Equazione differenziale domanda
Ciao,
avrei una domanda stupida probabilmente dato che non studio fisica o matematica, però mi desta curiosità.
Se ho una equazione differenziale del tipo: $(dy)/(dx)=f(x,y)$ essa mi pare che in generale non sia risolvibile giusto? (questa era la domanda dell'esercizio).
Mi è però sorta una seconda domanda oltre a quella sopra che vi chiedevo ed è la seguente:
se scrivo $(dy)/(dx)$ vuol dire che implicitamente penso a una $y(x)$, anche perché se non lo fosse avrei $(dy)/(dx)=0$ e quindi $f(x,y)=0$, cioè in modo semplice la f sarebbe la funzione nulla.
Sia quindi $y(x)$, a questo punto ecco che i si pone davanti un dubbio: quello che ottengo è $(dy)/(dx)=f(x,y(x))$ quindi mi pare sensato che f si riduca a una sola funzione di x in fin dei conti, quindi avrei $(dy)/(dx)=f(x)$ e a questo punto senza andare a interpellare la separazione di variabili non sarebbe più semplicemente risolubile dicendo f(x) è la funzione pari a quella derivata a sx. That's it
Mi sembra troppo idiota come cosa, quindi devo capire cosa sbaglio
avrei una domanda stupida probabilmente dato che non studio fisica o matematica, però mi desta curiosità.
Se ho una equazione differenziale del tipo: $(dy)/(dx)=f(x,y)$ essa mi pare che in generale non sia risolvibile giusto? (questa era la domanda dell'esercizio).
Mi è però sorta una seconda domanda oltre a quella sopra che vi chiedevo ed è la seguente:
se scrivo $(dy)/(dx)$ vuol dire che implicitamente penso a una $y(x)$, anche perché se non lo fosse avrei $(dy)/(dx)=0$ e quindi $f(x,y)=0$, cioè in modo semplice la f sarebbe la funzione nulla.
Sia quindi $y(x)$, a questo punto ecco che i si pone davanti un dubbio: quello che ottengo è $(dy)/(dx)=f(x,y(x))$ quindi mi pare sensato che f si riduca a una sola funzione di x in fin dei conti, quindi avrei $(dy)/(dx)=f(x)$ e a questo punto senza andare a interpellare la separazione di variabili non sarebbe più semplicemente risolubile dicendo f(x) è la funzione pari a quella derivata a sx. That's it

Mi sembra troppo idiota come cosa, quindi devo capire cosa sbaglio
Risposte
Ciao ripositore,
Sbagli il concetto di base: la funzione $f = f(x, y(x)) $ è assegnata (nota), la funzione $y = y(x) $ devi trovarla...
Facciamo un esempio:
$y'(x) = x^2 y(x) $
Chiaramente questa equazione differenziale si può scrivere nella forma seguente:
$\frac{\text{d}y}{\text{d}x} = f(x, y(x)) $
ove $ f(x, y(x)) := x^2 \cdot y(x) $
A questo punto separando le variabili (supponendo chiaramente $y \ne 0 $: nota che la soluzione costante $y(x) = 0 $ è soluzione dell'equazione differenziale, la soluzione spesso chiamata banale) si ha:
$(y')/y = x^2 $
Quest'ultima integrata porge la soluzione $y(x) = c e^{x^3/3} $ ove $c$ è una costante che si determina in base alle condizioni iniziali (se ci sono). Nel caso in cui $c = 0 $ si ottiene nuovamente la soluzione banale $y(x) = 0$ già menzionata.
Per verificare la correttezza della soluzione $y(x) $ ottenuta basta derivarla, sostituire $y'(x) $ e $y(x) $ nell'equazione differenziale iniziale ed osservare che si ottiene un'identità:
$y'(x) = c x^2 e^{x^3/3} = x^2 \cdot c e^{x^3/3} $
Vero. [tex]\Box[/tex]
"ripositore":
quindi devo capire cosa sbaglio
Sbagli il concetto di base: la funzione $f = f(x, y(x)) $ è assegnata (nota), la funzione $y = y(x) $ devi trovarla...

