Derivabilità, qual è il metodo giusto?
Salve ragazzi, ho un dubbio sul metodo per calcolare la derivabilità di una funzione in un punto. Mi spiego:
Il metodo corretto dovrebbe essere quello che si rifà alla definizione di derivata e quindi:
$ lim_(h-> 0^+-) (f(x+h)-f(x))/h $
In molti esercizi trovo invece: $ lim_(x-> x0)f^I(x0) $ .
in ogni caso i due limiti devono coincidere a un valore c perchè la funzione sia derivabile in quel punto.
il problema sta principalmente nella pratica. Molte volte il secondo metodo risulta essere più "semplice" del primo.
Per esempio:
derivabilità di: $ f(x)= root 3 (sen(2x)) $
$ f^{\prime}(x)= 2/3cos(2x)/root 3 (sen^2(2x)) $ con $ x=kpi /2 $ punto di non derivabilità.
Come si procede in questo caso?
Il metodo corretto dovrebbe essere quello che si rifà alla definizione di derivata e quindi:
$ lim_(h-> 0^+-) (f(x+h)-f(x))/h $
In molti esercizi trovo invece: $ lim_(x-> x0)f^I(x0) $ .
in ogni caso i due limiti devono coincidere a un valore c perchè la funzione sia derivabile in quel punto.
il problema sta principalmente nella pratica. Molte volte il secondo metodo risulta essere più "semplice" del primo.
Per esempio:
derivabilità di: $ f(x)= root 3 (sen(2x)) $
$ f^{\prime}(x)= 2/3cos(2x)/root 3 (sen^2(2x)) $ con $ x=kpi /2 $ punto di non derivabilità.
Come si procede in questo caso?
Risposte
Ciao, non so se ho compreso bene la domanda..
Se non vado errato dovrebbero esser verificate le condizioni del teorema di cui non ricordo il nome (e qui chiedo agli esperti del forum): "Se il limite della derivata esiste finito => è derivabile"
Però è una condizione sufficiente, insomma: se non esiste non vuol dire che non sia derivabile.
Vediamo se altri mi correggono
E ti prego, non fare come i professori che hanno readatto il testo di esame di analisi II con scritto "qual'è"! Ok che sono matematici, ma almeno non stuprare la lingua sarebbe cosa buona e giusta
Se non vado errato dovrebbero esser verificate le condizioni del teorema di cui non ricordo il nome (e qui chiedo agli esperti del forum): "Se il limite della derivata esiste finito => è derivabile"
Però è una condizione sufficiente, insomma: se non esiste non vuol dire che non sia derivabile.
Vediamo se altri mi correggono

E ti prego, non fare come i professori che hanno readatto il testo di esame di analisi II con scritto "qual'è"! Ok che sono matematici, ma almeno non stuprare la lingua sarebbe cosa buona e giusta

Erroraccio mio, pardon.
Tornando al mio problema matematico. Il punto non è il teorema, non voglio sapere se è derivabile ma più che altro voglio sapere "come" fare a dimostrare che è derivabile in quel punto.
I metodi sono quelli elencati sopra, il risultato dovrebbe essere lo stesso. La mia domanda è: è corretto utilizzare il secondo?
Il primo, che si rifà alla definizione, è preferibile?
Grazie.
Tornando al mio problema matematico. Il punto non è il teorema, non voglio sapere se è derivabile ma più che altro voglio sapere "come" fare a dimostrare che è derivabile in quel punto.
I metodi sono quelli elencati sopra, il risultato dovrebbe essere lo stesso. La mia domanda è: è corretto utilizzare il secondo?
Il primo, che si rifà alla definizione, è preferibile?
Grazie.
Per mostrare che è derivabile puoi usare il secondo metodo nel senso che: se la funzione è continua ed esiste il limite della derivata (finito) è sufficiente per garantirne la "derivabilità".
Se invece trovi che non è derivabile non puoi concludere nulla, devi per forza usare la tecnica del rapporto incrementale, poiché il secondo metodo garantisce una condizione di sufficienza ma non di necessità.
Se invece trovi che non è derivabile non puoi concludere nulla, devi per forza usare la tecnica del rapporto incrementale, poiché il secondo metodo garantisce una condizione di sufficienza ma non di necessità.
Chiaro. In questo caso allora dovrei usare il primo metodo, il rapporto incrementale.