Domanda sulla derivata e notazione
Ciao a tutti
Premetto che on sto confondendo quello che è un trick usato in modo spassionato nel primo corso di meccanica conla teoria dell'analisi (thm derivata della funzione inversa), bensì vorrei capire come dimostrarmi questa cosa:
volendo usare la notaizone dy/dx io so che $(f^(-1))'(y_0)=1/(f'(x_0))$ ossia tradotto:
$(f^(-1))'(y)=1/((dy)/(dx))$ che spesso subisce la tortura $=(dx)/(dy)$ va da séche non sia questo scambio di rapporto quel che si fa, però mi lascia incuriosito come dimostrare quello che vedo con un esempio:
se $f(x)=y=2x$ ho che $f^(-1)(y)=x=y/2$ e facendo $(dx)/(dy)$, cioè derivando x nei confrotni di x ho: $d/(dy)(y/2)=1/2$ che viene proprio $(f^(-1))'(y_0)=1/(f'(x_0))=1/2$.
VOrrei quindi dimostrare che $(dx)/(dy)$ è una riscrittura di $(f^(-1))'(y_0)=1/(f'(x_0))$[nota]al pari di $1/((dy)/(dx))$[/nota], però non so bene come fare, come potrei?
grazie
Premetto che on sto confondendo quello che è un trick usato in modo spassionato nel primo corso di meccanica conla teoria dell'analisi (thm derivata della funzione inversa), bensì vorrei capire come dimostrarmi questa cosa:
volendo usare la notaizone dy/dx io so che $(f^(-1))'(y_0)=1/(f'(x_0))$ ossia tradotto:
$(f^(-1))'(y)=1/((dy)/(dx))$ che spesso subisce la tortura $=(dx)/(dy)$ va da séche non sia questo scambio di rapporto quel che si fa, però mi lascia incuriosito come dimostrare quello che vedo con un esempio:
se $f(x)=y=2x$ ho che $f^(-1)(y)=x=y/2$ e facendo $(dx)/(dy)$, cioè derivando x nei confrotni di x ho: $d/(dy)(y/2)=1/2$ che viene proprio $(f^(-1))'(y_0)=1/(f'(x_0))=1/2$.
VOrrei quindi dimostrare che $(dx)/(dy)$ è una riscrittura di $(f^(-1))'(y_0)=1/(f'(x_0))$[nota]al pari di $1/((dy)/(dx))$[/nota], però non so bene come fare, come potrei?
grazie

Risposte
Cos'è $x$ nella formula $("d"x)/("d"y)$?
Riflettici un po' e concludi.
Riflettici un po' e concludi.
E' la derivata di x in funzione di y, quindi di x(y). Si vede bene nell'esmepietto scemo che ho fatto.
Però non capisco come andarmi a connettere con il thm della derivata della funzione inversa.
Però non capisco come andarmi a connettere con il thm della derivata della funzione inversa.
"ciaomioncino":
E' la derivata di x in funzione di y, quindi di x(y). Si vede bene nell'esemepietto scemo che ho fatto.
Però non capisco come andarmi a connettere con il thm della derivata della funzione inversa.
Non lo capisci perché non hai centrato il punto della questione.
Probabilmente non hai letto bene la domanda, la ripropongo:
"gugo82":
Cos'è $ x $ nella formula $ ("d"x)/("d"y) $?
Aggiungo, esplicitando un po': e che legame c'è tra $x(y)$ ed $y(x)$?
Noi abbiamo che $x(y)=x$ e $y(x)=y$ => $y^(-1)(y):=x(y)$ secondo convenzione essendo x(y) l'inversa di y(x), ergo essendo l'inversa vale che $y^(-1)(y(x))=x$, abbiamo quindi $y^(-1)(y)=x$, e derivando ambo i membri d/dy:
$d/(dy)(y^(-1)(y))=(y^(-1))'(y)=(dx)/(dy)$
che è quanto voluto infatti: $(y^(-1))'(y)=1/(y'(x))=(dx)/(dy)$ (la prima uguaglianza per il thm la seconda per quanto appena notato sopra)
Non mi convincono però alcune considerazioni:
Dobbiamo distinguere tra y variabile e y(x) funzione (così come x variabile e x(y) funzione), consiederiamo quella che è la composizione di funzioni: $y^(-1)(y(x))=x$ qui x è variabile e abbiamo inoltre la funz. interna y(x)
A questo punto mi sorgono 3 dubbi:
1) nel passaggio illustrato ho $y^(-1)(y(x))=x$ e mi tengo solo $y^(-1)(y)=x$, ma qui sembra che dico che una funzione di y (cioè la funzione y^-1, funzione di y variabile) è la funzione identità x, ossia qualcosa che dipende da y (cioè la funzione) è x. Ma x è la variabile non è funzione.
2) sempre il passaggio $y^(-1)(y(x)) => y^(-1)(y)$ non mi sembra correttissimo perché in $y^(-1)(y(x))$ ho la funzione y(x) che poi vado a considerare y come variabile quando scrivo[nota]altra cosa, quindi questo y non copre tutti i reali, perché è limitato all'immagine del dominio tramite funzione y(x), tra le altre cose[/nota]: $y^(-1)(y)$
3) infine quando scrivo $y^(-1)(y(x))=x$; e poi $d/(dy)(y^(-1)(y))=(dx)/(dy)$ a secondo membro la x sarebbe una variabile (dico variabile perché quando compongo una funzione con la sua inversa mi deve dare la variabile indip.) ma poi assumo che sia la funzione: $x(y)$ per poter scrivere $(dx(y))/(dy)$ ma è corretta come assunzione? . Perché ripeto x qui $y^(-1)(y(x))=x$ è variabile mica funzione (ma non avrebbe senso derivare una variabile), però d'altro canto noi sappiamo che x è funzione di y quindi è lecito dire x=x(y) e quindi la derivo.
***
Ora, mi sembrano passaggi corretti a patto che io sappia cosa sto facendo, cioè nel punto 2) sostituisco quella che è la funzione y(x) con y variabile e quindi passo dalla composizione di funzioni a quella che è una funzione y^-1 funzione della variabile y, continua quindi a valere $y^(-1)(y)=x$ intesa la y come variabile e non più funzione.
allo stesso modo in 3) $y^(-1)(y)=x$ diventa $y^(-1)(y)=x(y)$, nel senso che quella che era la variabile x dipende da y.
per fare un esempio concreto del dubbio in questo punto 3: se io ho $f(x)=y$.
e so che $y=m(z)$, allora so fare $(dy)/(dz)$.
ma partendo da $y=f(x)$ non mi are corretto dire derivo ambo le parti in z: $(dy)/(dz)=(d(f(x)))/(dz)$ perché a secondo membro non ho dipendenza da z.
Non so se ho preso una cantonata ma questo cambiare funzioni con variabili, e variabile x con x(y), mi incasina parecchio, perché non so se sono cose corrette da farsi: il concetto di funzione mi sembra differente da quello di variabile ed è qui che casca l'asino che sono
mi aiuteresti per favore?
$d/(dy)(y^(-1)(y))=(y^(-1))'(y)=(dx)/(dy)$
che è quanto voluto infatti: $(y^(-1))'(y)=1/(y'(x))=(dx)/(dy)$ (la prima uguaglianza per il thm la seconda per quanto appena notato sopra)
Non mi convincono però alcune considerazioni:
Dobbiamo distinguere tra y variabile e y(x) funzione (così come x variabile e x(y) funzione), consiederiamo quella che è la composizione di funzioni: $y^(-1)(y(x))=x$ qui x è variabile e abbiamo inoltre la funz. interna y(x)
A questo punto mi sorgono 3 dubbi:
1) nel passaggio illustrato ho $y^(-1)(y(x))=x$ e mi tengo solo $y^(-1)(y)=x$, ma qui sembra che dico che una funzione di y (cioè la funzione y^-1, funzione di y variabile) è la funzione identità x, ossia qualcosa che dipende da y (cioè la funzione) è x. Ma x è la variabile non è funzione.
2) sempre il passaggio $y^(-1)(y(x)) => y^(-1)(y)$ non mi sembra correttissimo perché in $y^(-1)(y(x))$ ho la funzione y(x) che poi vado a considerare y come variabile quando scrivo[nota]altra cosa, quindi questo y non copre tutti i reali, perché è limitato all'immagine del dominio tramite funzione y(x), tra le altre cose[/nota]: $y^(-1)(y)$
3) infine quando scrivo $y^(-1)(y(x))=x$; e poi $d/(dy)(y^(-1)(y))=(dx)/(dy)$ a secondo membro la x sarebbe una variabile (dico variabile perché quando compongo una funzione con la sua inversa mi deve dare la variabile indip.) ma poi assumo che sia la funzione: $x(y)$ per poter scrivere $(dx(y))/(dy)$ ma è corretta come assunzione? . Perché ripeto x qui $y^(-1)(y(x))=x$ è variabile mica funzione (ma non avrebbe senso derivare una variabile), però d'altro canto noi sappiamo che x è funzione di y quindi è lecito dire x=x(y) e quindi la derivo.
***
Ora, mi sembrano passaggi corretti a patto che io sappia cosa sto facendo, cioè nel punto 2) sostituisco quella che è la funzione y(x) con y variabile e quindi passo dalla composizione di funzioni a quella che è una funzione y^-1 funzione della variabile y, continua quindi a valere $y^(-1)(y)=x$ intesa la y come variabile e non più funzione.
allo stesso modo in 3) $y^(-1)(y)=x$ diventa $y^(-1)(y)=x(y)$, nel senso che quella che era la variabile x dipende da y.
per fare un esempio concreto del dubbio in questo punto 3: se io ho $f(x)=y$.
e so che $y=m(z)$, allora so fare $(dy)/(dz)$.
ma partendo da $y=f(x)$ non mi are corretto dire derivo ambo le parti in z: $(dy)/(dz)=(d(f(x)))/(dz)$ perché a secondo membro non ho dipendenza da z.
Non so se ho preso una cantonata ma questo cambiare funzioni con variabili, e variabile x con x(y), mi incasina parecchio, perché non so se sono cose corrette da farsi: il concetto di funzione mi sembra differente da quello di variabile ed è qui che casca l'asino che sono