Facciamo un esempio:
$y'(x) = x^2 y(x) $
Chiaramente questa equazione differenziale si può scrivere nella forma seguente:
$\frac{\text{d}y}{\text{d}x} = f(x, y(x)) $
ove $ f(x, y(x)) := x^2 \cdot y(x) $
A questo punto separando le variabili (supponendo chiaramente $y \ne 0 $: nota che la soluzione costante $y(x) = 0 $ è soluzione dell'equazione differenziale, la soluzione spesso chiamata banale) si ha:
$(y')/y = x^2 $
Quest'ultima integrata porge la soluzione $y(x) = c e^{x^3/3} $ ove $c$ è una costante che si determina in base alle condizioni iniziali (se ci sono). Nel caso in cui $c = 0 $ si ottiene nuovamente la soluzione banale $y(x) = 0$ già menzionata.
Per verificare la correttezza della soluzione $y(x) $ ottenuta basta derivarla, sostituire $y'(x) $ e $y(x) $ nell'equazione differenziale iniziale ed osservare che si ottiene un'identità:
$y'(x) = c x^2 e^{x^3/3} = x^2 \cdot c e^{x^3/3} $
Vero. [tex]\Box[/tex]
Grazie^^
Ah certo che scemo ho invertito l'incognita con la funzione nota. Potevo farmi un esempietto per capirlo, invece il ragionamento generale mi ha portato fuori strada.
Per il resto direi che è risolvibile se e solo se è separabile con funzioni integrabili giusto? Mi chiedo cioè: se mi vengono date delle f(x,y) che non diventano una moltiplicazione di funzioni integrabili in x e y magari però c'è un altro metodo risolutivo che permette comunque di trovare l'integrale generale (non più per separazione quindi ma per altra via). E' questa cosa che non mi lascia convinto, se fallisce la separazione di variabili magari c'è comunque un altro metodo che la risolve no?
Domanda bonus, consideriamo un esercizio differente.
per ipotesi mi si dice che "y non è funzione di x, e supponiamo f(x,y) non nota. quali f(x,y) possono essere date in tale situazione?" mi pare che in quel caso la f(x,y) che possono darmi è unicamente f(x,y)=0. Cioè mi ridurrei per forza di cose ad avere dy/dx=0, e qindi deduco anche che y=cost. giusto?
Ah certo che scemo ho invertito l'incognita con la funzione nota. Potevo farmi un esempietto per capirlo, invece il ragionamento generale mi ha portato fuori strada.
Per il resto direi che è risolvibile se e solo se è separabile con funzioni integrabili giusto? Mi chiedo cioè: se mi vengono date delle f(x,y) che non diventano una moltiplicazione di funzioni integrabili in x e y magari però c'è un altro metodo risolutivo che permette comunque di trovare l'integrale generale (non più per separazione quindi ma per altra via). E' questa cosa che non mi lascia convinto, se fallisce la separazione di variabili magari c'è comunque un altro metodo che la risolve no?
Domanda bonus, consideriamo un esercizio differente.
per ipotesi mi si dice che "y non è funzione di x, e supponiamo f(x,y) non nota. quali f(x,y) possono essere date in tale situazione?" mi pare che in quel caso la f(x,y) che possono darmi è unicamente f(x,y)=0. Cioè mi ridurrei per forza di cose ad avere dy/dx=0, e qindi deduco anche che y=cost. giusto?
"ripositore":
Per il resto direi che è risolvibile se e solo se è separabile con funzioni integrabili giusto?
No; proprio come congetturi poco dopo la parte che ho citato, effettivamente ci sono altri metodi per risolvere alcune equazioni differenziali che non coinvolgono la "separazione di variabili". Il punto è che, nel tuo discorso, non è ben chiaro che significhi "risolvibile": in che senso? Nel senso che esiste una soluzione o nel senso che le soluzioni, se esistono, sono esprimibili con funzioni elementari? È lo stesso problema dell'integrazione: la funzione \(x\mapsto e^{-x^2}\) è integrabile su ogni compatto di \(\mathbb{R}\) perché è ivi continua; quindi, il teorema fondamentale del calcolo integrale garantisce che su ogni compatto il suo integrale definito si può calcolare tramite una sua primitiva valutata negli estremi dell'intervallo suddetto. Ma un altro teorema afferma che tale primitiva non si può esprimere con funzioni elementari, quindi si suol dire che "\(e^{x^2}\) non è elementarmente integrabile" (o locuzioni simili). Quindi, bisognerebbe chiarire che significa "non risolvibile" secondo il tuo docente; alcuni teoremi ti assicurano l'esistenza di una soluzione, ma non ti assicurano che ci sia un modo per determinarla esplicitamente. Invece, in altri casi una soluzione non esiste proprio.
"ripositore":
mi ridurrei per forza di cose ad avere dy/dx=0, e qindi deduco anche che y=cost. giusto?
Questo, in generale, non è vero. Considera la funzione $\varphi:\mathbb{R}\setminus\{0\} \to \mathbb{R}$ definita ponendo:\[
\varphi(x)=\begin{cases}-1, && \text{se} \ x < 0 \\ 1, && \text{se} \ x > 0\end{cases}
\]Essa è derivabile su \(\mathbb{R}\setminus\{0\}\) con derivata identicamente nulla su \(\mathbb{R}\setminus\{0\}\), ma \(\varphi\) non è costante su \(\mathbb{R}\setminus\{0\}\) essendo, ad esempio, \(\varphi(-1)=-1 \ne 1= \varphi (1)\). Il teorema che citi necessita di un'ipotesi in più: il dominio della funzione deve essere un intervallo (infatti, non a caso \(\varphi\) è costante su ogni intervallo contenuto in \(\mathbb{R}\setminus\{0\}\) perché, avendo derivata nulla su \(\mathbb{R}\setminus\{0\}\), in particolare ha derivata nulla su ogni intervallo contenuto in \(\mathbb{R}\setminus\{0\}\)).
Se vuoi rispondere: cosa studi?
"ripositore":
Se ho una equazione differenziale del tipo: $(dy)/(dx)=f(x,y)$ essa mi pare che in generale non sia risolvibile giusto? (questa era la domanda dell'esercizio).
Il punto non è cosa studi o quanto tu ne sappia; bensì, che la domanda ha poco senso se non chiarisci il significato di "essere risolvibile".
"Essere risolvibile" può voler dire tante cose:
- [*:1c3tkfvs] dimostrare solo l'esistenza di una soluzione,
[/*:m:1c3tkfvs]
[*:1c3tkfvs] dimostrare l'esistenza e l'unicità della soluzione,
[/*:m:1c3tkfvs]
[*:1c3tkfvs] calcolare un'espressione esplicita della soluzione (casomai per mezzo di funzioni elementari).[/*:m:1c3tkfvs][/list:u:1c3tkfvs]
Quindi, secondo te, cosa voleva chiederti davvero l'estensore del test?
@Mephlip @gugo82 sulla risolvibilità: mi sono in realtà chiesto le stesse cose, nel senso che so che potrebbero esistere alle volte soluzioni di qualcosa che non sia però esprimibile come funzioni elementari[nota]il prof penso intendesse solo soluzioni elementari, ma vorrei andare oltre e capire di più e vi pongo altre domande[/nota]. Non avevo, invece, pensato all'unicità (ammetto).
Per questo mi piacerebbe chiedervi, per curiosità di analizzare i vari casi, quindi:
per una eq. differenziale data in quella forma mi chiedo se:
- esistono casi di f(x,y) che pur non dando vita a una eq. differenziale in forma lineare (ad es se ho $dy/dx=f(x,y)=y$ non è solo a variabili separabili ma anche lineare e risolvibile) o a variabili separabili sia comunque risolvibile con almeno una soluzione esprimibile con una funzione elementare?
In poche parole, mi chiedo, se ho una f(x,y) che mi dà una eq. non a variabili separabili o lineare ci sono casi in cui sia risolvibile con altri metodi e ci dà comunque (almeno) una soluzione espressa con funzioni elementari?
- come dimostro esistenza e unicità (o non esistenza o esistenza ma non unicità) per una equazione di questa forma? Non avrei idea di come fare. (come dice gugo)
- dimostrare anche solo l'esistenza di una soluzione? (come dice gugo)
- infine: esistono soluzioni che non siano espresse in funzioni elementari ma che sia comunque soluzione? (e questi sono solo casi per cui non è a variabili separabili? Oppure ci sono casi di soluzioni di questo tipo anche quando è avariabii separabili?) come si ragiona per trovare esempi del genere sono bloccato
Insomma mi sono sorte moltissime domande da questo stupido esercizio e vorrei capire
spero possiate aiutarmi.
*****************
@(solo) Mephlip -sulla seconda parte del suo messaggio-: che stupido, hai ragione, non ci ero arrivato ma effettivamente ci sono funzioni (dignitosissime) per cui la mia intuizione non funzionava. Ci sono cascato come un asino.
In sostanza è vera la cosa che dicevo che f(x,y) che può essere data è solo quella identicamente NULLA. Tuttavia è altresì vero che in generale non posso dedurre che y=costante. A meno che non aggiunga una ipotesi: che la y è definita su un intervallo.
Così dovrebbe andare.
PS: chimica.
Per questo mi piacerebbe chiedervi, per curiosità di analizzare i vari casi, quindi:
per una eq. differenziale data in quella forma mi chiedo se:
- esistono casi di f(x,y) che pur non dando vita a una eq. differenziale in forma lineare (ad es se ho $dy/dx=f(x,y)=y$ non è solo a variabili separabili ma anche lineare e risolvibile) o a variabili separabili sia comunque risolvibile con almeno una soluzione esprimibile con una funzione elementare?
In poche parole, mi chiedo, se ho una f(x,y) che mi dà una eq. non a variabili separabili o lineare ci sono casi in cui sia risolvibile con altri metodi e ci dà comunque (almeno) una soluzione espressa con funzioni elementari?
- come dimostro esistenza e unicità (o non esistenza o esistenza ma non unicità) per una equazione di questa forma? Non avrei idea di come fare. (come dice gugo)
- dimostrare anche solo l'esistenza di una soluzione? (come dice gugo)
- infine: esistono soluzioni che non siano espresse in funzioni elementari ma che sia comunque soluzione? (e questi sono solo casi per cui non è a variabili separabili? Oppure ci sono casi di soluzioni di questo tipo anche quando è avariabii separabili?) come si ragiona per trovare esempi del genere sono bloccato

Insomma mi sono sorte moltissime domande da questo stupido esercizio e vorrei capire

*****************
@(solo) Mephlip -sulla seconda parte del suo messaggio-: che stupido, hai ragione, non ci ero arrivato ma effettivamente ci sono funzioni (dignitosissime) per cui la mia intuizione non funzionava. Ci sono cascato come un asino.
In sostanza è vera la cosa che dicevo che f(x,y) che può essere data è solo quella identicamente NULLA. Tuttavia è altresì vero che in generale non posso dedurre che y=costante. A meno che non aggiunga una ipotesi: che la y è definita su un intervallo.
Così dovrebbe andare.
PS: chimica.
Forse qualcuno ti risponderà, ma tieni presente che in un post su un forum non è che ti si può scrivere tutta la teoria delle Equazioni Differenziali Ordinarie (EDO in italiano o ODE in inglese) sulla quale sono stati scritti diversi libri...
Potresti cominciare col dare un'occhiata qui e, soprattutto per la bibliografia più ricca, alla versione in inglese qui.
Ecco, se magari riporti lo "stupido esercizio" che hai menzionato ragioniamo su qualcosa di concreto...

Potresti cominciare col dare un'occhiata qui e, soprattutto per la bibliografia più ricca, alla versione in inglese qui.
"ripositore":
Insomma mi sono sorte moltissime domande da questo stupido esercizio
Ecco, se magari riporti lo "stupido esercizio" che hai menzionato ragioniamo su qualcosa di concreto...

No, certo ma non chiedevo quello. Chiedevo degli spunti sulle domande indicate con "-" qui sopra che sono sorte per le risposte degli utenti.
Credo le domande più lunghe e "teoriche" siano la seconda e la terza, per cui chiedevo degli spunti o anche solo letture pdf a riguardo. Per la 1 e 4 invece credo la risposta sia più breve dato che si parla di un caso specifico che richiedevo e mi incuriosiva
Lo stupido esercizio è quello iniziale. Ha fatto sorgere quelle domande che ponevo al variare delle f(x,y) possibili.
Grazie!
Credo le domande più lunghe e "teoriche" siano la seconda e la terza, per cui chiedevo degli spunti o anche solo letture pdf a riguardo. Per la 1 e 4 invece credo la risposta sia più breve dato che si parla di un caso specifico che richiedevo e mi incuriosiva

