Esempi per rendere commutativo il prodotto vettoriale attraverso la moltiplicazione tra matrici o una struttura ad hoc ?

francox1
Il prodotto vettoriale è x definizione non commutativo, quindi antisimmetrico.
Il complesso coniugato cambia il segno della parte immaginaria *

Mi domandavo se qualcosa del genere si potesse fare anche per il prodotto vettoriale.

Note e Riflessioni:

- non vedo analogie tra le due operazioni: la prima è binaria, la seconda è unaria
- in un anello un' operazione binaria non commutativa non necessariamente è antisimmetrica (quel 'quindi' è falso)

Avevo preso in considerazione la moltiplicazione tra matrici, ma non ho idea se è di questo che ho davvero bisogno per rendere commutativo il prodotto vettoriale, oppure se serve una struttura costruita ad hoc.

Non sapendo bene come procedere (non ho trovato fonti in merito) chiedo gentilmente se mi potete fare degli esempi in tal senso.

Risposte
killing_buddha
"francox":
Il prodotto vettoriale è x definizione non commutativo, quindi antisimmetrico.

Eh no, non è che se $AB\neq BA$ allora $AB=-BA$.

non vedo analogie tra le due operazioni: la prima è binaria, la seconda è unaria

Il prodotto vettoriale in $K^3$ (fissata una base ortonormale) è una operazione binaria; il prodotto vettoriale in $K^n$ (idem, fissata una base ortonormale) è una operazione $n-1$-aria.

C'è una relazione tra prodotto di matrici e prodotto vettoriale: per ogni vettore di \(\omega \in \mathbb{R}^3\) (facciamolo sui reali, ma altrove cambia poco) esiste un'unica matrice $3\times 3$ tale per cui
\[
\omega\times v = A_\omega v
\] Trova le entrate di $A_\omega$ :)

francox1
Questa soluzione dovrebbe rendere il prodotto vettoriale commutativo:

Sia w = (w1 w2 w3) e v = (v1 v2 v3)
w x v = | i j k; w1 w2 w3; v1 v2 v3 | = ( w2v3 - w3v2, w3v1 - w1v3, w1v2 -w2v1 )
che si può riscrivere come [ 0 -w3 w2; w3 0 -w1; -w2 w1 0 ] * [ v1 v2 v3 ]'
da cui segue A_w = [ 0 -w3 w2; w3 0 -w1; -w2 w1 0 ]


Mi viene adesso un enorme dubbio: trasformare il prodotto vettoriale da non commutativo a commutativo trova applicazioni particolari in matematica o in fisica oppure non serve proprio a niente ? :?

killing_buddha
Non è commutativo, hai riscritto la definizione.

francox1
Perdonami, non capisco: ma allora se il prodotto tra matrici non mi permette di rendere commutativo il prodotto vettoriale, xke mi hai detto di trovare le entrate ?

Lo so che non é commutativo per definizione, ma a me interessa renderlo commutativo come funzione: far in modo che il prodotto tra matrici (metodo) faccia comportare il prodotto vettoriale non commutativo come se fosse commutativo, non cambiare la definizione di partenza.

So che la matrice identità é per sua definizione anche la sua inversa, avevo pensato per quello e la matrice identità induce la funzione identità.
Ti prego di aiutarmi a capire perchè non é mia intenzione cambiare le definizioni, ma usarle in modo da indurre un inferenza.

killing_buddha
Non una singola cosa in quel che hai detto ha il benché minimo senso.

Il prodotto vettoriale non è commutativo; non vi è modo di renderlo commutativo, né "come funzione" né come altro (cosa sarebbe poi questo altro?); il prodotto vettoriale per un vettore fissato è una applicazione lineare di cui ti ho chiesto di trovare la matrice, trovando cioè un isomorfismo (dimostra che è tale!) tra $RR^3$ e lo spazio vettoriale delle applicazioni lineari alternanti \(\{A\in M_3(\mathbb R)\mid A^t+A=0\}\)

francox1
Ok, ma.. non sono soddisfatto della tua risposta, anche se la trovo giusta e corretta.

