Aiuto su termostati, ambiente e caldaie
Ciao a tutti,
siamo due ragazze che fraquentano l'ISIA di Urbino.Ci siamo ritrovate in questo forum perchè stiamo lavorando su un progetto di interfaccia per il termostato ambientale. Vorremmo avere dei chiarimenti su alcune nozioni inerenti alla termodinamica che noi non conosciamo.
DOMANDA:
Quanto influisce realmente la temperatura impostata nella caldaia con il dispendio energetico (kj)? e con quello economico? Inoltre,è meglio impostare la caldaia a 40 o a 80 gradi? è meglio accendere e spegnere a proprio gradimento il termostato oppure tenerlo il più possibile ad una temperatura costante?
Qui di seguito riportiamo delle informazioni che abbiamo trovato in un sito, le quali però sono state messe in dubbio da un nostro professore e delle quali anche noi avevamo sempre saputo il contrario.
"Una domanda che ci viene rivolta molto spesso é la seguente: "E' vero che tenendo bassa la temperatura della caldaia si risparmia?
La risposta a questa domanda è un tuonante NO!
Infatti:
1) considerando che la maggior parte delle caldaie in commercio è dotata di modulazione automatica secondo la temperatura, e riducendo la potenza della caldaia diminuisce il rendimento intorno al 10%.
2) ferma restando la nostra pietra miliare che é il termostato ambiente regolato a 20°C, avendo i corpi scaldanti (radiatori) a 80°C, questi riscalderanno l'appartamento più velocemente poichè l'irraggiamento e la convezione sono in funzione diretta della temperatura del corpo stesso; e comunque non appena la temperatura ambiente arriva a 20°C la caldaia verrà arrestata dal nostro fatidico termostato ambiente. Il tempo di accensione della caldaia risulterà appena maggiore rispetto al solito, ma il tempo di spegnimento risulterà molto molto lungo.
Infatti, prima che la caldaia torni in funzione, si dovrà essere raffreddato tutto l'ambiente. Invece mantenendo bassa la temperatura di caldaia, poniamo circa 45°C, vedremo che la caldaia si accenderà e spegnerà ad intervalli regolari di 3-4 minuti (o peggio a fiamma ridottissima) e prima che l'appartamento si riscaldi passerà parecchio tempo. Se abbiamo un misuratore di gas (contatore), sarà sufficiente fare una lettura comparativa dei due metodi ed i risultati del confronto saranno stupefacenti."
Attendiamo con ansia una vostra risposta, vi ringraziamo per la disponibilità.
Saluti, Arianna e Angela.
[mod="Fioravante Patrone"]Modificato titolo. Quello originale era:
termostati ambiente e caldaie.......aiuto!!![/mod]
siamo due ragazze che fraquentano l'ISIA di Urbino.Ci siamo ritrovate in questo forum perchè stiamo lavorando su un progetto di interfaccia per il termostato ambientale. Vorremmo avere dei chiarimenti su alcune nozioni inerenti alla termodinamica che noi non conosciamo.
DOMANDA:
Quanto influisce realmente la temperatura impostata nella caldaia con il dispendio energetico (kj)? e con quello economico? Inoltre,è meglio impostare la caldaia a 40 o a 80 gradi? è meglio accendere e spegnere a proprio gradimento il termostato oppure tenerlo il più possibile ad una temperatura costante?
Qui di seguito riportiamo delle informazioni che abbiamo trovato in un sito, le quali però sono state messe in dubbio da un nostro professore e delle quali anche noi avevamo sempre saputo il contrario.
"Una domanda che ci viene rivolta molto spesso é la seguente: "E' vero che tenendo bassa la temperatura della caldaia si risparmia?
La risposta a questa domanda è un tuonante NO!
Infatti:
1) considerando che la maggior parte delle caldaie in commercio è dotata di modulazione automatica secondo la temperatura, e riducendo la potenza della caldaia diminuisce il rendimento intorno al 10%.
2) ferma restando la nostra pietra miliare che é il termostato ambiente regolato a 20°C, avendo i corpi scaldanti (radiatori) a 80°C, questi riscalderanno l'appartamento più velocemente poichè l'irraggiamento e la convezione sono in funzione diretta della temperatura del corpo stesso; e comunque non appena la temperatura ambiente arriva a 20°C la caldaia verrà arrestata dal nostro fatidico termostato ambiente. Il tempo di accensione della caldaia risulterà appena maggiore rispetto al solito, ma il tempo di spegnimento risulterà molto molto lungo.