mi aiuteresti per favore?
@gugo82: mi rendo conto di esser stato troppo prolisso, tuttavia i dubbi sono proprio da scemo e devo assolutamente capire meglio, perché mi sono incastrato. provo a rendere il tutto in meno righe:
Mettiamo di avere due funzioni: $x(y)=x$ e $y(x)=y$ e che valga $y^(-1)(y):=x(y)$ cioè una è l'inversa dell'altra.
Ora iniziamo con le mie elucubrazioni:
se io compongo ho $y^(-1)(y(x))=x$, ovviamente essendo l'inversa.
dubbi principali:
1) dato che io so che $y(x)=y$ posso sostituirla per "ottenere": $y^(-1)(y)=x$ (a)? Da un lato mi pare di si, ma dall'altro io mi dico y(x) in argomento è una funzione, quindi assume solo certi valori che può assumere l'immagine di tale funzione, inoltre ha anche un suo andamento, se ad esempio assumo $y(x)=-x$, al crescere di $x$, $y(x)=-x$ decresce e quindi l'argomento di $y^(-1)$ al crescere di x, decresce: lego quindi i valori di x a secondo membro a una funzione con argomento decrescente. Quando io pongo $y^(-1)(y)=x$ qui faccio crescere y, perché ora y è variabile libera e non più una funzione, e quindi lego x a secondo membro della (a) con la stessa funzione di prima ma con argomento crescente.
2) allo stesso modo partendo da $y^(-1)(y(x))=x$ con x variabile, e sapendo che x=x(y) posso scrivere: $y^(-1)(y(x))=x(y)$ facendo diventare il II membro una funzione?
mi sono incastrato su ciò, che è utile per la dimostrazione che seguivo, ma che ora non so se è corretta XD, per qullo dicevo " il concetto di funzione mi sembra differente da quello di variabile ed è qui che casca l'asino che sono
"
Mettiamo di avere due funzioni: $x(y)=x$ e $y(x)=y$ e che valga $y^(-1)(y):=x(y)$ cioè una è l'inversa dell'altra.
Ora iniziamo con le mie elucubrazioni:
se io compongo ho $y^(-1)(y(x))=x$, ovviamente essendo l'inversa.
dubbi principali:
1) dato che io so che $y(x)=y$ posso sostituirla per "ottenere": $y^(-1)(y)=x$ (a)? Da un lato mi pare di si, ma dall'altro io mi dico y(x) in argomento è una funzione, quindi assume solo certi valori che può assumere l'immagine di tale funzione, inoltre ha anche un suo andamento, se ad esempio assumo $y(x)=-x$, al crescere di $x$, $y(x)=-x$ decresce e quindi l'argomento di $y^(-1)$ al crescere di x, decresce: lego quindi i valori di x a secondo membro a una funzione con argomento decrescente. Quando io pongo $y^(-1)(y)=x$ qui faccio crescere y, perché ora y è variabile libera e non più una funzione, e quindi lego x a secondo membro della (a) con la stessa funzione di prima ma con argomento crescente.
2) allo stesso modo partendo da $y^(-1)(y(x))=x$ con x variabile, e sapendo che x=x(y) posso scrivere: $y^(-1)(y(x))=x(y)$ facendo diventare il II membro una funzione?
mi sono incastrato su ciò, che è utile per la dimostrazione che seguivo, ma che ora non so se è corretta XD, per qullo dicevo " il concetto di funzione mi sembra differente da quello di variabile ed è qui che casca l'asino che sono

