Approssimazione distanze
Volevo porre una domanda che mi incuriosiva sull'approssimiazione delle distanza nel dipolo.
Solitamente si usa dire che mettiamo ci sia il centro del sdr in O, in Q ho la carica di un estremo del dipolo e voglio valutare il punto P nello spazio. Sia d la distanza tra le due cariche opposte.
In genere si ha che:
$r_(PQ)≈r_(PO)-zcostheta$ (1)
- quando sviluopo in sreie di taylor riesco a mostrare che: $1/r_(PQ)≈1/r_(PO)$
ecco le domande dubbie:
- perché assumo che $vecr_(PO)≈vecr_(PQ)$ mi sembra di ammettere una ambivalenza, infatti dico che i moduli sono diversi da (1), però dico che i vettori sono uguali infatti ho che $vecr_(PO)-vecr_(PQ)≈0$ da cui il professore dice che in sostanza la dimensione del dipolo è nulla, infatti la differenza di quei due vettori è $vecd$ con d grandezza del dipolo.
- altro dubbio, se ammettiamo $1/r_(PQ)≈1/r_(PO)$ allora invertendo i rapporti ho $r_(PQ)≈r_(PO)$, ma non doveva essere: $r_(PQ)≈r_(PO)-zcostheta$? Perché non vale questa inversione dei rapporti?
CHiedo un aiuto!
Solitamente si usa dire che mettiamo ci sia il centro del sdr in O, in Q ho la carica di un estremo del dipolo e voglio valutare il punto P nello spazio. Sia d la distanza tra le due cariche opposte.
In genere si ha che:
$r_(PQ)≈r_(PO)-zcostheta$ (1)
- quando sviluopo in sreie di taylor riesco a mostrare che: $1/r_(PQ)≈1/r_(PO)$
ecco le domande dubbie:
- perché assumo che $vecr_(PO)≈vecr_(PQ)$ mi sembra di ammettere una ambivalenza, infatti dico che i moduli sono diversi da (1), però dico che i vettori sono uguali infatti ho che $vecr_(PO)-vecr_(PQ)≈0$ da cui il professore dice che in sostanza la dimensione del dipolo è nulla, infatti la differenza di quei due vettori è $vecd$ con d grandezza del dipolo.
- altro dubbio, se ammettiamo $1/r_(PQ)≈1/r_(PO)$ allora invertendo i rapporti ho $r_(PQ)≈r_(PO)$, ma non doveva essere: $r_(PQ)≈r_(PO)-zcostheta$? Perché non vale questa inversione dei rapporti?
CHiedo un aiuto!
Risposte
L'espressione esatta e' questa:
$r_{PQ} = \sqrt{(r_{PO} - d cos\theta)^2+ (d sin\theta)^2} = \sqrt{r_{PO}^2 + d^2 - 2r_{PO}d cos\theta} = r_{PO} \sqrt{1 + (d/(r_{PO}))^2 - 2d/r_{PO} cos\theta}$
Se poi $r_{PO} ">>" d$ allora posso approssimare la radice con
$\sqrt{1 + (d/(r_{PO}))^2 - 2d/r_{PO} cos\theta} \approx (1 - d/r_{PO} cos\theta)$
e quindi
$r_{PQ} \approx r_{PO} - d cos\theta$
E' tutto qui. Onestamente, non e' che abbia capito bene quali sono i tuoi dubbi.
Cos'e' per te $z$?
$r_{PQ} = \sqrt{(r_{PO} - d cos\theta)^2+ (d sin\theta)^2} = \sqrt{r_{PO}^2 + d^2 - 2r_{PO}d cos\theta} = r_{PO} \sqrt{1 + (d/(r_{PO}))^2 - 2d/r_{PO} cos\theta}$
Se poi $r_{PO} ">>" d$ allora posso approssimare la radice con
$\sqrt{1 + (d/(r_{PO}))^2 - 2d/r_{PO} cos\theta} \approx (1 - d/r_{PO} cos\theta)$
e quindi
$r_{PQ} \approx r_{PO} - d cos\theta$
E' tutto qui. Onestamente, non e' che abbia capito bene quali sono i tuoi dubbi.
Cos'e' per te $z$?
Uhm ok uello è il modo per ricavare formalemtne $r_{PQ} \approx r_{PO} - d cos\theta$, a me in effetti era stato dato per buono come via "grafica" e comprendo la tua spiegazione.
Però i miei dubbi nascono da lì in poi diciamo, io parto da $r_{PQ} \approx r_{PO} - d cos\theta$ (1)
E il prof dice:
$1/r_(PQ)\approx 1/(r_(PO)-dcostheta)=$ [...calcoli in cui sfrutto binomio con sv. taylor...] $=1/r_(PO)+(dcostheta)/(r_(PO)^2)$ sicome ordine superiore trasucro 1/r^2 => $1/r_(PQ) \approx 1/r_(PO)$
ora i dubbi sorgono dopo.
1) primo dubbio: se io prendo $1/r_(PQ) \approx 1/r_(PO)$ io dico se faccio il reciproco ho: $r_(PQ) \approx r_(PO)$ da cui $r_(PQ) - r_(PO)\approx 0$ ma questo non contraddice la (1)? perché la 1 dice: $r_{PQ} - r_{PO} \approx - d cos\theta$ !