Infatti, prima che la caldaia torni in funzione, si dovrà essere raffreddato tutto l'ambiente. Invece mantenendo bassa la temperatura di caldaia, poniamo circa 45°C, vedremo che la caldaia si accenderà e spegnerà ad intervalli regolari di 3-4 minuti (o peggio a fiamma ridottissima) e prima che l'appartamento si riscaldi passerà parecchio tempo. Se abbiamo un misuratore di gas (contatore), sarà sufficiente fare una lettura comparativa dei due metodi ed i risultati del confronto saranno stupefacenti."
Attendiamo con ansia una vostra risposta, vi ringraziamo per la disponibilità.
Saluti, Arianna e Angela.
[mod="Fioravante Patrone"]Modificato titolo. Quello originale era:
termostati ambiente e caldaie.......aiuto!!![/mod]
Risposte
non è facile dare una risposta, e non esiste nemmeno una risposta unica.
Infatti non è solo la temperatura della caldaia che influisce sul consumo, ma tutto il sistema edificio-impianto, quindi a partire dalle dispersioni attraverso l'involucro, ai vari rendimenti dell'impianto (regolazione, emissione, trasmissione, produzione) e anche al tipo di caldaia (se a condensazione ad esempio il rendimento del generatore aumenta al diminuire della temperatura dell'acqua...).
Ora, a parte il caso della caldaia a condensazione, una caldaia normale di per sè avrà il suo massimo rendimento quando funziona alla max potenza. Però essendo questa modulante, la potenza della caldaia non è detto che sia massima quando la temperatura dell'acqua è massima, anzi nella maggior parte dei casi se la caldaia è sovradimensionata rispetto al reale fabbisogno dell'impianto, e quindi può anche non funzionare mai al massimo. Entra però in gioco il rendimento di produzione, che non dipende solo dalla caldaia, ma da tutto il circuito che scambia calore con l'impianto (perchè la caldaia non scalda direttamente l'aria, bensì acqua che viene mandata in circolo e ritorna più fredda), quindi in definitiva dipenderà anche da quanto è la "richiesta" di calore da parte dell'impianto. Può darsi quindi che vi sia una temperatura di mandata ideale, ne troppo alta, ne troppo bassa che "massimizza" il rendimento di produzione, ma questa dipende da tutto il sistema (per questo motivo esistono come accessorio alle caldaie le sonde climatiche esterne, che regolano automaticamente la temperatura di mandata in funzione della temperatura estena, in base a una curva decrescente, con temperatura tanto più alta, quanto più fuori fa freddo e viceversa).
Passando invece alla regolazione del termostato, in teoria l'energia dissipata attraverso l'involucro dipende dalla differenza di temperatura tra l'interno e l'esterno, perciò se noi abbiamo una temperatura interna costante di 20° apparentemente in un giorno l'edificio disperdi di più rispetto ad avere un funzionamento intermittente tra 18 e 20 °C, anche se occorrerebbe tenere conto del fatto che la temperatura esterna è variabile da un ora all'altra e quindi nel calcolo del calore occorrerebbe anche prendere in considerazione la forma generale dell'equazione di Fourier, che tiene conto non solo della conduttività delle strutture, ma anche del calore specifico, e quindi di un ritardo nel passaggio di calore che viene accumulato nelle strutture a seconda dei materliali che le costituiscono. Perciò è sicuramente vero che se l'impianto funziona solo per 1 ora al giorno consuma ovviamente meno che tenerlo sempre acceso a 20°C, ma ci sarà un numero di ore di funzionamento in cui forse il consumo sarà maggiore rispetto al funzionamento continuo. Poi naturalmente l'impianto ci mette un po' di tempo a raggiungere i 20°C, perciò deve comunque funizionare un numero di ore maggiore rispetto a quelle realmente "utilizzate" a 20°C.
Sì è discusso di questo argomento anche in altri forum, senza raggiungere una conclusione che soddisfi tutti...
Infatti non è solo la temperatura della caldaia che influisce sul consumo, ma tutto il sistema edificio-impianto, quindi a partire dalle dispersioni attraverso l'involucro, ai vari rendimenti dell'impianto (regolazione, emissione, trasmissione, produzione) e anche al tipo di caldaia (se a condensazione ad esempio il rendimento del generatore aumenta al diminuire della temperatura dell'acqua...).
