Urangutang
Su questo sito ogni tanto sento nominare il metodo 'urangutang' per risolvere le equazioni differenziali. Ma che è??? Io ho fatto un corso di equazioni differenziali alla Sapienza, ma non ho mai sentito di urangutanghi. Forse lo chiamano in altro modo?
Risposte
E' un nome scherzoso dato dal prof.Patrone a un procedimento di soluzione di Equazioni differenziali , piuttosto disinvolto.
Qui puoi trovare tutte le informazioni
http://www.fioravante.patrone.name/mat/ ... _intro.htm
Qui puoi trovare tutte le informazioni
http://www.fioravante.patrone.name/mat/ ... _intro.htm
Grazie della risposta! Ah, è il metodo che si usa nella separazione delle variabili, di spaccare in due il simbolo di derivata etc.! Certo che è un procedimento da scimmioni, ma è un trucco mnemonico, sotto c'è un procedimento di sostituzione rigoroso, che facendo l'urangutang non appare. Comunque mi leggerò più attentamente il link che mi hai mandato. Grazie ancora!
Questo forum devo dire che mi ha rovinato! Da quando ho letto del metodo urangutang sul forum non riesco a leggere il rosati (fisica) senza bestemmiare come un turco...lo usa praticamente in ogni esercizio, integra a fette, a spicchi, come viene prima, sistemando tutti i vari "d pippo" e poi integrando...e non ho la coscienza tranquilla se prima non mi metto su un foglio a riscrivere il passaggio come invece andava fatto (dal punto di vista più rigoroso)...
Già che ci siamo una domanda...quando dice "Differenziando entrambi i membri...", questo a rigor di logica si potrebbe fare? Se due funzioni sono uguali (collegati cioè da un equazione) allora avranno anche lo stesso differenziale...il problema però è "pretendere" che questo differenziale possa essere impunemente confuso con la variabile di integrazione....come si potrebbe "scrivere meglio?" Intendo un passaggio del tipo
$F(x)=G(x)$
Differenziamo entrambi i membri
$dF(x) = dG(x)$
da quest'ultima equazione si trova un legame tra "infinitesimi"...per trovare i vari "dpippo", per poi sostituire nell'integrale
$\int d$pippo....
C'è un modo per formalizzare l'operazione di "differenziare entrambi i membri" (da poter usare nell'integrale intendo...
Già che ci siamo una domanda...quando dice "Differenziando entrambi i membri...", questo a rigor di logica si potrebbe fare? Se due funzioni sono uguali (collegati cioè da un equazione) allora avranno anche lo stesso differenziale...il problema però è "pretendere" che questo differenziale possa essere impunemente confuso con la variabile di integrazione....come si potrebbe "scrivere meglio?" Intendo un passaggio del tipo
$F(x)=G(x)$
Differenziamo entrambi i membri
$dF(x) = dG(x)$
da quest'ultima equazione si trova un legame tra "infinitesimi"...per trovare i vari "dpippo", per poi sostituire nell'integrale
$\int d$pippo....
C'è un modo per formalizzare l'operazione di "differenziare entrambi i membri" (da poter usare nell'integrale intendo...
Se \(F\) è sufficientemente regolare (cosa che in Fisica classica si suppone sempre) e se \(F(x)=G(x)\), allora \(G\) è altrettanto regolare, si ha \(F^\prime (x)=G^\prime (x)\) e quindi pure \(\text{d} F = F^\prime (x)\ \text{d} x = G^\prime (x)\ \text{d} x = \text{d} G\).
Che poi questa roba qui possa essere usata in integrali dipende da come sono fatti gli integrali che di volta in volta si presentano.
Che poi questa roba qui possa essere usata in integrali dipende da come sono fatti gli integrali che di volta in volta si presentano.
Se me lo consentite posto un esempio. Si vuole misurare la forza di gravità esercitata da una sfera omogenea di raggio R su un punto materiale posto a distanza d dal centro della sfera (so che sembra fisica, ma il mio dubbio è sul modo in cui usa i differenziali, quindi non vado off topic).