Lo stupido esercizio è quello iniziale. Ha fatto sorgere quelle domande che ponevo al variare delle f(x,y) possibili.
Grazie!
"ripositore":
- esistono casi di f(x,y) che pur non dando vita a una eq. differenziale in forma lineare (ad es se ho $dy/dx=f(x,y)=y$ non è solo a variabili separabili ma anche lineare e risolvibile) o a variabili separabili sia comunque risolvibile con almeno una soluzione esprimibile con una funzione elementare?
In poche parole, mi chiedo, se ho una f(x,y) che mi dà una eq. non a variabili separabili o lineare ci sono casi in cui sia risolvibile con altri metodi e ci dà comunque (almeno) una soluzione espressa con funzioni elementari?
Non c'è bisogno di andare lontano... Questa equazione differenziale:
\[
y^\prime (x) = e^{-x^2}
\]
è linearissima e del primo ordine, ma la soluzione non è una funzione elementare (questo è un fatto noto da Analisi I: esistono funzioni che non hanno primitive esprimibili elementarmente).
"ripositore":
- come dimostro esistenza e unicità (o non esistenza o esistenza ma non unicità) per una equazione di questa forma? Non avrei idea di come fare. (come dice gugo)
Questo è il teorema sulle EDO, quello che ci sono voluti anni per dimostrare. Si studia in Analisi II (o Sistemi Dinamici) nella versione più classica ed in altri corsi superiori in versioni più complicate.
L'idea è che una EDO in forma normale del tipo:
\[
y^\prime (x) = f\big( x, y(x) \big)
\]
ha:
- [*:3t5wvb9y]almeno una soluzione il cui grafico passa per un punto $(x_0,y_0)$ interno al dominio $\Omega$ del secondo membro $f(x,y)$ se la funzione $f(x,y)$ è (come funzione di due variabili) continua in $\Omega$ (o, almeno, intorno a $(x_0,y_0)$);
[/*:m:3t5wvb9y]
[*:3t5wvb9y] un'unica soluzione il cui grafico passa per un punto $(x_0,y_0)$ interno al dominio $\Omega$ del secondo membro $f(x,y)$ se la funzione $f(x,y)$ soddisfa l'ipotesi precedente ed in più soddisfa qualche condizione più forte[nota]Ad esempio, funzione di classe $C^1$ in $Omega$ oppure una condizione di Lipschitz.[/nota] (anche rispetto alla sola variabile $y$).[/*:m:3t5wvb9y][/list:u:3t5wvb9y]
Le dimostrazioni le trovi su testi di Analisi II o più avanzati.
"ripositore":
- dimostrare anche solo l'esistenza di una soluzione? (come dice gugo)
Ho risposto sopra.
Tuttavia, nei casi semplici, tieni presente che vale il classico:
Teorema di Esistenza dell'Ingegnere: Se so calcolare la soluzione un problema, la soluzione esiste.
"ripositore":
- infine: esistono soluzioni che non siano espresse in funzioni elementari ma che sia comunque soluzione? (e questi sono solo casi per cui non è a variabili separabili? Oppure ci sono casi di soluzioni di questo tipo anche quando è a variabili separabili?) come si ragiona per trovare esempi del genere sono bloccato
Ho risposto sopra: anche se ti limiti a semplicissime EDO come quelle del tipo "ricerca delle primitive", i.e. del tipo $y^\prime (x) = f(x)$, ci sono casi in cui le soluzioni non sono esprimibili elementarmente.
Grazie.
Quindi la domanda del prof era un po' mal posta (credo volesse semplificarla a non matematici ma mi abbia solo confuso di più).
La richiesta era: $dy/dx=f(x,y)$ è risolvibile in generale?
Messa così credo volesse dire "assunta f(x,y(x)) è risolvibile in generale come funzione data per funzioni elementari e valida per ogni $x in RR$"?
Ora, cercando risposte avevo trovato il teorema di esistenza e unicità per un problema di cauchy, ma questo teorema non faceva al caso mio perché dimostrava l'esistenza di almeno una soluzione data f continua ma con una condizione iniziale e trovava un intorno per cui c'era effettivamente una soluzione. Mentre io volevo il caso senza condizione iniziale, inoltre volevo $x in R$, quindi soluzioni y che fossero funzioni su tutto R. E mi pare quel teorema non mi dia risposte a questo quesito.
Dal teorema che mi riporti mi pare che sia sempre possibile trovare (almeno) una soluzione y per quel tipo di equazioni a patto che f sia continua. Quindi messa così la soluzione c'è sempre per f continue.
Però questo teorema che mi citi mi pare proprio quello per un problema di cauchy e quindi mi garantisce che una soluzione esiste ma non per $x in R$, ma solo su intervalli di R. Io invece cercavo una risposta a quella domanda per x in R. (prima domanda sul thm)
Oltre a questo volevo chiederti (seconda domanda sul thm) dal teorema non possiamo concludere molto su f non continua e mi chiedo quindi: se f non è continua potrei avere comunque soluzione (anche non in forma elementare) in certi casi con x che si estende in tutto R? Oppure se non è continua non ho mai soluzione (non so se esista un altro teorema per questo)
Ciò detto -se non ho detto cacchiate
- volevo solo chiarire altri punti; tuo tempo e voglia permettendo:
°)
La mia domanda era leggermente differente, provo a esprimerla meglio: se ho una f(x,y) che mi dà una eq. non a variabili separabili (quindi non si può scrivere come $d(x)*l(y)$) e non lineare; mi chiedo: ci sono casi in cui data una f del genere comunque l'equazione sia risolvibile con altri metodi e ci dà comunque (almeno) una soluzione espressa con funzioni elementari e con $x in R$?
Non mi vengono esempi in mente.
per questo ipotizzo: vale forse qualcosa tipo, se non è a variabili separabili e lineare => la funzione soluzione non è sicuramente elementare? oppure potrebbe essere che non esiste mai proprio? o forse è elementare e non vale per x in tutto R? (una di queste?)
°) mi sembra chiaro dal tuo esempio che non posso asserire se eq. è lineare => la soluzione è esprimibile con funzioni elementari.
Tuttavia mi chiedo, se ho una equazione a variabili separabili ottengo sempre una soluzione esprimibile con funzioni elementari e che sia soluzione per ogni x in R? oppure ci sono casi in cui pur essendo esprimibile a variabili separabili ha soluzione:
- non elementare
- oppure una soluzione elementare che non vale per ogni x in R?
(mi pare di no)
Quindi la domanda del prof era un po' mal posta (credo volesse semplificarla a non matematici ma mi abbia solo confuso di più).
La richiesta era: $dy/dx=f(x,y)$ è risolvibile in generale?
Messa così credo volesse dire "assunta f(x,y(x)) è risolvibile in generale come funzione data per funzioni elementari e valida per ogni $x in RR$"?
Ora, cercando risposte avevo trovato il teorema di esistenza e unicità per un problema di cauchy, ma questo teorema non faceva al caso mio perché dimostrava l'esistenza di almeno una soluzione data f continua ma con una condizione iniziale e trovava un intorno per cui c'era effettivamente una soluzione. Mentre io volevo il caso senza condizione iniziale, inoltre volevo $x in R$, quindi soluzioni y che fossero funzioni su tutto R. E mi pare quel teorema non mi dia risposte a questo quesito.
Dal teorema che mi riporti mi pare che sia sempre possibile trovare (almeno) una soluzione y per quel tipo di equazioni a patto che f sia continua. Quindi messa così la soluzione c'è sempre per f continue.
Però questo teorema che mi citi mi pare proprio quello per un problema di cauchy e quindi mi garantisce che una soluzione esiste ma non per $x in R$, ma solo su intervalli di R. Io invece cercavo una risposta a quella domanda per x in R. (prima domanda sul thm)
Oltre a questo volevo chiederti (seconda domanda sul thm) dal teorema non possiamo concludere molto su f non continua e mi chiedo quindi: se f non è continua potrei avere comunque soluzione (anche non in forma elementare) in certi casi con x che si estende in tutto R? Oppure se non è continua non ho mai soluzione (non so se esista un altro teorema per questo)
Ciò detto -se non ho detto cacchiate

°)
$y′(x)=e^-(x^2)$mi proponevi questa, però questo è un esempio di equazione lineare.
La mia domanda era leggermente differente, provo a esprimerla meglio: se ho una f(x,y) che mi dà una eq. non a variabili separabili (quindi non si può scrivere come $d(x)*l(y)$) e non lineare; mi chiedo: ci sono casi in cui data una f del genere comunque l'equazione sia risolvibile con altri metodi e ci dà comunque (almeno) una soluzione espressa con funzioni elementari e con $x in R$?
Non mi vengono esempi in mente.
per questo ipotizzo: vale forse qualcosa tipo, se non è a variabili separabili e lineare => la funzione soluzione non è sicuramente elementare? oppure potrebbe essere che non esiste mai proprio? o forse è elementare e non vale per x in tutto R? (una di queste?)
°) mi sembra chiaro dal tuo esempio che non posso asserire se eq. è lineare => la soluzione è esprimibile con funzioni elementari.
Tuttavia mi chiedo, se ho una equazione a variabili separabili ottengo sempre una soluzione esprimibile con funzioni elementari e che sia soluzione per ogni x in R? oppure ci sono casi in cui pur essendo esprimibile a variabili separabili ha soluzione:
- non elementare
- oppure una soluzione elementare che non vale per ogni x in R?
(mi pare di no)
Che casino... 
Vediamo di mettere ordine.
Innanzitutto, una questione di metodo... Per farmi capire meglio, passami una divagazione.
Supponiamo tu voglia costruire una casetta su un terreno e che ti rivolga ad un ingegnere edile per sapere se si può fare.
L'ingegnere ti mostra una carta e ti dice: "Guarda, questo sembra un buon terreno per costruire, ma in realtà non lo è perché ci sono problemi appena sotto la superficie".
Tu, guardandolo in faccia, gli diresti mai: "Ah, allora possiamo costruirla lì in fondo, sopra quello scomodissimo terreno paludoso?"
No, eh? Sembra completamente illogico, vero?
E non solo sembra: è illogico. Se un esperto ti dice che la casetta non la puoi costruire su un terreno che a te sembra "tranquillo", a maggior ragione non puoi costruirla su un terreno che a te (e non all'esperto) appare già disagevole e non adatto a sostenere alcunché.
Ecco, l'errore di metodo che commetti ponendo queste domande è lo stesso.
Se in un caso "tranquillo" le cose già non sono semplici come appaiono, perché chiedi se le cose sono semplici in casi (già per te) evidentemente più complicati?
Venendo alle domande in sé:
Anche qui c'è un problema di metodo.
"Credo" non significa nulla.
Non si studia per "credere", né "credendo"; si studia per sapere. Tu devi sapere, non "credere".
Per sapere, c'è bisogno di capire; quindi tu devi capire.
Quando non si capisce, si chiede. E si parla finché non si capisce.
Nel caso in esame, se vuoi sapere cosa volesse intendere il docente che ha posto la domanda, c'è una sola cosa che devi fare: chiedere al docente.
Infatti, quello è il teorema sulle EDO, cioè il teorema di riferimento.
In Analisi si studiano problemi locali (nelle vicinanze di qualche punto interessante, ossia lì "intorno"), per primi, poi problemi globali (in tutto l'insieme di definizione).
Non è una cosa strana che i risultati importanti siano dimostrati prima in versione locale, poi, se possibile, siano estesi a risultati globali.
Questo è un errore di Matematica di base, molto comune tra l'altro (anche in studenti che hanno un background di liceo scientifico, ma che della Matematica vera non hanno capito i meccanismi fondamentali).
Domanda: che differenza c'è tra una soluzione arbitraria ed una soluzione che soddisfa una condizione del tutto arbitraria?
In altre parole, tu stai chiedendo: "Vorrei conoscere una qualsiasi soluzione".
Il matematico ti dice: "Se mi dai un qualsiasi punto, io ti so dire quale soluzione ci passa... Va bene così?"
E sì, va bene così.
E non te le può dare.
Per alcuni secondi membri, anche semplici e definiti ovunque in $RR^2$, ci sono problemi perché le soluzioni non sono mai definite su tutto $RR$ perché "esplodono" al finito (i.e., i loro grafici hanno asintoti verticali): ad esempio:
\[
y^\prime (x) = y^2(x)\; .
\]
Alcune condizioni sul secondo membro $f(x,y)$ ti garantiscono che le soluzioni "locali" del p.d.C. si possono effettivamente prolungare su tutto $RR$ (questo è il caso, ad esempio, delle EDO lineari a coefficienti continui in tutto $RR$), ma in generale non si può fare granché.
Dipende... A volte sì, a volte no.
I casi più semplici sono ancora del tipo "ricerca delle primitive": ad esempio:
\[
y^\prime (x) = f(x)
\]
ha soluzioni globali se:
\[
f(x) = \begin{cases} 2x \sin \frac{1}{x} - \cos \frac{1}{x} &\text{, se } x\neq 0 \\ 0 &\text{, se } x = 0\end{cases}
\]
ma non ne ha se:
\[
f(x) = \begin{cases} 1 &\text{, se } x\geq 0 \\ 0 &\text{, se } x < 0\end{cases}\; .
\]
Per quanto riguarda la questione di metodo, vedi su.
Inoltre, "mai" e "sempre" sono termini che in Matematica vanno usati con parsimonia e solo quando si è sicuri di ciò che si dice (perché c'è un teorema che viene in aiuto).
Al momento non mi vengono esempi "a volo", ci devo pensare.
Vedi sopra.

