Derivare entrambi i membri di un'equazione

Sk_Anonymous
Salve, mi chiedevo: cosa vuol dire fare la derivata di entrambi i membri di un'equazione?
Per esempio, prendiamo l'equazione $2x^2+3x=4x$. Facendo la derivata di entrambi i membri dell'equazione, si ottiene l'equazione $4x+3=4$.
Vuol dire semplicemente ottenere a partire dalla prima equazione una seconda equazione? C'è un legame fra le soluzioni della prima equazione e della seconda equazione?
Grazie!

Risposte
5mrkv
Io lo vedo come $f(x)=g(x) \Rightarrow f(x)-g(x)=0$ quindi $f'(x)=g'(x)$ o $h'(x)=[f(x)-g(x)]'=0$, nel senso che se due funzioni sono uguali $\forall x$ dell'insieme considerato, lo sono anche le inclinazioni se non vi sono casi strani che non considero, o dato che $h(x)$ è nulla, è nulla anche l'inclinazione. La relazioe è che $h(x)=f(x)-g(x)$ è la funzioe iniziale, mentre $h'(x)=f'(x)-g'(x)$ è la sua derivata

yellow2
Sì certo e dall'equazione $x=1$ troviamo la nota identità $1=0$. :lol:
Puoi derivare entrambi i membri se hai un'uguaglianza funzionale, lì invece l'uguaglianza può essere valida solo "a $x$ fissato", perché chiaramente le due funzioni polinomiali a destra e sinistra non sono uguali.

5mrkv
Si, é vero, non sono uguali al variare di $x$.

gugo82
"lisdap":
Salve, mi chiedevo: cosa vuol dire fare la derivata di entrambi i membri di un'equazione?

Non vuol dire nulla, in generale.

"lisdap":
Per esempio, prendiamo l'equazione $2x^2+3x=4x$. Facendo la derivata di entrambi i membri dell'equazione, si ottiene l'equazione $4x+3=4$.

E perché dovresti derivare ambo i membri di un'equazione algebrica?

"lisdap":
Vuol dire semplicemente ottenere a partire dalla prima equazione una seconda equazione? C'è un legame fra le soluzioni della prima equazione e della seconda equazione?

Non c'è nessun legame di sorta.

Sk_Anonymous
"gugo82":

E perché dovresti derivare ambo i membri di un'equazione algebrica?

Ciao, spesso sui libri di fisica in alcuni passaggi matematici si derivano entrambi i membri di un'equazione. Comunque a breve posterò l'esempio che ha fatto scaturire la mia domanda.

Sk_Anonymous
Consideriamo ad esempio l'equazione $vec e_1(t) * vec e_1(t)=1$, dove $vec e_1$ è un versore funzione del tempo. Il testo dice di derivare entrambi i membri dell'equazione, ottenendo l'equazione $(dvec e_1)/(dt)*vec e_1=0$. Quello che non riesco a cogliere è che senso ha derivare entrambi i membri di quell'equazione.
Grazie.

dissonance
Più che una "equazione" quella è una "identità", probabilmente c'è sotto una traduzione dall'inglese in cui i due termini divengono entrambi equation. "Equazione" indica generalmente una relazione da risolvere, mentre "identità" no. Lì tu stai dicendo che la funzione \(f(t)=e(t)\cdot e(t)\) è identicamente uguale ad \(1\), e quindi ovviamentissimamente la sua derivata è \(0\). Fine.

Comunque sono sfumature di significato talmente sottili che non mi sembra davvero il caso di perderci tempo, lisdap.

5mrkv
Se si hanno delle funzioni uguali in un certo insieme non discreto (per potere derivare) e definite in un insieme ancora più grande allora l'operazione potrebbe avere qualche senso non banale?

Sk_Anonymous
"dissonance":
Più che una "equazione" quella è una "identità", probabilmente c'è sotto una traduzione dall'inglese in cui i due termini divengono entrambi equation. "Equazione" indica generalmente una relazione da risolvere, mentre "identità" no. Lì tu stai dicendo che la funzione \(f(t)=e(t)\cdot e(t)\) è identicamente uguale ad \(1\), e quindi ovviamentissimamente la sua derivata è \(0\). Fine.