Il punto di queste vecchie notazioni è che, guardandole con occhio moderno, confondono (mentre al tempo di Newton e Leibniz -e fino alla sistemazione rigorosa dei concetti base dell'Analisi- apparivano molto più chiare).
Allora, per sgombrare il campo, cominciamo a smetterla di denotare con $y$ due cose differenti: l'immagine di $x$ attraverso una funzione e la funzione stessa; ed analogamente facciamo con $x$.
Diciamo che $x$ ed $y$ denoteranno sempre elementi di due insiemi (che, per non penare troppo, possiamo assumere coincidenti entrambi con $RR$), i cui elementi si corrispondono attraverso una funzione $f:RR -> RR$. In tal senso, si scrive $y=f(x)$ per dire che l'elemento $y in RR$ è immagine di $x in RR$ attraverso $f$.
Se supponiamo che $f$ sia iniettiva e che abbia un insieme immagine, i.e. l'insieme $Y=f(RR)$ non troppo banale, possiamo restringere il codominio ($RR$) al solo insieme immagine ($Y$): la nuova funzione (che, per motivi di comodità denotiamo ancora con $f$) è una funzione biiettiva e perciò invertibile. L'inversa è una funzione $f^{-1}: Y -> RR$ ed associa al valore $y in Y$ l'unico $x in RR$ tale che $y=f(x)$, cioè abbiamo:
\[
\tag{I} x = f^{-1}(y)\ \stackrel{\text{def}}{\Leftrightarrow}\ y = f(x)\; .
\]
Ora, posto che ciò che si deriva sono le dipendenze funzionali (e non le variabili!), ci è lecito chiederci se ci siano rapporti tra la derivabilità di $f$ in un punto $x_0$ del suo dominio $X=RR$ e la derivabilità della funzione inversa $f^{-1}$ nel punto $y_0$ del suo dominio $Y$ corrispondente al valore $x_0$ (cioè in $y_0=f(x_0)$); ed, eventualmente, sotto quali condizioni la derivabilità di $f$ in $x_0$ si "trasmetta" ad $f^{-1}$ in $y_0$.
La risposta alla prima domanda è in generale negativa.
Infatti, la funzione $f(x)=(x - 1)^3$ è derivabile ovunque in $RR$, mentre la sua funzione inversa \(f^{-1}(y) = 1 + \sqrt[3]{y}\) lo è ovunque in $RR$ tranne che in $0$.
Altri controesempi sono possibili: ad esempio, $f(x) = x\cdot |x|$ ha per inversa \(f^{-1}(y) = \operatorname{sign}(y)\cdot \sqrt{|y|}\) (come si può verificare con un po' di buona volontà) e, mentre $f$ è derivabile ovunque in $RR$, $f^{-1}$ è derivabile ovunque tranne che in $0$.
Quindi, in generale, la derivabilità -anche ovunque- di $f$ non assicura la derivabilità di $f^{-1}$... Almeno nei punti in cui si ha \( f^\prime (x) = 0\), come nei due casi particolari degli esempi scelti.
Allora mettiamoci a ragionare in una situazione più comoda, cioè con ipotesi "forti" (che sono quelle soddisfatte anche dai controesempi proposti più sopra nelle grosse porzioni dei loro domini in cui c'è derivabilità): supponiamo che entrambe $f$ ed $f^{-1}$ siano derivabili ovunque nei rispettivi insiemi di definizione e supponiamo che \(f^\prime \) non si annulli.
In tali ipotesi, possiamo cercare di capire se ci sono legami tra le derivate di $f$ ed $f^{-1}$. Possiamo ragionare come segue: mettendo insieme le due relazioni (I), possiamo senz'altro scrivere che:
\[
f^{-1}(f(x)) = i(x)
\]
in cui $i$ è la funzione identità di $RR$, cioè quella che ad ogni $x$ associa se stesso (e perciò $i(x)=x$); per il teorema di derivazione della funzione composta (che possiamo applicare impunemente nelle ipotesi forti in cui ci siamo messi), troviamo:
\[
\left[ f^{-1}\right]^\prime (f(x))\cdot f^\prime (x) = i^\prime (x) = 1
\]
e da ciò deduciamo che il valore \(\left[ f^{-1}\right]^\prime (f(x))\) è il reciproco di \(f^\prime (x)\), reciproco che esiste perché \(f^\prime (x) \neq 0\); quindi:
\[
\left[ f^{-1}\right]^\prime (f(x)) = \frac{1}{f^\prime (x)}\; .
\]
Alla fine dei conti, ragionando alla buona, abbiamo capito che tra derivata di una funzione e derivata nella sua inversa c'è un rapporto di tipo algebrico "semplice" (anche un po' banale): se si calcola la derivata di $f^{-1}$ nel punto $y=f(x)$, tale derivata è il reciproco della derivata di $f$ calcolata nel punto $x$, a patto che questo reciproco si possa calcolare (e dunque se \(f^\prime (x) \neq 0\)); in formula:
\[
\tag{DFI} \left. \left[ f^{-1}\right]^\prime (y)\right|_{y=f(x)} = \frac{1}{f^\prime (x)}
\]
(in cui la notazione $ ...|_{y=f(x)}= ...$ significa che la funzione a sinistra si calcola per il valore di $y$ assegnato come pedice della sbarretta verticale), ossia:
\[
\left[ f^{-1}\right]^\prime (y) = \left. \frac{1}{f^\prime (x)}\right|_{x=f^{-1}(y)}
\]
Quando nel corso di Analisi si dimostra il teorema di derivazione della funzione inversa, ci si accorge che il ragionamento in ipotesi "forti" guidato dai controesempi ci ha (per fortuna!) messi proprio davanti alle ipotesi (quasi-)minimali in cui la derivabilità di $f$ si trasmette ad $f^(-1)$.
Fatta questa doverosa precisazione su come e perché si ragiona come si ragiona oggi, dopo 400 anni scarsi di sviluppo del Calcolo Differenziale, vediamo un po' cosa succede interpretando quanto trovato come facevano gli antichi.
Se scegliamo di denotare con $("d"f)/("d"x)$ la (funzione) derivata di $f$ e facciamo lo stesso con quella di $f^(-1)$ (cambiando il nome della variabile rispetto alla quale deriviamo, ovviamente), allora la relazione (DFI) si può riscrivere:
\[
\begin{split}
\left. \frac{\text{d} f^{-1}}{\text{d} y} (y)\right|_{y=f(x)} &= \frac{1}{\frac{\text{d} f}{\text{d} x} (x)}\\
&\text{ossia}\\
\frac{\text{d} f^{-1}}{\text{d} y} (y) &= \left. \frac{1}{\frac{\text{d} f}{\text{d} x} (x)}\right|_{x=f^{-1}(y)}\; .
\end{split}
\]
Se omettiamo del tutto l'indicazione del punto in cui sono calcolati il primo ed il secondo membro otteniamo una scrittura (la stessa in entrambi i casi) meno corretta ma più concisa, cioè:
\[
\frac{\text{d} f^{-1}}{\text{d} y} = \frac{1}{\frac{\text{d} f}{\text{d} x}}\; .
\]
Ora, se abusiamo della notazione $y=f(x)$ ed $x=f^{-1}(y)$ andando a sostituire le "variabili dipendenti" che compaiono ai primi membri al posto delle funzioni $f$ ed $f^{-1}$, l'uguaglianza precedente diviene molto meno corretta ma molto più semplice, ovvero:
\[
\frac{\text{d} x}{\text{d} y} = \frac{1}{\frac{\text{d} y}{\text{d} x}}\; ,
\]
la quale ha anche il pregio (agli occhi degli antichi ed a quelli che si occupano di applicazioni) di poter essere interpretata immediatamente come una manipolazione algebrica ed anche di prestarsi facilmente a questo tipo di manipolazioni.
In breve, $("d"x)/("d"y)$ è una riscrittura di $[f^{-1}]'(y) = 1/(f'(f^(-1)(y)))$ molto meno precisa e con un certo retrogusto di naftalina, buona per le applicazioni veloci e per la mnemotecnica, ma un po' meno se si vogliono svolgere passaggi in un ragionamento rigoroso.
Allora, per sgombrare il campo, cominciamo a smetterla di denotare con $y$ due cose differenti: l'immagine di $x$ attraverso una funzione e la funzione stessa; ed analogamente facciamo con $x$.
Diciamo che $x$ ed $y$ denoteranno sempre elementi di due insiemi (che, per non penare troppo, possiamo assumere coincidenti entrambi con $RR$), i cui elementi si corrispondono attraverso una funzione $f:RR -> RR$. In tal senso, si scrive $y=f(x)$ per dire che l'elemento $y in RR$ è immagine di $x in RR$ attraverso $f$.
Se supponiamo che $f$ sia iniettiva e che abbia un insieme immagine, i.e. l'insieme $Y=f(RR)$ non troppo banale, possiamo restringere il codominio ($RR$) al solo insieme immagine ($Y$): la nuova funzione (che, per motivi di comodità denotiamo ancora con $f$) è una funzione biiettiva e perciò invertibile. L'inversa è una funzione $f^{-1}: Y -> RR$ ed associa al valore $y in Y$ l'unico $x in RR$ tale che $y=f(x)$, cioè abbiamo:
\[
\tag{I} x = f^{-1}(y)\ \stackrel{\text{def}}{\Leftrightarrow}\ y = f(x)\; .
\]
Ora, posto che ciò che si deriva sono le dipendenze funzionali (e non le variabili!), ci è lecito chiederci se ci siano rapporti tra la derivabilità di $f$ in un punto $x_0$ del suo dominio $X=RR$ e la derivabilità della funzione inversa $f^{-1}$ nel punto $y_0$ del suo dominio $Y$ corrispondente al valore $x_0$ (cioè in $y_0=f(x_0)$); ed, eventualmente, sotto quali condizioni la derivabilità di $f$ in $x_0$ si "trasmetta" ad $f^{-1}$ in $y_0$.
La risposta alla prima domanda è in generale negativa.
Infatti, la funzione $f(x)=(x - 1)^3$ è derivabile ovunque in $RR$, mentre la sua funzione inversa \(f^{-1}(y) = 1 + \sqrt[3]{y}\) lo è ovunque in $RR$ tranne che in $0$.
Altri controesempi sono possibili: ad esempio, $f(x) = x\cdot |x|$ ha per inversa \(f^{-1}(y) = \operatorname{sign}(y)\cdot \sqrt{|y|}\) (come si può verificare con un po' di buona volontà) e, mentre $f$ è derivabile ovunque in $RR$, $f^{-1}$ è derivabile ovunque tranne che in $0$.
Quindi, in generale, la derivabilità -anche ovunque- di $f$ non assicura la derivabilità di $f^{-1}$... Almeno nei punti in cui si ha \( f^\prime (x) = 0\), come nei due casi particolari degli esempi scelti.
Allora mettiamoci a ragionare in una situazione più comoda, cioè con ipotesi "forti" (che sono quelle soddisfatte anche dai controesempi proposti più sopra nelle grosse porzioni dei loro domini in cui c'è derivabilità): supponiamo che entrambe $f$ ed $f^{-1}$ siano derivabili ovunque nei rispettivi insiemi di definizione e supponiamo che \(f^\prime \) non si annulli.
In tali ipotesi, possiamo cercare di capire se ci sono legami tra le derivate di $f$ ed $f^{-1}$. Possiamo ragionare come segue: mettendo insieme le due relazioni (I), possiamo senz'altro scrivere che:
\[
f^{-1}(f(x)) = i(x)
\]
in cui $i$ è la funzione identità di $RR$, cioè quella che ad ogni $x$ associa se stesso (e perciò $i(x)=x$); per il teorema di derivazione della funzione composta (che possiamo applicare impunemente nelle ipotesi forti in cui ci siamo messi), troviamo:
\[
\left[ f^{-1}\right]^\prime (f(x))\cdot f^\prime (x) = i^\prime (x) = 1
\]
e da ciò deduciamo che il valore \(\left[ f^{-1}\right]^\prime (f(x))\) è il reciproco di \(f^\prime (x)\), reciproco che esiste perché \(f^\prime (x) \neq 0\); quindi:
\[
\left[ f^{-1}\right]^\prime (f(x)) = \frac{1}{f^\prime (x)}\; .
\]