Vediamo di mettere ordine.
Innanzitutto, una questione di metodo... Per farmi capire meglio, passami una divagazione.
Supponiamo tu voglia costruire una casetta su un terreno e che ti rivolga ad un ingegnere edile per sapere se si può fare.
L'ingegnere ti mostra una carta e ti dice: "Guarda, questo sembra un buon terreno per costruire, ma in realtà non lo è perché ci sono problemi appena sotto la superficie".
Tu, guardandolo in faccia, gli diresti mai: "Ah, allora possiamo costruirla lì in fondo, sopra quello scomodissimo terreno paludoso?"
No, eh? Sembra completamente illogico, vero?
E non solo sembra: è illogico. Se un esperto ti dice che la casetta non la puoi costruire su un terreno che a te sembra "tranquillo", a maggior ragione non puoi costruirla su un terreno che a te (e non all'esperto) appare già disagevole e non adatto a sostenere alcunché.
Ecco, l'errore di metodo che commetti ponendo queste domande è lo stesso.
Se in un caso "tranquillo" le cose già non sono semplici come appaiono, perché chiedi se le cose sono semplici in casi (già per te) evidentemente più complicati?

Venendo alle domande in sé:
"ripositore":
Quindi la domanda del prof era un po' mal posta (credo volesse semplificarla a non matematici ma mi abbia solo confuso di più).
La richiesta era: $ dy/dx=f(x,y) $ è risolvibile in generale?
Messa così credo volesse dire "assunta f(x,y(x)) è risolvibile in generale come funzione data per funzioni elementari e valida per ogni $ x in RR $"?
Anche qui c'è un problema di metodo.
"Credo" non significa nulla.
Non si studia per "credere", né "credendo"; si studia per sapere. Tu devi sapere, non "credere".
Per sapere, c'è bisogno di capire; quindi tu devi capire.
Quando non si capisce, si chiede. E si parla finché non si capisce.
Nel caso in esame, se vuoi sapere cosa volesse intendere il docente che ha posto la domanda, c'è una sola cosa che devi fare: chiedere al docente.
"ripositore":
Ora, cercando risposte avevo trovato il teorema di esistenza e unicità per un problema di Cauchy [...]
Infatti, quello è il teorema sulle EDO, cioè il teorema di riferimento.
"ripositore":
[...] ma questo teorema non faceva al caso mio perché dimostrava l'esistenza di almeno una soluzione data f continua ma con una condizione iniziale e trovava un intorno per cui c'era effettivamente una soluzione.
In Analisi si studiano problemi locali (nelle vicinanze di qualche punto interessante, ossia lì "intorno"), per primi, poi problemi globali (in tutto l'insieme di definizione).
Non è una cosa strana che i risultati importanti siano dimostrati prima in versione locale, poi, se possibile, siano estesi a risultati globali.
"ripositore":
[...] Mentre io volevo il caso senza condizione iniziale [...]
Questo è un errore di Matematica di base, molto comune tra l'altro (anche in studenti che hanno un background di liceo scientifico, ma che della Matematica vera non hanno capito i meccanismi fondamentali).
Domanda: che differenza c'è tra una soluzione arbitraria ed una soluzione che soddisfa una condizione del tutto arbitraria?
In altre parole, tu stai chiedendo: "Vorrei conoscere una qualsiasi soluzione".
Il matematico ti dice: "Se mi dai un qualsiasi punto, io ti so dire quale soluzione ci passa... Va bene così?"
E sì, va bene così.
"ripositore":
[...] inoltre volevo $ x in R $, quindi soluzioni y che fossero funzioni su tutto R. E mi pare quel teorema non mi dia risposte a questo quesito.
E non te le può dare.
Per alcuni secondi membri, anche semplici e definiti ovunque in $RR^2$, ci sono problemi perché le soluzioni non sono mai definite su tutto $RR$ perché "esplodono" al finito (i.e., i loro grafici hanno asintoti verticali): ad esempio:
\[
y^\prime (x) = y^2(x)\; .
\]
Alcune condizioni sul secondo membro $f(x,y)$ ti garantiscono che le soluzioni "locali" del p.d.C. si possono effettivamente prolungare su tutto $RR$ (questo è il caso, ad esempio, delle EDO lineari a coefficienti continui in tutto $RR$), ma in generale non si può fare granché.
"ripositore":
Oltre a questo volevo chiederti dal teorema non possiamo concludere molto su f non continua e mi chiedo quindi: se f non è continua potrei avere comunque soluzione (anche non in forma elementare) in certi casi con x che si estende in tutto R? Oppure se non è continua non ho mai soluzione (non so se esista un altro teorema per questo)
Dipende... A volte sì, a volte no.
I casi più semplici sono ancora del tipo "ricerca delle primitive": ad esempio:
\[
y^\prime (x) = f(x)
\]
ha soluzioni globali se:
\[
f(x) = \begin{cases} 2x \sin \frac{1}{x} - \cos \frac{1}{x} &\text{, se } x\neq 0 \\ 0 &\text{, se } x = 0\end{cases}
\]
ma non ne ha se:
\[
f(x) = \begin{cases} 1 &\text{, se } x\geq 0 \\ 0 &\text{, se } x < 0\end{cases}\; .
\]
"ripositore":
°)$ y′(x)=e^-(x^2) $mi proponevi questa, però questo è un esempio di equazione lineare.
La mia domanda era leggermente differente, provo a esprimerla meglio: se ho una $f(x,y)$ che mi dà una eq. non a variabili separabili (quindi non si può scrivere come $ d(x)*l(y)$) e non lineare; mi chiedo: ci sono casi in cui data una f del genere comunque l'equazione sia risolvibile con altri metodi e ci dà comunque (almeno) una soluzione espressa con funzioni elementari e con $ x in R $?
Non mi vengono esempi in mente.
per questo ipotizzo: vale forse qualcosa tipo, se non è a variabili separabili e lineare => la funzione soluzione non è sicuramente elementare? oppure potrebbe essere che non esiste mai proprio? o forse è elementare e non vale per x in tutto R? (una di queste?)
Per quanto riguarda la questione di metodo, vedi su.
Inoltre, "mai" e "sempre" sono termini che in Matematica vanno usati con parsimonia e solo quando si è sicuri di ciò che si dice (perché c'è un teorema che viene in aiuto).
Al momento non mi vengono esempi "a volo", ci devo pensare.
"ripositore":
°) mi sembra chiaro dal tuo esempio che non posso asserire se eq. è lineare => la soluzione è esprimibile con funzioni elementari.
Tuttavia mi chiedo, se ho una equazione a variabili separabili ottengo sempre una soluzione esprimibile con funzioni elementari e che sia soluzione per ogni x in R? oppure ci sono casi in cui pur essendo esprimibile a variabili separabili ha soluzione:
- non elementare
- oppure una soluzione elementare che non vale per ogni x in R?
(mi pare di no)
Vedi sopra.
Ciao 
Per il resto invece:
ti ringrazio e ho capito le tue correzioni sul mio modo errato di ragionare.
Solo per spiegare il perché delle mie domande. In realtà erano mal poste ma quello che volevo chiarire era che erano delle congetture e non delle certezze, diciamo così. E il senso delle domane in sé, era che chiedevo se vi fossero dei teoremi (così che potessi studiarmeli) che dessero un fondamento teorico alla mia intuizione.
Mi spiego: io notavo che quando ho una equazione differenziale tipo $(dy)/(dx)=m(x)*l(y)$ in tutti i casi che conosco separando le variabili e integrando mi trovo sempre una soluzione molto generale e non locale, quindi valida per ogni $x in RR$ e senza passare per pdc.
D'altra parte avevo altresì notato che se la $f(x,y)=y$, cioè se avevo sotto mano: $(dy)/(dx)=y$ poteva essere vista come eq. diff. lineare e anche qui trovavo una y(x) con x in R in generale.
Da questi fatti avevo congetturato le due cose (per cui appunto cercavo un teorema o un controesempio):
.
I miei ragionamenti non erano certezze o teoremi, ma domande per capire un qualcosa che mi "sembrava" potesse valere e per cui cercavo un fondamento, cioè un terreno solido sotto i piedi (che solo i matematici sanno dare)
******
Una domanda invece correlata alla tua completa risposta. Come si ottiene l'integrale generale: $y(x)=Ce^x−x−1$ dall'inizio? Cioè come l'hai ottenuta a priori?

