Forze conservative: forza elastica, forza centrale...dubbio

smaug1
Ragazzi se un punto materiale è sottoposto ad una forza elastica $vec f_e - k \vec r$

Allora $U(r) = \int k\ r\ \dr + C = 1/2 k\ r^2 + C$ è giusta? io l'ho fatta così, sul mio libro è un pò diversa...ragazzi invece dove posso trovare del materiale buono sulle forze conservative centrali? Sul libro non le ho capite moltissimo, ma ci devo riuscire...una domanda:

Sul libro, ma spesso il professore, quando parla di lavoro fà l'integrale della forza in $dr$ oppure certe volte in $ds$, cosa cambia? :wink:

Risposte
robe921
[OT]

Contando il numero di post aperti mi vien spontaneo chiedermi: ma segui le lezioni e partecipi attivamente oppure cosa?

[/OT]

smaug1
Robe92 se ho pubblicato delle domande ci sarà un motivo, non è che mi piace perdete tempo su internet, poi è bello condividere dubbi, perchè sicuramente qualcun altro, ne avrà come i miei e potrà chiarirli...

smaug1
...comunque credo di aver capito che ds non è altro che il modulo di dr, ovvero un pezzetto d'arco della traiettoria... :wink:

Falco5x
Provo a chiarire.
Il lavoro è sempre [tex]dL = \vec F \cdot d\vec r[/tex].
Se la forza è centrale e il punto di applicazione coincide con l'origine del sistema di riferimento si ha

[tex]\begin{array}{l}
dL = \vec F \cdot d\vec r = Fdr \\
dr = \left| {\vec r\left( {t + dt} \right)} \right| - \left| {\vec r\left( t \right)} \right| \\
\end{array}[/tex]

Se invece la forza è diretta lungo la traiettoria (ad esempio è una forza d'attrito) si ha:

[tex]\begin{array}{l}
dL = \vec F \cdot d\vec r = Fds \\
ds = \left| {\vec r\left( {t + dt} \right) - \vec r\left( t \right)} \right| \\
\end{array}[/tex]

Se è quello che pensavi anche tu allora va tutto bene, altrimenti ti ho seminato un dubbio salutare. :D

robe921
quel $d\vec{r}$ starebbe ad indicare la direzione radiale del lavoro giusto? Sul mio quaderno l'ho indicato con $dscos\theta$, dove $ds$ è il modulo della direzione della traiettoria, con la forza diretta verso il centro e $\theta$ è l'angolo compreso tra la direzione del moto $d\vec{s}$ e $\vec{F}$

smaug1
Buongiorno ragazzi, grazie per le rispote.

Non sono sicurissimo nel primo caso @falco5x perchè il mio libro dice, relativamente alle forze centrali che:

$dL = vec F\ dvec s$ però osservando che $dr = ds\ \cos \theta$ (quando faccio un disegno per capire sicuramente lo sbaglio perchè non riesco ad essere sicuro sulla loro direzione) allora:

$dL = F\(r)\ dr$ (ad esempio perchè non è più necessario indicare la forza come un vettore?)

Grazie mille per il lavoro che fare tutti i giorni! :wink:

yoshiharu
"davidedesantis":
Buongiorno ragazzi, grazie per le rispote.

Non sono sicurissimo nel primo caso @falco5x perchè il mio libro dice, relativamente alle forze centrali che:

...

$dL = F\(r)\ dr$ (ad esempio perchè non è più necessario indicare la forza come un vettore?)


Perche' la il campo e' centrale, la forza e' diretta lungo il raggio, e quello e' il suo modulo.
Pero' ti vorrei dare un suggerimento: non dare tanto peso alle "lettere" usate: un mio (grande) professore talvolta provocatoriamente diceva "Sia data una forza A che agisce su un punto di massa t che si muove a velocita' l" :-)
Molto meglio pensare alle quantita' fisiche in astratto, invece che affrettarsi a scrivere subito "la formula".
Just my 2 pence.

mircoFN1
"yoshiharu":
....
Pero' ti vorrei dare un suggerimento: non dare tanto peso alle "lettere" usate: un mio (grande) professore talvolta provocatoriamente diceva "Sia data una forza A che agisce su un punto di massa t che si muove a velocita' l" :-)
Molto meglio pensare alle quantita' fisiche in astratto, invece che affrettarsi a scrivere subito "la formula".
Just my 2 pence.