Alla fine dei conti, ragionando alla buona, abbiamo capito che tra derivata di una funzione e derivata nella sua inversa c'è un rapporto di tipo algebrico "semplice" (anche un po' banale): se si calcola la derivata di $f^{-1}$ nel punto $y=f(x)$, tale derivata è il reciproco della derivata di $f$ calcolata nel punto $x$, a patto che questo reciproco si possa calcolare (e dunque se \(f^\prime (x) \neq 0\)); in formula:
\[
\tag{DFI} \left. \left[ f^{-1}\right]^\prime (y)\right|_{y=f(x)} = \frac{1}{f^\prime (x)}
\]
(in cui la notazione $ ...|_{y=f(x)}= ...$ significa che la funzione a sinistra si calcola per il valore di $y$ assegnato come pedice della sbarretta verticale), ossia:
\[
\left[ f^{-1}\right]^\prime (y) = \left. \frac{1}{f^\prime (x)}\right|_{x=f^{-1}(y)}
\]
Quando nel corso di Analisi si dimostra il teorema di derivazione della funzione inversa, ci si accorge che il ragionamento in ipotesi "forti" guidato dai controesempi ci ha (per fortuna!) messi proprio davanti alle ipotesi (quasi-)minimali in cui la derivabilità di $f$ si trasmette ad $f^(-1)$.
Fatta questa doverosa precisazione su come e perché si ragiona come si ragiona oggi, dopo 400 anni scarsi di sviluppo del Calcolo Differenziale, vediamo un po' cosa succede interpretando quanto trovato come facevano gli antichi.
Se scegliamo di denotare con $("d"f)/("d"x)$ la (funzione) derivata di $f$ e facciamo lo stesso con quella di $f^(-1)$ (cambiando il nome della variabile rispetto alla quale deriviamo, ovviamente), allora la relazione (DFI) si può riscrivere:
\[
\begin{split}
\left. \frac{\text{d} f^{-1}}{\text{d} y} (y)\right|_{y=f(x)} &= \frac{1}{\frac{\text{d} f}{\text{d} x} (x)}\\
&\text{ossia}\\
\frac{\text{d} f^{-1}}{\text{d} y} (y) &= \left. \frac{1}{\frac{\text{d} f}{\text{d} x} (x)}\right|_{x=f^{-1}(y)}\; .
\end{split}
\]
Se omettiamo del tutto l'indicazione del punto in cui sono calcolati il primo ed il secondo membro otteniamo una scrittura (la stessa in entrambi i casi) meno corretta ma più concisa, cioè:
\[
\frac{\text{d} f^{-1}}{\text{d} y} = \frac{1}{\frac{\text{d} f}{\text{d} x}}\; .
\]
Ora, se abusiamo della notazione $y=f(x)$ ed $x=f^{-1}(y)$ andando a sostituire le "variabili dipendenti" che compaiono ai primi membri al posto delle funzioni $f$ ed $f^{-1}$, l'uguaglianza precedente diviene molto meno corretta ma molto più semplice, ovvero:
\[
\frac{\text{d} x}{\text{d} y} = \frac{1}{\frac{\text{d} y}{\text{d} x}}\; ,
\]
la quale ha anche il pregio (agli occhi degli antichi ed a quelli che si occupano di applicazioni) di poter essere interpretata immediatamente come una manipolazione algebrica ed anche di prestarsi facilmente a questo tipo di manipolazioni.
In breve, $("d"x)/("d"y)$ è una riscrittura di $[f^{-1}]'(y) = 1/(f'(f^(-1)(y)))$ molto meno precisa e con un certo retrogusto di naftalina, buona per le applicazioni veloci e per la mnemotecnica, ma un po' meno se si vogliono svolgere passaggi in un ragionamento rigoroso.
@gugo82: ti ringrazio di cuore per la risposta da manuale di analisi, mi ha messo a posto le idee sul dubbio originale.
Mi piacerebbe chiederti una ulteriore delucidazione dato che come avrai capito non sono motlo sveglio, e ragionando per dare la mia risposta "dimostrativa" errata sono entrato in un turbinio di dubbi sulla notazione di base. Lasciando quindi alle spalle la derivazione dell'inversa,che ormai mi hai fatto capire a fondo e in modo corretto come va intesa, volevo chiederti quanto segue:
Seguendo il tuo consiglio di non esprimere la funzione come y(x) ma f(x) ed eseprimere l'immagine e le variabili come x e y, volevo riproporre il dubbio che mi attanaglia.
Consideriamo il caso in cui $g(x)=y$, $f(y)=x$ e $g^(-1)=f$, quindi: $g^-1(g(x))=x$; mi perseguita il grandissimo dubbio se posso fare quanto dicevo sopra, ossia:
1) "sostituire" a g(x) a primo membro (in argomento della composizione) la y, ottenendo: $g^(-1)(g(x))=x => g^(-1)(y)=x$ (a). Come dicevo sopra questo mi sembra sbagliato per il seguente motivo:
g(x) in argomento è una funzione, quindi assume solo certi valori che può assumere l'immagine di tale funzione [nota](quindi y a priori non è una variabile libera in tutto R, ma a parte questo)[/nota], inoltre ha anche un suo andamento, se ad esempio assumo $g(x)=-x$, al crescere di $x$, $g(x)$ decresce e quindi l'argomento di $g^(-1)$ al crescere di x, decresce: lego quindi i valori di x a secondo membro a una funzione con argomento decrescente: assumo x=1,2 e ho $g^-1(g(1))=g^-1(-1)=x_1$, $g^-1(g(2))=g^-1(-2)=x_2$
Mentre quando io pongo $g^(-1)(y)=x$ qui faccio crescere y[nota](cioè mi muovo sull'asse reale, ma vale lo stesso per y decrescenti)[/nota], perché ora y è variabile libera e non più una funzione, e quindi lego x a secondo membro della (a) con la stessa funzione $g^-1$ di prima ma con argomento crescente, cioè per intenderci y=1,2 => $g^-1(y_1)=g^-1(1)=x_1$, $g^-1(y_2)=g^-1(2)=x_2$.
Quello che volgio dire è che $g^-1(y)$ copre le stesse immagini (cioè le x) di $g^-1(g(x))$, però il legame è diverso perché $g^-1(2)=x!=x=g^-1(g(2))$
2) in modo analogo dato che x=f(y), allora verrebbe da "sostituire" il secondo membro (cioè ci piazzo bellamente f(y) al posto di x) $g^(-1)(g(x))=x => g^(-1)(g(x))=f(y)$, e mi chiedo se sia corretto.
Non mi convince troppo perché se io considero $g^(-1)(g(x))=x$ che esprime il fatto che applicando a x la composizione di funzione e sua inversa ci dà x stesso (cioè è la funzine identità), a nessuno verrebbe da dire che ha senso derivare x (essa è l'immagine di x tramite la compsizione), ma quando compio quella "sostituzione" allora ho $g^(-1)(g(x))=f(y)$ e qui uno potrebbe dire che in effetti si può derivare il secondo membro, essendo ora una relazione funzionale e non più la semplice x. E' un primo segnale che ciò che ho fatto non mi convince, perché all'inizio era insensato derivare mentre ora lo sarebbe: ho modificato qualcosa e non va bene.
Inoltre questa non correttezza di "sostituzione" è avvallata dal seguente ragionamento:
prendiamo $f(x)=y$ e mettiamo di sapere che $m(z)=y$, se potessi sostituire impunemente y della prima avrei:
$f(x)=y => f(x)=m(z)$, a questo punto potrei derivare il II membro avendo: $(d(f(x)))/(dz)=(d(m(z)))/(dz)$. Quindi mentre il II membro mi sembra sensato il I no, perché derivo in z qualcosa che dipende da x, e quindi la sostituzione pare non valere.
Isomma, questo sostituire la relazione funzionale con la variabile e viceversa nei vari casi visti non mi convince e non capisco se sia corretto farlo o meno.
Mi chiedo quindi: è gusto dire che quelle "sostituzioni" non sono valide? I miei controesempi sono corretti? Mi sono un po' incasinato!
Mi piacerebbe chiederti una ulteriore delucidazione dato che come avrai capito non sono motlo sveglio, e ragionando per dare la mia risposta "dimostrativa" errata sono entrato in un turbinio di dubbi sulla notazione di base. Lasciando quindi alle spalle la derivazione dell'inversa,che ormai mi hai fatto capire a fondo e in modo corretto come va intesa, volevo chiederti quanto segue:
Seguendo il tuo consiglio di non esprimere la funzione come y(x) ma f(x) ed eseprimere l'immagine e le variabili come x e y, volevo riproporre il dubbio che mi attanaglia.
Consideriamo il caso in cui $g(x)=y$, $f(y)=x$ e $g^(-1)=f$, quindi: $g^-1(g(x))=x$; mi perseguita il grandissimo dubbio se posso fare quanto dicevo sopra, ossia:
1) "sostituire" a g(x) a primo membro (in argomento della composizione) la y, ottenendo: $g^(-1)(g(x))=x => g^(-1)(y)=x$ (a). Come dicevo sopra questo mi sembra sbagliato per il seguente motivo:
g(x) in argomento è una funzione, quindi assume solo certi valori che può assumere l'immagine di tale funzione [nota](quindi y a priori non è una variabile libera in tutto R, ma a parte questo)[/nota], inoltre ha anche un suo andamento, se ad esempio assumo $g(x)=-x$, al crescere di $x$, $g(x)$ decresce e quindi l'argomento di $g^(-1)$ al crescere di x, decresce: lego quindi i valori di x a secondo membro a una funzione con argomento decrescente: assumo x=1,2 e ho $g^-1(g(1))=g^-1(-1)=x_1$, $g^-1(g(2))=g^-1(-2)=x_2$
Mentre quando io pongo $g^(-1)(y)=x$ qui faccio crescere y[nota](cioè mi muovo sull'asse reale, ma vale lo stesso per y decrescenti)[/nota], perché ora y è variabile libera e non più una funzione, e quindi lego x a secondo membro della (a) con la stessa funzione $g^-1$ di prima ma con argomento crescente, cioè per intenderci y=1,2 => $g^-1(y_1)=g^-1(1)=x_1$, $g^-1(y_2)=g^-1(2)=x_2$.
Quello che volgio dire è che $g^-1(y)$ copre le stesse immagini (cioè le x) di $g^-1(g(x))$, però il legame è diverso perché $g^-1(2)=x!=x=g^-1(g(2))$
2) in modo analogo dato che x=f(y), allora verrebbe da "sostituire" il secondo membro (cioè ci piazzo bellamente f(y) al posto di x) $g^(-1)(g(x))=x => g^(-1)(g(x))=f(y)$, e mi chiedo se sia corretto.
Non mi convince troppo perché se io considero $g^(-1)(g(x))=x$ che esprime il fatto che applicando a x la composizione di funzione e sua inversa ci dà x stesso (cioè è la funzine identità), a nessuno verrebbe da dire che ha senso derivare x (essa è l'immagine di x tramite la compsizione), ma quando compio quella "sostituzione" allora ho $g^(-1)(g(x))=f(y)$ e qui uno potrebbe dire che in effetti si può derivare il secondo membro, essendo ora una relazione funzionale e non più la semplice x. E' un primo segnale che ciò che ho fatto non mi convince, perché all'inizio era insensato derivare mentre ora lo sarebbe: ho modificato qualcosa e non va bene.
Inoltre questa non correttezza di "sostituzione" è avvallata dal seguente ragionamento:
prendiamo $f(x)=y$ e mettiamo di sapere che $m(z)=y$, se potessi sostituire impunemente y della prima avrei:
$f(x)=y => f(x)=m(z)$, a questo punto potrei derivare il II membro avendo: $(d(f(x)))/(dz)=(d(m(z)))/(dz)$. Quindi mentre il II membro mi sembra sensato il I no, perché derivo in z qualcosa che dipende da x, e quindi la sostituzione pare non valere.
Isomma, questo sostituire la relazione funzionale con la variabile e viceversa nei vari casi visti non mi convince e non capisco se sia corretto farlo o meno.

