Deformazione plastica (slab analysis)

cavallipurosangue
Scusate, stavo provando a ricavare l'andamento delle pressioni di contatto su uno spezzone di barra cilindrica nel caso di compressione tra piani paralleli con coefficiente di attrito noto $mu$. Non riesco a capire però una cosa... Ho cercato anche su letteratura straniera "inglese" e trovo sempre detto:

"For reason that are not necessary to explain in this course, we will approximate that during axisymmetic deformations, the following conditions are true:"

$epsilon_(rr)=epsilon_(thetatheta)$...

Si ma a me non sembra così ovvio... c'è nessuno che mi sappia giustificare questa approssimazione?

Risposte
cavallipurosangue
Beh bisogna che ci siano sia piccoli spostamenti che piccole deformazioni. Un esempio dove gli spostamenti sono piccoli e le deformazioni notevoli è la prova di durezza, che direi può essere considerata una deformazione plastica a tutti gli effetti... Una cosa sono gli spostamenti ed una cosa sono le deformazioni, solo che in questo caso particolare...

Marco831
Ovvio. Quello che volevo sottolineare è il fatto che regime plastico non coincide con grandi deformazioni/spostamenti. E' un errore che viene fatto spesso.

cavallipurosangue
Ok, ho capito che vuoi dire... :D

mircoFN1
"Marco83":
[quote="cavallipurosangue"]Però nella deformazione plastica siamo nel campo delle grandi deformazioni


Qui ti sbagli. L'ipotesi di piccole deformazioni non ha a che fare con il regime plastico o elastico, quanto con il fatto che le derivate possono essere prese attorno alla posizione iniziale (mentre a essere rigorose, dovrebbero essere prese rispetto alla posizione attuale). Un materiale molto elastico viola questa condizione ben prima di passare al regime plastico, mentre un materiale con un limite elastico molto basso (i.e. stile plastilina) puo soddisfare questa condizione anche in regime plastico (finchè gli spostamento non diventano grandi rispetto alle sue dimensioni caratteristiche).[/quote]

Allora per essere del tutto rigorosi la stessa definizione di deformazione è da rivedere quando le deformazioni sono grandi. Concordo che il problema è solo geometrico (e non dipende dalla natura fisica del processo deformativo: elastico,plastico, viscoso, termico, magnetico ecc....), ma quando le deformazioni sono grandi il problema non è solamente dove faccio la derivata. Infatti in tale ambito esistono vari quantificatori di deformazione che tendono tutti allo stesso valore (parte simmetrica del gradiente di spostamento) quando le deformazioni e gli spostamenti diventano piccoli


ciao

kinder1
"mircoFN":

Allora per essere del tutto rigorosi la stessa definizione di deformazione è da rivedere quando le deformazioni sono grandi.
...


Perché, quella usuale non va bene?

mircoFN1
"kinder":
[quote="mircoFN"]
Allora per essere del tutto rigorosi la stessa definizione di deformazione è da rivedere quando le deformazioni sono grandi.
...


Perché, quella usuale non va bene?[/quote]

Beh, dipende. Intanto cosa intendi per 'quella usuale', e 'va bene'?
Ipotizzo che ti riferisca alla definizione delle piccole deformazioni e alla loro interpretazione fisica (deformazione estensionale $\epsilon_{x x}$ allungamento relativo di un segmento infinitesimo prima parallelo all'asse $x$, deformazione angolare $2\epsilon_{x y}$ riduzione dell'angolo retto prima formato da $x$ e $y$, ecc....)
Allora, per esempio, la componente
$2\epsilon_{xy}={\partial u}/\{partial y}+{\partial v} /{\partial x}$
rappresenta la deformazione angolare solo nelle ipotesi che ho accennato (e quindi è esatta solo al limite).
La deformazione angolare è una espressione un po' più complessa (e non lineare) delle componenti del gradiente di spostamento se i valori sono elevati.

ciao

cavallipurosangue
Per le derivate parziali io faccio come quando srrivo in LaTex \partial $\partial$

kinder1
Beh...usualmente si conviene che si ha deformazione di un sistema/corpo se la sua evoluzione non è rigida, cioè, se la distanza di almeno una coppia di punti cambia. Non ne conosco altre, in ambito meccanico.

Le piccole deformazioni vengono invocate solo col fine di linearizzare il problema (arrestando lo sviluppo in serie di Taylor alla derivata prima), rendendolo abbordabile analiticamente, ed a mano. L'impiego del calcolo numerico e del S/W riduce molto questa esigenza, fin quasi annullarla.

mircoFN1
"kinder":
Beh...usualmente si conviene che si ha deformazione di un sistema/corpo se la sua evoluzione non è rigida, cioè, se la distanza di almeno una coppia di punti cambia. Non ne conosco altre, in ambito meccanico.