2) secondo dubbio: il prof dice che i vettori $r⃗ _(PO)$ e $r⃗ _(PQ)$ sono praticamente uguali, e da questo se ne deduce che la distanza d tra le due cariche è nulla, infatti se vale $r⃗ _(PO)≈r⃗ _(PQ)$ => $r⃗ _(PO)-r⃗ _(PQ) \approx 0$ ma qui mi dico, se prima ho dimostrato che $r_{PQ} \approx r_{PO} - d cos\theta$ non ho una ambivalenza di trattazione? da una parte dico i due vettori sono uguali ma dall'altra che i loro moduli hanno una differenza del valore di $d cos\theta$ un po strano no?
Però i miei dubbi nascono da lì in poi diciamo, io parto da $r_{PQ} \approx r_{PO} - d cos\theta$ (1)
E il prof dice:
$1/r_(PQ)\approx 1/(r_(PO)-dcostheta)=$ [...calcoli in cui sfrutto binomio con sv. taylor...] $=1/r_(PO)+(dcostheta)/(r_(PO)^2)$ sicome ordine superiore trasucro 1/r^2 => $1/r_(PQ) \approx 1/r_(PO)$
ora i dubbi sorgono dopo.
1) primo dubbio: se io prendo $1/r_(PQ) \approx 1/r_(PO)$ io dico se faccio il reciproco ho: $r_(PQ) \approx r_(PO)$ da cui $r_(PQ) - r_(PO)\approx 0$ ma questo non contraddice la (1)? perché la 1 dice: $r_{PQ} - r_{PO} \approx - d cos\theta$ !
2) secondo dubbio: il prof dice che i vettori $r⃗ _(PO)$ e $r⃗ _(PQ)$ sono praticamente uguali, e da questo se ne deduce che la distanza d tra le due cariche è nulla, infatti se vale $r⃗ _(PO)≈r⃗ _(PQ)$ => $r⃗ _(PO)-r⃗ _(PQ) \approx 0$ ma qui mi dico, se prima ho dimostrato che $r_{PQ} \approx r_{PO} - d cos\theta$ non ho una ambivalenza di trattazione? da una parte dico i due vettori sono uguali ma dall'altra che i loro moduli hanno una differenza del valore di $d cos\theta$ un po strano no?
"eternauta":
il prof dice che i vettori $r⃗ _(PO)$ e $r⃗ _(PQ)$ sono praticamente uguali, e da questo se ne deduce che la distanza d tra le due cariche è nulla,
E' in questo punto che c'e' qualcosa che non torna.
I vettori sono praticamente uguali, e non se ne deduce nulla.
E' sbagliato dire che se ne deduce che la distanza tra le cariche e' nulla.
Se la distanza tra le cariche e' nulla il dipolo sparisce, non esiste piu', quindi su cosa continuiamo a discutere ?
C'e' qualcosa che non va. A me sembra strano che il prof. abbia proprio detto cosi'. O non hai seguito bene, hai preso male gli appunti, ti hanno dato degli appunti sbagliati, ecc.. ecc...
Qualcosa che non va c'e'.
La distanza $d$ non si annulla, altrimenti abbiamo finito qui la discussione.
No, aspetta, forse mi sono espresso male.
Le parole esatte sono: "a grandi distanze non andiamo a distinguere tra origine in cui ho una carica e punto assunto dall'altra carica, ossia $r⃗_(PO)≈r⃗_(PQ)$", in particolare usa questa approssimazione in un calcolo, quindi è proprio quello che serve avere per svolgere un integrale e quindi non ci sono dubbi che l'approssimazione che fa sia questa
dato che $r⃗_(PO)-r⃗_(PQ)≈0$ lo usa esplicitamente.
Io l'ho inteso così questo passaggio: a grandi distanze in sostanza la distanza tra carica e centro del sdr è praticamente nullo in quanto sono in una zona asintotica. Dire questo mi sembra abbastanza corretto, d'altra parte il dipolo "si perde" più velocemente a grandi distanze di una carica singola, è come se vedessi le due cariche "concentrate" in un singolo punto. Intendevo questo prima.
Da qui i dubbi precedenti.
NB: le mie due domande di cui sopra sono in zona asintotica r->oo lo ripeto per chiarezza.
Le parole esatte sono: "a grandi distanze non andiamo a distinguere tra origine in cui ho una carica e punto assunto dall'altra carica, ossia $r⃗_(PO)≈r⃗_(PQ)$", in particolare usa questa approssimazione in un calcolo, quindi è proprio quello che serve avere per svolgere un integrale e quindi non ci sono dubbi che l'approssimazione che fa sia questa

Io l'ho inteso così questo passaggio: a grandi distanze in sostanza la distanza tra carica e centro del sdr è praticamente nullo in quanto sono in una zona asintotica. Dire questo mi sembra abbastanza corretto, d'altra parte il dipolo "si perde" più velocemente a grandi distanze di una carica singola, è come se vedessi le due cariche "concentrate" in un singolo punto. Intendevo questo prima.
Da qui i dubbi precedenti.
NB: le mie due domande di cui sopra sono in zona asintotica r->oo lo ripeto per chiarezza.
Ok, ma io non riesco a capire qual e' il tuo dubbio.
Se $d$ e' molto piccolo, come e' in effetti, rispetto alle altre distanze, lo possono considerare zero.
Questo non esaurisce il tuo dubbio, il dubbio 1 ?
Se $d$ e' molto piccolo, come e' in effetti, rispetto alle altre distanze, lo possono considerare zero.
Questo non esaurisce il tuo dubbio, il dubbio 1 ?