L'assioma di univalenza di Voevodsky, nell'ambito appunto della fondazione univalente, esprime il concetto che "l'identità è equivalente all'equivalenza"

Una volta che dimostro che è un isomorfismo il prodotto vettoriale non si 'comporta' comunque da commutatore (questo voglio), non capisco bene perchè mi chiedi di trovare un isomorfismo, aiutami a capire perchè mi sembra che tu mi stia cercando di mostrare il tipo di relazione algebrica tra le matrici e i vettori secondo un metodo che poi mi porterà a rappresentare un modello di isomorfismo che però non coincide con il mio obbiettivo: cambiare il modo di rappresentare questo modello, non il modello come definizione.

Per commutatore, in matematica, si intende una composizione di due elementi di una struttura algebrica, riferita ad una operazione binaria che fornisce un terzo elemento diverso dall'elemento neutro, quando i due elementi dati non soddisfano la proprietà commutativa.


Secondo me qualche idea per pensarlo commutativo potrebbe esserci

L'operazione viene detta nullaria o zeraria o zero-aria perchè individua o sceglie un particolare elemento del supporto detto costante. In un monoide M oltre ad una operazione binaria vi è una operazione nullaria che corrisponde all'elemento identità del monoide cosicchè r(M) = (2,0)
Una operazione n-aria su A è una funzione che accetta n elementi di A e restituisce un singolo elemento di A.
Così, una operazione 0-aria (o operazione nullaria) è semplicemente un elemento di A, o una costante, spesso indicata con una lettera come a


Un collegamento con i numeri naturali

(N, +) è un monoide commutativo con l'elemento neutro 0, il cosiddetto monoide libero con un generatore.


elemento neutro se non mi sbaglio è già però un' operazione unaria, il fatto che l'elemento neutro sia la base per definire il loop e il concetto di gruppo, io vorrei capire allora, dato il collegamento tra commutatore, elemento neutro e la commutatività del prodotto vettoriale.

Il modulo nel prodotto vettoriale non cambia, quindi il problema non è se il prodotto vettoriale resta non-commutativo, evidentemente la costante (mi serve un operazione nullaria dunque) per renderlo commutativo non è attraverso il prodotto delle matrici e ne attraverso l'isomorfismo che tu mi stai chiedendo di dimostrare. Secondo me bisogna cambiare semplicemente il modo di rappresentare la stessa costante che poi porta a me dire che è possibile e a te a ripetere che non si può fare: eh no, un punto di incontro tra commutativa e non commutativa deve esistere, altrimenti non potremmo nemmeno definire il concetto di costante o operazione nullaria.

Elemento identità: e * x = x = x * e.
Elemento inverso: x * (~x) = e = (~x) * x.


Perchè usano la costante (operazione nullaria e) per definire l'identità e l'inverso ?

Per me la chiave per capire tutto è proprio in quelle 2 definizioni, in particolare

x * (~x) = e = (~x) * x


permette di mostrare come il problema non è una questione di 'segni', ma è solo un modo di rappresentare la stessa costante di sempre: il semplice elemento dell'insieme o l'operazione nullaria.

Bisogna cambiare la rappresentazione, questo non vuol dire cambiare le definizioni: io ti sto dicendo una cosa, ma tu capisci qualcos' altro, ecco il problema, cerco un punto di incontro tra le definizioni, non un punto di separazione, non è quello che mi interessa.