Non sono molto convinto che questo sia utile. Concordo che ci si debba concentrare sul significato delle quantità più che sul loro nome. Tuttavia, dato che la fisica è anche previsione, e quindi modellazione matematica, l'aspetto formale conta. Anche l'occhio vuole la sua parte e un formalismo corretto, chiaro e possibilmente condiviso rende l'analisi più semplice. In altri termini, una razionale e consolidata notazione lascia i neuroni più liberi di occuparsi proprio degli aspetti che contano (that matter) senza contare dell'aspetto gergale che permette ai cultori di una disciplina di capirsi più rapidamente e con meno ambiguità. Chi vorrebbe dover tutte le volte ridefinire l'accelerazione di gravità $g$, la velocità della luce $c$ o la costante di Planck $k$?

yoshiharu
"mircoFN":


Non sono molto convinto che questo sia utile. Concordo che ci si debba concentrare sul significato delle quantità più che sul loro nome. Tuttavia, dato che la fisica è anche previsione, e quindi modellazione matematica, l'aspetto formale conta.


Beh, questo qui non e' nemmeno aspetto formale, e' proprio mera estetica.
Si tratta di scegliere le lettere da usare per indicare le varie quantita', non il formalismo.
E comunque quello che citavo era un contesto ampiamente didattico, non di ricerca.
Non e' che lui nei suoi articoli usasse lettere random :-)

Chi vorrebbe dover tutte le volte ridefinire l'accelerazione di gravità $g$, la velocità della luce $c$ o la costante di Planck $k$?


Beh, basta chiamarle "accelerazione di gravita', velocita' della luce, costante di Planck" etc. :-)
Se qualcuno mi parla di un problema di fisica usando le lettere in luogo dei nomi delle quantita', provo immediatamente un senso di fastidio. Non e' nemmeno vero che lasci "i neuroni liberi" di occuparsi di cio' che conta: interiormente il tuo cervello non rappresenta le cose in termini di "$\vec g$, $c$, $k$", ma fa un'associazione tra l'oggetto rappresentato e cio' che puo' riferirsi a quell'oggetto, nel contesto attuale nel quale ti trovi.
Spesso si parla "per lettere" perche' queste fanno parte del "proprio" vocabolario di riferimenti, che puo' non coincidere con quello degli altri.
Ma non e' nemmeno questo il problema. Il problema e' capire perche' uno adopera quei riferimenti invece di altri. La mia tesi e' che spesso ci sia (nel contesto in cui si trova uno studente) una sorta di "fretta" nel mettere giu' "due conti".
Questa fretta e', IMHO, l'antitesi del ragionamento fisico. I conti sono una cosa, la fisica un'altra.
Sempre IMHO, of course ;-)

Falco5x
@davidedesantis
Non approvo il fatto che il tuo libro chiami [tex]d\vec s[/tex] quello che è in realtà un vettore infinitesimo derivato dal vettore posizione $\vecr$. Non ha senso cambiare lettera di rappresentazione quando si fa una differenza o un differenziale, dunque io lo chiamerei invece [tex]{d\vec r}[/tex]. Viceversa mi pare giusto poter definire [tex]ds = \left| {d\vec r} \right|[/tex], anche perché in questo modo si arriva a definire l'ascissa curvilinea $s$ che ha una sua dignità indipendente dal vettore posizione. Questo è anche necessario per evitare di credere che $dr$ sia il modulo di [tex]{d\vec r}[/tex], perché in realtà di solito con $dr$ si intende invece il differenziale di $r$ che è il modulo di $\vecr$.
Proprio per evitare equivoci di questo tipo e per evitare di dover sprecare un sacco di tempo a definire ogni volta le cose io reputerei necessario un codice universale di default anche per l'uso di queste lettere, così come anche in ogni altra disciplina esiste un lessico tecnico che permette agli addetti ai lavori di comprendersi meglio e più velocemente.
Per questi motivi io non sono affatto d'accordo con quanto diceva il professore citato da yoshiharu, e soprattutto non lo sono con riguardo alla didattica, perché è proprio nella fase di apprendimento che occorrerebbe interiorizzare degli standard di comprensione. Qui non si tratta di essere sclerotizzati sui simbolismi, ma si tratta invece di liberare la mente da lavori inutili di traduzione in modo da consentirle di occuparsi del problema fisico. La nostra mente è come una CPU, con la differenza però che la RAM è labile e se la CPU perde troppo tempo a tradurre invece di elaborare, la RAM perde i dati e deve ricaricarseli perdendo ulteriore tempo. A mio modesto parere, dunque, tutto ciò che può essere registrato in firmware (come ad esempio le lettere associate ai concetti) va registrato in tal modo, perché ciò consente di dedicare maggior tempo della CPU alla elaborazione del problema da risolvere.