Ora, a parte il caso della caldaia a condensazione, una caldaia normale di per sè avrà il suo massimo rendimento quando funziona alla max potenza. Però essendo questa modulante, la potenza della caldaia non è detto che sia massima quando la temperatura dell'acqua è massima, anzi nella maggior parte dei casi se la caldaia è sovradimensionata rispetto al reale fabbisogno dell'impianto, e quindi può anche non funzionare mai al massimo. Entra però in gioco il rendimento di produzione, che non dipende solo dalla caldaia, ma da tutto il circuito che scambia calore con l'impianto (perchè la caldaia non scalda direttamente l'aria, bensì acqua che viene mandata in circolo e ritorna più fredda), quindi in definitiva dipenderà anche da quanto è la "richiesta" di calore da parte dell'impianto. Può darsi quindi che vi sia una temperatura di mandata ideale, ne troppo alta, ne troppo bassa che "massimizza" il rendimento di produzione, ma questa dipende da tutto il sistema (per questo motivo esistono come accessorio alle caldaie le sonde climatiche esterne, che regolano automaticamente la temperatura di mandata in funzione della temperatura estena, in base a una curva decrescente, con temperatura tanto più alta, quanto più fuori fa freddo e viceversa).
Passando invece alla regolazione del termostato, in teoria l'energia dissipata attraverso l'involucro dipende dalla differenza di temperatura tra l'interno e l'esterno, perciò se noi abbiamo una temperatura interna costante di 20° apparentemente in un giorno l'edificio disperdi di più rispetto ad avere un funzionamento intermittente tra 18 e 20 °C, anche se occorrerebbe tenere conto del fatto che la temperatura esterna è variabile da un ora all'altra e quindi nel calcolo del calore occorrerebbe anche prendere in considerazione la forma generale dell'equazione di Fourier, che tiene conto non solo della conduttività delle strutture, ma anche del calore specifico, e quindi di un ritardo nel passaggio di calore che viene accumulato nelle strutture a seconda dei materliali che le costituiscono. Perciò è sicuramente vero che se l'impianto funziona solo per 1 ora al giorno consuma ovviamente meno che tenerlo sempre acceso a 20°C, ma ci sarà un numero di ore di funzionamento in cui forse il consumo sarà maggiore rispetto al funzionamento continuo. Poi naturalmente l'impianto ci mette un po' di tempo a raggiungere i 20°C, perciò deve comunque funizionare un numero di ore maggiore rispetto a quelle realmente "utilizzate" a 20°C.
Sì è discusso di questo argomento anche in altri forum, senza raggiungere una conclusione che soddisfi tutti...
Ringrazio per l'attenzione e cerco di spiegare il quesito.
Il dubbio è se è più economico, tenendo anche conto dell'usura della caldaia, tenere una temperatura dell'acqua per i sanitari alta,per poi miscelarla con la fredda durante l'utilizzo o se è meglio impostare la temperatura più vicina possibile alle proprie esigenze direttamente dalla caldaia.
Intuitivamente mi sembra logica la seconda ipotesi,ma a volte l'intuito non tiene conto di alcuni parametri che magari da un altro punto di vista appaiono significanti.
Grazie.
Il dubbio è se è più economico, tenendo anche conto dell'usura della caldaia, tenere una temperatura dell'acqua per i sanitari alta,per poi miscelarla con la fredda durante l'utilizzo o se è meglio impostare la temperatura più vicina possibile alle proprie esigenze direttamente dalla caldaia.
Intuitivamente mi sembra logica la seconda ipotesi,ma a volte l'intuito non tiene conto di alcuni parametri che magari da un altro punto di vista appaiono significanti.
Grazie.
Per quanto riguarda l'utilizzo della caldai per il riscaldamento ambiente sono daccordo con boba74, ha dato una risposta esauriente.
Non ho capito quando ha scritto questo "Può darsi quindi che vi sia una temperatura di mandata ideale, ne troppo alta, ne troppo bassa che "massimizza" il rendimento di produzione".
Vuoi dire la temperatura tale che, in base a come è dimensionato l'impianto di riscaldamento, permette di mantenere sempre accesa la caldaia?
Premetto che non so come avvenga la regolazione della potenza di una caldaia, magari dipende da modello a modello, se viene variato il rapporto aria combustibile o varia sia la portata di combustibile che di aria. Penso che sia un fattore anche questo che influisce sul rendimento, visto che da questo dipende la temperatura dei fumi dalla camera di combustione e quindi le emissioni inquinati della caldaia.