Sì, in effetti lì forse mi sono incastrato su una scemenza, cioè ottenevo $1/r_(PQ) \approx 1/r_(PO)$ come:
$1/r_(PQ)\approx 1/(r_(PO)-dcostheta)=$ [...calcoli in cui sfrutto binomio con sv. taylor...] $=1/r_(PO)+(dcostheta)/(r_(PO)^2)$ sicome ordine superiore trasucro 1/r^2 => $1/r_(PQ) \approx 1/r_(PO)$
e poi facevo il reciproco e riconfrontavo $1/r_(PQ) \approx 1/r_(PO)$ con la relazione $r_{PQ} \approx r_{PO} - d cos\theta$ e dicevo i risultati non coincidono più.
Però in effetti non mi ero accorto che già prendnendo $r_{PQ} \approx r_{PO} - d cos\theta$ e mettendomi al limite asintotico di "r infinito", in effetti vale già $r_{PQ} -r_{PO} \approx 0$ che coincide con il reciproco che citavo.
Insomma, il senso credo fosse questo.
Però detto ciò mi rimane comunque l'amaro in bocca perché non capisco una cosa, io in realtà ho tale risultato $r_{PQ} \approx r_{PO} - d cos\theta$ (1) a grandi distanze.
E poi dico, ma a grandi distanze ho anche che $r_{PQ} -r_{PO} \approx 0$ e $r⃗ _(PO)-r⃗ _(PQ) \approx 0$ (2).
Mi sembra comunque di trattare il caso con due pesi e due misure, in certi calcoli infatti usa (1) e in altri le (2, pur sempre per r->oo. E non capisco bene perché, delle due l'una no?
$1/r_(PQ)\approx 1/(r_(PO)-dcostheta)=$ [...calcoli in cui sfrutto binomio con sv. taylor...] $=1/r_(PO)+(dcostheta)/(r_(PO)^2)$ sicome ordine superiore trasucro 1/r^2 => $1/r_(PQ) \approx 1/r_(PO)$
e poi facevo il reciproco e riconfrontavo $1/r_(PQ) \approx 1/r_(PO)$ con la relazione $r_{PQ} \approx r_{PO} - d cos\theta$ e dicevo i risultati non coincidono più.
Però in effetti non mi ero accorto che già prendnendo $r_{PQ} \approx r_{PO} - d cos\theta$ e mettendomi al limite asintotico di "r infinito", in effetti vale già $r_{PQ} -r_{PO} \approx 0$ che coincide con il reciproco che citavo.
Insomma, il senso credo fosse questo.
Però detto ciò mi rimane comunque l'amaro in bocca perché non capisco una cosa, io in realtà ho tale risultato $r_{PQ} \approx r_{PO} - d cos\theta$ (1) a grandi distanze.
E poi dico, ma a grandi distanze ho anche che $r_{PQ} -r_{PO} \approx 0$ e $r⃗ _(PO)-r⃗ _(PQ) \approx 0$ (2).
Mi sembra comunque di trattare il caso con due pesi e due misure, in certi calcoli infatti usa (1) e in altri le (2, pur sempre per r->oo. E non capisco bene perché, delle due l'una no?
"eternauta":
Però detto ciò mi rimane comunque l'amaro in bocca perché non capisco una cosa: io in realtà ho tale risultato $r_{PQ} \approx r_{PO} - d cos\theta$ (1) a grandi distanze, quindi r oo.
E poi dico, ma a grandi distanze ho anche che $r_{PQ} -r_{PO} \approx 0$ e $r⃗ _(PO)-r⃗ _(PQ) \approx 0$ (2).
Mi sembra comunque di trattare il medesimo caso con due pesi e due misure, in certi calcoli infatti usa (1) e in altri le (2), e siamo pur sempre a r->oo. E non capisco bene perché, delle due l'una no?
Nessuna idea a riguardo? Perché non capisco il mio errore interpretativo

"eternauta":
[quote="eternauta"]
Però detto ciò mi rimane comunque l'amaro in bocca perché non capisco una cosa: io in realtà ho tale risultato $r_{PQ} \approx r_{PO} - d cos\theta$ (1) a grandi distanze, quindi r oo.
E poi dico, ma a grandi distanze ho anche che $r_{PQ} -r_{PO} \approx 0$ e $r⃗ _(PO)-r⃗ _(PQ) \approx 0$ (2).
Mi sembra comunque di trattare il medesimo caso con due pesi e due misure, in certi calcoli infatti usa (1) e in altri le (2), e siamo pur sempre a r->oo. E non capisco bene perché, delle due l'una no?
Nessuna idea a riguardo? Perché non capisco il mio errore interpretativo

La risposta mi sembra molto semplice e allo stesso tempo complessa.
La risposta e': dipende da cosa devi fare.
Se ai fini di quello che devi fare, va bene l'approssimazione, usa l'approssimazione, altrimenti non usarla.
Un esempio:
adesso io sono in salotto; dal mio salotto al centro di Milano ci sono 250 km.
Dalla mia cucina al centro di Milano ci sono 250 km.
Quindi che distanza c'e' tra il mio salotto e la cucina ? Apparentemente la distanza e' nulla, perche' 250 - 250 = 0.
Ma io so che non e' cosi': se devo spostare un mobile dalla cucina al salotto so che devo fare alcuni metri.
Quindi che distanza c'e' ? Dipende da cosa devo fare.
Se devo fare un viaggio da qui a Milano, mi interessa poco che ci siano 5 metri dal salotto alla cucina, o alla porta di ingresso.
In altre situazioni mi interessa.
Tornando ai dipoli, in questo momento il tuo smartphone riceve dei segnali da un antenna. L'antenna si comporta piu' o meno come un dipolo. L'antenna sara' lunga 0.5 metro e si trova a 500 metri da te.
Per cui possiamo considerare l'antenna come un dipolo ideale.