Mi chiedo quindi: è gusto dire che quelle "sostituzioni" non sono valide? I miei controesempi sono corretti? Mi sono un po' incasinato!
"ciaomioncino":
@gugo82: ti ringrazio di cuore per la risposta da manuale di analisi, mi ha messo a posto le idee sul dubbio originale.
Mi piacerebbe chiederti una ulteriore delucidazione dato che come avrai capito non sono motlo sveglio, e ragionando per dare la mia risposta "dimostrativa" errata sono entrato in un turbinio di dubbi sulla notazione di base. Lasciando quindi alle spalle la derivazione dell'inversa,che ormai mi hai fatto capire a fondo e in modo corretto come va intesa, [...]
Prego... Ci ho messo un po' a scrivere perché sto lavorando e perciò mi ero perso l'evoluzione dei tuoi dubbi, probabilmente.

"ciaomioncino":
[...] volevo chiederti quanto segue:
Seguendo il tuo consiglio di non esprimere la funzione come y(x) ma f(x) ed eseprimere l'immagine e le variabili come x e y, volevo riproporre il dubbio che mi attanaglia.
Consideriamo il caso in cui $g(x)=y$, $f(y)=x$ e $g^(-1)=f$, quindi: $g^-1(g(x))=x$; mi perseguita il grandissimo dubbio se posso fare quanto dicevo sopra, ossia:
1) "sostituire" a g(x) a primo membro (in argomento della composizione) la y, ottenendo: $g^(-1)(g(x))=x => g^(-1)(y)=x$ (a). Come dicevo sopra questo mi sembra sbagliato per il seguente motivo:
g(x) in argomento è una funzione, quindi assume solo certi valori che può assumere l'immagine di tale funzione [nota](quindi y a priori non è una variabile libera in tutto R, ma a parte questo)[/nota], inoltre ha anche un suo andamento, se ad esempio assumo $g(x)=-x$, al crescere di $x$, $g(x)$ decresce e quindi l'argomento di $g^(-1)$ al crescere di x, decresce: lego quindi i valori di x a secondo membro a una funzione con argomento decrescente: assumo x=1,2 e ho $g^-1(g(1))=g^-1(-1)=x_1$, $g^-1(g(2))=g^-1(-2)=x_2$
Mentre quando io pongo $g^(-1)(y)=x$ qui faccio crescere y[nota](cioè mi muovo sull'asse reale, ma vale lo stesso per y decrescenti)[/nota], perché ora y è variabile libera e non più una funzione, e quindi lego x a secondo membro della (a) con la stessa funzione $g^-1$ di prima ma con argomento crescente, cioè per intenderci y=1,2 => $g^-1(y_1)=g^-1(1)=x_1$, $g^-1(y_2)=g^-1(2)=x_2$.
Quello che volgio dire è che $g^-1(y)$ copre le stesse immagini (cioè le x) di $g^-1(g(x))$, però il legame è diverso perché $g^-1(2)=x!=x=g^-1(g(2))$
2) in modo analogo dato che x=f(y), allora verrebbe da "sostituire" il secondo membro (cioè ci piazzo bellamente f(y) al posto di x) $g^(-1)(g(x))=x => g^(-1)(g(x))=f(y)$, e mi chiedo se sia corretto.
Non mi convince troppo perché se io considero $g^(-1)(g(x))=x$ che esprime il fatto che applicando a x la composizione di funzione e sua inversa ci dà x stesso (cioè è la funzine identità), a nessuno verrebbe da dire che ha senso derivare x (essa è l'immagine di x tramite la compsizione), ma quando compio quella "sostituzione" allora ho $g^(-1)(g(x))=f(y)$ e qui uno potrebbe dire che in effetti si può derivare il secondo membro, essendo ora una relazione funzionale e non più la semplice x. E' un primo segnale che ciò che ho fatto non mi convince, perché all'inizio era insensato derivare mentre ora lo sarebbe: ho modificato qualcosa e non va bene. [...]
Mi chiedo quindi: è gusto dire che quelle "sostituzioni" non sono valide? I miei controesempi sono corretti? Mi sono un po' incasinato!
Quelle sostituzioni no che non sono valide.
Se vogliamo dire perché in un modo sintetico, potremmo dire così: in $g^{-1}(g(x))=f(y)$ (e similmente nell'altro caso) al primo ed al secondo membro non compare la stessa variabile, quindi l'uguaglianza non ha alcun senso.
Quello che vale è una cosa del tipo $g^{-1}(g(x)) = f(y)|_{y=g(x)}$, come scritto nel mio post precedente.
"ciaomioncino":
Inoltre questa non correttezza di "sostituzione" è avvallata dal seguente ragionamento:
prendiamo $f(x)=y$ e mettiamo di sapere che $m(z)=y$, se potessi sostituire impunemente y della prima avrei:
$f(x)=y => f(x)=m(z)$, a questo punto potrei derivare il II membro avendo: $(d(f(x)))/(dz)=(d(m(z)))/(dz)$. Quindi mentre il II membro mi sembra sensato il I no, perché derivo in z qualcosa che dipende da x, e quindi la sostituzione pare non valere.
Insomma, questo sostituire la relazione funzionale con la variabile e viceversa nei vari casi visti non mi convince e non capisco se sia corretto farlo o meno.![]()
No, non è corretto ed il motivo è che si deriva una funzione da una variabile da cui essa dipende... Quindi non ha alcun senso (o, meglio, ne ha ma in un modo un po' perverso che non ti aspetti subito) derivare una funzione da una variabile da cui essa non dipende.
Prego... Ci ho messo un po' a scrivere perché sto lavorando e perciò mi ero perso l'evoluzione dei tuoi dubbi, probabilmente.ci mancherebbe, ho immaginato. Non è che uno possa vivere sul forum! Ed è già un enorme favore che tu mi abbia degnato di risposta, nonostante le cavolate che vado dicendo, sei stato iper-gentile.
In ogni caso la (tua) risposta precedente rispondeva comunque al primo dubbio che era rimasto aperto; poi come spesso accade in matematica (o meglio, non so se sia prassi, ma a me capita così) parto da un punto e andando a ritroso mi trovo con più dubbi dell'iniziale domanda, perché non avevo forse capito benissimo qualcosa di visto prima, e quindi questo 3D era evoluto in quello che era una mia lacuna.
Se vogliamo il mio problema me lo porto dietro dalla composizione di funzioni, che abbiamo visto 2/3 settimane fa, e ora siamo fulmineamente già alle derivate

Ora, evidentmente per quanto appena discusso non è una "sostituzione", però non capisco allora come inquadrarla, perché io ho capito il senso teorico della composizione di funzioni ma poi mi perdo in questa notazione che mi appare a tutti gli effetti (errando) una sostituzione. Come andrebbe correttamente interpretata?
$g^-1(g(x))=f(y)$ (e similmente nell'altro caso) al primo ed al secondo membro non compare la stessa variabile, quindi l'uguaglianza non ha alcun senso.effettivamente ci avevo pensato, ma poi mi ero detto se sostituisco anche g(x)=y in quella qui nel quote ho: $g^-1(y)=f(y)$, che era vera, e quindi non capivo più se la sostituzione fosse lecita o meno, perché con questa doppia sostituzione sembrava di arrivare a qualcosa di lecito

Per questo avevo ideato lo stratagemma: dato che parto da $g^-1(g(x))=x$ ove x è una variabile e non ha senso derivarla, se sostituisco con f(y) il secondo membro ho $g^-1(g(x))=f(y)$ e f(y) è ora derivabile ottengo un nosense: partivo da una cosa (la variabile x a destra ) e mi ritrovo per le mani qualcos'altro (relazione derivabile f(y) a destra) e quindi mi sembrava segnalare un errore per quel tipo di sostituzione. Ma forse questo ragionamento non è proprio drittissimo, fatico a capire se lo sia

No, non è corretto ed il motivo è che si deriva una funzione da una variabile da cui essa dipende... Quindi non ha alcun senso (o, meglio, ne ha ma in un modo un po' perverso che non ti aspetti subito) derivare una funzione da una variabile da cui essa non dipende.sì, questo concetto mi è chiaro, ed era quello che (non so se si fosse capito) volevo sfruttare per dire che non fosse correttto sostituire alla y di $f(x)=y$ con $m(z)=y$, cioè volevo mostrar(mi) che non fosse lecito sostituire la variabile y con una relazione funzionale in quella uguaglianza, questo proprio erche otterrei $f(x)=m(z)$ e a secondo membro avrei qualcosa di derivabile per z e a primo no, come sottolinei tu: il che era un "assurdo". Potrebbe funzionare secodo te?
Non so quanto fossero ragionamenti corretti, però erano queste le cose che volevo dire.

Non ho più scritto perché volevo aspettare prima di rompere le scatole
, volevo provare a fare un up essendo ancora una domanda di mio interesse. Volevo capire al meglio la questione in cui mi sono impantanato.
Grazie!