Le piccole deformazioni vengono invocate solo col fine di linearizzare il problema (arrestando lo sviluppo in serie di Taylor alla derivata prima), rendendolo abbordabile analiticamente, ed a mano. L'impiego del calcolo numerico e del S/W riduce molto questa esigenza, fin quasi annullarla.


Non è corretto. Non c'è bisogno di uno sviluppo indefinito per avere una rappresentazione 'esatta' della deformazione. Sono sufficienti i termini del gradiente di spostamento con alcune componenti di secondo grado (non derivate del secondo ordine o superiori) ...

Il fatto che tu non le conosca è un'altra questione. E' raro infatti che siano insegnate nei corsi universitari.

ciao

mircoFN1
"cavallipurosangue":
Per le derivate parziali io faccio come quando srrivo in LaTex \partial $\partial$


Corretto, grazie!

Sk_Anonymous
Non è corretto. Non c'è bisogno di uno sviluppo indefinito per avere una rappresentazione 'esatta' della deformazione. Sono sufficienti i termini del gradiente di spostamento con alcune componenti di secondo grado (non derivate del secondo ordine o superiori) ...

Puoi fare anche una approssimazione migliore, ma le deformazioni a cui fai riferimento sono sempre piccole... Basta pensare che per grandi deformazioni anche lo stato tensionale subisce variazioni, per cui bisogna considerarle come serie di piccole deformazioni.

cavallipurosangue


è per caso questa la definizione a ci ti riferisci mirco?

Oppure ti riferisci al fatto che non si usa più la definizione classica:
$varepsilon=(l'-l)/l$,
ma si usa:

$epsilon=(l'^2-l^2)/(2l^2)=varepsilon+varepsilon^2/2$?

Anche perchè le equazioni sono ricavate per approssimazione da quelle, dove alm primo membro al posto delle deformazioni classiche compaiono:

$varepsilon+varepsilon^2/2$ e $sintheta_(ij)$

mircoFN1
"nnsoxke":

Puoi fare anche una approssimazione migliore, ma le deformazioni a cui fai riferimento sono sempre piccole... Basta pensare che per grandi deformazioni anche lo stato tensionale subisce variazioni, per cui bisogna considerarle come serie di piccole deformazioni.


Non sono d'accordo. Il modello può descrivere deformazioni grandi quanto si vuole (anche infinite!). Tutt'altro è il problema dello stato tensionale che le genera...
La deformazione è una grandezza solo geometrica (infatti è un tensore di numeri puri).
Che poi ogni stato di deformazione 'grande' possa essere approssimato con una sequenza di processi deformativi 'piccoli' per ognuno dei quali vale la definizione elementare, sono d'accordo. Questo è il metodo tipico con cui i problemi di grandi deformazioni si risolvono numericamente. Tuttavia anche questo fatto non ha niente a che fare con la definizione.

ciao

mircoFN1
"cavallipurosangue":


è per caso questa la definizione a ci ti riferisci mirco?


All'incirca!
Anche in quella definizione ci sono alcune uguaglianze che non sono proprio corrette.

ciao

kinder1
"mircoFN":
[quote="kinder"]Beh...usualmente si conviene che si ha deformazione di un sistema/corpo se la sua evoluzione non è rigida, cioè, se la distanza di almeno una coppia di punti cambia. Non ne conosco altre, in ambito meccanico.

Le piccole deformazioni vengono invocate solo col fine di linearizzare il problema (arrestando lo sviluppo in serie di Taylor alla derivata prima), rendendolo abbordabile analiticamente, ed a mano. L'impiego del calcolo numerico e del S/W riduce molto questa esigenza, fin quasi annullarla.


Non è corretto. Non c'è bisogno di uno sviluppo indefinito per avere una rappresentazione 'esatta' della deformazione. Sono sufficienti i termini del gradiente di spostamento con alcune componenti di secondo grado (non derivate del secondo ordine o superiori) ...

Il fatto che tu non le conosca è un'altra questione. E' raro infatti che siano insegnate nei corsi universitari.

ciao[/quote]

Non si capisce cosa non è corretto.

Se ti riferisci alla definizione di deformazione, allora dimmi qual'è la definizione corretta (del fenomeno, non degli strumenti matematici utilizzati per modellarlo in maniera approssimata, quali ad esempio il tensore delle deformazioni).

