Non capisco la formula campo E
Buonasera a tutti.
Fermo restando la solita carica Q+ dominatrice, il relativo campo E e la carica piccola esploratrice q+posta in generico punto p.
Matematicamente il campo E (parliamo solo dello scalare) è dato da E=F/q+. Anche se q+ è arbitrariamente piccolo anche il campo E (la divisione) varierà a seconda del valore arbitrario di q+. Quindi variando q+ piccola, ma variabile di intensità comunque il valore di E cambierà sebbene di poco.
Però sappiamo anche che attraverso la legge di Coulomb sostituendo il valore della carica q+ si annulla, nel senso che il suo valore non pesa sulla quantità E finale.
Come combaciare questo ragionamento sicuramente apparentemente contrapposto ?
Grazie
Fermo restando la solita carica Q+ dominatrice, il relativo campo E e la carica piccola esploratrice q+posta in generico punto p.
Matematicamente il campo E (parliamo solo dello scalare) è dato da E=F/q+. Anche se q+ è arbitrariamente piccolo anche il campo E (la divisione) varierà a seconda del valore arbitrario di q+. Quindi variando q+ piccola, ma variabile di intensità comunque il valore di E cambierà sebbene di poco.
Però sappiamo anche che attraverso la legge di Coulomb sostituendo il valore della carica q+ si annulla, nel senso che il suo valore non pesa sulla quantità E finale.
Come combaciare questo ragionamento sicuramente apparentemente contrapposto ?
Grazie
Risposte
La domanda è estremamente intelligente, di quelle che piacciono a me. Ti fornisco la mia visione della cosa , vediamo se ti può essere d'aiuto. Innanzitutto il campo elettrico $\vec E$ è una finzione matematica, un oggetto che viene appunto definito formalmente con l'espressione $ \vec E := \frac {1}{q} \cdot \vec F$
Quindi in base a questa definizione per conoscere $\vec E$ devi prima conoscere $\vec F$ , e qui finisce la cosa. Ora il campo elettrico che nasce appunto come finzione matematica per giustificare gli effetti a distanza dei fenomeni elettrici con l'avvento della relatività di Einstein andrà ad assumere una vera e propria esistenza ontologica cioè secondo i fisici attualmente un campo è un oggetto che esiste in carne ed ossa e che è in grado di accumulare energia, mentre prima, quando appunto $ \vec E$ era una semplice finzione matematica, tale funzione veniva assolta dall' etere cosmico. Quindi il campo elettrico nell'idea originaria era concepito come un campo vettoriale presente tutto attorno alla carica sorgente , la cui esistenza era del tutto indipendente dalla presenza o meno di altre cariche, ma la cui rilevazione era condizionata dall'utilizzo di un'altra carica, detta carica di prova, talmente piccola che localmente la sua presenza non perturbasse con il proprio campo elettrico quello della carica sorgente. Ovviamente questa è una contraddizione in termini, sembra quasi il principio di Heisenberg, cioè noi per conoscere il campo elettrico generato da una carica sorgente $Q$ dobbiamo usare una carica di prova $q$ che per quanto piccola andrà a perturbare quello che vogliamo misurare e quindi siamo condannati a non conoscere mai il valore di $\E$ in un punto poiché la misurazione stessa cambia la realtà. Ovviamente suppongo che i fisici liquidino questo enorme problema filosofico con tutta una serie di '' chissenefrega'' oppure '' approssimiamo tutto''.
Quindi in base a questa definizione per conoscere $\vec E$ devi prima conoscere $\vec F$ , e qui finisce la cosa. Ora il campo elettrico che nasce appunto come finzione matematica per giustificare gli effetti a distanza dei fenomeni elettrici con l'avvento della relatività di Einstein andrà ad assumere una vera e propria esistenza ontologica cioè secondo i fisici attualmente un campo è un oggetto che esiste in carne ed ossa e che è in grado di accumulare energia, mentre prima, quando appunto $ \vec E$ era una semplice finzione matematica, tale funzione veniva assolta dall' etere cosmico. Quindi il campo elettrico nell'idea originaria era concepito come un campo vettoriale presente tutto attorno alla carica sorgente , la cui esistenza era del tutto indipendente dalla presenza o meno di altre cariche, ma la cui rilevazione era condizionata dall'utilizzo di un'altra carica, detta carica di prova, talmente piccola che localmente la sua presenza non perturbasse con il proprio campo elettrico quello della carica sorgente. Ovviamente questa è una contraddizione in termini, sembra quasi il principio di Heisenberg, cioè noi per conoscere il campo elettrico generato da una carica sorgente $Q$ dobbiamo usare una carica di prova $q$ che per quanto piccola andrà a perturbare quello che vogliamo misurare e quindi siamo condannati a non conoscere mai il valore di $\E$ in un punto poiché la misurazione stessa cambia la realtà. Ovviamente suppongo che i fisici liquidino questo enorme problema filosofico con tutta una serie di '' chissenefrega'' oppure '' approssimiamo tutto''.
Ciao, scusami potresti essere più specifico e terra a terra su questo punto, onestamente non capisco molto cosa tu intendessi:
E inoltre, quale sarebbe il ruolo di Einstein nell'evoluzione del campo elettrico come "vera e propria esistenza ontologica"?
