Giusto per ridere un poco...

Sk_Anonymous
ragazzi
qualche giorno fa l’utente Stefano [presumo sia il suo vero nome…] ha proposto una equazione differenziale che ha dato luogo a considerazioni [almeno dal mio punto di vista…] assai interessanti. L’equazione [del primo ordine…] era la seguente…

$x*y’=cos^2(xy)-y$ (1 )

Non erano poste ‘condizioni iniziali’ e sul momento la cosa non sembrava dar luogo a difficoltà. La soluzione generale non è difficile da trovare e in forma implicita è data da…

$tan(xy)=x+c$ (2)

… ove c è la solita ‘costante arbitraria’. Con una semplice verifica si trova che ogni funzione y(x) che soddisfa la (2) soddisfa anche la (1) qualunque sia il valore della costante c. Dalla (2) di ottiene facilmente l’espressione esplicita di $y(x)$ che è…

$y(x)= (tan^(-1) (x+c))/x$ (3)

Fin qui naturalmente è tutto ok. Qualche problema tuttavia sussiste quando si tratta di fissare il valore della costante c partendo da una qualche ‘condizione iniziale’, ossia imporre che per un certo $xo$ sia $y(xo)=yo$. Una prima difficoltà sembra essere legata al fatto che la funzione arcotangente ha valori compresi tra $-pi/2$ e $pi/2$, ma questa in fondo è superabile considerando che la funzione stessa è definita a meno di un qualsiasi multiplo intero di $pi$. Decisamente più critico invece sembra essere il caso in cui sia $xo=0$ , nel qual caso l’unico valore possibile per la funzione è $y(0)=1$ il che impone $c=0$ e porta alla soluzione…

$y(x)= (tan^(-1) x)/x$ (4)

Dal momento che nulla vieta nella (3) di porre $c=0$, sembra che la cosa sia ok. Inoltre nel diagramma che segue…



… è del tutto evidente che la funzione espressa dalla (4) non solo vale 1 per $x=0$, ma altresì ha un andamento regolare in tutto e per tutto. Di più, in tutta la famiglia di soluzioni espressa dalla (3), questa è la sola funzione che non presenta singolarità per $x=0$. Anzi nel caso, tutt’altro che raro nella pratica, che il problema espresso dalla (1) richieda una soluzione priva di singolarità, la (4) rappresenta l’unica soluzione accettabile del problema. E allora ragazzi ci si può ben chiedere: ma che vuoi di più dalla vita!…

Eh già!… Il fatto è che, non appena ho postato queste considerazioni, subito [o quasi…] sono partite le ‘contestazioni’ nei termini che qui vedete…

… per x=0 la funzione non è continua, in quanto neppur definita… [Camillo]

… infatti Camillo, mi era sfuggito ‘il solito errore di lupo grigio’... la funzione data si può prolungare per continuità ad x=0, ma per come è scritta non è una funzione definita in x=0, di conseguenza nemmeno continua... [Luca]

… tendo a ribadire che la funzione $y=arctan(x)/x$ non è la soluzione del problema di Cauchy con dato $y(0)=1$… questa funzione non risulta definita in $x=0$ e tra l'altro non ha nemmeno senso porsi nel problema di Cauchy $y(0)=c$, dal momento che nemmeno $f(x,y)$ è definita in $x=0$. Tutte queste ‘scoperte’ sono fatte a posteriori, non seguendo l'enunciato di un teorema ben preciso… [Luca]

… credo poi sia inutile aprire uno spazio per il tuo ‘solito errore’, visto che non mi sembri molto disposto a riconoscere che sbagli… non voglio assolutamente essere polemico, ma credo che il tuo errore sia già stato sottolineato più volte e non solo da me… come dicono: ‘errare è umano, ma perseverare è da diabolici’… [Luca]

Gulp!!!… :( :? per fortuna non siamo più nel Medio Evo, quando i ‘diabolici’ [ossia coloro che erano sospettati di avere ‘rapporti con il demonio’…] finivano sul rogo!!!… mah!… sapete che vi dico ragazzi?… oggi è venerdì, non c’è molto da fare e il ‘diabolico’ [ :twisted: :-D ]vuol giusto divertirsi un poco… e qual migliore divertimento vi può essere se non provare a dimostrare vera una ‘eresia’ [tanto i roghi non ci sono più…], non alla c**** di cane si capisce, bensì ‘seguendo l’enunciato di un teorema ben preciso’?… E’ quello che mi impegno a fare da qui a poco, ragazzi… nel frattempo se qualcuno ha qualche osservazione da fare…

cordiali saluti

lupo grigio




An old wolf may lose his teeth, but never his nature

Risposte
Luca.Lussardi
E' inutile, è una guerra persa. Ti facevo più maturo, lupo grigio. Sei il tipico ingegnere che non si stacca dalle sue convinzioni quando è chiaro e davanti a tutti che sta sbagliando.

Ti avevo chiesto di darmi una funzione come si dà per bene e non l'hai fatto... continui a dare funzioni su funzioni senza dire A PRIORI, PRIMA DI OGNI ALTRA CONSIDERAZIONE DI TIPO ANALITICO dove le funzioni sono definite e che valore assumono in un punto, come si deve fare invece. Solo perchè così saresti costretto ad ammettere che hai torto. Ma guarda che l'aver torto non dà ragione a me, dà ragione alla Matematica.

E' meglio che accolga l'invito di Camillo ad abbandonare la questione, sempre che fosse rivolto a me; meglio occuparsi di altro.

Camillo
Lo scopo mio non era certo quello di abbandonare la questione nè da parte tua, nè da parte di Lupo Grigio ma che evitaste ogni personalismo.