Comunque schematizzando la caldaia per quello che effettivamente è, cioè uno scambiatore di calore, e facendo alcune ipotesi si può pensare di fare dei ragionamenti su quali sono i fattori che influiscono sull'efficienza.
Mettiamo che siano dati:
-la portata di liquido termovettore che circola nell'impianto
-la temperatura (fissa) di uscita dei fumi dalla camera di combustione (rapporto combustibile/aria costante)
-la temperatura di mandata del liquido dalla caldaia all'impianto
-lo scambiatore primario (fumi di combustione e liquido termovettore) nelle sue dimensioni
-l'impianto nelle sue dimensioni
-la temperatura dell'aria nell'ambiente riscaldato
Conoscendo l'impianto, la temperatura dell'ambiente, la portata, il calore specifico del fluido e la temperatura di mandata siamo in grado di calcolare la temperatura di ritorno.
Questo parametro è forse il più importante nella valutazione delle prestazioni della caldaia, forse più della temperatura di mandata, perchè costituisce il limite oltre il quale la temperatura dei fumi all'uscita della caldaia non può scendere, per quanto possa essere efficiente lo scambiatore. Ovvero permette di calcolare il rapporto tra la potenza che viene ceduta dai fumi (o dalla fiamma per irraggiamento) allo scambiatore e quella che viene prodotta dalla combustione. In particolare per la caldaie a condensazione questa temperatura è importante, visto che la condensazione può avvenire solo se i fumi vengono portati sotto una determinata temperatura.
Una temperatura di mandata più bassa, a parità di portata, per lo stesso impianto... provoca sicuramente una diminuzione della potenza ceduta dall'impianto all'ambiente e una diminuzione della temperatura di ritorno, quindi è un fatto favorevole per quanto riguarda l'efficienza, sotto le ipotesi fatte.
Bisogna osservare inoltre che la temperatura di ritorno costituisce il minimo, ma la temperatura di uscita dei fumi ha dei valori sempre maggiori di questa, visto che lo scambiatore ha delle dimensioni finite, per cui va introdotta anche l'efficienza dello scambiatore, dipendente, oltre che dalle dimensioni dello stesso, dalle portate dei fluidi che lo attraversano (nelle ipotesi fatte può variare solo la portata dei fumi). Una diminuzione della potenza provoca una diminuzione della portata dei fumi e un incremento dell'efficienza dello scambiatore, quindi una caldaia più sovradimensionata che funziona ad una potenza minore di quella nominale ha un'efficienza maggiore. I fattori che intervengono sono il costo, l'ingombro, l'efficienza exergetica dell'impianto (per far circolare i fluidi in uno scambiatore più grande c'è bisogno di una potenza maggiore al circolatore e al ventilatore).
Secondo le ipotesi fatte quindi il funzionamento ideale si ha quando la temperatura di mandata è tale che la potenza scambiata nell'impianto è pari a quella dissipata dall'involucro edilizio, o meglio è pari a quella che l'aria cede alla superficie interna dell'involucro edilizio, considerando anche la risposta non stazionaria di questo, correlabile con la differenza di temperatura tra aria interna ed aria esterna (anche se forse sarebbe più efficace una misura della temperatura della superficie interna dell'edificio in uno o più punti opportuni, visto che la risposta transitoria dell'edificio varia in base a quanto e come viene utilizzato l'impianto durante la giornata, non solo in base all'andamento della temperatura esterna).
L'utilizzo di impianti che, a parità di potenza, richiedono una temperatura minore è vantaggioso per quanto riguarda l'efficienza (anche in questo caso si parla di efficienza solo in termini di calore, in teoria si dovrebbe parlare di efficienza exergetica, visto che gli impianti a più bassa temperatura hanno perdite di carico maggiori, richiedendo potenze ai circolatori maggiori.
Un'osservazione che si può fare a questo punto è chiederci che cosa cambia se cambiamo la portata del liquido nell'impianto di riscaldamento.
Se diminuisce questa portata, a parità di potenza ceduta all'impianto e temperatura di ritorno, la temperatura di mandata richiesta è più elevata e, visto che la differenza di temperatura media logaritmica tra fumi e liquido deve rimanere uguale, aumenta anche la temperatura di uscita dei fumi.