Chiedo per capire meglio, puoi eventualmente commenterò con il mio pensiero
Ora il campo elettrico che nasce appunto come finzione matematica per giustificare gli effetti a distanza dei fenomeni elettrici con l'avvento della relatività di Einstein andrà ad assumere una vera e propria esistenza ontologica cioè secondo i fisici attualmente un campo è un oggetto che esiste in carne ed ossa e che è in grado di accumulare energia, mentre prima, quando appunto E⃗ era una semplice finzione matematica, tale funzione veniva assolta dall' etere cosmico.
E inoltre, quale sarebbe il ruolo di Einstein nell'evoluzione del campo elettrico come "vera e propria esistenza ontologica"?
Chiedo per capire meglio, puoi eventualmente commenterò con il mio pensiero
"GiaSal":
Buonasera a tutti.
Fermo restando la solita carica Q+ dominatrice, il relativo campo E e la carica piccola esploratrice q+posta in generico punto p.
Matematicamente il campo E (parliamo solo dello scalare) è dato da E=F/q+. Anche se q+ è arbitrariamente piccolo anche il campo E (la divisione) varierà a seconda del valore arbitrario di q+. Quindi variando q+ piccola, ma variabile di intensità comunque il valore di E cambierà sebbene di poco.
Però sappiamo anche che attraverso la legge di Coulomb sostituendo il valore della carica q+ si annulla, nel senso che il suo valore non pesa sulla quantità E finale.
Come combaciare questo ragionamento sicuramente apparentemente contrapposto ?
Grazie
Il caso del campo generato una carica puntiforme è molto particolare. Come giustamente dici, il rapporto $\frac{\vec{F}}{q}$ non dipende dal valore della carica q esploratrice e di conseguenza potresti prendere una q grande o piccola a piacere, senza ottenere discrepanze nel campo elettrico calcolato.
Tuttavia la definizione $\vec{E} = \lim_{q-> 0} \frac{\vec{F}}{q}$ (limite nel senso matematico, che è irrealizzabile praticamente) è cruciale, pensa per esempio quando vuoi studiare il campo generato da conduttori in condizioni stazionarie. In questo caso la distribuzione di carica sul conduttore potrà essere influenzata dal valore della carica sonda, di conseguenza la forza F è una funzione di q e di conseguenza, per non perturbare la disposizione della carica sul conduttore bisogna prendere una carica esploratrice sufficientemente piccola.
Si , cercherò di essere più preciso nonostante credo che il mio pensiero fosse già abbastanza chiaro. Prima di Einstein tutti i fisici , Maxwell compreso, davano per buona l'idea dell'esistenza dell'etere come mezzo fondamentale per propagare le perturbazioni e soprattutto per accumulare energia. Infatti secondo te l'energia immagazzinata in un condensatore nel vuoto dove credevi che si immagazzinasse ? nel vuoto forse? Ovviamente nell'etere. Con l'avvento della relatività l'etere è stato abolito, dunque ore dove viene immagazzinata l'energia di un condensatore? Forse nel vuoto? Ovviamente no perché oggi i fisici ci insegnano che lo ''spazio vuoto'' in realtà è la sede di vari campi di varia natura che tra le altre cose immagazzinano energia. Ci siamo su questo?
Credevo che l'energia fosse immagazzinata in microscopiche ruote che girano in ogni punto dello spazio e trasportata nello spazio da miniscoli angioletti.
In realtà nel tuo messaggio hai scritto altro: dici che prima di Einstein i campi elettrici fossero meri artifici matematici, quindi in particolare per maxwell: ebbene potresti spiegare meglio il contributo di Einstein in questa trasformazione? Dal mio punto di vista già Maxwell considerava i campi elettromagnetici entità fisiche reali, altro che artfici matematici.
Ti chiederei, per cortesia, di evitare toni saccenti. È un forum, ed è lecito (ovviamente) fare domande e intavolare discussioni costruttive.
In realtà nel tuo messaggio hai scritto altro: dici che prima di Einstein i campi elettrici fossero meri artifici matematici, quindi in particolare per maxwell: ebbene potresti spiegare meglio il contributo di Einstein in questa trasformazione? Dal mio punto di vista già Maxwell considerava i campi elettromagnetici entità fisiche reali, altro che artfici matematici.
Ti chiederei, per cortesia, di evitare toni saccenti. È un forum, ed è lecito (ovviamente) fare domande e intavolare discussioni costruttive.
@GiaSal se ho be interpretato la domanda il discorso è che nel rapporto $F/q$ la dipendenza da q NON è presente solo nel determinatore, ma anche nel numeratore e le due dipendenze si elidono dandoti un rapporto indipendente da q come deve essere. Se cambi di poco q non solo il denominatore cambia ma pure il numeratore e lo fa in modo che il rapporto rimanga uguale. Infatti in ultima analisi qualsiasi distribuzione di carica sarà formata da cariche puntiformi, che interagiscono ciascuna con $q$ tramite la legge di coulomb. Quindi F sarà somma di tante espressioni del tipo $.(Qq)/.$ in cui raccogliendo q si semplifica con quella a denominatore. Il limite per $q$ piccola viene fatto solo per non perturbare troppo il sistema che stai sondando, NON per rendere il rapporto indipendente da q.
