Differenziali

G.D.5
Premessa importante: all'uni i differenziali ad Analisi 1 che sto frequentando ancora non li ho visti.
Data una funzione $f : RR to RR$ il differenziale è la quantità dipendente dall'incremento $h$ definita da $df(x)=f'(x_0)h$. Se $f(x)=x$, allora $df(x)=dx=h$, sicché, sostituendo si ha $df(x)=f'(x_0)dx$, da cui dividendo per $dx=h$ risulta $(df(x))/dx=f'(x_0)$. Quindi la derivata è il rapporto dei differenziali $df(x)$ e $dx$, cioè il differenziale della variabile dipendente e quello della variabile indipendete.
Questo è quanto si trova scritto su un libro di liceo ed è quanto ho dovuto sentire ieri mattina da uno studente affianco del quale sono stato seduto durante la lezione di fisica, nella quale il prof.re se ne è uscito con $v=dx/dt => vdt=dx => int_{t_1}^{t_2}vdt=int_{t_1}^{t_2}dx=x(t_2)-x(t_1)$.
Atteso che il differenziale è una applicazione lineare di $h$ per cui $df=f'(x_0)h$, la cosa che mi fa pensare è il giochino $f(x)=x=>df(x)=dx=h$ e sostituendo si ha $df=f'(x_0)dx$ da cui si può effettivamente dividere.
Da $df(x)=f'(x_0)h$ si può dividere per $h$ avendo $(df(x))/h=f'(x_0)$ che, usando il trucchetto prima esposto diventa $(df(x))/dx=f'(x_0)$.
Ora io mi domando: è rispauto che è sbagliato dire che la derivata è un rapporto di infinitesimi ed è altrettanto sbagliato dire che è un rapporto di differenziali, sicché mi viene da pensare che quando si usa il differenziale della funzione identica per fare comparire $dx$ in $df(x)$ si commette un abuso di notazione, se non addirittura un sacrilegio tirando in ballo la funzione identica che non centra niente con la funzione $f$. Forse sbaglio? Anche perché anche ammetendo che sia possibile sostituire $h$ con $dx$, poi in pratica si va a dire che la derivata è rapporto del differenziale di una funzione $f$ e del differenziale della funzione identica, il che è errore. Sono in errore?

Risposte
rainwall-votailprof
Oooops! Avevo sbagliato la derivata seconda rispetto a x2! Quindi... risolto!

magliocurioso
Ho letto attentamente tutti i vostri interventi e mi è sorta spontanea una domanda. Dopo aver definito in modo estremamente rigoroso il differenziale di una funzione, per cosa lo si può usare nel contesto dell'analisi matematica? [e per analisi matematica indendo quella che si fa comunemente al primo anno di università]

gugo82
"magliocurioso":
Ho letto attentamente tutti i vostri interventi e mi è sorta spontanea una domanda. Dopo aver definito in modo estremamente rigoroso il differenziale di una funzione, per cosa lo si può usare nel contesto dell'analisi matematica? [e per analisi matematica indendo quella che si fa comunemente al primo anno di università

Innanzitutto, noto con piacere che l'Analisi Matematica è un po' più vasta di quella che si studia al primo anno di università... :roll:
Forse è vero che l'utilità di una definizione rigorosa di differenziale non si vede in Analisi I.
Però ti assicuro che non appena studi un po' di Fisica Matematica (secondo anno, a Matematica ed Ingneria) ti accorgi che la definizione di differenziale data col Calcolo Esterno serve a spiegare come funzionano in coordinate locali i principii della Meccanica Classica (ad esempio, il principio dei lavori virtuali).
Analogamente, appena studi un po' di Analisi superiore o Calcolo delle Variazioni (terzo anno, solo a Matematica, oppure alla specialistica), è solo avendo a disposizione una definizione buona che riesci a calcolare il differenziale di un'applicazione tra spazi di funzioni.

