Spazi di funzioni
premetto che, non avendoli ancora affrontati, parlo per sentito dire;
uno spazio di funzioni è un insieme i cui elementi sono le funzioni; ora, l'insieme di tutte le funzioni ha potenza superiore a quella del continuo; ciò significherebbe che, oltre a non poter essere rappresentabile, non è neanche immaginabile, infatti, anche se, con un enorme sforzo di fantasia riusciamo almeno a concepire le n-dimensioni, non possiamo arrivare a concepire un insieme che ha potenza superiore a quella del continuo, proprio perchè la nostra mente è legata alle dimensioni... o detto una cavolata??
ciao, ubermensch
uno spazio di funzioni è un insieme i cui elementi sono le funzioni; ora, l'insieme di tutte le funzioni ha potenza superiore a quella del continuo; ciò significherebbe che, oltre a non poter essere rappresentabile, non è neanche immaginabile, infatti, anche se, con un enorme sforzo di fantasia riusciamo almeno a concepire le n-dimensioni, non possiamo arrivare a concepire un insieme che ha potenza superiore a quella del continuo, proprio perchè la nostra mente è legata alle dimensioni... o detto una cavolata??
ciao, ubermensch
Risposte
E' vero, gli spazi funzionali non li possiamo "visualizzare". Però, per esempio, uno spazio funzionale può essere considerato come uno spazio vettoriale perchè (molto in soldoni) le funzioni hanno le stesse proprietà algebriche dei vettori ordinari.
Ecco allora che se uno spazio funzionale è uno spazio vettoriale, tutte le proprietà degli spazi vettoriali si possono appplicare in blocco agli spazi funzionali.
In pratica tratti le funzioni come fossero dei vettori !!!!
Si possono allora "immaginare" funzioni linearmente indipendenti, basi di funzioni, sottospazi di funzioni ecc. ecc.
Se poi definisci una norma (||x|| = lunghezza del vettore) puoi immaginare questi spazi come spazi normati e quindi dotati di tutte le proprietà relative alle norme.
Puoi ancora definire una distanza fra due funzioni come :
d(f , g) = ||f - g||
e così hai uno spazio metrico con tutte le sue proprietà specifiche.
Se poi immagini di costruire un sistema di intorni formati da tutti i sottoinsiemi dello spazio funzionale che contengono le sfere aperte di funzioni (intorni circolari, insiemi ottenuti sfruttando il concetto di distanza testè definito) hai costruito uno spazio topologico funzionale e così hai guadagnato di pacca tutte le proprietà degli spazi topologici.
Se ancora definisci un prodotto interno fra due funzioni analogamente a quello che si fa con due vettori ordinari, hai costruito uno spazio vettoriale dotato di prodotto interno (il prodotto interno i fisici lo chiamano sovente prodotto scalare (vedi il lavoro ecc.)).
Un prodotto interno è legato alla norma dalla semplice e fondamentale relazione :
= ||x||^2 .
Tutto ciò non ha dell'incredibile ?
Bye.
Ecco allora che se uno spazio funzionale è uno spazio vettoriale, tutte le proprietà degli spazi vettoriali si possono appplicare in blocco agli spazi funzionali.
In pratica tratti le funzioni come fossero dei vettori !!!!
Si possono allora "immaginare" funzioni linearmente indipendenti, basi di funzioni, sottospazi di funzioni ecc. ecc.
Se poi definisci una norma (||x|| = lunghezza del vettore) puoi immaginare questi spazi come spazi normati e quindi dotati di tutte le proprietà relative alle norme.
Puoi ancora definire una distanza fra due funzioni come :
d(f , g) = ||f - g||
e così hai uno spazio metrico con tutte le sue proprietà specifiche.
Se poi immagini di costruire un sistema di intorni formati da tutti i sottoinsiemi dello spazio funzionale che contengono le sfere aperte di funzioni (intorni circolari, insiemi ottenuti sfruttando il concetto di distanza testè definito) hai costruito uno spazio topologico funzionale e così hai guadagnato di pacca tutte le proprietà degli spazi topologici.
Se ancora definisci un prodotto interno fra due funzioni analogamente a quello che si fa con due vettori ordinari, hai costruito uno spazio vettoriale dotato di prodotto interno (il prodotto interno i fisici lo chiamano sovente prodotto scalare (vedi il lavoro ecc.)).
Un prodotto interno è legato alla norma dalla semplice e fondamentale relazione :
Tutto ciò non ha dell'incredibile ?
Bye.
Arriama, come sempre, ha fatto una magistrale introduzione all'Analisi Funzionale. Ricordo solo perche' e' stato necessario introdurre gli spazi funzionali. Il punto e' questo: dopo l'avvento del calcolo differenziale ed integrale, i matematici hanno sbattuto contro problemi (ad esempio) di minimo per funzioni che non riuscivano a scrivere con un numero finito di variabili. Ad esempio, trovare la curva di lunghezza minima che attacca due punti nel piano. Sappiamo tutti che e' la retta, ma se io scrivo la "funzione" che associa ad una curva qualunque che connette i due punti dati, la sua lunghezza, allora sono in crisi, perche' la funzione che ottengo non e' una funzione che dipende da un numero finito di variabili ma, per cosi' dire, da un numero infinito (una curva e' descritta da un numero infinito di numeri indipendenti!). Allora come trovo il minimo?
