Dov'è finito il lavoro?
Il post sull’aeroplano e carrello mi ha fatto ricordare, per qualche analogia, un problema che in altri tempi mi aveva dato da pensare.
Lo propongo per gli studenti che ci vogliano riflettere sopra.
Abbiamo un treno, di massa $M$, lunghezza $L$, velocità iniziale $V_0$, in accelerazione costante $a$.
In coda al treno c’è un passeggero, di massa $m$, che si alza e si mette a camminare con velocità $v$ verso la testa del treno.
Così facendo risente una forza (apparente) che lo tira indietro. La forza è apparente, ma il lavoro richiesto per raggiungere la testa è vero, e vale $m*a*L$. Non dipende da $v$.
Se, quando è arrivato in testa, torna indietro, recupera il lavoro speso.
Invece:
1) se, quando arriva in testa, il treno smette di accelerare, tornando indietro non recupera niente: che fine ha fatto il lavoro speso?
2) Se, quando arriva in testa, si siede, lo stesso, che fine ha fatto il lavoro speso? Perché l’energia cinetica finale del treno è $1/2(m+M)V_1^2$, dove $V_1 = V_0 + at $ e non dipende dal fatto che il passeggero si trovi in testa o in coda.
Lo propongo per gli studenti che ci vogliano riflettere sopra.
Abbiamo un treno, di massa $M$, lunghezza $L$, velocità iniziale $V_0$, in accelerazione costante $a$.
In coda al treno c’è un passeggero, di massa $m$, che si alza e si mette a camminare con velocità $v$ verso la testa del treno.
Così facendo risente una forza (apparente) che lo tira indietro. La forza è apparente, ma il lavoro richiesto per raggiungere la testa è vero, e vale $m*a*L$. Non dipende da $v$.
Se, quando è arrivato in testa, torna indietro, recupera il lavoro speso.
Invece:
1) se, quando arriva in testa, il treno smette di accelerare, tornando indietro non recupera niente: che fine ha fatto il lavoro speso?
2) Se, quando arriva in testa, si siede, lo stesso, che fine ha fatto il lavoro speso? Perché l’energia cinetica finale del treno è $1/2(m+M)V_1^2$, dove $V_1 = V_0 + at $ e non dipende dal fatto che il passeggero si trovi in testa o in coda.
Risposte
E' un bel grattacapo perchè si ragiona entro dei sistemi non inerziali.
La massa $m$ non accelera nel sistema di riferimento solidale alla lunghezza $L$, ovvero quello del treno $M$. Ergo non vi è lavoro compiuto relativamente tra questi due corpi. Il lavoro di accelerazione è tutto a carico della locomotrice.
Infatti la forza esercitata da $m$ è una forza di equilibrio, di intensità medesima a quella risentita dai passeggeri seduti sui sedili.
La massa $m$ non accelera nel sistema di riferimento solidale alla lunghezza $L$, ovvero quello del treno $M$. Ergo non vi è lavoro compiuto relativamente tra questi due corpi. Il lavoro di accelerazione è tutto a carico della locomotrice.
Infatti la forza esercitata da $m$ è una forza di equilibrio, di intensità medesima a quella risentita dai passeggeri seduti sui sedili.
"mainlinexile":
Ergo non vi è lavoro compiuto relativamente tra questi due corpi. Il lavoro di accelerazione è tutto a carico della locomotrice.
Non mi è chiaro cosa intendi con lavoro relativo, comunque guarda che il passeggero realmente spende lavoro andando verso la testa del treno (come se andasse in salita)
Il passeggero, nel mantenere la propria velocità costante rispetto al treno, deve esercitare una forza che è uguale a quella per mantenersi solidale al treno (quella percepita sullo schienale del sedile da un passeggero, o anche da uno in piedi ma che deve inclinarsi leggermente verso il frontale del treno, altrimenti cade indietro).
Mi sembra che per sussistere lavoro debba presentarsi necessariamente una variazione di potenziale (cinetico in questo caso) e se questo non si verifica, significa che la risultante è nulla.