Questa questione mi ricorda l'aneddoto su quel tale che chiese ad un illustre matematico greco a cosa servisse lo studio della Geometria... Sappiamo tutti la risposta.

magliocurioso
"Gugo82":
Innanzitutto, noto con piacere che l'Analisi Matematica è un po' più vasta di quella che si studia al primo anno di università... :roll:


Verissimo, forse avrei dovuto specificare analisi UNO.


Cmq si, dato che il differenziale che si studia in analisi NON È la stesso differenziale che si usa in fisica [e mi sembra anzi che siano due cose completamente diverse], dato che non mi va molto giù l'uso dei dx & C che fanno i fisici, c'è un metodo alternativo per non usarli e rendere più rigoroso dal punto di vista formale lo studio della fisica?

gugo82
Devo dire la verità... Anche a me non piceva il modo di usare i differenziali che hanno i fisici (non per nulla ho dati i moduli Fisica II come ultimo esame, ed ho fatto Termodinamica, ossia Fisica I-B, due anni dopo Meccanica, ossia Fisica I-A); però con l'esperienza ho capito che è un modo che semplifica i calcoli ed allunga la vita. :-D

Per quanto riguarda questa questione, devo dire che non ho nulla in contrario all'uso del metodo urang-utang e non ho nulla in contrario ad usare i differenziali alla sonfrasò, a patto che chi mi propone il metodo sappia che esso è un puro artificio formale e sappia formulare il ragionamento corretto se glielo chiedo.

Insomma, una scorciatoia per diminuire i tempi di calcolo è sempre ben accetta, a patto che se ne conoscano i limiti e si conosca il ragionamento corretto che la giustifica.
Ad esempio, l'uso euristico dei differenziali consente di ricavare una bella formula per il perimetro dei solidi di rotazione in $RR^n$ (cfr. considerazioni nel suggerimento all'esercizio proposto qui) anche ad uno studente di Analisi II, che dà per scontata l'esistenza di una misura d'area di una superficie e non si preoccupa troppo dei dettagli (che sarebbero troppo complicati per lui).

Il consiglio è: cercate di essere fondamentalisti solo quando serve e pragmatici nel resto del tempo.
Cercate di capire cosa c'è di buono in un metodo di calcolo "scorretto ma veloce", correggetelo, fategli pelo e contropelo... E poi usate il metodo "scorretto ma veloce" per fare effettivamente i conti. :-D

magliocurioso
"Gugo82":
Il consiglio è: cercate di essere fondamentalisti solo quando serve e pragmatici nel resto del tempo.
Cercate di capire cosa c'è di buono in un metodo di calcolo "scorretto ma veloce", correggetelo, fategli pelo e contropelo... E poi usate il metodo "scorretto ma veloce" per fare effettivamente i conti. :-D


Non riesco e credo di non riuscirci per coerenza personale. Se so che una cosa è sbagliata non riesco a fare finta che sia giusta.

So che può essere resa giusta in oppurtuni contesti ma credo che per un ingegnere questi opportuni contesti siano un pò fuori dalla sua portata ma non è questo quello di cui voglio parlare.


Il mio problema è che nello studiare la fisica non riesco a ricostruire in tempi ragionevolmente brevi quali sono i ragionamenti corretti che evitano l'uso dei dx e i loro usi barbarici e che permettono ugualmente di pervenire al risultato corretti.

Soprattutto non riesco a capire se è una difficoltà intrinseca questa sorta di opera di conversione oppure se è un problema dovuto principalmente al fatto che io non sia adeguatamente preparato per questo [ovver se magari conoscessi davvero BENE la matematica mi sarebbe più facile studiare la fisica]

Se riuscissi a trovare un libro di fisica preferibilmente in lingua ITALIANA che mi sia gradevole dal punto di vista matematico [ovvero che non faccia uso scorretto di differenziali] credo che mi risolverei almeno metà dei miei problemi

Potreste gentilmente darmi dei consigli per non esaurirmi mentalmente? [credo di essere prossimo all'esaurimento :)]

gugo82
Forse Mencuccini-Silvestrini, Fisica I... Ovviamente per i vecchi ordinamenti.