smaug1
"Falco5x":
@davidedesantis
Non approvo il fatto che il tuo libro chiami [tex]d\vec s[/tex] quello che è in realtà un vettore infinitesimo derivato dal vettore posizione $\vecr$. Non ha senso cambiare lettera di rappresentazione quando si fa una differenza o un differenziale, dunque io lo chiamerei invece [tex]{d\vec r}[/tex]. Viceversa mi pare giusto poter definire [tex]ds = \left| {d\vec r} \right|[/tex], anche perché in questo modo si arriva a definire l'ascissa curvilinea $s$ che ha una sua dignità indipendente dal vettore posizione. Questo è anche necessario per evitare di credere che $dr$ sia il modulo di [tex]{d\vec r}[/tex], perché in realtà di solito con $dr$ si intende invece il differenziale di $r$ che è il modulo di $\vecr$.


Ok...però secondo il libro da cosa dovrei facilmente osservare che $dr = ds\ \cos \theta$?

Falco5x
"davidedesantis":
[quote="Falco5x"]@davidedesantis
Non approvo il fatto che il tuo libro chiami [tex]d\vec s[/tex] quello che è in realtà un vettore infinitesimo derivato dal vettore posizione $\vecr$. Non ha senso cambiare lettera di rappresentazione quando si fa una differenza o un differenziale, dunque io lo chiamerei invece [tex]{d\vec r}[/tex]. Viceversa mi pare giusto poter definire [tex]ds = \left| {d\vec r} \right|[/tex], anche perché in questo modo si arriva a definire l'ascissa curvilinea $s$ che ha una sua dignità indipendente dal vettore posizione. Questo è anche necessario per evitare di credere che $dr$ sia il modulo di [tex]{d\vec r}[/tex], perché in realtà di solito con $dr$ si intende invece il differenziale di $r$ che è il modulo di $\vecr$.


Ok...però secondo il libro da cosa dovrei facilmente osservare che $dr = ds\ \cos \theta$?[/quote]
Beh questa è davvero facile però.
Se [tex]\theta[/tex] è l'angolo tra [tex]{\vec r}[/tex] e [tex]{d\vec r}[/tex] e [tex]ds = \left| {d\vec r} \right|[/tex], immagina di disegnare un rettangolino del quale $ds$ è la misura della diagonale mentre $dr$ è la misura del lato in prosecuzione del vettore [tex]{\vec r}[/tex], dunque la proiezione della diagonale sulla direzione radiale.

yoshiharu
"Falco5x":

Proprio per evitare equivoci di questo tipo e per evitare di dover sprecare un sacco di tempo a definire ogni volta le cose io reputerei necessario un codice universale di default anche per l'uso di queste lettere, così come anche in ogni altra disciplina esiste un lessico tecnico che permette agli addetti ai lavori di comprendersi meglio e più velocemente.


Guarda, ti confesso che non ho mai assistito ad alcuna incomprensione tra addetti ai lavori per via del fatto che due ricercatori diversi usavano notazioni diverse. Anzi, ho assistito a scene in cui notazioni diverse convivevano, e tutti si capivano. Semmai le divergenze avvenivano su altre questioni...


Per questi motivi io non sono affatto d'accordo con quanto diceva il professore citato da yoshiharu, e soprattutto non lo sono con riguardo alla didattica, perché è proprio nella fase di apprendimento che occorrerebbe interiorizzare degli standard di comprensione.