In altre parole, tu stai chiedendo: "Vorrei conoscere una qualsiasi soluzione".certo ORA mi è chiaro il punto, però quello che mi lasciava confuso era che la soluzione di una equazioni per separazione di variabili mi permette di trovare la soluzione senza passare per un problema di cauchy: integro e ho l'integrale generale bello che pronto. E non capivo perché in certi casi si riesce a non sfruttare il teorema "Punto per punto arbitrario" (appunto la separazione), mentre in altri devo passare per il pdc (come nella seconda parte della soluzione del tuo spoiler). Questa "ambivalenza" di tipi di soluzioni mi creano confusione.
Il matematico ti dice: "Se mi dai un qualsiasi punto, io ti so dire quale soluzione ci passa... Va bene così?"
Per il resto invece:
ti ringrazio e ho capito le tue correzioni sul mio modo errato di ragionare.
Solo per spiegare il perché delle mie domande. In realtà erano mal poste ma quello che volevo chiarire era che erano delle congetture e non delle certezze, diciamo così. E il senso delle domane in sé, era che chiedevo se vi fossero dei teoremi (così che potessi studiarmeli) che dessero un fondamento teorico alla mia intuizione.
Mi spiego: io notavo che quando ho una equazione differenziale tipo $(dy)/(dx)=m(x)*l(y)$ in tutti i casi che conosco separando le variabili e integrando mi trovo sempre una soluzione molto generale e non locale, quindi valida per ogni $x in RR$ e senza passare per pdc.
D'altra parte avevo altresì notato che se la $f(x,y)=y$, cioè se avevo sotto mano: $(dy)/(dx)=y$ poteva essere vista come eq. diff. lineare e anche qui trovavo una y(x) con x in R in generale.
Da questi fatti avevo congetturato le due cose (per cui appunto cercavo un teorema o un controesempio):
"ripositore":
se ho una $f(x,y)$ che mi dà una eq. non a variabili separabili (quindi non si può scrivere come $ d(x)*l(y)$) e non lineare; mi chiedo: ci sono casi in cui data una f del genere comunque l'equazione sia risolvibile con altri metodi e ci dà comunque (almeno) una soluzione espressa con funzioni elementari e con $ x in R $?
Non mi vengono esempi in mente.
per questo ipotizzo (nota: qui cercavo un thm): vale forse qualcosa tipo, data una eq. $(dy)/(dx)=f(x,y)$ se non è a variabili separabili e lineare => la funzione soluzione non è sicuramente elementare? oppure potrebbe essere che non esiste mai proprio? o forse è elementare e non vale per x in tutto R? (una di queste?)
Se invece tale ipotesi di teorema fosse errata, mi sarebbe piaciuto trovare un controesempio, cioe $(dy)/(dx)=f(x,y)$ non a variabili separabili e lineare ma che avesse una soluzione espressa con funzioni elementari e con $ x in R $
Chiedevo questo in sostanza.
"ripositore":in sostanza mi sono mal espresso, ma volevo solo capire se, come dicevo qui sopra nel post, ci fossero controesempi che vanificassero la mia congettura o se vi fossero teoremi che confermassero una intuizione basata su mera esperienza di equazioni differenziali banali trovate nella pratica chimica
°) mi sembra chiaro dal tuo esempio che non posso asserire se eq. è lineare => la soluzione è esprimibile con funzioni elementari.
Tuttavia mi chiedo, se ho una equazione a variabili separabili ottengo sempre una soluzione esprimibile con funzioni elementari e che sia soluzione per ogni x in R? oppure ci sono casi in cui pur essendo esprimibile a variabili separabili ha soluzione:
- non elementare (un controesempio per questa può semrpe essere -se non erro- la $y′(x)=e^(−(x^2))$ che è anche a variabili separabili oltre che lineare)
- oppure una soluzione elementare che non vale per ogni x in R? (per questa ora ho un controesempio a var. separabili: $y′(x)=y^2(x)$ e quindi risulta chiaro che è una baggianata)
Mi incuriosiva quindi un controesempio anche per il caso non elementare, ma non mi ero accorto di averlo già

I miei ragionamenti non erano certezze o teoremi, ma domande per capire un qualcosa che mi "sembrava" potesse valere e per cui cercavo un fondamento, cioè un terreno solido sotto i piedi (che solo i matematici sanno dare)

******
Una domanda invece correlata alla tua completa risposta. Come si ottiene l'integrale generale: $y(x)=Ce^x−x−1$ dall'inizio? Cioè come l'hai ottenuta a priori?
"ripositore":
Una domanda invece correlata alla tua completa risposta. Come si ottiene l'integrale generale: $y(x)=Cex−x−1$ dall'inizio? Cioè come l'hai ottenuta a priori?
Dai conti che sai fare pure tu.
Quella è una EDO del primo ordine lineare non omogenea e dovresti saperla risolvere in maniera veloce perché c'è la "formula risolutiva".
Tuttavia, fammi osservare ancora una cosa.
"ripositore":
Questa "ambivalenza" di tipi di soluzioni mi creano confusione.
In realtà non c'è alcuna ambivalenza. Quelle che conosci sono delle procedure di calcolo semplici/semplificate che si basano sui teoremi.
Come per una semplice equazione di secondo grado $a x^2 + b x + c = 0$, sai che se $\Delta >= 0$, l'equazione ha due soluzioni reali date dalla "formula risolutiva":
\[
x_{1,2} = \frac{-b \pm \sqrt{\Delta}}{2a}\; ;
\]
ma d'altra parte il teorema sulle radici del polinomio di secondo grado ti dice che puoi usare qualche trucchetto algebrico per riscrivere l'equazione come un'equazione pura:
\[
\left( x + \frac{b}{2a} \right)^2 - \frac{\Delta}{4a^2} = 0
\]
la cui soluzione è un problema di estrazione di radici e si discute facilmente. Quindi il teorema mi mostra da dove viene la formula e perché essa deve valere, da lì si parte quando non si capisce il perché delle cose. Se però si usano sempre formule risolutive "preconfezionate", non capendo da dove vengono, si incorre nei problemi in cui sei incappato tu.
La Matematica non sta nell'applicazione di una formuletta per trovare la soluzione di un problema, ma nel capire qual è il ragionamento sottostante.
Se la formuletta si applica sempre senza approfondire perché le cose come vanno come vanno, si fa un lavoro che ormai ogni software fa meglio e più velocemente.
Se però si usano sempre formule risolutive "preconfezionate", non capendo da dove vengono, si incorre nei problemi in cui sei incappato tu.questo è vero, ma non hai idea di quanto sia vasta la chimica e quanto tempo, anima e corpo bisogna dedicargli. E purtroppo non si ha lo stesso tempo da dedicare a ragionare su tutto, per questo la preparazione è ormai settorializzata, è sicuramente una cosa che vogliio approfondire quella delle EDO e molta parte della matematica fatta maluccio nei corsi. Posso farlo autonomamente? Certo, ma devo prima finire la triennale che mi richiede corsi su corsi di chimica organica, chimica computazionale, biochimica, chimica analitica, stechiometria, cristallografia.... ovviamente la giornata è la stessa per tutti, però tu hai scelto di dedicare le tue risorse mentali alla matematica, io alla chimica Ed è palese che cose che sai tu, e ti sembrano semplici per me non lo siano.
Io, da un non chimico come potresti essere tu, mi aspetto che se ti chiedo una redox sappia farla su due piedi e istantaneamente senza rileggerti alcun libro: è ovvio e si impara in un qualsiasi liceo (anche squallido