Luca.Lussardi
Hai ragione Camillo, comunque sia non credo che serva a qualcosa continuare a discutere.

Sk_Anonymous
Ragazzi
non vi nascondo che mi aspettavo sì ‘delle osservazioni’, ma decisamente più ‘costruttive’ di quelle che effettivamente sono arrivate. Pazienza…

Oggi, se siete d’accordo, parliamo ancora un poco delle ‘funzioni fratte’, ossia di funzioni…

$h(z)= f(z)/g(z)$ (1)

… in cui $f(z)$ e $g(z)$ sono entrambe funzioni analitiche [con però $g(z)$ diversa dalla funzione nulla…] aventi uno zero nel punto $z=a$. Si è dimostrato la volta scorsa che se entrambe le funzioni possono essere scritte nella forma…

$f(z)=(z-a)^p*f^* (z)$ e $g(z)=(z-a)^p*g^*(z)$ (2)

… con $p$ minimo numero intero non negativo per il quale il rispettivo coefficiente dello sviluppo in serie di entrambe è diverso da zero, allora la funzione $h(z)$ è analitica ed è $h(a) ne0$. Ebbene nel caso particolare in cui è…

$g(z)= c*(z-a)^p$ (3)

… con $c ne0$, allora, indicando con $c_n$ i coefficienti dello sviluppo in serie di $h(z)$ e con $a_n$ quelli dello sviluppo in serie di $f(z)$ risulta…

$c_n= a_(n+p)$ (4)

In definitiva quindi in questo caso particolare lo sviluppo in serie di $h(z)$ si ottiene dallo sviluppo di $f(z)$ dividendo ciascun termine di questo per $(z-a)^p$. Dal momento che la cosa è abbastanza facile, a questo punto vi lascio divertire a trovare da voi gli sviluppi in serie di funzioni fratte tipo $(sin z)/z$, $(e^z-1)/z$, $(1-cos z)/(z^2)$, etc…

Che succede invece quando $g(z)$ ha una forma più complessa?… In questo caso il problema è un poco più complicato e si possono seguire più strade. La prima e più ovvia consiste nel calcolare i coefficienti di $h(z)$ utilizzando le formule integrali di Cauchy, solo che il più delle volte le difficoltà pratiche sono proibitive. Una diversa tecnica è quella che illustriamo ora applicata ad una interessante funzione tratta da un articolo comparso su questo stesso sito dal titolo ‘P. Cutolo, Nota sui coefficienti delle potenze dello sviluppo in serie - Alcune interessanti relazioni tra i coefficienti dello sviluppo in serie di potenze di una particolare funzione’. La funzione in oggetto è la seguente…

$f(z)= (-z)/(ln (1-z))$ (5)

Sia la funzione al numeratore sia quella al denominatore hanno la forma (2) con $a=0$ e $p=1$. Possiamo dunque scrivere…

$(-z)/(ln (1-z))= sum_(n=0)^(+oo) a_n* z^n$ (6)

Nell’intorno di $z=0$ la funzione $ln (1-z)$ [intesa però come ‘valore principale’…] è analitica e il suo sviluppo in serie è dato da…

$ln (1-z)= - sum_(k=0)^(+oo) (z^(k+1))/(k+1)$ (7)

A differenza dei casi esaminati fino ad ora, la (7) converge entro un cerchio di raggio $R=1$ per cui anche la (6) convergerà entro lo stesso cerchio. Moltiplicando entrambi i termini della (6) per $ln (1-z)$ si ottiene…

$z= sum_(n=0)^(+oo) a_n*z^n*sum_(k=0)^(+oo) (z^(k+1))/(k+1)$ (8)

… dalla quale, riarrangiando un po’, si ricava…

$sum_(i=0)^(+oo) z^i *sum_(k=0)^i a_(i-k)/(k+1)=1$ (9)

La (9) permette di ricavare le $a_i$ una di seguito all’altra annullando tutti i coefficienti dei termini $z^i$ salvo che nel caso $i=0$. Si ottiene quindi…

$i=0 -> a_0=1$

$i=1 -> a_1/1 + a_0/2= 0 -> a_1=-a_0/2= -1/2$

$i=2 -> a_2/1+a_1/2+a_0/3=0 -> a_2=-a_1/2-a_0/3= -1/12$

$i=3 -> a_3/1+a_2/2+a_1/3+a_0/4=0 -> a_3= -a_2/2-a_1/3-a_0/4= -1/24$



$i=n -> a_n/1+a_(n-1)/2+…+a_1/n+a_0/(n+1)=0 -> a_n=-a_(n-1)/2-…-a_1/n-a_0/(n+1)$ (10)

… e così via…

Per finire una proposta. Abbiamo visto che una qualunque funzione analitica che si annulla per $z=a$ può essere scritta nella forma…

$f(z)=(z-a)^p * f^(*) (z)$ (11)

… con $p>0$ e $f^(*)(a)ne0$. Che ne direste se fa ora in poi una funzione di questo tipo la chiamassimo ‘analitica di grado $p$ in $a$’, o anche [più semplicemente...] 'di grado $p$ in $a$' ?…

cordiali saluti

lupo grigio



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Sk_Anonymous
Ragazzi
visto che nessuno ha avanzato obiezioni alla mia proposta, diciamo che la proposta è accettata. Anzi, già che ci siamo, assumiamo una definizione ancora più generale di ‘funzione di grado $p$ in $a$’ che è la seguente…

E’ data una funzione $f(z)$ su un dominio $D$ del piano complesso e un punto $z=a$ appartenente a $D$. Se esiste un intero $p$ tale che in un intorno circolare di $a$ vale la relazione…