Ovviamente dovrei calcolare l'integrale triplo
$\int\int\int_\Omega (G m\rho \cos\alpha dxdydz)/(X^2)$
dove X è la distanza tra il punto materiale e la posizione del volumetto di sfera infinitesimo che considero. Il $\cos\alpha$ vuole dire che prendo la componente della forza parallela alla congiungente tra centro di sfera e m.
Se $\theta$ è l'angolo tra $r$ e $s$, con
r: congiungente tra il centro della sfera e il volumetto dm (lungo ovviamente R)
s: congiungente il centro della sfera con la massa m (ricordo che chiamo d la distanza tra il centro della sf era e m)
Allora in tal caso si ha (usando carnot)
$X^2= R^2+d^2-2Rd\cos\theta$
Una cosa che lui fa è integrare per spicchi e anelli; io preferisco semplicemente applicare la formula del cambiamento di variabile (con la formula col determinante della Jacobiana). Verrà un certo integrale in $d\rho d\theta d\phi$, non è importante quale.
Qui viene la parte che vorrei scrivere meglio: lui dice "differenziando entrambi i membri si ha"
$2XdX= 2Rd\sin\theta d\theta$
Da cui ricava $d\theta = X/(Rd) dX$
per poi sostituire il $d\theta$ dell'integrale (variabile di integrazione) con $X/(Rd) dX$ (e integrare su X invece che su $\theta$...
spero di non aver creato confusione...come posso formalizzare meglio questo passaggio?
Ovviamente dovrei calcolare l'integrale triplo
$\int\int\int_\Omega (G m\rho \cos\alpha dxdydz)/(X^2)$
dove X è la distanza tra il punto materiale e la posizione del volumetto di sfera infinitesimo che considero. Il $\cos\alpha$ vuole dire che prendo la componente della forza parallela alla congiungente tra centro di sfera e m.
Se $\theta$ è l'angolo tra $r$ e $s$, con
r: congiungente tra il centro della sfera e il volumetto dm (lungo ovviamente R)
s: congiungente il centro della sfera con la massa m (ricordo che chiamo d la distanza tra il centro della sf era e m)
Allora in tal caso si ha (usando carnot)
$X^2= R^2+d^2-2Rd\cos\theta$
Una cosa che lui fa è integrare per spicchi e anelli; io preferisco semplicemente applicare la formula del cambiamento di variabile (con la formula col determinante della Jacobiana). Verrà un certo integrale in $d\rho d\theta d\phi$, non è importante quale.
Qui viene la parte che vorrei scrivere meglio: lui dice "differenziando entrambi i membri si ha"
$2XdX= 2Rd\sin\theta d\theta$
Da cui ricava $d\theta = X/(Rd) dX$
per poi sostituire il $d\theta$ dell'integrale (variabile di integrazione) con $X/(Rd) dX$ (e integrare su X invece che su $\theta$...
spero di non aver creato confusione...come posso formalizzare meglio questo passaggio?
Il problema più grande penso sia il modo in cui definisci le varie variabili. Per esempio non hai ben descritto cos'è \(\displaystyle \alpha \), se non hai una buona descrizione di come \(\displaystyle \alpha \) vari con \(\displaystyle x,y,z \) come fai a calcolare l'integrale con precisione.
Va ne in realtà non importa...quello che mi preme e sapere cosa e sottointeso nel passaggio "differenziando entrambi i membri, ottengo d theta e sostituisco con il d theta dell'integrale
up
Di fatto tutto e nulla, dipende da come è definito $dx$. Nel caso delle forme differenziali e del loro integrale, il tutto si limita all'applicazione di una applicazione lineare ad una equazione. Certamente il tutto vale perché quelle due sono banalmente funzioni infinitamente differenziabili.
Anche se come dico i miei dubbi non riguardano certo quel passaggio. Ho qualche dubbio sulla formula usata su $X$. Ritengo che invece di $R$ dovresti usare la distanza tra il volumetto e il centro, che è quindi non costante. Tra l'altro quella formula si può ricavare anche usando l'algebra lineare tenendo conto della formula del coseno. Con quella formula integreresti sulla superficie e in quel caso avresti il problema che un integrale triplo su una superficie è nullo. Ma forse il libro sbaglia notazione.