Studente Anonimo
Studente Anonimo
Ma cosa intendi con "rendere" l'operazione commutativa? Puoi fare un esempio in cui rendi un'operazione commutativa?

francox1
edit

killing_buddha
Per favore, studia la matematica che serve a capire cosa sia e a cosa serva l'assioma di univalenza prima di studiare l'assioma di univalenza; hai fatto questo pastone di algebra, fisica, logica, che e' come mangiare il cioccolato sulla polenta: oltre ad essere disgustoso, e' anche intrinsecamente sbagliato.

francox1
@Killua

Chiediti allora perchè voi matematici rappresentate il flusso di un campo vettoriale PERPENDICOLARE

Si introduce un vettore superficie S con modulo uguale all'area della superficie e direzione perpendicolare alla superficie stessa.
Il flusso di un campo vettoriale è una grandezza scalare che dipende dal campo e dalla superficie rispetto alla quale viene calcolato.


Prova a NON considerarlo perpendicolare! Costruisci una teoria iniziando da questo, scoprirai che il prodotto vettoriale è commutativo perchè esiste una violazione del flusso vettoriale.

Per una svista del genere tu vincerai il premio Nobel, amico mio. Io lo sento ed è per questo che voglio che tu veda. Abbi fede in me

vict85
In ogni caso non commutativo non implica anticommutativo, seppur anticommutativo implichi non commutativo. Detto questo la tua domanda non è per nulla chiara.

Ti faccio comunque notare che l'anticommutatività è una caratteristica molto importante/fondamentale del prodotto vettoriale. Senza di essa stai lavorando con un oggetto diverso, verosimilmente meno espressivo. Insomma se tu rendessi il prodotto vettoriale commutativo allora come potresti distinguere tra flusso entrante e flusso uscente?

killing_buddha
Il fatto che il prodotto vettoriale sia anticommutativo ha un significato geometrico molto preciso. Non c'è nessuna ragione di sbarazzarsi di questa proprietà.

dissonance
"killing_buddha":
come mangiare il cioccolato sulla polenta: oltre ad essere disgustoso, e' anche intrinsecamente sbagliato.

Però il cioccolato sulla polenta è buono:

https://www.cioccolateriaveneziana.it/c ... o-ricetta/

P.S.: meglio discutere di cucina che delle idee crank-like di Franco. Ho dato un'occhiata. Basandomi sulla mia esperienza in questo forum posso affermare che, con probabilità 1, questa discussione non porterà a nulla di sensato.

francox1
Ti faccio comunque notare che l'anticommutatività è una caratteristica molto importante/fondamentale del prodotto vettoriale. Senza di essa stai lavorando con un oggetto diverso, verosimilmente meno espressivo. Insomma se tu rendessi il prodotto vettoriale commutativo allora come potresti distinguere tra flusso entrante e flusso uscente?


Si, ma..il problema non è distinguere se è entrante o uscente, qui tu arrivi alla divergenza (sorgenti, pozzi..) io invece, mi sto chiedendo che tipo di flusso invece avremmo, non se entra o esce, ma come si comporterebbe. Avremmo sempre un flusso completo rispetto alla superficie o esisterebbero dei punti in cui invece non si manifesterebbe come normalmente ? Con il flusso ortogonale queste domande non si pongono nemmeno, ma io queste domande me le faccio: provo a cambiare immagine e poi vedo cosa succede, qualcosa spunta fuori, quasi sempre, un nuovo collegamento è sempre possibile fare.

Se il prodotto vettoriale fosse commutativo, mettiamo per assurdo, che cosa succederebbe ? Di quale oggetto parleremmo o parliamo ?

Non c'è nessuna ragione di sbarazzarsi di questa proprietà.


Dammi una motivazione.
Cosa succederebbe se invece avessimo il prodotto vettoriale commutativo? non vedo ragioni per cui non si potrebbe farlo, non sto dicendo di eliminare la proprietà anticommutativa -> il mio problema non è il preciso significato geometrico, ma poter introdurre un nuovo significato a come trattiamo questo oggetto.