$f(z)= (z-a)^p*f^(*)(z)$ (1)

… in cui $f^(*)(z)$ è analitica in $z=a$ ed è $f^(*) (a) ne0$ la funzione si dice essere ‘di grado $p$ in $a$. Se non esiste alcun intero $p$ per cui vale la (1), allora $f(z)$ ha in $z=a$ una singolarità essenziale


Più avanti vedremo quanto tornerà utile la definizione ora data per dare risposta ad una grande varietà di problemi. Ora però lasciamo [ma per poco ragazzi…] di sbizzarrirci in fantasia nell’inventare le funzioni più strane e concentriamoci di nuovo sul problema generale. Alcuni postati or sono abbiamo trovato una condizione abbastanza ampia per stabilire se una funzione $f(z)$ è analitica nell’intorno di un punto $z=a$ che suona così…

Sia f(z) una funzione di variabile complessa su un dominio $D$ del piano complesso. Dato un punto $z=a$ interno a $D$, la $f(z)$ è analitica in $a$ se esiste un cerchio centrato in $z=a$ di raggio $r>0$ sul quale $f(z)$ è definita quasi ovunque e per ogni valore di $k$ intero non negativo è verificata la relazione…

$int_C f(z)*(z-a)^k*dz=0$ (2)

... ove l’integrale di linea deve essere eseguito in senso antiorario


Pur essendo una estensione rispetto alla prima formula integrale di Cauchy [che si limita al caso $k=0$…] il criterio ora esposto è utile a stabilire che una certa $f(z)$ non è analitica in $z=a$. In altre parole si tratta di una condizione necessaria perché $f(z)$ sia analitica in $z=a$. Chiaramente quello che interessa di più è trovare una qualche condizione almeno sufficiente per stabilire che $f(z)$ è analitica in $z=a$. In altre parole ci si trova a dover affrontare il problema inverso rispetto al problema di Cauchy. Augurandomi che la cosa serva a risollevare un poco il ‘prestigio’ della nostra malandata Patria, vi dirò che tale problema è stato affrontato e [in parte] risolto 120 anni or sono da un italiano: Giacinto Morera. Ecco qui un breve profilo biografico…

Nato a Novara il 18 luglio 1856, il diploma in Ingegneria a Torino nel 1878 e, l'anno seguente, si laurea in Matematica, con una tesi diretta da F. Siacci. Decide poi, prima di intraprendere la carriera accademica, di perfezionare i suoi studi a Pavia, Pisa, Lipsia e Berlino, sotto la guida di eccellenti matematici fra cui Eugenio Beltrami, Ulisse Dini, Felix Klein, K. Weierstrass. Nel 1886 vince il concorso a cattedra di Meccanica razionale all'Università di Genova. Dopo 15 anni trascorsi presso l'ateneo ligure, dove ricoprì le cariche di preside della Facoltà e di rettore, Morera fu chiamato a Torino nel 1901 come successore di Vito Volterra alla cattedra di Meccanica razionale. Qui rimarrà sino alla morte, assumendo anche, nel 1908, gli insegnamenti di Meccanica superiore presso la Facoltà di Scienze MFN e di Meccanica razionale al Politecnico. Morera muore prematuramente a soli cinquantadue anni l'8 febbraio 1909 per un attacco di polmonite. Al 1886 risalgono i suoi primi studi sulla teoria delle funzioni di variabile complessa, confluiti nella memoria Un teorema fondamentale delle funzioni di variabile complessa, nella quale spicca la sua celebre inversione del teorema fondamentale di Augustin-Louis Cauchy, ancor oggi designato nella trattatistica con il nome di teorema di Morera. Il suo interesse per l'analisi complessa prosegue a lungo, come testimonia la nota del 1896 sulla ‘Rivista di Matematica’ di Peano in cui analizza le proprietà dell'integrale di Cauchy…

Bene ragazzi!… Prima di essere matematico, Morera è stato ingegnere e questo è garanzia di assoluta qualità di prodotto intellettuale!… Ma che cosa afferma il teorema che porta ancora oggi il suo nome?… Prima di rispondere a questa enigmatica domanda una premessa è d’obbligo: la maggior parte di testi di analisi complessa, almeno quelli non a livello specialistico, non citano neppure il teorema di Morera. Quelli poi che lo citano non sono del tutto concordi tra loro. Giusto per divertirsi proviamo a impostare su www.google.com Morera’s theorem ed ecco quello che si legge in alcune voci…

http://planetmath.org/encyclopedia/MorerasTheorem.html

Sia data una funzione $f(z)$ continua in un dominio D del piano complesso. Se per ogni percorso triangolare chiuso C in D si ha…

$int_C f(z)*dz=0$

... allora $f(z)$ è analitica in D


http://en.wikipedia.org/wiki/Morera's_theorem
http://mathworld.wolfram.com/MorerasTheorem.html

Sia data una funzione $f(z)$ continua in un dominio D del piano complesso. Se per ogni curva chiusa semplice $C$ in $D$ si ha…

$int_C f(z)*dz=0$

... allora $f(z)$ è analitica in D


http://www.sissa.it/~dubrovin/lec.pdf

Data una funzione $f(z)$ su un dominio D tale che per qualsiasi circuito chiuso $C$ contraibile su $D$ è…

$int_C f(z) dz=0$

... allora $f(z)$ è analitica su $D$ [pag. 31]