Anche se come dico i miei dubbi non riguardano certo quel passaggio. Ho qualche dubbio sulla formula usata su $X$. Ritengo che invece di $R$ dovresti usare la distanza tra il volumetto e il centro, che è quindi non costante. Tra l'altro quella formula si può ricavare anche usando l'algebra lineare tenendo conto della formula del coseno. Con quella formula integreresti sulla superficie e in quel caso avresti il problema che un integrale triplo su una superficie è nullo. Ma forse il libro sbaglia notazione.
Domanda molto interessante, che è il fulcro del problema:
che relazione c'è tra un integrale di riemann e l'integrale di linea di seconda specie (quella su cui è definita la forma differenziale).
Cioè mettiamo che voglio calcolarmi $\int_a^b f(x) dx$
Riesco a trovare una forma differenziale $\omega$ tale che
$\int_{[a,b]} \omega = \int_a^b f(x) dx$?
E, domanda collegata a questa (e il fulcro dell'intera discussione) c'è qualche modo di "identificare" una misura di Riemann con una e una sola "forma differenziale?" Se così fosse, potrei lavorare a buon diritto sulle "forme differenziali" per poi riportare tutto in termini di integrali di Riemann...non so se la mia domanda è stata comprensibile
che relazione c'è tra un integrale di riemann e l'integrale di linea di seconda specie (quella su cui è definita la forma differenziale).
Cioè mettiamo che voglio calcolarmi $\int_a^b f(x) dx$
Riesco a trovare una forma differenziale $\omega$ tale che
$\int_{[a,b]} \omega = \int_a^b f(x) dx$?
E, domanda collegata a questa (e il fulcro dell'intera discussione) c'è qualche modo di "identificare" una misura di Riemann con una e una sola "forma differenziale?" Se così fosse, potrei lavorare a buon diritto sulle "forme differenziali" per poi riportare tutto in termini di integrali di Riemann...non so se la mia domanda è stata comprensibile
Secondo me è solo una regola formale, un trucco mnemonico, come nella integrazione per sostituzione in una sola variabile. Si sta facendo una sostituzione, no? Intendo dire l'analogo di quello che si fa con la formula di integrazione per sostituzione in una variabile:
$ intf (x) dx =intf(g(t))g'(t) dt $ con $ x=g(t) $ e $ t=g^-1(x) $ (se g è invertibile)
con una scelta opportuna della funzione $ g(t) $ . Quindi vicino a $ dt $ bisogna mettere la derivata di $ g $.
Per ricordarsi formalmente cosa bisogna mettere al posto di $ dx $ si dice:
'differenziamo' ambo i membri di $ x=g(t) $ e abbiamo $ dx=g'(t)dt $ . E' quello che si fa negli esercizi, ma è solo un trucco formale, non si dà significato a $ dx $ e $ dt $, non è che sono differenziali.
Almeno questo è quanto mi hanno insegnato.
$ intf (x) dx =intf(g(t))g'(t) dt $ con $ x=g(t) $ e $ t=g^-1(x) $ (se g è invertibile)
con una scelta opportuna della funzione $ g(t) $ . Quindi vicino a $ dt $ bisogna mettere la derivata di $ g $.
Per ricordarsi formalmente cosa bisogna mettere al posto di $ dx $ si dice:
'differenziamo' ambo i membri di $ x=g(t) $ e abbiamo $ dx=g'(t)dt $ . E' quello che si fa negli esercizi, ma è solo un trucco formale, non si dà significato a $ dx $ e $ dt $, non è che sono differenziali.
Almeno questo è quanto mi hanno insegnato.
Si, il problema è che il libro non l'ha fatto per la semplice "definizione" della funzione, cioè non l'ha fatto con $x=f(t)$, bensì l'ha fatto con due funzioni del tipo $H(x)=N(t)$...bisogna quindi giustificare cosa realmente sta succedendo...e se una "speranza" la trovo secondo me è nel linguaggio delle forme differenziali.