Volendo calcolare questo aumento dovremmo utilizzare la seguente formula:
$ln((T_(b2)-T_(a2))/(T_(b1)-T_(a1)))=-(1/(q_a*c_a)+1/(q_b*c_b))*k_i*p*L$
e
$q_a*c_a*(T_(a1)-T_(a2))=Q$
Dove
$T_(b1)$ è la temperatura di mandata
$T_(b2)$ la temperatura di ritorno
$T_(a1)$ la temperatura di ingresso dei fumi
$T_(a2)$ la temperatura di uscita dei fumi
$Q$ la potenza ceduta al fluido termovettore attraverso la scambiatore
$q_a$ la portata di fumi
$q_b$ la portata di liquido nello scambiatore
$c_a$ il calore specifico dei fumi (solo per caldaia senza condensazione)
$c_b$ calore specifico del liquido
$p$ perimetro della sezione delo scambiatore
$k_i$ coefficiente di scambio tra fluido e fumi
$L$ lunghezza dello scambiatore
Non ho capito quando ha scritto questo "Può darsi quindi che vi sia una temperatura di mandata ideale, ne troppo alta, ne troppo bassa che "massimizza" il rendimento di produzione".
Vuoi dire la temperatura tale che, in base a come è dimensionato l'impianto di riscaldamento, permette di mantenere sempre accesa la caldaia?
Premetto che non so come avvenga la regolazione della potenza di una caldaia, magari dipende da modello a modello, se viene variato il rapporto aria combustibile o varia sia la portata di combustibile che di aria. Penso che sia un fattore anche questo che influisce sul rendimento, visto che da questo dipende la temperatura dei fumi dalla camera di combustione e quindi le emissioni inquinati della caldaia.
Comunque schematizzando la caldaia per quello che effettivamente è, cioè uno scambiatore di calore, e facendo alcune ipotesi si può pensare di fare dei ragionamenti su quali sono i fattori che influiscono sull'efficienza.
Mettiamo che siano dati:
-la portata di liquido termovettore che circola nell'impianto
-la temperatura (fissa) di uscita dei fumi dalla camera di combustione (rapporto combustibile/aria costante)
-la temperatura di mandata del liquido dalla caldaia all'impianto
-lo scambiatore primario (fumi di combustione e liquido termovettore) nelle sue dimensioni
-l'impianto nelle sue dimensioni
-la temperatura dell'aria nell'ambiente riscaldato
Conoscendo l'impianto, la temperatura dell'ambiente, la portata, il calore specifico del fluido e la temperatura di mandata siamo in grado di calcolare la temperatura di ritorno.
Questo parametro è forse il più importante nella valutazione delle prestazioni della caldaia, forse più della temperatura di mandata, perchè costituisce il limite oltre il quale la temperatura dei fumi all'uscita della caldaia non può scendere, per quanto possa essere efficiente lo scambiatore. Ovvero permette di calcolare il rapporto tra la potenza che viene ceduta dai fumi (o dalla fiamma per irraggiamento) allo scambiatore e quella che viene prodotta dalla combustione. In particolare per la caldaie a condensazione questa temperatura è importante, visto che la condensazione può avvenire solo se i fumi vengono portati sotto una determinata temperatura.
Una temperatura di mandata più bassa, a parità di portata, per lo stesso impianto... provoca sicuramente una diminuzione della potenza ceduta dall'impianto all'ambiente e una diminuzione della temperatura di ritorno, quindi è un fatto favorevole per quanto riguarda l'efficienza, sotto le ipotesi fatte.
Bisogna osservare inoltre che la temperatura di ritorno costituisce il minimo, ma la temperatura di uscita dei fumi ha dei valori sempre maggiori di questa, visto che lo scambiatore ha delle dimensioni finite, per cui va introdotta anche l'efficienza dello scambiatore, dipendente, oltre che dalle dimensioni dello stesso, dalle portate dei fluidi che lo attraversano (nelle ipotesi fatte può variare solo la portata dei fumi). Una diminuzione della potenza provoca una diminuzione della portata dei fumi e un incremento dell'efficienza dello scambiatore, quindi una caldaia più sovradimensionata che funziona ad una potenza minore di quella nominale ha un'efficienza maggiore. I fattori che intervengono sono il costo, l'ingombro, l'efficienza exergetica dell'impianto (per far circolare i fluidi in uno scambiatore più grande c'è bisogno di una potenza maggiore al circolatore e al ventilatore).
Secondo le ipotesi fatte quindi il funzionamento ideale si ha quando la temperatura di mandata è tale che la potenza scambiata nell'impianto è pari a quella dissipata dall'involucro edilizio, o meglio è pari a quella che l'aria cede alla superficie interna dell'involucro edilizio, considerando anche la risposta non stazionaria di questo, correlabile con la differenza di temperatura tra aria interna ed aria esterna (anche se forse sarebbe più efficace una misura della temperatura della superficie interna dell'edificio in uno o più punti opportuni, visto che la risposta transitoria dell'edificio varia in base a quanto e come viene utilizzato l'impianto durante la giornata, non solo in base all'andamento della temperatura esterna).