Guardate un po’ come vanno d’accordo tra loro questi matematici!… Il primo dice ‘per ogni percorso triangolare chiuso’, gli altri tre invece ‘per ogni curva chiusa in $D$'. I primi tre prescrivono che $f(z)$ sia ‘continua in $D$’, mentre l’ultimo non pone condizioni di sorta. Ebbene la domanda ovvia è: chi ha ragione?… qual è l’enunciato originale del teorema?… In attesa che qualcuno risolva il dilemma mi limiterò a fare delle semplici considerazioni sul teorema in questione. Nell’ipotesi che la continuità della $f(z)$ in $D$ sia premessa indispensabile per la validità del teorema stesso, appare subito evidente che per dimostrare che $f(z)$ è analitica in $D$ occorre prima dimostrare che essa è continua su $D$ e pertanto, senza voler assolutamente negare la validità del teorema, esso stabilisce unicamente una condizione sufficiente per la analiticità di $f(z)$ che di fatto parte da premesse che non sempre possono essere verificate a priori. La tanto auspicata ‘condizione necessaria e sufficiente’ pertanto, senza voler peccare di presunzione, ci sembra proprio che ancora debba essere trovata. Comunque sia, noi non disperiamo!…

cordiali saluti

lupo grigio



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Sk_Anonymous


Ragazzi
anche oggi è venerdì e come tutti i venerdì andiamo un poco… diciamo così… ‘sul leggero’. In attesa di trovare risposta ai molti interrogativi aperti parleremo un poco di Leonhard Euler [$alpha=1707$,$omega=1783$…quello raffigurato sopra… ] certamente il più illustre dei matematici del XVIII° secolo. Siccome avremo occasione di citarlo spesso, oggi ne facciamo una sorta di ‘presentazione’ ricordando una delle sue più brillanti ‘prodezze’ [assolutamente da non far confusione al riguardo con l’attuale presidente del consiglio :D ]…

Nella primavera del 1735 [aveva 28 anni…] Euler scrive ad un amico…

Ora però, contro ogni aspettativa, ho trovato una espressione elegante per la somma della serie 1 + 1/4 + 1/9 + 1/16 + etc., che dipende dalla quadratura del cerchio ... Ho trovato che sei volte la somma di questa serie è uguale al quadrato della circonferenza di un cerchio di diametro 1…

Alcuni anni prima il maestro di Euler, Jakob Bernoulli, anch’egli svizzero come l’allievo, utilizzando quello che sarebbe stato chiamato poi ‘criterio del confronto’, ha dimostrato che la serie…

$1+1/4+1/9+1/16+… = sum_(n=1)^(+oo) 1/(n^2)$ (1)

… era convergente e la sua somma era un numero non maggiore di due. Trovare però questo ‘numero magico’ si era rivelata impresa impossibile per lui e dopo diversi tentativi senza successo aveva rinunciato. Vediamo ora come Euler riesce nell’impresa perché, a mio modo di vedere, è la chiara dimostrazione che il progresso matematico è possibile solo grazie a menti sgombre da dogmi e pregiudizi…

Euler parte dalla funzione $sin x$ come serie di potenze…

$sin x= x-(x^3)/(3!)+(x^5)/(5!)-(x^7)/(7!)+…= sum_(n=0)^(+oo) (x^(2n+1))/((2n+1)!)$ (3)

… e, con notevole disinvoltura, tratta la serie come se fosse un usuale polinomio. Innanzi tutto realizza che è possibile raccogliere la $x$ e scrivere…

$sin x= x*g(x)$ (4)

… con…

$g(x)=(sin x)/x= 1-(x^2)/(3!)+(x^4)/(5!)-(x^6)/(7!)+... =sum_(n=0)^(+oo) (x^(2n))/((2n+1)!)$ (5)

Molto bene!… la funzione $g(x)=(sin x)/x$ che si è così ottenuta vale chiaramente $1$ per $x=0$ e vale $0$ per…

$x= +- pi, +- 2*pi, +-3*pi, etc…$ (6)

A questo punto Euler si permette un altro ‘strappo alle regole’ e ragiona nel modo seguente: sopponiamo di avere un polinomio in $x$ di grado $n$ del tipo…

$p(x)= 1+c_1*x+c_2*x^2+…+c_n*x^n$ (7)

… e che $a_1,a_2,…,a_n$ siano le sue radici, vale a dire i valori della $x$ per cui è $p(a_i)=0$... non è forse vero che $p(x)$ può essere scritto così…

$p(x)= (1-x/(a_1))* (1-x/(a_ 2))*… *(1-x/(a_n))$ (8)

... certo che è vero!… allora per quale ragione quello che vale per un polinomio di grado finito non deve valere per un polinomio di grado infinito?… Dal momento che una ragione valida non si vede, allora sviluppiamo come in (8) anche il ‘polinomio infinito’ dato dalla (5)... detto, fatto!…

$(sin x)/x= (1-x/pi)*(1+x/pi)*(1-x/(2*pi))*(1+x/(2*pi))… =$

$= (1-(x^2)/(pi^2))* (1-(x^2)/(2*pi)^2)…= prod_(n=1)^(+oo) 1-(x^2)/((n*pi)^2)$ (9)

Caspita ragazzi!… e il bello deve ancora venire!… proviamo a sviluppare il prodotto (9) fermandoci al termine in $x^2$…

$(sin x)/x= 1 –[1/(pi)^2+1/(4*pi^2)+1/(9*pi^2)…] *x^2+…$ (10)

Bene, se ora eguagliamo il coefficiente di $x^2$ nella (5) e nella (10) otteniamo…

$-1/(3!)=-1/(pi^2) *(1+1/4+1/9+…)$ (11)