Ciao, ora dovrei aver capito. Nella mia testa facevo un pò di confusione tra equazione, identità ecc..
Faccio delle brevi considerazioni:
1) un'equazione (nella variabile $x$) è una scrittura del tipo $f(x)=g(x)$, ad esempio $x^2=x+2$. Risolvere l'equazione significa trovare il valore da assegnare alla variabile affinché la scrittura precedente affermi un fatto vero.
Nel caso più generale, le due funzioni $f$ e $g$ che definiscono l'equazione sono diverse, cioè hanno grafici diversi. Cioè, assegnando alle variabili tutti i valori possibili che è possibile assegnare, non si ottiene sempre un fatto vero.
In questo caso, derivando entrambi i membri dell'equazione non si ottiene nulla di che, nel senso che si ottiene semplicemente una nuova equazione da risolvere.
2) particolarizzando quanto detto sopra, è possibile scrivere equazioni del tipo $f(x)=g(x)$ tali che le funzioni che rappresentano il primo ed il secondo membro hanno lo stesso grafico. Si tratta cioè di equazioni tali che, assegnando alle variabili tutti i valori ammissibili, si ottiene sempre un fatto vero. Stando a quanto c'è scritto su wikipedia, equazioni di questo tipo vengono dette IDENTITA'. Ad esempio, sono identità $2x=x+x$, $(x+y)^2=x^2+2xy+y^2$, $sin(2x)=2sinx cosx$ e cosi via.
Se andiamo a fare la derivata di entrambi i membri di un'identità otteniamo ovviamente ancora un'identità.

Detto questo, faccio questa domanda: $2=2$, $8=8$ e cosi via come si possono chiamare? Identità, "fatto vero"? Stando alla definizione di identità data da wikipedia queste ultime scritture non sono delle identità, visto che in esse non compaiono variabili.

Scusate le domande apparentemente stupide o ovvie però io mi sto sforzando di far si che la matematica per me diventi qualcosa di consapevole e non di ingenuo o innato.

gugo82
"lisdap":
Detto questo, faccio questa domanda: $2=2$, $8=8$ e cosi via come si possono chiamare? Identità, "fatto vero"? Stando alla definizione di identità data da wikipedia queste ultime scritture non sono delle identità, visto che in esse non compaiono variabili.

Le puoi anche chiamare Pluto e Paperino, la sostanza non cambia. :lol:

Ad ogni modo, io le ho sempre chiamate identità quelle robe lì.
E, comunque, se proprio vuoi una giustificazione, sappi che le variabili ce le puoi far comparire comunque (nonostante ciò che dice WIKI): ad esempio, \(2=2\) se e solo se \(2+x=2+x\).

Sk_Anonymous
Ciao, allora, prendiamo la quantità che dipende dal tempo, di cui è nota l'espressione analitica, $vec v(t)$, $t in [a,b]$
Si verifica che, sostituendo l'espressione $vec v(t)$ nell'equazione $vec v * vec v=1$, si ottiene sempre un'identità al variare di $t$ nel suo intervallo. Consideriamo quindi questa identità, cioè $vec v(t) * vec v(t)=1$. Dal momento che quest'ultima "cosa" che ho scritto è un identità, il primo membro è un numero fissato, cioè una quantità determinata che non dipende da $t$ giusto? (In altre parole, facendo il prodotto scalare $vec v(t) * vec v(t)$ si deve semplificare la $t$ ed ottenere un numero, cioè una quantità in cui non compare alcuna $t$). Ora è evidente che se vado a fare la derivata rispetto al tempo di entrambi i membri ottengo nuovamente un'identità, cioè $(d(vec v(t) * vec v(t)))/dt=0$. Ha senso quello che ho detto?
Grazie.

gugo82
In realtà non stai derivando membro a membro, ma stai semplicemente saltando un passaggio, come ha detto dissonance.

L'identità \(\langle v(t), v(t)\rangle =1\) ti dice che la funzione \(t\mapsto \langle v(t), v(t)\rangle\) è una funzione costante; in particolare, allora, tale funzione è derivabile ed ha derivata nulla.

Ti piace di più così?

Sk_Anonymous
"gugo82":


L'identità \(\langle v(t), v(t)\rangle =1\) ti dice che la funzione \(t\mapsto \langle v(t), v(t)\rangle\) è una funzione costante; in particolare, allora, tale funzione è derivabile ed ha derivata nulla.

Benissimo, e quindi, dal momento che la derivata di $vec v(t) * vec v(t)$ è nulla, la scrittura $(d(vec v(t) * vec v(t)))/dt=0$ afferma un fatto vero ($0=0$), giusto?

gugo82
No.

Afferma che la funzione \(\frac{\text{d}}{\text{d} t} \langle v(t), v(t)\rangle \) è identicamente nulla.
In altre parole, \(\frac{\text{d}}{\text{d} t} \langle v(t), v(t)\rangle =0\) è la legge di assegnazione che definisce la funzione derivata.