Tra l'altro, rappresentare i vettori con le frecce è una tremenda semplificazione della vera natura che poi esprimono, ci si dimentica del dominio della funzione, infatti i vettori sottendono delle funzioni, a mappe ben definite (operatori, tipo il Nabla) perchè di base, i vettori non sono proprio "frecce", questa è una tremenda semplificazione nel rappresentarli che porta poi a confondere ciò che sono attraverso un modello in apparenza intuitivo.

francox1
Giusto per citare una fonte
https://mathoverflow.net/questions/1977 ... ent-normal

The gradient of a function is normal to the level sets because it is defined that way. The gradient of a function is not the natural derivative.


è inutile continuare a nascondere la testa sotto la sabbia: il fatto di definirlo ortogonale non garantisce che questo flusso sia realmente sempre ortogonale (o che ci sia come ci aspetteremmo).
Con l'attuale rappresentazione noi non possiamo sapere e nemmeno calcolare, quindi eccome se il problema è matematico, se esiste la possibilità che il flusso vettoriale si possa, invece, comportare come un flusso invece non-ortogonale.

Per quanto riguarda la disuguaglianza triangolare che poi porta al 'preciso significato geometrico', al potente concetto di metrica e definizione di 'distanza' al momento resta la logica conseguenza della rappresentazione che si sceglie: il triangolo.
Ma..nessuno vieta di rappresentare il triangolo in termini diversi (non 3 frecce collegate ai loro vertici) per far emergere o evidenziare il ruolo di un elemento in apparenza marginale o semplicemente ancora non sufficientemente valorizzato.

vict85
"francox":
Ti faccio comunque notare che l'anticommutatività è una caratteristica molto importante/fondamentale del prodotto vettoriale. Senza di essa stai lavorando con un oggetto diverso, verosimilmente meno espressivo. Insomma se tu rendessi il prodotto vettoriale commutativo allora come potresti distinguere tra flusso entrante e flusso uscente?


Si, ma..il problema non è distinguere se è entrante o uscente, qui tu arrivi alla divergenza (sorgenti, pozzi..) io invece, mi sto chiedendo che tipo di flusso invece avremmo, non se entra o esce, ma come si comporterebbe. Avremmo sempre un flusso completo rispetto alla superficie o esisterebbero dei punti in cui invece non si manifesterebbe come normalmente ? Con il flusso ortogonale queste domande non si pongono nemmeno, ma io queste domande me le faccio: provo a cambiare immagine e poi vedo cosa succede, qualcosa spunta fuori, quasi sempre, un nuovo collegamento è sempre possibile fare.

Se il prodotto vettoriale fosse commutativo, mettiamo per assurdo, che cosa succederebbe ? Di quale oggetto parleremmo o parliamo ?


Ho l'impressione che tu abbia qualcosa in mente, ma che tu stia usando i termini totalmente sbagliati per definirli. Tutto sommato il mio suggerimento potrebbe essere di studiarti della geometria differenziale. Specialmente qualcosa che privilegi le forme differenziali rispetto alle notazioni tensoriali (a mio avviso quest'ultime sono meno espressive, seppur più facili da comprendere).

"francox":
Tra l'altro, rappresentare i vettori con le frecce è una tremenda semplificazione della vera natura che poi esprimono, ci si dimentica del dominio della funzione, infatti i vettori sottendono delle funzioni, a mappe ben definite (operatori, tipo il Nabla) perchè di base, i vettori non sono proprio "frecce", questa è una tremenda semplificazione nel rappresentarli che porta poi a confondere ciò che sono attraverso un modello in apparenza intuitivo.


Concordo che siano delle semplificazioni, ma non penso che tu abbia davvero idea di come siano definiti in realtà. Per capirci, nella mia tesi magistrale, avevo definito i moving frame nel seguente modo:
"Vittorio Patriarca - Tesi":
Definition: Let \(G/H\) be an homogeneous space. A frame is a point of \(\displaystyle G \), a moving frame is a section of the principal bundle \(\displaystyle (G,\pi,G/H) \), and a moving frame on a submanifold \(N\) of \(G/H\) is a section of the pullback of that bundle.