Ad ogni modo, vedo che siamo sempre alle solite: che cosa c'entra la "coerenza personale" col far di conto?
Quando risolvi $x^2-3x+1=0$ fai tutti i passaggi?
Io credo di no, anzi sono sicuro che applichi solo la regoletta che ti hanno insegnato alle medie, ossia $x=(-b pm sqrt(Delta))/(2a)$... E qui dove sta la "coerenza personale"? Nascosta sotto al cuscino? O forse ripiegata dentro al portafogli?

In certi casi la "coerenza personale" è un inutile orpello (o, quantomeno, un comodo paravento).

G.D.5
"Gugo82":
Forse Mencuccini-Silvestrini, Fisica I


Anche li si parla di variabili separabili (Appendice, pag. 702).
Però nello sviluppo della teoria fisica mi pare che non usi urang-utang... adesso non so essere più preciso: ho dato solo un rapido sguardo.

magliocurioso
"Gugo82":

Ad ogni modo, vedo che siamo sempre alle solite: che cosa c'entra la "coerenza personale" col far di conto?
Quando risolvi $x^2-3x+1=0$ fai tutti i passaggi?
Io credo di no, anzi sono sicuro che applichi solo la regoletta che ti hanno insegnato alle medie, ossia $x=(-b pm sqrt(Delta))/(2a)$... E qui dove sta la "coerenza personale"? Nascosta sotto al cuscino? O forse ripiegata dentro al portafogli?

In certi casi la "coerenza personale" è un inutile orpello (o, quantomeno, un comodo paravento).



Ma in questo caso credo che sia diverso, unn conto è fare conti meccanici che col tempo si possono anche arrivare a fare a mente un conto è impostare ragionamenti non molto ortodossi.


Che so ad esempio, in fisica si parla di densità definendola come

$ rho := (dm)/(dV) $

ora io mi chiedo, cos'è? un'equazione differenziale? La posso scrivere in una forma diversa come ad esempio

$ rho := m'(V) $

La posso ottenere costruendo un qualche rapporto incrementale?

Fioravante Patrone1
"magliocurioso":
Ho letto attentamente tutti i vostri interventi e mi è sorta spontanea una domanda. Dopo aver definito in modo estremamente rigoroso il differenziale di una funzione, per cosa lo si può usare nel contesto dell'analisi matematica? [e per analisi matematica indendo quella che si fa comunemente al primo anno di università]

per quello che è, né più, né meno
come per ogni cosa in mate...

L'idea è di descrivere la miglior approx lineare (quando e solo quando ciò che ho appena detto abbia senso) e quindi permette di fare illazioni fondate su come si "muovano" certe quantità.
L'esempio canonico per me di come operi la linearizzazione è dato del thm di Dini: grazie a questo posso avere un'idea ad esempio di quanto vari una data soluzione di una equazione di 12.mo grado se modifico (di poco...) il coefficiente del termine di grado 5.

Sidereus1
"Gugo82":
... alla sonfrasò...


Dal fvancese sans façon, presumo :-D

"Gugo82":
Il consiglio è: cercate di essere fondamentalisti solo quando serve e pragmatici nel resto del tempo.


Ottimo consiglio. Ricordo che Alessandro Figà Talamanca diceva spesso la stessa cosa durante le sue lezioni.

Sidereus1
"magliocurioso":
...Che so ad esempio, in fisica si parla di densità definendola come

$ rho := (dm)/(dV) $

ora io mi chiedo, cos'è?


E' una derivata di Radon-Nikodym. Ma non è il caso di parlarne a una matricola.

magliocurioso
"Sidereus":
E' una derivata di Radon-Nikodym. Ma non è il caso di parlarne a una matricola.


Eh, no! bello mio. Adesso che mi hai acceso la curiosità me ne devi parlare :D

Che cos'è una derivata di Radon-Nikodym?

Fioravante Patrone1
"magliocurioso":

Che cos'è una derivata di Radon-Nikodym?

Provo a darne una descrizione "da poverelli".