L'utilizzo di impianti che, a parità di potenza, richiedono una temperatura minore è vantaggioso per quanto riguarda l'efficienza (anche in questo caso si parla di efficienza solo in termini di calore, in teoria si dovrebbe parlare di efficienza exergetica, visto che gli impianti a più bassa temperatura hanno perdite di carico maggiori, richiedendo potenze ai circolatori maggiori.
Un'osservazione che si può fare a questo punto è chiederci che cosa cambia se cambiamo la portata del liquido nell'impianto di riscaldamento.
Se diminuisce questa portata, a parità di potenza ceduta all'impianto e temperatura di ritorno, la temperatura di mandata richiesta è più elevata e, visto che la differenza di temperatura media logaritmica tra fumi e liquido deve rimanere uguale, aumenta anche la temperatura di uscita dei fumi.
Volendo calcolare questo aumento dovremmo utilizzare la seguente formula:
$ln((T_(b2)-T_(a2))/(T_(b1)-T_(a1)))=-(1/(q_a*c_a)+1/(q_b*c_b))*k_i*p*L$
e
$q_a*c_a*(T_(a1)-T_(a2))=Q$
Dove
$T_(b1)$ è la temperatura di mandata
$T_(b2)$ la temperatura di ritorno
$T_(a1)$ la temperatura di ingresso dei fumi
$T_(a2)$ la temperatura di uscita dei fumi
$Q$ la potenza ceduta al fluido termovettore attraverso la scambiatore
$q_a$ la portata di fumi
$q_b$ la portata di liquido nello scambiatore
$c_a$ il calore specifico dei fumi (solo per caldaia senza condensazione)
$c_b$ calore specifico del liquido
$p$ perimetro della sezione delo scambiatore
$k_i$ coefficiente di scambio tra fluido e fumi
$L$ lunghezza dello scambiatore
"barbastrejo":
Ringrazio per l'attenzione e cerco di spiegare il quesito.
Il dubbio è se è più economico, tenendo anche conto dell'usura della caldaia, tenere una temperatura dell'acqua per i sanitari alta,per poi miscelarla con la fredda durante l'utilizzo o se è meglio impostare la temperatura più vicina possibile alle proprie esigenze direttamente dalla caldaia.
Intuitivamente mi sembra logica la seconda ipotesi,ma a volte l'intuito non tiene conto di alcuni parametri che magari da un altro punto di vista appaiono significanti.
Grazie.
Anche in questo caso non so come funziona il sistema di regolazione di una caldaia, in particolare se la temperatura di mandata allo scambiatore primario (quellop tra fumi e acqua dell'impianto di riscaldamento) viene regolata in base alla temperatura di mandata dello scambiatore secondario (quello tra acqua dell'impianto di riscaldamento e acqua sanitaria) o se è solo la portata tra i due scambiatori che varia.
Comunque ammesso che ci sia una regolazione della temperatura anche nello scambiatore primario valgono le stesse considerazioni fatte prima, cioè è meglio mantenere una temperatura più bassa, perchè da questa deriva una temperatura di uscita dei fumi più bassa.
Vi ringrazio per l'attenzione e la chiarezza dell'esposizione.
Grazie nonsoxkè per la precisa relazione che hai fatto sul funzionamento dell'impianto.
Ti posso dire che la regolazione della combustione della caldaia avviene regolando l'apporto di combustibile e di aria. Per questo motivo, analizzando solo la resa del bruciatore, il massimo rendimento si ha sempre alla massima potenza (perchè tutti gli elementi sono dimensionati per una potenza nominale, che in pratica si avvicina a quella massima), e questo vale anche per le caldaie a condensazione. Combinando poi il sistema del bruciatore con quello dello scambiatore, la differenza tra i 2 tipi di caldaie fa sì che le caldaie a condensazione abbiano un rendimento crescente con la diminuzione della T di mandata e viceversa. Naturalmente questo andamento non è comunque lineare, perciò anche le caldaie a condensazione, al di sotto di una certa temperatura si vedono abbassare il rendimento: quindi in pratica non è completamente vero che più è bassa T e migliore è i rendimento, di fatto mi pare che la temperatura "ideale" di mandata che da il rendimento massimo in condensazione si attesta tra i 38 e 42 °C, quindi nonostante io imposti una temperatura più bassa di 38°C (in genere si arriva anche a 30 negli impianti a bassa temperatura), non è detto che io migliori le prestazioni dell'impianto.