Grazie!
Sinceramente, non capisco su cosa tu sia ancora impantanato.
Se hai chiaro che al primo ed al secondo membro di un'uguaglianza simile non possono esserci variabili differenti, non vedo il problema.
Se hai chiaro che al primo ed al secondo membro di un'uguaglianza simile non possono esserci variabili differenti, non vedo il problema.
Ok, allora ho peccato nell'essermi spiegato male. Mi scuso e provo a focalizzare le domande riprendendo il messaggio:
La prima cosa che mi turba è che ho compreso che non posso sostituire alla variabile y una g(x) "espressione funzionale". Come facevo invece inizialmente, tuttavia:
Insomma, prendo una cantonata con queste notazioni e non capisco dove sbaglio.
Per seconda cosa volevo chiedere invece se fossero corrette le considerazioni:
***
PS: a parte le domande sopra ne ho una bonus, non ho compreso una considerazione, quando dici "Se vogliamo dire perché in un modo sintetico, potremmo dire così [...]al primo ed al secondo membro non compare la stessa variabile".
però mi chiedo, se io prendo $f(x)=3x+4$ e $g(y)=2y$ allora $f(x)=g(y)$ mi sembra valida, ed è:$3x+4=2y$ (sensato).
La prima cosa che mi turba è che ho compreso che non posso sostituire alla variabile y una g(x) "espressione funzionale". Come facevo invece inizialmente, tuttavia:
Se vogliamo il mio problema me lo porto dietro dalla composizione di funzioni, che abbiamo visto 2/3 settimane fa, e ora siamo fulmineamente già alle derivatein breve, mi incasino perché sappiam che (riprendendo l'errore di apertura) $g^(-1)(g(x))=x => g^(-1)(y)=x$ non vale, cioè non posso sostituire a g(x) la y, però se affermo g(x)=y potrei farlo (una uguaglianza comporta la sostituibilità)., dove quello che si fa è scrivere $f(g(x))=z <=> f(y)=z$, date $f(y)=z$ e $g(x)=y$ e in questo caso mi crea il grattacapo di cui sopra, perché finora l'avevo interpretato come "ho sostituito g(x) con la variabile y", e non mi rendevo conto che non funzionava, fino ad oggi.
Ora, evidentmente per quanto avevamo discusso non è una "sostituzione", però non capisco allora come inquadrarla, perché io ho capito il senso teorico della composizione di funzioni ma poi mi perdo in questa notazione che mi appare a tutti gli effetti (errando) una sostituzione. Come andrebbe correttamente interpretata?
Insomma, prendo una cantonata con queste notazioni e non capisco dove sbaglio.
Per seconda cosa volevo chiedere invece se fossero corrette le considerazioni:
***
PS: a parte le domande sopra ne ho una bonus, non ho compreso una considerazione, quando dici "Se vogliamo dire perché in un modo sintetico, potremmo dire così [...]al primo ed al secondo membro non compare la stessa variabile".
però mi chiedo, se io prendo $f(x)=3x+4$ e $g(y)=2y$ allora $f(x)=g(y)$ mi sembra valida, ed è:$3x+4=2y$ (sensato).
Siccome ho sempre remore e timore di esprimermi male provo a integrare quanto sopra, non aggiunge nente ma è solo una riformulazione del dubbio.
Le domande del post appena sopra questo mi rimangono e vorrei chiedertele @gugo82 per chiarirmele, però spero con questo post di essermi spiegato meglio. Più che altro perché dato che devo interagire con te che ne sai 10000 volte più di me, devo sforzarmi io a farmi capire e non pretendere che l'altro capisca. Non so se spiego le mie paturnie
.
Non romperò oltre, aspettando prima una tua risposta, e mi frenerò da scrivere altre righe per cercare di chiarire oltre, ogni volta vorrei far meglio ma magari faccio solo peggio.
Fammi sapere se sono stato minimamente chiaro, ti ringrazio e auguro buona serata!
Le domande del post appena sopra questo mi rimangono e vorrei chiedertele @gugo82 per chiarirmele, però spero con questo post di essermi spiegato meglio. Più che altro perché dato che devo interagire con te che ne sai 10000 volte più di me, devo sforzarmi io a farmi capire e non pretendere che l'altro capisca. Non so se spiego le mie paturnie

Non romperò oltre, aspettando prima una tua risposta, e mi frenerò da scrivere altre righe per cercare di chiarire oltre, ogni volta vorrei far meglio ma magari faccio solo peggio.
Fammi sapere se sono stato minimamente chiaro, ti ringrazio e auguro buona serata!

"ciaomioncino":
vediamo: in origine è il concetto di composizione di funzioni, ove date $f(y)=z$ e $g(x)=y$ [...]
Già queste due uguaglianze significano poco o nulla.
La versione corretta è: "Date due funzioni $f:Y -> Z$ e $g: X -> Y$" (in cui $X$, $Y$ e $Z$ sono insiemi che, per non buttare il cuore troppo in là, possiamo supporre non vuoti).
Le uguaglianze $z = f(y)$ e $y = g(x)$ non servono ad identificare delle funzioni[nota]Infatti, nell'accezione meno formale possibile, una funzione è nota se sono note le tre sue "componenti", cioè: il dominio, il codominio e la "legge di corrispondenza". Dire "la funzione $x^2$" (o "la funzione $y = x^2$") non significa nulla, perché nulla dice né su quale insieme agisce né in quale insieme prende valori la funzione; inoltre, le funzioni $f:NN -> NN$, $g:ZZ -> NN$, $h:ZZ -> ZZ$ che associano $x |-> x^2$ hanno tutte la medesima legge di assegnazione, ma sono tutte funzioni diverse. Da qui la necessità di specificare sempre (o di stabilire sempre per convenzione) tutte le tre "componenti" di una funzione.[/nota], ma a dare il nome a particolare elementi dei loro insiemi immagine, i.e. a chiarire unicamente la "legge di corrispondenza"; in altre parole, l'uguaglianza $z = f(y)$ serve a dire che il simbolo $z$ serve ad indicare il particolare elemento dell'insieme immagine $"im"(f) = f(Y)$ che corrisponde ad $y in Y$ mediante $f$ (e, mutatis mutandis, analogo discorso vale per $y = g(x)$).
Le uguaglianze $f(y) = z$ e $g(x) = y$ hanno la stessa pecca di quelle di cui sopra.
Inoltre, per scendere ancora più nel formale (a scapito dell'uso comune, soprattutto nella scrittura veloce), le formule matematiche non dovrebbero contenere variabili non quantificate (con $AA$ o $EE$). Ciò significa che un'uguaglianza del tipo $z = f(y)$ non ha proprio senso formalmente, perché contiene variabili "libere" $y$ e $z$ (e dunque si può interpretare in quattro modi diversi a seconda di come sono quantificate le variabili)... Tuttavia, qui sto cercando proprio il pelo nell'uovo e per adesso non serve approfondire.
"ciaomioncino":
[...] si ha la classica scrittura: $f(g(x))=z <=> f(y)=z$ che pare proprio una sostituzione della variabile $y$ con la funzione $g(x)$
"Classica" per chi?