Immagina il solito filo (rettilineo, privo di spessore :-D ).
Ovviamente le densità ("lineare") sarà data da questo semplice conto:
- prendo un intervallo
- vedo quanto è la sua massa
- vedo quanto è lungo l'intervallo
- divido massa per lunghezza
- amen

E' chiaro che questo semplice conto presuppone un filo di densità omogenea...
Orbene, se non è di densità omogenea?
Beh, potremmo parlare di "densità in un punto" seguendo la stessa filosofia con cui si è definita, ad esempio, la velocità istantanea: si calcola la velocità media su "piccolo" intervallo temporale $\Delta t$, si fa tendere a zero questo $\Delta t$, insomma, la solita sbobba che non è altro che la derivata.

Vediamo cosa succede se adattiamo l'idea di "velocità istantanea". Proviamo a calcolare la "densità in un punto $x_0$".
L'idea sarebbe:
- prendo $x_0$
- prendo $x$
- calcolo la massa del pezzetto di filo che va da $x_0$ ad $x$ (o viceversa se $x < x_0$): la chiamo $m(x_0,x)$
- ne calcolo la lunghezza, che ovviamente sarà $l(x_0,x) = |x-x_0|$
- faccio la divisione: $d(x_0,x) = \frac{m(x_0,x)}{l(x_0,x)}
- e poi faccio il limite di $d(x_0,x)$ per $x$ che tende a $x_0$

Ebbene, l'idea di "derivata di Radon Nikodym", non è altro che la generalizzazione di questa semplice idea.
La generalizzazione porta delle difficoltà. In particolare non ci si potrà accontentare di usare intervalli (basta pensare già solo a un filo storto...). Occorrerà specificare per bene:
- chi sono gli insiemi che andiamo a "misuare" due volte (massa e lunghezza; numero di capelli e area di cuoio capelluto(*); numero di neutrini e volume; etc.).
- cosa diavolo intendiamo col "far tendere a zero" la "misura" di questi insiemi
La "soluzione" è usare la teoria della integrazione nel senso di Lebesgue, che oltretutto ci elargisce il magnifico teorema di Radon Nikodym (ragione non secondaria della impotanza del concetto di derivata di RN. Come al solito: ah, cosa sarebbe una definizione senza un bel teorema che l'accompagni?)

Due riferimenti, se vuoi darci un'occhiata:
http://en.wikipedia.org/wiki/Radon%E2%8 ... ym_theorem
http://www.stat.wisc.edu/~doksum/STAT709/n709-5.pdf
(del secondo, solo metà della pagina iniziale...)



[size=75](*) La cescita/caduta dei capelli ci può far trovare una derivata di Radon Nikodym che dipende dal tempo. I trapianti di capelli ce la posso rendere una funzione discontinua :-D [/size]

magliocurioso
"Fioravante Patrone":
Provo a darne una descrizione "da poverelli".


GRAZIEEEEEEEEEEEEE :D :D :D :D :D

Sidereus1
"magliocurioso":
Eh, no! bello mio. Adesso che mi hai acceso la curiosità me ne devi parlare :D


Agli ordini :-D

Comunque, vedo che ti ha già risposto Fioravante Patrone.

Provo a darti la mia versione dei fatti, chiedendo scusa ai professori qui presenti per le inevitabili imprecisioni.
Non sarò breve 8-)

Supponiamo di avere una regione dello spazio, diciamo $X$, nella quale sia distribuita con continuità della materia ponderabile. E’ importante tener conto di questa ipotesi di distribuzione continua, perché significa che stiamo rinunciando a rappresentare il mondo con le “masse puntiformi”, come si fa in meccanica classica elementare.

Puoi pensare, per semplicità, che la regione $X$ sia lo spazio interno a un palloncino riempito da un gas. Però devi immaginare questo gas come un fluido continuo che riempie ogni interstizio, e non come un magma vorticoso di miliardi di miliardi di molecole (come si fa in meccanica statistica).