Se ti riferisci all'accenno alla linearizzazione del problema, allora ti sbagli, perché il tensore delle deformazioni (di Green) è il risultato di un'analisi delle deformazioni nell'intorno di un punto, all'inizio della quale viene fatta l'ipotesi che in tale intorno il campo vettoriale degli spostamenti possa essere espresso in forma lineare, rispetto allo spostamento del punto di cui si considera l'intorno, e del gradiente dello spostamento. In pratica si differenzia, trascurando i termini di ordine superiore al primo. I termini quadratici delle componenti del tensore non forniscono, quindi, una rappresentazione esatta: per avere questa devi disporre del campo spostamenti.

In ogni caso, è l'ulteriore ipotesi di piccoli spostamenti che consente di trascurare i termini quadratici del tensore di Green, per ottenere una forma finalmente lineare, quella del tensore della deformazione infinitesima E.

Ti sbagli anche quando dici che è raro che queste cose siano insegnate all'università, e che pertanto io non le conosca. Sono insegnate proprio all'università e, sebbene molti anni fa, l'ho studiate anch'io.

mircoFN1
"kinder":


Non si capisce cosa non è corretto.

Se ti riferisci alla definizione di deformazione, allora dimmi qual'è la definizione corretta (del fenomeno, non degli strumenti matematici utilizzati per modellarlo in maniera approssimata, quali ad esempio il tensore delle deformazioni).

Se ti riferisci all'accenno alla linearizzazione del problema, allora ti sbagli, perché il tensore delle deformazioni (di Green) è il risultato di un'analisi delle deformazioni nell'intorno di un punto, all'inizio della quale viene fatta l'ipotesi che in tale intorno il campo vettoriale degli spostamenti possa essere espresso in forma lineare, rispetto allo spostamento del punto di cui si considera l'intorno, e del gradiente dello spostamento. In pratica si differenzia, trascurando i termini di ordine superiore al primo. I termini quadratici delle componenti del tensore non forniscono, quindi, una rappresentazione esatta: per avere questa devi disporre del campo spostamenti.

In ogni caso, è l'ulteriore ipotesi di piccoli spostamenti che consente di trascurare i termini quadratici del tensore di Green, per ottenere una forma finalmente lineare, quella del tensore della deformazione infinitesima E.

Ti sbagli anche quando dici che è raro che queste cose siano insegnate all'università, e che pertanto io non le conosca. Sono insegnate proprio all'università e, sebbene molti anni fa, l'ho studiate anch'io.


1) La 'deformazione' è una grandezza fisica e di conseguenza deve essere definita da una procedura di misura e di calcolo. Nel continuo le proprietà locali sono definite come limite e quindi sono riferite all'elemento infinitesimo di volume (il cubo infinitesimo in coordinate cartesiane, da ora in poi chiamato cubetto). Questo procedimento è comune a tutte le quantità intensive come la tensione, la densità, la rigidezza, ... la deformazione,....ecc....
2) la deformazione estensionale (in un punto, o in un cubetto localizzato in tale punto) è la variazione relativa di lunghezza di un segmento del cubetto, quella angolare la riduzione dell'angolo retto che si verifica tra due segmenti del cubetto che prima della deformazione erano perpendicolari (in particolare gli spigoli del cubetto)
3) Una trasformazione è detta affine quando il campo di spostamento è una funzione lineare (invertibile) delle coordinate cartesiane. Ogni trasformazione congruente (indipendentemente da quanto sia intensa) è affine al limite, quindi (a meno tu non voglia inglobare fenomeni di distacco o di compenetrazione) il cubetto si trasforma in modo da conservare le pareti piane e parallele in pareti piane e parallele. In una generica trasformazione congruente, per definizione, ogni cubetto non risente di come gli altri cubetti si deformano. La deformazione è comunque uniforme entro ogni singolo cubetto, indipendentemente dall'intensità della deformazione stessa. Questo fatto consente di definire la deformazione in ogni punto.
4) Mi sembra quindi che tu faccia un po' di confusione tra deformazioni grandi e deformazioni uniformi. Un conto è la linearità dello spostamento in grande, un altro è quella in piccolo. In una barretta inflessa anche in campo elastico e in regime di piccole deformazioni la funzione spostamento non è lineare in grande (piccole deformazioni ma trasformazione globalmente non affine), in una trafilatura, invece, la trasformazione è lineare anche in grande ma le deformazioni non sono piccole (grandi deformazioni con trasformazione complessivamente affine).
5) Il tensore di Green è uno strumento adatto per determinare le grandi deformazioni ma le sue singole componenti non si identificano con le componenti di deformazione come definite in 2)
6) I termini quadratici del tensore di Green sono significativi in relazione all'intensità del gradiente di spostamento non dello spostamento stesso
7) Ho detto che è raro, non che è impossibile. Mi complimento che tu le abbia studiate, ma sei sicuro di ricordarle bene?

ciao

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