[analisi 2] teorema del differenziale totale
ho trovato due enunciati diversi del suddetto teorema, che però non mi sembrano equivalenti.
nel primo si afferma che se esiste un intorno U di x nel quale f è derivabile e se le derivate parziali sono continue nel punto x, allora f è differenziabile in x.
nel secondo invece si dice che se esistono e sono continue le derivate parziali in tutto l'intorno di x, allora la funzione è differenziabile.
sinceramente non mi sembra ragionevole la prima: pensate di stendere un lenzuolo sopra due assi perpendicolari (x e y) e considerate la funzione ottenuta dalla forma assunta dal lenzuolo stesso. sia x0 = (0, 0) cioè l'origine. le derivate parziali in O esistono e sono continue, mentre sono discontinue se mi sposto solo lungo l'asse x o solo lungo l'asse y (cioè in un intorno di x0), quindi non trovo un piano che approssimi la funzione. solo considerando il secondo enunciato le cose tornano. sbaglio qualcosa?
grazie a tutti
nel primo si afferma che se esiste un intorno U di x nel quale f è derivabile e se le derivate parziali sono continue nel punto x, allora f è differenziabile in x.
nel secondo invece si dice che se esistono e sono continue le derivate parziali in tutto l'intorno di x, allora la funzione è differenziabile.
sinceramente non mi sembra ragionevole la prima: pensate di stendere un lenzuolo sopra due assi perpendicolari (x e y) e considerate la funzione ottenuta dalla forma assunta dal lenzuolo stesso. sia x0 = (0, 0) cioè l'origine. le derivate parziali in O esistono e sono continue, mentre sono discontinue se mi sposto solo lungo l'asse x o solo lungo l'asse y (cioè in un intorno di x0), quindi non trovo un piano che approssimi la funzione. solo considerando il secondo enunciato le cose tornano. sbaglio qualcosa?
grazie a tutti
Risposte
L'enunciato come lo conosco io richiede che le derivate siano continue in tutto un intorno aperto del punto in questione. [size=75]Volendo lo puoi indebolire richiedendo che tutte le derivate tranne una siano continue in un intorno aperto, ma è una generalizzazione non molto utile. Vedi Bramanti Pagani Salsa Analisi matematica 1, pag.358 osservazione 1.1 . [/size]
Attenzione al tuo controesempio, però. Non va bene, perché la funzione che hai citato non è derivabile in tutto un intorno dell'origine. Infatti, comunque prendi un punto sull'asse delle $y$ che non sia l'origine, la funzione non è ivi derivabile rispetto ad $x$; e simmetricamente sull'altro asse.
Attenzione al tuo controesempio, però. Non va bene, perché la funzione che hai citato non è derivabile in tutto un intorno dell'origine. Infatti, comunque prendi un punto sull'asse delle $y$ che non sia l'origine, la funzione non è ivi derivabile rispetto ad $x$; e simmetricamente sull'altro asse.
Faccio uno schema riassuntivo:
Siano [tex]x \in A \subset \mathbb{R}^n[/tex] con [tex]A[/tex] aperto e sia [tex]f \colon A \to \mathbb{R}[/tex].
Enunciato 1: Se [tex]f[/tex] è derivabile parzialmente in [tex]A[/tex] e le derivate prime [tex]\frac{\partial f}{\partial x_1} \ldots \frac{\partial f}{\partial x_n}[/tex] sono continue in [tex]x[/tex], allora [tex]f[/tex] è differenziabile in [tex]x[/tex].
Enunciato 2: Se [tex]f[/tex] è derivabile parzialmente in [tex]A[/tex] e le derivate prime [tex]\frac{\partial f}{\partial x_1} \ldots \frac{\partial f}{\partial x_n}[/tex] sono continue in tutto [tex]A[/tex], allora [tex]f[/tex] è differenziabile in [tex]x[/tex] (e, conseguentemente, in tutto [tex]A[/tex]).
Del secondo enunciato sono sicuro, del primo francamente no ma se il tuo insegnante e il tuo libro di testo dicono che è vero sarà certamente così. Se hai dei dubbi prova a postare la dimostrazione, così verifichiamo se va bene.