Passando a considerare moving frame su sottovarietà di spazi euclidei la definizione si semplifica un pochino. In particolare si considera \(\displaystyle G = \mathbb{SE}(n)\cong SO(n) \times \mathbb{R}^n \) (ovvero il gruppo delle trasformazioni rigide dello spazio euclideo che preservano l'orientamento).
Con questo gruppo si può vedere un moving frame come una mappa \(\displaystyle x\mapsto (x; e_1, e_2, e_3, \dotsc, e_n) \) dove \(\displaystyle (e_1, e_2, e_3, \dotsc, e_n) \) è una base ortonormale e orientata positivamente di \(\displaystyle \mathbb{R}^n \).
Spesso però capita che si lavori con \(\displaystyle \{x;e_i\} \) come se fossero delle funzioni a valori in \(\displaystyle \mathbb{R}^n \). Questo passaggio è possibile perché \(\displaystyle T\mathbb{R}^n\cong\mathbb{R}^n \). Equivalentemente puoi vederle come \(\displaystyle 0 \)-forme a valori in \(\displaystyle \mathbb{R}^n \). Altro punto importanto è che il loro differenziale \(\displaystyle de_i \) coincide con il loro pushforward tramite la mappa \(\displaystyle x\colon \mathbb{SE}(n)\to \mathbb{R}^n \).
Una volta introdotta l'ipersuperficie \(S\), non si fa altro che definire un moving frame tale che uno dei vettori è normale alla superficie e gli altri sono nella superficie stessa. La direzione dipende dall'orientamento della base ortonormale della ipersuperficie. Le varie formule sono a questo punto solo una questione di calcolo.

francox1
Ho l'impressione che tu abbia qualcosa in mente, ma che tu stia usando i termini totalmente sbagliati per definirli


Credo a causa di certi collegamenti che faccio poi mi porta a confondermi.

non penso che tu abbia davvero idea di come siano definiti in realtà


mm..adesso si che il discorso si fa ricco e interessante, si, credo che tu abbia centrato il problema.
Potrei dare un'occhiata alla tua tesi ? Mi sembra un lavoro di particolare interesse il tuo e compatibile con alcune ricerche che sto facendo: come mai hai scelto proprio questo argomento ?

Ho visto che si collega al funzionale di Helfrich e dato che ha anche applicazioni importanti (direi fondamentali) in biologia volevo chiederti se la modellazione matematica delle membrane si possa applicare non solo su quelle lipidiche, ma anche ad un'altra membrana: l' assolemma (membrana plasmatica che avvolge l'assone di una cellula nervosa).

Una volta introdotta l'ipersuperficie S, non si fa altro che definire un moving frame tale che uno dei vettori è normale alla superficie e gli altri sono nella superficie stessa.


Dalla definizione del termine 'normale' sembra essere una proprietà 'naturale' del flusso vettoriale.

La direzione dipende dall'orientamento della base ortonormale della ipersuperficie


E qui chiedo venia: voglio capire su che cosa mi crea confusione: intendi che a seconda dell' orientamento della base ortonormale dell' ipersuperficie potrebbe cambiare la direzione del flusso vettoriale rispetto alla superficie ? Ma per definizione il flusso non è normale, cioè ortogonale ?
Qui dicono
http://www.****.it/forum/algebra-lin ... elati.html

che

"il problema alla base è cercare di dedurre la formula dal prodotto scalare [...] i vecchi vettori di base risulteranno non piu ortogonali nella nuova base [..] il prodotto scalare non si conserva da una base all'altra ma dipende proprio da essa"


Io penso che però il problema non siano le base o i prodotti scalari, ma nel passaggio da una base all'altra, nel flusso ortogonale del gradiente, da cui parte la mia ipotesi, c'è qualcosa legato all' operatore Nabla rispetto alla funzione scalare (-> campo scalare). L'operatore fa qualcosa che 'potrebbe non fare', non so come spiegarmi, questa violazione dovrebbe determinare un flusso non-ortogonale, per cui per me non mi aiuta partendo dal prodotto scalare, ma dalla proprieta anticommutativa del prodotto vettoriale in quanto l'operatore nabla è una funzione vettoriale. Secondo la mia ipotesi, se è possibile parlare di un flusso non-ortogonale, allora il prodotto vettoriale può diventare, temporaneamente, non-anticommutativo, non so se questo vuol dire commutativo, cmq non-anticommutativo.

