Significati GEOMETRICI della divergenza e del rotore
Ciao a tutti
Recentemente stavo riflettendo su quali fossero i significati geometrici e provando a fare un ragionamento puramente matematico mi sono ritrovato completamente disarmato.
Molti libri parlano dell' "immediata applicazione fisica" di tali operatori parlando quasi soli di campi elettrici o gravitazionali senza però giustificare niente dal punto di vista matematico.
Come faccio a capire quali sono i veri significati geometrici del rotore e della divergenza leggendoli direttamente dalla definizione intrinseca di tali operatori e senza dovermi necessariamente ricollegare a concetti fisici?
Che so ad esempio leggendo da wikipedia [e da altri libri] ho praticamente imparato a memoria che "la divergenza è un operatore che misura la tendenza di un campo vettoriale a divergere o a convergere verso un punto del campo". Ma dal punto di vista matematico e geometrico non ho la più pallida idea di cosa possa significare che un campo vettoriale diverga o converga. Le uniche convergenzse o divergenze che """conosco""" sono quelle delle serie di funzioni ma non so quanto possano centrare. Quella definizione imparata a memoria mi è assolutamente inutile anche se purtroppo è l'unica reperibile nei libri.
E un discorso analogo potrei farlo per il rotore.
Potreste gentilmente aiutarmi dandomi qualche delucidazione? Ve ne sarei eternamente grato.
Recentemente stavo riflettendo su quali fossero i significati geometrici e provando a fare un ragionamento puramente matematico mi sono ritrovato completamente disarmato.
Molti libri parlano dell' "immediata applicazione fisica" di tali operatori parlando quasi soli di campi elettrici o gravitazionali senza però giustificare niente dal punto di vista matematico.
Come faccio a capire quali sono i veri significati geometrici del rotore e della divergenza leggendoli direttamente dalla definizione intrinseca di tali operatori e senza dovermi necessariamente ricollegare a concetti fisici?
Che so ad esempio leggendo da wikipedia [e da altri libri] ho praticamente imparato a memoria che "la divergenza è un operatore che misura la tendenza di un campo vettoriale a divergere o a convergere verso un punto del campo". Ma dal punto di vista matematico e geometrico non ho la più pallida idea di cosa possa significare che un campo vettoriale diverga o converga. Le uniche convergenzse o divergenze che """conosco""" sono quelle delle serie di funzioni ma non so quanto possano centrare. Quella definizione imparata a memoria mi è assolutamente inutile anche se purtroppo è l'unica reperibile nei libri.
E un discorso analogo potrei farlo per il rotore.
Potreste gentilmente aiutarmi dandomi qualche delucidazione? Ve ne sarei eternamente grato.
Risposte
Sui significati geometrici dei due teoremi citati non saprei cosa dirti, su quello fisico sì, ma probabilmente già sai.
Una cosa significativa è far vedere come il teorema della divergenza sia alla base delle deduzioni matematiche di molte equazioni fondamentali della fisica e della possibilità di trasformare relazioni di tipo integrale in altre di tipo differenziale e viceversa.
Se ti interessa questo aspetto fammi sapere e posto qualcosa.
Una cosa significativa è far vedere come il teorema della divergenza sia alla base delle deduzioni matematiche di molte equazioni fondamentali della fisica e della possibilità di trasformare relazioni di tipo integrale in altre di tipo differenziale e viceversa.
Se ti interessa questo aspetto fammi sapere e posto qualcosa.
Ecco, potrebbe interessarmi l'aspetto matematico che si nasconde dietro le cosiddette "relazioni integrali" e "relazioni differenziali". Se hai pazienza e voglia di scrivermi qualcosa leggerò con molto piacere

"magliocurioso":
Che so ad esempio leggendo da wikipedia [e da altri libri] ho praticamente imparato a memoria che "la divergenza è un operatore che misura la tendenza di un campo vettoriale a divergere o a convergere verso un punto del campo".
interesserebbe anche a me una giustificazione di questo fatto, se non altro perchè adesso mi hai fatto capire da dove arrivi il termine "divergenza"
"magliocurioso":
Ecco, potrebbe interessarmi l'aspetto matematico che si nasconde dietro le cosiddette "relazioni integrali" e "relazioni differenziali". Se hai pazienza e voglia di scrivermi qualcosa leggerò con molto piacere
Senz'altro posterò qualcosa

Premessa (utile per familiarizzarsi con le notazioni)
TEOREMA DELLA DIVERGENZA
$intintint_D d i v vec F dxdydz=intint_(del D)vec F* vec n_e*dS $
ove $n_e $ è il versore normale esterno a $del D$.