Ecco che, se uno vuole tentare di usare un Teorema tipo il Teorema di Wierstrass, deve capire che cosa significa che una funzione definita su uno spazio di funzioni (e che chiamiamo quindi Funzionale) e a valori reali, e' ad esempio continua su un compatto. Cosa significa continuita' per un funzionale? Ecco che ci vogliono gli aperti nello spazio di funzioni, allora la topologia, cosi' come ci vuole la topologia per parlare di sottoinsieme compatto in uno spazio funzionale. Nasce quindi l'Analisi Funzionale, ovvero lo studio delle proprieta' metriche, topologiche ed altro degli spazi funzionali.
Luca.
Ecco che, se uno vuole tentare di usare un Teorema tipo il Teorema di Wierstrass, deve capire che cosa significa che una funzione definita su uno spazio di funzioni (e che chiamiamo quindi Funzionale) e a valori reali, e' ad esempio continua su un compatto. Cosa significa continuita' per un funzionale? Ecco che ci vogliono gli aperti nello spazio di funzioni, allora la topologia, cosi' come ci vuole la topologia per parlare di sottoinsieme compatto in uno spazio funzionale. Nasce quindi l'Analisi Funzionale, ovvero lo studio delle proprieta' metriche, topologiche ed altro degli spazi funzionali.
Luca.
Che ne dite di un bell'esempio classico di spazio funzionale ? Giusto perchè alle parole seguano i fatti ...
Premetto che le strutture di spazio topologico, vettoriale, metrico, normato e con prodotto interno, sotto sotto, sono una "estrapolazione" delle proprietà di R^n (basta addirittura R !!).
E' lo spazio euclideo il nostro vero "maestro" ! E' lo spazio della nostra esperienza, la base di tutto (come è giusto che sia) !!!
Consideriamo l'insieme delle funzioni numeriche reali continue da [a,b] ad R e chiamiamolo C[a,b].
Graficamente :

C[a,b] è uno spazio vettoriale.
La dimostrazione di questo è molto semplice e lo si può intuire pensando che due funzioni continue si possono sommare e sottrarre fornendo ancora una funzione continua (quindi ancora appartenente a C[a,b]). Una funzione continua può essere inoltre moltiplicata per un numero fornendo ancora una fuznione continua.
Questo è esattamente qullo che avviene per i vettori "ordinari" (quelli che rappresentano forze, spostamenti ecc.).
Se f appartiene a C[a,b], essa è allora un vettore !!! e la possiamo "trattare" come un vettore, cioè essa "eredita" tutte le proprietà dei vettori.
Definiamo ora una norma dentro C[a,b]. Definiamo cioè la possibilità di affermare che una funzione (come vettore) ha una "lungnezza".
Questo può sembrare strano, ma in effetti, la lunghezza di un vettore "ordinario", per essere tale, deve soddisfare poche regole e, se qualcosa, anche astratta, obbidisse alle stesse regole, la potremmo chiamare anch'essa lunghezza (in senso lato, astratto).
Possiamo definire molte norme diverse (non c'è limite alla fantasia, purchè esse soddisfino quelle poche regole ...). Fra esse, scegliamo la seguente, perchè particolarmente interessante :
||f||=(integrale su [a,b] di ([f(t)]^2)dt)^(1/2)
(speriamo si capisca, ed in ogni caso, anche se sembra cervellotica, si capirà più avanti che non lo è per nulla).
Graficamente :

La norma del vettore f è allora la radice quadrata dell'area verde !!!
Lo spazio C[a,b] è così uno spazio normato.
... continua ...
Premetto che le strutture di spazio topologico, vettoriale, metrico, normato e con prodotto interno, sotto sotto, sono una "estrapolazione" delle proprietà di R^n (basta addirittura R !!).
E' lo spazio euclideo il nostro vero "maestro" ! E' lo spazio della nostra esperienza, la base di tutto (come è giusto che sia) !!!
Consideriamo l'insieme delle funzioni numeriche reali continue da [a,b] ad R e chiamiamolo C[a,b].
Graficamente :

C[a,b] è uno spazio vettoriale.
La dimostrazione di questo è molto semplice e lo si può intuire pensando che due funzioni continue si possono sommare e sottrarre fornendo ancora una funzione continua (quindi ancora appartenente a C[a,b]). Una funzione continua può essere inoltre moltiplicata per un numero fornendo ancora una fuznione continua.
Questo è esattamente qullo che avviene per i vettori "ordinari" (quelli che rappresentano forze, spostamenti ecc.).
Se f appartiene a C[a,b], essa è allora un vettore !!! e la possiamo "trattare" come un vettore, cioè essa "eredita" tutte le proprietà dei vettori.
Definiamo ora una norma dentro C[a,b]. Definiamo cioè la possibilità di affermare che una funzione (come vettore) ha una "lungnezza".
Questo può sembrare strano, ma in effetti, la lunghezza di un vettore "ordinario", per essere tale, deve soddisfare poche regole e, se qualcosa, anche astratta, obbidisse alle stesse regole, la potremmo chiamare anch'essa lunghezza (in senso lato, astratto).
Possiamo definire molte norme diverse (non c'è limite alla fantasia, purchè esse soddisfino quelle poche regole ...). Fra esse, scegliamo la seguente, perchè particolarmente interessante :
||f||=(integrale su [a,b] di ([f(t)]^2)dt)^(1/2)
(speriamo si capisca, ed in ogni caso, anche se sembra cervellotica, si capirà più avanti che non lo è per nulla).