… ovvero…

$1+1/4+1/9+… =sum_(n=1)^(+oo) 1/(n^2)= (pi^2)/6$ (12)

Tombola ragazzi!… Ecco dove si arriva se si ragiona a mente fredda e senza pregiudizi!…

Per finire ragazzi una osservazione ‘istruttiva’. In tutti i manuali di matematica in mio possesso è riportato lo sviluppo seguente della funzione $sin x$ come ‘prodotto infinito’…

$sin x= x* (1-(x^2)/(pi^2)) * (1-(x^2)/(2*pi)^2) … $ (13)

Essi si guardano bene però dal riportare lo sviluppo originale di Euler della funzione $(sin x)/x$ …

$(sin x)/x= (1-(x^2)/(pi^2)) * (1-(x^2)/(2*pi)^2) …$ (14)

Che volete mai farci ragazzi!… così son fatte le teste di certuni!… 8-)

cordiali saluti

lupo grigio



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carlo232
"lupo grigio":

... certo che è vero!… allora per quale ragione quello che vale per un polinomio di grado finito non deve valere per un polinomio di grado infinito?…


Attenzione, questo è un errore che anche io una volta commisi...

Non sempre si può fattorizzare così una serie di potenze, si può fattorizzare così con sicurezza solo un polinomio.

Posso mostrare un semplice controesempio, consideriamo la funzione $e^(sin(x))-1$ che si può sviluppare con pazienza in serie di potenze, essa se e solo se $sin(x)=0$ quindi ha gli stessi zeri di $sin(x)$ e andrebbe anch'essa fattorizzata come $sin(x)$ ma ciò è ovviamente sbagliato perchè $e^(sin(x))-1$ e $sin(x)$ sono funzioni ben lungi da differire soloper una costante moltiplicativa...

Sk_Anonymous
La funzione sulla quale Euler ha applicato il suo speciale procedimento di 'fattorializzazione' è $g(x)=(sin x)/x$, la quale ha alcune precise caratteristiche quali...

a) è sviluppabile in serie di potenze nell'intorno di $x=0$, vale a dire è...

$g(x)=sum_(n=0)^(+oo) a_n*x^n$ (1)

b) nella (1) il primo termine è $a_0=1$, così che è $g(0)=1$

c) la $g(x)$ ha infiniti zeri [tutti noti...] $lambda_i$, soluzioni dell'equazione $g(x)=0$, ovvero per cui è $g(lambda_i)=0$

Il 'controesempio' $g(z)=e^(sin x)-1$ non mi pare soddisfi al punto b) in quanto è $g(0)=0$...

cordiali saluti

lupo grigio



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son Goku1
vorrei spezzare una lancia, anzi due in favore di lupo grigio con un banale esempio, se scrivo: $f(x)=x*x$ allora necessariamente $f(x)/x=x$ se poniamo $g(x)=f(x)/x$ abbiamo $g(o)=0$ nonostante ci sia indeterminazione, e la stessa cosa accade per il seno visto nel suo sviluppo in serie, però se questo fosse vero allora si potrebbe fare lo stesso ragionamento per $tan(x)/x$ e chissà quant'altre funzioni...praticamente tutte :shock:

carlo232
"GuillaumedeL'Hopital":
vorrei spezzare una lancia, anzi due in favore di lupo grigio con un banale esempio, se scrivo: $f(x)=x*x$ allora necessariamente $f(x)/x=x$ se poniamo $g(x)=f(x)/x$ abbiamo $g(o)=0$ nonostante ci sia indeterminazione


Se $f(x)=x^2$ e $g(x)=(f(x))/x$ tu concludi $g(x)=x$ ma attenzione!

Come concludi ciò? Abbiamo $g(x)=(x^2)/x$ possiamo dividere denominatore e numeratore per uno stesso numero diverso da zero quindi possiamo semplificare e ottenere $g(x)=x$ solo se $x!=0$...queste sono elementari operazioni con le frazioni...

son Goku1
:D :-D infatti, prima l'ho spezzata, poi l'ho lanciata lo stesso, vediamo come la mette adesso lupo grigio

Sk_Anonymous
Ragazzi
se non ci sono solidi fondamenti di algebra elementare ogni volta si finisce per discutere del ‘sesso degli angeli’. Oddio non è colpa vostra!… La colpa è dei pessimi insegnamenti che vengono impartiti già alla scuola media e che poi ognuno si porta fatalmente dietro tutta la vita. Allora ragazzi facciamo così, questo post è dedicato alla definizione base di potenza intera e alle sue proprietà. Vedremo poi che non è assolutamente una perdita di tempo e che il seguito ci sarà utile…

Allora cominciamo con la definizione di potenza intera. Sia $a$ un numero reale [o complesso…] qualunque e $n$ un intero non negativo. Si definisce ‘$a$ elevato ad $n$’ il numero reale [o complesso…] $b$ ottenuto moltiplicando l’unità [ossia il numero $1$] per $a$ esattamente $n$ volte. In notazione è…

$b= a^n$ (1)

Dalla definizione ora data discendono immediatamente le prime tre regole fondamentali…

a) se $n=0$ allora $a^0=1$ qualunque sia $a$
b) se $n$ ed $m$ sono due interi non negativi allora $a^n*a^m=a^(m+n)$
c) se $n$ ed $m$ sono due interi non negativi allora $(a^n)^m=a^(m*n)$

Fin qui tutto ok, vero?… Ora vediamo che cosa succede per $n$ negativo. Sia $a$ un numero reale [o complesso…] qualunque purchè diverso da $0$ e un intero $n$ negativo. Si definisce ‘$a$ elevato ad $n$’ il numero reale [o complesso…] $b$ ottenuto dividendo l’unità [ossia il numero $1$…] per $a$ esattamente $n$ volte. La notazione è la stessa della (1)…