Ripeto, è una mia colpa non sapere cose, so che le voglio recuperare... ma oggi non ho davvero troppo tempo e mi ci sono messo a ragionare nei ritagli tra laboratori e altro.
Ti ringrazio molto, però, per la tua chiarezza espositiva che mi hanno aiutato a capire molti errori metodologici che compivo e ne farò tesoro.
Mi piacerebbe, se hai voglia, chiederti un'ultima cosa e rubarti un ultimo momento:
Se però si usano sempre formule risolutive "preconfezionate", non capendo da dove vengono, si incorre nei problemi in cui sei incappato tu.
La Matematica non sta nell'applicazione di una formuletta per trovare la soluzione di un problema, ma nel capire qual è il ragionamento sottostante.
Domanda 1:
quanto qui dici mi è chiarissimo e cristallino. Quello che volevo dire io, malamente, è che non mi è chiaro come dal teorema di cauchy che citavo nelle pagine addietro e che ora ho compreso e guardato nella dimostrazione io possa ad esempio trovare da esso le formule risolutive per le equazioni a variabili separabili o la formuletta risolutiva di quelle lineari.
Non ho cioè capito se derivi da quello che avevi chiamato "IL teorema" delle equazioni differenziali (cioè di esistenza e unicità delle soluzioni) o se siano frutto di un altro teorema e se si quale perché da tutte le fonti che ho consultato io ho sempre trovato la formuletta e non la dimostrazione. Volevo solo capire da quale diamine di teorema uscissero.
Domanda 2 (esempio per la domanda 1):
Applicando la domanda a un caso concreto:
le formule, perbacco
Hai ragione ho fatto copia incolla e non mi ero accorto.
✓ corretto
✓ corretto
@ ripositore: Grazie per il cappello introduttivo, ma la mia non voleva essere una critica al tuo modo di studiare, né ti ho chiesto perché avessi fatto quelle scelte.
Ho scritto quelle considerazioni nel mio post precedente come suggerimento per chiunque leggesse il thread.
Per tornare alle domande, è piuttosto semplice.
Se vuoi risolvere una EDO a variabili separabili \(y^\prime (x) = a(x) b(y(x))\) con la formuletta (che ora nemmeno ricordo) puoi procedere come ho fatto sopra... Ma mi rendo conto che per uno "specialista" in Chimica generalizzare un procedimento di calcolo può non essere semplice,[nota]Questa, invece, è una critica. Uno studente dei primi anni non è specialista di nulla, deve studiare tutto con lo spirito di capire i meccanismi alla base di ciò che studia.
[/nota] quindi ti mostro di nuovo come si ragiona.
Le eventuali soluzioni costanti $y(x)=y^***$ corrispondono a condizioni iniziali $y(x_0)=y_0$ con $y_0=y^***$, in cui $y^***$ è una soluzione di $b(y)=0$, e si determinano calcolando i valori $y^***$.
Scartando quelle, cioè fissando una condizione iniziale $(x_0,y_0)$ con $y_0!= y^***$, considera il p.d.C.:
$\{(y' (x) = a(x) b(y(x))), (y(x_0) = y_0):}$.
Se sono soddisfatte opportune ipotesi sulle funzioni $a$ e $b$ (tipicamente, continuità di entrambe e condizione di Lipschitz su $b$), la soluzione (che esiste ed è unica, almeno localmente, per il teorema di esistenza ed unicità) è una funzione di classe $C^1$ nel proprio dominio; ciò implica che, localmente, tutti i valori di $y(x)$ sono diversi da eventuali zeri $y^***$ di $b(y)$ (per permanenza del segno); quindi puoi dividere la EDO membro a membro per $b(y(x))$ ed ottenere la EDO equivalente:
$(y'(x))/(b(y(x))) = a(x)$
valida in tutto un intorno $I$ del punto iniziale $x_0$; puoi allora integrare ambo i membri tra $x_0$ (fisso) ed $x$ (variabile in $I$) ottenendo:
$int_(x_0)^x (y'(t))/(b(y(t))) "d"t = int_(x_0)^x a(t) "d" t$
e, facendo la sostituzione $tau =y(x)$ nel primo membro e ricordando la condizione iniziale $y(x_0)=y_0$, ricavi:
$int_(y_0)^(y(x)) (1)/(b(tau)) "d"tau = int_(x_0)^x a(t) "d" t$
che ti da la soluzione locale del p.d.C. in forma implicita come uguaglianza di due primitive (una, $B$, della funzione $1/b$, l'altra, $A$, della funzione $a$) che è un'equazione "algebrica" nell'incognita $y(x)$:
$B(y(x)) - B(y_0) = A(x) - A(x_0)$;
se $B$ è (localmente) invertibile, puoi risolvere rispetto a $y(x)$ e trovare:
$y(x) = B^(-1)(A(x) + B(y_0) - A(x_0))$,
ossia, posto $c = B(y_0) - A(x_0)$ come al solito e osservando che questa è una costante "più o meno" arbitraria:
$y(x) = B^(-1)(A(x) + c)$.
Vedi: il principio base è lo stesso di prima, solo declinato in maniera differente.
Ho scritto quelle considerazioni nel mio post precedente come suggerimento per chiunque leggesse il thread.
Per tornare alle domande, è piuttosto semplice.
Se vuoi risolvere una EDO a variabili separabili \(y^\prime (x) = a(x) b(y(x))\) con la formuletta (che ora nemmeno ricordo) puoi procedere come ho fatto sopra... Ma mi rendo conto che per uno "specialista" in Chimica generalizzare un procedimento di calcolo può non essere semplice,[nota]Questa, invece, è una critica. Uno studente dei primi anni non è specialista di nulla, deve studiare tutto con lo spirito di capire i meccanismi alla base di ciò che studia.

Le eventuali soluzioni costanti $y(x)=y^***$ corrispondono a condizioni iniziali $y(x_0)=y_0$ con $y_0=y^***$, in cui $y^***$ è una soluzione di $b(y)=0$, e si determinano calcolando i valori $y^***$.
Scartando quelle, cioè fissando una condizione iniziale $(x_0,y_0)$ con $y_0!= y^***$, considera il p.d.C.:
$\{(y' (x) = a(x) b(y(x))), (y(x_0) = y_0):}$.
Se sono soddisfatte opportune ipotesi sulle funzioni $a$ e $b$ (tipicamente, continuità di entrambe e condizione di Lipschitz su $b$), la soluzione (che esiste ed è unica, almeno localmente, per il teorema di esistenza ed unicità) è una funzione di classe $C^1$ nel proprio dominio; ciò implica che, localmente, tutti i valori di $y(x)$ sono diversi da eventuali zeri $y^***$ di $b(y)$ (per permanenza del segno); quindi puoi dividere la EDO membro a membro per $b(y(x))$ ed ottenere la EDO equivalente:
$(y'(x))/(b(y(x))) = a(x)$
valida in tutto un intorno $I$ del punto iniziale $x_0$; puoi allora integrare ambo i membri tra $x_0$ (fisso) ed $x$ (variabile in $I$) ottenendo:
$int_(x_0)^x (y'(t))/(b(y(t))) "d"t = int_(x_0)^x a(t) "d" t$
e, facendo la sostituzione $tau =y(x)$ nel primo membro e ricordando la condizione iniziale $y(x_0)=y_0$, ricavi:
$int_(y_0)^(y(x)) (1)/(b(tau)) "d"tau = int_(x_0)^x a(t) "d" t$
che ti da la soluzione locale del p.d.C. in forma implicita come uguaglianza di due primitive (una, $B$, della funzione $1/b$, l'altra, $A$, della funzione $a$) che è un'equazione "algebrica" nell'incognita $y(x)$:
$B(y(x)) - B(y_0) = A(x) - A(x_0)$;
se $B$ è (localmente) invertibile, puoi risolvere rispetto a $y(x)$ e trovare:
$y(x) = B^(-1)(A(x) + B(y_0) - A(x_0))$,
ossia, posto $c = B(y_0) - A(x_0)$ come al solito e osservando che questa è una costante "più o meno" arbitraria:
$y(x) = B^(-1)(A(x) + c)$.
Vedi: il principio base è lo stesso di prima, solo declinato in maniera differente.