Graficamente :

La norma del vettore f è allora la radice quadrata dell'area verde !!!
Lo spazio C[a,b] è così uno spazio normato.
... continua ...
Forse la scelta della norma non e' ottimale come esempio classico. C([a,b]) normato con la norma || . ||_2 non e' completo... e non ci fai niente in uno spazio che non e' completo.
Luca.
Luca.
Giusto, Luca.
Ho scelto quella norma perchè così ci posso definire un prodotto interno e, voilà, il quadro è completo.
Il discorso della completezza lo volevo fare successivamente, così la sua importanza (e necessità) veniva ben sottolineata. La dimostrazione (anche solo intuitiva) poi che questo spazio non è completo è molto carina, secondo me. E, di conseguenza, la necessità di estendere lo spazio alle funzioni sommabili viene da sè.
D'altra parte, in una introduzione della materia, parlare subito di funzioni sommabili mi sembrava aggiungere troppa carne al fuoco. Con le funzioni continue si lavora meglio (a livello iniziale).
La norma sup|f(t)| rende lo spazio completo, però non permette di crearci sopra un prodotto interno.
Ecco il perchè della mia scelta. Non ti pare valida dal punto di vista didattico ?
Ho scelto quella norma perchè così ci posso definire un prodotto interno e, voilà, il quadro è completo.
Il discorso della completezza lo volevo fare successivamente, così la sua importanza (e necessità) veniva ben sottolineata. La dimostrazione (anche solo intuitiva) poi che questo spazio non è completo è molto carina, secondo me. E, di conseguenza, la necessità di estendere lo spazio alle funzioni sommabili viene da sè.
D'altra parte, in una introduzione della materia, parlare subito di funzioni sommabili mi sembrava aggiungere troppa carne al fuoco. Con le funzioni continue si lavora meglio (a livello iniziale).
La norma sup|f(t)| rende lo spazio completo, però non permette di crearci sopra un prodotto interno.
Ecco il perchè della mia scelta. Non ti pare valida dal punto di vista didattico ?
Si, per arrivare ad uno spazio con il prodotto scalare va bene. Solo che e' un esempio "anomalo", perche' tale spazio, quando lo si usa, non lo si norma mai con la norma L^2...
Sta di fatto poi che il prodotto scalare e' utile solo se lo spazio e' completo, e quindi e' ci risiamo... e' un gatto che si morde la coda.
Fra l'altro, e' davvero affascinante il mistero della completezza: perlomenio io non ho ancora capito bene perche' (da un punto di vista filosofico, se vuoi) la completezza e' davvero cosi' necessaria. Eppure non si puo' farne a meno.
Mah...
Luca.
Sta di fatto poi che il prodotto scalare e' utile solo se lo spazio e' completo, e quindi e' ci risiamo... e' un gatto che si morde la coda.
Fra l'altro, e' davvero affascinante il mistero della completezza: perlomenio io non ho ancora capito bene perche' (da un punto di vista filosofico, se vuoi) la completezza e' davvero cosi' necessaria. Eppure non si puo' farne a meno.
Mah...
Luca.
... continua ...
Riprendo la trattazione seguendo l'impostazione iniziale.
Lo spazio C[a,b] dotato della norma definita sopra è uno spazio normato. Di conseguenza esso è anche uno spazio metrico.
Uno spazio metrico è un insieme su cui è definita la possibilità di calcolare la distanza fra due suoi elementi (punti).
Questa distanza, in analogia con ciò che accade nello spazio euclideo dei vettori "ordinari", è data dalla seguente formula fondamentale :
d(x , y) = ||x - y||
cioè la distanza fra due punti (vettori) è data dalla norma della loro differenza.
La metrica dello spazio C[a,b] indotta dalla norma definita sopra sarà allora :
d(f , g) = ||f - g|| = (integrale su [a,b] di ([f(t)-g(t)]^2)dt)^(1/2)
dove f e g sono due funzioni di C[a,b].
Graficamente :

La distanza fra le due funzioni f e g sarà allora la radice quadrata dell'area verde !!!
Si vede bene che se le due funzioni sono uguali, la loro distanza (come deve essere) è nulla.
La possibilità di definire una distanza fra due funzioni è di findamentale importanza. Possiamo per esempio, data una funzione, trovare tutte quelle che distano da essa per un numero minore di un numero dato. Possiamo, cioè, costruire un intorno circolare (o sfera aperta) di una certa funzione come se essa fosse un punto !!!
Ciò è di importanza enorme. Possiamo quindi, con gli intorni circolari, creare una topologia ed ottenere perciò uno spazio topologico.
Il nostro spazio C[a,b] è quindi anche uno spazio topologico.
Il nostro spazio C[a,b] possiede a questo punto tutte le proprietà degli spazi vettoriali, normati, metrici e topologici !!!
Scusate se è poco ... ma non è ancora tutto ...
... continua ...
Riprendo la trattazione seguendo l'impostazione iniziale.
Lo spazio C[a,b] dotato della norma definita sopra è uno spazio normato. Di conseguenza esso è anche uno spazio metrico.
Uno spazio metrico è un insieme su cui è definita la possibilità di calcolare la distanza fra due suoi elementi (punti).
Questa distanza, in analogia con ciò che accade nello spazio euclideo dei vettori "ordinari", è data dalla seguente formula fondamentale :
d(x , y) = ||x - y||
cioè la distanza fra due punti (vettori) è data dalla norma della loro differenza.
