente sviluppata da poterla comprendere (il fatto che in pochi riescano a comprendere effettivamente cosa è uno spazio-tempo curvo nella RG, dato che si parla comunque di spazio quadri-dimensionale, quando siamo abituati a ragionare in uno spazio tri-dimensionale, di certo non aiuta a non far nascere degli interrogativi).
Il paradosso descrive uno dei gemelli che sale su una astronave, accelera fino a portarsi a velocità relativistica, poi decelera fino a fermarsi, quindi accelera per ritornare a casa, e quindi decelera di nuovo per atterrare sulla terra. L'altro gemello non ha accelerato e non si e' mosso.
Quindi nel paradosso dei gemelli la RR NON VALE.

E chi ha mai sostenuto il contrario? è altresì vero un altro aspetto, ovvero che, per come ho compreso io il paradosso, che è lo stesso modo con cui l'hai compreso tu, ci sono degli intervalli di tempo in cui il gemello lanciato nello spazio si muove a velocità costante; quindi il paradosso che nella sua interezza non è interessante per la RR ha comunque al proprio interno due sottosistemi, che vanno da t1 a t1' e da t2 a t2', in cui 1 rappresenta la fase di andata e 2 quella di ritorno (i tempi fanno riferimento a quelli rilevati dal gemello assunto fermo per convenzione) e in cui gli intervalli ti'-ti, con i=1,2, rappresentano gli intervalli di tempo (sempre riferiti al SR del gemello "fermo" ma spero che ciò fosse già implicito) in cui il gemello in movimento viaggia a v=cost, trovandosi di fatto all'interno di un SR inerziale, motivo per cui ho fatto un riferimento al paradosso dei gemelli (che concordo con chi dice che in realtà non è un paradosso, dato che quando si reincontrano continuano ad avere due età uguali).
Quali sono i sistemi accelerati ?

Qui mi aspetto che siamo tutti d'accordo nel definire l'accelerazione come variazione di velocità, e ovviamente possiamo solo parlare di vettori visto che una curvatura è causata dalla variazione della direzione di un vettore velocità, se così non fosse le accelerazioni centripete nei moti circolari uniformi non sarebbero le derivate delle velocità tangenziali e, di conseguenza, sarebbe molto difficile asserire che
Quali sono i sistemi accelerati ?
quelli che curvano (meno ovvio)
.
E già che si parla di vettori
L'unica cosa che io, che sono in un certo sistema, posso dire rispetto ad un altro sistema e' che tra il mio e l'altro c'e' una certa velocità. Basta. Non posso dire altro. Non c'e' avvicinamento o allontanamento. Non c'e' una direzione.