A parole : il flusso di un campo vettoriale $vec F$ uscente da una superficie chiusa ( $ del D $) uguaglia l’integrale della divergenza del campo nella regione ($D$) racchiusa dalla superficie stessa.
Il teorema rappresenta un’equazione di bilancio : la divergenza di un campo vettoriale è una misura dell’intensità delle sorgenti ( o dei pozzi, a seconda dei segni) del campo : riferendoci alla meccanica dei fluidi, l’integrale della divergenza del campo di velocità è il bilancio complessivo di quanta acqua zampilla dalle sorgenti, meno quanta acqua viene inghiottita nei pozzi , nella regione racchiusa dalla superficie, nell’unità di tempo.
D’altro lato, il flusso della velocità attraverso la superficie chiusa rappresenta il saldo totale di quanta acqua esce dalla regione racchiusa dalla superficie, meno quanta acqua vi entra, nell’unità di tempo: è naturale che le due quantità debbano coincidere ( la differenza tra ciò che entra e ciò che esce deve essere prodotta all’interno .
Si può mostrare ( non mi addentro…) quale sia il significato dell’operatore divergenza : la divergenza di un campo è la densità del flusso del campo uscente dal punto per unità di volume.
Questo precisa in modo rigoroso quanto detto prima sulla relazione tra divergenza di un campo e “ pozzi e sorgenti “ del medesimo.
Veniamo ora al punto.
Interessante vedere come una eguaglianza tra due quantità “globali” ( che coinvolgono cioè tutto $D$) possa essere trasformata in una eguaglianza puntuale tra due funzioni ( mediante appunto il Teorema della divergenza).
Si otterrà quindi un’equazione differenziale .
Partiamo dal Teorema di Gauss dell’elettrostatica : il flusso del campo elettrico $vec E $ uscente da una superficie chiusa $Sigma= del D $ uguaglia $ 4 pi k q $ dove $q $ è la carica totale in $D$ :
$intint_(delD) vecE*vec n_e dS=4pi h q_(t o t)$.
Vogliamo trasformare questa uguaglianza tra due quantità “globali” ( che coinvolgono cioè tutta $D$) in un’eguaglianza puntuale tra due funzioni.
Si otterrà un’equazione differenziale.
Il ragionamento è standard :
1) si applica l’identità precedente a una generica regione $D$
2) si riscrive la carica totale contenuta in $D$ come l’integrale su $D$ della densità di carica $rho$:
$ q_(t o t)=intintint_D rho dxdydz$ e quindi $intint_(delD)vecE*n_e dS= 4pik intintint_(D)rhodxdydz $
3) per ottenere un’uguaglianza tra i due integrali di volume , si trasforma il primo membro usando il Teorema della divergenza .
si ottiene $intintint_D d i v vec E dxdydz= 4pi k intintint_D rho dxdydz
4) l’identità precedente si può riscrivere nella forma :
$int int int_D(d i v vec E$ –$ 4pi k rho) dxdydz=0 $ e questo deve valere per qualunque regione $D$ ( comunque piccola) : l’unica possibilità è allora che l’integranda stessa sia zero, valga cioè l’identità :
$d i v vec E = 4pik rho $.
Questa è l’equazione differenziale che traduce, punto per punto, il contenuto del Teorema di Gauss dell’elettrostatica ed è una delle quattro fondamentali equazioni di Maxwell , alla base della teoria dell’Elettromagnetismo.
5) ricordando che il campo elettrostatico è conservativo, si può cioè scrivere $vec E = grad U $ , dove $U$ è il potenziale elettrostatico ; perciò $d i v vec E = d i v grad U = Delta U $.
si ha quindi che il potenziale elettrostatico soddisfa l’equazione, detta di Poisson :
$Delta U =4 pi k rho $ dove $4kpi $ è una costante e $rho $ è la densità di carica .
TEOREMA DELLA DIVERGENZA
$intintint_D d i v vec F dxdydz=intint_(del D)vec F* vec n_e*dS $
ove $n_e $ è il versore normale esterno a $del D$.
A parole : il flusso di un campo vettoriale $vec F$ uscente da una superficie chiusa ( $ del D $) uguaglia l’integrale della divergenza del campo nella regione ($D$) racchiusa dalla superficie stessa.
Il teorema rappresenta un’equazione di bilancio : la divergenza di un campo vettoriale è una misura dell’intensità delle sorgenti ( o dei pozzi, a seconda dei segni) del campo : riferendoci alla meccanica dei fluidi, l’integrale della divergenza del campo di velocità è il bilancio complessivo di quanta acqua zampilla dalle sorgenti, meno quanta acqua viene inghiottita nei pozzi , nella regione racchiusa dalla superficie, nell’unità di tempo.