La doppia implicazione "$f(g(x)) = z <=> f(y) = z$" così com'è non ha alcun significato preciso. Per darle una parvenza di senso compiuto, potresti riscriverla così:
$f(g(x)) = z <=> f(y) = z ", in cui " g(x) = y$
che è poi lo stesso di qui:
$f(g(x)) = z <=> f(y)|_{y=g(x)} = z$.
Inoltre, osserva che, come detto sopra, la funzione è $f circ g:X -> Z$ ed associa $x |-> f circ g(x) = f(g(x))$.
L'uguaglianza $z = f(g(x))$ dice solo che stai chiamando col simbolo $z$ il particolare elemento di $"im"(f circ g) = f(g(X))$ che corrisponde ad $x in X$ attraverso la funzione composta $f circ g$; meno formalmente, $z=f(g(x))$ è la sola "legge di corrispondenza" della funzione $f circ g$ e non serve ad identificare univocamente $f circ g$.
"ciaomioncino":
[...] poi procedendo con lo studio ho trovato quello che dicevo: $g^(-1)(g(x))=x$ [...]
Ok, questa è quasi corretta.
L'ipotesi di invertibilità di $g$ è quella dell'esistenza di una funzione $gamma :Y -> X$ che ha queste proprietà:
[list=1][*:2ndmwb4y] $gamma circ g = i_X$,[nota]Qui e nel seguito $i_X$ è l'identità dell'insieme $X$, ossia l'applicazione $i_X : X -> X$ che associa $x |-> x$.
Il significato del simbolo $i_Y$ è analogo.[/nota] cioè $AA x in X,\ gamma (g(x)) = x$;
[/*:m:2ndmwb4y]
[*:2ndmwb4y] $g circ gamma = i_Y$, cioè $AA y in Y,\ g(gamma (y)) = y$.[/*:m:2ndmwb4y][/list:o:2ndmwb4y]
Di funzioni $gamma$ che soddisfano tali proprietà ce n'è una sola e si indica col simbolo $g^(-1)$ (sia per mettere in evidenza il fatto che essa dipende da $g$, sia perché quella con la potenza è una notazione abbastanza conveniente per fare in scioltezza alcune manipolazioni algebriche).
Ricordato ciò, le 1 e 2 che caratterizzano la funzione inversa $g^(-1)$ si possono riscrivere:
$AA x in X,\ g^(-1)(g(x)) = x$ e $AA y in Y,\ g(g^(-1)(y)) = y$
e l'uguaglianza che riporti è la 1 scritta senza la variabile quantificata, cioè in una comoda versione prêt-à-porter.
"ciaomioncino":
[...] con noto: $x=f(y)$ e $g(x)=y$, allora preso dalla smania di sostituzione di cui sopra (cioè sostituzione che sembra confermata dalla sostituzione che faccio nella composizione di funzione) mi dico: beh sostituiamo funzione e variabile ottenendo: $g^(-1)(y)=f(y)$ e qui uno dico "ohibò ora ho tutto in $y$, posso derivare ambo i membri per $y$".
Anche qui, hai una cosa che è quasi corretta e che semplicemente ti sta dicendo: "caro mio, sei tornato al punto di partenza, perché la funzione $f$ è l'inversa di $g$"... Quindi grazie al cavolo che puoi derivare e che $[g^(-1)]^\prime (y) = f^\prime (y)$: stai derivando la stessa funzione chiamata con due nomi diversi.
Scusa la domanda (forse te l'ho già chiesto e non ricordo), ma da quale libro studi? E qual è il tuo background scolastico (liceo scientifico o altro)?
Grazie per la risposta.
Inizio dal fondo rispondendoti: purtroppo non ho una grande preparazione di matematica di base, perché sono arrivato da un classico a fisica e mi sono trovato a dir poco spiazzato.
Quindi sto studiando letterlamente giorno e notte per appianare le differenze con altri compagni di corso davvero preparati dal liceo scientifico. E' una fatica immane ma qualche soddisfazione la sto avendo, anche se poi mi incarto in scemate come questa e mi sorgono dubbi davvero di base.
Attualmente sto studiando sul giusti, e seguo ovviamente le lezioni in classe ma sono a velcoità x10 rispetto al tempo che mi servirebbe. Anche perché io voglio davvero capire e non passare l'esame, csti quel che costi in termini di tempo, sudore e sangue.
Detto questo,
Tutto quello che dici in modo formale è quello che in effetti ho studiato finora. Paradossalemtne mi è tutto chiaro, però mi perdo poi nelle notazioni. Perché quello che si fa informalmente, ad esempio a esercitaizone, è dire data f(x)=y la deriviamo in x (quello che si fa è dare per scontato per ogni x esiste un y t.c f(x)=y, inoltre si deriva brutalmente quella notazione $(d(f(x)))/(dx)$ e si tratta quel simbolo proprio come una fuzione). Ed è qui che mi invischio io.
Anche con la composizione di fuznoone negli esercizi trovavo (settimane fa) f(g(x))=z con g(x)=y e quindi si aveva anche la notazione f(y)=z sostituendo g(x) con y a cui è "uguale".
tutte queste cose mi confondono proprio perché non c'è la formalità di cui parli tu, io le interpretavo come la funzione g(x) la sostituisco con la variabile y (?) boh insensato per me senza tutto il discorso corretto che facevi tu prima.
Inoltre questo portava all obbrobrio: dato $f(x)=y$ e avendo ad esempio anche $y=m(z)$ allora se la sostituzione sopra fosse stata lecita: prendo $f(x)=y$, sostituisco y a secondo membro e ho $f(x)=m(z)$ e a questo punto pareva lecito derivare in z $(d(f(x)))/(dz)=(d(m(z)))/(dz)$. Ma questo come discutevamo è del tutto insensato.
Mentre sostituire in questo modo disastroso è sensato nel caso:
Insomma mi confonde questo usare in modo ambivalente questa notazione f(x)=y e quindi sostiuire certe volte y con f(x), ma è del tutto insensato perché come dici giustamente non identifica delle funzioni, verissimo, ma poi faccio i magheggi f(g(x))=f(y)=z che mi mandano nel pallone. o derivare f(x) per x e trattarlo proprio come funzione.
E' grottesco perché io ho capito il concetto formale, ma non tollero queta scrittura, perché mi sembra di non capirla.
Inizio dal fondo rispondendoti: purtroppo non ho una grande preparazione di matematica di base, perché sono arrivato da un classico a fisica e mi sono trovato a dir poco spiazzato.
Quindi sto studiando letterlamente giorno e notte per appianare le differenze con altri compagni di corso davvero preparati dal liceo scientifico. E' una fatica immane ma qualche soddisfazione la sto avendo, anche se poi mi incarto in scemate come questa e mi sorgono dubbi davvero di base.
Attualmente sto studiando sul giusti, e seguo ovviamente le lezioni in classe ma sono a velcoità x10 rispetto al tempo che mi servirebbe. Anche perché io voglio davvero capire e non passare l'esame, csti quel che costi in termini di tempo, sudore e sangue.
Detto questo,
Tutto quello che dici in modo formale è quello che in effetti ho studiato finora. Paradossalemtne mi è tutto chiaro, però mi perdo poi nelle notazioni. Perché quello che si fa informalmente, ad esempio a esercitaizone, è dire data f(x)=y la deriviamo in x (quello che si fa è dare per scontato per ogni x esiste un y t.c f(x)=y, inoltre si deriva brutalmente quella notazione $(d(f(x)))/(dx)$ e si tratta quel simbolo proprio come una fuzione). Ed è qui che mi invischio io.
Anche con la composizione di fuznoone negli esercizi trovavo (settimane fa) f(g(x))=z con g(x)=y e quindi si aveva anche la notazione f(y)=z sostituendo g(x) con y a cui è "uguale".
tutte queste cose mi confondono proprio perché non c'è la formalità di cui parli tu, io le interpretavo come la funzione g(x) la sostituisco con la variabile y (?) boh insensato per me senza tutto il discorso corretto che facevi tu prima.
Inoltre questo portava all obbrobrio: dato $f(x)=y$ e avendo ad esempio anche $y=m(z)$ allora se la sostituzione sopra fosse stata lecita: prendo $f(x)=y$, sostituisco y a secondo membro e ho $f(x)=m(z)$ e a questo punto pareva lecito derivare in z $(d(f(x)))/(dz)=(d(m(z)))/(dz)$. Ma questo come discutevamo è del tutto insensato.
Mentre sostituire in questo modo disastroso è sensato nel caso:
$x=f(y)$ e $g(x)=y$, allora preso dalla smania di sostituzione di cui sopra (cioè sostituzione che sembra confermata dalla sostituzione che faccio nella composizione di funzione) mi dico: beh sostituiamo funzione e variabile ottenendo: $g^(-1)(y)=f(y)$ e qui uno dico "ohibò ora ho tutto in $y$, posso derivare ambo i membri per $y$".proprio per il motivo che dici tu "stai derivando la stessa funzione chiamata con due nomi diversi", che è vero, ma l'ho ottenuto facendo sostituzioni di "funzioni" che sono insensate, perche non posso sostituire funzione con variabile, perché di fatto y=g(x) è solo una legge di corrispondenza. Quindi arrivo a una cosa giusta compiendo un passaggio insensato. E ripeto, è questa cosa che non mi convince.
Insomma mi confonde questo usare in modo ambivalente questa notazione f(x)=y e quindi sostiuire certe volte y con f(x), ma è del tutto insensato perché come dici giustamente non identifica delle funzioni, verissimo, ma poi faccio i magheggi f(g(x))=f(y)=z che mi mandano nel pallone. o derivare f(x) per x e trattarlo proprio come funzione.
E' grottesco perché io ho capito il concetto formale, ma non tollero queta scrittura, perché mi sembra di non capirla.
Ah, vabbè, i fisici per lo più pasticciano, usano la notazione come gli fa comodo... Poi lasciano ai Matematici il compito di sistemare tutti i cocci.
È come la faccenda di Oliver Heaviside e Paul Dirac, che si sono inventati di sana pianta le funzioni generalizzate per farsi tornare i conti; ma poi han dovuto ringraziare Laurent Schwartz che gli ha sistemato teoricamente tutto, facendo diventare Matematica la loro matematica.
Per come metti giù le cose, per l'irritazione che traspare, un pensierino sul passare a Matematica lo farei.
P.S.: Il Giusti (prima edizione o terza, la seconda no) è un buon testo, anche se forse -dato il background- avrei puntato su qualcosa di ancora più semplice. E non preoccuparti: se sai studiare, quelli dello scientifico non saranno avanti ancora per molto.
È come la faccenda di Oliver Heaviside e Paul Dirac, che si sono inventati di sana pianta le funzioni generalizzate per farsi tornare i conti; ma poi han dovuto ringraziare Laurent Schwartz che gli ha sistemato teoricamente tutto, facendo diventare Matematica la loro matematica.
Per come metti giù le cose, per l'irritazione che traspare, un pensierino sul passare a Matematica lo farei.
P.S.: Il Giusti (prima edizione o terza, la seconda no) è un buon testo, anche se forse -dato il background- avrei puntato su qualcosa di ancora più semplice. E non preoccuparti: se sai studiare, quelli dello scientifico non saranno avanti ancora per molto.
Ai tempi, il corso di fisica 2 a math unipd aveva delle ore di esercizi tenute da un fisico (che si è poi dato alla politica e ha quindi amici potenti, non posso fare nomi) che esordì la prima lezione con "consideriamo df". La prima frase proprio. Niente introduzione, niente contesto, consideriamo df. Cos'è df, una cosa, un'idea, un senso di pesantezza al ventre, una targa automobilistica.. Non si sa.
Ce lo mangiammo vivo a tal punto che ce lo cambiarono a metà corso, il docente principale tutto incazzato perché ora doveva lavorare il doppio. Babbeo (l'esercitatore, non il docente).
Ce lo mangiammo vivo a tal punto che ce lo cambiarono a metà corso, il docente principale tutto incazzato perché ora doveva lavorare il doppio. Babbeo (l'esercitatore, non il docente).
@gugo82: Quindi, insomma, per tirare le fila e mettere in ordine le idee.
L'errore di fondo mi pare che sia stato nell'usare in modo molto naif la notazione, che vuol dire quanto discusso ossia: y=f(x) esplicita la mera legge di corrispondenza.
[A]
E sostituzioni del tipo indicato, che portano a queste sciocchezze:
Come dicevo la mia confusione nasce da utilizzi fisici del genere e io mi ero fatto un esempio del genere (quello del quote qui sopra) per dire che secondo me "non era così corretto" apportare quelle sostituzioni come funzione-variabile. Cioè, volevo mostrarmi che era un po' una scemenza ecco.
. E mi sembra che hai confermato che lo fosse @gugo82, giusto?
Il fatto è che poi mi rimaneva il dubbio che fosse invece corretto perché qui funzionava: dati x=f(y) e g(x)=y, "sostituendo" in $g^-1(g(x))=x$
- il g(x) a primo membro con y
- e x a secodno membro con f(y)
mi dava $g^-1(y)=f(y)$ che in effetti era sensato, perché in effetti $f=g^-1$, cioè ho la stessa funzione con nomi diversi.
Questo fatto che sostituire brutalmente alla "fisica" le cose certe volte funziona (es in ) e certe volte no (es in [A]) mi confonde. Ma di fatto è sempre sbagliato farlo, no?
PS: megas_archon: è vero, i fisici sono un po' così. E' solo che per uno che arriva senza grandi basi vede la bellezza della formalità e poi si incastra in 'ste cose perché non capisce più come farle tornare. Mi rendo conto tutta la domanda sia scema, ma mi crea davvero grttacapi XD. Quindi sono entrato nel loop è corretto non è corretto, non vedevo come interpretare e correggere tutti quei miei dubbi qui sopra.
L'errore di fondo mi pare che sia stato nell'usare in modo molto naif la notazione, che vuol dire quanto discusso ossia: y=f(x) esplicita la mera legge di corrispondenza.
[A]
E sostituzioni del tipo indicato, che portano a queste sciocchezze:
Inoltre questo portava all obbrobrio: dato $f(x)=y$ e avendo ad esempio anche $y=m(z)$ allora se la sostituzione sopra fosse stata lecita: prendo $f(x)=y$, sostituisco y a secondo membro e ho $f(x)=m(z)$ e a questo punto pareva lecito derivare in z $(d(f(x)))/(dz)=(d(m(z)))/(dz)$. Ma questo come discutevamo è del tutto insensato.sono errate.
Come dicevo la mia confusione nasce da utilizzi fisici del genere e io mi ero fatto un esempio del genere (quello del quote qui sopra) per dire che secondo me "non era così corretto" apportare quelle sostituzioni come funzione-variabile. Cioè, volevo mostrarmi che era un po' una scemenza ecco.