Per quanto riguarda l'equivalenza dei due enunciati, invece, scommetterei sul fatto che non sono equivalenti. [EDIT] E' ovvio che una funzione nelle ipotesi del secondo enunciato è anche nelle ipotesi del primo, ma presumo che non valga il viceversa [/EDIT]. Per esempio, credo che esista una funzione reale di variabile reale derivabile ovunque ma con derivata continua solo sui numeri irrazionali (naturalmente costruirla non è banalissimo). Una funzione siffatta verificherebbe le ipotesi del primo enunciato con [tex]x = \sqrt{2}[/tex] (o un qualunque numero irrazionale), ma non le ipotesi del secondo, perché in nessun insieme aperto la derivata sarebbe continua.
Segnalo comunque che nelle applicazioni il secondo enunciato è più che sufficiente per la grande maggioranza dei casi.
Siano [tex]x \in A \subset \mathbb{R}^n[/tex] con [tex]A[/tex] aperto e sia [tex]f \colon A \to \mathbb{R}[/tex].
Enunciato 1: Se [tex]f[/tex] è derivabile parzialmente in [tex]A[/tex] e le derivate prime [tex]\frac{\partial f}{\partial x_1} \ldots \frac{\partial f}{\partial x_n}[/tex] sono continue in [tex]x[/tex], allora [tex]f[/tex] è differenziabile in [tex]x[/tex].
Enunciato 2: Se [tex]f[/tex] è derivabile parzialmente in [tex]A[/tex] e le derivate prime [tex]\frac{\partial f}{\partial x_1} \ldots \frac{\partial f}{\partial x_n}[/tex] sono continue in tutto [tex]A[/tex], allora [tex]f[/tex] è differenziabile in [tex]x[/tex] (e, conseguentemente, in tutto [tex]A[/tex]).
Del secondo enunciato sono sicuro, del primo francamente no ma se il tuo insegnante e il tuo libro di testo dicono che è vero sarà certamente così. Se hai dei dubbi prova a postare la dimostrazione, così verifichiamo se va bene.
Per quanto riguarda l'equivalenza dei due enunciati, invece, scommetterei sul fatto che non sono equivalenti. [EDIT] E' ovvio che una funzione nelle ipotesi del secondo enunciato è anche nelle ipotesi del primo, ma presumo che non valga il viceversa [/EDIT]. Per esempio, credo che esista una funzione reale di variabile reale derivabile ovunque ma con derivata continua solo sui numeri irrazionali (naturalmente costruirla non è banalissimo). Una funzione siffatta verificherebbe le ipotesi del primo enunciato con [tex]x = \sqrt{2}[/tex] (o un qualunque numero irrazionale), ma non le ipotesi del secondo, perché in nessun insieme aperto la derivata sarebbe continua.
Segnalo comunque che nelle applicazioni il secondo enunciato è più che sufficiente per la grande maggioranza dei casi.
Mi pare che i risultati non siano equivalenti.
Il secondo è un risultato più debole del primo (perchè le ipotesi sono più forti) ed implica il primo; ma non vale il viceversa.
Il secondo è un risultato più debole del primo (perchè le ipotesi sono più forti) ed implica il primo; ma non vale il viceversa.
mi sorge un dubbio: se la derivata destra e quella sinistra sono diverse in un punto di una funzione continua, la funzione non è derivabile (in quel punto). è esatto? (in poche parole, una funzione per essere derivabile in un punto, deve avere erivata destra e sinistra uguali in quel punto..) ma allora quando mi si presentano i casi di derivata discontinua?
comunque io ho il libro di dal passo, bertsch, giacomelli (ha dentro sia analisi 1 che 2), per caso lo conosci? è proprio lì che ho trovato il primo enunciato, e siccome la cosa non mi convinceva ho cercato su alcune dispense di analisi 2 di mio fratello. quello che vorrei capire è se sono effetivamente equivalenti o no, perchè pure l'insegnante l'ha riportato come sul libro..
scusate, ho cancellato, modificato e riscritto ora la mia risposta
comunque io ho il libro di dal passo, bertsch, giacomelli (ha dentro sia analisi 1 che 2), per caso lo conosci? è proprio lì che ho trovato il primo enunciato, e siccome la cosa non mi convinceva ho cercato su alcune dispense di analisi 2 di mio fratello. quello che vorrei capire è se sono effetivamente equivalenti o no, perchè pure l'insegnante l'ha riportato come sul libro..
scusate, ho cancellato, modificato e riscritto ora la mia risposta
(Anche io ho modificato il mio messaggio, aggiungendo la considerazione che ha fatto Gugo e che mi ero scordato di inserire prima. Spero che ora sia più chiaro.)