L'integrale di linea e l'integrale di Riemann sono due oggetti a priori completamente diversi: il primo è il sup(=inf) delle somme inferiori (superiori). di una partizione. Nel secondo invece $\omega$ è un campo di forze che moltiplico scalarmente per l'elemento di lunghezza della curva...teoricamente sono due oggetti ben diversi...posso considerare $\omega=f(x)dx+0dy$, e integrare il campo di forze $f(x)$ lungo la "curva" che è il segmento $[a,b]$...ma sebbene "graficamente" si vede che è la stessa cosa, non vedo nessuna ragione apparente per cui i due "Integrali" devono coincidere...
L'integrale di linea e l'integrale di Riemann sono due oggetti a priori completamente diversi: il primo è il sup(=inf) delle somme inferiori (superiori). di una partizione. Nel secondo invece $\omega$ è un campo di forze che moltiplico scalarmente per l'elemento di lunghezza della curva...teoricamente sono due oggetti ben diversi...posso considerare $\omega=f(x)dx+0dy$, e integrare il campo di forze $f(x)$ lungo la "curva" che è il segmento $[a,b]$...ma sebbene "graficamente" si vede che è la stessa cosa, non vedo nessuna ragione apparente per cui i due "Integrali" devono coincidere...
Ragazzi dopo una (notte) tormentata forse ci sono arrivato. Confermatemi o smentitemi.
Quello che viene applicato è una conseguenza del teorema di Dini. Non importa nemmeno che l'integrale sia triplo, è sottointesa la formula di riduzione che trasforma tutto in integrali a una variabile.
Nell'integrazione per sostituzione si è soliti fare il cambio di variabili $x=\phi(y)$, e allora so che $\int f(x) dx = \int f(\phi(y))(d\phi)/(dy) dy$
Il libro fa una cosa più generale: ti parte da un'equazione del tipo
$A(x)=B(y)$, con A,B funzioni.
Vangelo secondo Rosati: differenzio entrambi i membri dell'equazione ottenendo $(dA)/(dx) dx = (dB)/(dy) dy$, e da essi ricavo, per semplificazioni orangutane, $dx= ((dB)/(dy))/((dA)/(dx))dy$.
Riscrittura come si deve: pongo $g(x,y)= A(x)-B(y)$. L'espressione $g(x,y)=0$ mi definisce un luogo di punti. Ammettiamo che $(\partial g(x,y))/(\partial x)$ sia non nullo in un intorno di un certo punto $x_0$. Per il teorema di Dini, posso esplicitare la x rispetto alla y, ottenendo $g(x,y)=g(f(y),y)$ per un'opportuna funzione f (e per un opportuno intervallo). Sempre per il teorema di Dini, si ha $(d(f(y)))/(dy)=-(g_y)/(g_x)$.
Ora osservo che $g_x=(dA)/(dx)$ e $g_y=(dB)/(dy)$...sostituendo ottengo la tesi.
Se quello che ho scritto a un minimo di plausibilità, mi sorge ora un problema: nel passaggio viene differenziata l'equazione
$X^2=r^2+\rho^2-2r\rho\cos\theta$
Da essa viene ricavata l'espressione $(d\theta)/(dX)$, in tutto $\theta\in [0,2\pi]$.
Il problema è che $(\partial X^2-r^2-\rho^2+2r\rho\cos\theta)/(\partial \theta)=-2r\rho\sin\theta$ può benissimo essere 0 (precisamente per $\theta$ multiplo di $\pi$). Quindi sono "legittimato" a usare Dini solo nei seguenti intervalli
$]0,\pi[$ e $]\pi,2\pi[$....chi mi dice quindi che quell'espressione della derivata di $\theta$ vada bene in tutto $[0,2\pi]$?
Quello che viene applicato è una conseguenza del teorema di Dini. Non importa nemmeno che l'integrale sia triplo, è sottointesa la formula di riduzione che trasforma tutto in integrali a una variabile.