D'altronde l'applicazione di una forza su un corpo in movimento non implica automaticamente lo svolgimento di lavoro.
Mi sembra che per sussistere lavoro debba presentarsi necessariamente una variazione di potenziale (cinetico in questo caso) e se questo non si verifica, significa che la risultante è nulla.
D'altronde l'applicazione di una forza su un corpo in movimento non implica automaticamente lo svolgimento di lavoro.
@ mainlinexile
rifletti su questa frase di mgrau :
soprattutto su "come se andasse in salita" . Se devi andare in salita su un piano inclinato , a velocità costante, che devi fare? Devi almeno uguagliare la forza, che metti nei piedi per salire, alla forza $mgsentheta$ che tende a portarti in basso, no ? Ora , nella formula che ti ha dato mgrau, poni : $a = gsentheta$ , e hai il lavoro , per il tratto $L$ uguale a : $W= maL= mgsenthetaL $ .
Ad mgrau piace il principio di equivalenza: un sistema di riferimento in moto accelerato è localmente equivalente ad un campo gravitazionale.
rifletti su questa frase di mgrau :
il passeggero realmente spende lavoro andando verso la testa del treno (come se andasse in salita)
soprattutto su "come se andasse in salita" . Se devi andare in salita su un piano inclinato , a velocità costante, che devi fare? Devi almeno uguagliare la forza, che metti nei piedi per salire, alla forza $mgsentheta$ che tende a portarti in basso, no ? Ora , nella formula che ti ha dato mgrau, poni : $a = gsentheta$ , e hai il lavoro , per il tratto $L$ uguale a : $W= maL= mgsenthetaL $ .
Ad mgrau piace il principio di equivalenza: un sistema di riferimento in moto accelerato è localmente equivalente ad un campo gravitazionale.
"Shackle":
Ad mgrau piace il principio di equivalenza: un sistema di riferimento in moto accelerato è localmente equivalente ad un campo gravitazionale.
Si ma c'è da fare attenzione con le analogie.
Vi sono dettagli per nulla irrilevanti che fanno distinzione tra i due casi. La traslazione in campo isotropo nel primo caso e non nel secondo, in cui la traslazione avanza con una variazione progressiva del valore di permittività: Una bilancia a bracci funziona solo nel riferimento gravitazionale.
Di fatti il passeggero, che una volta giunto in testa al treno si gira e torna in coda a $v$ costante, non recupera alcunchè.
Certo che c'è da fare attenzione con le analogie . Ho solo richiamato la tua attenzione su quanto suggerito da mgrau . Non complichiamo le cose ancor di più; che cosa vuol dire che "la traslazione avanza con una variazione progressiva del valore di permittività" ?
Aggiungo solo una cosa : quando il passeggero si gira e torna indietro, è come se andasse in discesa sul piano inclinato.
Preferisco lasciarti riflettere sul quesito , e mi ritiro. Continua pure la discussione con mgrau . Ciao.
Aggiungo solo una cosa : quando il passeggero si gira e torna indietro, è come se andasse in discesa sul piano inclinato.
Preferisco lasciarti riflettere sul quesito , e mi ritiro. Continua pure la discussione con mgrau . Ciao.
Shackle, come saprai il modulo del valore permittività elettrica del vuoto è una costante universale dello spazio euclideo.
Per spiegarla in modo semplice, il valore 8,854 x 10^-12 Farad/metro è invariante in ogni punto del cosmo, su tutti e tre gli assi.
E' l'unica caratteristica dimensionale misurabile del vuoto, caratteristica determinante la velocità costante di traslazione delle onde elettromagnetiche, e indirettamente la velocità del tempo.
La locuzione spazio isotropo intende definire proprio questa caratteristica di omogeneità del tessuto spaziale, in "condizioni standard".
Ma cosa significa condizioni standard? Significa semplicemente in totale assenza di cariche circostanti, poichè queste generano anisotropia, ossia uno stiramento del tessuto che si propaga radialmente e a cui corrisponde una progressiva variazione di modulo della permittività. In termini einstaniani le cariche producono un campo di curvatura spazio-temporale.