Esistono funzioni derivabili ma con derivata non continua. Un esempio lo stiamo trattando proprio in questi giorni in questo altro topic. In questo caso abbiamo una funzione che oscilla con frequenza sempre maggiore via via che ci avviciniamo all'origine, ma la presenza di un termine moltiplicativo $x^2$ fa sì che questo non impedisca la derivabilità. Però le conseguenze di questa oscillazione sempre più rapida si vedono sulla derivata prima che è discontinua in $0$. Ecco i grafici delle due funzioni in un intorno di $0$ (in nero la funzione in rosso la derivata prima):
[asvg]xmin=-0.5; xmax=0.5; ymin=-1; ymax=1; axes(); plot("x^2*sin(1/x)");stroke="red"; plot("2*x*sin(1/x)-cos(1/x)");[/asvg]
Esistono funzioni derivabili ma con derivata non continua. Un esempio lo stiamo trattando proprio in questi giorni in questo altro topic. In questo caso abbiamo una funzione che oscilla con frequenza sempre maggiore via via che ci avviciniamo all'origine, ma la presenza di un termine moltiplicativo $x^2$ fa sì che questo non impedisca la derivabilità. Però le conseguenze di questa oscillazione sempre più rapida si vedono sulla derivata prima che è discontinua in $0$. Ecco i grafici delle due funzioni in un intorno di $0$ (in nero la funzione in rosso la derivata prima):
[asvg]xmin=-0.5; xmax=0.5; ymin=-1; ymax=1; axes(); plot("x^2*sin(1/x)");stroke="red"; plot("2*x*sin(1/x)-cos(1/x)");[/asvg]
grazie, pensa che l'ho pure trovato sul mio libro questo esempio (e adesso alcune domande hanno trovato la risposta).
se guardi, sopra ti ho messo la dimostrazione.. in realtà l'enunciato mi pareva sbagliato proprio per il controesempio che avevo postato all'inizio, ma confondevo erroneamente non derivabilità con discontinuità della derivata.
se guardi, sopra ti ho messo la dimostrazione.. in realtà l'enunciato mi pareva sbagliato proprio per il controesempio che avevo postato all'inizio, ma confondevo erroneamente non derivabilità con discontinuità della derivata.
Mi stupisco di una cosa, che ci aveva sottolineato Degiovanni quando ci fece, in Analisi 2, il th del differenziale totale: la formula del "differenziale totale"... in tutti gli enunciati riportati si dice solo che $f$ è differenziabile, ma non si dà la formula del differenziale totale (a cui il th fa effettivamente riferimento). Andrebbe quindi completato: .... allora $f$ è differenziabile in $x$ e si ha $df(x)(y)=(\partial f)/(\partial x_1)(x)y_1+(\partial f)/(\partial x_2)(x)y_2$, per ogni $y \in \RR^2$.
non capisco il significato di y: il piano che meglio approssima la f(x) nel punto x0 è $ f(x_0) + < \grad f(x), x-x_0 > = z $
cosa significa df(x)(y)? così a prima vista, y mi sembra un vettore "variabile" (l'equivalente della variabile x nel caso di funzioni di una variabile , per intenderci). il problema è che allora df(x)(y) passa per l'origine, e dunque nessuno assicura che sia tangente alla funzione..
cosa significa df(x)(y)? così a prima vista, y mi sembra un vettore "variabile" (l'equivalente della variabile x nel caso di funzioni di una variabile , per intenderci). il problema è che allora df(x)(y) passa per l'origine, e dunque nessuno assicura che sia tangente alla funzione..