La metrica dello spazio C[a,b] indotta dalla norma definita sopra sarà allora :
d(f , g) = ||f - g|| = (integrale su [a,b] di ([f(t)-g(t)]^2)dt)^(1/2)
dove f e g sono due funzioni di C[a,b].
Graficamente :

La distanza fra le due funzioni f e g sarà allora la radice quadrata dell'area verde !!!
Si vede bene che se le due funzioni sono uguali, la loro distanza (come deve essere) è nulla.
La possibilità di definire una distanza fra due funzioni è di findamentale importanza. Possiamo per esempio, data una funzione, trovare tutte quelle che distano da essa per un numero minore di un numero dato. Possiamo, cioè, costruire un intorno circolare (o sfera aperta) di una certa funzione come se essa fosse un punto !!!
Ciò è di importanza enorme. Possiamo quindi, con gli intorni circolari, creare una topologia ed ottenere perciò uno spazio topologico.
Il nostro spazio C[a,b] è quindi anche uno spazio topologico.
Il nostro spazio C[a,b] possiede a questo punto tutte le proprietà degli spazi vettoriali, normati, metrici e topologici !!!
Scusate se è poco ... ma non è ancora tutto ...
... continua ...
è davvero tutto molto interessante!! attendo il continuo!!
ciao, ubermensch
ciao, ubermensch
Grazie per l'interessamento, uber !
Ti pregherei di segnalare anche eventuali errori e cose che non sono chiare ...
... continua ...
Il fatto che abbiamo costruito su C[a,b] una struttura metrica, cioè la possibilità di definire una distanza fra due funzioni, è di estrema importanza.
Tra le tante cose che una metrica ci "regala", riveste una particolare importanza la possibilità di costrire delle successioni di funzioni convergenti ad una funzione.
In generale, una successione di punti converge ad ud punto dato (detto limite della successione), quando la distanza dal generico punto n-esimo della successione al punto limite tende a zero al tendere all'infinito di n (n appartenente all'insieme dei numeri naturali).
Siccome le funzioni di C[a,b] sono punti di uno spazio metrico, ecco che allora possiamo cotruire successioni di funzioni convergenti ad una funzione limite.
Successioni, cioè, per cui :
d(fn , f) --> 0 per n -->00
Graficamente :

(notate come è comodo trattare le funzioni come fossero punti !)
Nasce a questo punto un grosso problema. Ci sono successioni che hanno la proprietà di avere i loro termini con distanza tendente a zero al crescere dell'indice, ma che non convergono ad un punto dell'insieme.
Questo succede per esempio in Q (numeri razionali). Vi sono successioni di numeri razionali che non convergono a numeri razionali, ma a numeri irrazionali !!
Tecnicamente, una successione per cui la distanza fra gli elementi tende a zero al crescere degli indici si chiama successione di Cauchy. Una successione di Cauchy è una successione per cui (in sintesi) :
d(xm , xn) --> 0 per m , n --> 00 .
Come si vede bene, una successione di Cauchy è convergente ma in essa non è definito a priori il punto a cui essa converge. In questo modo, una successione di Cauchy può convergere ad un elemento dell'insieme o convergere ad un elemento fuori dall'insieme.
Orbene, gli spazi metrici per cui tutte le successioni di Cauchy convergono ad elementi dell'insieme stesso si chiamano spazi metrici completi.
L'insieme R (numeri reali) considerato come spazio metrico con la metrica usuale d(x , y) = |x - y| è uno spazio completo, mentre Q (numeri razionali) con la stessa metrica non lo è.
L'essere completo o non è una proprietà di fondamentale importanza e gli spazi completi godono di enormi vantaggi (lo si può intuire dalle proprietà di R rispetto a Q).
Non essere completo, per uno spazio, è, come giustamente dice Luca, una grossa "iattura" ...
Gli spazi normati completi si chiamano spazi di Banach.
Domandiamoci allora, il nostro spazio C[a,b] con la metrica che ci abbiamo costruito sopra è uno spazio completo ?
La risposta è purtroppo no !!! e questo fa sì che lo spazio C[a,b] non venga comunemente usato con la metrica che abbiamo definito sopra, ma con un'altra (più semplice e comoda) che però ha un handicapp che vedremo successivamente (non ci potremmo costruire sopra il prodotto interno, altra cosa molto importante).
Dimostrimo ora perchè il nostro spazio C[a,b] con la metrica dui cui sopra non è completo.
Immaginiamo una successione di funzioni di questo tipo (la dimostrazione che daremo è solo grafica ed intuitiva, giusto per dare l'idea) :

Si tratta di una successione di Cauchy che palesemente tende alla funzione f che è discontinua in c !!!
Ma lo spazio C[a,b] contiene solo funzioni continue, per cui esso, con questa metrica, purtroppo non è completo.
Possiamo allora chiederci come estendere questo spazio in modo da renderlo completo (rispetto alla metrica definita sopra). Questo si può fare con l'introduzione delle funzioni sommabili, cioè integrabili secondo Lebesgue con ulteriori condizioni aggiuntive. Le funzioni sommabili possono essere anche discontinue per cui riusciremmo così ad evitare il problema mostrato sopra.