dovrei quindi recepire che le matrici di Minkowski, ovvero delle rappresentazioni di vettori a 4 dimensioni, non hanno utilità? Le osservazioni suggeriscono il contrario, sono utilizzate persino in alcuni casi di RG, a maggior ragione devono essere utili nella RR. Ad ogni modo, sono consapevole che la comunicazione scritta, peggio di quella verbale, possa creare dei malintesi, quindi cercherò di ridurre al minimo la parte scritta in italiano per fare spazio a quella matematica:
(non ho dimestichezza con gli strumenti del forum quindi chiedo perdono per la forma spartana)
Dato O∈R4:P(O)=P(x(O,t(O)),y(O),z(O),t(O)) e P'(O)=P'(x'(O),0(O),0(O),t(O)), x'(O)=dx(O,t(O))/dt(O)), con (x(O),y(O),z(O))=!(0(O),0(O),0(O)) ("=!" è usato per indicare "diverso", per chiarezza),
e dato O*∈R4:P(O*)=P(x(O*,t(O*)),y(O*),z(O*),t(O*)) e P'(O*)=P'(x'(O*),0(O*),0(O*),t(O*)) (x'(O*)=dx(O*,t(O*))/dt(O*)),
con O*:O*(O)=(Δx(O),0(O),0(O),t(O)), O*':O*'(O)=(0(O),0(O),0(O),t(O)).
sia P una sorgente di onde elettromagnetiche:
si ha che f(P)=c/λ,
f(O)=c/(c+d(x(O,t(O))^2+y(O)^2+z(O)^2)^(1/2)/dt(O))*f(P)=f(O,t(O)) (ovvero redshift),
f(O*)=c/(c-d(x(O*,t(O*))^2+y(O*)^2+z(O*)^2)^(1/2)/dt(O*))*f(P)=f(O*,t(O*)) (ovvero blueshift).
Si osserva, quindi, che l'osservatore P descrive f(P) come una funzione tempo-invariante (costante) mentre, invece, gli altri due osservatori osservano f(O) e f(O*) rispettivamente come funzioni tempo-varianti con f(O*) uguale a f(O) ma soggetta a un ritardo.
Ognuno di questi SR può, però, sapere solo come si sposta rispetto agli altri 2, non può sapere come si sposta rispetto a un ipotetico SR assoluto (in quiete) (che per il principio di relatività non può esistere o avere niente di speciale).
Quindi, O e O* potrebbero asserire che in realtà è P che è fermo, mentre loro sono in movimento; ma allora:
f*(P)=c/λ,
f*(O)=(c-d(x(O,t(O))^2+y(O)^2+z(O)^2)^(1/2)/dt(O))/c*f=f*(O,t(O)) (ovvero redshift),
f*(O*)=(c+d(x(O*,t(O*))^2+y(O*)^2+z(O*)^2)^(1/2)/dt(O*))/c*f=f*(O*,t(O*)) (ovvero blueshift).
Questo è il punto in cui chiedo aiuto per capire come il principio di relatività riesce a difendersi davanti alla seguente osservazione:
come si può notare il sistema O continuerebbe a osservare un redshift e il sistema O* continuerebbe a osservare un blueshift, tuttavia sono diverse le intensità, infatti si ha che:
f*(P)=f(P), ma f*(O)=!f(O) e f*(O*)=!f(O*);
questo risultato non dovrebbe evidenziare la possibilità che esista un SR "giusto" (quello in P, dato che non osserverebbe variazioni nella legge del fenomeno osservato, al variare di come si autodescrive, se fermo o in movimento) o un SR assoluto, quindi di valore superiore rispetto a qualsiasi altro SR inerziale, facendo cadere in entrambi i casi la validità del principio di relatività?
Continuo a sperare in uno scambio di idee caratterizzato da massimo rispetto e serietà da tutte le parti, così come spero e credo di fare anch'io.

Shackle
. voglio verificare di avere una conoscenza degli strumenti matematici utili nella descrizione dei fenomeni relativistici sufficientemente sviluppata da poterla comprendere (il fatto che in pochi riescano a comprendere effettivamente cosa è uno spazio-tempo curvo nella RG, dato che si parla comunque di spazio quadri-dimensionale, quando siamo abituati a ragionare in uno spazio tri-dimensionale, di certo non aiuta a non far nascere degli interrogativi).


La matematica della RR è semplice, non va oltre la radice quadrata. Quella della RG è più complicata, fa ricorso al calcolo tensoriale, che è di per sé complicato. Ma ciò che è importante comprendere è la fisica che sta dietro. Certo, non è semplice capire che cosa significa “spaziotempo curvato dalla materia/energia “ , ma in RR lo ST è piatto, di curvatura non si parla. La RR si può considerare una approssimazione locale della RG. Quello che è nuovo è il punto di vista di Einstein sul perché un oggetto lasciato andare dalla cima di un palazzo cade a terra: per Newton c’è la forza gravitazionale che accelera l’oggetto, per Einstein l’oggetto cade perché lo ST tra la cima del palazzo e il suolo è curvo, la gravità non è una forza, in RG non si considerano forze. Alla base della RG c’è il principio di equivalenza, che dovresti conoscere. In ogni punto dello ST un oggetto, abbandonato al campo gravitazionale, si può considerare in un sistema di riferimento inerziale locale , nel quale valgono le leggi della RR .
Dai un’occhiata a questa discussione:

https://www.matematicamente.it/forum/vi ... a#p8581050

Continuo a sperare in uno scambio di idee caratterizzato da massimo rispetto e serietà da tutte le parti, così come spero e credo di fare anch'io.