Inoltre non mi è molto chiaro su come si fa a cambiare l' orientamento della base ortonormale dell' ipersuperficie, forse non ho capito ancora l'importanza della definizione del moving frame, sto lottando a capirla, la difficoltà è dovuta al fatto che io per capire una cosa devo trovare un collegamento con quello che cerco, non comprendo a priori.

Io sostanza vorrei cercare di dare, definire un possibile modello, una rappresentazione non-ortogonale del flusso vettoriale di un campo gradiente (che per definizione ha un flusso ortogonale) in modo da ottenere una particolare classe di vettori che agiscano attraverso un potenziale campo scalare X, quindi non proprio un campo scalare (tipo C.Higgs), ma un potenziale scalare X in modo da introdurre una sorta di campo virtuale: mi serve un modello per 'agganciarmi' all'operatore altrimenti non funziona l'esperimento.
Voglio calcolare una condizione per verificare se il nostro operatore fa proprio tutto quello che dovrebbe fare, cioè se rispetta le regole, per fare questo ho bisogno di vedere in che modo il flusso ortogonale si comporta, se esistono fluttuazioni, deviazioni o interruzioni allora è evidente che qualcosa è stato violato, quindi se fosse vero questo allora esiste un flusso virtuale del flusso vettoriale: questa sarebbe allora qualcosa che agisce come una proiezione (omomorfismo suriettivo) - devo essere poi in grado di poter definire un funzionale e una funzione misurabile, in modo da poter misurare questa violazione, ovviamente in termini matematici, mi serve questo strumento.

Ho l'impressione che tu abbia qualcosa in mente


Il proiettore.
Mi rendo conto di violentare la matematica, ma per me è difficile parlare per formule, se non traduco la formula in immagine io non capisco quello che cerco. Poi posso anche razionalizzare l'immagine in simboli.

##

Sappiamo che il gradiente trasforma uno scalare in un vettore, la ragione per cui mi interessa il Nabla è che a me serve l'operatore - gli elementi che io ho di partenza sono

- gradiente o campo gradiente
- campo scalare, scalare
- flusso ortogonale del particolare campo (gradiente)

Scopo:

- flusso non ortogonale per determinare una particolare classe di vettori che agiscano attraverso un potenziale campo scalare X. Non mi basta parlare di vettori, parlo di una classe di vettori che si comporta come una particolare azione sul campo scalare.

Non riesco a capire dalle nuove definizioni date se tecnicamente si potrebbe farlo perchè qui si parla di basi ortonormali, c'è qualcosa che mi sfugge, cmq ottima questa idea di usare le forme differenziali, mi piace.

francox1
Piu mi avvicino all'obbiettivo e piu la differenza tra termini in apparenza inconciliabili si riduce, aumenta si la confusione, ma motiva un' interoperabilità tra definizioni diverse - diventa possibile stabilire collegamenti prima 'impossibili', canali chiusi che ora rivelano l'esistenza di porte trasparenti, invisibili che inizio finalmente a vedere, dando un senso al gioco matematico.

Eccoci arrivati all'esistenza di una matrice del cambiamento di base ma questa non sembra esprimersi come un operatore scalare, ma piu come una sua particolare rappresentazione che nasce proprio per definire, invece, un flusso ortonormale piuttosto che uno non ortogonale.
Il flusso ortogonale ci riporta al metodo di ortogonalizzazione di Gram-Schmidt, ma è chiaro che manca ancora un pezzo al puzzle.