"Lampo1089":
Credevo che l'energia fosse immagazzinata in microscopiche ruote che girano in ogni punto dello spazio e trasportata nello spazio da miniscoli angioletti.
In realtà nel tuo messaggio hai scritto altro: dici che prima di Einstein i campi elettrici fossero meri artifici matematici, quindi in particolare per maxwell: ebbene potresti spiegare meglio il contributo di Einstein in questa trasformazione? Dal mio punto di vista già Maxwell considerava i campi elettromagnetici entità fisiche reali, altro che artfici matematici.
Ti chiederei, per cortesia, di evitare toni saccenti. È un forum, ed è lecito (ovviamente) fare domande e intavolare discussioni costruttive.
Con la teoria della relatività ristretta Einstein ha dato la possibilità di interpretare l'esperienza di Michelson in una chiave nuova, ovverosia il vento d'etere non esiste semplicemente perché l'etere non esiste. Altrimenti si poteva interpretare l'esperienza in un altro modo e cioè l'etere esiste ma la terra è ferma rispetto ad esso, e si ritornava a Tolomeo-Aristotele. Pertanto come effetto collaterale en passant ora l'energia di un condensatore deve necessariamente essere immagazzinata in un altro corpus domini e questo corpus materiale è il campo elettrico. Cosa significhi questa frase io personalmente lo ignoro, non riesco ad individuare $\vec E$ come una scatola materiale ma tanto è. Invece in origine il campo elettrico è stato postulato esistere semplicemente per giustificare le interazioni elettriche a distanza. Cosi come viene postulata l'esistenza delle caratteristiche di sollecitazione nel continuo di Cauchy per giustificare l'effetto osservabile che una trave si rompe in una certa sezione nonostante in quel punto non agisca alcuna causa visibile. Quando postuli l'esistenza di grandezze a livello formale per dare una spiegazione al fenomeno osservabile concretamente allora sono delle semplici finzioni matematiche, molto utili per costruire il modello matematico che tenta di descrivere i fenomeni.
@Lampo
in uno dei messaggi sul principio di Mach , ho citato una discussione di due anni fa, dove avevo inserito questo piccolo paragrafo su Maxwell e l’etere:
Anche Gugo82 aveva risposto in proposito.
in uno dei messaggi sul principio di Mach , ho citato una discussione di due anni fa, dove avevo inserito questo piccolo paragrafo su Maxwell e l’etere:
Anche Gugo82 aveva risposto in proposito.
@Schackle, ti ringrazio per la dritta.
@Brufus: credo il punto della questione - e su cui ammetto di non capire il tuo punto - è la questione per cui il campo elettrico è una "finzione matematica, un oggetto che viene appunto definito formalmente .... (etc)".
Secondo me, è molto importante che tu chiarisca, per non creare confusione nei lettori (e in particolare a me!) cosa tu intenda per "entità reale".
Il campo elettrico non è un artificio matematico: lo misuri, così come misuri una forza esercitata su un corpo. Questo valeva per Einstein, valeva per Maxwell, ma valeva anche per Newton (ok, lui non parlava di campo, il concetto è più moderno, ma in ambo le descrizioni una azione a distanza nell'interazione gravitazionale c'è sempre e comunque).
All'estremo del tuo ragionamento, secondo me, ci si ritrova ad attribuire a qualsiasi concetto la funzione di "artificio matematico" (perché allora non considerare la forza un artificio matematico?) e tutta la fisica diventa un mero artificio matematico per descrivere delle entità che risiedono nel "mondo delle idee".
Tornando alla mia domanda (il contributo di Einstein all'elettromagnetismo): il contributo di Einstein all'elettromagnetismo - dal punto di vista teorico - è praticamente nullo. Mi spiego meglio: non aggiunge nessuna (ripeto, nessuna) nuova formula o legge che descriva la dinamica del campo EM. Le trasformazioni di Lorentz? no, nemmeno quelle: vero è che dopo il suo lavoro assumeranno una importanza ben più fondamentale, ma già Lorentz appunto aveva studiato l'equazione d'onda e trovato una trasformazione di coordinate sotto cui il D'Alambertiano fosse invariante in forma: ignoro l'interpretazione data da Lorentz per tale trasformazione e come l'abbia dedotta, ammesso che ne abbia dato una interpretazione fisica.
Certo, ovviamente, il lavoro di Einstein completa il quadro concettuale in maniera determinante. Dire che l'EM fosse una teoria errata, e che la teoria EM esatta dovesse soddisfare il principio di relatività Galileiano era una possibilità che cozzava con il successo di tutte le verifiche sperimentali della teoria. Introdurre l'etere luminifero perché fino a quel momento tutti i fenomeni ondulatori noti avvenivano in un mezzo per lui era irragionevole.
Il lavoro di Einstein è stato rivoluzionario nel senso che, discostandosi dalla corrente dominante del tempo, si è "tappato le orecchie" insistendo che un principio di relatività dovesse essere valido anche nella teoria elettromagnetica, insistendo nell'assenza di sistemi di riferimento privilegiati e infine dando una nuova interpretazione alle trasformazioni di Lorentz come gruppo di trasformazioni che collegano sistemi di riferimento inerziali. E ha formulato una meccanica relativistica invariante sotto queste trasformazioni, che si riduce a quella newtoniana per velocità piccole rispetto a quella della velocità. Poi, ha praticamente dato il colpo di grazia alla teoria della gravitazione universale di Newton (ripeto, anche se si considera l'interazione mediata dal "Newtoniano" campo gravitazionale!) perché implicava una azione a distanza istantanea: questo, unito al principio di relatività, violerebbe il principio di causalità.