Grazie mille per il tuo aiuto prima di tutto, perché mi stai aiutando a mettere a posto molte cose che dalla lezione non mi erano chiare.
Comunque il mio discorso non voleva essere una scusa, quello che volevo dire è che ahimè il tempo è sempre poco e vorrei avere più tempo per capire i miei infiniti dubbi. Però, purtroppo, non si può e per questo succede che sicuramente dubbi stupidi per taluni non lo sono per altri (a seconda del tempo che possono dedicarci per il campo di studi intrapreso). Il discorso voleva essere solo quello; inoltre la tua critica la accetto di buon grado perché io non sono specialista di un bel nulla, e sono pienamente d'accordo! Per fortuna[nota]E non sono ironico è una gran fortuna se qualcuno forma la tua umiltà nel saper di non sapere, e la custodisco come grande insegnamento[/nota] nella mia carriera scolastica ho sempre avuto professori molto rigidi che mi (e ci) hanno insegnato e impresso nella mente quanto siamo ignoranti.
Per tornare invece alla questione delle EDO nella spiegazione che avevo ricevuto io avevo sempre visto e malinteso come andassero le cose.
Ad esempio mi era stato spiegato che $y'(x)=a(x)b(y(x))$ è a variabili separabili, e si separa come da te fatto sfruttando però gli integrali indefiniti e cercandone appunto le primitive. Poi si era passata in rassegna l'eq. differenziale lineare e il metodo risolutivo (dimostrato di nuovo ma con integrali indefiniti).
Solo dopo tutto questo si è citato (e mi sono guardato autonomamente i dettagli) il thm di cauchy.
In questo modo mi ero figurato che un conto fosse la soluzione dell'equazione differenziale (per soluzioni che si trovano con metodi risolutivi separazione, lineari ecc..) e un altro conto i problemi di cauchy per cui la soluzione era più piccola (restrizioni delle precedenti).
In sostanza per me un conto era la soluzione dell'equazione differenziale, che era una soluzione generica che si trovava ad esempio per integrazione delle variabili separabili e un altro era la soluzione di un problema di cauchy.
Vedevo quindi una classe diversa dei due problemi: una ci dava la soluzione e l'altro ci dava un sistema con un punto iniziale e dovevamo trovare soluzione (più piccola della precedente).
Ti faccio un esempio che era l'archetipo di ciò che mi confondeva:
Sia il problema di cauchy
$y'=y^2t^2$
$y(1)=3$
SOL guidata:
1)
- posto $b(y)=0$ trovo $y=0$ soluzione stazionaria
- se $y!=0$ posso integrare dopo aver separato $int 1/y^2 dy=intf^2 dt$ => $y(t)=-3/(t^3+3k), k in RR$
(ed è qui che non riuscivo a vedere il problema di cauchy, mi pareva cioè che questa soluzione fosse una funzione che ha dominio $RR-{0}$ senza aver chiesto nulla a cauchy, perché il dominio e i valori di y li ho già belle che pronti e gratis dalla risoluzione e non ho imposto alcuna condizione iniziale apparentemente)
2)
da qui poi vedevo partire la soluzione del problema di C.:
- $y=0$ non soddisfa la condizione iniziale e la levo dalle scatole
- ragiono su $(-oo,0)$ unito $ (0,+oo)$, siccome il pdc ha soluzioni su un intervallo devo scegliere uno dei due ed evidentemente è il secondo dato che $y(1)=3 in(0,+oo)$
fatto ciò per sostituzione della condizione mi trovo $k$ da cui $y(t)=(2-t^3)/3$ ma non è ancora la soluzione definitiva perché vale la condizione $y(t)>0$ cioè: $(2-t^3)/3>0$ da cui trovo le t di y(t) per cui è soluzione: $t<2^(1/3)$.
(oss: è anche la massimale non esistendo prolungamenti possibili, infatti ho preso tutto l'intervallo)
Ecco, il mio problema era vedere il pdc nella prima parte della soluzione (parte sottolineata in grassetto). Mi sembra di capire mettendo assieme le risposte che mi hai fin qui dato che posso vedere la soluzione "generica" della sola equazione differenziale (cioè intendo senza dato iniziale che il prof otteneva con integrale indefinito) come un insieme di pdc con $y(x_0)=y_0$ condizioni iniziali al variare di $x_0$ parametro. Questo in realtà è il modo corretto di vedere la cosa. Le varie funzioni integrali che hai scritto a primo e secondo membro ($int_(y_0)^(y(x)) (1)/(b(tau)) "d"tau = int_(x_0)^x a(t) "d" t$) sfruttando il thm del calcolo integrale le posso riscrivere la funzione integrale come funzioni differenza $B(y(x)) - B(y_0)$ e avrò quindi delle parti in x e y e altre in $y_0$ e $x_0$ e al variare di queste ultime ottengo proprio la costante k che mi usciva dalla integrazione indefinita.
Se tutto questo fosse giusto mi rimane però un dubbio, nel mio esercizio io trovo nella prima parte (cioè dove risolvevo l'integrale indefinito) il dominio di $y(t)$ in modo "automatico", cioè vedo che la $y(t)$ si estende su tutto $RR$ meno y=0 stazionaria e la $t$ in tutto $RR$ meno t=0.
Quindi dico l'integrale generale è $y(t)=-3/(t^3+3k)$ per $t in RR-{0}$ e y è non nullo come voluto.
Ebbene, se lavoro invece con l'integrale definito e $x_0,y_0$ arbitrari io trovo al variare delle generiche condizioni iniziali soluzioni che non si estendono più su tutto $RR-{0}$
Infatti la soluzione dell'integrale definito per una generica $(x_0,y_0)$ sarà $-1/y=t^3/3-(t_0^3/3+1/y_0)$ da cui $y(t)=-3/(t^3+3(-t_0^3/3-1/y_0))$ (*) ove $l_0:=(-t_0^3/3-1/y_0)$ ha la funzione del precedente $k$.
Tuttavia quando io avrò $x_0=1, y_0=3$ deve valere il risultato trovato sopra col metodo del prof (perché è il suo stesso problema di cauchy con quel dato iniziale), quindi la soluzione (*) varrebbe ora solo per $y in (0,+oo)$ e $t<2^(1/3)$. Quindi pare proprio che la soluzione con asterisco al variare di $l$ ha intervalli diversi di definizione di y(t), ma queste soluzioni dovrebbero coincidere con l'integrale generale dato dal prof: $y(t)=-3/(t^3+3k)$ il quale però al variare di $k$ vale per qualunque t e y in $RR-{0}$.
Insomma al variare di l io ho integrali generali con domini e funzioni ristrette, ad esempio quando $l=l_0$ che ho qui preso in considerazione; mentre col metodo del prof mi pare di no: quando $k=l_0$ non ho restrizioni sui valori di t, e non capisco dove sbaglio dato che le soluzioni dovrebbero coincidere.
Comunque il mio discorso non voleva essere una scusa, quello che volevo dire è che ahimè il tempo è sempre poco e vorrei avere più tempo per capire i miei infiniti dubbi. Però, purtroppo, non si può e per questo succede che sicuramente dubbi stupidi per taluni non lo sono per altri (a seconda del tempo che possono dedicarci per il campo di studi intrapreso). Il discorso voleva essere solo quello; inoltre la tua critica la accetto di buon grado perché io non sono specialista di un bel nulla, e sono pienamente d'accordo! Per fortuna[nota]E non sono ironico è una gran fortuna se qualcuno forma la tua umiltà nel saper di non sapere, e la custodisco come grande insegnamento[/nota] nella mia carriera scolastica ho sempre avuto professori molto rigidi che mi (e ci) hanno insegnato e impresso nella mente quanto siamo ignoranti.
Per tornare invece alla questione delle EDO nella spiegazione che avevo ricevuto io avevo sempre visto e malinteso come andassero le cose.
Ad esempio mi era stato spiegato che $y'(x)=a(x)b(y(x))$ è a variabili separabili, e si separa come da te fatto sfruttando però gli integrali indefiniti e cercandone appunto le primitive. Poi si era passata in rassegna l'eq. differenziale lineare e il metodo risolutivo (dimostrato di nuovo ma con integrali indefiniti).
Solo dopo tutto questo si è citato (e mi sono guardato autonomamente i dettagli) il thm di cauchy.
In questo modo mi ero figurato che un conto fosse la soluzione dell'equazione differenziale (per soluzioni che si trovano con metodi risolutivi separazione, lineari ecc..) e un altro conto i problemi di cauchy per cui la soluzione era più piccola (restrizioni delle precedenti).
In sostanza per me un conto era la soluzione dell'equazione differenziale, che era una soluzione generica che si trovava ad esempio per integrazione delle variabili separabili e un altro era la soluzione di un problema di cauchy.
Vedevo quindi una classe diversa dei due problemi: una ci dava la soluzione e l'altro ci dava un sistema con un punto iniziale e dovevamo trovare soluzione (più piccola della precedente).
Ti faccio un esempio che era l'archetipo di ciò che mi confondeva:
Sia il problema di cauchy
$y'=y^2t^2$
$y(1)=3$
SOL guidata:
1)
- posto $b(y)=0$ trovo $y=0$ soluzione stazionaria
- se $y!=0$ posso integrare dopo aver separato $int 1/y^2 dy=intf^2 dt$ => $y(t)=-3/(t^3+3k), k in RR$
(ed è qui che non riuscivo a vedere il problema di cauchy, mi pareva cioè che questa soluzione fosse una funzione che ha dominio $RR-{0}$ senza aver chiesto nulla a cauchy, perché il dominio e i valori di y li ho già belle che pronti e gratis dalla risoluzione e non ho imposto alcuna condizione iniziale apparentemente)
2)
da qui poi vedevo partire la soluzione del problema di C.:
- $y=0$ non soddisfa la condizione iniziale e la levo dalle scatole
- ragiono su $(-oo,0)$ unito $ (0,+oo)$, siccome il pdc ha soluzioni su un intervallo devo scegliere uno dei due ed evidentemente è il secondo dato che $y(1)=3 in(0,+oo)$
fatto ciò per sostituzione della condizione mi trovo $k$ da cui $y(t)=(2-t^3)/3$ ma non è ancora la soluzione definitiva perché vale la condizione $y(t)>0$ cioè: $(2-t^3)/3>0$ da cui trovo le t di y(t) per cui è soluzione: $t<2^(1/3)$.
(oss: è anche la massimale non esistendo prolungamenti possibili, infatti ho preso tutto l'intervallo)
Ecco, il mio problema era vedere il pdc nella prima parte della soluzione (parte sottolineata in grassetto). Mi sembra di capire mettendo assieme le risposte che mi hai fin qui dato che posso vedere la soluzione "generica" della sola equazione differenziale (cioè intendo senza dato iniziale che il prof otteneva con integrale indefinito) come un insieme di pdc con $y(x_0)=y_0$ condizioni iniziali al variare di $x_0$ parametro. Questo in realtà è il modo corretto di vedere la cosa. Le varie funzioni integrali che hai scritto a primo e secondo membro ($int_(y_0)^(y(x)) (1)/(b(tau)) "d"tau = int_(x_0)^x a(t) "d" t$) sfruttando il thm del calcolo integrale le posso riscrivere la funzione integrale come funzioni differenza $B(y(x)) - B(y_0)$ e avrò quindi delle parti in x e y e altre in $y_0$ e $x_0$ e al variare di queste ultime ottengo proprio la costante k che mi usciva dalla integrazione indefinita.
Se tutto questo fosse giusto mi rimane però un dubbio, nel mio esercizio io trovo nella prima parte (cioè dove risolvevo l'integrale indefinito) il dominio di $y(t)$ in modo "automatico", cioè vedo che la $y(t)$ si estende su tutto $RR$ meno y=0 stazionaria e la $t$ in tutto $RR$ meno t=0.
Quindi dico l'integrale generale è $y(t)=-3/(t^3+3k)$ per $t in RR-{0}$ e y è non nullo come voluto.
Ebbene, se lavoro invece con l'integrale definito e $x_0,y_0$ arbitrari io trovo al variare delle generiche condizioni iniziali soluzioni che non si estendono più su tutto $RR-{0}$
Infatti la soluzione dell'integrale definito per una generica $(x_0,y_0)$ sarà $-1/y=t^3/3-(t_0^3/3+1/y_0)$ da cui $y(t)=-3/(t^3+3(-t_0^3/3-1/y_0))$ (*) ove $l_0:=(-t_0^3/3-1/y_0)$ ha la funzione del precedente $k$.
Tuttavia quando io avrò $x_0=1, y_0=3$ deve valere il risultato trovato sopra col metodo del prof (perché è il suo stesso problema di cauchy con quel dato iniziale), quindi la soluzione (*) varrebbe ora solo per $y in (0,+oo)$ e $t<2^(1/3)$. Quindi pare proprio che la soluzione con asterisco al variare di $l$ ha intervalli diversi di definizione di y(t), ma queste soluzioni dovrebbero coincidere con l'integrale generale dato dal prof: $y(t)=-3/(t^3+3k)$ il quale però al variare di $k$ vale per qualunque t e y in $RR-{0}$.
Insomma al variare di l io ho integrali generali con domini e funzioni ristrette, ad esempio quando $l=l_0$ che ho qui preso in considerazione; mentre col metodo del prof mi pare di no: quando $k=l_0$ non ho restrizioni sui valori di t, e non capisco dove sbaglio dato che le soluzioni dovrebbero coincidere.
1) Quella roba lì (cioè $y(t)=-3/(t^3+3k), k in RR $) non ha dominio $RR \setminus \{0\}$: perché?
E, nel suo dominio naturale, non può essere una soluzione lecita di una EDO: perché?
Domanda collegata: che cos’è una primitiva?
E, nel suo dominio naturale, non può essere una soluzione lecita di una EDO: perché?
Domanda collegata: che cos’è una primitiva?
"gugo82":eh perché sono un asinazzo!
1) Quella roba lì (cioè $y(t)=-3/(t^3+3k), k in RR $) non ha dominio $RR \setminus \{0\}$: perché?
Seguendo il ragionamento dell'esercizio guidato avevo letto la parte dove dice:
2)e ho detto orbene il dominio della mia y(t) soluzione è $(−∞,0)$ unito $(0,+∞)$.
da qui poi vedevo partire la soluzione del problema di C.:
- $y=0$ non soddisfa la condizione iniziale e la levo dalle scatole
- ragiono su $(−∞,0)$ unito $(0,+∞)$, siccome il pdc ha soluzioni su un intervallo devo scegliere uno dei due ed evidentemente è il secondo dato che $y(1)=3∈(0,+∞)$
Ma è una svista madornale perché $t^3+3k!=0$ ovviamente