Nell'integrazione per sostituzione si è soliti fare il cambio di variabili $x=\phi(y)$, e allora so che $\int f(x) dx = \int f(\phi(y))(d\phi)/(dy) dy$
Il libro fa una cosa più generale: ti parte da un'equazione del tipo
$A(x)=B(y)$, con A,B funzioni.
Vangelo secondo Rosati: differenzio entrambi i membri dell'equazione ottenendo $(dA)/(dx) dx = (dB)/(dy) dy$, e da essi ricavo, per semplificazioni orangutane, $dx= ((dB)/(dy))/((dA)/(dx))dy$.
Riscrittura come si deve: pongo $g(x,y)= A(x)-B(y)$. L'espressione $g(x,y)=0$ mi definisce un luogo di punti. Ammettiamo che $(\partial g(x,y))/(\partial x)$ sia non nullo in un intorno di un certo punto $x_0$. Per il teorema di Dini, posso esplicitare la x rispetto alla y, ottenendo $g(x,y)=g(f(y),y)$ per un'opportuna funzione f (e per un opportuno intervallo). Sempre per il teorema di Dini, si ha $(d(f(y)))/(dy)=-(g_y)/(g_x)$.
Ora osservo che $g_x=(dA)/(dx)$ e $g_y=(dB)/(dy)$...sostituendo ottengo la tesi.
Se quello che ho scritto a un minimo di plausibilità, mi sorge ora un problema: nel passaggio viene differenziata l'equazione
$X^2=r^2+\rho^2-2r\rho\cos\theta$
Da essa viene ricavata l'espressione $(d\theta)/(dX)$, in tutto $\theta\in [0,2\pi]$.
Il problema è che $(\partial X^2-r^2-\rho^2+2r\rho\cos\theta)/(\partial \theta)=-2r\rho\sin\theta$ può benissimo essere 0 (precisamente per $\theta$ multiplo di $\pi$). Quindi sono "legittimato" a usare Dini solo nei seguenti intervalli
$]0,\pi[$ e $]\pi,2\pi[$....chi mi dice quindi che quell'espressione della derivata di $\theta$ vada bene in tutto $[0,2\pi]$?
Ho appena letto quello che hai scritto, mi sembra piuttosto convincente. Sentivo che non c'entravano tanto le forme differenziali, quanto qualche metodo orangutanghiano di sostituzione. Vorrei capire meglio. Su quale Rosati l'hai trovato? Ghizzetti Rosati analisi 2 (che purtroppo non ho)?
Quindi si tratta di una sostituzione più generale di una funzione con un'altra in un integrale, ad esempio B(y) al posto di A(x)?
Sono questo A(x) e B(y)?
Quindi si tratta di una sostituzione più generale di una funzione con un'altra in un integrale, ad esempio B(y) al posto di A(x)?
Sono questo A(x) e B(y)?
Non importa nemmeno che l'integrale sia triplo, è sottointesa la formula di riduzione che trasforma tutto in integrali a una variabile.
Qual è l'integrale in una variabile che ti ritrovi dopo la riduzione?
Qual è l'integrale in una variabile che ti ritrovi dopo la riduzione?
Non direi proprio. Un integrale triplo misura il "volume", e la sfera \(S^2\) (questa notazione si riferisce alla sola superficie) ha volume banalmente nullo. Pertanto si ha
\[ \int_{S^2}\,\mathrm{d}x\mathrm{d}y\mathrm{d}z = 0 ,\]
ma allora per le proprietà degli integrali, per ogni funzione \(f\) limitata ed integrabile si ha che
\[\begin{align} - \sup f^- \int_{S^2}\,\mathrm{d}x\mathrm{d}y\mathrm{d}z &\le \int_{S^2}f \,\mathrm{d}x\mathrm{d}y\mathrm{d}z \le \sup f^+ \int_{S^2}\,\mathrm{d}x\mathrm{d}y\mathrm{d}z \\
0 &\le \int_{S^2}f \,\mathrm{d}x\mathrm{d}y\mathrm{d}z \le 0 , \end{align}\]
dove \(\displaystyle f^+ = \max(f, 0) \) e \(\displaystyle f^- = \max(-f, 0) \). Quindi capisci che il fatto che l'insieme su cui si integra ha una certa importanza.