Da qui discende le altre due regole fondamentali…

d) per qualunque $n$ non negativo e $a$ diverso da $0$ è $1/(a^n)=a^(-n)$
e) per qualunque $n$ ed $m$ non negativi e $a$ diverso da $0$ è $a^n/(a^m)=a^(n-m)$

Allora piccola domanda: i punti a),b),c),d) ed e) sono tutti ok?… Se sì la loro semplice ed elementare applicazione fa si che si possa dire che per un qualunque variabile reale [o complessa…] $x$ su qualunque dominio vale l’identità…

$x^n/(x^m)= x^p$ con $p=n-m$ (2)

In particolare se $p=0$ [ossia $n=m$…], allora $x^0$ è uguale a $1$ qualunque sia $x$. Sono sicuro che, prima o poi, tutti i testi di matematica elementare riporteranno i fatidici ‘cinque punti’ che abbiamo ora enunciato, così che verranno definitivamente bandite dal linguaggio matematico espressioni del tipo ‘forme indeterminate’, ‘singolarità eliminabili’, ‘singolarità apparenti’ e altre ‘meraviglie’ del genere. Temo purtroppo che non vivrò abbastanza per assistere a questo… :roll: :?

cordiali saluti

lupo grigio



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mircoFN1
"GuillaumedeL'Hopital":
vorrei spezzare una lancia, anzi due in favore di lupo grigio con un banale esempio, se scrivo: $f(x)=x*x$ allora necessariamente $f(x)/x=x$ se poniamo $g(x)=f(x)/x$ abbiamo $g(o)=0$ .... :shock:


Veramente credo che non si possa dire 'necessariamente' in quanto l'identità vale se $x \ne 0$. Dividere per zero è pericoloso:

$1=1$
$a=a$
$a^2=a^2$
$a^2-a^2=a^2-a^2$
$a(a-a)=(a+a)(a-a)$
$a=a+a$
$a=2a$
$1=2$

ciao :wink:

son Goku1
:-D ahahahah, non hai capito, lo dicevo per burlarmi di lupo grigio

GIOVANNI IL CHIMICO
Mi sa che Lupo Grigio non stia troppo allo scherzo...

mircoFN1
"GuillaumedeL'Hopital":
:-D ahahahah, non hai capito, lo dicevo per burlarmi di lupo grigio


Devo riconoscere che non avevo seguito tutto .... allora mi sembra che con parole diverse abbiamo detto la stessa cosa :wink:

Luca.Lussardi
Nessuno vivrà mai abbastanza per vedere scomparire le singolarità eliminabili, per il semplice fatto che ci sono, e nessuno ci può fare niente, dal momento che esistono.

Sk_Anonymous
Bene ragazzi
dopo che, tra Nazionale di calcio e altre amenità ci siamo un poco rilassati, riprendiamo un poco il discorso iniziato alcuni postato or sono e lo colleghiamo al concetto di potenza che abbiamo appena richiamato. Abbiamo visto a suo tempo che una funzione $f(z)$ che non possiede in $z=a$ una singolarità essenziale può essere scritta in un intorno di $a$ come…

$f(z)=(z-a)^p*f^(*)(z) (1)

… dove $p$ è un intero ed $f^(*)(z)$ una funzione analitica in $z=a$ tale che il coefficiente di indice $0$ del suo sviluppo…

$f^(*)(z)=sum_(n=0)^(+oo) a_n*(z-a)^n$ (2)

… è diverso da $0$, ossia è $a_0ne0$. Una funzione che può essere scritta come in (1) verrà definita ‘di grado $p$ in $a$’. Se non esiste alcun intero $p$ che possa trovar posto nella (1), allora diciamo che $f(z)$ ha in $a$ una singolarità essenziale. Si hanno tre distinti casi…

a) $p>0$. Allora $f(z)$ è analitica in $a$ ed è $f(a)=0$
b) $p=0$.Allora $f(z)$ è analitica in $a$ ed è $f(a)ne0$
c) $p<0$. Allora $f(z)$ ha in $a$ un polo di ordine $p$ ed è $lim_(z->a)|f(z)|=+00$ (3)

Nel caso c) si dice che la funzione $h(z)$ è meromorfa in $a$. Scopo di questo mio intervento è dimostrare [cosa abbastanza agevole in verità…] che la classe di funzioni che abbiamo ora definito gode delle stesse proprietà formali delle potenze per quanto riguarda prodotto e quoziente. Da prima dimostriamo che, se $f(z)$ e $g(z)$ sono entrambe di grado $0$ in $a$, allora…

$h(z)=f(z)*g(z)$ (3)

... è anch’essa di grado $0$ in $a$. Infatti è…

$f(z)=sum_(n=0)^(+oo) a_n*(z-a)^n$ e $g(z)=sum_(n=0)^(+oo) b_n*(z-a)^n$ (4)

… per cui, applicando la regola del prodotto di due serie, risulta che…

$h(z)=sum_(n=0)^(+oo) c_n * (z-a)^n$ con $c_n=sum_(i=0)^n a_i*b(n-i)$ (5)

Essendo $a_0ne0$ e $b_0ne0$, è immediato concludere che $c_0ne0$ per cui l’asserto è dimostrato. Ora [cosa appena un poco più complessa…] dimostriamo che, se $f(z)$ e $g(z)$ sono entrambe di grado $0$ in $a$, allora…

$h(z)=(f(z))/(g(z))$ (6)