Questo, però, esulerebbe dallo scopo semplicemente introduttivo di queste brevi note, per cui ci accontentiamo di uno spazio non completo perchè su questo spazio possiamo costruirci sopra (non tutto il male vien per nuocere ...) un'altra fondamentale struttura, quella indotta dal prodotto interno.
... continua ...
Ti pregherei di segnalare anche eventuali errori e cose che non sono chiare ...
... continua ...
Il fatto che abbiamo costruito su C[a,b] una struttura metrica, cioè la possibilità di definire una distanza fra due funzioni, è di estrema importanza.
Tra le tante cose che una metrica ci "regala", riveste una particolare importanza la possibilità di costrire delle successioni di funzioni convergenti ad una funzione.
In generale, una successione di punti converge ad ud punto dato (detto limite della successione), quando la distanza dal generico punto n-esimo della successione al punto limite tende a zero al tendere all'infinito di n (n appartenente all'insieme dei numeri naturali).
Siccome le funzioni di C[a,b] sono punti di uno spazio metrico, ecco che allora possiamo cotruire successioni di funzioni convergenti ad una funzione limite.
Successioni, cioè, per cui :
d(fn , f) --> 0 per n -->00
Graficamente :

(notate come è comodo trattare le funzioni come fossero punti !)
Nasce a questo punto un grosso problema. Ci sono successioni che hanno la proprietà di avere i loro termini con distanza tendente a zero al crescere dell'indice, ma che non convergono ad un punto dell'insieme.
Questo succede per esempio in Q (numeri razionali). Vi sono successioni di numeri razionali che non convergono a numeri razionali, ma a numeri irrazionali !!
Tecnicamente, una successione per cui la distanza fra gli elementi tende a zero al crescere degli indici si chiama successione di Cauchy. Una successione di Cauchy è una successione per cui (in sintesi) :
d(xm , xn) --> 0 per m , n --> 00 .
Come si vede bene, una successione di Cauchy è convergente ma in essa non è definito a priori il punto a cui essa converge. In questo modo, una successione di Cauchy può convergere ad un elemento dell'insieme o convergere ad un elemento fuori dall'insieme.
Orbene, gli spazi metrici per cui tutte le successioni di Cauchy convergono ad elementi dell'insieme stesso si chiamano spazi metrici completi.
L'insieme R (numeri reali) considerato come spazio metrico con la metrica usuale d(x , y) = |x - y| è uno spazio completo, mentre Q (numeri razionali) con la stessa metrica non lo è.
L'essere completo o non è una proprietà di fondamentale importanza e gli spazi completi godono di enormi vantaggi (lo si può intuire dalle proprietà di R rispetto a Q).
Non essere completo, per uno spazio, è, come giustamente dice Luca, una grossa "iattura" ...
Gli spazi normati completi si chiamano spazi di Banach.
Domandiamoci allora, il nostro spazio C[a,b] con la metrica che ci abbiamo costruito sopra è uno spazio completo ?
La risposta è purtroppo no !!! e questo fa sì che lo spazio C[a,b] non venga comunemente usato con la metrica che abbiamo definito sopra, ma con un'altra (più semplice e comoda) che però ha un handicapp che vedremo successivamente (non ci potremmo costruire sopra il prodotto interno, altra cosa molto importante).
Dimostrimo ora perchè il nostro spazio C[a,b] con la metrica dui cui sopra non è completo.
Immaginiamo una successione di funzioni di questo tipo (la dimostrazione che daremo è solo grafica ed intuitiva, giusto per dare l'idea) :

Si tratta di una successione di Cauchy che palesemente tende alla funzione f che è discontinua in c !!!
Ma lo spazio C[a,b] contiene solo funzioni continue, per cui esso, con questa metrica, purtroppo non è completo.
Possiamo allora chiederci come estendere questo spazio in modo da renderlo completo (rispetto alla metrica definita sopra). Questo si può fare con l'introduzione delle funzioni sommabili, cioè integrabili secondo Lebesgue con ulteriori condizioni aggiuntive. Le funzioni sommabili possono essere anche discontinue per cui riusciremmo così ad evitare il problema mostrato sopra.
Questo, però, esulerebbe dallo scopo semplicemente introduttivo di queste brevi note, per cui ci accontentiamo di uno spazio non completo perchè su questo spazio possiamo costruirci sopra (non tutto il male vien per nuocere ...) un'altra fondamentale struttura, quella indotta dal prodotto interno.
... continua ...
Arriama,
indubbiamente lo spazio C[a,b] delle funzioni continue reali con la norma scelta come l'hai definita tu, non è uno spazio completo. L'esempio che hai postato per dimostrarlo, seppure solo graficamente, mi pare molto chiaro.
Però mi stavo chiedendo cosa succederebbe se al posto di C[a,b] si scegliesse un suo sottoinsieme: l'insieme delle funzioni continue e derivabili in [a,b]. Tale spazio, mantenendo esattamente la stessa metrica, sarebbe ancora incompleto?
Mi sono fatto questa domanda poiché l'esempio che hai utilizzato per dimostrare l'incompletezza di C[a,b] quando la metrica è quella che hai definito tu (la radice quadrata dell'integrale del quadrato della funzione tra a e b) verte su funzioni che non sono derivabili per ogni punto di [a,b]: hanno punti angolosi.
Premetto che per la prima volta, e grazie alla tua chiara esposizione, mi sto interessando a queste cose, e quindi non so se ho detto una stupidata.