Anche nel caso di forme differenziali, una 2-forma va integrata su una superficie, una 1-forma su qualche curva e una 3-forma su un qualche spazio 3 dimensionale sufficientemente bello. Non è che si possano fare le cose a caso.
In definitiva se integra su una superficie dovrebbe usare una parametrizzazione delle superficie, cosa che non sta facendo. Non farlo è una semplificazione decisamente grande. Per capirci si dovrebbe seguire questa strada http://it.wikipedia.org/wiki/Integrale_di_superficie .
Continuo comunque a non capire se tu intendi la sfera come \(S^2\) (cioè come i topologi) oppure come tutta la palla chiusa come nella geometria solida del liceo.
\[ \int_{S^2}\,\mathrm{d}x\mathrm{d}y\mathrm{d}z = 0 ,\]
ma allora per le proprietà degli integrali, per ogni funzione \(f\) limitata ed integrabile si ha che
\[\begin{align} - \sup f^- \int_{S^2}\,\mathrm{d}x\mathrm{d}y\mathrm{d}z &\le \int_{S^2}f \,\mathrm{d}x\mathrm{d}y\mathrm{d}z \le \sup f^+ \int_{S^2}\,\mathrm{d}x\mathrm{d}y\mathrm{d}z \\
0 &\le \int_{S^2}f \,\mathrm{d}x\mathrm{d}y\mathrm{d}z \le 0 , \end{align}\]
dove \(\displaystyle f^+ = \max(f, 0) \) e \(\displaystyle f^- = \max(-f, 0) \). Quindi capisci che il fatto che l'insieme su cui si integra ha una certa importanza.
Anche nel caso di forme differenziali, una 2-forma va integrata su una superficie, una 1-forma su qualche curva e una 3-forma su un qualche spazio 3 dimensionale sufficientemente bello. Non è che si possano fare le cose a caso.
In definitiva se integra su una superficie dovrebbe usare una parametrizzazione delle superficie, cosa che non sta facendo. Non farlo è una semplificazione decisamente grande. Per capirci si dovrebbe seguire questa strada http://it.wikipedia.org/wiki/Integrale_di_superficie .
Continuo comunque a non capire se tu intendi la sfera come \(S^2\) (cioè come i topologi) oppure come tutta la palla chiusa come nella geometria solida del liceo.
Rosati Fisica generale I Meccanica Termodinamica, cap. 6 (gravitazione universale)...
Trascrivere l'esempio è un pò noioso, ti faccio un esempio del tutto equivalente (dal punto di vista matematico)
Metti che vuoi calcolarti $\int x^3 dx$ fingendo di non sapere quanto faccia. Metti che hai una grandezza y legata a x con una relazione del tipo
$x^2 = y^(1/2)$
(è un esempio, potrei usare seni, coseni ecc ma verrebbe più complicato).
Metodo urang: Differenzio entrambi i membri, $2xdx = -1/(2y)dy$ e da esso ricavo $dx=-1/(4\sqrt(y)x)dy = -1/(4\sqrt(y) y^(1/4))dy = -1/(4y^(3/4))dy$
sostituisco e calcolo l'integrale.
Metodo "rigoroso": prendo la funzione $g(x,y)=x^2-y^(1/2)$.
g soddisfa tutte le ipotesi del teorema di Dini in un determinato intervallo, quindi esiste una $f$ tale che $x = f(y)$ almeno localmente. Inoltre si ha $(dx)//(dy)=-((\partial g)/(\partial y))/((\partial g)/(\partial x)$. Se fai il conto trovi la stessa relazione di prima che lega $(dx)$ e $(dy)$...solo che questa volta i dx e dy non sono trattati come quantità finite, ma compaiono "simbolicamente" nella derivata...
Trascrivere l'esempio è un pò noioso, ti faccio un esempio del tutto equivalente (dal punto di vista matematico)
Metti che vuoi calcolarti $\int x^3 dx$ fingendo di non sapere quanto faccia. Metti che hai una grandezza y legata a x con una relazione del tipo
$x^2 = y^(1/2)$
(è un esempio, potrei usare seni, coseni ecc ma verrebbe più complicato).