Guarda, qui ci sono state moltissime discussioni sulla relatività, e spesso qualcuno ha oltrepassato i limiti del rispetto e ha lanciato offese, sino a costringere elementi validi ad andarsene. Ma è meglio lasciare perdere certe storie passate, che spero non si ripetano più.

Tornando alla discussione , Sinceramente non ho capito dove vuoi arrivare, e le formule che hai scritto sono illeggibili. Usa la funzione “cerca “ e troverai molti thread, e consigli su libri e dispense da leggere.

Quinzio
"Dawnless":

fare spazio a quella matematica:
(non ho dimestichezza con gli strumenti del forum quindi chiedo perdono per la forma spartana)
Dato
O∈R4:
P(O)=P(x(O,t(O)),y(O),z(O),t(O))
e
P'(O)=P'(x'(O),0(O),0(O),t(O)),
x'(O)=dx(O,t(O))/dt(O)),
con
(x(O),y(O),z(O))=!(0(O),0(O),0(O))
("=!" è usato per indicare "diverso", per chiarezza), e dato
O*∈R4:
P(O*)=P(x(O*,t(O*)),y(O*),z(O*),t(O*))
e
P'(O*)=P'(x'(O*),0(O*),0(O*),t(O*))
(x'(O*)=dx(O*,t(O*))/dt(O*)),
con
O*:O*(O)=(Δx(O),0(O),0(O),t(O)),
O*':O*'(O)=(0(O),0(O),0(O),t(O)).
sia P una sorgente di onde elettromagnetiche:
si ha che f(P)=c/λ,
f(O)=c/(c+d(x(O,t(O))^2+y(O)^2+z(O)^2)^(1/2)/dt(O))*f(P)=f(O,t(O)) (ovvero redshift),
f(O*)=c/(c-d(x(O*,t(O*))^2+y(O*)^2+z(O*)^2)^(1/2)/dt(O*))*f(P)=f(O*,t(O*)) (ovvero blueshift).
Si osserva, quindi, che l'osservatore P descrive f(P) come una funzione tempo-invariante (costante) mentre, invece, gli altri due osservatori osservano f(O) e f(O*) rispettivamente come funzioni tempo-varianti con f(O*) uguale a f(O) ma soggetta a un ritardo.
Ognuno di questi SR può, però, sapere solo come si sposta rispetto agli altri 2, non può sapere come si sposta rispetto a un ipotetico SR assoluto (in quiete) (che per il principio di relatività non può esistere o avere niente di speciale).
Quindi, O e O* potrebbero asserire che in realtà è P che è fermo, mentre loro sono in movimento; ma allora:
f*(P)=c/λ,
f*(O)=(c-d(x(O,t(O))^2+y(O)^2+z(O)^2)^(1/2)/dt(O))/c*f=f*(O,t(O)) (ovvero redshift),
f*(O*)=(c+d(x(O*,t(O*))^2+y(O*)^2+z(O*)^2)^(1/2)/dt(O*))/c*f=f*(O*,t(O*)) (ovvero blueshift).
Questo è il punto in cui chiedo aiuto per capire come il principio di relatività riesce a difendersi davanti alla seguente osservazione:
come si può notare il sistema O continuerebbe a osservare un redshift e il sistema O* continuerebbe a osservare un blueshift, tuttavia sono diverse le intensità, infatti si ha che:
f*(P)=f(P), ma f*(O)=!f(O) e f*(O*)=!f(O*);
questo risultato non dovrebbe evidenziare la possibilità che esista un SR "giusto" (quello in P, dato che non osserverebbe variazioni nella legge del fenomeno osservato, al variare di come si autodescrive, se fermo o in movimento) o un SR assoluto, quindi di valore superiore rispetto a qualsiasi altro SR inerziale, facendo cadere in entrambi i casi la validità del principio di relatività?
Continuo a sperare in uno scambio di idee caratterizzato da massimo rispetto e serietà da tutte le parti, così come spero e credo di fare anch'io.