Sk_Anonymous
Allora, ho capito quello che dici però forse mi sono espresso male. Prendiamo l'equazione $vec v * vec v=1$, dove $vec v$ è l'incognita vettoriale dell'equazione. Sperimentalmente si trova una quantità $vec v(t)$ (per esempio $(3t,0,t^2)$ anche se in questo caso questa espressione analitica non va bene) e si verifica che, mettendo $vec v(t)$ nell'equazione che sta sopra, si ottiene una roba del tipo $vec v(t) * vec v(t)=1$, che, qualunque sia $t in [a,b]$, è sempre vera. Il primo membro dell'identità, $vec v(t) * vec v(t)$, è una funzione di $t$ nota (forse prima non si era capito). Ora è evidente che se io vado a fare la derivata rispetto al tempo di $vec v(t) * vec v(t)$, ottengo una quantità $d(vec v(t) * vec v(t))/dt$ per la quale vale l'identità $d(vec v(t) * vec v(t))/dt=0$.
Ripeto, ho capito quello che dite voi, però anche quello che dico io mi sembra equivalente.


P.S: con $vec v(t)$ sto indicando una quantità dipendente dal tempo di cui è nota l'espressione analitica! Non sto usando $vec v(t)$ alla stregua di un simbolo!

Ciao.

gugo82
@lisdap: Sinceramente stento a capire quale sia il problema... Stai ripetendo quello che abbiamo scritto dissonance ed io.

@wide87: Esistono i PM.

Sk_Anonymous
"gugo82":
@lisdap: Sinceramente stento a capire quale sia il problema...

Faccio un esempio numerico, forse ci capiamo :-D .
Consideriamo l'equazione $vec v * vec v=1$, dove $vec v$ è un vettore incognito. Sperimentalmente, studiando l'andamento di $vec v$ in funzione del tempo, si trova la quantità vettoriale funzione del tempo $vec v(t)-=(a(t),b(t),c(t))$. Le $a(t), b(t), c(t)$ sono funzioni NOTE del tempo, che conosco, poichè le ho ricavate sperimentalmente.
Sostituiamo ora tali quantità funzioni del tempo (o il vettore NOTO $vec v(t)$) nell'equazione $vec v * vec v=1$: otterremo $vec v(t) * vec v(t)=1$, oppure, il che è lo stesso, $a^2(t)+b^2(t)+c^2(t)=1$. Si verifica inoltre che la $vec v(t)$ trovata è tale da far si che $vec v(t) * vec v(t)=1$ sia un'identità, cioè che ovunque si calcoli $vec v(t)$, cioè per qualunque $t$ che sta nell'intervallo $[a,b]$, ottengo un uguaglianza.
Fai conto che quelle che ho detto sono tutte delle ipotesi.
Ora se vado a fare la derivata rispetto al tempo di $vec v(t) * vec v(t)$, ottengo la quantità $d(vec v(t) * vec v(t))/dt$; se vado a fare la derivata rispetto al tempo della quantità $1$, ottengo $0$: è evidente che la scrittura $d(vec v(t) * vec v(t))/dt=0$ è un identità, è verificata, è vera.
E' chiaro ora? (se non lo è non so più come spiegare il problema :-D )
Ciao.

gugo82
Ok, abbiamo capito tutti che ti piace ripetere (allungando molto il brodo) questo periodo...
"gugo82":
L'identità \(\langle v(t), v(t)\rangle =1\) ti dice che la funzione \(t\mapsto \langle v(t), v(t)\rangle\) è una funzione costante; in particolare, allora, tale funzione è derivabile ed ha derivata nulla.

Ma... Quindi?
Qual è il problema?

Sk_Anonymous
Niente, volevo solo sapere se quello che avevo scritto era corretto.
Cioè, la conclusione alla quale sono giunto è che ha senso fare la derivata di entrambi i membri di un'identità, ma non di un'equazione.
Il succo del mio discorso è:
$(3t)*(1/(3t))=1$ è un'identità. La derivata di $(3t)*(1/(3t))$ è $0$; la derivata di $1$ rispetto a $t$ è anch'essa $0$. Quindi possiamo concludere che se abbiamo un'identità e andiamo a farne la derivata di entrambi i membri, otteniamo ancora un'identità.

gugo82
Ti accorgi tu setsso che stai affermando una tautologia, no?
"Se due funzioni sono uguali allora le derivate sono uguali"... E grazie al piffero, non potrebbe essere altrimenti.

Per essere un po' più precisi (come solo tu sai esserlo...), l'identità \(\langle v(t), v(t)\rangle = 1\) ti sta dicendo che la funzione \(I\ni t \mapsto \langle v(t), v(t)\rangle \in \mathbb{R}\) è uguale alla funzione \(I\ni t\mapsto 1\in \mathbb{R}\); di conseguenza la prima delle due funzioni è derivabile ed ha derivata nulla.

Il fatto che quest'ultimo fatto possa essere ricavato derivando m.a.m. è una scorciatoia dello stesso tipo di quelle che ti hanno fatto storcere il naso fino ad ieri, quindi mi pare strano che ad uno preciso come te venga in mente una fesseria simile.

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