Metodo urang: Differenzio entrambi i membri, $2xdx = -1/(2y)dy$ e da esso ricavo $dx=-1/(4\sqrt(y)x)dy = -1/(4\sqrt(y) y^(1/4))dy = -1/(4y^(3/4))dy$
sostituisco e calcolo l'integrale.
Metodo "rigoroso": prendo la funzione $g(x,y)=x^2-y^(1/2)$.
g soddisfa tutte le ipotesi del teorema di Dini in un determinato intervallo, quindi esiste una $f$ tale che $x = f(y)$ almeno localmente. Inoltre si ha $(dx)//(dy)=-((\partial g)/(\partial y))/((\partial g)/(\partial x)$. Se fai il conto trovi la stessa relazione di prima che lega $(dx)$ e $(dy)$...solo che questa volta i dx e dy non sono trattati come quantità finite, ma compaiono "simbolicamente" nella derivata...
ovviamente chiedo conferma agli esperti...quello che mi preoccupa è il "localmente", cioè quando mi calcolo con Dini $(dx)/(dy)$ so che questa formula sarà valida solo dopo che ho fatto l'esplicitazione di x, e quindi è valida solo in quell'intervallo...come posso estendere il valore di $(dx)/(dy)$ in tutto $\mathbb R$?
[quote=newton_1372]Rosati Fisica generale I Meccanica Termodinamica, cap. 6 (gravitazione universale)...
Trascrivere l'esempio è un pò noioso, ti faccio un esempio del tutto equivalente (dal punto di vista matematico)
Metti che vuoi calcolarti $\int x^3 dx$ fingendo di non sapere quanto faccia. Metti che hai una grandezza y legata a x con una relazione del tipo
$x^2 = y^(1/2)$
Grazie, allora avevo capito bene cosa intendevi. Mi è venuta la curiosità di guardare Rosati, quando vado in biblioteca lo farò!
Voglio chiarirmi questa cosa dei dpippo e dell'urang
Trascrivere l'esempio è un pò noioso, ti faccio un esempio del tutto equivalente (dal punto di vista matematico)
Metti che vuoi calcolarti $\int x^3 dx$ fingendo di non sapere quanto faccia. Metti che hai una grandezza y legata a x con una relazione del tipo
$x^2 = y^(1/2)$
Grazie, allora avevo capito bene cosa intendevi. Mi è venuta la curiosità di guardare Rosati, quando vado in biblioteca lo farò!
Voglio chiarirmi questa cosa dei dpippo e dell'urang
Io per fisica uso due testi, il rosati e il Picasso...il rosati lo tengo piu per la parte sperimentale, e un tomone coi guanti da officina, e USA dx e dy come fossero pezzettini di formaggio. Addirittura lui definisce la derivata come $(\Delta X)/(\Delta y)$ prendendo variazioni abbastanza piccole che il rapporto rimanga costante nelle cifre significative...pero io sono un tipino palloso e convinto che non devi usare una cosa se prima non la sai giustificare, per cui tengo un testo, il Picasso, che al contrario e formalone e superstriminzito: definisce per esempio il lavoro usando l'espressione esatta che definisce l'integrale curvilineo...parla di tensore di inerzia invece che del solo momento...
Detto a noi torno a fare due domande
-La mia argomentazione basata su Dini per giustificare la differenziazione membro a membro di un equazione per ottenere i d da sostituire e giusta?
-se si, il valore dx\dy che ottengo con Dini vale solo nel\'intervallo di esistenza della funzione implicita? Che faccio quando ci sono punti in cui la derivata parziale e zero?
Detto a noi torno a fare due domande
-La mia argomentazione basata su Dini per giustificare la differenziazione membro a membro di un equazione per ottenere i d da sostituire e giusta?
-se si, il valore dx\dy che ottengo con Dini vale solo nel\'intervallo di esistenza della funzione implicita? Che faccio quando ci sono punti in cui la derivata parziale e zero?