Prolungamento di funzione a continuità
ciao a tutti: cosa significa prolungare una funzione per continuità? come si procede, a livello di esercizio? grazie infinite
Risposte
Anche il Giusti mette le mani avanti dicendo che a rigore non avrebbe significato parlare di continuità ( e quindi di discontinuità) in un punto non appartenente al dominio della funzione; poi è sì vero che accetta la nomenclatura standard da scuola superiore.
L'utilizzo di tale nomenclatura non porta ad errori sostanziali nel seguito, nè a gravi mancanze, ma, come diceva anche Fioravante, è formalmente scorretto.
L'utilizzo di tale nomenclatura non porta ad errori sostanziali nel seguito, nè a gravi mancanze, ma, come diceva anche Fioravante, è formalmente scorretto.
@ Fioravante Patrone
La tua risposta è stata molto chiara e precisa e ha risposto alle varie questioni che avevo post nel mio intervento. Alla luce di quanto detto però mi viene in mente una cosa... definisco due funzioni:
1)$f(x)=sinx/x$ definita in $RR-{0}$
2)$f(x)=sinx/x$, $AA x in RR-{0}$
$f(x)=5$, $x=0$
la prima non presenta discontinuità semplicemente perché non è discontinua ma nel proprio dominio è continua e dunque dire che abbia "discontinuità eliminabile" è scorretto o comunque è un abuso di linguaggio. giusto?
sulla seconda invece cosa possiamo dire? possiamo parlare di discontinuità eliminabile?
La tua risposta è stata molto chiara e precisa e ha risposto alle varie questioni che avevo post nel mio intervento. Alla luce di quanto detto però mi viene in mente una cosa... definisco due funzioni:
1)$f(x)=sinx/x$ definita in $RR-{0}$
2)$f(x)=sinx/x$, $AA x in RR-{0}$
$f(x)=5$, $x=0$
la prima non presenta discontinuità semplicemente perché non è discontinua ma nel proprio dominio è continua e dunque dire che abbia "discontinuità eliminabile" è scorretto o comunque è un abuso di linguaggio. giusto?
sulla seconda invece cosa possiamo dire? possiamo parlare di discontinuità eliminabile?
Esatto; la seconda funzione è discontinua in $x=0$, ed ha ivi una discontinuità eliminabile.
Perfetto Luca, fin qui tutto mi è chiaro. Ma se io scrivo semplicemente $sinx/x$ chi mi dice che come dominio di questa funzione devo prendere $RR-{0}$ e non posso assegnare tutto $RR$? Da dove nasce la convenzione di escludere a priori dal dominio gli zeri del denominatore senza prima valutare il comportamento della funzione in tale punto?
Allora, se si vuole essere rigorosi una funzione va sempre assegnata assieme al dominio e codominio, in quanto, per definizione, una funzione è una particolare relazione tra due insiemi, che sono appunto dominio e codominio della relazione.
E' ancora un abuso assegnare una funzione dando solo l'espressione analitica; per convenzione, in tal caso, si omette di dire che la funzione va intesa definita solo ed esclusivamente in tutti quei valori reali che rendono l'espressione "computabile" senza ulteriori considerazioni, ma semplicemente in base a ciò che è scritto. Quindi nel nostro caso per $x=0$ non abbiamo tale requisito di computabilità, dal momento che $0/0$ non è un'espressione definita.
E' ancora un abuso assegnare una funzione dando solo l'espressione analitica; per convenzione, in tal caso, si omette di dire che la funzione va intesa definita solo ed esclusivamente in tutti quei valori reali che rendono l'espressione "computabile" senza ulteriori considerazioni, ma semplicemente in base a ciò che è scritto. Quindi nel nostro caso per $x=0$ non abbiamo tale requisito di computabilità, dal momento che $0/0$ non è un'espressione definita.
@Kroldar
Rispondo anch'io. Non perché non condivido quanto detto da Luca.Lussardi, anzi. E' che il post l'avevo già scritto...
La funzione di cui parli non è definita in 0 (non si può dividere per 0, quindi la formula che definisce la funzione non ha senso in 0).
Io non mi formalizzerei più di tanto, comunque. Dipende dal contesto.
Nel senso che non mi darebbe nessun fastidio se uno che se ne intende (Luca.Lussardi, tanto per continuare l'incensamento reciproco) mi dicesse: "considero la funzione $\sin (x) / x$, definita su $RR$". Capirei che vuole riferirsi al prolungamento per continuità di questa funzione (tra l'altro, questo prolungamento è unico, cosa che fa sì che non ci siano ambiguità).
La stessa affermazione fatta da uno studente ad un esame di Analisi I mi indurrebbe (se fossi l'esaminatore) ad andare un po' a fondo della questione...
Rispondo anch'io. Non perché non condivido quanto detto da Luca.Lussardi, anzi. E' che il post l'avevo già scritto...
La funzione di cui parli non è definita in 0 (non si può dividere per 0, quindi la formula che definisce la funzione non ha senso in 0).
Io non mi formalizzerei più di tanto, comunque. Dipende dal contesto.