Insomma, forse quella parte nel quote che mi ha portato fuori strada la riscriverei dicendo "y varia nel dominio $(−∞,0)$ unito $(0,+∞)$ a seconda di k" sei d'accordo così?

Però a questo punto ti dirò la verità, non capisco perché compia questo ragionamento:
fatto ciò per sostituzione della condizione mi trovo $k$ da cui $y(t)=(2-t^3)/3$ ma non è ancora la soluzione definitiva perché vale la condizione $y(t)>0$ cioè: $(2-t^3)/3>0$ da cui trovo le t di y(t) per cui è soluzione: $t<2^(1/3)$.se come ho finalmente capito il dominio non è $(0,+∞)$ trovo insensato imporre quella condizione di $>0$. Prima aveva senso nel mio errore interpretativo, ora no!
E, nel suo dominio naturale, non può essere una soluzione lecita di una EDO: perché?questo non mi viene in mente

PS:
Domanda collegata: che cos’è una primitiva?risponderei così: data $f:(a,b)->RR$ dicesi primitiva la funzione la funzione $g:(a,b)$ in $RR$ derivabile tale che $g'(x)=f(x), forall x in (a,b)$ è la formulazione più furba che mi viene in mente di dare.
Vediamo se con i tuoi prossimi spunti riesco a fare un altro passo avanti. Spero non mi abbandonerai in questa valle di lacrime

"ripositore":
Insomma, forse quella parte nel quote che mi ha portato fuori strada la riscriverei dicendo "y varia nel dominio $ (−∞,0) $ unito $ (0,+∞) $ a seconda di k" sei d'accordo così?
No, non mi piace comunque... Delle soluzioni di quella EDO sai dire tante cose sfruttando solo la EDO (vedi sotto); ed una di queste cose è che le soluzioni non cambiano segno nei propri intervalli di definizione.
"ripositore":
Però a questo punto ti dirò la verità, non capisco perché compia questo ragionamento:
fatto ciò per sostituzione della condizione mi trovo $ k $ da cui $ y(t)=(2-t^3)/3 $ ma non è ancora la soluzione definitiva perché vale la condizione $ y(t)>0 $ cioè: $ (2-t^3)/3>0 $ da cui trovo le t di y(t) per cui è soluzione: $ t<2^(1/3) $.se come ho finalmente capito il dominio non è $ (0,+∞) $ trovo insensato imporre quella condizione di $ >0 $. Prima aveva senso nel mio errore interpretativo, ora no!
Vedi sotto.
"ripositore":E, nel suo dominio naturale, non può essere una soluzione lecita di una EDO: perché?questo non mi viene in mente. Ci ho pensato e credo abbia a che fare con l'idea precedente dove impone $ (2-t^3)/3>0 $ e trova le t per cui vale. Ma non riesco bene a capire il motivo dato che come dicevo nel quote appena sopra non mi è chiaro il ragionamento.
PS:
Domanda collegata: che cos’è una primitiva?risponderei così: data $ f:(a,b)->RR $ dicesi primitiva la funzione la funzione $ g:(a,b) $ in $ RR $ derivabile tale che $ g'(x)=f(x), forall x in (a,b) $ è la formulazione più furba che mi viene in mente di dare.
Queste due questioni sono collegate.
La definizione è giusta, ed è l'unica che abbia senso se vuoi che valga il teorema di unicità delle primitive a meno di costanti additive (cioè quello che ti assicura che se $F, G$ sono entrambe primitive di una stessa $f$, allora $G=F + "costante"$). Per dimostrare questo teorema, si usa -fondamentalmente- il teorema di Lagrange e quest'ultimo vale solo sugli intervalli; per questo motivo le primitive sono definite solo sugli intervalli.
Stesso discorso -forse con qualche sottigliezza in più- per le soluzioni massimali[nota]In maniera spiccia, le soluzioni massimali di una EDO sono soluzioni non ulteriormente prolungabili. Si dimostra che ogni soluzione locale si può prolungare fino a raggiungere almeno una (in generale non unica) soluzione massimale.[/nota] delle EDO: una soluzione massimale di una EDO è definita su un intervallo, proprio come una primitiva.
Quindi, ad esempio, non ha senso dire che la funzione $y(t) = -3/(t^3)$ è la soluzione della EDO in $RR\setminus \{0\} $, perché $RR\setminus \{ 0\}$ non è un intervallo.
Veniamo ad una soluzione ragionata del problema.
Guarda: non è che non ti è chiaro il ragionamento; piuttosto, chi ha scritto quella roba lì ha fatto di tutto per impedirti di vederlo.
Vediamo un po' se riesco a chiarirlo.