Allora, io avevo capito che stavamo parlando di relativita' ristretta.
Nel post precedente mi avevi parlato del paradosso dei gemelli, io ti ho fatto notare che il paradosso dei gemelli si spiega con la relativita' generale, e mi hai risposto che lo sapevi.
Allora la domanda e': perche' lo hai tirato in ballo se sapevi che non c'entra ?
Ma lasciamo perdere i gemelli.

Quelle equazioni che hai scritto sono quelle del mondo della relativita' classica, galileiana, di Newton.
Non sono le equazioni della relativita' ristretta, einsteiniana.
Adesso mi risponderai che lo sapevi gia'.
Ma la domanda rimane.
Perche' usi le equazione della relativita' classica ?
Perche' non usi le equazioni giuste ?
Ad es. queste: https://it.wikipedia.org/wiki/Trasformazione_di_Lorentz

Perche' non riformuli il problema in maniera piu' comprensibile, ad es usando la stessa terminologia e gli stessi simboli che puoi trovare ad es. nelle pagine di Wikipedia ?
https://it.wikipedia.org/wiki/Trasformazione_di_Lorentz
https://it.wikipedia.org/wiki/Relativit%C3%A0_ristretta

Scritture come questa sono fumose e poco chiare:
O∈R4:
P(O)=P(x(O,t(O)),y(O),z(O),t(O))

O e' un punto. Fin qui ci siamo. Non puoi scegliere un altro nome siccome O viene usato quasi sempre per indicare l'origine ?
P e' funzione di O ? In che senso ? C'e' una legge oraria che li lega ?
Se no, non siamo nel mondo della RR.
Se si, non puoi scrivere piu' semplicemente P = O + vt ?

Se mi trovi una pagina internet dove si usa una scrittura simile alla tua, ok, possiamo tenerla, altrimenti saresti pregato, per facilitare la lettura a tutti, di usare una terminologia diffusa, ad ese. quella che si usa su Wikipedia e sul 99% delle pagine che trattano di RR.

Se poi, magari facessi anche lo sforzo di usare la grafica per le formule (il Latex) sarebbe il top.
Grazie.

Dawnless
Mi piace molto la risposta che hai dato, Quindi, perché evidenzia qual era il passaggio che saltavo: non ho considerato le trasformazioni di Lorentz, ottimo, era esattamente il tipo di risposta che cercavo, quello che puntualizzasse ed evidenziasse il passaggio sbagliato, ti ringrazio.
Per aprire e chiudere u' ultima parentesi sui gemelli:
Spacchettando il paradosso, c'è almeno un intervallo di tempo in cui il gemello in movimento viaggia a velocità costante; considerando solo questo intervallo di tempo, in cui tutti i sistemi di riferimento considerati si muovono a velocità costante (incluso il caso v=0), e si ignora come ci siano arrivati a quella velocità costante, cosa rende questo caso diverso rispetto a qualsiasi altro caso di RR in cui ci sono 2 sistemi in moto relativo? Dal mio punto di vista nessuno, questo era tutto il riferimento che intendevo fare, da cui mi sembrava giusto dedurre che due sistemi che si allontanano vedranno il tempo dell'altro rallentarsi (infatti entrambi osserveranno un redshift) e due sistemi che si avvicinano vedranno il tempo dell'altro accelerarsi (infatti vedranno entrambi un blueshift)... Ad ogni modo mi interessava capire come si preserva il principio di relatività e mi hai indicato la strada per farlo, quindi ora so come continuare per vedere come tutto resta coerente, riguardo la scrittura matematica avevo chiesto scusa in anticipo perché non ho mai scritto in un forum, quindi devo ancora capire come usare, ad esempio, il LaTeX, ma riguardo al significato O e O* sono dei punti ma sono anche delle origini per i sistemi di riferimento, infatti P(O) è riferito all'origine O, se avessi scritto solo P sarebbe stata definita rispetto a che cosa? Quindi P è riferita ad O e in base a quello che fa O si definisce P, O potrebbe essere fermo rispetto a un altro sistema di riferimento o anche spostarsi, influenzando a sua volta la definizione di P nel nuovo sistema di riferimento; quindi, l'obiettivo era definire P rispetto ad O e fissare il riferimento in O (similmente per O*). Mi spiace che anche a livello matematico sia siano create delle inefficienze, dal punto di vista della comunicazione, ma il risultato è stato raggiunto, quello di evidenziare l'errore nel mio ragionamento, grazie di nuovo a tutti, tornerò sicuramente a dare un'occhiata al forum nel caso mi dovessi bloccare di nuovo (cosa che spero e credo che non capiterà), visto che comunque mi avete fatto notare che ci sono tante altre discussioni da cui attingere. Saluti a tutti.