... è anch’essa di grado $0$ in $a$. Per dimostrare la (6) basta dimostrare che $k(z)=1/(g(z))$ è anch’essa di grado $0$ in $a$ e sfruttare il risultato che si è conseguito col prodotto. Se con $a_n$ indico il coefficiente di indice $n$ di $g(z)$ e con $b_i$ il coefficiente di indice $i$ di $k(z)$ sarà valida la relazione…

$sum_(n=0)^(+oo) a_n*(z-a)^n * sum_(i=0)^(+oo) b_i*(z-a)^i=$

$=sum_(n=0)^(+oo) sum_(i=0)^n*a_n*b_(n-i)=1$ (7)

Dalla (7) è possibile estrarre il sequenza le $b_n$ nel modo seguente…

$b_0=1/(a_0)$

$b_1=-(b_0*a_1)/(a_0)$

$b_2=-(b_0*a_2+b_1*a_1)/(a_0)$



$b_n=-(b_0*a_n+b_1*a_(n-1)+…+b_(n-1)*a_1)/(a_0)$ (8)



Dal momento che è $b_0 ne 0$, $k(z)$ risulta essere di grado $0$ in $a$ e l’asserto è quindi dimostrato. A questo punto non è difficile stabilire quanto segue. Data una $f(z)$ di grado $p$ in $a$ e una $g(z)$ di grado $q$ in $a$, allora…

$h(z)=f(z)*g(z)$ ha grado $p+q$ in $a$

$k(z)=(f(z))/(g(z))$ ha grado $p-q$ in $a$ (9)

Non male ragazzi, vero?… e questo per oggi è tutto…

cordiali saluti

lupo grigio



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Sk_Anonymous
Ragazzi
anche oggi è venerdì e , giusto per ‘ridere un poco’, cominceremo a parlare di una delle funzioni che da alcuni secoli è ‘croce e delizia’ dei matematici, la funzione gamma. Alcuni postati or sono abbiamo celebrato una delle tante magnifiche imprese di Leonhard Euler. Non sorprende che anche la funzione gamma sia stata concepita dalla mente di questo matematico svizzero e, in omaggio a lui e senza voler peccare di presunzione, vediamo un poco di affrontare l’argomento ‘pensando alla Euler’…

Il nostro un bel giorno ha preso spunto dal seguente integrale improprio…

$int_0^(+oo) t^n*e^(-t)*dt $ (1)

Già si sapeva allora che l’integrale era convergente per ogni intero $n>=0$ e divergente per ogni intero $n<0$. Applicando sistematicamente la regola di integrazione per parti non è difficile arrivare a calcolare l’integrale (1) per un intero $n$ non negativo. Si trova…

$int_0^(+oo) t^n*e^(-t)*dt = n!$ (2)

Bene!… si sarà detto Euler… proviamo a vedere che cosa succede quanto nella (1) provo a sostituire $n$ con un numero qualunque… ossia costruire la funzione…

$gamma(x)= int_0^(+oo)t^x*e^(-t)*dt$ (3)

Il primo ovvio tentativo di calcolare l’integrale (3) procedendo alla integrazione per parti si vede subito che fallisce. Dopo il primo step si ha…

$int*t^x*e^(-t)*dt= -e^(-t)*t^x+ x*int t^(x-1)*e^(-t)*dt$ (4)

Andando avanti…

$int t^x*e^(-t)*dt= -e^(-t)*[t^x+x*t^(x-1)+x*(x-1)*t^(x-2)+...+x*(x-1)*(x-2)*...*(x-k+1)*t^(x-k)+...]$ (5)

Purtroppo ci si accorge che se $x=n$ con $n$ intero, l’integrazione si arresta dopo $n+1$ iterazioni e si ha…

$gamma(n)=n!$ (5)

... e che se viceversa $n$ non è intero, l’integrazione per parti non termina mai e la cosa sulle prime non sembra funzionare. Non scoraggiamoci per così poco!… Anche se il primo tentativo non è riuscito, esso ci ha permesso di scoprire una interessante proprietà di questa funzione. Dalla (4) infatti si ricava…

$gamma(x)= x*gamma(x-1)$ (6)

Questa relazione è importantissima. Da essa si ricavano altre due formule interessanti quanto utili…

$gamma(x+1)=(x+1)*gamma(x)$ (7)

$gamma(x-1)=(gamma(x))/x$ (8)

La (7) la chiamiamo ‘formula per l’estensione in avanti’. Ancora non conosciamo $gamma(x)$ ma già possiamo fare alcune interessanti considerazioni. Dalla (7) infatti si deduce che, se conosciamo la funzione $gamma(x)$ in $0<=x<=1$ siamo in grado di calcolarla anche per qualunque valore di $x$ positivo. Se infatti poniamo $x=|x|+(x)$, in cui $|*|$ significa ‘parte intera di’ e $(*)$ significa ‘parte decimale di’ , per $x>1$ si ha…

$gamma(x)= (x+|x|)*(x+|x|-1)*…*(x+2)*(x+1)*gamma((x))$ (9)

Analogamente la (8) la chiamiamo ‘formula per l’estensione all’indietro’. Dalla (8) infatti si deduce che, se conosciamo la funzione $gamma(x)$ in $0<=x<=1$ siamo in grado di calcolarla per qualunque [o quasi…] $x$ negativo. Se infatti poniamo $x=|x|+(x)$, in cui $|*|$ significa ‘parte intera di’ e $(*)$ significa ‘parte decimale di’ , per $x<0$ si ha…

$gamma(x)=(gamma((x)))/(x*(x+1)*(x+2)*…*(x+|x|))$ (10)