Magari ci possono essere 2 antenne molto vicine tra di loro, e quindi se devo tenere conto delle interferenze, non posso piu' considerare l'antenna come ideale, ma devo tenere conto dell'esatta distribuzione delle cariche.
Ciao, e grazie per la tua ulteriore gentilissima risposta.
Se mi dai modo volevo chierire meglio quello che mi "perplimeva"
, mi spiego:
quello che dici è sacrosanto e lo comprendo bene, tuttavia a lasciarmi incuriosito è questo fatto, in realtà già rPQ≈rPO−dcosθ (1) è una approssimazione, infatti per ottenerla devo supporre r->oo.
Quindi mi chiedevo quando io uso rPQ≈rPO (2) è sempre r->oo.
Insomma, non è tanto l'approssimazione in sé a crearmi grattacapi, quanto piuttosto che sono entrambe considerazioni a limite asintotico di r infinito.
Ora, mi chiedo, (1) V/S (2) come devo interpretarle? Che la (2) è un limite a r->oo ancora più spinto? un $r->oo^2$, non so se ho spiegato meglio il dubbio.
Insomma, è di questo più che altro che chiedevo il perché
Se mi dai modo volevo chierire meglio quello che mi "perplimeva"

quello che dici è sacrosanto e lo comprendo bene, tuttavia a lasciarmi incuriosito è questo fatto, in realtà già rPQ≈rPO−dcosθ (1) è una approssimazione, infatti per ottenerla devo supporre r->oo.
Quindi mi chiedevo quando io uso rPQ≈rPO (2) è sempre r->oo.
Insomma, non è tanto l'approssimazione in sé a crearmi grattacapi, quanto piuttosto che sono entrambe considerazioni a limite asintotico di r infinito.
Ora, mi chiedo, (1) V/S (2) come devo interpretarle? Che la (2) è un limite a r->oo ancora più spinto? un $r->oo^2$, non so se ho spiegato meglio il dubbio.
Insomma, è di questo più che altro che chiedevo il perché

E' così stupida la mia ultima domanda? Che non ho più ricevuto risposte

Tranquillo la domanda non è stupida, ma il problema è che @Quinzio ti ha già risposto a fondo e quindi non è semplice aggiungere ulteriori considerazioni alle sue.
Comunque, credo che i dubbi nascano dal fatto di voler dare un'interpretazione avulsa dal problema in oggetto, quando @Quinzio ha già chiarito che la scelta del grado di approssimazione dipende proprio dal problema stesso.
Cerco di spiegarmi meglio. Lo sviluppo di $r_(PQ)$ è composto da infiniti termini, ovvero
$r_(PQ) = r_(PO)*(1 - d/r_(PO)*cos(theta) + 1/2 (d/r_(PO))^2*sin^2(theta) + ....)$
Quindi la domanda è: dove mi devo arrestare nel riportare i termini dello sviluppo?
E la risposta non è semplicemente quando il termine diventa molto piccolo (che come risposta sarebbe molto soggettiva), ma quando ho inserito abbastanza termini quanto mi richiede lo specifico problema.
Pertanto in taluni casi mi basterà $r_(PQ) approx r_(PO)$, in altri casi dovrò raffinare l'approssimazione e usare $r_(PQ) approx r_(PO) - d*cos(theta)$, in altri ancora non basterà neanche questa e dovrò inserire ulteriori termini.
In pratica è la stessa metodologia adottata per risolvere certi limiti applicando lo sviluppo di Mc-Laurin, in cui la scelta del grado dello sviluppo viene determinata in base al limite da risolvere.
Un'ultima considerazione riguarda il fatto che quando si approccia un problema di questo tipo, proprio per non ingenerare dubbi, sarebbe sempre meglio riportare dappertutto lo stesso grado di approssimazione e solo all'ultimo rimuovere i termini sovrabbondanti (infinitesimi di ordine superiore), ma è chiaro che così facendo ci si complica parecchio i conti e quindi magari si utilizzano delle "scorciatoie" applicando sviluppi di grado diverso a pezzi diversi all'interno dello stesso problema, ma con l'ovvio sottointeso che si sa che comunque il risultato finale è corretto.
Comunque, credo che i dubbi nascano dal fatto di voler dare un'interpretazione avulsa dal problema in oggetto, quando @Quinzio ha già chiarito che la scelta del grado di approssimazione dipende proprio dal problema stesso.
Cerco di spiegarmi meglio. Lo sviluppo di $r_(PQ)$ è composto da infiniti termini, ovvero
$r_(PQ) = r_(PO)*(1 - d/r_(PO)*cos(theta) + 1/2 (d/r_(PO))^2*sin^2(theta) + ....)$
Quindi la domanda è: dove mi devo arrestare nel riportare i termini dello sviluppo?
E la risposta non è semplicemente quando il termine diventa molto piccolo (che come risposta sarebbe molto soggettiva), ma quando ho inserito abbastanza termini quanto mi richiede lo specifico problema.
Pertanto in taluni casi mi basterà $r_(PQ) approx r_(PO)$, in altri casi dovrò raffinare l'approssimazione e usare $r_(PQ) approx r_(PO) - d*cos(theta)$, in altri ancora non basterà neanche questa e dovrò inserire ulteriori termini.
In pratica è la stessa metodologia adottata per risolvere certi limiti applicando lo sviluppo di Mc-Laurin, in cui la scelta del grado dello sviluppo viene determinata in base al limite da risolvere.