Un cambiamento di paradigma, come direbbe Kuhn.
Ma ripeto, dal mio punto di vista, da qui a dire che dopo il lavoro di Einstein il campo elettrico "assume una vera e propria esistenza ontologica" perché (ad es.) non serve più l'etere per spiegare la propagazione, questo è fortemente confusionario per non dire errato.
Eventualmente potresti citare le tue fonti?
@Brufus: credo il punto della questione - e su cui ammetto di non capire il tuo punto - è la questione per cui il campo elettrico è una "finzione matematica, un oggetto che viene appunto definito formalmente .... (etc)".
Secondo me, è molto importante che tu chiarisca, per non creare confusione nei lettori (e in particolare a me!) cosa tu intenda per "entità reale".
Il campo elettrico non è un artificio matematico: lo misuri, così come misuri una forza esercitata su un corpo. Questo valeva per Einstein, valeva per Maxwell, ma valeva anche per Newton (ok, lui non parlava di campo, il concetto è più moderno, ma in ambo le descrizioni una azione a distanza nell'interazione gravitazionale c'è sempre e comunque).
All'estremo del tuo ragionamento, secondo me, ci si ritrova ad attribuire a qualsiasi concetto la funzione di "artificio matematico" (perché allora non considerare la forza un artificio matematico?) e tutta la fisica diventa un mero artificio matematico per descrivere delle entità che risiedono nel "mondo delle idee".
Tornando alla mia domanda (il contributo di Einstein all'elettromagnetismo): il contributo di Einstein all'elettromagnetismo - dal punto di vista teorico - è praticamente nullo. Mi spiego meglio: non aggiunge nessuna (ripeto, nessuna) nuova formula o legge che descriva la dinamica del campo EM. Le trasformazioni di Lorentz? no, nemmeno quelle: vero è che dopo il suo lavoro assumeranno una importanza ben più fondamentale, ma già Lorentz appunto aveva studiato l'equazione d'onda e trovato una trasformazione di coordinate sotto cui il D'Alambertiano fosse invariante in forma: ignoro l'interpretazione data da Lorentz per tale trasformazione e come l'abbia dedotta, ammesso che ne abbia dato una interpretazione fisica.
Certo, ovviamente, il lavoro di Einstein completa il quadro concettuale in maniera determinante. Dire che l'EM fosse una teoria errata, e che la teoria EM esatta dovesse soddisfare il principio di relatività Galileiano era una possibilità che cozzava con il successo di tutte le verifiche sperimentali della teoria. Introdurre l'etere luminifero perché fino a quel momento tutti i fenomeni ondulatori noti avvenivano in un mezzo per lui era irragionevole.
Il lavoro di Einstein è stato rivoluzionario nel senso che, discostandosi dalla corrente dominante del tempo, si è "tappato le orecchie" insistendo che un principio di relatività dovesse essere valido anche nella teoria elettromagnetica, insistendo nell'assenza di sistemi di riferimento privilegiati e infine dando una nuova interpretazione alle trasformazioni di Lorentz come gruppo di trasformazioni che collegano sistemi di riferimento inerziali. E ha formulato una meccanica relativistica invariante sotto queste trasformazioni, che si riduce a quella newtoniana per velocità piccole rispetto a quella della velocità. Poi, ha praticamente dato il colpo di grazia alla teoria della gravitazione universale di Newton (ripeto, anche se si considera l'interazione mediata dal "Newtoniano" campo gravitazionale!) perché implicava una azione a distanza istantanea: questo, unito al principio di relatività, violerebbe il principio di causalità.
Un cambiamento di paradigma, come direbbe Kuhn.
Ma ripeto, dal mio punto di vista, da qui a dire che dopo il lavoro di Einstein il campo elettrico "assume una vera e propria esistenza ontologica" perché (ad es.) non serve più l'etere per spiegare la propagazione, questo è fortemente confusionario per non dire errato.
Eventualmente potresti citare le tue fonti?
ps chiedo scusa @GiaSal nel caso in cui si leggerà questi "papiri" non direttamente collegati alla sua domanda: per favore, porta pazienza

.Il campo elettrico non è un artificio matematico: lo misuri, così come misuri una forza esercitata su un corpo. Questo valeva per Einstein, valeva per Maxwell, ma valeva anche per Newton (ok, lui non parlava di campo, il concetto è più moderno, ma in ambo le descrizioni una azione a distanza nell'interazione gravitazionale c'è sempre e comunque)
Io credo che la questione sia estremamente più complessa di come la dipingi. La fisica per giustificare fenomeni oggettivamente osservabili è costretta a ricorrere a dei modelli matematici per trovare una giustificazione agli effetti osservabili. Quindi assumendo valido il principio di causa effetto si crea una causa matematica, un espediente, per dare un senso alle osservazioni. Ora questa causa completamente inventata a tavolino , creata artificialmente, secondo te ha consistenza ontologica? Aristotele era così fesso da non vedere la causa che spingeva i gravi verso il basso? La meccanica ha trovato nell'artificio matematico vettore forza peso la causa dell'accelerazione (osservabile con gli occhi) verso il basso dei gravi. Ora la forza peso esiste ontologicamente secondo te? Oppure noi tutti facciamo finta che esista per creare un modello matematico che giustifichi la realtà ( quella che studiava Aristotele nella fisica per intenderci)? I fotoni esistono davvero ontologicamente oppure facciamo finta che esistano per giustificare l' effetto fotoelettrico osservabile? Il campo elettrico esiste ontologicamente oppure facciamo finta che in un certo punto dello spazio esista un vettore ? Un tavolo, una sedia, sono oggetti con consistenza materiale che sono in grado di immagazzinare energia, un vettore la cui esistenza è stata postulata per giustificare certe situazioni può immagazzinare energia?