Altra osservazione, (a cui non ho ancora trovato risposta) è questa: io a casa ho una caldaia a condensazione con impianto a pavimento a bassa temperatura: non ho sonda esterna, perciò la T dell'acqua la regolo io manualmente, poniamo che sia fissa a 40C°. Sul display leggo la temperatura di mandata in tempo reale: quando la caldaia parte, il bruciatore modula finchè la T non arriva al valore impostato (in questo caso la portata potrebbe variare, perchè la pompa ha una velocità fissa, ma siccome ogni stanza ha un suo circuito termostatizzato, di fatto in un certo istante potrei avere un numero di circuiti chiusi variabile a seconda delle temperature nei vari locali, e quindi una portata variabile a seconda di quanti circuiti ho aperti contemporaneamente).
Dopo qualche minuto di funzionamento a 40°C, io mi aspetterei che il bruciatore continui a funzionare modulandosi automaticamente per mantenermi sempre una T a 40°C, o che al max si spegnesse nel caso in cui la richiesta è talmente bassa che meno di così non possa funzionare e quindi dovrebbe andare a intermittenza e riaccendersi dopo che la T è scesa di poco sotto i 40°C.
Invece succede che dopo qalche minuto, si spegne e rimane spento anche per diverso tempo, a volte finchè la T non arriva a 25°C (questo senza che nel frattempo sia variata la richiesta in nessun locale), e successivamente alterna periodi di funzionamento a 40°C e periodi di inattività, spesso accendendosi anche solo qualche secondo per riportare la T a 40°C per un istante. Credo che il tutto sia gestito elettronicamente, ma non so in base a quale criterio, fatto sta che di fatto sembra comunque impssibile un funzionamento continuo del bruciatore se non in quei periodi particolarmente freddi, quando tutti i cricuiti sono aperti e quindi succede che il funzionamento va a vanti per un paio di ore, ma comunque prima o poi ci sono queste pause.
Ti posso dire che la regolazione della combustione della caldaia avviene regolando l'apporto di combustibile e di aria. Per questo motivo, analizzando solo la resa del bruciatore, il massimo rendimento si ha sempre alla massima potenza (perchè tutti gli elementi sono dimensionati per una potenza nominale, che in pratica si avvicina a quella massima), e questo vale anche per le caldaie a condensazione. Combinando poi il sistema del bruciatore con quello dello scambiatore, la differenza tra i 2 tipi di caldaie fa sì che le caldaie a condensazione abbiano un rendimento crescente con la diminuzione della T di mandata e viceversa. Naturalmente questo andamento non è comunque lineare, perciò anche le caldaie a condensazione, al di sotto di una certa temperatura si vedono abbassare il rendimento: quindi in pratica non è completamente vero che più è bassa T e migliore è i rendimento, di fatto mi pare che la temperatura "ideale" di mandata che da il rendimento massimo in condensazione si attesta tra i 38 e 42 °C, quindi nonostante io imposti una temperatura più bassa di 38°C (in genere si arriva anche a 30 negli impianti a bassa temperatura), non è detto che io migliori le prestazioni dell'impianto.
Altra osservazione, (a cui non ho ancora trovato risposta) è questa: io a casa ho una caldaia a condensazione con impianto a pavimento a bassa temperatura: non ho sonda esterna, perciò la T dell'acqua la regolo io manualmente, poniamo che sia fissa a 40C°. Sul display leggo la temperatura di mandata in tempo reale: quando la caldaia parte, il bruciatore modula finchè la T non arriva al valore impostato (in questo caso la portata potrebbe variare, perchè la pompa ha una velocità fissa, ma siccome ogni stanza ha un suo circuito termostatizzato, di fatto in un certo istante potrei avere un numero di circuiti chiusi variabile a seconda delle temperature nei vari locali, e quindi una portata variabile a seconda di quanti circuiti ho aperti contemporaneamente).
Dopo qualche minuto di funzionamento a 40°C, io mi aspetterei che il bruciatore continui a funzionare modulandosi automaticamente per mantenermi sempre una T a 40°C, o che al max si spegnesse nel caso in cui la richiesta è talmente bassa che meno di così non possa funzionare e quindi dovrebbe andare a intermittenza e riaccendersi dopo che la T è scesa di poco sotto i 40°C.