D’altro lato, il flusso della velocità attraverso la superficie chiusa rappresenta il saldo totale di quanta acqua esce dalla regione racchiusa dalla superficie, meno quanta acqua vi entra, nell’unità di tempo: è naturale che le due quantità debbano coincidere ( la differenza tra ciò che entra e ciò che esce deve essere prodotta all’interno .
Si può mostrare ( non mi addentro…) quale sia il significato dell’operatore divergenza : la divergenza di un campo è la densità del flusso del campo uscente dal punto per unità di volume.
Questo precisa in modo rigoroso quanto detto prima sulla relazione tra divergenza di un campo e “ pozzi e sorgenti “ del medesimo.
Veniamo ora al punto.
Interessante vedere come una eguaglianza tra due quantità “globali” ( che coinvolgono cioè tutto $D$) possa essere trasformata in una eguaglianza puntuale tra due funzioni ( mediante appunto il Teorema della divergenza).
Si otterrà quindi un’equazione differenziale .
Partiamo dal Teorema di Gauss dell’elettrostatica : il flusso del campo elettrico $vec E $ uscente da una superficie chiusa $Sigma= del D $ uguaglia $ 4 pi k q $ dove $q $ è la carica totale in $D$ :
$intint_(delD) vecE*vec n_e dS=4pi h q_(t o t)$.
Vogliamo trasformare questa uguaglianza tra due quantità “globali” ( che coinvolgono cioè tutta $D$) in un’eguaglianza puntuale tra due funzioni.
Si otterrà un’equazione differenziale.
Il ragionamento è standard :
1) si applica l’identità precedente a una generica regione $D$
2) si riscrive la carica totale contenuta in $D$ come l’integrale su $D$ della densità di carica $rho$:
$ q_(t o t)=intintint_D rho dxdydz$ e quindi $intint_(delD)vecE*n_e dS= 4pik intintint_(D)rhodxdydz $
3) per ottenere un’uguaglianza tra i due integrali di volume , si trasforma il primo membro usando il Teorema della divergenza .
si ottiene $intintint_D d i v vec E dxdydz= 4pi k intintint_D rho dxdydz
4) l’identità precedente si può riscrivere nella forma :
$int int int_D(d i v vec E$ –$ 4pi k rho) dxdydz=0 $ e questo deve valere per qualunque regione $D$ ( comunque piccola) : l’unica possibilità è allora che l’integranda stessa sia zero, valga cioè l’identità :
$d i v vec E = 4pik rho $.
Questa è l’equazione differenziale che traduce, punto per punto, il contenuto del Teorema di Gauss dell’elettrostatica ed è una delle quattro fondamentali equazioni di Maxwell , alla base della teoria dell’Elettromagnetismo.
5) ricordando che il campo elettrostatico è conservativo, si può cioè scrivere $vec E = grad U $ , dove $U$ è il potenziale elettrostatico ; perciò $d i v vec E = d i v grad U = Delta U $.
si ha quindi che il potenziale elettrostatico soddisfa l’equazione, detta di Poisson :
$Delta U =4 pi k rho $ dove $4kpi $ è una costante e $rho $ è la densità di carica .
Grazie Camillo per la tua spiegazione.
Leggendola mi sono venute in mente nuove domande:
Calcolando il rotore e/o la divergenza di un campo vettoriale posso studiare i massimi e minimi di un campo vettoriale? Mi viene in mente l'analogia, se così si può dire, con le funzioni di una o più variabili dove calcolando la derivata o il gradiente e studiandone i punti critici con opportuni metodi posso scoprire delle proprietà geometriche della funzione.
Esiste un qualcosa di analogo anche per i campi vettoriali?
Leggendola mi sono venute in mente nuove domande:
Calcolando il rotore e/o la divergenza di un campo vettoriale posso studiare i massimi e minimi di un campo vettoriale? Mi viene in mente l'analogia, se così si può dire, con le funzioni di una o più variabili dove calcolando la derivata o il gradiente e studiandone i punti critici con opportuni metodi posso scoprire delle proprietà geometriche della funzione.
Esiste un qualcosa di analogo anche per i campi vettoriali?
Cosa intendi per "massimi e minimi di un campo vettoriale"?
P.S.: Dimenticavo! Complimenti Camillo, bella spiegazione.
P.S.: Dimenticavo! Complimenti Camillo, bella spiegazione.
"dissonance":
Cosa intendi per "massimi e minimi di un campo vettoriale"?
P.S.: Dimenticavo! Complimenti Camillo, bella spiegazione.