Attendo con ansia ulteriori capitoli della spiegazione
indubbiamente lo spazio C[a,b] delle funzioni continue reali con la norma scelta come l'hai definita tu, non è uno spazio completo. L'esempio che hai postato per dimostrarlo, seppure solo graficamente, mi pare molto chiaro.
Però mi stavo chiedendo cosa succederebbe se al posto di C[a,b] si scegliesse un suo sottoinsieme: l'insieme delle funzioni continue e derivabili in [a,b]. Tale spazio, mantenendo esattamente la stessa metrica, sarebbe ancora incompleto?
Mi sono fatto questa domanda poiché l'esempio che hai utilizzato per dimostrare l'incompletezza di C[a,b] quando la metrica è quella che hai definito tu (la radice quadrata dell'integrale del quadrato della funzione tra a e b) verte su funzioni che non sono derivabili per ogni punto di [a,b]: hanno punti angolosi.
Premetto che per la prima volta, e grazie alla tua chiara esposizione, mi sto interessando a queste cose, e quindi non so se ho detto una stupidata.
Attendo con ansia ulteriori capitoli della spiegazione

Si, e' ancora incompleto. Basta che regolarizzi e smussi gli angoli, e trovi la successione di funzioni continue e derivabili.
Luca.
Luca.
... continua ...
Il prodotto interno fra due vettori (i fisici lo chiamano spesso prodotto scalare) è una operazione che associa a due vettori un numero.
Per i vettori "ordinari" di R^3, il prodotto interno fornisce :
= ||x|| * ||y|| * cos(teta)
dove x ed y sono due vettori e teta è l'angolo fra di essi.
Le applicazioni fisiche del prodotto interno sono innumerevoli (si pensi solo alla definizione di lavoro).
Il prodotto interno soddisfa alcune importanti proprietà e soprattutto è legato alla norma dalla seguente formula fondamentale :
= ||x||^2
(infatti, l'angolo fra due vettori coincidenti è nullo per cui il coseno vale 1).
Chiediamoci ora : possiamo definire un prodotto interno anche per uno spazio funzionale, ed in particolare per il nostro spazio C[a,b] già dotato di struttura vettoriale e di norma ?
La risposta è sì. Basta introdurre un prodotto interno che soddisfi le proprietà tipiche dei prodotti interni ed in particolare che soddisfi la formula precedente ed automaticamente "erediterà" tutte le proprietà dei prodotti interni.
Avremo perciò, per C[a,b] dotato della solita norma :
= integrale su [a,b] di (f(t)*g(t))dt
dove f e g sono funzioni di C[a,b].
Infatti, se f = g, avremo :
= integrale su [a,b] di ([f(t)]^2)dt
che è uguale, come dovera essere, alla norma quadrata di f (cioè ||f||^2).
Abbiamo così costruito uno spazio con prodotto interno.
Se uno spazio con prodotto interno è anche completo, esso prende il nome di spazio di Hilbert.
Lo spazio C[a,b] dotato del prodotto interno definito sopra non è uno spazio di Hilbert (purtroppo), perchè, come abbiamo già visto, non è completo.
Il fatto di potere fare il prodotto interno fra funzioni è una "conquista" fondamentale del pensiero matematico !!!
Le funzioni le possiamo così "maneggiare" come vettori a tutti gli effetti e per esempio possiamo verificare se due funzioni sono ortogonali. Basta che il loro prodotto interno (così come per i vettori "ordinari") sia nullo. Basta cioè che :
= 0 .
Addirittura possiamo individuare sistemi di funzioni ortonormali (cioè funzioni che, come vettori, sono a due a due perpendicolari e di lunghezza (norma) unitaria) e scomporre una funzione qualunque rispetto ad un tale sistema ortonormale, così che si possa scrivere :
f = a1*f1 + a2*f2 + a3*f3 + ...
dove (f1 , f2 , f3 , ...) costituiscono il sistema di funzioni ortonormali ed (a1 , a2 , a3 , ...) sono le componenti della funzione (vettore) rispetto a quel sistema.
Gli sviluppi in serie di Fourier ed altri si basano proprio su questi concetti.
Si noti che il numero di vettori che costituiscono il sistema ortonormale, ovvero il numero delle componenti del vettore, è in questo caso infinito. Gli spazi funzionali hanno dimensione infinita !!!
Non entriamo oltre nei particolari perchè a questo punto nascerebbero infinite problematiche (in cui la completezza gioca un ruolo fondamentale). E' come avere scoperto un "territorio vergine" dalle innumervoli potenzialità.
A noi è qui bastato appena prenderne coscenza e renderci conto che tutto ciò è meraviglioso ed affascinante.
Per fuinire, ci potremmo chiedere : ma a che serve tutto ciò ?
Oltre alle molte implicazioni matematiche in tutte le problematiche relative alle funzioni (comprese le equazioni differenziali, gli sviluppi in serie, le problematiche variazionali accennate da Luca ecc.) gli spazi funzionali giocano un ruolo fondamentale nella meccanica quantistica, senza i quali essa non potrebbe sussistere.
Lo stato di un sistema quantistico è descritto completamente da una funzione, la funzione d'onda 'psi', che è un vettore dello spazio di Hilbert delle funzioni a quadrato sommabile L^2 (non molto dissimile dal nostro esempio di C[a,b] ma, per fortuna, completo !!).
Ad una grandezza fisica osservabile corrisponde un sistema ortonormale di stati in cui il sistema quantistico può trovarsi corrispondente ad un sistema ortonormale di funzioni di L^2.