Poi quando parli di misure sono dirette o indirette? Cos'è una forza? la definizione intendo! è quella che si misura col dinamometro? è una misura diretta? oppure è un ragionamento circolare sbagliato privo di ogni rigore? Il fatto che tu battezzi delle grandezze misurabili tramite formule inverse, cioè con misure indirette, non implica ce quelle grandezze abbiano consistenza ontologica.
Come immaginavo, la discussione sta andando OT verso temi di metafisica.
Chiarisco subito una cosa: la Fisica fornisce una interpretazione della Natura basata sull'esperienza empirica, formula ipotesi e modelli che sono in accordo con le osservazioni e, d'altro canto, il framework teorico permette la predizione dei risultati di esperimenti. Il framework teorico ha un limitato e ben definito dominio di applicabilità, ed è formulato con il linguaggio della matematica. Un modello non in accordo con le osservazioni, dal tuo punto di vista assoluto, è certamente da considerarsi errato, ma quando ci si ritrova nel dominio di validità di entrambi sono essenzialmente equivalenti all'atto pratico.
Il punto però è proprio questo: la Fisica non vuole descrivere la Realtà in termini assoluti delle cose, anche perché domande simili hanno poco senso. Cosa significa l'affermazione "l'elettrone è puntiforme!!" quando la verifica è eseguita con una osservazione sperimentale? Al massimo si può dire "gli esperimenti dicono che l'elettrone è puntiforme al meglio di tutti gli esprimenti fino ad oggi condotti".
Questo fornisce una linea guida nella formulazione della Teoria: ad es. mi riferisco in particolare al modello standard, dove in particolare l'elettrone è descritto come una particella elementare, senza struttura interna, puntiforme a meno di correzioni radiative, ma questo è un altro discorso ...
Ancora, anche l'affermazione "il nucleo è puntiforme!" non ha Fisicamente senso, semmai si dice "il nucleo appare come puntiforme in esperimenti aventi risoluzione 0.1 nm" tant'è che di esperimenti per cercare l'estensione del nucleo ne sono stati fatti a iosa con risoluzioni spaziali prima non accessibili.
Le Teorie sono mere interpretazioni, non hanno la pretesa di fornire una Realtà assoluta e di descrivere (passami il termine) "la vera essenza delle cose", ma sono solo una descrizione dei fenomeni naturali con un dominio di validità ben specificato. Non c'è una "causa matematica" dietro un fenomeno fisico.
Detto questo, tornando al tuo post: poni delle domande a cui la Fisica non può rispondere. Esiste il fotone? Sulla base dell'esperienza è stata formulata una teoria che postula l'esistenza di una particella elementare con massa nulla (l'esperimento è compatibile con massa nulla, al netto dell'errore sperimentale), carica elettrica nulla, spin 1, mediatrice dell'interazione EM. Tutte proprietà verificate sperimentalmente e hanno selezionato, tra le varie teorie quella della QED.
Esiste realmente il fotone? La fisica non deve rispondere a domande del genere. Non lo sappiamo e non possiamo rispondere, ma ciò non toglie che, nel dominio di validità della teoria possiamo ammettere senza problemi la sua realtà fisica. Così come, nella situazione in cui il fenomeno da descrivere ricade nel dominio di validità dell'elettrodinamica classica, è da preferirsi la teoria che fornisce la risposta più semplicemente. Anche perché sarebbe da babbei descrive l'onda elettromagnetica prodotta da una antenna radio usando l'elettrodinamica quantistica, quando gli effetti quantistici alle scale di lunghezza delle trasmissioni radio hanno importanza meno che zero.
E una tale assunzione, da praticone dirai, alla luce dei ragionamenti sopra non mi sembra una vergogna.
Detto questo mi taccio, sperando di averti fatto apprezzare il mio pensiero, anche se dubito che ti smuoverà dalle tue idee. Sottolineo che, per la maggior parte, si tratta di considerazioni molto personali, probabilmente opinabili, non riporto nulla che (credo) si trovi in manuali ma è l'idea che mi sono fatto nel mio percorso di studi. Sarà l'abitudine, ma mi ci ritrovo molto a mio agio.
Però sarebbe bello che tu condividessi una risposta alle molte domande, provocatorie nel senso buono del termine, che hai posto nel tuo intervento. Spero che il mio punto di vista sia ora estremamente chiaro, condivisibile o meno.