Un qualcosa di analogo alle funzioni di più variabili. D'altronde anche i campi vettoriali sono, in un senso lato, funzioni di più variabili. O sbaglio?
"dissonance":
P.S.: Dimenticavo! Complimenti Camillo, bella spiegazione.
Non è farina del mio sacco ... troppo bella

"magliocurioso":
Come faccio a capire quali sono i veri significati geometrici del rotore e della divergenza leggendoli direttamente dalla definizione intrinseca di tali operatori e senza dovermi necessariamente ricollegare a concetti fisici?
Se ho capito bene la tua domanda, vorresti cogliere il "senso geometrico" di rotore e divergenza dalla definizione .
In questo momento non saprei rispondere, però credo che le definizioni puramente matematiche non permettano di fare nulla del genere (tranne in casi molto particolari non sempre generalizzabili).
La matematica moderna ha rinunciato a fornire spiegazioni di significato: le definizioni matematiche descrivono soltanto "che cosa si può fare" con un determinato oggetto, non dicono nulla sul "che cosa è".
L'unica risposta che mi sento di dare alla tua domanda è che il teorema fondamentale del calcolo, gli integrali curvilinei, nonché i teoremi di Gauss e di Stokes sono tutti casi particolari di un solo teorema geometrico:
$\int_{\partial D} \omega=\int_{D} d\omega$, dove $D$ è una varietà differenziabile orientata e $\partial D$ è la sua frontiera.
Ciao a tutti!!
Tornando alla domanda iniziale del post, durante il corso di elettromagnetismo mi ricordo che il nostro prof ci diede una spiegazione molto poco rigorosa ma abbastanza intuitiva (almeno dal mio punto di vista...) che suonava più o meno così:
Supponiamo di avere un campo $vec F$ e applichiamo il teorema della divergenza ad un volumetto infinitesimo $V$ attorno al punto $vec x_0$. Scriveremo
$int_V nabla cdot vec F dV = int_{partial V} vec F cdot d vec S$
considerando il volumetto piccolo possiamo approssimare
$int_V nabla cdot vec F dV approx nabla cdot vec F(vec x_0) V$
cioè l'integrale di volume della divergenza del campo è approssimabile come il valore della divergenza nel punto $vec x_0$ per il volume di $V$.
Quindi possiamo riscrivere il teorema della divergenza come
$nabla cdot vec F(vec x_0) approx 1/V int_{partial V} vec F cdot d vec S$
siccome questa relazione è tanto più vera quanto più $V$ è piccolo concludiamo (e qui si fa ciao ciao al rigore...)
$nabla cdot vec F(vec x_0) = lim_{V->0} 1/V int_{partial V} vec F cdot d vec S$
L'interpretazione geometrica della formula precedente è che la divergenza di un campo in un punto è il flusso del campo per unità di volume in quel punto.
Un discorso analogo vale per il teorema di Stokes, da cui concluderai che il rotore è un flusso per unità di lunghezza.
Spero che non inorridiscano i matematici e di non averti incasinato.
Tornando alla domanda iniziale del post, durante il corso di elettromagnetismo mi ricordo che il nostro prof ci diede una spiegazione molto poco rigorosa ma abbastanza intuitiva (almeno dal mio punto di vista...) che suonava più o meno così:
Supponiamo di avere un campo $vec F$ e applichiamo il teorema della divergenza ad un volumetto infinitesimo $V$ attorno al punto $vec x_0$. Scriveremo
$int_V nabla cdot vec F dV = int_{partial V} vec F cdot d vec S$
considerando il volumetto piccolo possiamo approssimare
$int_V nabla cdot vec F dV approx nabla cdot vec F(vec x_0) V$
cioè l'integrale di volume della divergenza del campo è approssimabile come il valore della divergenza nel punto $vec x_0$ per il volume di $V$.
Quindi possiamo riscrivere il teorema della divergenza come
$nabla cdot vec F(vec x_0) approx 1/V int_{partial V} vec F cdot d vec S$
siccome questa relazione è tanto più vera quanto più $V$ è piccolo concludiamo (e qui si fa ciao ciao al rigore...)
$nabla cdot vec F(vec x_0) = lim_{V->0} 1/V int_{partial V} vec F cdot d vec S$
L'interpretazione geometrica della formula precedente è che la divergenza di un campo in un punto è il flusso del campo per unità di volume in quel punto.
Un discorso analogo vale per il teorema di Stokes, da cui concluderai che il rotore è un flusso per unità di lunghezza.
Spero che non inorridiscano i matematici e di non averti incasinato.