Devo dire che non sono per niente d'accordo.
Nel corso dei miei studi ho usato (e visto usare da tutti i miei colleghi studenti) diversi libri per volta. Ognuno con le sue notazioni. Se ognuno di noi avesse interiorizzato questo "vocabolario" sarebbe stato impossibile studiare su piu' testi. Cosa che invece era necessaria, per poter arrivare a impadronirsi al meglio dei concetti dell'oggetto di studio. Tra l'altro questa pratica fa anche tendere a concentrarsi sui concetti piu' importanti, a prescindere non solo dalle notazioni (sarebbe poca cosa) ma addirittura delle volte dei formalismi usati ("c'e' piu' di un modo di spellare un gatto" (cit.)).
Non so se questa cosa e' vera in tutti i campi di studio, ma questa e' la mia esperienza in fisica (e ho prove indirette che sia vera anche in matematica). Non posso escludere che sia diverso in altri campi, of course.

Falco5x
"yoshiharu":
[quote="Falco5x"]
Proprio per evitare equivoci di questo tipo e per evitare di dover sprecare un sacco di tempo a definire ogni volta le cose io reputerei necessario un codice universale di default anche per l'uso di queste lettere, così come anche in ogni altra disciplina esiste un lessico tecnico che permette agli addetti ai lavori di comprendersi meglio e più velocemente.


Guarda, ti confesso che non ho mai assistito ad alcuna incomprensione tra addetti ai lavori per via del fatto che due ricercatori diversi usavano notazioni diverse. Anzi, ho assistito a scene in cui notazioni diverse convivevano, e tutti si capivano. Semmai le divergenze avvenivano su altre questioni...
[/quote]
Può essere, ma se rileggi quello che ho scritto: "Per questi motivi io non sono affatto d'accordo con quanto diceva il professore citato da yoshiharu, e soprattutto non lo sono con riguardo alla didattica, perché è proprio nella fase di apprendimento che occorrerebbe interiorizzare degli standard di comprensione". I ricercatori sanno già di cosa parlano, i ragazzi no e far loro confusione non è un obiettivo desiderabile. L'elasticità sulle simbologie è possibile quando non si hanno dubbi su ciò di cui si parla.
Ma io non voglio convincere te; se mai farai l'insegnante (cosa che non ti auguro, visto come va la scuola) potrai verificare sul campo se quanto pensi adesso sia il metodo migliore per insegnare i concetti di base ai ragazzi.

mircoFN1
Perfettamente in accordo con Falco5x

dissonance
Mi intrometto per i miei 2 cents. Io mi trovo in accordo con yoshiharu e con il suo professore di fisica. Mi ricorda un'altra idea didattica provocatoria di cui parlò tempo fa Fioravante Patrone: un professore, sempre di fisica, che occasionalmente disegnava l'asse delle \(x\) in un piano cartesiano orientato da destra verso sinistra. Sono espedienti che allenano l'elasticità mentale, alzano il livello di attenzione in classe e non generano confusione. Anzi, prevengono la confusione futura: se uno cresce pensando che la velocità è sempre \(v\), se un giorno si trova scritto \(u\) va in crisi.

Sk_Anonymous
"robe92":
[OT]

Contando il numero di post aperti mi vien spontaneo chiedermi: ma segui le lezioni e partecipi attivamente oppure cosa?

[/OT]

Che significa robe92? Ognuno studia a modo suo. Per esempio io all'università ci metto piede solo per fare l'esame perchè ritengo che posso fare di più da solo, studiando il testo e aiutandomi con il web. Il professore di Fisica lo vidi un paio di volte: il primo giorno di lezione e all'esame ;-)
Ciao!

Falco5x
"dissonance":
Mi intrometto per i miei 2 cents. Io mi trovo in accordo con yoshiharu e con il suo professore di fisica. Mi ricorda un'altra idea didattica provocatoria di cui parlò tempo fa Fioravante Patrone: un professore, sempre di fisica, che occasionalmente disegnava l'asse delle \(x\) in un piano cartesiano orientato da destra verso sinistra. Sono espedienti che allenano l'elasticità mentale, alzano il livello di attenzione in classe e non generano confusione. Anzi, prevengono la confusione futura: se uno cresce pensando che la velocità è sempre \(v\), se un giorno si trova scritto \(u\) va in crisi.