Chiarisco subito una cosa: la Fisica fornisce una interpretazione della Natura basata sull'esperienza empirica, formula ipotesi e modelli che sono in accordo con le osservazioni e, d'altro canto, il framework teorico permette la predizione dei risultati di esperimenti. Il framework teorico ha un limitato e ben definito dominio di applicabilità, ed è formulato con il linguaggio della matematica. Un modello non in accordo con le osservazioni, dal tuo punto di vista assoluto, è certamente da considerarsi errato, ma quando ci si ritrova nel dominio di validità di entrambi sono essenzialmente equivalenti all'atto pratico.
Il punto però è proprio questo: la Fisica non vuole descrivere la Realtà in termini assoluti delle cose, anche perché domande simili hanno poco senso. Cosa significa l'affermazione "l'elettrone è puntiforme!!" quando la verifica è eseguita con una osservazione sperimentale? Al massimo si può dire "gli esperimenti dicono che l'elettrone è puntiforme al meglio di tutti gli esprimenti fino ad oggi condotti".
Questo fornisce una linea guida nella formulazione della Teoria: ad es. mi riferisco in particolare al modello standard, dove in particolare l'elettrone è descritto come una particella elementare, senza struttura interna, puntiforme a meno di correzioni radiative, ma questo è un altro discorso ...
Ancora, anche l'affermazione "il nucleo è puntiforme!" non ha Fisicamente senso, semmai si dice "il nucleo appare come puntiforme in esperimenti aventi risoluzione 0.1 nm" tant'è che di esperimenti per cercare l'estensione del nucleo ne sono stati fatti a iosa con risoluzioni spaziali prima non accessibili.
Le Teorie sono mere interpretazioni, non hanno la pretesa di fornire una Realtà assoluta e di descrivere (passami il termine) "la vera essenza delle cose", ma sono solo una descrizione dei fenomeni naturali con un dominio di validità ben specificato. Non c'è una "causa matematica" dietro un fenomeno fisico.
Detto questo, tornando al tuo post: poni delle domande a cui la Fisica non può rispondere. Esiste il fotone? Sulla base dell'esperienza è stata formulata una teoria che postula l'esistenza di una particella elementare con massa nulla (l'esperimento è compatibile con massa nulla, al netto dell'errore sperimentale), carica elettrica nulla, spin 1, mediatrice dell'interazione EM. Tutte proprietà verificate sperimentalmente e hanno selezionato, tra le varie teorie quella della QED.
Esiste realmente il fotone? La fisica non deve rispondere a domande del genere. Non lo sappiamo e non possiamo rispondere, ma ciò non toglie che, nel dominio di validità della teoria possiamo ammettere senza problemi la sua realtà fisica. Così come, nella situazione in cui il fenomeno da descrivere ricade nel dominio di validità dell'elettrodinamica classica, è da preferirsi la teoria che fornisce la risposta più semplicemente. Anche perché sarebbe da babbei descrive l'onda elettromagnetica prodotta da una antenna radio usando l'elettrodinamica quantistica, quando gli effetti quantistici alle scale di lunghezza delle trasmissioni radio hanno importanza meno che zero.
E una tale assunzione, da praticone dirai, alla luce dei ragionamenti sopra non mi sembra una vergogna.
Detto questo mi taccio, sperando di averti fatto apprezzare il mio pensiero, anche se dubito che ti smuoverà dalle tue idee. Sottolineo che, per la maggior parte, si tratta di considerazioni molto personali, probabilmente opinabili, non riporto nulla che (credo) si trovi in manuali ma è l'idea che mi sono fatto nel mio percorso di studi. Sarà l'abitudine, ma mi ci ritrovo molto a mio agio.
Però sarebbe bello che tu condividessi una risposta alle molte domande, provocatorie nel senso buono del termine, che hai posto nel tuo intervento. Spero che il mio punto di vista sia ora estremamente chiaro, condivisibile o meno.
Ma ripeto, dal mio punto di vista, da qui a dire che dopo il lavoro di Einstein il campo elettrico "assume una vera e propria esistenza ontologica" perché (ad es.) non serve più l'etere per spiegare la propagazione, questo è fortemente confusionario per non dire errato.
Eventualmente potresti citare le tue fonti?