Un'ultima considerazione riguarda il fatto che quando si approccia un problema di questo tipo, proprio per non ingenerare dubbi, sarebbe sempre meglio riportare dappertutto lo stesso grado di approssimazione e solo all'ultimo rimuovere i termini sovrabbondanti (infinitesimi di ordine superiore), ma è chiaro che così facendo ci si complica parecchio i conti e quindi magari si utilizzano delle "scorciatoie" applicando sviluppi di grado diverso a pezzi diversi all'interno dello stesso problema, ma con l'ovvio sottointeso che si sa che comunque il risultato finale è corretto.
Caspita, grazie mille ingres, credo che hai proprio centrato il punto perché finalmente ho capito.
MI ero impanicato ma si vede bene come dici tu sviluppando tutto l'insieme $r_(PQ) = r_(PO)*(1 - d/r_(PO)*cos(theta) + 1/2 (d/r_(PO))^2*sin^2(theta) + ....)$ (**)
La tua ultima postilla è illuminante (a piè del tuo ultimo post), il professore in effetti come dicevo aveva preso: $r_{PQ} \approx r_{PO} - d cos\theta$ e poi ulteriormente sviluppava con taylor.
Il punto è che
Finalmente ho capito, mi ero proprio impallato su questa cosa
Grazie mille!
MI ero impanicato ma si vede bene come dici tu sviluppando tutto l'insieme $r_(PQ) = r_(PO)*(1 - d/r_(PO)*cos(theta) + 1/2 (d/r_(PO))^2*sin^2(theta) + ....)$ (**)
La tua ultima postilla è illuminante (a piè del tuo ultimo post), il professore in effetti come dicevo aveva preso: $r_{PQ} \approx r_{PO} - d cos\theta$ e poi ulteriormente sviluppava con taylor.
Però i miei dubbi nascono da lì in poi diciamo, io parto da $r_{PQ} \approx r_{PO} - d cos\theta$ (1)E mi dicevo ma se già la formulazione $r_{PQ} \approx r_{PO} - d cos\theta$ usciva dallo sviluppo poi risviluppo a matrioska e non ci capivo più nulla.
E il prof dice:
$1/r_(PQ)\approx 1/(r_(PO)-dcostheta)=$ [...calcoli in cui sfrutto binomio con sv. taylor...] $=1/r_(PO)+(dcostheta)/(r_(PO)^2)$ sicome ordine superiore trasucro 1/r^2 => $1/r_(PQ) \approx 1/r_(PO)$
Il punto è che
quindi magari si utilizzano delle "scorciatoie" applicando sviluppi di grado diverso a pezzi diversi all'interno dello stesso problemae non mi ero accorto che tutto si riconduceva in realtà alla (**)
Finalmente ho capito, mi ero proprio impallato su questa cosa

@ingres: mi è stata molto utile la tua risposta e vorrei chiederti una informazione, dato che sto studiando anche io i dipoli e ho un dubbio pressoché simile.
La mia domanda è questa: noi abbiamo $r_(PQ) = r_(PO) - d*cos(theta)$, e spesso ci basta: $r_(PQ) = r_(PO)$, quest'ultima vorrebbe dire che in sostanza la d del dipolo possiamo considerarla nulla, cioè a conti fatti a grande distanza per certi casi possiamo considerare il dipolo come non fosse un dipolo ma "materia neutra"
Tuttavia qui mi sorge un dubbio, in particolare il mio Prof voleva calcolare il potenziale vettore per un dipolo oscillante, si fa tutto il bel calcoletto e poi nell'integrale al posto di $r_(PQ)$ sostituisce $r_(PO)$ proprio in virtù di tale approx.
Ma allora mi chiedo, se io considero $r_(PQ) = r_(PO)$ dopo tutto questo calcolo, vuol dire che questa approssimazione mi va bene no? bene, ma se dall'inizio avessi accettato l'approssimazione $r_(PQ) = r_(PO)$ (io mi dico se vale alla fien vale anche da''inizio per trasnitività), beh allora proprio perché questo implica $d=0$ in sostanza ammetto che non ho un dipolo (se la applico all'inizio). Ma allora non avrei manco un potenziale vettore! E questo non è un assurdo? Perché se uso una approssimazione dall'inizio non funziona, ma posso applicarla a mio piacere (aka quando mi fa comodo) nei calcoli successivi? Mi stona un po' come ragionamento.
La mia domanda è questa: noi abbiamo $r_(PQ) = r_(PO) - d*cos(theta)$, e spesso ci basta: $r_(PQ) = r_(PO)$, quest'ultima vorrebbe dire che in sostanza la d del dipolo possiamo considerarla nulla, cioè a conti fatti a grande distanza per certi casi possiamo considerare il dipolo come non fosse un dipolo ma "materia neutra"
Tuttavia qui mi sorge un dubbio, in particolare il mio Prof voleva calcolare il potenziale vettore per un dipolo oscillante, si fa tutto il bel calcoletto e poi nell'integrale al posto di $r_(PQ)$ sostituisce $r_(PO)$ proprio in virtù di tale approx.
Ma allora mi chiedo, se io considero $r_(PQ) = r_(PO)$ dopo tutto questo calcolo, vuol dire che questa approssimazione mi va bene no? bene, ma se dall'inizio avessi accettato l'approssimazione $r_(PQ) = r_(PO)$ (io mi dico se vale alla fien vale anche da''inizio per trasnitività), beh allora proprio perché questo implica $d=0$ in sostanza ammetto che non ho un dipolo (se la applico all'inizio). Ma allora non avrei manco un potenziale vettore! E questo non è un assurdo? Perché se uso una approssimazione dall'inizio non funziona, ma posso applicarla a mio piacere (aka quando mi fa comodo) nei calcoli successivi? Mi stona un po' come ragionamento.