Questa è altresì responsabile di ogni espressione di interazione.
I fenomeni di attrazione e repulsione tra cariche sono una conseguenza dell'asimmetria del valore di modulo permittività del vuoto, che genera spostamento della perturbazione elettromagnetica costituente le cariche (la massa) lungo quel determinato asse che presenta variazione.
Tornando al tema del thread, una variazione di quota anche minima presenta una variazione di potenziale (e modulo accelerazione), invece una spostamento lungo l'asse L (lunghezza del treno) non presenta variazioni di potenziale.
Quindi ritengo l'analogia fittizia e del tutto apparente.
Per spiegarla in modo semplice, il valore 8,854 x 10^-12 Farad/metro è invariante in ogni punto del cosmo, su tutti e tre gli assi.
E' l'unica caratteristica dimensionale misurabile del vuoto, caratteristica determinante la velocità costante di traslazione delle onde elettromagnetiche, e indirettamente la velocità del tempo.
La locuzione spazio isotropo intende definire proprio questa caratteristica di omogeneità del tessuto spaziale, in "condizioni standard".
Ma cosa significa condizioni standard? Significa semplicemente in totale assenza di cariche circostanti, poichè queste generano anisotropia, ossia uno stiramento del tessuto che si propaga radialmente e a cui corrisponde una progressiva variazione di modulo della permittività. In termini einstaniani le cariche producono un campo di curvatura spazio-temporale.
Questa è altresì responsabile di ogni espressione di interazione.
I fenomeni di attrazione e repulsione tra cariche sono una conseguenza dell'asimmetria del valore di modulo permittività del vuoto, che genera spostamento della perturbazione elettromagnetica costituente le cariche (la massa) lungo quel determinato asse che presenta variazione.
Tornando al tema del thread, una variazione di quota anche minima presenta una variazione di potenziale (e modulo accelerazione), invece una spostamento lungo l'asse L (lunghezza del treno) non presenta variazioni di potenziale.
Quindi ritengo l'analogia fittizia e del tutto apparente.
Mi sfugge del tutto la pertinenza col thread della "permittivià del vuoto".
Comunque non trovo utile proseguire la discussione su queste basi. Magari, se si lasciassero da parte le super****le...
Comunque non trovo utile proseguire la discussione su queste basi. Magari, se si lasciassero da parte le super****le...
Ma scusa, se parli di un recupero di energia da parte del passeggero che torna verso la coda del treno e:
- Non vi è alcuna variazione di quota (energia potenziale)
- Non vi è alcuna variazione di velocità (energia cinetica)
- Durante il tragitto di ritorno in coda, la forza e il verso esercitati sono gli stessi dell'andata
Dov'è questo recupero?
- Non vi è alcuna variazione di quota (energia potenziale)
- Non vi è alcuna variazione di velocità (energia cinetica)
- Durante il tragitto di ritorno in coda, la forza e il verso esercitati sono gli stessi dell'andata
Dov'è questo recupero?
"mainlinexile":
.... Dov'è questo recupero?
Semplicemente, nei fatti, che sono molto ostinati...
Fai la prova, lancia una palla verso la testa del treno: troverai che questa va avanti, rallenta, si ferma, torna indietro, e ti ritorna in mano alla stessa velocità con cui l'hai lanciata (al netto degli attriti ovviamente). Poi vedi di darti una spiegazione...
@mainlinexile
Il treno è in moto accelerato, quindi il passeggero avverte una forza inerziale $vecF_t = -mveca_t$ , che deve vincere se vuole camminare a $v$ = costante rispetto al treno nella stessa direzione di marcia...
Quindi l’analogia col piano inclinato c’è...
Il treno è in moto accelerato, quindi il passeggero avverte una forza inerziale $vecF_t = -mveca_t$ , che deve vincere se vuole camminare a $v$ = costante rispetto al treno nella stessa direzione di marcia...
Quindi l’analogia col piano inclinato c’è...
Stai già ponendo un caso differente dal mantenere una $v$ costante rispetto al treno in accelerazione.