Il fatto è che poi mi rimaneva il dubbio che fosse invece corretto perché qui funzionava: dati x=f(y) e g(x)=y, "sostituendo" in $g^-1(g(x))=x$
- il g(x) a primo membro con y
- e x a secodno membro con f(y)
mi dava $g^-1(y)=f(y)$ che in effetti era sensato, perché in effetti $f=g^-1$, cioè ho la stessa funzione con nomi diversi.
Questo fatto che sostituire brutalmente alla "fisica" le cose certe volte funziona (es in ) e certe volte no (es in [A]) mi confonde. Ma di fatto è sempre sbagliato farlo, no?
PS: megas_archon: è vero, i fisici sono un po' così. E' solo che per uno che arriva senza grandi basi vede la bellezza della formalità e poi si incastra in 'ste cose perché non capisce più come farle tornare. Mi rendo conto tutta la domanda sia scema, ma mi crea davvero grttacapi XD. Quindi sono entrato nel loop è corretto non è corretto, non vedevo come interpretare e correggere tutti quei miei dubbi qui sopra.
Sì, grossomodo sì.
C'è poi un altro modo, più subdolo, in cui la relazione $("d"f(x))/("d"z) = ("d"m(z))/("d"z)$ produce risultati inaspettati... Pensiamo un momento a cosa significa calcolare $("d" x^2)/("d"z)$: visto che la variabile $z$ non compare nella legge della funzione, calcolare la derivata vuol dire calcolare il valore di:
$lim_(h -> 0) (x^2 - x^2)/(h)$
che è sempre $0$ perché il numeratore è nullo;[nota]Osserva che in $x^2$ la variabile $z$ non compare, quindi, per qualsiasi coppia di valori della variabile $z$ e dell'incremento $h$, il valore di $x^2$ è sempre lo stesso (cioè $x^2$) sia in $z$ sia in $z+h$.[/nota] perciò hai ovunque $("d"x^2)/("d"z) = 0$. Questo "ragionamento" viene a dire che ogni funzione che non dipende esplicitamente da una variabile deve avere derivata nulla rispetto ad essa.
Ma, allora, se $("d"x^2)/("d"z) = ("d"m(z))/("d"z)$ allora anche $("d"m(z))/("d"z) = 0$ ossia $m(z)$ è costante... Il che non credo fosse quello che intendevi.
***
Più in generale, quello simbolico della Matematica è un linguaggio e perciò ha le sue regole morfologiche e sintattiche.
Pensa a ciò che avviene nella Letteratura: uno scrittore può anche "storpiare" il linguaggio (che so, portarlo al limite anche dell'invenzione, usare forme mutuate da dialetti o sgrammaticature varie, etc...), ma gli è consentito solo se ha la capacità di riscrivere le stesse cose nella forma più ordinata, corretta e pulita possibile; altrimenti è considerato solo un dilettante o -peggio- un analfabeta.
Lo stesso accade con la Matematica: uno [studente/ricercatore/docente] può "storpiare" il linguaggio (che so, usando notazioni non usuali, espressioni più semplici e non completamente corrette, etc...), ma gli è consentito solo se ha la capacità di riscrivere le stesse cose nella forma più ordinata, corretta e pulita possibile; altrimenti è considerato solo un dilettante o -peggio- un analfabeta.
C'è poi un altro modo, più subdolo, in cui la relazione $("d"f(x))/("d"z) = ("d"m(z))/("d"z)$ produce risultati inaspettati... Pensiamo un momento a cosa significa calcolare $("d" x^2)/("d"z)$: visto che la variabile $z$ non compare nella legge della funzione, calcolare la derivata vuol dire calcolare il valore di:
$lim_(h -> 0) (x^2 - x^2)/(h)$
che è sempre $0$ perché il numeratore è nullo;[nota]Osserva che in $x^2$ la variabile $z$ non compare, quindi, per qualsiasi coppia di valori della variabile $z$ e dell'incremento $h$, il valore di $x^2$ è sempre lo stesso (cioè $x^2$) sia in $z$ sia in $z+h$.[/nota] perciò hai ovunque $("d"x^2)/("d"z) = 0$. Questo "ragionamento" viene a dire che ogni funzione che non dipende esplicitamente da una variabile deve avere derivata nulla rispetto ad essa.
Ma, allora, se $("d"x^2)/("d"z) = ("d"m(z))/("d"z)$ allora anche $("d"m(z))/("d"z) = 0$ ossia $m(z)$ è costante... Il che non credo fosse quello che intendevi.
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Più in generale, quello simbolico della Matematica è un linguaggio e perciò ha le sue regole morfologiche e sintattiche.
Pensa a ciò che avviene nella Letteratura: uno scrittore può anche "storpiare" il linguaggio (che so, portarlo al limite anche dell'invenzione, usare forme mutuate da dialetti o sgrammaticature varie, etc...), ma gli è consentito solo se ha la capacità di riscrivere le stesse cose nella forma più ordinata, corretta e pulita possibile; altrimenti è considerato solo un dilettante o -peggio- un analfabeta.
Lo stesso accade con la Matematica: uno [studente/ricercatore/docente] può "storpiare" il linguaggio (che so, usando notazioni non usuali, espressioni più semplici e non completamente corrette, etc...), ma gli è consentito solo se ha la capacità di riscrivere le stesse cose nella forma più ordinata, corretta e pulita possibile; altrimenti è considerato solo un dilettante o -peggio- un analfabeta.
Grazie mille Gugo! direi che questo mi è perfettamente chairo ora:
***
Due ultime cosette
Il primo è che volevo notare come...
Tra l'altro l'errore che mi portava a fare quelle indegne sostituzioni, appunto tipo: partire da $g^-1(y)=x$, metterci bellamente dentro al posto di y la g(x) (sfruttando "relazione" g(x)=y), ottenendo $g^-1(g(x))=x$, e dire "ho sostituito variabile y con funzione g(x) e che non mi portava ad accorgere che fossero cose stupide da fare è anche dovuto al fatto che io avevo sempre in mente esempi di fuzioni dati come "regola analitica", cioè intendo dire: io pensavo a un esempio pratico, sia $y=g(x)=3x$ e $g^-1(y)=y/3$, a questo punto le sostituzioni funzonavano bene perché ciò che ho è (sostituendo g(x) a y) $g^-1(g(x))=(3x)/3=x$, quindi mi trovavo la regola bell'e pronta $g^-1(g(x))=x$ e quindi mi pareva proprio un "sostituire la funzione", ma non mi ero accorto che questo è un caso particolare, cioè queste "sostituzioni" funzionano quando ho questo tipo di funzioni date come "espressioni analitiche". Ma in generale y=g(x) sono solo leggi di corrispondenza tra un elemento del dominio e la relativa immagine (contecco più generico della funzione tipica data in analisi).
Spero di non aver detto stupidaggini e che mi confermerai che quanto appena è corretto, in tal caso (di eventuale correttezza) mi rimaneva solo un punto dubbio correlato a questo concetto di funzione così data, quando hai detto:
Questo ripeto nel caso di funzioni date in modo analitico, cioè andando a interpretare gli f(x) e g(y) come simboli che identificano quella 2regola analitica".
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Due ultime cosette

Il primo è che volevo notare come...
Tra l'altro l'errore che mi portava a fare quelle indegne sostituzioni, appunto tipo: partire da $g^-1(y)=x$, metterci bellamente dentro al posto di y la g(x) (sfruttando "relazione" g(x)=y), ottenendo $g^-1(g(x))=x$, e dire "ho sostituito variabile y con funzione g(x) e che non mi portava ad accorgere che fossero cose stupide da fare è anche dovuto al fatto che io avevo sempre in mente esempi di fuzioni dati come "regola analitica", cioè intendo dire: io pensavo a un esempio pratico, sia $y=g(x)=3x$ e $g^-1(y)=y/3$, a questo punto le sostituzioni funzonavano bene perché ciò che ho è (sostituendo g(x) a y) $g^-1(g(x))=(3x)/3=x$, quindi mi trovavo la regola bell'e pronta $g^-1(g(x))=x$ e quindi mi pareva proprio un "sostituire la funzione", ma non mi ero accorto che questo è un caso particolare, cioè queste "sostituzioni" funzionano quando ho questo tipo di funzioni date come "espressioni analitiche". Ma in generale y=g(x) sono solo leggi di corrispondenza tra un elemento del dominio e la relativa immagine (contecco più generico della funzione tipica data in analisi).
Spero di non aver detto stupidaggini e che mi confermerai che quanto appena è corretto, in tal caso (di eventuale correttezza) mi rimaneva solo un punto dubbio correlato a questo concetto di funzione così data, quando hai detto:
in $g^{-1}(g(x))=f(y)$ al primo ed al secondo membro non compare la stessa variabile, quindi l'uguaglianza non ha alcun sensomi sembra quindi che in generale uguagliare due funzioni a casaccio con diverse variabili, ad esempio $f(x)=g(y)$ sia sempre sbagliato, ma prendiamo un esempio -appunto- dato in modo analitico e siano: $f(x)=3x+4$ e $g(y)=2y$ allora $f(x)=g(y)$ mi sembra valida, ed è: $3x+4=2y$ che mi par sensata come uguaglianza. Cioè questo confronto è fattibile.
Questo ripeto nel caso di funzioni date in modo analitico, cioè andando a interpretare gli f(x) e g(y) come simboli che identificano quella 2regola analitica".