Riguardo al collegamento
https://groups.google.com/forum/#!topic ... f1f5bWiY64

A quanto pare hai ragione tu Vittorio nel consigliarmi di passare alle forme differenziali

Il legame esiste nel senso che i due prodotti scalari (visti come forme bilineari sullo spazio dei coefficienti) sono trasformabili uno nell'altro con un cambiamento di base (infatti la base 1 ,x ,x^2 ecc...) non e` ortonormale. I coefficienti dei polinomi che formano una base ortonormale nel prodotto scalare che hai introdotto danno la matrice del cambiamento di base.

vict85
Con forme bilineari (simmetriche e definite positive) l'autore si riferisce al prodotto scalare, non alle forme differenziali (quelle a cui mi riferivo io sono peraltro antisimmetriche).

La proprietà di poter estrarre una base ortonormale da una qualsiasi base è una proprietà di ogni spazio euclideo e deriva dalle proprietà del prodotto scalare. Quindi dato una superficie è un punto in essa, puoi sempre prendere una base dello spazio vettoriale centrato nel punto tale che i primi \(n-1\) vettori della base siano inclusi nello spazio tangente a quel punto. A questo punto ortogonalizzi la base ricavando un vettore normale alla superficie. Il vettore non è necessariamente orientato positivamente, ma si può correggere facilmente il problema. Insomma basta moltiplicare il vettore per \(-1\).

Con il flusso attraverso una superficie si usa la direzione normale perché la componente tangenziale del vettore non contribuisce al flusso.

francox1
Vorrei capire alcune cose

Un corpo in cui la moltiplicazione è commutativa è detto corpo commutativo, e più usualmente campo.


Quindi ne deduco che se il prodotto vettoriale fosse commutativo (parto da un'ipotesi falsa per trovare un canale operativo) allora l'oggetto primo che dovrei considerare è un campo o un 'corpo commutativo'.
Il prodotto vettoriale è stato definito invece partendo dal concetto di 'corpo' non commutativo, nel nostro caso si è partiti usando i quaternioni, introdotti dal nostro amico Hamilton, quindi la scelta è stata promossa per poter 'operare' e gestire il flusso' secondo una modalità ortogonale, ma si è dovuto introdurre un operatore di qualche tipo, una funzione scalare (è cosi?), con Hamilton è nato il concetto di prodotto vettoriale e scalare poi 'regolati' da Gibbs nel suo lavoro in Vector Analysis.

La nozione di campo, però, non gode di questo limite che invece il prodotto vettoriale rappresenta attraverso l'esistenza dell' elemento neutro del prodotto (operazione unaria), un vincolo (e quindi si pone costante - operazione nullaria) -> (proprio perchè è neutro garantisce un' invarianza) quindi, se non ho capito male, il prodotto vettoriale giustifica la sua anticommutatività in presenza di un anello unitario.

L'anello si dice unitario se esiste un elemento neutro del prodotto.


Quindi la 'colpa' dell'anticommutatività dovrebbe essere proprio l' elemento 'neutro'. L' anticommutatività del p.vettoriale è quindi una proprietà che si incarna attraverso l'inserimento di un elemento neutro: è come se per fare lo stesso collegamento tra 2 prese tu anzichè fare un nuovo collegamento usando un nuovo cavo, inverti semplicemente, il verso delle 2 spine (supponendo di avere un cavo maschio-maschio), 'fare un omomorfismo' è alla fine collegare gli oggetti tra di loro in questo modo, inutile rendere complicato un'azione attraverso una formula che rivela qualcosa di estremamente semplice che si potrebbe fare.

Alcune spine sono di tipo polarizzato, ossia hanno una distinzione tra fase e neutro, mentre altre, tra cui quella italiana, possono essere inserite in entrambi i sensi. L'inversione tra fase e neutro non comporta problemi se non in casi rarissimi


Non accontentiamoci

Il conduttore neutro è percorso da una corrente tale che la somma vettoriale di tutte le correnti è uguale a 0.