Chiarito questo (almeno spero), i fisici ci informano di essere in grado di misurare il volume di questo spazio $X$, diciamo $V(X)$. Sono in grado anche di misurare i volumi di alcune parti di $X$: esistono cioè dei sottoinsiemi $E_k$ di $X$ suscettibili di essere misurati, per esempio, in $cm^3$, e quindi ciascuno di essi avrà il suo volume. Inoltre, per i fisici il volume spaziale è una grandezza additiva: se scompongo una parte di $X$ in una unione di parti disgiunte $E_1, E_2,$...,$ E_n,$... ottengo ancora una parte di $X$ che ha un volume pari alla somma dei volumi componenti.
Riassumendo:
1)$X$ ha volume
2)Esistono parti di $X$ che hanno volume
3)Unendo parti disgiunte di $X$ che hanno volume ottengo una parte di $X$ che ha volume pari alla loro somma.
I fisici ci informano di essere in grado di misurare anche la massa della materia distribuita in $X$. Questa nuova grandezza si comporta in modo analogo al volume.
Infatti:
1) $X$ ha massa
2) Esistono parti di $X$ che hanno massa
3) Unendo parti disgiunte di $X$ che hanno massa si ottiene una parte di $X$ che ha massa pari alla loro somma

Per i matematici, volumi e masse distribuite nello spazio con continuità sono solo casi particolari di misure. Ciò che conta sono solo le proprietà 1), 2) e 3), condivise da volumi e masse, ma anche dalle cariche elettriche, dall’energia, e da tante altre grandezze. Purché si adotti il modello del continuum, però.

In particolare, osservando il nostro modello un matematico direbbe che la massa è assolutamente continua rispetto al volume: vuol dire che se una parte di $X$ ha volume $0$, allora deve avere anche massa $0$. Se così non fosse esisterebbero le “masse puntiformi”, per esempio, cosa che abbiamo escluso a priori.

C’è un teorema che lega le misure assolutamente continue: il teorema di Radon-Nikodym, appunto. Il teorema dice che se $m(E)$ è assolutamente continua rispetto a $V(E)$ (come nel nostro caso la massa e il volume definite su $X$), allora esiste sempre una funzione $\delta (x,y,z)$ definita in $X$ e tale che $m(E)=\int_E \delta dV$ (i professori qui presenti mi perdonino…)
Tale funzione si indica con $(dm)/(dV)$ e si dice derivata di Radon-Nikodym di $m$ rispetto a $V$.
Ovviamente, per comprendere appieno il senso di questo teorema, occorre essere in grado di dare un significato a
$m(E)=\int_E \delta dV$
anche quando $E$ non è un semplice intervallo di numeri reali.
Per questo dicevo che esso va oltre le possibilità di uno studente del primo anno.

magliocurioso
"Sidereus":
Per questo dicevo che esso va oltre le possibilità di uno studente del primo anno.


Credo che vada anche oltre le possibilità di un normale studente di ingegneria.

Curiosità: ma per poter studiare la fisica con un minimo di coscienza e sperando di imparare qualcosa bisogna prima laurearsi in matematica?

Fioravante Patrone1
"magliocurioso":
Curiosità: ma per poter studiare la fisica con un minimo di coscienza e sperando di imparare qualcosa bisogna prima laurearsi in matematica?
No, ci mancherebbe. Sennò saresti un matematico nell'intimo, non un fisico.

Comunque è un godimento questo senso di inefriorità che (per poco) provano i fisici. Quando insegnavo "Analisi II" agli aspiranti fisici pavesi era bello sentirli valutare l'opzione di passare a matematica...

G.D.5
"Fioravante Patrone":

Comunque è un godimento questo senso di inefriorità che (per poco) provano i fisici. Quando insegnavo "Analisi II" agli aspiranti fisici pavesi era bello sentirli valutare l'opzione di passare a matematica...


:smt044 CHe godimento!

magliocurioso
"Fioravante Patrone":
No, ci mancherebbe. Sennò saresti un matematico nell'intimo, non un fisico


È vero. Però ultimamente ho l'impressione che la matematica richiesta per poter studiare la fisica vada oltre i consueti corsi di analisi. Forse è perché non mi sono molto preparato

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