Invece succede che dopo qalche minuto, si spegne e rimane spento anche per diverso tempo, a volte finchè la T non arriva a 25°C (questo senza che nel frattempo sia variata la richiesta in nessun locale), e successivamente alterna periodi di funzionamento a 40°C e periodi di inattività, spesso accendendosi anche solo qualche secondo per riportare la T a 40°C per un istante. Credo che il tutto sia gestito elettronicamente, ma non so in base a quale criterio, fatto sta che di fatto sembra comunque impssibile un funzionamento continuo del bruciatore se non in quei periodi particolarmente freddi, quando tutti i cricuiti sono aperti e quindi succede che il funzionamento va a vanti per un paio di ore, ma comunque prima o poi ci sono queste pause.
Il $k_i$ l'ho introdotto come se fosse una costante, ma ad essere precisi questo varia con la velocità dei fumi attraverso lo scambiatore del bruciatore, per quanto riguarda la parte convettiva dello scambio, mentre il coefficiente radiativo non credo che vari più di tanto al variare delle dimensioni della fiamma, ammesso che il rapporto tra aria e combustibile rimanga lo stesso. Sarebbe da considerare anche il fatto che la fiamma sia premiscelata o meno, che può influire sulla temperatura raggiunta da questa, o l'effetto della turbolenza su questa.
Nelle caldaie a condensazione la parte convettiva, e quindi l'andamento del relativo coefficiente di scambio convettivo in funzione della portata di fumi, penso che sia più importante rispetto ad una caldaia tradizionale.
Non ho ben chiaro il tipo di impianto che hai in casa, ma nel tuo caso mi pare che manchi una vera e propria regolazione della temperatura dell'ambiente, i 40°C fissi immagino che non vadano bene in qualsiasi condizione.
Non so come si regoli la tua caldaia ma credo che abbia un sensore di portata: quando la portata scende sotto un certo valore la caldaia si spenge anche se la temperatura di mandata scende sotto il valore fissato.
Le valvole termostatiche di cui parli sono di tipo chiuso/aperto? Se si regolano diversamente, può essere che rispondano troppo velocemente da rendere il sistema di regolazione instabile. In teoria dovrebbero regolarsi in base alla temperatura ambiente nei vari locali, ma questo tipo di regolazione, per questo tipo di impianto (impianto a pavimento quindi dotato di notevole inerzia termica) la vedo un po' ardua. Anche intuitivamente, prima che un cambiamento nella potenza fornita all'impianto sia misurabile apprezzabilmente al termostato ambiente come variazione di temperatura dell'aria, passa diverso tempo.
Comunque su questo forum dovresti trovare aiuto riguardo a sistemi di regolazione, la loro stabilità, la capacità di seguire bene un set point variabile nel tempo, anche in condizioni come questa, in cui l'effetto del segnale in ingresso è misurato dal sensore in uscita dopo un intervallo di tempo notevole.
Nelle caldaie a condensazione la parte convettiva, e quindi l'andamento del relativo coefficiente di scambio convettivo in funzione della portata di fumi, penso che sia più importante rispetto ad una caldaia tradizionale.
Non ho ben chiaro il tipo di impianto che hai in casa, ma nel tuo caso mi pare che manchi una vera e propria regolazione della temperatura dell'ambiente, i 40°C fissi immagino che non vadano bene in qualsiasi condizione.
Non so come si regoli la tua caldaia ma credo che abbia un sensore di portata: quando la portata scende sotto un certo valore la caldaia si spenge anche se la temperatura di mandata scende sotto il valore fissato.
Le valvole termostatiche di cui parli sono di tipo chiuso/aperto? Se si regolano diversamente, può essere che rispondano troppo velocemente da rendere il sistema di regolazione instabile. In teoria dovrebbero regolarsi in base alla temperatura ambiente nei vari locali, ma questo tipo di regolazione, per questo tipo di impianto (impianto a pavimento quindi dotato di notevole inerzia termica) la vedo un po' ardua. Anche intuitivamente, prima che un cambiamento nella potenza fornita all'impianto sia misurabile apprezzabilmente al termostato ambiente come variazione di temperatura dell'aria, passa diverso tempo.
Comunque su questo forum dovresti trovare aiuto riguardo a sistemi di regolazione, la loro stabilità, la capacità di seguire bene un set point variabile nel tempo, anche in condizioni come questa, in cui l'effetto del segnale in ingresso è misurato dal sensore in uscita dopo un intervallo di tempo notevole.