Quindi il gioco è tutto tra fase e neutro, in questo post non spiega bene tutto il mio ragionamento, anzi, fa il contrario
http://www.electroyou.it/forum/viewtopic.php?t=28520

Nel riferimento si parla anche di 'spine polarizzate', beh, ma il discorso non è lontano dalla depolarizzazione delle membrane plasmatiche
https://it.wikipedia.org/wiki/Depolarizzazione

Passare da un campo all'altro richiede per forza di cose usare la geometria differenziale, altrimenti è un casino trovare i collegamenti tra i diversi campi di studio.

Portando tutto a un significato fisico questo spiega l'esistenza degli interrutori e quindi del commutatore (una composizione di due elementi di una struttura algebrica, riferita ad una operazione binaria che fornisce un terzo elemento diverso dall'elemento neutro, quando i due elementi dati non soddisfano la proprietà commutativa) - dopotutto se accendiamo la luce con un' interrutore è proprio perchè c'è una precisa matematica sotto, passando all' elettricità e agli interrutori automatici, ai trigger (oscilloscopi), agli interrupt (pensiamo ai kernel in informatica) - non a caso segnali asincroni - sembra tutto scollegato, ma pensiamo allo Switch statement, tecnicamente è qualcosa che si può rappresentare mediante il formalismo di McCarthy e gli operatori μ (https://en.wikipedia.org/wiki/%CE%9C_operator), d'altronde se si usano i computer per 'analizzare' le misure e costruire la realtà attraverso il motore fisico nei laboratori allora perchè diavolo si parla di event generator ?

Ripeto: la matematica va 'letta' anche da un punto di vista piu pratico, altrimenti non si capisce che cosa fanno i fisici, non è che trovano i neutrini, li generano grazie a una base vettoriale che però potrebbe essere 'ritoccata' per generare nuove risposte, nuovi fenomeni.

è stato necessario spiegare la necessità

- di un flusso ortogonale
- prodotto vettoriale anticommutativo

Ma anche il prodotto tra i campi non è un campo, però se il campo elettrico e il campo magnetico vengono 'ortogonalizzati' (sono cioè ortogonali) allora noi possiamo continuare ad ottenere un campo. Il prodotto scalare allora nasce per svolgere questa funzione, determinare un flusso ortogonale rispetto alla superficie (altrimenti perchè rappresentare il prodotto scalare come integrale? qualcosa si deve 'mettere dentro' per ottenere fuori) perchè altrimenti non mi potrebbe restituire un campo perchè avremmo una costante che definisce un prodotto non-commutativo.

E qui ci si collega direttamente al concetto di 'grado di libertà' e vincoli, pensiamo a Pauli quando defini lo spin come

Nel 1924, Wolfgang Pauli (probabilmente il più influente fisico nella teoria dello spin) introdusse ciò che chiamò un "grado di libertà quantico a due valori" associato con gli elettroni del guscio esterno. Questo permise di formulare il principio di esclusione di Pauli, che stabiliva che due elettroni non possono condividere gli stessi valori quantici.


mm.. qui si collegherebbero alcune cose: l'ortogonalità è ad esempio la condizione per la polarizzazione della radiazione elettromagnetica, condizione necessaria anche per realizzare il cosidetto 'allineamento degli spin' attraverso un impulso. L'impulso è definito come un'integrale, l'integrale è connessione fisica, come collegare una presa, matematicamente viene rappresentato come un prodotto scalare.
L' ortogonalità è qualcosa che però serve piu ai fisici che a me.
Quello che non mi è proprio chiarissimo è la connessione tra l'ortogonalità del flusso e il concetto di campo, si trova poi il gruppo ortogonale i cui elementi sono delle rotazioni. Boh, sono un po disorientato, non credo che a me servono gli elementi del gruppo, ma forse un un' operatore scalare.
Gli scalari, però, sono numeri reali, il cui insieme è un campo, quindi se volessi ottenere un flusso non-ortogonale dovrei partire da qui, ci riflettero.

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