"alle.fabbri":Volevi dire una circuitazione? Comunque a me piacciono molto questi sistemi per vedere gli operatori differenziali. Il rigore non c'è, ma se si vede una trattazione rigorosa essa è necessariamente priva di ogni appiglio intuitivo, e i teoremi in questione diventano formule completamente prive di significato e impossibili da ricordare. L'ideale sarebbe conoscere tutti e due gli approcci.
il rotore è un flusso per unità di lunghezza.
Già che ci sono segnalo due risorse che io ho trovato utilissime:
il sito http://www.math.umn.edu/~nykamp/m2374/r ... athml.html
e il libro Div Grad Curl and All of That: An Informal Text on Vector Calculus di H.M.Schey.
Volevo dire circuitazione....
"Sidereus":
La matematica moderna ha rinunciato a fornire spiegazioni di significato: le definizioni matematiche descrivono soltanto "che cosa si può fare" con un determinato oggetto, non dicono nulla sul "che cosa è".
Mi sembra una cosa assolutamente incredibile o_O
"magliocurioso":
[quote="Sidereus"]La matematica moderna ha rinunciato a fornire spiegazioni di significato: le definizioni matematiche descrivono soltanto "che cosa si può fare" con un determinato oggetto, non dicono nulla sul "che cosa è".
Mi sembra una cosa assolutamente incredibile o_O[/quote]
Per quanto incredibile, è l'opinione di quasi tutti gli scienziati. La matematica moderna è interessata principalmente a questioni di linguaggio formale e di rigore logico. La semantica dei simboli (esterna al linguaggio stesso) non è rilevante. Anche dissonance ha espresso un parere analogo

"dissonance":
... se si vede una trattazione rigorosa essa è necessariamente priva di ogni appiglio intuitivo, e i teoremi in questione diventano formule completamente prive di significato e impossibili da ricordare...
Un esempio può chiarire la differenza di forma mentis tra un matematico e uno scienziato galileiano.
In matematica, gli ordini di grandezza non esistono. Le proprietà dell'intervallo $(0, 10^-8 )cm$ per la topologia sono uguali alle proprietà dell'intervallo $(0, 10^4)cm$. Per la fisica, la chimica e la biologia non è affatto così.
"alle.fabbri":
...Supponiamo di avere un campo $vec F$ e applichiamo il teorema della divergenza ad un volumetto infinitesimo $V$ attorno al punto $vec x_0$...
Di quanti $cm^3$ è la misura di un volume infinitesimo?

"dissonance":
ma se si vede una trattazione rigorosa essa è necessariamente priva di ogni appiglio intuitivo, e i teoremi in questione diventano formule completamente prive di significato e impossibili da ricordare. L'ideale sarebbe conoscere tutti e due gli approcci
È vero, ma io apprezzo molto la matematica per questa sua capacità di astrarre e trascendere la realtà. Giustamente dici che bisognerebbe consocere entrambi gli approcci però spesso per presentare molti concetti matematici sembra che venga privilegiato l'aspetto intuivo-applicativo rispetto a quello rigoroso e formale che più si addice alla matematica.
"Sidereus":
[quote="alle.fabbri"]...Supponiamo di avere un campo $vec F$ e applichiamo il teorema della divergenza ad un volumetto infinitesimo $V$ attorno al punto $vec x_0$...
Di quanti $cm^3$ è la misura di un volume infinitesimo?

Non capisco se sia una domanda retorica o proprio una domanda...
"alle.fabbri":
Non capisco se sia una domanda retorica o proprio una domanda...
Ovviamente è una domanda retorica volta a sottolineare il fatto che dal punto di vista matematico quella frase è priva di senso.ù
Per un fisico non potrà esserci "niente" di più prossimo alla verità, ma per un matematico, se una verità non è formulata nell'opportuno linguaggio rigoroso e preciso non può essere accettata.
A mero titolo d'esempio ti sfido a trovarmi su un libro di matematica serio una definizione rigorosa di "volumetto infinitesimo". In alternativa se non la trovi puoi provare a scriverla tu

"Sidereus":Beh non proprio. Quello che io ho detto non si spinge alle tue conclusioni così estreme. Purtroppo non conosco affatto questi argomenti quindi non saprei se appoggiare o meno la tua opinione. Magari se potessi fornire qualche fonte su quel "l'opinione di quasi tutti gli scienziati", potrei visionarla e poi esprimermi.
Per quanto incredibile, è l'opinione di quasi tutti gli scienziati. La matematica moderna è interessata principalmente a questioni di linguaggio formale e di rigore logico. La semantica dei simboli (esterna al linguaggio stesso) non è rilevante. Anche dissonance ha espresso un parere analogo