Per lanciare la palla stai esercitando su questa un'accelerazione maggiore di quella mantenuta dal treno. Quindi in quel frangente, o diminuisce l'accelerazione del treno oppure è necessario aumentare la forza per mantenere la medesima.
A parte questo, facciamo così, semplifichiamo. Ipotizziamo che dalla testa del treno, la palla venga lasciata libera nel suo moto inerziale e quindi successivamente afferrata da una mano in fondo al vagone: All'impatto, la mano risente esattamente l'impulso (Forza x tempo) non applicato per tutto il tempo di volo.
Ad esempio, assumendo che occorre 1 Newton per mantenere la palla con la stessa accelerazione del treno, se questa venisse lasciata dalla testa e impiega 3 secondi per raggiungere la mano, eserciterà 3 Ns concentrati nel breve istante dell'impatto.
L'interpretazione più corretta mi sembra sia che l'impulso dissipato sulla mano è quello cumulato nei 3 secondi, mentre il treno era svincolato dal carico della palla, e non la restituzione di quanto applicato per farla arrivare in testa al treno (forzando l'analogia con l'energia potenziale).
La restituzione dell'energia spesa per lanciarla verso la testa del treno comincia appena si stacca dalla mano e termina nel momento esatto in cui la palla è solidale, ferma rispetto al treno.
Per lanciare la palla stai esercitando su questa un'accelerazione maggiore di quella mantenuta dal treno. Quindi in quel frangente, o diminuisce l'accelerazione del treno oppure è necessario aumentare la forza per mantenere la medesima.
A parte questo, facciamo così, semplifichiamo. Ipotizziamo che dalla testa del treno, la palla venga lasciata libera nel suo moto inerziale e quindi successivamente afferrata da una mano in fondo al vagone: All'impatto, la mano risente esattamente l'impulso (Forza x tempo) non applicato per tutto il tempo di volo.
Ad esempio, assumendo che occorre 1 Newton per mantenere la palla con la stessa accelerazione del treno, se questa venisse lasciata dalla testa e impiega 3 secondi per raggiungere la mano, eserciterà 3 Ns concentrati nel breve istante dell'impatto.
L'interpretazione più corretta mi sembra sia che l'impulso dissipato sulla mano è quello cumulato nei 3 secondi, mentre il treno era svincolato dal carico della palla, e non la restituzione di quanto applicato per farla arrivare in testa al treno (forzando l'analogia con l'energia potenziale).
La restituzione dell'energia spesa per lanciarla verso la testa del treno comincia appena si stacca dalla mano e termina nel momento esatto in cui la palla è solidale, ferma rispetto al treno.
Tralasciando cose strane che probabilmente non c'entrano nulla, direi che:
Ciao, questo quesito ha lasciato di stucco anche me perché non penso di avere una risposta precisa e anche perché non so se ho capito veramente la domanda.
Io proporrei un esempio simile, ma più semplice (almeno per me) perché non ha bisogno della cinematica relativa.
A mio avviso l'esempio che riporto di seguito dovrebbe condividere lo stesso principio di fondo; se dico una castroneria fatemelo sapere perché significherebbe che sono totalmente fuori strada e che non ho minimamente compreso la domanda.
In realtà non devo nemmeno spiegare gran che: sto alludendo al classico esperimento di Oersted. Ago di bussola vicino ad un filo in cui passa corrente. Quando nel filo passa la corrente l'ago di bussola si allinea perpendicolarmente al filo. Ora immaginiamo di spostarlo di un angolo $\alpha$ a piacere: stiamo compiendo lavoro contro il campo magnetico, giusto? Infatti se lasciassimo andare l'ago questo tornerebbe perpendicolare al filo (e ricupererebbe il lavoro che ho speso). Ora immaginiamo che, una volta girato l'ago di un angolo $\alpha$ e prima di lasciarlo andare, noi togliamo la corrente al filo (quindi non c'è più un campo magnetico): cosa succede?