Ci si può chiedere perchè Maxwell, che nel suo lungo trattato aveva usato sistematicamente campi elettrici e magnetici senza avere avuto mai bisogno di nominare l'etere, avverta alla fine dell'opera l'esigenza di affiancare a tali campi l'etere (che considera comunque un concetto indispensabile della teoria ondulatoria dell'ottica). Occorre ricordare che, mentre l'etere era sempre stato concepito come una sostanza dotata di una propria realtà, i campi elettrico e magnetico erano stati introdotti come entità virtuali (il campo elettrico $E$ in un punto $P$ era stato definto come il rapporto tra la forza che agirebbe su una carica $q$ qualora fosse posta in $P$ e la carica stessa; gli altri campi erano definiti in modo analogo). Maxwell non può quindi attribuire ai campi un'energia, che può appartenere solo a un ente reale. Al ruolo dell'etere di generare, con le proprie oscillazioni, una grande varietà di onde, delle quali la luce è un caso particolare, si aggiunse quindi non solo la funzione (anch'essa antica) di trasmettere le forze elettriche e magnetiche, ma anche quella (nuova) di fornire la sede dell'energia elettromagnetica. Un ulteriore funzione dell'etere molto importante fu quella di fornire un sistema di riferimento privilegiato per l'elettromagnetismo, funzione che venne meno solo con l'avvento della relatività ristretta nel 1905. Nel frattempo con lo sviluppo della teoria elettromagnetica, i campi avevano finito con l'acquisire gradualmente anche un proprio status ontologico*, in grado di portarli a sostituire l'etere anche come sede dell'energia elettromagnetica. In seguito a questi sviluppi, nel XX secolo il concetto di etere fu espulso dalla fisica. Il nuovo campo elettromagnetico, dotato di altrettanta realtà fisica dei corpi materiali, ma ad essi permeabile senza offrire attrito, esteso in tutto l'universo e responsabile della trasmissione della luce mediante la propagazione delle proprie vibrazioni, può però essere considerato una nuova versione, molto più elaborata, dell'antico concetto, al quale aggiunge molte caratteristiche nuove, pur conservando quasi tutte quelle antiche.
* Un passo essenziale di questo processo fu il graduale trasformarsi del concetto di energia elettromagnetica da uno stato virtuale (l'energia di uncondensatore, per esempio, era vista come il lavoro che le cariche del condensatore sarebbero state in grado di compiere) a uno stato attuale (l'energia dello stesso condensatore venne vista come l'energia posseduta dal campo presente tra le armature)
Lucio Russo - Stelle atomi e velieri pag. 187
Aristotele era così fesso da non vedere la causa che spingeva i gravi verso il basso?
Molto brevemente: Aristotele pensava che una pietra cadesse a terra perché la terra era lo “stato naturale” della pietra. I quattro elementi : terra, acqua, aria, fuoco, avevano secondo lui dei moti naturali, che erano verso il basso per la terra e l’acqua, verso l’alto per l’aria e il fuoco. Altri "moto naturale" è quello circolare , esemplificato dal moto della Luna e di atri corpi celesti.
Ma uno dei maggiori problemi fisici per Aristotele era quello di spiegare i cosiddetti “moti violenti” : perché un sasso continua a muoversi anche dopo essersi staccato dalla mano di chi lo lancia ?
Siccome sono un praticone come Lampo, sono andato a cercare due paginette in un libro del filosofo Mauro Dorato, di alcuni anni fa, dal titolo : “ Cosa c’entra l’anima con gli atomi? (Introduzione alla filosofia della scienza) (ed. Laterza) . Cosí faccio anch’io la mia bella citazione :
Come dice Dorato, anche nella fisica newtoniana rimane in un certo senso la distinzione tra moto naturale e moto non naturale, ma con la differenza che ora per Newton si deve intendere come naturale la quiete e il moto rettilineo uniforme, mentre “non naturale” è il moto accelerato, perché richiede una forza per avere luogo. Questo dimostra che Aristotele non aveva idea del principio di inerzia. Se l’avesse avuta , ed enunciata, darebbe stato lui il precursore al posto di Newton.
Quindi, la fisica aristotelica è sbagliata, dal punto di vista della scienza moderna, quella dopo Galileo per intenderci ( ma qualcuno aveva già cominciato a dubitare della fisica aristotelica gia prima di Galileo ( vedere: critica medievale nella voce citata, ad es. Buridano e la sua teoria dell'impetus)
Per duemila anni ha imperversato Aristotele , fino a che Galileo, Newton e altri hanno trovato il modo di correggere la fisica. Nelle scuole e università del mondo si insegna oggi fortunatamente questa, non più la fisica aristotelica.
PEr quanto riguarda l’esistenza ontologica di certi enti, dobbiamo credere solo a ciò che “vediamo” con i nostri occhi? Noi non vediamo coi nostri occhi virus, geni, molecole atomi ecc, e neppure stelle e galassie lontane; ma questa è una limitatezza dei nostri sensi. Che cosa esistono a fare microscopi e telescopi, allora?
Aggiungo, sempre per praticità, altre due paginette dello stesso autore:
Da notare la battuta ironica dell’autore : anche il pensiero dei grandi filosofi va sottoposto ad attento esame !
I campi in fisica esistono, non sono una invenzione di comodo di qualcuno. Il campo gravitazionale ne è un esempio. Se mettiamo due oggetti di massa diversa nel campo gravitazionale della Terra, alla stessa distanza dal suolo, essi arrivano a terra contemporaneamente, perché sono sottoposti alla stessa accelerazione gravitazionale $g$, che sta lí , e ci sta indipendentemente dalla presenza o meno di oggetti su cui agire. Cosí come il campo elettrico e magnetico. Gli studenti vedono con i loro occhi l’effetto che il campo magnetico, che si crea tra due estremi di una barretta magnetizzata, ha sulla limatura di ferro messa intorno. Chi non l’ha visto in laboratorio di fisica questo? E chi non ha visto l’esperienza di Oersted , per cui il passaggio di corrente elettrica in un filo steso sopra un ago magnetico lo devia di 90º ? Non c'è nessun contatto diretto tra filo e ago.
Aristotele non aveva l'idea giusta del motivo per cui la pietra cade a terra, motivo dato prima da Newton in un certo modo, e poi modificato da Einstein.