Nel senso che non mi darebbe nessun fastidio se uno che se ne intende (Luca.Lussardi, tanto per continuare l'incensamento reciproco) mi dicesse: "considero la funzione $\sin (x) / x$, definita su $RR$". Capirei che vuole riferirsi al prolungamento per continuità di questa funzione (tra l'altro, questo prolungamento è unico, cosa che fa sì che non ci siano ambiguità).
La stessa affermazione fatta da uno studente ad un esame di Analisi I mi indurrebbe (se fossi l'esaminatore) ad andare un po' a fondo della questione...
"Fioravante Patrone":
Io non mi formalizzerei più di tanto, comunque. Dipende dal contesto.
Hai ragione ma, visto che sul forum c'è una questione aperta e visto che ho notato di avere le idee confuse in merito ho voluto eccedere un po' nei formalismi. Dunque il discorso è legato alla computabilità: il dominio di una funzione è il suo insieme di computabilità; magari se per convenzione si dicesse che il dominio di una funzione è dato dall'insieme dei punti in cui essa è sviluppabile in serie di potenze a indici non negativi cambierebbe tutto. Ora mi chiedo: perché si è scelta la prima convenzione piuttosto che la seconda?
"Dunque il discorso è legato alla computabilità: il dominio di una funzione è il suo insieme di computabilità"
Eccetto che per una osservazione che faccio subito dopo, direi di sì. Ribadisco quanto dicevo: "...la convenzione standard che ad una formula associa la funzione definita come $f(x) = 1/x$ per tutti gli $x$ per i quali la formula ha senso (insomma, la funzione definita su un dominio massimale di validità della formula)".
L'osservazione è questa: mi lascia perplesso l'uso del termine "computabilità", perché evoca problemi che qui non c'entrano (funzioni effettivamente computabili et similia).
°°°°°°°°°°
"magari se per convenzione si dicesse che il dominio di una funzione è dato dall'insieme dei punti in cui essa è sviluppabile in serie di potenze a indici non negativi cambierebbe tutto. Ora mi chiedo: perché si è scelta la prima convenzione piuttosto che la seconda?"
Per una ragione molto importante. Le funzioni analitiche, le serie di potenze, sono cose importanti ma "vivono" in un universo troppo piccolo. La matematica è molto, molto, molto più grande! Ci sono funzioni che non sono definite su insiemi numerici, funzioni per le quali già richiedere la continuità è tanto, etc.
Ma, come penso sia evidente dai miei post precedenti, ragioni eminentemente utilitaristiche possono indurre ad adottare in un campo specifico convenzioni che sono tipiche di quel campo. Ciò potrebbe valere, ad esempio, per chi studia funzioni analitiche, singolarità eliminabili, etc. Ma queste ragioni non sono sufficienti per "esportare" queste convenzioni a tutto il resto della matematica.
Faccio un esempio preso dal mio lavoro "di tutti i giorni". A me capita di usare funzioni definite, ad esempio, sull'insieme delle parti di $N = \{ 1, \ldots, n \}$. Quindi una funzione di questo genere è definita, ad esempio, in $\{ 1, 2, 4\}$. Quindi dovrei scrivere, ad esempio, cose del tipo: $v(\{ 1, 2, 4\})$. Ma in questo contesto (parlo dei giochi cooperativi) è abituale usare la notazione $v(124)$ che è "mille volte" scorretta. Però in altri contesti non mi sognerei mai di usare queste notazioni.
ciao
Eccetto che per una osservazione che faccio subito dopo, direi di sì. Ribadisco quanto dicevo: "...la convenzione standard che ad una formula associa la funzione definita come $f(x) = 1/x$ per tutti gli $x$ per i quali la formula ha senso (insomma, la funzione definita su un dominio massimale di validità della formula)".
L'osservazione è questa: mi lascia perplesso l'uso del termine "computabilità", perché evoca problemi che qui non c'entrano (funzioni effettivamente computabili et similia).
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"magari se per convenzione si dicesse che il dominio di una funzione è dato dall'insieme dei punti in cui essa è sviluppabile in serie di potenze a indici non negativi cambierebbe tutto. Ora mi chiedo: perché si è scelta la prima convenzione piuttosto che la seconda?"
Per una ragione molto importante. Le funzioni analitiche, le serie di potenze, sono cose importanti ma "vivono" in un universo troppo piccolo. La matematica è molto, molto, molto più grande! Ci sono funzioni che non sono definite su insiemi numerici, funzioni per le quali già richiedere la continuità è tanto, etc.
Ma, come penso sia evidente dai miei post precedenti, ragioni eminentemente utilitaristiche possono indurre ad adottare in un campo specifico convenzioni che sono tipiche di quel campo. Ciò potrebbe valere, ad esempio, per chi studia funzioni analitiche, singolarità eliminabili, etc. Ma queste ragioni non sono sufficienti per "esportare" queste convenzioni a tutto il resto della matematica.