Di solito l'ago di bussola si allineerebbe con il Nord (Sud) terrestre, ma supponiamo di essere nello spazio vuoto e non avere campi esterni. L'ago di bussola quindi, anche se lascialo libero di muoversi non si muoverà perché non ci sono più forze agenti su di esso e quindi rimarrà ruotato di un angolo $\alpha$.
Dove è finito il lavoro che ho speso per girarlo ?
E' giusto come esempio ?
Io proporrei un esempio simile, ma più semplice (almeno per me) perché non ha bisogno della cinematica relativa.
A mio avviso l'esempio che riporto di seguito dovrebbe condividere lo stesso principio di fondo; se dico una castroneria fatemelo sapere perché significherebbe che sono totalmente fuori strada e che non ho minimamente compreso la domanda.
In realtà non devo nemmeno spiegare gran che: sto alludendo al classico esperimento di Oersted. Ago di bussola vicino ad un filo in cui passa corrente. Quando nel filo passa la corrente l'ago di bussola si allinea perpendicolarmente al filo. Ora immaginiamo di spostarlo di un angolo $\alpha$ a piacere: stiamo compiendo lavoro contro il campo magnetico, giusto? Infatti se lasciassimo andare l'ago questo tornerebbe perpendicolare al filo (e ricupererebbe il lavoro che ho speso). Ora immaginiamo che, una volta girato l'ago di un angolo $\alpha$ e prima di lasciarlo andare, noi togliamo la corrente al filo (quindi non c'è più un campo magnetico): cosa succede?
Di solito l'ago di bussola si allineerebbe con il Nord (Sud) terrestre, ma supponiamo di essere nello spazio vuoto e non avere campi esterni. L'ago di bussola quindi, anche se lascialo libero di muoversi non si muoverà perché non ci sono più forze agenti su di esso e quindi rimarrà ruotato di un angolo $\alpha$.
Dove è finito il lavoro che ho speso per girarlo ?
E' giusto come esempio ?
Mi pare un po' troppo complicato, direi, e si finisce col confondersi. Bisogna considerare come varia il campo magnetico quando l'ago ruota, e non è così banale. Uno un po' più semplice sarebbe:
un condensatore carico e isolato. Una carica che fra le armature del condensatore si muove contro il campo, compiendo lavoro. Se torna indietro lo recupera. Se invece, quando ha fatto il suo lavoro, scarichiamo il condensatore, non lo recupera più.
Qui la soluzione è evidente. Quando la carica ha finito di muoversi, ed è arrivata sull'armatura del suo stesso segno, la carica del condensatore è aumentata, quindi l'energia del sistema è aumentata, esattamente della quantità spesa dalla carica nel muoversi, e, scaricando il condensatore, l'energia ottenuta comprende anche questa.
In sostanza, tornando al problema iniziale, direi che la chiave sta nel fatto che lo spostamento del passeggero dalla coda alla testa del treno ha trasferito AL TRENO il lavoro compiuto (prova a pensare in che modo) e, se il treno smette di accelerare, il passeggero non può più recuperare il lavoro speso, ma il treno sì.
un condensatore carico e isolato. Una carica che fra le armature del condensatore si muove contro il campo, compiendo lavoro. Se torna indietro lo recupera. Se invece, quando ha fatto il suo lavoro, scarichiamo il condensatore, non lo recupera più.
Qui la soluzione è evidente. Quando la carica ha finito di muoversi, ed è arrivata sull'armatura del suo stesso segno, la carica del condensatore è aumentata, quindi l'energia del sistema è aumentata, esattamente della quantità spesa dalla carica nel muoversi, e, scaricando il condensatore, l'energia ottenuta comprende anche questa.
In sostanza, tornando al problema iniziale, direi che la chiave sta nel fatto che lo spostamento del passeggero dalla coda alla testa del treno ha trasferito AL TRENO il lavoro compiuto (prova a pensare in che modo) e, se il treno smette di accelerare, il passeggero non può più recuperare il lavoro speso, ma il treno sì.
Capito! Ho provato a fare i conti ma non mi viene la velocità finale... riproverò quando ho tempo