Le componenti della funzione d'onda 'psi' del sistema quantistico rispetto alle varie funzioni del sistema ortonormale corrispondente a quella quandezza fisica rappresentano le probabilità di trovare il sistema quantistico in quel particolare stato.
E qui fisica e matematica diventano una sola cosa ...
Fine.
Il prodotto interno fra due vettori (i fisici lo chiamano spesso prodotto scalare) è una operazione che associa a due vettori un numero.
Per i vettori "ordinari" di R^3, il prodotto interno fornisce :
dove x ed y sono due vettori e teta è l'angolo fra di essi.
Le applicazioni fisiche del prodotto interno sono innumerevoli (si pensi solo alla definizione di lavoro).
Il prodotto interno soddisfa alcune importanti proprietà e soprattutto è legato alla norma dalla seguente formula fondamentale :
(infatti, l'angolo fra due vettori coincidenti è nullo per cui il coseno vale 1).
Chiediamoci ora : possiamo definire un prodotto interno anche per uno spazio funzionale, ed in particolare per il nostro spazio C[a,b] già dotato di struttura vettoriale e di norma ?
La risposta è sì. Basta introdurre un prodotto interno che soddisfi le proprietà tipiche dei prodotti interni ed in particolare che soddisfi la formula precedente ed automaticamente "erediterà" tutte le proprietà dei prodotti interni.
Avremo perciò, per C[a,b] dotato della solita norma :
dove f e g sono funzioni di C[a,b].
Infatti, se f = g, avremo :
che è uguale, come dovera essere, alla norma quadrata di f (cioè ||f||^2).
Abbiamo così costruito uno spazio con prodotto interno.
Se uno spazio con prodotto interno è anche completo, esso prende il nome di spazio di Hilbert.
Lo spazio C[a,b] dotato del prodotto interno definito sopra non è uno spazio di Hilbert (purtroppo), perchè, come abbiamo già visto, non è completo.
Il fatto di potere fare il prodotto interno fra funzioni è una "conquista" fondamentale del pensiero matematico !!!
Le funzioni le possiamo così "maneggiare" come vettori a tutti gli effetti e per esempio possiamo verificare se due funzioni sono ortogonali. Basta che il loro prodotto interno (così come per i vettori "ordinari") sia nullo. Basta cioè che :
Addirittura possiamo individuare sistemi di funzioni ortonormali (cioè funzioni che, come vettori, sono a due a due perpendicolari e di lunghezza (norma) unitaria) e scomporre una funzione qualunque rispetto ad un tale sistema ortonormale, così che si possa scrivere :
f = a1*f1 + a2*f2 + a3*f3 + ...
dove (f1 , f2 , f3 , ...) costituiscono il sistema di funzioni ortonormali ed (a1 , a2 , a3 , ...) sono le componenti della funzione (vettore) rispetto a quel sistema.
Gli sviluppi in serie di Fourier ed altri si basano proprio su questi concetti.
Si noti che il numero di vettori che costituiscono il sistema ortonormale, ovvero il numero delle componenti del vettore, è in questo caso infinito. Gli spazi funzionali hanno dimensione infinita !!!
Non entriamo oltre nei particolari perchè a questo punto nascerebbero infinite problematiche (in cui la completezza gioca un ruolo fondamentale). E' come avere scoperto un "territorio vergine" dalle innumervoli potenzialità.
A noi è qui bastato appena prenderne coscenza e renderci conto che tutto ciò è meraviglioso ed affascinante.
Per fuinire, ci potremmo chiedere : ma a che serve tutto ciò ?
Oltre alle molte implicazioni matematiche in tutte le problematiche relative alle funzioni (comprese le equazioni differenziali, gli sviluppi in serie, le problematiche variazionali accennate da Luca ecc.) gli spazi funzionali giocano un ruolo fondamentale nella meccanica quantistica, senza i quali essa non potrebbe sussistere.
Lo stato di un sistema quantistico è descritto completamente da una funzione, la funzione d'onda 'psi', che è un vettore dello spazio di Hilbert delle funzioni a quadrato sommabile L^2 (non molto dissimile dal nostro esempio di C[a,b] ma, per fortuna, completo !!).
Ad una grandezza fisica osservabile corrisponde un sistema ortonormale di stati in cui il sistema quantistico può trovarsi corrispondente ad un sistema ortonormale di funzioni di L^2.
Le componenti della funzione d'onda 'psi' del sistema quantistico rispetto alle varie funzioni del sistema ortonormale corrispondente a quella quandezza fisica rappresentano le probabilità di trovare il sistema quantistico in quel particolare stato.
E qui fisica e matematica diventano una sola cosa ...
Fine.
stupendo! Dove posso trovare una prima introduzione a questi argomenti?
Haim Brezis; Analisi Funzionale. Liguori editore.
E' il testo piu' bello e semplice usato dalle Universita' italiane per l'insegnamento dell'Analisi Funzionale lineare. (e poi e' uno dei pochi del settore in italiano)
Luca.
E' il testo piu' bello e semplice usato dalle Universita' italiane per l'insegnamento dell'Analisi Funzionale lineare. (e poi e' uno dei pochi del settore in italiano)
Luca.
Luca,
quindi, ammesso che abbia bene compreso tutta la discussione, poiché è possibile far convergere una successione di funzioni continue e derivabili ad una funzione discontinua, non ha alcuna importanza ai fini della completezza che si faccia riferimento all'insieme delle funzioni reali continue e derivabili in a, b. Giusto?