Faccio un esempio preso dal mio lavoro "di tutti i giorni". A me capita di usare funzioni definite, ad esempio, sull'insieme delle parti di $N = \{ 1, \ldots, n \}$. Quindi una funzione di questo genere è definita, ad esempio, in $\{ 1, 2, 4\}$. Quindi dovrei scrivere, ad esempio, cose del tipo: $v(\{ 1, 2, 4\})$. Ma in questo contesto (parlo dei giochi cooperativi) è abituale usare la notazione $v(124)$ che è "mille volte" scorretta. Però in altri contesti non mi sognerei mai di usare queste notazioni.
ciao
E' vero, il mio termine "computabilità" è forse infelice.
Aggiungo una cosa importante, dal mio punto di vista, che mette in luce i rischi a cui uno può andare in contro dando solo l'espressione analitica delle funzioni e non il dominio.
Ci sono alcune funzioni (al momento non ricordo l'esempio, ma non è difficile trovarlo, qualcosa che ha a che fare con il logaritmo mi pare) che hanno una particolarità: di per sè non sembrerebbero definite per alcuni valori reali, ma se calcolate in quei valori operando tra numeri complessi, forniscono accidentalmente un valore reale. Questo fatto la dice lunga su una "definizione" di dominio di una funzione definita sui reali; cosa significa che un punto sta nel dominio? significa che sostituendo nell'espressione io trovo un numero reale come risultato, ma facendo solo operazioni in $\RR$? o anche andando al di fuori da $\RR$? La situazione si fa quindi troppo complicata.
Aggiungo una cosa importante, dal mio punto di vista, che mette in luce i rischi a cui uno può andare in contro dando solo l'espressione analitica delle funzioni e non il dominio.
Ci sono alcune funzioni (al momento non ricordo l'esempio, ma non è difficile trovarlo, qualcosa che ha a che fare con il logaritmo mi pare) che hanno una particolarità: di per sè non sembrerebbero definite per alcuni valori reali, ma se calcolate in quei valori operando tra numeri complessi, forniscono accidentalmente un valore reale. Questo fatto la dice lunga su una "definizione" di dominio di una funzione definita sui reali; cosa significa che un punto sta nel dominio? significa che sostituendo nell'espressione io trovo un numero reale come risultato, ma facendo solo operazioni in $\RR$? o anche andando al di fuori da $\RR$? La situazione si fa quindi troppo complicata.
Mi trovo daccordo che dare una funzione significa assegnare il dominio.
Ad esempio si considerino le due funzioni:
y=ln(x)+ln(x+1) ed
y=ln(x(x+1))
A prima vista sembrerebbero uguali per la proprietà dei logaritmi. Ma il dominio della prima è x>0 e quello della seconda è
x<-1 U x>0 e pure il grafico sarà ovviamente differente
Analogamente dal punto di vista del dominio la funzione sqrt(f)/sqrt(g) è diversa da quella sqrt(f/g) e ce ne sono migliaia di tali esempi.
Ad esempio si considerino le due funzioni:
y=ln(x)+ln(x+1) ed
y=ln(x(x+1))
A prima vista sembrerebbero uguali per la proprietà dei logaritmi. Ma il dominio della prima è x>0 e quello della seconda è
x<-1 U x>0 e pure il grafico sarà ovviamente differente
Analogamente dal punto di vista del dominio la funzione sqrt(f)/sqrt(g) è diversa da quella sqrt(f/g) e ce ne sono migliaia di tali esempi.
caro Luca
ho qui la mia delizioza nipotina Michaela la quale, non appena vista la tua espessione facciale, ha pensato bene di rivolgerti il seguente pensiero [è un suo pensiero... non mio...]
...
cordeli saluti
lupo grigio

An old wolf may lose his teeth, bue never his nature
...io pensavo che tu lavori in un circo... perchè la tua faccia è da clown...
Michaela
p.s. non ti arrabbiare... è uno scherzo...
ho qui la mia delizioza nipotina Michaela la quale, non appena vista la tua espessione facciale, ha pensato bene di rivolgerti il seguente pensiero [è un suo pensiero... non mio...]

cordeli saluti
lupo grigio

An old wolf may lose his teeth, bue never his nature
...io pensavo che tu lavori in un circo... perchè la tua faccia è da clown...
Michaela
p.s. non ti arrabbiare... è uno scherzo...

In effetti l'esempio di cui parlavo non è difficile; basta prendere $f(x)=|log x|$; questa funzione dove è "naturalmente"definita se non assegnamo il dominio? Se la valutiamo in numeri reali negativi ed operiamo in $\CC$ troviamo un numero reale come risultato. Quindi il dominio è $\RR$ tranne $x=0$?
dunque se non assegni il dominio non è sempre univocamente determinata la funzione a cui fai riferimento poiché la funzione $|logz|:RR-{0}toRR$ è una restrizione della funzione $|logz|:CC-{0}toRR$ e non ha nulla a che vedere con la funzione $|logz|:RR_+toRR$ che è una ulteriore restrizione e dunque una funzione diversa?
Appunto; per evitare ogni forma di complicazione o amibiguità il dominio va sempre assegnato, solo in tal modo non si corre alcun rischio.