Faussone
Brevissimo inciso da parte mia: attenzione che per risolvere l'apparente paradosso dei gemelli non serve passare necessariamente per la relatività generale, ma basta anche la sola relatività speciale (ristretta).
Non lo dico certo io, che ho solo qualche rudimento di relatività speciale, ma lo si legge in molte autorevoli spiegazioni del paradosso dei gemelli che usano appunto la sola relatività speciale (persino su wikiperdia si decrive la spiegazione in relatività speciale).

Shackle
"Faussone":
Brevissimo inciso da parte mia: attenzione che per risolvere l'apparente paradosso dei gemelli non serve passare necessariamente per la relatività generale, ma basta anche la sola relatività speciale (ristretta).


Quante volte abbiamo ripetuto questo, Faussone ? Non occorre la RG per risolvere il cosidetto paradosso dei gemelli, basta la relatività ristretta. Cito questa discussione di qualche anno fa, dove parlammo tra l’altro anche del NON paradosso. Nel thread è riportata questa soluzione , che ritenevo e ritengo tutt’ora una delle migliori. Da essa riporto questa frase chiarissima :

I have heard two wrong responses (or claims about the response) to the twin paradox. First, my high school physics teacher said that the resolution of the twin paradox had to do with General Relativity, which was beyond the scope of his class. That’s false. General Relativity is Einstein’s theory of gravitational phenomena. The Twin Paradox has nothing to do with gravitation, nor has it anything to do with the spacetime curvature postulated in GR. As we’ll see in section IV, the resolution of the “paradox” can be given purely within a flat (Minkowski) spacetime.

Richiamo anche l’attenzione sul disegno che si trova sotto il secondo spoiler (nella discussione con Meditabondo) , dove si vede la linea di universo del gemello “viaggiatore” , cioè quella curva che si raccorda all’inizio e alla fine con l’asse dei tempi , il quale non è altro che la linea di universo del gemello “sedentario” : nella geometria non euclidea dello ST piatto della RR , è il percorso che sulla carta sembra più lungo a durare di meno. Il motivo è spiegato nello stesso disegno. Insomma il tempo del sedentario è maggiore del tempo del viaggiatore, quando i due si incontrano nuovamente il sedentario è più “vecchio” del viaggiatore. Tutto sta in questo :

$dt = \gamma(v) d\tau \rarr d\tau =(dt)/(\gamma(v)) $

da cui : $ Delta\tau = int_O^Q dt*sqrt(1-(v/c)^2 ) $

quindi l’intervallo di tempo proprio del viaggiatore da $O$ a $Q$ è minore del tempo coordinato del sedentario, calcolato da $O$ a $Q$, che è semplicemente : $int_O^Q dt $ .

Rispondi
Per rispondere a questa discussione devi prima effettuare il login.