Arriama,
grazie per questa breve e chiara esposizione.
quindi, ammesso che abbia bene compreso tutta la discussione, poiché è possibile far convergere una successione di funzioni continue e derivabili ad una funzione discontinua, non ha alcuna importanza ai fini della completezza che si faccia riferimento all'insieme delle funzioni reali continue e derivabili in a, b. Giusto?
Arriama,
grazie per questa breve e chiara esposizione.
P.S. Però adesso mi è venuta una curiosità: un esempio di metrica che renda C[a,b] completo.
Infatti non ha alcuna importanza. Lo spazio C([a,b]) normato con la norma del "sup", ovvero
||u||=sup_[a,b] |u(x)|
e' uno spazio (normato e ) metrico completo. Infatti una successione di funzioni di Cauchy rispetto alla norma del sup e' uniformemente convergente.
Luca.
||u||=sup_[a,b] |u(x)|
e' uno spazio (normato e ) metrico completo. Infatti una successione di funzioni di Cauchy rispetto alla norma del sup e' uniformemente convergente.
Luca.
Un altro esempio di spazio di Banach è :
C(n)[a,b]
cioè l'insieme delle funzioni da [a,b] a R di classe C(n) (continue e con derivata continua fino all'ordine n) con la norma :
||f|| = sup{|f(x)| , |f(1)(x)| , ... , |f(n)(x)|} .
Anche lo spazio C(00)[a,b] (funzioni continue con tutte le derivate continue di ogni ordine) con la norma come sopra estesa a tutte le derivate.
Cosi, gattomatto, ci avviciniamo alla tua idea di introdurre le derivate ...
C'è da dire però che abbiamo guadagnato la completezza, ma non quelle norme non possiamo cotruire un prodotto interno (della serie non si può avere tutto dalla vita ...)
Bye.
ps. ho una richiesta per Admin.
Posso copiare (praticamente così com'è) nel mio sito questa mia introduzione agli spazi funzionali ? La inserirei nella mia sessione di Miscellanea dove ci metto le idee e le sintesi che ogni tanto mi vengono in mente. Naturalmente metterei il riferimento a questo Forum. Grazie.
C(n)[a,b]
cioè l'insieme delle funzioni da [a,b] a R di classe C(n) (continue e con derivata continua fino all'ordine n) con la norma :
||f|| = sup{|f(x)| , |f(1)(x)| , ... , |f(n)(x)|} .
Anche lo spazio C(00)[a,b] (funzioni continue con tutte le derivate continue di ogni ordine) con la norma come sopra estesa a tutte le derivate.
Cosi, gattomatto, ci avviciniamo alla tua idea di introdurre le derivate ...
C'è da dire però che abbiamo guadagnato la completezza, ma non quelle norme non possiamo cotruire un prodotto interno (della serie non si può avere tutto dalla vita ...)
Bye.
ps. ho una richiesta per Admin.
Posso copiare (praticamente così com'è) nel mio sito questa mia introduzione agli spazi funzionali ? La inserirei nella mia sessione di Miscellanea dove ci metto le idee e le sintesi che ogni tanto mi vengono in mente. Naturalmente metterei il riferimento a questo Forum. Grazie.
Assumendo la metrica definita da
||u||=sup_[a,b]|u(x)|
non sarebbe allora possibile assumere la seguente definizione di prodotto interno:
=||f*g||=sup_[a,b]|f(x)*g(x)|
e rendere così C[a,b] uno spazio di Hilbert?
Dovrebbe essere rispettata la condizione che=||f||^2 dato che, per definizione, si ha:
=sup_[a,b]|f(x)^2)|=(sup_[a,b]|f(x)|)^2=||f||^2
(ho assunto che il significato di |f(x)| sia quello di valore assoluto di f(x))
In tal caso due funzioni f(x) e g(x) sarebbero ortogonali se, per esempio, detto "c" tale che a
f(x)=0 per ogni x>=c
g(x)=0 per ogni x
Oppure sto prendendo una cantonata?
||u||=sup_[a,b]|u(x)|
non sarebbe allora possibile assumere la seguente definizione di prodotto interno:
e rendere così C[a,b] uno spazio di Hilbert?
Dovrebbe essere rispettata la condizione che
(ho assunto che il significato di |f(x)| sia quello di valore assoluto di f(x))
In tal caso due funzioni f(x) e g(x) sarebbero ortogonali se, per esempio, detto "c" tale che a
f(x)=0 per ogni x>=c
g(x)=0 per ogni x
Oppure sto prendendo una cantonata?
Sarebbe bello !
Ma un prodotto interno deve soddisfare 4 regole ferree (desunte dai vettori ordinati e per essi ovvie ...).
Una di queste dice che deve sempre essere :
= a * dove a è un numero
che non può essere soddisfatta sempre dal prodotto interno da te definito perche a è un numero qualunque (anche negativo) mentre il tuo prodotto interno è sempre positivo.
Bye.
Ma un prodotto interno deve soddisfare 4 regole ferree (desunte dai vettori ordinati e per essi ovvie ...).
Una di queste dice che deve sempre essere :
= a *
che non può essere soddisfatta sempre dal prodotto interno da te definito perche a è un numero qualunque (anche negativo) mentre il tuo prodotto interno è sempre positivo.
Bye.