Capisco che sembri che si applichino le regole in modo arbitrario e che questo urti la logica.
Però come dicevo è perchè si conosce il risultato e quindi si saltano in realtà dei passaggi.
Cerco di spiegarmi con un esempio semplice. Supponiamo che si sia presa come approssimazione iniziale
$r_(PQ) = r_(PO) - d cos(theta)$
e che ci risulti dopo alcuni passaggi un'espressione del tipo:
$V= (d cos(theta))/r_(PQ)$ (*)
ovvero, sfruttando ancora una volta l'approssimazione di $r_(PQ)$:
$V approx (d cos(theta))/(r_(PO) - d cos(theta))= (d cos(theta))/(r_(PO)*(1-(d cos(theta))/(r_(PO)))$
Sfruttando poi il fatto che $1/(1-x) = 1 + x + x^2 + ..$ e limitandoci all'approssimazione del primo ordine (in linea con quanto deciso all'inizio), avremo:
$V approx (d cos(theta))/r_(PO)*(1+ (d cos(theta))/(r_(PO))) = (d cos(theta))/r_(PO) + ((d cos(theta))/r_(PO))^2$
Ancora una volta ci liberiamo dei termini di ordine superiore al primo e scriviamo l'espressione finale come:
$V approx (d cos(theta))/r_(PO)$
Ora è chiaro che invece di fare tutti questi passaggi avrei potuto semplicemente dire che nell'espressione (*) approssimavo
$r_(PQ) approx r_(PO)$
per ottenere lo stesso risultato, ingenerando la domanda del perchè qui considero in pratica d=0 e da altre parti invece mi sono comportato diversamente.
Questo è un esempio in cui in realtà si prende una scorciatoia per evitare di fare tutti i conti ed è giustificata solo dal fatto che il risultato finale è corretto.
Però come dicevo è perchè si conosce il risultato e quindi si saltano in realtà dei passaggi.
Cerco di spiegarmi con un esempio semplice. Supponiamo che si sia presa come approssimazione iniziale
$r_(PQ) = r_(PO) - d cos(theta)$
e che ci risulti dopo alcuni passaggi un'espressione del tipo:
$V= (d cos(theta))/r_(PQ)$ (*)
ovvero, sfruttando ancora una volta l'approssimazione di $r_(PQ)$:
$V approx (d cos(theta))/(r_(PO) - d cos(theta))= (d cos(theta))/(r_(PO)*(1-(d cos(theta))/(r_(PO)))$
Sfruttando poi il fatto che $1/(1-x) = 1 + x + x^2 + ..$ e limitandoci all'approssimazione del primo ordine (in linea con quanto deciso all'inizio), avremo:
$V approx (d cos(theta))/r_(PO)*(1+ (d cos(theta))/(r_(PO))) = (d cos(theta))/r_(PO) + ((d cos(theta))/r_(PO))^2$
Ancora una volta ci liberiamo dei termini di ordine superiore al primo e scriviamo l'espressione finale come:
$V approx (d cos(theta))/r_(PO)$
Ora è chiaro che invece di fare tutti questi passaggi avrei potuto semplicemente dire che nell'espressione (*) approssimavo
$r_(PQ) approx r_(PO)$
per ottenere lo stesso risultato, ingenerando la domanda del perchè qui considero in pratica d=0 e da altre parti invece mi sono comportato diversamente.
Questo è un esempio in cui in realtà si prende una scorciatoia per evitare di fare tutti i conti ed è giustificata solo dal fatto che il risultato finale è corretto.
Ok certo il ragionamento mi sembra chiaro:
alla fine mi ritrovo con $1/r_(PQ)\approx 1/(r_(PO)-dcostheta)=[...]=1/r_(PO)+(dcostheta)/(r_(PO)^2)$ trascurando 1/r^2 => $1/r_(PQ) \approx 1/r_(PO)$ in modo coerente il reciproco ci porta a $r_(PQ) \approx r_(PO)$. Fin qui mi pare ok.
Però scusa, se io fin dall'inzio assumo questo sviluppo, in teoria è come se dicessi che $d=0$, come riferivi anche tu. Ma a questo punto se d=0 non ho un dipolo.
A me sembra che possa essere già sfruttato fin dal principio, perché in modo coerente prendo il primo ordine come dicevi giustamente. Tutto vero, ma questo fin dall'inizio posso dirlo no?
Infatti prendendo lo sviluppo compelto dal'inizio ho $r_(PQ) = r_(PO)*(1 - d/r_(PO)*cos(theta) + 1/2 (d/r_(PO))^2*sin^2(theta) + ....)$ e se mi arresto al primo ordine ho proprio l'uguaglianza che mi crea dubbi (non esistenza del dipolo). Insomma non capisco in che modo la spiegazione che mi hai dato spiegherebbe perché non vale all'inizio ma dopo si
Cioè mi sembra che introducendo l'apporssimazione (correttissima per carità) alla fine funziona, ma se la prendo fin dal principio no. E questa cosa mi sembra stridere con la mia logica: se vale alla fine vale anche all'inizio. Cosa erro secondo te?
alla fine mi ritrovo con $1/r_(PQ)\approx 1/(r_(PO)-dcostheta)=[...]=1/r_(PO)+(dcostheta)/(r_(PO)^2)$ trascurando 1/r^2 => $1/r_(PQ) \approx 1/r_(PO)$ in modo coerente il reciproco ci porta a $r_(PQ) \approx r_(PO)$. Fin qui mi pare ok.