"Luca.Lussardi":
Mi stupisco di una cosa, che ci aveva sottolineato Degiovanni quando ci fece, in Analisi 2, il th del differenziale totale: la formula del "differenziale totale"... in tutti gli enunciati riportati si dice solo che $f$ è differenziabile, ma non si dà la formula del differenziale totale (a cui il th fa effettivamente riferimento). Andrebbe quindi completato: .... allora $f$ è differenziabile in $x$ e si ha $df(x)(y)=(\partial f)/(\partial x_1)(x)y_1+(\partial f)/(\partial x_2)(x)y_2$, per ogni $y \in \RR^2$.
Secondo me è un contesto in cui c'è un po' di "libertà di parola" su cosa definire il teorema del differenziale. Sostanzialmente i thm sono due:
- se f è di classe C^1 allora è differenziabile
- se f è differenziabile, allora ha tutte le derivate direzionali e si ha la formula che citi (o la gemella, più vicina all'analisi "elementare" che dice che una derivata direzionale è data dal prodotto scalare tra gradiente ed il versore)
Io sono abituato a considerare "teorema del differenziale" il secondo, mentre vedo che questo nome è anche assegnato da alcuni al primo teorema.
Una breve risposta ad enr87. Cosa significa quanto scritto da Luca.Lussardi? df(x) è una applicazione lineare da R^2 in R. Luca.Lussardi ha semplicemente scritto che valore assume in un punto y = (y_1, y_2) di R^2.
d'accordo, ma non capisco bene l'analogia col differenziale in una variabile, dove df = f'(x)dx. senza fare la dimostrazione è possibile avere un'idea di quello che succede? io ho pensato che più è piccolo in modulo il vettore y, più il differenziale totale "approssima bene" la funzione, o meglio uno scarto f(x+h) - f(x), proprio come avviene in una variabile. inoltre, visto che il differenziale è stato definito come applicazione lineare, questo implica che in 0 vale 0 (sia nel caso di una che n variabili)?
"enr87":
d'accordo, ma non capisco bene l'analogia col differenziale in una variabile, dove df = f'(x)dx. senza fare la dimostrazione è possibile avere un'idea di quello che succede? io ho pensato che più è piccolo in modulo il vettore y, più il differenziale totale "approssima bene" la funzione, o meglio uno scarto f(x+h) - f(x), proprio come avviene in una variabile. inoltre, visto che il differenziale è stato definito come applicazione lineare, questo implica che in 0 vale 0 (sia nel caso di una che n variabili)?
Direi che hai le idee giuste in testa.
[tex]f(x+h) - f(x) \sim df(x)(h)[/tex]
come vedi, si usano due variabili diverse. E, come dici tu, l'approssimazione migliora quanto più [tex]h[/tex] è piccolo.
Questo è il valore che il differenziale di [tex]f[/tex] in [tex]x[/tex] assume quando viene calcolato nel punto [tex]h[/tex].
Il valore è dato da [tex]f'(x) \cdot h[/tex]. Da qui si vede bene che, se prendi[tex]h=0[/tex], ottienoi [tex]0[/tex].
Sul perché si usi scrivere nel modo che hai scritto tu, ovvero: [tex]df = f'(x)dx[/tex], ti rinvio a queste paginette:
http://www.diptem.unige.it/patrone/chi_ ... gativo.pdf
che puoi trovare qui:
http://www.diptem.unige.it/patrone/equa ... _intro.htm
In realtà nel caso di più variabili c'è più confusione che chiarezza, la definizione di differenziale è:
"differenziale = (cosa lineare) per (cosa infinitesima)"
La 'cosa lineare', secondo i casi, è : $f'$, $\nabla f$, $J$, ecc., in un determinato punto.
la 'cosa infinitesima' è $dx$, un vettore infinitesimo, ecc., cioè una 'variabile' che tende a zero.
Il significato geometrico è 'raddrizzare' la funzione intorno a un determinato punto: un pezzo di retta , un pezzo di piano, ecc.
Questo è il concetto, poi lo puoi rivestire con tutta la matematica e rigore che vuoi o che ne sei capace.
"differenziale = (cosa lineare) per (cosa infinitesima)"
La 'cosa lineare', secondo i casi, è : $f'$, $\nabla f$, $J$, ecc., in un determinato punto.
la 'cosa infinitesima' è $dx$, un vettore infinitesimo, ecc., cioè una 'variabile' che tende a zero.