Ma voi due siete di quelli bravi, è normale che la pensiate così... :D

Bisognerebbe interrogarsi sulla realtà che tra gli studenti medi italiani le materie scientifiche non godono di nessuna polpolarità, e questo rischia di emarginarci anche di fronte ai paesi emergenti. Mi chiedo: sarà mica anche colpa di certi professori che non riescono a far apprezzare le materie scientifiche a causa di un approccio troppo astratto, e quindi repulsivo per molti? Me lo chiedo soltanto eh, non ho certezze. Però io personalmente coi miei sistemi terra-terra sono riuscito a far capire molte cose anche agli asini bisognosi di fissare le idee più di altri, dunque nel mio piccolo qualche esperienza ce l'ho, e credo una cosa: non c'è bisogno di "grandi" professori, soprattutto nella scuola media, servono invece professori che sappiano calarsi nella realtà degli studenti medi e che sappiano trovare la chiave delle loro menti e sappiano suscitare in esse un briciolo di passione. E gli studenti già portati per le materie scientifiche non ne soffriranno comunque.

yoshiharu
"Falco5x":

Può essere, ma se rileggi quello che ho scritto: "Per questi motivi io non sono affatto d'accordo con quanto diceva il professore citato da yoshiharu, e soprattutto non lo sono con riguardo alla didattica,


Beh, io rispondevo soprattutto alla parte nella quale parli del "lessico tecnico che aiuta gli addetti ai lavori a comprendersi", infatti ho citato direttamente le tue parole.


Ma io non voglio convincere te; se mai farai l'insegnante (cosa che non ti auguro, visto come va la scuola) potrai verificare sul campo se quanto pensi adesso sia il metodo migliore per insegnare i concetti di base ai ragazzi.


Figurati, nemmeno io voglio convincere te o chiunque altro: questa sottodiscussione e' nata da una mia battuta nella discussione principale, perche' mi sembrava che l'autore originale facesse un po' di confusione con "le r e le s".
Poi in effetti io stavo parlando della mia esperienza universitaria. La mia esperienza didattica e' limitata, pero' mi ricordo come la pensavo da studente (di ogni ordine e grado). Vabbe', non importa...

yoshiharu
"Falco5x":

Bisognerebbe interrogarsi sulla realtà che tra gli studenti medi italiani le materie scientifiche non godono di nessuna polpolarità, e questo rischia di emarginarci anche di fronte ai paesi emergenti.


In molti casi nemmeno le materie umanistiche godono di popolarita'.
Per molti studenti medi, quello che studia e' "lo sfigato". Pattern che si ripete anche quando gli studenti crescono e diventano adulti "responsabili" (si fa per dire).
La preferenza per le materie umanistiche poi viene anche dall'impostazione filosofica della scuola italiana (tipo Croce & Gentile), per cui le discipline scientifiche sono "ancillari" rispetto alla filosofia, impostazione influenzata a quanto pare anche dalla filosofia di Heidegger, per il quale laddove iniziava la "tecnica" (vale a dire la Scienza) finiva il Pensiero.
Insomma, di prof ignoranti ce n'e' d'avanzo, pero' non e' solo colpa loro...

Mi chiedo: sarà mica anche colpa di certi professori che non riescono a far apprezzare le materie scientifiche a causa di un approccio troppo astratto, e quindi repulsivo per molti?


Non lo so. In molti casi semplicemente non conoscono bene le cose che devono spiegare.
Del resto per come vengono reclutati non c'e' alcun effetto di "selezione naturale", visto che vai avanti praticamente per anzianita': non importa se sei bravo o no, questo parametro nelle graduatorie semplicemente non rientra.
E vogliamo anche aggiungere che certi libri di testo sono semplicemente scandalosi? :?
Secondo me il problema ha molte sfaccettature...

BTW: ma quanto siamo finiti OT? :-)

Rispondi
Per rispondere a questa discussione devi prima effettuare il login.