Però scusa, se io fin dall'inzio assumo questo sviluppo, in teoria è come se dicessi che $d=0$, come riferivi anche tu. Ma a questo punto se d=0 non ho un dipolo.
A me sembra che possa essere già sfruttato fin dal principio, perché in modo coerente prendo il primo ordine come dicevi giustamente. Tutto vero, ma questo fin dall'inizio posso dirlo no?
Infatti prendendo lo sviluppo compelto dal'inizio ho $r_(PQ) = r_(PO)*(1 - d/r_(PO)*cos(theta) + 1/2 (d/r_(PO))^2*sin^2(theta) + ....)$ e se mi arresto al primo ordine ho proprio l'uguaglianza che mi crea dubbi (non esistenza del dipolo). Insomma non capisco in che modo la spiegazione che mi hai dato spiegherebbe perché non vale all'inizio ma dopo si

Cioè mi sembra che introducendo l'apporssimazione (correttissima per carità) alla fine funziona, ma se la prendo fin dal principio no. E questa cosa mi sembra stridere con la mia logica: se vale alla fine vale anche all'inizio. Cosa erro secondo te?
"gandolfo_m":
A me sembra che possa essere già sfruttato fin dal principio, perché in modo coerente prendo il primo ordine come dicevi giustamente. Tutto vero, ma questo fin dall'inizio posso dirlo no?
No, è proprio questo il punto. Quello che si vuole ottenere è una formula con un'approssimazione del primo ordine in d. Se introduco subito d=0 nell'esempio che ho fatto ottengo V=0 che non è l'obiettivo (è come dire che per x piccoli $sin(x) approx 0$, che è vero ma non è lo scopo che è invece $sin(x) approx x$).
Quindi lo sviluppo deve procedere mantenendo di vista questo obiettivo e quindi utilizzando approssimazioni del primo ordine e scartando gli infinitesimi di ordine superiore.
Arrivati in fondo, non assumendo mai che d=0, se ci si rendo conto che in realtà in qualche pezzo della formula, non dappertutto, si poteva tutto sommato anche assumere d=0, senza alterare il risultato, lo si può fare ma è una conseguenza e non un'ipotesi a priori.
Ok, ma quindi vado un po' a utilizzare cum grano salis quella approssimazione al I° ordine, voglio dire: io potrei usarla dall'inizio e quello che intendevo è proprio che sarebbe stupido perché otterrei un nulla di fatto e responso V=0.
Cioè se uso subito il primo ordine di approssimazione ottengo il risultato d=0
Allora dico, ok teniamola da parte e procedo con lo studio, a quel punto trovo $V!=0$ e introduco qui l'approssimazione (perché introdotta ora non fa danno).
Mi sembra sia questo il senso o sono fuori strada?
Ok, se è così però mi stupisce perché dico, caspita ma se la uso dall'inizio annullo tutto, beh bello schifo! Mentre se la uso dopo (l'approssimazione) funziona tutto a meraviglia. Non so perché a sentimento questa cosa mi stona, intuitivamente avrei detto: se posso usarla dopo posso usarla fin da principio, se è una approssimazione valida è valida in tutto lo studio del problema... invece par non essere così. Ma vorrei capire se ho ben capito o mi sfugga qualche scemenza. Quindi chiedo a te
Cioè se uso subito il primo ordine di approssimazione ottengo il risultato d=0
Allora dico, ok teniamola da parte e procedo con lo studio, a quel punto trovo $V!=0$ e introduco qui l'approssimazione (perché introdotta ora non fa danno).
Mi sembra sia questo il senso o sono fuori strada?
Ok, se è così però mi stupisce perché dico, caspita ma se la uso dall'inizio annullo tutto, beh bello schifo! Mentre se la uso dopo (l'approssimazione) funziona tutto a meraviglia. Non so perché a sentimento questa cosa mi stona, intuitivamente avrei detto: se posso usarla dopo posso usarla fin da principio, se è una approssimazione valida è valida in tutto lo studio del problema... invece par non essere così. Ma vorrei capire se ho ben capito o mi sfugga qualche scemenza. Quindi chiedo a te

Si il senso è proprio quello, ma è giustificato, per così dire, dal fatto che conosco il risultato giusto e quindi so dove posso fare il "furbo" e dove invece devo "rigare dritto".
Ovviamente, visto esternamente, questo approccio disturba abbastanza.
E' come se uno ti dicesse che per calcolare per x piccolo lo sviluppo di McLaurin al primo ordine della funzione $x/(1+x)$ bisogna tenere la x al numeratore così com'è e invece quella al denominatore bisogna porla a zero.
In effetti si ottiene il risultato giusto, ma sembra che sia qualcosa che stoni in questa procedura: perchè tratto diversamente la x al numeratore da quella al denominatore?
Quello che stona è il fatto che chi lo dice sa che sviluppare 1/(1+x) non porterebbe nessuna modifica al risultato finale per cui porre x=0 va bene, mentre quello che lo ascolta non lo sa.
Ovviamente, visto esternamente, questo approccio disturba abbastanza.
E' come se uno ti dicesse che per calcolare per x piccolo lo sviluppo di McLaurin al primo ordine della funzione $x/(1+x)$ bisogna tenere la x al numeratore così com'è e invece quella al denominatore bisogna porla a zero.
In effetti si ottiene il risultato giusto, ma sembra che sia qualcosa che stoni in questa procedura: perchè tratto diversamente la x al numeratore da quella al denominatore?
Quello che stona è il fatto che chi lo dice sa che sviluppare 1/(1+x) non porterebbe nessuna modifica al risultato finale per cui porre x=0 va bene, mentre quello che lo ascolta non lo sa.