Sempre IMHO da praticone.
Adesso però si deve rispondere all’OP, perché finora è stato tutto un fuori tema.
L’intensità del campo elettrico è, come spesso accade in fisica, un limite. Ne trovi la definizione alla voce campo elettrico di Wikipedia, che non è la sola fonte.
Guarda anche qui:
http://hyperphysics.phy-astr.gsu.edu/hb ... ie.html#c1
Cosí faccio anch’io la mia bella citazione
Questa non è una gara di citazioni, anche se ormai ho capito che ti senti in spirito di competizione con me.
La tua citazione non è assolutamente pertinente col thread che riguarda il campo elettrico. Io ho citato Lucio Russo che spiega magistralmente come il campo elettrico viene definito e come il suo ruolo nel corso della fisica ha subito radicali trasformazioni nella sua interpretazione. Perchè tu citi un filosofo che scrive riguardo Aristotele e i sistemi inerziali? Forse è proprio un tuo vizio di fondo quello di distruggere qualsiasi tipo di ragionamento cambiando argomento e creando confusione e disordine. sorvoliamo.....
Quindi, la fisica aristotelica è sbagliata, dal punto di vista della scienza moderna
Esattamente, così come la fisica che oggi tu impari a memoria risulterà sbagliata tra 1000 anni, e tra 1000 anni un nuovo Shackle scriverà che tu oggi eri un fesso a credere che la velocità della luce fosse invariante, che i fotoni esistessero sul serio, il big bang e compagnia cantante e che per fortuna la sua fisica attuale è migliore della tua.
I campi in fisica esistono, non sono una invenzione di comodo di qualcuno
Questo è un tuo pensiero del tutto arbitrario. I campi esistono ontologicamente? oppure esiste l'idea di comodo per giustificare gli effetti che tu osservi?. Secondo te la fortuna esiste ontologicamente? Oppure è un'idea astratta coniata da noi uomini che non ha una controparte esistente in qualche modo da qualche parte?
Tu non puoi confondere la causa con l'effetto, non puoi argomentare che siccome l'effetto esiste materialmente allora la causa che tu arbitrariamente hai ipotizzato a tavolino esista anch'essa.
Gli studenti vedono con i loro occhi l’effetto che il campo magnetico, che si crea tra due estremi di una barretta magnetizzata, ha sulla limatura di ferro messa intorno.
Altro gravissimo errore, ormai sistematico e fraudolento che commetti volontariamente ogni volta. Gli studenti osservano un fenomeno che noi arbitrariamente abbiamo deciso sia provocato da un entità chiamata campo magnetico.
Aristotele non aveva l'idea giusta del motivo per cui la pietra cade a terra, motivo dato prima da Newton in un certo modo, e poi modificato da Einstein.
Secondo me se Shackle fosse vissuto ai tempi di Aristotele avrebbe difeso a oltranza lo status quo di Aristotele.
Infatti non avrebbe avuto il coraggio di mettere in dubbio le credenze dell'epoca, non si sarebbe posto domande così come non se le pone oggi. Siccome vive nel 2021 allora la fisica che impara sui libri è quella giusta. Vorrei vederti tra 1000 anni oppure tra 10.000 anni ....
Una chiosa finale su queste paginette che hai allegato e sono del tutto fuori tema rispetto al "campo elettrico".
L'autore forse vuole far passare come farina del suo sacco ragionamenti ampiamenti sviscerati da Francesco Bacone, mi riferisco agli Idòla. Niente di nuovo sotto al sole. Inoltre , proprio quando inizia ad avvicinarsi alla fondamentale questione della "metafisica" e dell'"ontologia" tu hai saggiamente pensato di tagliare, come se quella parte fosse inutile. Inoltre prendiamo la citazione di Quine:
gli oggetti fisici vengono introdotti come comodi intermediari...definendoli come semplici postulati..... Io credo(atto di fede e non di scienza) negli oggetti fisici e non negli dei di Omero....gli oggetti fisici e gli dei di Omero differiscono solo per grado enon per la loro natura... il mito degli oggetti fisici è superiore agli altri...
Adesso però si deve rispondere all’OP, perché finora è stato tutto un fuori tema.
Allora questa è l'apoteosi, sei tu che hai quotato un'articolo filosofico che nulla aggiunge a Francesco Bacone e che nulla aggiunge a ciò che ha espresso Lucio Russo. Io ho riportato fondamentali nozioni sul campo elettrico e la sua interpretazione per aiutare il nostro amico, se tu decidi di andare fuori tema allora rimproverati da solo.
Tu sei quello che pensa di sapere la verità. Sei quello che due anni fa volevi viaggiare fuori del sistema solare, per vedere coi “ tuoi occhi” se era vero che la terra gira attorno al sole, visto che Galileo non ti bastava.
A competere con te non ci penso proprio. Non raccolgo le provocazioni.
Ora però la tua risposta basta a me. Io aspetto.
A competere con te non ci penso proprio. Non raccolgo le provocazioni.
Ora però la tua risposta basta a me. Io aspetto.
[xdom="Faussone"]Mi pare che la discussione sia arrivata a un punto morto, considerando che chi ha aperto il topic non sia più intervenuto, e che si sta andando a finire verso la disputa personale, chiudo.[/xdom]