A questo punto, anche se non siamo ancora in grado di calcolarla, conosciamo già molte proprietà della funzione $gamma(x)$. Esaminando la (8) e la (9) si vede subito che $gamma(x)$ non si annulla in alcun punto. Abbiamo già visto che per qualunque intero non negativo $n$ è $gamma(n)=n!$. Per quanto riguarda gli interi negativi osserviamo che quando $x$ è un intero negativo il denominatore della (9) si annulla e pertanto tali valori costituiscono punti singolari della $gamma(x)$. Per essere in grado di calcolare $gamma(x)$ in qualunque punto non ci resta che calcolarne il valore per $0<=x<=1$. E’ quello che ci accingiamo a fare nelle prossime puntate…

cordiali saluti

lupo grigio




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Sk_Anonymous
Allora ragazzi
prima di continuare la nostra disquisizione sulla funzione gamma una piccola precisazione. Su tutti i testi di analisi la funzione gamma e indicata con la lettera greca maiuscola ed è definita come…

$Gamma(x) = int_0^(+oo) t^(x-1)* e^(-t)*dt$ (1)

… ove $z$ è la solita variabile complessa. La funzione gamma come è stata definita da me è invece indicata con la lettera greca minuscola ed è definita come…

$gamma(x)= int_0^(+oo)t^x*e^(-t)*dt$ (2)

Ovviamente la relazione tra le due ‘funzioni gamma’ è decisamente poco complicata essendo…

$gamma(x)=Gamma(x+1)$ (3)

Il motivo che mi spinge ad usare la ‘variante minore’ della funzione gamma è assai semplice: essa consente di semplificare di molto le cose. Ammetterete per esempio che, dato un intero $n$ non negativo, delle due identità…

$Gamma(n+1)= n!$

$gamma(n)=n!$ (4)

… la seconda è assai più facile da ricordare e non presenta rischi di errore. Ma non c’è solo questo motivo come ben presto apprenderemo…

Ripartendo dal punto dove siamo rimasti l’ultima volta, occorre ora trovare un modo per calcolare la funzione $gamma(x)$ per $0<=x<=1$, giacchè abbiamo visto che, se è nota in quell’intervallo, è nota per tutti i valori di $x$ ad eccezione del caso $x=n$ con $n$ negativo. Proviamo allora a vedere se $gamma(x)$ è sviluppabile in serie di Taylor nell’intorno di $x=0$. Perché questo sia vero sappiamo già che in $x=0$ deve essere definita sia la funzione sia la sua derivata. Abbiamo già visto che è…

$gamma(0)=1$ (5)

… per cui la prima condizione è ok. Occorre ora calcolare [se c’è…] la derivata della funzione in $x=0$. Applicando la definizione stessa della funzione si trova…

$d/(dx) gamma(x) = int_0^(+oo) t^x*ln t*e^(-t)*dt$ (6)

… per cui è…

$gamma’(0)= int_0^(+oo)ln t*e^(-t)*dt$ (7)

Si tratta dunque di risolvere un integrale. Semplice non è vero?… Una qualche criticità in realtà c’è poiché l’integrale (7) è, diciamo così, ‘doppiamente improprio’. In primo luogo esso è esteso su un intervallo infinito, in secondo luogo la funzione integrando ha una singolarità in $x=0$. Non ci dispereremo per così poco, vero ragazzi?…

Partiamo dunque dall’integrale indefinito…

$int ln t*e^(-t)*dt$ (8)

… e proviamo a integrare per parti. Dopo uno step si ha…

$int ln t*e^(-t)*dt= -e^(-t)*ln t +int e^(-t)/t*dt$ (9)

Beh, se non altro siamo riusciti a spezzare l’integrale in due parti che possiamo anche trattare separatamente. Il secondo termine della (9) è una funzione nota come ‘integralesponenziale’ ed è definita come…

$Ei(x)= int_x^(+oo) e^(-t)/t*dt$ (10)

Di essa si conosce [per fortuna…] lo ‘sviluppo’ seguente…

$Ei(x)= -gamma – ln x + sum_(n=1)^(+oo) (-1)^(n-1)*x^n/(n*n!)$ (11)

… dove $gamma$ [da non confondere con la nostra funzione…] è una costante nota come ‘costante di Eulero’ [sempre lui ragazzi… è stato proprio un grande!…]. Essa è data da…

$gamma= lim_(n->+oo) sum_(k=1)^(n) 1/k –ln n$ (12)

… e vale…

$gamma=.577215664901…$ (13)

Torniamo ora al nostro integrale. Dal momento che è $lim_(x->+oo) Ei(x)=0$ e $lim_(t->+oo) e^(-t)*ln t=0$ , tenendo conto della (11) l’integrale cercato diviene…

$gamma’(0)= lim_(delta->0) (e^(-delta)-1)*ln delta –gamma + sum_(n=1)^(+oo) (-1)^(n-1)*delta^n/(n*n!)= - gamma$ (14)

Allora anche la seconda condizione è ok per cui possiamo dire che la funzione gamma è sviluppabile in serie di Taylor nell’intorno di $x=0$ ed è…

$gamma(x)= 1-gamma*x+…$ (15)

Carino, non è vero?… Estendendo la definizione al campo complesso possiamo affermare che $gamma(z)$ è una funzione analitica di grado $0$ in $z=0$, proprio come, ad esempio, $(sin z)/z, (tan^(-1) z)/z$ e tante altre che ci piacciono tanto. Per oggi ci siamo divertiti abbastanza ragazzi… alla prossima!…

cordiali saluti

lupo grigio




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