E' un buon esempio di "chi sa dove andare fa giusto" XD
Però nel caso del dipolo è ancora più profondo secondo me, o forse sono solo spaesato, perché in quel caso è strambo che non solo devo usarla sapendo dove voglio andare a parare. Ma sviluppare fin dall'inzio $r_(PQ) = r_(PO)*(1 - d/r_(PO)*cos(theta) + 1/2 (d/r_(PO))^2*sin^2(theta) + ....)$ e usare il primo ordine fin da subito ci porta alla ciofecata di d=0 e Rpq=Rpo => V=0. Mentre nel caso dello sviluppo da te proposto sostituito 0 a denominatore fin dall'inizio magicamente funziona. nel dipolo invece fai un bel danno.
Però nel caso del dipolo è ancora più profondo secondo me, o forse sono solo spaesato, perché in quel caso è strambo che non solo devo usarla sapendo dove voglio andare a parare. Ma sviluppare fin dall'inzio $r_(PQ) = r_(PO)*(1 - d/r_(PO)*cos(theta) + 1/2 (d/r_(PO))^2*sin^2(theta) + ....)$ e usare il primo ordine fin da subito ci porta alla ciofecata di d=0 e Rpq=Rpo => V=0. Mentre nel caso dello sviluppo da te proposto sostituito 0 a denominatore fin dall'inizio magicamente funziona. nel dipolo invece fai un bel danno.
@ gandolfo_m
Con le notazioni sottostanti:
per quanto riguarda il potenziale esatto:
e per quanto riguarda il potenziale approssimato, sviluppando rigorosamente con le note formule e limitandosi al primo ordine:
Quindi, ammesso e non concesso che io abbia compreso il tuo dubbio, effettivamente:
Il fatto è che, per ottenere un limite effettivamente diverso da zero, non solo:
ma anche:
in modo tale che:
con $p$ costante uguale al modulo del momento di dipolo:
Più in generale, la distribuzione di carica associata al momento di dipolo non è una funzione, piuttosto, una distribuzione (un funzionale che agisce su uno spazio di funzioni di prova sufficientemente regolari) che necessita di due passaggi al limite dipendenti tra loro:
Vero è che il medesimo modello matematico si applica, in meccanica, al concetto di forza impulsiva, probabilmente più familiare:
con $I$ costante uguale al modulo dell'impulso.
P.S.
Veramente, non ho capito se intendevi ricavare:
sviluppando rigorosamente, probabilmente no, o se intendevi evitare che:
Con le notazioni sottostanti:
$Q gt 0$
$A(0,0,-d/2) ^^ Q_A=-Q$
$B(0,0,d/2) ^^ Q_B=Q$
$P(x,y,z)$
per quanto riguarda il potenziale esatto:
$V(x,y,z)=$
$=-1/(4\pi\epsilon_0)Q/sqrt(x^2+y^2+(z+d/2)^2)+1/(4\pi\epsilon_0)Q/sqrt(x^2+y^2+(z-d/2)^2)=$
$=-Q/(4\pi\epsilon_0)[1/sqrt(x^2+y^2+z^2+d^2/4+dz)-1/sqrt(x^2+y^2+z^2+d^2/4-dz)]$
e per quanto riguarda il potenziale approssimato, sviluppando rigorosamente con le note formule e limitandosi al primo ordine:
$d rarr 0$
$V(x,y,z)=$
$=-Q/(4\pi\epsilon_0)[1/sqrt(x^2+y^2+z^2)-1/2z/sqrt((x^2+y^2+z^2)^3)d-1/sqrt(x^2+y^2+z^2)-1/2z/sqrt((x^2+y^2+z^2)^3)d]=$
$=(Qd)/(4\pi\epsilon_0)z/sqrt((x^2+y^2+z^2)^3)=$
$=(Qd)/(4\pi\epsilon_0)(rcos\theta)/r^3=$
$=(Qd)/(4\pi\epsilon_0)cos\theta/r^2$
Quindi, ammesso e non concesso che io abbia compreso il tuo dubbio, effettivamente:
$lim_(d->0)(Qd)/(4\pi\epsilon_0)cos\theta/r^2=0$
Il fatto è che, per ottenere un limite effettivamente diverso da zero, non solo:
$d rarr 0$
ma anche:
$Q rarr oo$
in modo tale che:
$Q*d=p$
con $p$ costante uguale al modulo del momento di dipolo:
$lim_(d->0)lim_(Q->oo)(Qd)/(4\pi\epsilon_0)cos\theta/r^2=p/(4\pi\epsilon_0)cos\theta/r^2$
Più in generale, la distribuzione di carica associata al momento di dipolo non è una funzione, piuttosto, una distribuzione (un funzionale che agisce su uno spazio di funzioni di prova sufficientemente regolari) che necessita di due passaggi al limite dipendenti tra loro:
$[d rarr 0] ^^ [Q rarr oo] ^^ [Q*d=p]$
Vero è che il medesimo modello matematico si applica, in meccanica, al concetto di forza impulsiva, probabilmente più familiare:
$[\Deltat rarr 0] ^^ [F rarr oo] ^^ [F*\Deltat=I]$
con $I$ costante uguale al modulo dell'impulso.
P.S.
Veramente, non ho capito se intendevi ricavare:
$V(x,y,z)=(Qd)/(4\pi\epsilon_0)cos\theta/r^2$
sviluppando rigorosamente, probabilmente no, o se intendevi evitare che:
$lim_(d->0)(Qd)/(4\pi\epsilon_0)cos\theta/r^2=0$