Il significato geometrico è 'raddrizzare' la funzione intorno a un determinato punto: un pezzo di retta , un pezzo di piano, ecc.
Questo è il concetto, poi lo puoi rivestire con tutta la matematica e rigore che vuoi o che ne sei capace.
Sì, sono d'accordo che capire l'idea è essenziale, ma sembra quasi che la formalizzazione dell'idea la metti in secondo piano, quando invece è fondamentale, almeno quanto capire l'idea, saper formalizzare per bene in modo preciso.
Pienamente con te, la forma e il rigore sono parte essenziale della matematica, solo che mi sembra (posso anche sbagliarmi) che hanno quasi del tutto oscurato le idee (merito di bourbaki?).
Più che altro per quello che ti posso dire (parlo solo per esperienza) se in un corso universitario spendi tutto il tempo per dare tutte le idee e vuoi anche formalizzare tutto le ore che ti servirebbero sarebbero almeno 3 volte quelle concesse. Ne segue che si opta per una via di mezzo, sbilanciata, giustamente a mio modo di vedere, sul formalismo: ovvero si tende a formalizzare (quasi) tutto e dare le idee principali, lasciando la comprensione profonda allo studente; è ovvio che è richiesto un grosso impegno anche da parte dello studente, ma è giusto che sia così se uno vuole capire.
Io penso che se le ore totali a disposizione del docente ( lezioni + esercitazioni) sono ridotte rispetto al passato (V.O.) debba di conseguenza essere ridotta l'ampiezza del programma svolto.
Il lasciare allo studente la "comprensione profonda" (come ha detto Luca con felice sintesi) mi sembra spesso non sia realistico.
Il lasciare allo studente la "comprensione profonda" (come ha detto Luca con felice sintesi) mi sembra spesso non sia realistico.

ringrazio tutti per le risposte (mi sento quasi in dovere di darvi del lei, già che siete tutti docenti universitari).
purtroppo per questo corso sto incontrando alcune difficoltà: in analisi 1 si poteva vedere tutto quello che si faceva, e la cosa quindi era abbastanza intuitiva (motivo per cui la reputo molto più facile di analisi 2). adesso invece devo affidarmi ad analogie per la maggior parte dei casi, senza poter toccare con mano quello che faccio.. e di questo sinceramente mi dispiace. vorrei capire se è solo un problema mio, oppure è comune a tutti gli studenti.
per quanto riguarda il teorema, purtroppo sul mio libro era presente solo la prima metà, e avendo trattato solo quella durante la lezione, dopo essere venuto a conoscenza della "seconda parte" mi sembrava ingiusto non interessarsi ad essa. mi rendo pure conto che questo porta via del tempo, come è molto dispendioso cercare di capire tutto di tutto, quindi da oggi cercherò di seguire i consigli (d'altronde non mi trovo in disaccordo con GIBI quando si domanda ironicamente se con tutto questo formalismo non abbiano oscurato le idee.. ma un matematico difficilmente lo ammetterebbe
)
purtroppo per questo corso sto incontrando alcune difficoltà: in analisi 1 si poteva vedere tutto quello che si faceva, e la cosa quindi era abbastanza intuitiva (motivo per cui la reputo molto più facile di analisi 2). adesso invece devo affidarmi ad analogie per la maggior parte dei casi, senza poter toccare con mano quello che faccio.. e di questo sinceramente mi dispiace. vorrei capire se è solo un problema mio, oppure è comune a tutti gli studenti.
per quanto riguarda il teorema, purtroppo sul mio libro era presente solo la prima metà, e avendo trattato solo quella durante la lezione, dopo essere venuto a conoscenza della "seconda parte" mi sembrava ingiusto non interessarsi ad essa. mi rendo pure conto che questo porta via del tempo, come è molto dispendioso cercare di capire tutto di tutto, quindi da oggi cercherò di seguire i consigli (d'altronde non mi trovo in disaccordo con GIBI quando si domanda ironicamente se con tutto questo formalismo non abbiano oscurato le idee.. ma un matematico difficilmente lo ammetterebbe

Non è questione di ammissione, quello che voglio dire io è che, secondo me, è giusto che sia lo studente a sforzarsi di capire in profondità. Certo è più impegnativo, però ripaga di certo.